RASSEGNA STAMPA
NOVEMBRE 2023
DavideMaggio,
1.11.2023
Rai 1 richiama Montalbano per contrastare Io Canto Generation
Rai 1 ha deciso che i film del mercoledì sera possono saltare qualche turno: è
tempo di richiamare Il Commissario
Montalbano. La serie con protagonista Luca Zingaretti torna
in replica dall’8 novembre, una data non troppo casuale poiché la stessa sera,
su Canale 5, debutterà Io Canto
Generation di Gerry Scotti.
Salvo ulteriori variazioni, mai da escludere, Mediaset ha deciso di collocare al
mercoledì il nuovo Io Canto, show musicale con protagonisti giovani
ugole d’oro. Inizialmente pensato per la domenica, dove invece arriverà Terra
Amara, Scotti e Co. esordiranno mercoledì 8 novembre. E su Rai 1, a sorpresa (più o
meno), ecco arrivare Montalbano con l’ultimo episodio “Il
metodo Catalanotti“, trasmesso in prima visione l’8 marzo
2021 e seguito da oltre 9 milioni di spettatori (38.4% di share).
La settimana successiva (mercoledì 15 novembre), Rai 1 trasmetterà invece uno
dei due episodi del 2020: “Salvo
amato, Livia mia“, che alla prima in tv fu visto da quasi
9,4 milioni (39%) [In realtà pare che le date di trasmissione siano
invertite, NdCFC]. Riuscirà ancora il celebre Commissario ad
ostacolare la concorrenza? Rai 1 ci spera.
Fabio Fabbretti
Zarabazà,
1.11.2023
Il giardino delle piante in musica
21 novembre Festa
Nazionale dell’Albero
Al Radicepura
Garden Festival musica e passeggiate notturne per festeggiare il 21 novembre,
giornata nazionale degli alberi.
Due appuntamenti:
[…]
ore 20:30 per il
ciclo Teatro in giardino, concerto di Matteo Musumeci Pentagramma Cromatico.
[…]
Tra i brani in
programma: […] le musiche di scena di spettacoli scritti da Andrea Camilleri
[…].
*Per l’occasione l’ingresso al festival e agli eventi sarà gratuito.
Malgrado tutto, 2.11.2023
“Penso che a Camilleri questa statua sarebbe piaciuta”
Conversazione con Giuseppe Agnello, lo scultore che ha realizzato la statua
di Andrea Camilleri ad Agrigento

La statua di Camilleri ad Agrigento. Foto di Salvatore Picone
Da qualche anno, esattamente dal luglio 2020, si può incontrare ad Agrigento, in
via Atenea, Andrea Camilleri. Agrigento
è la città dove lo scrittore ha studiato e dove il 17 luglio del 2020 è stata
inaugurata la statua a lui dedicata.
Due libri sul tavolo rotondo pronti per essere autografati. L’altra sedia,
accanto a lui, vuota. Giacca, cravatta sotto un maglioncino con scollo a V, il
suo sguardo è puntato su via Atenea. Alle spalle la piazza dove è nata – lo
raccontava lo stesso Camilleri – Vigàta: “Perché lì, al centro di quella piazza,
ogni bambino raccontava la storia del suo paese: «Sai? Aieri spararu o me
paisi…». Fra noi ci raccontavamo i fatti: «‘U pischerecciu stava affunnannu…».
Ognuno le proprie cose… Quindi la grande piazza era come dieci paesi siciliani
insieme, riuniti…”.
La statua è stata
realizzata dallo scultore Giuseppe Agnello, lo stesso artista che nel 1997
realizzò a Racalmuto la statua dedicata a Leonardo Sciascia.
Giuseppe Agnello, lontano dai riflettori, artista che preferisce stare sempre un
passo indietro, ci accoglie nel suo laboratorio immerso tra pini e ulivi nella
collinetta del Serrone, a Racalmuto. Va e viene da Palermo, dove è docente di
Scultura all’Accademia di Belle Arti. Tra corpi nudi in mezzo alle paludi, teste
di alabastro, boccioli, infiorescenze, pecore, civette e Icari morenti, ci
mostra il volto della nuova statua collocata nella città dove Camilleri ha
studiato al ginnasio. “Quando mi è
stato chiesto il bozzetto – racconta lo scultore – ho
subito pensato di ritrarre lo scrittore in un momento di relax. Non frequentavo
Camilleri, ma quella volta che venne a Porto Empedocle ad inaugurare la statua
di Montalbano, mi colpì la scena di quando eravamo seduti al bar, dopo la
cerimonia. Lui fumava e firmava libri ai turisti e noi attorno a lui. Ecco,
quell’immagine mi è cara e l’ho voluta regalare a tutti. Il ‘mio’ Camilleri ha
l’età di quando l’ho conosciuto più di dieci anni fa. È ad Agrigento, non è al
suo amato paese, Porto Empedocle, certo, ma penso che grandi personaggi come
Camilleri non appartengono ad un solo luogo specifico. Si identifica nel
territorio dove è nato e che ha frequentato, è vero, ma ormai appartiene a
tutti. Del resto, quante statue di Garibaldi e di Mazzini abbiamo in Italia?”.
Lo scultore non nasconde la sua soddisfazione nell’aver tracciato i tratti
somatici del grande e indimenticabile Andrea Camilleri, che ha lasciato questo
pianeta il 17 luglio del 2019. Gli è venuto più facile fare Camilleri rispetto a
Leonardo Sciascia che aveva – dice Agnello – “una
complessità anche nel volto e nel corpo”.
“Penso
che a Camilleri questa statua sarebbe piaciuta –
dice – e
forse mi avrebbe dato qualche consiglio come fece per Montalbano. Mi scrisse una
lettera nella quale mi descriveva il suo commissario. Gli mandai le fotografie
del calco in gesso. Mi chiamò al telefono, mi parlò di Pietro Germi. Ne è venuto
fuori un commissario con la faccia di un siciliano degli anni Cinquanta,
baffuto, capelli folti e tirati indietro e con gli occhi simpatici. Mi disse che
erano queste le sembianze del commissario dei suoi libri, forse l’avrebbe voluto
un po’ più grasso. Niente a che vedere con Salvo Montalbano che vediamo in tv. E
secondo me gli sarebbe piaciuto vedersi in bronzo, far parte di un percorso di
statue di scrittori tracciato prima da Pirandello, a Porto Empedocle, poi da
Sciascia a Racalmuto. C’è anche il mezzo busto di Antonio Russello a Favara e
Tomasi di Lampedusa, a Santa Margherita. Tutti in provincia di Agrigento e
legati da un sentiero che hanno felicemente chiamato Strada degli scrittori.
Certo, rispetto a 28 anni fa, quando pensai a Sciascia sul marciapiede, tante
cose sono cambiate. Allora una statua come quella non era così diffusa. Non sono
stato un genio, per carità! George Segal fu il primo a togliere il piedistallo
alla scultura. Nell’800 la scultura era celebrativa, poi è diventata linguaggio,
racconto. Nel ‘97 la statua di Sciascia a Racalmuto fu tuttavia un momento di
rottura. Oggi se Camilleri ce lo ritroviamo seduto su una sedia in una
piazzetta, non si scandalizza più nessuno. Forse questo avrebbe divertito i due
scrittori”.
Da malgradotuttoweb, luglio 2020
Salvatore Picone
La Nueva Crónica,
5.11.2023
El bierzo
Un recuerdo a Mario Tascón en El Libro Imposible
La ilustradora Zoraida Sobrín realizará en directo un dibujo en el escaparate de
la librería con el título 'El Libro Imposible imaginado por Mario Tascón' en
recuerdo al periodista y fundador de Prodigioso Volcán
[…]
Este mes también hay club de
lectura distribuido en dos grupos y dinamizado por Óliver Álvarez y Petya. En
esta ocasión, los participantes compartirán sus impresiones acerca de 'Lectura
fácil', la afamada obra de la escritora Cristina
Morales. En diciembre las obras elegidas serán 'Riccardino' de Andrea
Camilleri y 'Plegaria para pirómanos', de Eloy Tizón.
[…]
Mar Iglesias
Fanpage, 5.11.2023
Vincenzo Mollica e la cecità: “Giornate nere in cui non ci vedo, ma ho un
sorriso d’emergenza in tasca”
Ospite della puntata di Che tempo che fa, trasmessa domenica 5 novembre,
Vincenzo Mollica ha ripercorso gli aneddoti più divertenti della sua carriera e
ha ricevuto le sorprese di Roberto Benigni e Fiorello.
Vincenzo Mollica è stato ospite
della puntata di Che tempo che fa trasmessa domenica 5 novembre. Il giornalista
è stato accolto in studio con un lungo applauso. Oggi ha 70 anni e, intervistato
da Fabio Fazio, ha raccontato alcuni aneddoti divertenti della sua luminosa
carriera. Inoltre, ha parlato della cecità: "Come sto? Diciamo che mi arrangio".
[…]
Nel corso dell'intervista
rilasciata a Fabio Fazio, Vincenzo Mollica ha ricordato Andrea Camilleri. Di lui
ha detto: "Con Camilleri ho condiviso questo avvio verso la cecità. A un certo
punto, un giorno mi disse, quando stavamo perdendo la vista tutti e due:
"Vincenzino vieni che ti voglio abbracciare" e io "Andrea se ci incontriamo"
(ride, ndr)". E ha continuato:
"Mi disse che quando avrei perso
la vista – lui l'aveva persa qualche tempo prima – i sogni sarebbero diventati
più vividi. I colori sarebbero diventati più nitidi. Prima di dormire lui non
contava le pecorelle, si ripassava i quadri. Mi disse che dopo aver perso la
vista, tutti gli altri sensi tornavano in soccorso: "Io che non avevo più gusto
e olfatto, mi è tornato il gusto e riconosco il sapore della pasta ‘ncasciata"."
[…]
Daniela Seclì
TGR Sicilia, 6.11.2023
Giuseppe Dipasquale e il maestro Camilleri

Lucilla Alcamisi
Sicilia, 6-7-9-10.11.2023
Incontri con Arianna
Mortelliti
Radio Una Voce Vicina,
7.11.2023
“Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni”: presentato al Liceo
classico “Gorgia” di Lentini il romanzo di Arianna Mortelliti
Lentini – S’intitola “Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni” il
romanzo di Arianna Mortelliti, edito dalla Mondadori, una di quelle storie che,
iniziata la lettura, non si riesce a lasciare e che rivela un vero talento: e
non poteva essere diversamente per la nipote dell’”immenso” nonno Andrea
Camilleri è stato presentato nella sala conferenze “Sgalambro – Battiato” del
Liceo classico “Gorgia” di Lentini. Il protagonista di questa storia è Arturo
Baldi che, a seguito di un incidente casalingo, è finito in stato vegetativo e
di semi incoscienza durante il quale ripercorre la sua infanzia insieme al
fratello Dado. Un romanzo che si costruisce a poco a poco tra realtà, ricordi e
sogno diventando sempre più incalzante e avvincente. L’incontro è stato promosso
e organizzato dall’Istituto superiore “Gorgia – Vittorini” e dall’archeolclub
“Gaetano Failla” di Carlentini. All’incontro, oltre all’autrice, hanno
partecipato il dirigente scolastico del “Gorgia – Vittorini”, Vincenzo
Pappalardo, i due vice preside Katia Battiato e Lucia Sala e i responsabili del
Liceo Elisa Lombardo e Gabriella Romano. A conversare con l’autrice è stato
Alfredo Sgroi, docente, scrittore critico letterario e presidente
dell’archeoclub di Carlentini, con le letture di Marina Polizzzi. “E’ un onore
per la nostra scuola – ha detto il dirigente scolastico Vincenzo Pappalardo –
ospitare Arianna Mortellti con il suo romanzo. Un momento di arricchimento
culturale per tutti noi: studenti, docenti e cittadini”.
RaiPlay,
8.11.2023
In Onda su
Rai 1 - 08/11/2023 alle 21:30
Il commissario Montalbano - Salvo amato, Livia mia
1999 Italia
Nell'archivio comunale di Vigàta viene uccisa una giovane donna che lavorava lì,
ma nessuno comprende perché vi ci fosse recata, visto che gli uffici erano
chiusi per ristrutturazione. Le indagini portano alla luce la variegata
personalità della vittima e le sue molteplici vite e il legame con Livia, eterna
fidanzata di Montalbano. Uno dopo l'altro vari personaggi sono sospettati
dell'omicidio, per poi essere scagionati dalle evidenze, in un gioco di continui
colpi di scena.
La Repubblica,
8.11.2023
‘Il commissario Montalbano’, il ritorno di un classico che sbaraglierà tutti
Stasera Rai 1 ripropone la puntata ‘Salvo amato, Livia mia’, trasmessa per la
prima volta nel 2020, mentre la prossima settimana sarà la volta de ‘Il metodo
Catalanotti’ Se non ci
fosse da piangere - siamo in piena stagione e ricorrere alle repliche, diciamo
le cose come stanno, è abbastanza vergognoso - il ritorno del Commissario
Montalbano potrebbe essere salutato con un brindisi. Sempre bello ritrovare
una serie ben girata, ben interpretata, invece di giochi insulsi e talk show per
mancanza di prove, senza capo né coda. Montalbano è un classico, ci sono episodi
che sappiamo a memoria e ci fanno restare incollati alla tv; è la magia del
mondo creato da Andrea Camilleri, mai abbastanza rimpianto. Rai1 per
riacchiappare il pubblico in fuga e contrastare la concorrenza di Canale 5,
punta su due episodi – che segnarono record di ascolto: l’8 novembre Salvo
amato, Livia mia, (prima visione nel 2020, quasi 9 milioni e mezzo di
spettatori col 39% di share) e mercoledì 15, l’ultimo della serie, Il metodo
Catalanotti, trasmesso in prima visione nel marzo 2021 (oltre 9 milioni col
38.4% di share).
Il commissario più amato dal
pubblico fa saltare il banco dell’Auditel, doveva essere la contromossa
strategica della Rai per arginare Io canto generation, show super pop
condotto da Gerry Scotti, previsto l’8 novembre, spostato da Canale 5 al 16.
Poco importa. Il ritorno di Luca Zingaretti, a Viale Mazzini lo sanno bene, è
gradito dal pubblico. Il mondo parallelo camilleriano è rassicurante: un
commissario con un gran senso di giustizia, in fondo anarchico - allergico alla
gerarchia, ai burocrati e al potere in generale - combatte la mafia, il
malaffare e aiuta gli ultimi. Tutto più facile con la squadra di fedelissimi
formata da Peppino Mazzotta (Fazio), Cesare Bocci (Mimì Augello), Davide Lo
Verde (Galluzzo) e l'ineffabile Angelo Russo (Catarella).
Due storie molto diverse, quelle
che vanno in onda. La prima, Salvo amato, Livia mia, racconta
l’indagine sulla morte di una ragazza, Agata, amica di Livia (Sonia Bergamasco),
storica fidanzata del commissario; la seconda, Il metodo Catalanotti, è
un gioco del teatro nel teatro, con il fondatore di una compagnia amatoriale,
Catalanotti, che viene ucciso. Due storie accomunate dalla doppia regia,
perché Alberto Sironi si ammala e muore il 5 agosto 2019. Il set non si ferma,
è Luca Zingaretti a dirigere, ma gli episodi sono cofirmati insieme al cineasta
lombardo che dal 1999 (con lo scenografo Luciano Ricceri, ‘inventore’ per lo
schermo del mondo di Camilleri) ha dato vita ai romanzi. "In questa regia di mio
c'è solo una melanconia dolce o una melanconica dolcezza" spiegò
l'attore. "Subentrando a Sironi ho pensato essenzialmente al suo stile e non c'è
giornata in cui non abbia riflettuto su cosa avrebbero detto lui o Camilleri".
Prodotta da Palomar con RaiFiction,
la serie, con oltre un miliardo di spettatori calcolando le repliche, ha il dono
di non invecchiare; le strade Vigata, quelle piazze che sembrano scene teatrali,
sono senza tempo. Pronti a scommettere che l’8 novembre il commissario metterà
ko Miranda Priestley, la temibile direttrice interpretata da Meryl Streep in un
altro film cult, Il diavolo veste Prada, trasmesso da Canale 5. Vigata
batterà Manhattan.
Silvia Fumarola
AgrigentoNotizie,
8.11.2023
Iniziative /
Porto Empedocle
Conoscere al meglio il territorio, da Vigata prendono il via le attività
culturali di Prefettura e Questura
L'idea è stata lanciata, e concretizzata, dal prefetto Filippo Romano. La
prossima uscita sarà alla Farm cultural park di Favara

Arianna Mortelliti a Porto Empedocle
Serviranno per conoscere, e al meglio, gli aspetti culturali del territorio.
Hanno preso il via, questo pomeriggio, da Vigata, le attività culturali - che si
ripeteranno con cadenza mensile - per i dipendenti di Prefettura e Questura.
L'idea è stata lanciata, e concretizzata, dal prefetto di Agrigento Filippo
Romano. La prossima uscita culturale sarà alla Farm cultural park di Favara. E
non è escluso che l'iniziativa culturale possa essere allargata anche ai
carabinieri del comando provinciale e a tutti i dipendenti degli enti pubblici
che vi vorranno prendere parte.

Danilo Verruso Porto Empedocle
Il territorio provinciale deve
essere conosciuto, e bene, anche sul "fronte" culturale. E non soltanto su
quello dell'ordine e sicurezza pubblica.
I dipendenti di Prefettura e
Questura, questo pomeriggio, sono stati coinvolti dall'appassionato animatore
culturale Danilo Verruso che ha fatto da guida, animando la Vigata letteraria
assieme ad altri attori filodrammatici. Presente anche il bravissimo attore, che
ha veramente preso parte alla serie "Il commissario Montalbano", Giugiù
Gramaglia, e la nipote dello scrittore Andrea Camilleri: Arianna Mortelliti. A
fare gli onori di casa, naturalmente, il sindaco Calogero Martello.
C. R.
Messaggero Veneto
(ed. di Udine), 8.11.2023
Cinema
Il film di Emma Dante: «Abbiamo tutti bisogno della misericordia»
La regista presenta il suo film a Udine e a Pordenone: «Dovrebbe accompagnare la
vita non solo dei credenti»
[…]
Ci
racconta la sua amicizia con Andrea Camilleri?
«Molto prima di diventare il Camilleri di successo, Andrea era un professore, il
mio professore. Amava ricevere gruppi di studenti nel suo studio per lunghe e
affascinanti discussioni. Un giorno aprì un cassetto e mi affidò due libri:
“Spero tu li conserverai. Ecco, vedi, scrivere è il sogno di una vita”, disse e
mi emoziono al solo ricordo di quel momento».
[…]
Gian Paolo Polesini
La Repubblica, 9.11.2023
Ascolti, la Rai si salva con l’eterno Montalbano: 18% di share per le repliche
della fiction con Luca Zingaretti
Il commissario di Vigata è il salvatore nei momenti di crisi. Il secondo
programma più apprezzato è stato un altro classico: ‘Chi l’ha visto?’ condotto
da Federdica Sciarelli
Se in televisione quantità è
anche qualità, il pubblico ha dato un’indicazione precisa con gli ascolti di
mercoledì 8 novembre: su Rai 1 la replica dell’episodio Salvo
amato, Livia mia del Commissario
Montalbano ha conquistato quasi 3 milioni
di spettatori (2.928.000) pari al 18% di share. Secondo programma più visto, Chi
l’ha visto? su Rai 3, con un milione 863
mila spettatori (11.9%) che supera su Canale 5 Il
diavolo veste Prada che ha incollato davanti al
video un milione 818 mila spettatori con l’11.4%.
Basta il podio della prima serata
per far capire come gli spettatori scelgano. Montalbano è un caso a parte, lo
share della replica supera quello di qualche serie Rai andata in onda in prima
visione. Una storia che si ripete, le repliche diventano un appuntamento; nella
storia della serie interpretata da Luca Zingaretti è sempre stato così. Nel 2020
la riproposta de L’altro capo del
filo in cui si intrecciavano la
tragedia dei migranti e l’indagine su un delitto, fu seguita da 6 milioni 360
mila spettatori con il 21,54% di share. Nel 2018 la replica di Come
voleva la prassi sfiorò il 29% e così via,
andando indietro nel tempo. Numeri da record. Quando una fiction diventa un
classico può avere vita lunga, lunghissima, e conquistare altro pubblico, anche
più giovane.
Ma questo non deve essere un
alibi, perché paghiamo il canone e la stagione delle repliche è consentita in
agosto, non a novembre o in primavera. Invece, sempre più spesso, Montalbano
diventa il salvatore nei momenti di crisi o per tappare i buchi nel palinsesto.
Metti una storia di Camilleri e passa la paura. Oggi che gli ascolti si sono
parcellizzati, quel 18% è un dato molto significativo, come lo è quello di Chi
l’ha visto?,
che, non è una novità per i fedeli spettatori di Federica Sciarelli, è un
fenomeno a sé. Qualunque programma vada in onda, calcio, filmone, varietà,
mantiene il suo pubblico incollato davanti alla tv. Clamoroso, nel 2008, il
risultato durante il Festival di Sanremo all’epoca condotto da Pippo Baudo. Col
caso del ritrovamento dei corpi dei fratellini di Gravina Ciccio e Tore,
Sciarelli conquistò 4 milioni e mezzo di spettatori. “Lo capisco, se fossi stato
a casa” commentò Baudo “avrei visto anch’io il programma”.
Silvia Fumarola
Lunaria Teatro, 9.11.2023
News
“Maruzza Musumeci” di Andrea Camilleri – 25 novembre in Sicilia

“Maruzza Musumeci” dal romanzo di
Andrea Camilleri
con Pietro Montandon
scene Giorgio Panni Giacomo Rigalza
regia Daniela Ardini
Produzione Lunaria Teatro
Camilleri rielabora con humor
grottesco la vendetta delle sirene… una storia “affatata” d’amore tra due
persone completamente diverse… il canto delle sirene ci ammalia ancora.
Auditorium Concattedrale, Patti
(ME)
sabato 25 novembre 2023 ore 20.30
Info e prenotazioni: 0941 362715 / 370 1207067
Nulla dies sine linea,
10.11.2023
Camilleri e Simenon: l’autore a colloquio con il suo personaggio
Pochi giorni dopo la
morte di Andrea Camilleri, avvenuta il 17 luglio 2019, la rivista bimestrale
“MicroMega” diretta da Lucio Caracciolo dedicò un intero numero allo scrittore
empedoclino. Particolarmente importante risultava, in questa testimonianza
immediata, una valutazione del ruolo che Camilleri aveva assunto nella cultura
del nostro Paese: «Andrea Camilleri è stato forse l’ultimo “intellettuale”
del nostro paese, nel senso che questa parola aveva nel Novecento. Uno scrittore
con una precisa consapevolezza del proprio ruolo nella società, che non si è mai
tirato indietro quando si è trattato di mettere il proprio nome, la propria
autorevolezza, il proprio prestigio al servizio di una causa sociale o politica
nella quale credeva. Un intellettuale sempre partigiano, schierato dalla parte
della giustizia, della legalità, della laicità senza se e senza ma. […] E nei
tempi bui che sta attraversando il nostro paese, entrato in una fase apertamente
prefascista, un intellettuale così non potrà che mancarci» (p. 321).
La rivista ripropone
tutti gli scritti pubblicati da Camilleri su di essa nel periodo 1999-2018; e si
è impressionati dalla quantità delle sue intuizioni politiche e civili: la
sensibilità (già nel 1999) al tema dei migranti; il tema della giustizia; la
consapevolezza dello scadimento della politica; l’attenzione (quanto mai
attuale) al ricorrente ritorno dell’antisemitismo; la lucida analisi del
rapporto fra potere politico e magistratura; il timore di una rinascita, sotto
nuove e non troppo mentite spoglie, del fascismo; la denuncia della violenza
alle donne; la nuova mafia, che “non ha bisogno di sparare per fare affari
d’oro; basta che dice mezza parola ai suoi deputati”; la presenza di due polizie
all’interno della polizia: «c’è una polizia che fa quelle cose orrende e ce n’è
un’altra che continua a essere il presidio della democrazia» (con riferimento ai
fatti di Genova del 2001); la latitanza degli intellettuali («oggi non c’è
un Pasolini, uno Sciascia, neppure un Moravia»); il crescente senso di
intolleranza, il razzismo, il tramonto degli ideali: «Che cos’è un italiano?
Prima di tutto un razzista, e poi un fascista con una visione limitata del
domani. Non ha più un ideale».
Sfogliando la
rivista, sono stato colpito da un articolo che era stato pubblicato per la prima
volta su MicroMega nel marzo 2002, intitolato “L’impossibilità del racconto”.
Si tratta in realtà di un racconto-sfogo del commissario Montalbano, che scrive
in prima persona ed esordisce prendendosela con il suo autore: «Da qualche
giorno Camilleri mi scassa i cabbasisi perché vuole da me un “racconto d’oggi”.
Siccome lo conosco bene, so che lui intende dire che si aspetta una storia
strettissimamente legata all’attualità, alla realtà dei giorni nostri» (p.
100). Il commissario però afferma polemicamente che «fare un racconto sulla
realtà d’oggi non è possibile»; ciò avviene perché il suo autore, di fronte
alla realtà dei fatti, non potrà comunque esimersi dal fare qualche
“aggiustatina” personale, operando degli interventi arbitrari per “correggere” e
“idealizzare” il suo personaggio.
A questo punto
Montalbano fa esplicito riferimento a un romanzo di Georges Simenon, intitolato
“Le memorie di Maigret” (“Les mémoires de Maigret”), che presenta un analogo e
impietoso confronto fra un personaggio e il suo autore.
In proposito, è
opportuno ricordare che Camilleri era un profondo conoscitore di Maigret, avendo
curato, insieme a Diego Fabbri, la produzione dei 16 episodi dello sceneggiato
realizzato dalla Rai tra il 1964 e il 1972.
Non a caso,
Montalbano somiglia molto a Maigret: «sia Maigret che Montalbano
preferiscono lavorare da soli anche se all’interno dell’istituzione, apprezzano
il loro mestiere, ma con sufficiente disincanto. Talora ricorrono a metodi non
proprio ortodossi che li mettono persino in contrasto con le autorità, ma sono
rispettati e ammirati dai loro subalterni che ne sopportano le piccole manie e
non ne discutono gli ordini, per quanto a volte apparentemente stravaganti. Li
unisce poi la simpatia che talvolta provano per i loro avversari o addirittura
la pietà per la sorte di alcuni… E in comune hanno anche la rabbia, l’impotenza
di non poter cambiare la società nella quale vivono, di non poter “fare
l’aggiustatore di destini”» (S. Demontis, “I colori della letteratura –
Un’indagine sul caso Camilleri”, p. 181).
Tuttavia Camilleri
volle espressamente creare delle differenze fra i due commissari: «Dovevo
scongiurare il rischio di imitare Maigret. Io ero stato il produttore di tutta
la serie televisiva di Maigret, quindi ce l’avevo dentro. Allora ho iniziato a
cercare di differenziarmi: Maigret è sposato, il mio poliziotto non doveva avere
moglie; Maigret in genere si mette dalla parte del morto, il mio personaggio no,
al mio commissario doveva interessare assai più il contesto» (cfr.
“Camilleri sono”, in “MicroMega – Tutto Camilleri”, 2019, p. 302).
Un’altra differenza
eclatante è il fatto che di Montalbano, a differenza di Maigret, viene descritto
il progressivo invecchiamento: «Maigret è senza tempo, mentre Simenon scrive
i suoi 70 e passa Maigret nel mondo succedono un sacco di cose: la Francia viene
occupata, scoppia la guerra… Ma tutto questo non intacca il personaggio, il suo
mondo è limitato al commissariato e alla casa del morto. Io invece ho voluto
creare un personaggio che invecchiasse e che vivesse nel suo tempo. Ecco perché
già fin dal primo romanzo ci sono allusioni alla situazione politica italiana»
(cfr. “Camilleri sono”, in “MicroMega – Tutto Camilleri”, 2019, pp. 303-304).
“Le memorie di
Maigret” (il 35° romanzo dedicato a Maigret) fu scritto da Simenon nella sua
tenuta di Lakevilla (Connecticut) dal 19 al 27 settembre 1950; il libro fu poi
pubblicato in Francia nel gennaio del 1951 presso l’editore Presses de la Cité.
Simenon scrisse il romanzo in occasione del ventesimo anniversario
dell’esistenza editoriale del poliziotto più famoso di Francia; e voleva che
fosse ben distinguibile dagli altri, tanto che pensò, inizialmente, di
pubblicarlo senza che comparisse il nome dell’autore in copertina.
Nel testo Maigret,
ormai pensionato, decide di scrivere le sue memorie, al fine di rettificare il
ritratto “più vero della natura” (“plus vrai que nature”, cioè “très bien imité,
très ressemblant”) tratteggiato da Simenon. Maigret racconta anzitutto
l’incontro avuto al Quai des Orfèvres (il Palazzo di Giustizia di Parigi) con lo
scrittore e giornalista Georges Sim (uno degli pseudonimi più utilizzati da
Simenon), venuto per conoscere i suoi reali metodi di indagine. A lui il
commissario narra la sua infanzia e adolescenza, il suo arrivo a Parigi, la sua
decisione di entrare nella polizia, l’incontro con Louise, che diventerà sua
moglie; traccia poi un quadro “veritiero” della vita di un giovane poliziotto
nella Parigi degli anni Venti. Le memorie terminano con la nomina di Maigret a
ispettore della Brigata Speciale del Quai des Orfèvres e con gli esordi in
questo nuovo incarico, all’età di trent’anni.
Maigret ci tiene a
sottolineare di non essere affatto un eroe, ma solo uno scrupoloso dipendente
pubblico; esprime dunque il suo disappunto per il ritratto che Simenon ha fatto
di lui; e benché dichiari di sentire amicizia per lo scrittore, non nasconde le
sue opinioni sugli attori che lo hanno interpretato al cinema o su alcune
contraddizioni rilevate nei romanzi che lo hanno come protagonista. Inoltre,
elencando le tipologie di delitti che ha dovuto risolvere, Maigret si rammarica
che Simenon abbia raccontato solo quelli più “eccezionali”, più interessanti
soprattutto sul piano psicologico: essi infatti costituivano in realtà solo “una
parte insignificante” delle sue attività; il mestiere del poliziotto, invece, è
molto più monotono di quanto si possa credere leggendo i romanzi di Simenon.
Tornando all’articolo
di Camilleri, Montalbano esprime un giudizio interessante su questo strano
romanzo di Simenon: «Ho appena finito di leggere un romanzo, “Le memorie di
Maigret”, nel quale il celebre commissario francese tenta di prendere le
distanze dal suo autore. Sinceramente il libro mi ha deluso, il che non mi
capita frequentemente leggendo Simenon. In buona sostanza, Maigret si limita a
mettere i puntini sulle “i”, chiarisce che non è vero che ha sempre portato la
bombetta, che non è così massiccio e ruminante come viene descritto, che la
stufa del suo ufficio prima era collocata in un’altra stanza… Dettagli
superficiali che nulla aggiungono o tolgono al personaggio. C’è un solo passo
che mi ha interessato veramente e che in qualche modo apparenta la mia
condizione a quella del collega francese ed è quando egli accusa l’autore di
avere la supponenza di saperlo rendere più vero di quanto non sia e di avere la
brutta abitudine di dare un po’ troppe “aggiustatine” alle storie. A quest’ultima
accusa Simenon ribatte: “Provi a raccontare a qualcuno una storia qualsiasi. Se
non la ritocca un po’, apparirà inverosimile, inventata”. E mi viene francamente
di catafottermi dalle risate all’idea di quali e quante “aggiustatine” il povero
Camilleri dovrà fare uso per rendere “verosimili” storie dei giorni nostri,
storie che una deriva delle leggi prossime venture trionfalmente avvia verso il
mare aperto dell’inverosimiglianza assoluta» (“MicroMega – Tutto Camilleri”,
p. 102).
Come si vede, già qui
il personaggio pone il problema delle “aggiustatine”, delle necessarie modifiche
“romanzesche” che l’Autore deve inserire nelle vicende del suo personaggio; e
questo tema sarà al centro della polemica fra Camilleri e Montalbano all’interno
di “Riccardino”, il romanzo pubblicato postumo nel 2020 ma scritto nel 2005.
Come è noto, infatti, Camilleri aveva “programmato” la fine del suo personaggio
già da allora, inserendola in un romanzo destinato ad essere l’ultimo della saga
del commissario.
Camilleri dunque
aveva già deciso come dovesse concludersi la storia del commissario: «io,
per scaramanzia, a Montalbano non gli dico che ho intenzione di eliminarlo,
perché è capace che mi liquida prima lui. Però il romanzo io l’ho scritto, l’ho
finito, ma è nel cassetto della signora Elvira Sellerio, a futura memoria.
Perché ho avuto l’illuminazione su come farlo finire – e non banalmente con un
colpo di pistola o mandandolo in pensione, ma su come farlo scomparire come
personaggio letterario, togliendogli la possibilità di sopravvivenza». (A.
Camilleri, “Perché faccio scomparire il commissario Montalbano”, in “MicroMega –
Tutto Camilleri”, 2019, pp. 159-160; è la ristampa di un articolo del marzo 2006
comparso sulla stessa rivista).
Ora, come ormai tutti
sanno, “Riccardino” è stato letto da molti critici in chiave pirandelliana; così
scrive ad es. Salvatore Silvano Nigro nella Nota finale: «In questo romanzo
governato da motivi pirandelliani, l’Autore, che sta scrivendo la “storia” che
il personaggio “sta vivendo”, vuole raccontarla a modo suo: come romanzo.
Montalbano vuole invece vivere la sua vita, in quanto vita. Si è dentro il
paradosso dell’“arte pirandelliana” che, scriveva Camilleri, ponendosi sulle
orme di Adriano Tilgher, “consisteva nel rappresentare l’eterno contrasto tra la
vita e la forma: la vita ha bisogno di consistere e perciò si crea una forma, ma
la forma imprigiona e condanna a morte la vita che, per fluire di nuovo, è
costretta a spezzare la forma. Un serpente che si morde la coda”» (“Le due
redazioni del romanzo”, in “Riccardino”, pp. 278-279).
Tuttavia sia Nigro
sia gli altri critici che hanno studiato “Riccardino” non hanno finora
sottolineato adeguatamente il legame profondo di questo libro con “Le memorie di
Maigret” simenoniane; e dire che lo stesso Camilleri, come si è visto, aveva
indicato chiaramente questa “parentela” fin dal 2002 con il suo articolo su “MicroMega”.
Ovviamente, non si
vuole con questo sminuire la componente “pirandelliana” di “Riccardino”, che
esiste ed è fondamentale; infatti, in questo “metaromanzo” emergono due dati
“surreali” di fondo: 1) il confronto tra il Montalbano “letterario” e quello
“televisivo”; 2) il rapporto sempre più conflittuale fra il commissario e il suo
Autore (che nella prima redazione era chiamato “Camilleri”).
A questo proposito,
non era la prima volta che Camilleri si presentava in interazione col suo
personaggio: già nel racconto “Montalbano si rifiuta” (tratto de “Gli arancini
di Montalbano”, 1999) l’Autore si era fatto telefonare da un Montalbano
inorridito per il coinvolgimento in un racconto insolitamente pulp;
inoltre c’erano state delle interviste “alla Zelig” (che lo mettevano a
confronto con il suo personaggio) e alcuni diari del commissario pubblicati
sulla rivista “MicroMega”, ove venivano commentati fatti politici o di
attualità.
In particolare, nel
già citato numero commemorativo di MicroMega (luglio 2019) viene ripubblicato un
testo di Camilleri del maggio 2001, intitolato “Perché si è dimesso il
commissario Montalbano”, in cui Camilleri racconta di avere incontrato il suo
personaggio alla trattoria “San Calogero”, trovandolo “dimagrito e di umore
nìvuro”. Il commissario annuncia la sua decisione di dimettersi dopo aver
ricevuto la proposta di dirigere l’OVRA di Montelusa (ma la sigla ora significa
“Organizzazione volontaria repressione antiberlusconismo”); deplora inoltre che
il governo abbia stabilito che in periodo elettorale non si possa arrestare
nessuno, per cui si è visto costretto a inventare le elezioni permanenti (“si
vota per 360 giorni all’anno e tu per 360 giorni non puoi arrestare nessuno. […]
Hanno inventato il voto per legittima difesa!” (p. 62). Quanto ai suoi
programmi dopo le dimissioni, Montalbano dice: “Che devo fare? Me ne vado in
pensione e mi marito con Livia. (con un sospiro) Lo vedi, macari a questo mi
hanno costretto! A maritarmi” (p. 64).
Questi colloqui fra
Autore e personaggio preludono al contrasto insanabile che esplode in
“Riccardino”, ma dimostrano anche che era latente il disagio di Camilleri nei
confronti di un personaggio invadente e “ricattatorio”. Non a caso, dopo il
successo straordinario dei primi romanzi di Montalbano, Camilleri si definì
vittima del “ricatto di Montalbano”: «Da quel momento è iniziato quello che
io chiamo il ricatto di Montalbano, che consiste nel fatto che non solo
Montalbano vende quello che vende, ma mi fa vendere anche gli altri romanzi a
cui tengo di più… Spesso, infatti, mentre scrivo un romanzo storico che mi
impegna sul serio, nei momenti di difficoltà mi spunta Montalbano e mi dice: “Ma
chi te lo fa fare di scrivere ‘sto romanzo? Scrivi un altro episodio con me
protagonista, è più facile, c’hai i paletti già messi, basta scrivere del
commissariato e già ti trovi metà romanzo fatto”, e io devo allontanare la
tentazione» (“Camilleri sono”, in “MicroMega”, maggio 2018, riproposto nel
numero del 2019 a p. 303).
Il successo
“eccessivo” di Montalbano “infastidiva” Camilleri, che si sentiva “schiavo” di
un vero e proprio “personaggio seriale”; da qui la sua idea di “uccidere” il
commissario, facendolo uscire di scena come e quando diceva lui. Tuttavia,
mentre Riccardino – già pronto – giaceva ibernato in un cassetto della
casa editrice Sellerio, gli anni passavano, altri romanzi di Montalbano si
aggiungevano ai precedenti e il successo editoriale e televisivo del personaggio
non accennava a diminuire. Inoltre, col tempo, “Riccardino” appariva all’autore
sempre più obsoleto, non tanto nell’articolazione della trama quanto a livello
linguistico; infatti in quegli anni la “lingua bastarda” della prima stesura era
stata superata dalla “lingua ‘nvintata” perfezionata da Camilleri nei
successivi romanzi.
Ecco dunque che nel
2016, «a 91 anni compiuti, sorpreso di essere ancora vivo e di avere ancora
voglia di scrivere» (cfr. MicroMega 2019 pp. 275-276), ormai privo della
vista e aiutato da Valentina Alferj, Camilleri riprese in mano “Riccardino”,
senza cambiarne la trama ma aggiornandone la lingua.
Tornando al rapporto
fra personaggio e Autore, in “Riccardino” si legge che una decina d’anni prima
(più o meno in concomitanza, col primo romanzo della serie, “La forma
dell’acqua”, del 1994) Montalbano «aviva avuto la bella isata d’ingegno di
contare a ‘n autore locali ‘na storia che gli era capitata e quello ci aviva
arraccamato supra un romanzo” (p. 9). La cosa era andata avanti, i romanzi
“erano addivintati i cchiù vinnuti in Italia ed erano stati tradotti macari
all’estiro».
Le storie del
commissario erano approdate in televisione e avevano ottenuto un successo
straordinario: ma a quel punto le cose erano cambiate: «Da quel momento la
musica era cangiata. Ora tutti l’arraconoscivano e sapivano chi era ma sulo in
quanto pirsonaggio di tilevisioni. ‘No scassamento di cabasisi ‘nsupportabili,
che pariva nisciuto paro paro da ‘na commedia di ‘n autro autore locali, un tali
Pirandello. E meno mali che l’attori che faciva lui, bravissimo, non gl’assimigliava
per nenti e tra l’autro era cchiù picciotto di ‘na decina d’anni (il cornuto!),
masannò sarebbi stato consumato, non avrebbi cchiù potuto caminare strata strata
senza essiri fermato a ogni passo da dimanne d’autografi» (“Riccardino”, p.
9).
Il disagio del
commissario consente all’Autore di allargare il suo spazio; è lui, infatti, con
la sua voce “arragatata” dalle sigarette, a condurre le fila della
vicenda, discutendo con il suo personaggio sull’indagine in corso; ne vengono
fuori posizioni sempre più diverse, in particolare sul rapporto con il
Montalbano televisivo. Il commissario polemizza apertamente con Camilleri,
definito “testa di calabrisi” (p. 147) per la sua cocciutaggine, e si
dissocia sempre più dalle sue scelte e dalle sue “imposizioni”.
Dopo una serie di
telefonate in cui Autore e personaggio cercano un impossibile compromesso sul
modo di narrare la vicenda, il dissidio arriva al culmine quando Montalbano si
vede proporre un finale “quasi ridicolo”, basata su “americanate” intollerabili
(anche se adatte a una rielaborazione televisiva); l’Autore infatti ha preferito
rimuovere i riferimenti “scomodi” a mafia, “parrini” e politica, proponendo un
finale “all’americana”, con tanto di inseguimento e salto della staccionata.
Come si vede,
Camilleri – anche nel momento estremo – “nobilita” il suo personaggio, lo mostra
– come sempre – integerrimo e ostile a ogni compromesso; già così lo aveva
descritto, ad esempio, ne “Il cane di terracotta” (1996): «in quel gran
cinematografo di corruttori, corrotti, concussori, mazzettisti, tangentari,
mentitori, ladri, spergiuri, a cui ogni giorno s’aggiungevano nuove sequenze, il
commissario, verso le persone che sapeva inguaribilmente oneste, da qualche
tempo principiava a nutrire un senso d’affetto»(“Il cane di terracotta”, p.
46). Del resto, Camilleri aveva spesso sottolineato le notevoli qualità umane e
civili del suo personaggio: «Per i suoi principi e la sua apertura mentale,
il mio protagonista incarna l’idea di Stato che io auspico, retto ed onesto,
forte e portatore di valori e di sicurezza. È quell’idea di Stato che più di
ogni altra regione la Sicilia ha misconosciuto» (“Vi racconto Montalbano –
Interviste”, p. 71).
Di fronte alla
coerente presa di posizione del personaggio, l’Autore si mostra ostinato, chiuso
al dialogo, incatenato a schemi e pastoie intollerabili. Questo impietoso
“autoritratto” fa riflettere, perché evidentemente Camilleri ha voluto
presentare in modo negativo se stesso e il suo ruolo di narratore; e si ha
l’impressione che i rimproveri che gli muove il personaggio rispecchino
un’analoga impietosa riflessione dell’Autore su se stesso e sulla sua scrittura.
Come Manzoni, proseguendo i suoi studi sul romanzo storico, era arrivato a
“paralizzare” la sua vena narrativa, così Camilleri arriva alla consapevolezza
di non riuscir più a gestire il rapporto con un personaggio che ha oltrepassato
i limiti originari diventando, in qualche modo, “patrimonio dell’umanità”.
In effetti, quando
nel 2016 Camilleri ha rivisto “Riccardino”, ha sostituito all’originaria
presentazione del suo nome quella più generica di “Autore”; non sarà estranea a
questa decisione, forse, l’intenzione di fare anche di se stesso una sorta di
“personaggio”, che non a caso scende in campo nel romanzo e manifesta il suo
carattere scontroso e opportunista, facendo così risaltare al massimo la
“beatificazione” del personaggio.
Comunque sia, si
arriva ad una rottura definitiva, che Montalbano notifica a Camilleri con un
fax: «Caro il mio Autore, io credo che con questa storia si è allargata tra
noi una crepa esistente già da qualche tempo, crepa che rende sempre più
difficile ogni ulteriore collaborazione. Non so cosa sia successo, non penso sia
solo stanchezza reciproca, ma credo che sarà assai difficile riuscire a
incollare nuovamente i pezzi rotti» (ibid., p. 259).
Montalbano,
amareggiato, sente “il sapori della sconfitta” e matura “un’unica
conclusioni possibili” (p. 272), cioè l’autocancellazione, l’estinzione
volontaria. Ma prima di questo “suicidio” rivolge un ultimo pensiero alle
persone/personaggi che ama di più: «Pinsò a Livia, a Fazio, a Mimì Augello,
a Catarella e gli venni un groppo. Allura si pirmittì il lusso di una lagrima»
(ibid., p. 272).
Poi lentamente inizia
a cancellare il paesaggio intorno a sé; la cancellazione del personaggio
coincide con quella del suo mondo, del suo ambiente, del suo contesto. Così il
commissario evapora: e di lui resta solo un flebile suono vocalico. Questo è il
finale di cui parlava Camilleri: Montalbano non viene ucciso in un’indagine, non
muore in un incidente, non va in pensione. Semplicemente, viene a conflitto con
il suo Autore, lo rinnega, si ribella e si autoesclude e si “autocancella”.
Come si vede, ammesso
che lo spunto del dialogo Autore-personaggio abbia anche una forte base
simenoniana, “Riccardino” ha sviluppato il tema approdando a esiti diversi e
indubbiamente di alto livello narratologico e letterario.
Va detto però che, se
“Riccardino” aveva un’intenzione “conclusiva”, negli anni successivi alla sua
reale composizione erano usciti tanti altri romanzi di Montalbano, sicché si può
dire con certezza che, cronologicamente, la vera conclusione della storia di
Montalbano è “Il metodo Catalanotti”, pubblicato nel 2018; e ciò avvenne per la
fine dell’autore, non per l’autocancellazione del personaggio.
Va ricordato infatti
che anche “Il cuoco dell’Alcyon” (pubblicato l’anno dopo, nel 2019) era stato
scritto da Camilleri molto prima de “Il metodo Catalanotti”; motivi editoriali
avevano indotto Sellerio a pubblicare allora un romanzo nato diversi anni prima:
“Questo racconto è nato una decina di anni fa non come romanzo ma come
soggetto per un film italo-americano. Quando mi è venuta a mancare la
coproduzione, ho usato quella sceneggiatura, con alcune varianti, per un nuovo
libro di Montalbano che, inevitabilmente, risente, forse nel bene, forse nel
male, della sua origine non letteraria” (“Il cuoco dell’Alcyon”, Nota
datata “aprile 2019”, p. 249). Non a caso, ne Il cuoco dell’Alcyon non
si fa alcun cenno al nuovo amore di Montalbano, Antonia, mentre ritorna la
normale vita del commissario, routine con Livia compresa.
Dunque, Il metodo
Catalanotti (2018) è la vera conclusione della vicenda di Montalbano,
presentando fra l’altro una radicale trasformazione del commissario e risultando
una sorta di “riappropriazione” finale del personaggio da parte dell’autore. In
questo romanzo il commissario (che, documenti alla mano, dovrebbe avere almeno
65 anni), si innamora perdutamente di una collega, Antonia Nicoletti, che lavora
nella polizia scientifica ed è stata da poco trasferita dalla Calabria.
La ventennale storia
d’amore con Livia entra in crisi irreversibile e il personaggio si trasforma
inopinatamente in un’altra persona: è come se Renzo, alla fine dei “Promessi
Sposi”, si innamorasse improvvisamente di un’altra fanciulla, adocchiata magari
fra le baracche del lazzaretto, o come se il commissario Maigret improvvisamente
– dopo 75 romanzi scritti fra il 1930 e il 1972 – abbandonasse la sua moglie
alsaziana Louise Léonard (che, come si legge nelle “Memorie di Maigret”, aveva
sposato nel 1912).
In un ottimo articolo
sulla “Lettura” (15/7/2018), Antonio D’Orrico, critico letterario del “Corriere
della Sera”, scriveva così: «In questo spettacolare, sorprendente romanzo,
Camilleri si riprende Montalbano, lo rimette in gioco, lo inventa daccapo. Una
sfida temeraria che il grande scrittore lancia ai suoi lettori, ai suoi
personaggi, ma soprattutto a sé stesso». Lo stesso Camilleri, in un’intervista
al Camilleri Fans Club, commentò così questo penetrante giudizio: «Mi ha
molto colpito il pezzo di D’Orrico per la sua acutezza. Durante la scrittura mi
sono ritrovato più volte ad avere la consapevolezza di voler riappropriarmi del
mio personaggio. Potevo farlo solo attraverso un’energia sorprendente e nuova»
(cfr. https://sellerio.it/it/intervista-andrea-camilleri/).
Alla perplessità di
molti lettori per l’evoluzione imprevista del personaggio, Camilleri replicava
perentoriamente: «Il personaggio lo scrive l’autore, il lettore se lo può
interpretare come vuole, ma la paternità resta sempre di chi l’ha concepito,
scritto e inventato».
L’Autore dunque ha voluto giocare con il suo personaggio, lo ha immesso in una
trama diversa dal consueto, ne ha manipolato le caratteristiche più note e
comuni, lo ha re-inventato. In questa nuova prospettiva, veniva dimenticata
anche la prospettiva immaginata per “Riccardino”: e forse, se la morte non
avesse posto fine alla produzione del Maestro, il nuovo Montalbano avrebbe
potuto vivere situazioni del tutto nuove, con sviluppi narrativi imprevedibili.
Mario Pintacuda
Radio RTM Modica, 10.11.2023
In primavera inizieranno le riprese di “Montalbano”
[L'articolo, che riportiamo per completezza di informazione, è basato su
vecchie dichiarazioni di Angelo Russo; in realtà non c'è alcuna novità al
riguardo, NdCFC]
Luca
Zingaretti alla regia e le riprese che inizieranno nella primavera del prossimo
anno. Sono due le notizie trapelate per quel che concerne la famosa serie del
“Commissario Montalbano” che da ventuno anni, appassiona un numero incredibile
di telespettatori.
Sebbene non vi siano ancora annunci ufficiali al riguardo, si hanno già due
notizie: la prima è la sicurezza data da uno dei principali attori della serie.
Più volte, nel corso delle tante interviste rilasciate da Angelo Russo, il
Catarella della fortunata serie, lo stesso ha confermato che la casa di
produzione romana concluderà con gli ultimi due episodi il ciclo di racconti
usciti dalla penna del maestro Camilleri. La seconda è che sarà proprio
“Riccardino” (romanzo scritto da Camilleri nel 2005, rimaneggiato nel 2016 e
pubblicato postumo su indicazione dell’autore) il testo su cui la produzione sta
già lavorando, come avvenuto con le altre opere dello scrittore siciliano nel
corso delle tante stagioni della fortunata fiction Palomar.
Il secondo dei due episodi anticipati da Russo potrebbe essere dedicato a “Il
cuoco dell’Alcyon“, romanzo pubblicato da Camilleri pochi mesi prima della sua
scomparsa, avvenuta nel luglio del 2019.
Ma la novità che rappresenta il vero punto di svolta della fiction è colui che
siederà dietro la macchina da presa. Orfana della magistrale opera del regista
Alberto Sironi, scomparso nell’agosto del 2019, sarà proprio il commissario più
famoso del tubo catodico a dirigere l’intero gruppo di lavoro.
Solo un mese fa, lo storico volto del Commissario Montalbano aveva fatto il suo
debutto alla regia con un film tratto dal primo romanzo di Daniele Mencarelli,
“La casa degli sguardi”. Il nuovo anno, invece, sarà foriero per il 61enne
attore romano di nuove sfide e di nuovi traguardi da raggiungere.
Calogero Castaldo
I Calabresi, 12.11.2023
Il brigante calabrese che stregò Camilleri
Il racconto di Vincenzo Padula è stato riadattato per il teatro e per la radio
con la partecipazione di Aroldo Tieri. E compare nella "Penna di Bruzio", il
docufilm di Giulia Zanfino

Una rara edizione del racconto di Vincenzo Padula
Nel 1952 il giovane Andrea Camilleri, ventisettenne neodiplomato
all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica, dove successivamente insegnerà regia,
compra un libro di un autore calabrese a lui ancora sconosciuto. Ad attirare la
sua attenzione fu il titolo Antonello
capobrigante calabrese, dramma in cinque atti di Vincenzo
Padula, scritto nel 1850. L’aneddoto è raccontato dallo stesso
Camilleri nel docufilm La penna di Bruzio,
una coproduzione dell’associazione Stato
delle Persone, Fondazione
Vincenzo Padula e dalla CineDue dei
fratelli Aragona, distribuito da RAI Storia. Il film, nato nel 2016 da un’idea
di Mattia Scaramuzzo, per la regia di Giulia
Zanfino, ha visto la partecipazione, oltre che dello scrittore
empedoclese, anche di Carlo
Verdone e Riccardo Iacona.
Briganti, una mistificazione
storica
Camilleri racconta di essere stato catturato dalla suggestione delle parole
capobrigante e calabrese, questo a causa di una sua personale e radicata
convinzione, relativa a una mistificazione storica, avvenuta subito dopo l’unità
d’Italia, in merito al problema del brigantaggio. Un vecchio specchietto
riassuntivo del Comando militare per la repressione di Capua, sempre secondo il
racconto di Camilleri, riportava un consuntivo dei briganti uccisi e arrestati
dal 1861 al 1863; si trattava di circa 3780
morti e oltre 4000 detenuti. È proprio intorno a questi numeri
che nasce il dubbio attorno al quale Camilleri si chiede se tutti i meridionali
erano diventati briganti o se si tacciava di brigantaggio la rivolta contadina
di chi chiedeva nient’altro che pane e lavoro.
[…]
Maria
Concetta Loria
ABC de Sevilla, 12.11.2023
Córdoba entre líneas
Cristóbal Lovera:
«La política está hoy en una postración total»
Fue el primer secretario de la UCD de
Suárez en Córdoba y estrenó el puesto de delegado de Agricultura con el PSOE. Se
formó en Suiza y en Versalles
[…]
Montalbano y Sicilia
-El psicólogo clínico Vicente Sánchez, a quien entrevistamos aquí hace dos
semanas, dice que usted es, como él, un gran aficionado a la buena mesa y a las
novelas de Andrea Camilleri.
-Sí,
sí. Hay restaurantes de Sicilia que tienen la foto de Montalbano en la puerta.
Vigata es el pueblo donde Montalbano ejerce de policía, pero no existe, es una
ficción. Pero el espíritu de Montalbano impregna toda Sicilia, y hay platos
dedicados a Montalbano, vinos dedicados a Montalbano. Sicilia es un sitio al que
hay ir. Hay que ir. Es una maravilla.
[…]
Rafael Aguilar
La Repubblica, 13-14.11.2023
Il libro – “Il giudice Surra e
altre indagini in Sicilia” di Andrea Camilleri (Sellerio, pagg. 192, euro 14)
Il metronomo di Camilleri
Pubblichiamo parte della prefazione alla nuova raccolta di racconti del grande
scrittore siciliano. In cui il magistrato-noirista ricorda gli incontri con il
Maestro. E la strana storia del tempo scandito...
Mi proclamo
orgogliosamente corresponsabile di due dei tre episodi narrativi che compongono
questa magnifica “compilation”. E che illustrano a perfezione una delle doti più
universalmente riconosciute e stimate del Maestro: la sua impareggiabile
generosità. Tutto cominciò intorno al 2005. Con Carlo Lucarelli nacque l’idea di
un’antologia di racconti a sfondo poliziesco che potesse, allo stesso tempo,
originare altrettante trasposizioni televisive. Un simile disegno non era
concepibile senza la presenza di Andrea Camilleri. L’idea, per nostra fortuna,
gli piacque. Era stato a lungo uomo di televisione, ci spiegò. Non era mai stato
preda dello snobismo che a volte inquina il rapporto fra l’autore letterario e
l’adattamento per immagini della sua opera. Pose un’unica condizione: che il
racconto non contemplasse la figura del commissario Montalbano, riservata,
letterariamente, disse, a Sellerio: il rapporto che lo legava alla casa editrice
era di profonda stima e autentica lealtà, e non di minore importanza era
l’affetto che lasciava trasparire per la gente di casa Sellerio. Nacque così
Troppi equivoci, che venne inserito nell’antologia einaudiana Crimini. Un
racconto contemporaneo dal ritmo incalzante che si dipana a partire da una
citazione metalinguistica che sa di sapido ammiccamento — Bruno risponde per
scherzo a una telefonata e viene scambiato per chi non è, e precipita in
un’equivoca avventura così come il Cary Grant di Intrigo Internazionale — e
prosegue in un crescendo di colpi di scena, agili e nervosi, nei quali la
casualità gioca un ruolo determinante. L’antologia funzionò, e dal racconto di
Camilleri fu tratto l’omonimo film per la Tv diretto da Andrea Manni e
interpretato, fra gli altri, da Beppe Fiorello e Claudia Zanella. Ma questa è
solo una parte della storia. Visto che il colpevole, com’è noto, prova
un’irredimibile attrazione per il luogo del delitto, qualche anno dopo tornai a
importunare il Maestro con una nuova proposta. Si trattava ancora di
un’antologia. Aveva per oggetto la figura e il ruolo del giudice. Correva l’anno
2010. L’idea era di raccogliere tre storie emblematiche (eravamo ancora insieme
a Lucarelli), nelle quali i giudici non recitassero, secondo la vulgata
dominante, il ruolo dei cattivi, ma, al contrario, fossero protagonisti in
positivo. E così mi rivolsi ancora a Camilleri, che in più occasioni aveva preso
posizioni pubbliche tanto equilibrate quanto ferme nel difendere non tanto i
singoli giudici, quanto il ruolo istituzionale. Mi ricevette nella sua storica
casa in Prati un pomeriggio d’autunno. C’era un tempaccio che sembrava smentire
tutti i luoghi comuni sulle gaie ottobrate romane. Camilleri era avvolto da una
nube di fumo e vagamente polemico contro il “proibizionismo salutista” che si
faceva strada a larghi passi. Gli ricordai un passaggio di un Montalbano di
qualche tempo prima, il brindisi di un “parrino” (nel senso di Michael Corleone)
all’annuncio della strage di Capaci. Mi raccontò della sua amicizia con il
giudice Suriano, fine giurista e ancor più fine autore: io stesso, d’altronde,
avevo incontrato Camilleri grazie al figlio Francesco. Poi, di colpo, dopo
l’ennesima boccata, mi disse: «dalle mie parti c’è un’erba maligna che si chiama
surra. È un’erba tenace, che non riesci ad estirpare. Ho sempre considerato la
tenacia una qualità essenziale. Perciò scriverò un racconto che si chiamerà Il
giudice Surra, dal nome dell’erba. Sarà un racconto storico. Si comporrà di
quarantotto pagine. Te lo consegnerò il…» e sparò una data, di lì a un po’ di
mesi. «Ma se l’hai già scritto» obbiettai «perché non me lo dai subito? Poi lo
impaginiamo a tempo debito». Si irrigidì. Capii, dalla sua risposta, di aver
sfiorato l’incidente diplomatico: «io non ho già scritto il racconto»
puntualizzò, ora serissimo, «se l’avessi scritto certo che te l’avrei dato. Io
so come lo scriverò perché già lo vedo. È il mio modo di procedere. Quando devo
scrivere, subentra una forma di razionalità che prende la forma di una sorta di
metronomo interiore. Un regolatore di ritmo che mi fa vedere in anticipo come
sarà la storia che ho in mente, e quando sarà pronta». Fui fortunatamente
perdonato. Il racconto venne consegnato esattamente nei tempi previsti. Finì
nell’antologia Giudici. Constava di esattamente 48 pagine. Camilleri era stato
di parola, e con una precisione che lascia sbalorditi. Il giudice Surra ci
appare, a un primo livello, indifferente alle minacce mafiose semplicemente
perché, neanche fosse un novello Mister Magoo, sembra non accorgersene.
Pensi,
leggendo: gli manca l’algoritmo per interpretare certi codici territoriali. Poi,
però, ti viene un altro pensiero (che Camilleri, peraltro, suggerisce): Surra ci
lascia intendere di non capirli, quei codici. In realtà, agisce nel modo
migliore per neutralizzarli. Li ignora, procede dritto per la via maestra della
giustizia. È “surra”, tenace e inestirpabile, perché questa è la sua natura. E
in questa tenacia, in questa resistenza sta la forza del suo essere integerrimo
magistrato. Un segnale sottile, e sottilmente “politico”, di quelli che solo
Camilleri, nella leggerezza del suo fluire narrativo, sapeva comunicare. Il
medaglione, infine, è una storia profondamente camilleriana, una novella gentile
nella quale il Maestro dimostra, una volta di più, la sua personalissima, e per
certi versi unica, abilità nel declinare il genere poliziesco secondo una ricca
pluralità di registri. L’impianto è “mistery”, ma il mistero in questione
attiene alla sfera più intima dei sentimenti: è un mistero della memoria, e
nello stesso tempo dell’anima. In termini di giallo classico, il finale del
Medaglione equivale alla scena in cui il detective smaschera il colpevole,
riaffermando il primato della giustizia.
Se
sostituiamo alla giustizia degli uomini la serenità di un animo tormentato,
vediamo come, ancora una volta, Camilleri sia riuscito a piegare le regole del
genere alla sua inimitabile polifonia, qui declinata sulle note tenere e
patetiche di una sinfonia campestre. E, nello stesso tempo, questo girotondo di
vite ordinarie illuminate da un’ironica “pietas” ci ricorda che, fra le radici
del Maestro, si annidano i profili mesti e severi di tanti “vinti” di verghiana
memoria.
Giancarlo De Cataldo
Libreria
Modusvivendi, 14.11.2023
Ore 18:00
Camilleriade di Lo
Scrudato/Pintacuda/Puleio: presentazione da
Modusvivendi

Da
Modusvivendi prima presentazione per "Camilleriade", un viaggio letterario nei
romanzi e nei luoghi di Andrea Camilleri, un lavoro firmato a sei mani da Vito
Lo Scrudato, Mario Pintacuda e Bernardo Puleio.
Con
gli autori dialoga Nina Nocera.
Sponsor tecnico: The Hotel Sphere - Hotel Plaza Opéra e Principe di Villafranca
Giornale di Sicilia,
14.11.2023
Il saggio scritto da Lo Scrudato, Puleio e Pintacuda: a legarli il liceo Umberto
I di Palermo
Da Montalbano ai pinseri del maestro
La “Camilleriade” svela tutti i segreti
Un poderoso
volume per raccontare il variegato mondo dello scrittore agrigentino: dai romani
storici ai luoghi dell’anima
Tre uomini per un autore. Se
pensate di sapere tutto su Andrea Camilleri, non avete ancora letto Camilleriade
(Diogene multimedia editore; pp.466; 25 €) volume scritto a sei mani da Vito Lo
Scrudato, Mario Pintacuda e Bernardo Puleio. Il libro, che sarà presentato oggi
alle 18 alla libreria Modus vivendi, come ben spiega la forma sostantivata al
femminile del nome proprio dello scrittore empedoclino, è un’epopea camilleriana.
Infatti studia e analizza con chirurgica precisione i luoghi, l’arte, i rapporti
con Leonardo Sciascia, i pinsèri letterari e politici dello scrittore più amato
dai siciliani (e non solo), ricostruendo un identikit del commissario Salvo
Montalbano così preciso e dettagliato da far invidia al più abile dei tecnici
delle forze di polizia. Potenza della (in)sana passione camilleriana che nutre
da sempre, senza mai saziare, il trio Lo Scrudato – Pintacuda – Puleio
accomunato anche da un altro fil rouge: il liceo classico Umberto I di Palermo.
Lo Scrudato, infatti, è il preside di quell’istituto dove Puleio insegna Lettere
e dove Pintacuda, prima d’andare in pensione, è stato docente di italiano,
latino e greco. Nell’introduzione i tre autori spiegano il senso della loro
(pregevole) opera ovvero «offrire al lettore, curioso di capire meglio il senso
e il valore dell’opera dello scrittore siciliano, un’opportunità di studio e di
libera analisi» che, bontà loro, dicono può porre «premesse bastevoli per
ulteriori studi». E così Mario Pintacuda nel saggio Identikit di Montalbano, col
rigore che gli è proprio, ricostruisce in maniera impeccabile, in tutti i suoi
momenti noti e meno noti, la vita del commissario di polizia più amato dai
telespettatori da Trieste in giù (“gigantesco quanto il suo stesso autore”).
Il meridionalista critico
Bernardo Puleio, invece, nel suo saggio I romanzi storici di Camilleri e il
rapporto con Sciascia, realizza un’analisi letteraria e storica dei due
scrittori – pensatori, coinvolgendo nella sua ricerca anche i maggiori autori
della letteratura siciliana degli ultimi due secoli. Mentre Lo Scrudato deve il
motivo del suo Camilleri, i luoghi, l’arte e i pinsèri al fatto d’essere «in
primisi agrigentino come l’empedoclino e perciò titolare della stessa conoscenza
e dello stesso amore per gli stessi luoghi; in secundisi dalla condivisione
della stessa parlata che implica la percezione profonda, atavica, del detto e
non detto».
Pintacuda confessa d’essere stato
un lettore – estimatore di Camilleri da subito «anzi, da prima di subito.
Ricordavo benissimo, infatti, il suo nome come sceneggiatore di trasmissioni
televisive famose quand’ero ragazzo per dirne solo una, la serie sul commissario
Maigret con Gino Cervi». Da
docente, già durante l’anno scolastico 2000 - 2001, quando il successo di
Camilleri era ancora agli inizi, lo aveva fatto studiare nella classe ginnasiale
della V H. «Dopo aver letto con gli studenti Gli arancini di Montalbano –
racconta – ebbi l’idea dividere la classe in due gruppi per realizzare due
testate giornalistiche: Il Corriere di Vigàta doveva parlare male del
commissario, leggendo in chiave negativa le notizie relative alle sue indagini.
Viceversa, Il vigatese doveva difendere Montalbano e commentarne positivamente
l’attività. I risultati furono sorprendenti: era una classe di quindicenni ma in
due, tre mesi erano diventati bravissimi. Inviammo gli articoli a Camilleri e
lui ci onorò della seguente risposta, mandata per mail: «Carissimi picciotti e
picciotteddre della V, voi non meritate di stare nella H ma di giocare in serie
A! Devo sinceramente dirvi che me la sono scialata a leggere i vostri due
giornali …». Quindi studiare Camilleri a scuola diventa semplicemente
inevitabile, se è vero che la scuola non può essere solo una sorta di museo ove
venerare sacre reliquie del passato ma è, anche e soprattutto, luogo di concreto
contatto con la vita reale, con la società civile, col mondo di oggi».
Piacevolezza della scrittura, fulminante ironia e capacità straordinaria di
incidere sul linguaggio dell’intero Paese ma non solo. Per Bernardo Puleio «il
successo di Montalbano ha nuociuto allo scrittore Camilleri, facendo ombra sullo
straordinario scrittore che era». Puleio, appassionato di storia di storia della
Sicilia postunitaria, ha scandagliato il lato meno del papà di Montalbano (“un
comunista rimasto tale fino alla fine”) ovvero quello del suo rapporto con
Sciascia. «Camilleri sviscera la realtà – continua Puleio - grazie all’uso del
divertimento parodico del romanzo storico e ne scardina il genere. In lui c’è
una puntuale analisi antropologica della Sicilia e delle sue occasioni mancate o
affossate. Come Sciascia, analizza la micro–storia della Sicilia ma, a
differenza, dello scrittore di Racalmuto che ci restituisce sempre un’analisi
storica seria, Camilleri ne scrive utilizzando elementi parodistici che gli
servono a dire la verità. Quindi, nonostante abbia fatto storcere il naso a
critici e letterati, a Camilleri la serietà non manca affatto». Mentre
nell’articolato saggio di Vito Lo Scrudato parte dalla finta Vigàta per arrivare
al monologo su Tiresia recitato da Camilleri l’11 giugno 2018 al teatro antico
di Siracusa.
Giusi Parisi
Nulla dies sine linea,
15.11.2023
Valentina Alferj: l’angelo custode di Andrea Camilleri
Molte donne sono
state costantemente presenti nella lunga esistenza di Andrea Camilleri:
anzitutto la moglie (Rosetta Dello Siesto, sposata nel 1957) e le tre figlie
(Andreina, Elisabetta e Mariolina), poi la madre e la suocera (che hanno vissuto
a lungo nell’appartamento comunicante col suo), la nonna materna Elvira Capizzi
Fragapane (che in estate portava il piccolo Andrea nella casa di campagna e gli
leggeva “Alice nel paese delle meraviglie”), infine la piccola pronipote
Matilda, cui il vecchio scrittore ha dedicato “Ora dimmi di te” (Bompiani 2018),
una lettera aperta che ripercorre la sua vita e i suoi ricordi.
Ci sono state
però altre due donne molto importanti per l’autore: la prima è stata ovviamente
Elvira Sellerio, editrice e amica, descritta da Camilleri come “l’esempio
assoluto del meglio della donna siciliana”; la seconda, Valentina Alferj, è
molto meno nota, nonostante il ruolo fondamentale che ha avuto per il Maestro
negli ultimi anni della sua esistenza: si tratta dell’assistente che ha
contribuito in modo fondamentale alla pubblicazione degli ultimi libri di
Camilleri, collaborando con l’anziano scrittore ormai cieco.
In
un’intervista del 2016 lo scrittore empedoclino dichiarò: «Vedete, ora che io
non ci vedo più, da due anni a questa parte, ho imparato a dettare. Ma dettare a
chi? Allora fortunatamente ho la mia collaboratrice, Valentina, da 14 anni, che
ha imparato il mio linguaggio. Se non avessi lei, io non potrei più scrivere,
perché lei è l’unica in grado, sotto dettatura, di scrivere il mio vigatese, il
mio linguaggio. Addirittura, è in grado anche di correggermi certe volte. C’è
un’altra persona, fortunatamente, che parla lo stesso linguaggio col quale io
scrivo» (https://grammalogos.com/meeting-camilleri/).
La collaborazione con Alferj fu resa nota dalla rivista “Gente” (26.11.2016) in
un articolo di Rossana Linguini (“Sono cieco – Ormai lei è i miei occhi”).
In
particolare, la collaborazione di Valentina Alferj risultò essenziale in
occasione della revisione di “Riccardino” (pubblicato poi postumo nel 2020), che
fu condotta non tanto sulla trama (rimasta pressoché invariata) quanto sulla
lingua, che passò dalla “lingua bastarda” della prima stesura alla “lingua
‘nvintata” di Vigàta, perfezionata da Camilleri negli ultimi romanzi.
Un lavoro
così impegnativo, competente e capillare presupponeva nella collaboratrice di
Camilleri delle doti sicuramente non comuni; tuttavia, al di là di poche
sporadiche citazioni, i suoi meriti sono rimasti e rimangono nascosti, se non
taciuti del tutto. Se si digita il nome “Valentina Alferj” su Google, colpisce
subito la scarsità di notizie, l’esiguità delle fonti, soprattutto l’assenza di
qualsiasi studio critico su di lei.
Ad esempio,
alcune notizie sono fornite non da una rivista letteraria o da un sito
culturale, bensì da “Popcorntv.it”, una web Tv in streaming “on demand”;
infatti, in un articolo privo di firma e intitolato “Valentina Alferj: ecco chi
è l’agente di Andrea Camilleri”, si legge quanto segue: «Valentina Alferj è
stata, per tantissimi anni, il braccio destro di Andrea Camilleri. Forse non
tutti lo sanno ma Valentina è stata colei a cui Camilleri ha affidato tutta la
stesura dei suoi romanzi. Lo stesso scrittore, scomparso a causa di un arresto
cardiaco il 17 luglio del 2019, ha raccontato alcuni aneddoti in riferimento
proprio alla Alferj. Camilleri ha ammesso che da quando aveva perso la vista
aveva deciso di affidarsi proprio a Valentina a cui dettava i suoi libri e lei
li riportava nero su bianco. Abruzzese d’origine, su Valentina Alferj non
abbiamo moltissime informazioni. Sappiamo che Andrea Camilleri si fidava di lei,
tanto da averle affidato i suoi romanzi, o meglio tanto da averla scelta per la
stesura dei suoi racconti. Proprio Camilleri, infatti, in alcune interviste
aveva parlato di Valentina ammettendo che fosse l’unica a saper scrivere nella
lingua di Montalbano, nonostante le sue origini abruzzesi. Come si sono
conosciuti Valentina Alferj e Andrea Camilleri? È presto detto. Il fatidico
incontro è avvenuto nel 2002 durante un evento culturale, tenutosi a Massenzio,
a cui Camilleri ha preso parte come ospite e che vedeva Valentina tra le
organizzatrici. Andrea rimase affascinato dalle sue doti tanto da invitarla a
lavorare con lui. Attualmente Valentina, nata a Pescara, si è trasferita a
vivere a Roma. Valentina Alferj è sposata? La risposta è sì, anche se sappiamo
solo che il marito si chiama Mattia. Sappiamo, inoltre, che è anche mamma di un
figlio, Andrea, ma come per la sua vita professionale anche quella privata è
avvolta nel mistero. Valentina, per 17 anni, è stata al fianco di uno dei più
importanti scrittori di tutti i tempi. Per Camilleri, Valentina ha rappresentato
non solo un’agente ma anche una persona con cui confidarsi e da cui cercare
ispirazione per i suoi scritti» (https://popcorntv.it/curiosita/chi-e-valentina-alferj/62378).
Questo è
quanto; e – come avrebbe scritto Camilleri – “ti saluto e ti sono”.
Anche sul
sito di “Donna glamour” si trova un articolo di Giovanna Tedde del 17 luglio
2019 che replica le stesse scarne notizie sulla “fedele assistente” di Camilleri
e aggiunge: «Cercarla sui social è impresa vana: non sembra avere alcun
profilo su Facebook, Instagram e Twitter…» (https://www.donnaglamour.it/chi-e-valentina-alferj/curiosita/).
Non contento
di queste poche notizie, ne ho trovato in rete, qua e là, qualche altra. Ecco
quanto ne ho ricavato: Valentina Alferj è nata a Pescara il 13 novembre 1971, ha
conseguito la maturità scientifica nella sua città natale, ha conseguito nel
1996 la laurea triennale presso la Scuola Superiore Interpreti e Traduttori di
Roma; oggi risiede a Roma.
Una scheda
dei Beni Culturali presenta su di lei alcune notizie professionali: «Professionista
con lunga esperienza nell’ideazione, progettazione e produzione di progetti
culturali a livello nazionale e internazionale. Ha gestito la direzione di
produzioni teatrali, di mostre di arte contemporanea e di eventi letterari in
Italia e all’estero. Dotata di importanti capacità relazionali, unisce, sempre
con significativi risultati, creatività, capacità gestionale e
commercializzazione di prodotti culturali dispiegandoli su diversi target e
mercati». In particolare, la scheda segnala l’attività della Alferj come
assistente di Camilleri: «Dal 2002 al 2019 si occupa di tutta l’attività
dello scrittore. Gestione contratti, valutazione progetti, supervisione e
redazione testi letterali, teatrali, cinematografici e sceneggiature televisive,
corrispondenza, ufficio stampa e comunicazione. Lavoro di editing e di relazione
con le case editrici italiani e estere» (https://www.ufficignam.beniculturali.it/getFile.php?id=675).
Nel 2018 ha curato lo spettacolo “Conversazione su Tiresia di e con Andrea
Camilleri” al Teatro greco di Siracusa, in relazione con l’Istituto Nazionale
del Dramma Antico.
Nel 2011
inoltre ha pubblicato per Einaudi “Ti vengo a cercare”, una serie di “interviste
impossibili” (in coppia con Barbara Frandino). Si trova anche, in rete,
documentazione della sua attuale attività presso l’agenzia letteraria “Alferj e
Prestia”, che è presente anche su Facebook; si può vedere un video in cui Alferj
legge un passo da “Il passeggero del Polarlys” di Georges Simenon.
Si trova
inoltre un’intervista a Valentina Alferj in spagnolo, sul sito dell’ANSA;
l’articolo di Mónica Uriel, intitolato “Asistente Camilleri fue más que sus
ojos – Valentina Alferj lo cuenta por primera vez”, risale al 9 febbraio
2023.
Vi si legge
(e sarebbe importante averne conferma diretta) che «Camilleri non le ha
dettato, come si è detto, ma le ha chiesto di scrivere ciò che le aveva
suggerito, collocando i personaggi in un luogo e spiegando come dovevano
interagire» (“Camilleri no le dictaba, como se ha dicho, sino que le pedía
que escribiera lo que él le sugería, colocando los personajes en un lugar y
explicándole cómo tenían que interactuar”).
La
giornalista spagnola afferma (forse non a torto) che Alferj in quell’occasione
sta parlando per la prima volta del suo rapporto con il Maestro dopo la sua
scomparsa (“Es la primera vez que habla sobre su relación con su “maestro” desde
su fallecimiento”); in precedenza non ne aveva voluto parlare, perché quella
esperienza vissuta con Camilleri era stata «così intima e privata… che
raccontarla all’inizio sembrava tradirlo». Valentina, insomma, aveva avuto «bisogno
di tempo» (“necesitaba tiempo”).
Nell’intervista, Alferj afferma (inserisco la traduzione dallo spagnolo): «Camilleri
mi ha formato a scrivere i suoi romanzi»; si era sentita trasformata in un
“tubo catodico” e ciò forse era avvenuto proprio perché non aveva alcuna
aspirazione letteraria: «Se avessi voluto diventare uno scrittore, avrei
iniziato a mettere in discussione quello che mi stava dicendo». Il rapporto
così creato viene descritto come una “vera magia“, come un’esaltante
capacità di reciproca “connessione”.
Come si legge
ancora nell’articolo, «il suo rapporto con Camilleri, con il quale per 17
anni, fino alla morte, trascorse quattro ore pomeridiane tutti i giorni – prima
leggeva le 10 pagine che scriveva al mattino -, era “familiare”». Alferj
vedeva il Maestro più dei suoi genitori; lo conosceva ormai perfettamente e lo
descrive come «molto curioso, generoso nel dare consigli, nel non prendersi
troppo sul serio; diceva che la felicità è come una farfalla, che atterra un
attimo e poi se ne va». Alferj considera Camilleri uno scrittore che «ha
raccontato molto bene il nostro Paese in modo generoso e anche severo» (“contó
muy bien nuestro país de una forma generosa y también severa”); rivela infine
che Camilleri, scherzando, aveva profetizzato che Valentina avrebbe scritto un
libro per descrivere la sua collaborazione con lui (e lo avrebbe intitolato “La
mia vita con”); in proposito Alferj dichiara: «Non so se lo scriverò; ho
degli appunti e per ora li ordino per non dimenticare, perché l’idea di
dimenticarlo mi spaventa, ma non so se lo pubblicherò». Finora però niente
di ufficiale trapela su questa possibilità. Per questo articolo in spagnolo, cfr. https://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/libri/2023/02/09/ansa/letras-asistente-camilleri-fue-mas-que-sus-ojos_2cc1960c-bc1d-422a-8849-7d05a9e02f47.html.
Su Facebook
l’agenzia letteraria Alferj e Prestia ha da poco inserito un’importante
intervista rilasciata da Valentina Alferj alla rivista letteraria spagnola Jot
Down; in essa vengono ricordati alcuni degli aspetti che hanno reso Andrea
Camilleri uno scrittore unico.
Ecco alcune
delle principali dichiarazioni rilasciate da Alferj in questa intervista
(tradotte dallo spagnolo): «Andrea mi ha insegnato, anche se sto ancora
cercando di impararlo, ad essere più vicina a me stessa, a cercare di essere
sempre in contatto con ciò che mi piace. […] Ha riconosciuto in me tante cose
che non vedevo, mi ha permesso di fare tante cose che mai avrei immaginato di
poter fare. È stato, per tutto questo, uno splendido maestro. Perché i veri
insegnanti non ti insegnano la strada da seguire, ma piuttosto ti mettono nella
condizione di scegliere tu stesso. Lui, che tante volte nella sua vita ha dovuto
inventare un nuovo personaggio, ha aiutato anche me a reinventarmi, facendo cose
molto diverse».
Molto
interessanti alcune osservazioni e considerazioni sulla personalità e la
straordinaria umanità di Camilleri: «Era molto legato alla sua terra, ma non
era un uomo che visitava solo i suoi connazionali. Se un siciliano veniva a
chiedergli qualcosa, si fermava ad ascoltarlo» (tra parentesi, in questo
Camilleri cascava nello stesso “difetto” che aveva imputato affettuosamente a
Sciascia, quello cioè di essere un po’ troppo “partigiano” nei confronti dei
corregionali…).
E ancora: «Andrea
ha avuto un rapporto forte, diretto, intenso con la vita. Con amore, con il
cibo, con i bambini, con tutto. Ha mantenuto quella fame di vita fino al suo
ultimo respiro […] Penso che Camilleri possedesse la cultura nel modo più
leggero che si possa immaginare […]. Il potere di Andrea, al di là delle
sue capacità letterarie, risiedeva nel rapporto fisico con i suoi lettori. Con
il corpo, con la voce, con lo sguardo. Quando aveva novant’anni, sotto casa sua,
c’erano migliaia e migliaia di persone a fargli tanti auguri; e questo perché
per vent’anni avevamo risposto a tutte le lettere che ci erano arrivate, tutte,
tutte. È stato più semplice con la posta elettronica, ma abbiamo risposto a
tutti. Aveva un rapporto umano con le persone, esattamente il contrario di
quanto accade oggi […] Andrea ha ricordato l’importanza di vivere in una società
civile, di avere una condotta morale e politica nella propria vita».
A proposito
del “vizio del fumo” camilleriano, ecco un’interessante testimonianza sulla
paradossale valenza positiva di questo “vizio”: «Solo una volta, quando
ancora non lo conoscevo, ha provato a smettere di fumare. Due giorni dopo cadde
in mezzo alla strada, chiamò il medico e gli disse che si era ammalato
gravemente. “Torna subito a fumare!” fu il consiglio che gli diede il medico.
Alla fine respirava perfettamente, quando è stato operato gli hanno fatto gli
esami dell’ossigeno ed era in perfette condizioni… Penso davvero che fosse uno
di quella generazione, che forse esiste anche in Spagna, che ha una capacità
fisica pazzesca».
Sulla sua
collaborazione con Camilleri, Alferj ricorda: «I primi anni andavo a trovarlo
di pomeriggio. La mattina scriveva con calma, e poi andavo a rivedere i testi
con lui. Se no, organizzavamo i suoi impegni, perché Andrea aveva un’agenda
pazzesca: appuntamenti, incontri, presentazioni. E, poco a poco, senza voler mai
diventare niente, senza ambizione di scrivere, questa possibilità mi è venuta
per l’umanità di Andrea, per la sua generosità. E poi, negli ultimi anni, ci
andavo anche la mattina, perché dovevo scrivere anche con lui. Dalle dieci
all’una lavoravamo fino a mezzogiorno, scrivevamo per un paio d’ore, sempre,
sempre, qualunque cosa accada, e poi parlavamo. Nel pomeriggio mi sono dedicata
esclusivamente a rispondere alle email. Sono stati anni molto importanti per me,
perché avevo due figli, sono andato a trovarlo con la pancia fino all’ultimo
momento: il lavoro con Andrea ha avuto la priorità su quasi tutto. Ho cercato di
mettere tutta la mia vita in questo incontro, in questa magia».
Sul momento
in cui il grande scrittore perse la vista, Alferj ricorda: «Oh, era molto
depresso. Fu allora che, in modo del tutto spudorato e disinibito, gli dissi:
perché non proviamo a scrivere insieme? “Sì, sì, scrivi” […] In quel periodo
avevo i figli che cominciavano appena la scuola, abbiamo cominciato a lavorare e
il primo romanzo che è uscito è stato “La rete di protezione”, che aveva proprio
un’ambientazione scolastica. […] Nonostante avesse perso la vista, la sua
esperienza alla radio o come regista teatrale gli ha fatto vedere i personaggi
molto chiaramente. Aveva il quadro in testa, immaginava l’ambientazione, come si
muovevano i personaggi, cosa facevano. Se guardi, nei primi romanzi di
Montalbano non c’è tanta descrizione delle azioni. In quelle che scrisse dopo
aver perso la vista, si racconta più che Montalbano afferra la maniglia, la
apre…. Ho visto come si muoveva e gliel’ho spiegato».
Viene
assolutamente escluso che Camilleri si fosse mai lamentato delle trasposizioni
televisive e cinematografiche dei suoi personaggi:«No, no, lui era un
regista, sapeva benissimo che per poterlo fare era necessario tradire il libro.
Quando qualcuno a questo proposito gli ha detto: “Ma hai visto cosa hanno fatto
con il tuo libro?”, lui ha risposto: “Che cosa hanno fatto? È perfetto, non
hanno fatto nulla. È un’altra lingua, penso sia fantastico che chi prende in
mano il mio libro ne faccia qualcos’altro”. E aveva un ottimo rapporto con i
registi, e un grande affetto per il produttore Carlo degli Esposti. Tutti questi
rapporti erano basati sulla fiducia. […] E se Camilleri ti dava fiducia, era un
bene prezioso, andava preservato con molta cura. Non potevi deluderlo».
A proposito
dello spettacolo “Conversazione su Tiresia”, scritto e interpretato da Andrea
Camilleri e andato in scena al Teatro Greco di Siracusa l’11 giugno 2018 di
fronte a 4.000 spettatori (nell’ambito delle rappresentazioni classiche
realizzate dall’Istituto Nazionale del Dramma Antico), Alferj ricorda: «Quando
abbiamo fatto Tiresia al Teatro Greco di Siracusa, lo ho aiutato a scrivere il
testo e siamo andati in quel posto incredibile, che è come una macchina del
tempo, dove hanno recitato i più grandi della storia. Ero lì con le cuffie a
guidarlo e a dargli suggerimenti, novantatré anni, cieco, completamente solo,
con cinquemila persone sugli spalti… Ebbene, appena sono entrata in quell’astronave
dove mi hanno messo, al primo contatto con lui era già tranquillo, perfetto,
sapeva tutto quello che doveva fare, dove doveva andare. Ciò mi ha dato una
grande fiducia in me stessa».
Categoricamente Alferj respinge ogni allusione ai “calunniatori” che
favoleggiano di possibili “ghost-writers” che possano aver collaborato con
Camilleri nella sua instancabile produzione letteraria: «Oh, no, no, non è
vero. Ha fatto tutto da solo. Era un cervello prodigioso, un incredibile
scrittore».
Infine, alla
domanda «Com’è la tua vita oggi, senza il tuo Maestro? Cosa ti manca?»,
Alferj risponde: «Mi manca moltissimo il mio amico. D’altronde per me è stato
molto importante vivere con una persona come lui, anche quando aveva novant’anni
e la morte era seduta lì, accanto a lui, e Andrea la sentiva. È stata
un’esperienza molto forte, anche per questo, per il fatto di sapere che il tempo
stringeva. Ma lui è una di quelle persone per le quali non ho pianto, perché è
una persona per la quale ho fatto tutto quello che dovevo fare, per farlo stare
bene. Adesso lavoro come agente, non so se continuerò a fare la stessa cosa, ma
per ora mi occupo di scrittori con cui ho un buon rapporto umano, come mi ha
insegnato lui. Antonio Manzini, Fabio Stassi, Paolo Nori, Leonardo Colombati,
sono alcuni dei miei autori».
Qui mi fermo,
non senza porre però almeno due domande:
1. Perché
nessun critico letterario, nessun giornalista, nessun opinionista, nessun
influencer o blogger italiano ha sentito il dovere di andare a intervistare
Valentina Alferj per chiederle notizie preziose sugli ultimi anni di Camilleri?
2. A che cosa
è dovuta l’ala di mistero che circonda un personaggio così importante nella vita
di uno dei massimi scrittori degli ultimi decenni? Semplicemente alla modestia e
alla riservatezza (che sarebbero comunque encomiabili) della Alferj? O qualche
editore lavora per pubblicare prima o poi un libro che riveli ampiamente ed
ufficialmente queste notizie finora centellinate o affidate a interviste
sporadiche (e addirittura più circostanziate all’estero che in Italia)?
Sperando almeno di aver destato un doveroso interesse per la questione, resto in
attesa di risposte in proposito. Sento però, a titolo personale ma credo anche a
nome di migliaia di lettori, il dovere di ringraziare Valentina Alferj per la
sua attività a fianco di Andrea Camilleri; è anche e soprattutto grazie a lei se
negli ultimi anni abbiamo potuto ancora leggere le pagine mirabili del grande
scrittore siciliano.
Mario Pintacuda
La Sicilia,
15.11.2023
A Gela la
XXIII edizione del Premio nazionale “Gorgone d’Oro”, organizzato e promosso dal
Centro di Cultura e spiritualità cristiana “Salvatore Zuppardo”
Il sole accende la “Gorgone d’Oro”
Simposio culturale a Gela in
occasione della XXIII edizione del Premio nazionale “Gorgone d’Oro”. Organizzato
e promosso dal Centro di Cultura e spiritualità cristiana “Salvatore Zuppardo”,
fondato dallo storico Emanuele Zuppardo, l’edizione di quest’anno ha voluto
rappresentare “una campagna di incentivazione alla fruizione della cultura per
rafforzarne il valore sociale della lettura, della stampa, del cinema, strumenti
per la crescita individuale e per lo sviluppo civile e sociale” dice il
direttore artistico Andrea Cassini. Durante la cerimonia, che si è tenuta nella
sala nobiliare di Palazzo Mattina, conferito all’attrice siciliana Simona Malato
il riconoscimento per la sezione cinema.
[…]
Assieme a lei, premio
alla scrittrice Arianna Mortelliti al debutto letterario con “Quella volta che
mia moglie ha cucinato i peperoni” (Mondadori). È la prima volta che la
Mortelliti riceve un premio per l’opera prima, così come era stato a Gela negli
anni ’50 per il nonno materno Andrea Camilleri, quando ancora non era conosciuto
al grande pubblico.
Il libero è “un
affresco dell’immaginazione, dono del nonno di cui sono stata – dice – i suoi
occhi e le sue mani. Lui dettava, io battevo sui tasti”.
[…]
Valentina Miraglino
La Repubblica,
15.11.2023
Stasera in TV: film, programmi e serie di oggi mercoledì 15 novembre
Le serie e i film in tv in prima e seconda serata. La guida tv completa di Rai,
Mediaset
E Montalbano perse la testa per
la collega
Il commissario Montalbano
Rai 1 -
21.20
Nel caso
Il metodo Catalanotti, Carmelo Catalanotti (Carlo Cartier), usuraio e fondatore
di una compagnia di teatro amatoriale di Vigata, viene assassinato. Era il guru
dei suoi allievi, sapeva essere geniale ma anche sadico. Il commissario
Montalbano (Luca Zingaretti) indaga sul delitto, e perde la testa per la giovane
collega della Scientifica (Greta Scarano).
[…]
Rai 1
21.30 IL
COMMISSARIO MONTALBANO Regia Alberto Sironi, Luca Zingaretti con
Luca Zingaretti, Sonia Bergamasco, Isabel Sollman Il Commissario Montalbano
indaga sull’omicidio di Carmelo Catalanotti, usuraio e fondatore della
Trinacriarte, compagnia di teatro amatoriale di Vigàta, di cui era il guru.
[…]
Scelti per voi da Silvia Fumarola
Quotidiano di Sicilia, 16.11.2023
“Il teatro certamente”, tra ricordi e amicizia
Il volume edito da Sellerio raccoglie i dialoghi tra Andrea Camilleri e Giuseppe
Dipasquale
Catania – Un atto d’amore nei confronti di un maestro che è stato anche,
nonostante i 38 anni di differenza, non tanto un padre quanto un fratello
maggiore. Così potrebbe essere definito il volume della Sellerio “Il teatro
certamente”, che raccoglie i dialoghi tra Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale,
quest’ultimo affermato regista che con il papà di Montalbano ha scritto per il
palcoscenico una decina di copioni, molti tratti dalle opere letterarie
camilleriane, ma anche originali.
Il reverente omaggio – anche della Sellerio – al romanziere più amato degli
ultimi decenni, dallo stile talmente unico da far coniare, ricorda la Treccani,
il neo-vocabolo camillerismo, si concretizza anche nel fatto che a firmare il
libro è lui soltanto. Mentre in realtà – oltre al cuore palpitante del volume,
rappresentato dalle registrazioni dei dialoghi e agli scambi epistolari degli
anni in i due lavorarono a progetti comuni – illuminanti sono i raccordi e gli
appassionati interventi di Dipasquale.
Così, lasciando sullo sfondo il mondo teatrale italiano degli ultimi 35
anni, dal libro emerge la storia di un’amicizia profonda, nata dopo una “domanda
carogna” nell’esame in Accademia. “Andrea – ricorda nel volume Dipasquale –
partecipava alle nostre cene di allievi esattamente come fosse uno di noi”. Si
sentiva vicino a quei giovani perché anche lui, che avrebbe “fatto carte false
pur di non diventare professore di lettere in Sicilia”, aveva studiato sempre
nell’Accademia fondata da Silvio d’Amico. Quest’ultimo, nel 1947 a Firenze, da
presidente della giuria del Premio Faber, gli aveva assegnato il riconoscimento
per Giudizio a mezzanotte, testo che, rientrando in Sicilia, Camilleri avrebbe
buttato dal finestrino del treno. Poi però aveva fatto domanda per il corso di
regia in Accademia e s’era convinto di non essere stato ammesso dopo un esame in
cui Orazio Costa aveva mostrato di non condividere le sue idee. Invece Costa lo
stimava al punto che, lasciando l’insegnamento, lo avrebbe consigliato come suo
successore.
In ogni caso, narra Dipasquale, Andrea Camilleri, diventato l’insegnante di
regia capace di affascinare, sedurre, rapire, era vicinissimo agli allievi. E
quando, come accadde in casa di Dipasquale, Leonardo Sciascia chiamò per parlare
con lui, la telefonata fu considerata uno scherzo.
Ecco, “Il teatro certamente”, è una miniera di aneddoti, dona storie, dettagli,
scene e retroscena di un Camilleri, “materialista e onirico” capace di mutare
fatti semplici e umanissimi in sorprendenti racconti. Narrati soltanto a quell’allievo
prediletto. Come la storia del gatto maculato viaggiatore abituale sulla tratta
ferroviaria Termini-Palermo. O la vicenda, autentica, di Turi Ferro che, appreso
di una sua malattia alla gola, gli organizzò, a Catania, una visita notturna con
un luminare della medicina.
Perché c’è sì la Roma dell’Accademia e del grande Teatro, in questo libro. Ma
c’è soprattutto l’Isola a tre punte, che, sottolinea Dipasquale, grazie a
Camilleri divenne “quella … del paradosso siciliano: vivere della disdetta della
propria natura, e in più riderci sopra”. Perché la comicità “è sempre una
questione serissima!”. In questo affascinante talk-show scritto, Camilleri,
parlando degli spettacoli con Dipasquale, divaga – narra, per esempio, dei suoi
inizi, con Vittorio Gassman che, in Accademia, lo aiutò a recitare Arsenico e
vecchi merletti – e poi passa a descriverli: da “Il birraio di Preston”, che
debuttò nel 1999 nello Stabile di Catania al meraviglioso scherzo dell’anno
successivo, “Troppu trafficu ppi nenti”, grande successo scritto nella “lingua
di un tale che dovrebbe chiamarsi Crollaspeare”.
Seguì, sempre al Verga nel gennaio 2001, “La cattura”: tratto dalla novella di
Pirandello era stato scritto per gli ottant’anni di un mostro sacro, Turi Ferro,
morto proprio durante le recite. Nel 2003, poi, quello che Camilleri definisce
“il mio primo spettacolo multimediale”, “La signora Leuca”, scritta per Ida
Carrara, moglie di Ferro.
Andrea e Peppe – il primo in tondo, il secondo in corsivo, nei dialoghi –
tornarono a Camilleri nel 2005 con “La concessione del telefono”, che debuttò a
Catania ed ebbe uno straordinario successo. L’anno dopo un altro Shakespeare,
“La tempesta”, e, dopo una lunga pausa, il 25 giugno 2016, in prima mondiale per
il Festival di Spoleto, “Il casellante” camilleriano.
Avevano scoperto, i due amici, “di adorare… il viaggio su rotaie … perché il
treno rappresenta “un mondo antifuturista, antico e a misura d’uomo”. Così,
riferisce Dipasquale, Camilleri sognava di comprare una casetta simile al
casello del suo casellante dove godere “dell’assoluta bellezza della solitudine,
del silenzio”.
Il penultimo progetto teatrale fu quello di una “drammaturgia irrealizzabile:
“La creatura del desiderio” debuttò in prima assoluta a Catania al Must Musco
Teatro nel novembre del 2018. E nello stesso anno, l’omaggio a due maschere
viventi, Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina, con lo spin-off nato dalla
“Concessione” e che, nel 2018, debuttò al Brancati di Catania, con il titolo
“Filippo Mancuso e don Lollò”.
I due mattatori, rivela Dipasquale, tra le risate di Camilleri, che ne era
affascinato, riuscirono a esaltare il pubblico andando a braccio e allungando a
dismisura lo spettacolo, in un tripudio di applausi, in qualche caso addirittura
di venticinque minuti.
Per scoprire altro su “Il teatro certamente”, occorrerà che saliate su quella
navicella spaziale, metafora non soltanto della narrazione teatrale, ma anche
letteraria. Una navicella lenta, però, come una carrozza ferroviaria. “Mi piace
immaginare – scrive Peppe – che Andrea sia andato via prendendo… il treno
dell’eternità, e che… fermandosi di stazione in stazione, dica a sé stesso:
…puoi fermarti senza prescia anche dieci minuti in più”.
Giuseppe Lazzaro Danzuso
La Voz de Galicia,
16.11.2023
Alma, la muñeca que sació la obsesión de Oskar Kokoschka
Andrea Camilleri noveló la enfermiza historia de desamor y celos del pintor con
la compositora y viuda de Gustav Mahler. Cuando ella lo dejó trató de superar la
ruptura encargando una reproducción de la mujer
Oskar Kokoschka (Pöchlarn,
Austria, 1886-Montreux, Suiza, 1980) tenía apenas 25 años cuando conoció a Alma
Mahler en casa del pintor Carl Moll, padrastro de la viuda de Gustav Mahler —había
muerto el año anterior— y mentor del joven, quien cayó inmediata y rendidamente
enamorado mientras escuchaba cómo ella le interpretaba al piano Muerte
de amor, del drama musical de Wagner Tristán
e Isolda. Casi 400 cartas, poemas ilustrados, obras de teatro; seis
retratos, siete abanicos pintados y otros lienzos dan testimonio del apasionado
e incendiado romance que ambos vivieron y, sobre todo, del deseo de posesión por
parte del artista, como de sus ansias de control y su angustia por perderla.
Alma Mahler, que era mayor que él y mucho más social, una mujer de mundo, no
soportó la asfixia y llegó aborrecida a 1915. Kokoschka —que sentía unos
horribles celos hasta del fallecido Mahler— no acepta vivir sin ella ni
imaginarla en brazos de otro. La acosa. E incluso se alista como soldado en la
Gran Guerra, donde está a punto de morir en el frente ruso. Ya restablecido, en
1918, conoce a la artista y diseñadora de vestuario Hermine Moss, a la que
encarga que le fabrique una muñeca a imagen y semejanza de Alma Mahler —para
entonces ya se había casado, primero con el arquitecto Walter Gropius y después
con el escritor Franz Werfel—. Recuperará a su amada, piensa, incluso a pesar de
ella. Así, enviará doce cartas a Moss pormenorizando con textos, bocetos y
dibujos aspectos de la imagen, el cuerpo y la fisonomía de Alma, incluso
detallando las formas de sus órganos sexuales. Cuando ella tiene noticia del
fetiche, anota indignada en su diario: «¡Me tuvo por fin como había querido
tenerme siempre: como un instrumento sin voluntad y maleable en sus manos!».
Esta enfermiza historia sedujo a
Andrea Camilleri, que la recreó en su novela La
criatura del deseo, que acaba de traer al castellano el sello Salamandra.
El narrador italiano realizó una investigación previa que lo llevó a sostener la
importancia del episodio de Dresde —en el proceso de superación de la pérdida de
su amante— frente a estudiosos que restan relevancia patológica a la «gran
comedia de la muñeca» e incluso hablan del valor performativo de este fetiche,
que hundiría sus raíces en otras incursiones del artista en el terreno de los
títeres, autómatas...
En una fiesta en casa del pintor
—ya toda una exitosa celebridad— en que presentó a Alma en sociedad, el desmadre
fue tal que unos invitados trataron de forzar sexualmente a la muñeca. Tras
echarlos de la habitación, entre el desenfreno alcohólico y la humillación,
Kokoschka decapitó a Alma. Incluso lo visitó la policía, alertada por un
transeúnte que creyó ver a una mujer desnuda y ensangrentada yaciendo en el
jardín. Eran manchas de vino.
H. J. P.
La Repubblica, 16.11.2023
Ascolti, la Rai si affida a Montalbano. E stasera punta (di nuovo) su Sinner
Cambio di programmazione e spazio al tennis. Una scelta vincente, visti gli
ottimi ascolti del match dell’altoatesino contro Djokovic. E la seconda rete ci
riprova
Il commissario e il tennista. Montalbano e Sinner.
È questo il binomio su cui punta la Rai per
risollevarsi dalla crisi degli ascolti: l’usato sicuro e la novità. La
trasposizione televisiva del personaggio creato da Andrea
Camilleri, continua ad appassionare una larga fetta di
pubblico: l'episodio Il
metodo Catalanotti, riproposto ieri, mercoledì 15 novembre, su
Rai 1, si è aggiudicato la prima serata, con 3 milioni 154 mila spettatori e il
18,8 di share. E stasera nuova indagine, mentre Rai 2 dà spazio al tennis.
[…]
Il commissario salva-ascolti
Eccolo, quindi, il poliziotto
interpretato da Luca
Zingaretti pronto a tornare in onda anche stasera, al posto del
debutto della seconda stagione di Un
Professore con Alessandro
Gassmann, per
evitare uno scontro in casa, visto che su Rai
2 alle 21, ci sarà Sinner contro Rune, un match che vale la
semifinale del torneo di Torino. E per una singolare (ma forse nemmeno tanto)
coincidenza, l’episodio di Montalbano che andrà in onda si intitola Rete
di protezione.
[…]
La Repubblica, 17.11.2023
Ascolti tv, Montalbano (in replica) su Rai 1 batte il tennis su Rai 2
Si conferma l’ottimo seguito per il personaggio creato da Camilleri. Grande tifo
per le imprese sportive di Sinner
Il Commissario
Montalbano batte anche Sinner.
Nella serata di ieri, giovedì 16 novembre, la replica su Rai
1 dell’episodio La
rete di protezione, con protagonista il personaggio creato da Andrea
Camilleri, ha conquistato una media di oltre tre milioni di
spettatore (per l’esattezza 3.006.000), con uno share del 15,5 per cento.
[…]
Porteira do Mato,
17.11.2023
“The animal kingdom” dirigido por Giampiero Cicciò de Messina no palco amanhã em
Roma
Novembro
foi um mês frutífero para o ator e diretor de Messina Giampiero Cicciò: no dia
15 foi transmitida na Rai 1 a repetição do episódio “O método Catalanotti” da
série Inspetor Montalbano da qual foi um dos intérpretes e estreia amanhã “O
reino animal” De Rubi Thomas no palco em Teatro Belli em Roma para o qual ele
dirigiu resenha da dramaturgia anglo-saxônica contemporânea “Tendência”.
[…]
Ontem foi transmitido o episódio da lendária série do “Inspetor Montalbano” que
a coloca entre os protagonistas. Que lembranças você tem dessa experiência?
“Foi uma experiência muito importante para mim. O episódio estreou em 8 de março
de 2021 e foi assistido por mais de 9 milhões de telespectadores. Lembro-me com
prazer daqueles dias no set em que todos nós do elenco sabíamos que estávamos
atuando em um episódio histórico, pois, aparentemente, é o último de uma das
séries mais acompanhadas da história da TV italiana. Mas não é apenas uma
questão de audiência. Quem trabalhou em Montalbano sabe que a qualidade da
escrita de Camilleri é um presente para nós que interpretamos seus personagens.”
[…]
Felipe Costa
Bookcity Milano,
18.11.2023
H 17:00
Castello Sforzesco
Sala Viscontea
Piazza Castello
1, Milano
Capienza: 200
Andrea Camilleri e il teatro. Storia di un grande amore
Con Giuseppe Dipasquale, Peppino Mazzotta e Gaetano Savatteri

Andrea Camilleri e la sua idea di
teatro, le sue esperienze di regia, le lezioni, il rapporto con generazioni di
giovani allievi. Una narrazione scorrevole tra ricordi, discussioni teoriche,
esempi di messa in scena si snocciola in questa appassionante conversazione tra
il Maestro e Giuseppe Dipasquale, suo allievo all’Accademia Silvio d’Amico poi
regista e autore teatrale.
LIBRI
Il teatro certamente. Dialogo con Giuseppe Dipasquale, Andrea Camilleri,
Sellerio
Hoy, 18.11.2023
Tamaño natural
Andrea Camilleri mezcla la investigación, el ensayo y la ficción en un texto
veloz y misceláneo que profundiza en la idea del simulacro
La relación entre
Oskar Kokoschka y Alma Mahler fue breve y tormentosa y ha pasado a la posteridad
propulsada por un símbolo extraño: la muñeca de tamaño natural que el pintor
encargó para sustituir a su amada tras la ruptura. La automática certeza de que
Kokoschka era un genio salvaje y Alma Mahler la mujer más bella e interesante de
la Europa de su tiempo completa las líneas generales de un mito propenso como
pocos a la hipérbole y a las metáforas que impliquen alguna clase de combustión.
Andrea Camilleri aplica en 'La criatura del deseo' su mirada sabia e irónica
sobre ese mito. Lo hace de un modo original, mezclando la investigación, el
ensayo y la ficción, en un texto veloz y misceláneo que profundiza en la idea
del simulacro. Con pulso casi periodístico, el libro incluye breves biografías
de los protagonistas, cartas extraídas de su correspondencia y testimonios sobre
la pareja ofrecidos por familiares y amigos, algunos de ellos figuras tan
representativas de la Viena de comienzos del siglo XX como Karl Kraus o Víktor
von Dirsztay, el artista bohemio que no pasó a la historia como escritor sino
como paciente de Freud. Toda esa información se presenta de un modo conciso y
revelador. Además de para sumergir al lector en la época, sirve para entender
que la realidad es contradictoria y Kokoschka pudo ser alguien vulgar y
desvalido además de un genio volcánico. Mientras que Alma Mahler pudo ser una
estratega consagrada a su papel de musa además de una amante apasionada. Sin
embargo, a Camilleri lo que parece fascinarle es la suplantación: el modo en
que, tras ser abandonado por Alma Mahler y no conseguir que lo mataran en la
Primera Guerra Mundial, Kokoschka comienza a convivir con una muñeca hecha a
semejanza de su amada. Hay que señalar que la semejanza debía de ser altísima a
nivel táctil e incluso olfativo, al oler la copia al mismo perfume que el
original pero que el muñeco era feo como un demonio. Es en la reconstrucción de
semejante delirio - el artista llevaba la muñeca a la ópera y contrató a una
criada para ella - donde Camilleri ejerce de novelista y reconstruye una
intimidad que tiene para él implicaciones casi religiosas. A través de la
réplica de Alma Mahler, Kokoschka busca según el autor la representación física
de la obsesión que tiraniza su pensamiento y también un fetiche que intermedie
en la devoción a un ser superior. Que todo eso durase meses y terminase en una
gran borrachera con un muñeco decapitado tras recibir un botellazo hace pensar
que Camilleri brilla en la descripción pero quizá no tanto en la interpretación.
Poco importa. El libro se devora y la historia increíble que detalla, al ser
real, resulta doblemente fascinante.
Pablo Martínez Zarracina
Corriere Adriatico,
19.11.2023
Bocci gran mattatore al Vaccaj di Tolentino con “Lucio Battisti. Emozioni…!”:
«Sarà un viaggio di musica e parole»
[…]
Dopo Mimì Augello in Montalbano, ha fatto il finto buono Romaniello in “Imma
Tataranni”: com’è stato passare al ruolo di cattivo?
«Fare i cattivi è troppo divertente, molto distante da me, ma proprio
per questo molto divertente. Augello pure era un personaggio divertente. Qualche
giorno fa hanno mandato una replica di Montalbano e ho notato, nell’episodio,
alcuni dettagli che non ricordavo. Mi ha divertito anche quello».
Montalbano è proprio finito, vero?
«Sì, è arrivato al capolinea, credo, anche se ci sono ancora due
romanzi».
[…]
Chiara Morini
La Repubblica, 21.11.2023
Torna Più Libri Più Liberi e sarà dedicato a Giulia Cecchettin
“Nomi Cose Città Animali” il tema dell’edizione di quest’anno a Roma dal 6 al 10
dicembre. Più di 600 appuntamenti con autori italiani e stranieri e gli omaggi a
Murgia, Calvino e Camilleri

A come
autori,
stranieri innanzitutto – sono tantissimi in arrivo a Roma – e italiani
ovviamente. C come
Calvino a
cui, nel centenario della nascita, è dedicato un ciclo di incontri. G
come giornali perché
anche quest'anno si parlerà di informazione con i protagonisti del settore. F come fumetti,
un genere che ha sempre più appassionati, basta guardare le classifiche dei
libri più venduti. M come
Michela Murgia,
al cui ricordo sarà dedicato l’incontro di chiusura. N come
novità,
moltissime quelle in programma quest’anno ha assicurato la nuova – appunto
– curatrice Chiara
Valerio che
ha deciso di dedicare l’edizione 2023 di Più
Libri Più Liberi, che
torna a Roma alla Nuvola dell’Eur dal
6 al 10 dicembre, a Giulia
Cecchettin uccisa
dall’ex fidanzato Filippo Turetta: “Le fiere e i festival, i libri”, ha detto,
“stanno nel mondo, in mezzo alle persone, e servono nel mondo. Noi parliamo
mentre Giulia è stata ammazzata. Ma siamo qui a parlare perché siamo certi che
leggere fornisca le parole e più parole si hanno, meno mani si alzano”.
[…]
Oltre a
Calvino e Murgia, riceverà un omaggio anche Andrea
Camilleri con
un reading inedito di Neri Marcorè.
[…]
Ilaria Zaffino
Malgrado tutto, 21.11.2023
Nei luoghi del Commissario Montalbano. Con una domanda in testa
E se per la popolarissima serie Tv fosse stato scelto come set la reale Vigata,
ovvero Porto Empedocle?
Un balcone, un libro, tanta ricchezza. Quanta
ricchezza ho visto nel mio breve soggiorno a Scicli e dintorni! E ancor prima
della ricchezza la pulizia, tanta pulizia. E la cura, tanta cura, per il
patrimonio storico e architettonico, anche per un mattone di una strada o di una
piazza dove non ho visto sporcizia e immondizia (qualcuno potrebbe pensare a un
furto di sacchetti o a miei problemi di vista o all’intervento di addetti locali
impegnati a pulire i luoghi prima che un ospite ci metta piede e poi ne parli
male).
Due giorni a Scicli, con
capatine un po’ qua e un po’ là, nei luoghi del personaggio più
famoso dello scrittore empedoclino Andrea Camilleri il cui nome è stato messo
pure nelle insegne stradali: “Punta Secca, casa del Commissario Montalbano”.
E quanti turisti! Sbarchi
continui, dal mare, da terra, con ogni mezzo. Tutti a raggiungere la casa
cinematografica del commissario, in spiaggia, e a fare inarrestabili selfie e
video al caratteristico balcone balaustrato, da far girare all’infinito sui
propri profili social. Tutti a concentrarsi sul balcone, di moderna concezione
architettonica, tralasciando altri bellissimi edifici antichi a pochi passi. Un
flusso continuo di visitatori uno dei quali, di ritorno dalla sua visita,
vedendomi davanti alla macchinetta per il pagamento del parcheggio al mio
mattutino arrivo mi ha ceduto il suo ticket pagato fino alle 15,30. Lo ha fatto
per quattro ore credendo di dover girare in lungo e in largo Punta Secca, di
trovare tanto altro da vedere, da visitare, da ammirare, da fotografare con
tutta la famiglia. Nella frazione di Santa Croce Camerina, vedi il balcone, il
faro bianco, edifici storici e poi la spiaggia, il porticciolo turistico e tante
attività commerciali e turistiche e luoghi riqualificati e tanto altro sorto
sotto la spinta dell’amato commissario Montalbano: ho trovato la spiaggia piena
di bagnanti che soggiornano in B&B e case vacanze.
Il luogo merita il soggiorno,
al di là della casa di Montalbano. A Scicli, città patrimonio dell’Unesco, dove ho soggiornato in un delizioso e accogliente B&B
per la presentazione a Sampieri del libro Fake news, hai tanto da vedere, da
scoprire, da fotografare. Esci e ti fai il giro a piedi o col “trenino barocco”
nell’area storica, pedonale (ma quanto è bella!), dove hai il piacere di fare
due passi, anche qui tra palazzi, chiese, monumenti, paesaggi, tanti eleganti
negozi e le immancabili foto sulla scalinata del Municipio, meglio conosciuto
come il commissariato di Vigata (il pomeriggio e la sera è pure aperto alle
visite turistiche con tanto di biglietto che paghi per vedere è sempre
fotografare l’ufficio del questore e del sottoposto Montalbano).
Ti sposti nei dintorni con la
macchina e ammiri distese di campagne coltivate e una
Marina di Ragusa, di recente realizzazione e in continua espansione, con un
nucleo di graziose villette, dov’è lavato e pettinato pure il filo d’erba di una
bellissima rotatoria con prato inglese, palme e altri alberi di ogni tipo.
Sembra tutta opera collettiva, necessità collettiva, dov’è essenziale il
contributo consapevole del singolo che non butta il sacchetto dell’immondizia
per strada, la cicca di sigaretta, la gomma da masticare… Meglio ingoiare tutto!
Sono rimasto a bocca aperta (certo,
sono impressioni di due giorni, ma impressioni impressionanti) e con una domanda
in testa: e se la produzione del popolarissimo e ancora seguitissimo commissario
Montalbano nelle sue infinite repliche avesse scelto come set la reale Vigata,
ovvero Porto Empedocle, e tutto il territorio circostante citato nei libri dove
le meraviglie abbondano: Agrigento, Licata, Sciacca, Realmonte, Raffadali? Ci
sarebbe stato lo stesso straordinario sviluppo turistico, economico, produttivo,
culturale? Ci sarebbe stata la stessa pulizia e cura del filo d’erba del prato
all’inglese nell’aiuola spartitraffico con alberi, fiori e palme? I film tratti
dai libri di Camilleri avrebbero fatto mangiare anche da noi come stanno facendo
mangiare da decenni il ragusano richiamando flussi turistici per la foto di un
balcone? È ancora possibile fare qualcos’altro, oltre alla statua da
“accavarcare” e al bel murales da fotografare?
E non solo con Camilleri, ma
con Pirandello, Sciascia, Russello? O loro non sono redditizi? La
cultura fa mangiare, siamo d’accordo con Andrea Camilleri, ma devi essere pure
fortunato che un regista ti scelga per vent’anni come set cinematografico e devi
essere anche meritevole di tanta fortuna.
Raimondo Moncada
La Nazione (ed. di Firenze),
23.11.2023
Venturiello: "Il mio Montalbano". Il commissario debutta in scena
L’attore e regista interpreta i personaggi della prima indagine del personaggio
creato da Camilleri
La stagione
del Teatro Manzoni prosegue con un personaggio amatissimo: il commissario Salvo
Montalbano di Andrea Camilleri. A portare sul palco "La prima indagine di
Montalbano" sarà, domani alle 21,15, Massimo Venturiello in un progetto tutto
nuovo da lui ideato. Il monologo, nel quale Venturiello si districa fra i vari
personaggi della serie, prende spunto dai tre racconti della raccolta del 2004
che vede il commissario agli esordi.
Venturiello, come nasce questo spettacolo?
"Da un fatto un po’ particolare. Camilleri un anno prima
di morire mi aveva chiamato per propormi di leggere un suo romanzo, che era ‘La
rete di protezione’, come audiolibro. In quell’occasione mi disse che avrebbe
voluto che leggessi altri suoi libri poi, però, se ne andò poco dopo. A distanza
di un anno dalla sua scomparsa Sellerio mi ha proposto di leggere altri nove
libri della serie e quando gli audiolibri sono usciti hanno avuto un boom di
ascolti. Allora mi è venuta l’idea di portarlo anche in teatro facendo una sorta
di reading anche se il commento più diffuso del pubblico che ha assistito allo
spettacolo è ‘abbiamo visto non abbiamo sentito’ ed è molto bello per me".
Perché proprio la prima
indagine?
"Perché qui inizia a delinearsi la figura del commissario
e degli altri personaggi. È stato anche un suggerimento di Antonio Sellerio che
ho condiviso. Fra l’altro, in questo libro Montalbano è diverso da quello che
conosceremo in seguito: è ancora vicecommissario e la sua donna non è ancora
Livia".
Che cosa ama di questo personaggio letterario?
"La prima cosa che convince, coinvolge, affascina è la
sua autenticità, è la sua serietà morale che prescinde dal dover essere a tutti
i costi in un certo modo perché è anche uno che si gode la vita. È una persona
tranquilla ma è rigorosissimo nel suo lavoro che affronta, talvolta, anche
’scavalcando’ la legge, va dritto per la sua strada inseguendo quello che è
giusto. Poi è un personaggio che entra nel cuore della gente perché è uno di
noi. Sicuramente piace anche la lingua che Camilleri ha inventato".
Quali sono i suoi prossimi impegni?
"Sto portando in giro un altro spettacolo ‘Il signor Puntila e il suo servo
Matti’ di Brecht di cui curo anche la regia".
Teatro Manzoni –
Calenzano, 24.11.2023
La prima indagine di Montalbano
di Andrea Camilleri
progetto di Massimo Venturiello
con Massimo Venturiello
consulenza musicale e tecnica
Alessandro Greggia
produzione Officina Teatrale

La prima indagine di Montalbano
di Andrea Camilleri è quella da cui tutto ebbe inizio. Quella in cui prendono
vita i personaggi dei successivi numerosi romanzi che hanno conquistato
l’interesse di milioni di lettori. Massimo Venturiello porta sul palcoscenico,
con la vis teatrale che lo contraddistingue, il testo di Andrea Camilleri in un
progetto tutto nuovo da lui ideato.
«L’idea di portare per la prima volta in teatro il commissario più famoso della
narrativa contemporanea italiana – spiega Venturiello – è nata in seguito allo
straordinario successo che hanno ottenuto gli audiolibri, recentemente
pubblicati in Rete, che ho avuto il privilegio di interpretare. Ho dovuto
ridurre, per ovvie esigenze teatrali, il testo, ma i libri di Camilleri
contengono già una forte struttura teatrale con personaggi vivi, caratterizzati,
secondo le regole del teatro che il Maestro, uomo di teatro, conosceva
benissimo. Testi da cui la lingua da lui inventata, carica di musicalità, arriva
nella sua interezza a chiunque: la parola diventa immagine ammaliante, la trama
inchioda e non consente distrazione alcuna. Ho sentito la naturale esigenza di
proseguire il percorso iniziato allestendo un monologo teatrale su “La prima
indagine di Montalbano”: il testo dove nasce il commissario Montalbano,
certamente ancora ignaro del luminoso destino che il genio del grande Camilleri
gli stava riservando».
Il Mattino, 24.11.2023
Sveva Casati Modignani, La vita è bella: «Sono una cantastorie nonostante mia
madre»
«Amo Napoli ma non la conosco abbastanza per confrontarmi con lei in un romanzo»
[…]
Legge molto? Quali autori?
«Camilleri è per sempre. Poi mi piacciono molto gli italiani che scrivono
thriller. Manzini, Robecchi, Recami».
[…]
Santa Di Salvo
Auditorium Concattedrale, Patti (ME),
25.11.2023
Maruzza Musumeci
sabato 25 novembre 2023 ore 20.30
Info e prenotazioni: 0941 362715 / 370 1207067

dal romanzo di Andrea Camilleri
con Pietro Montandon
scene Giorgio Panni Giacomo Rigalza
regia Daniela Ardini
Produzione Lunaria Teatro
Camilleri rielabora con humor
grottesco la vendetta delle sirene… una storia “affatata” d’amore tra due
persone completamente diverse… il canto delle sirene ci ammalia ancora.
Metropolitan Magazine,
25.11.2023
Paul Auster è in testa alla classifica dei libri più venduti della settimana
La classifica
dei libri più venduti della settimana vede in testa Paul
Auster. Accanto a lui il compianto maestro Andrea
Camilleri e la regina
dei Florio Stefania Auci
[…]
Il podio
Sul podio della classifica dei libri più
venduti della settimana, in terza posizione, “Il
giudice Surra e altre indagini in Sicilia” di Andrea
Camilleri. Il compianto grande scrittore siciliano, autore di “Il
commissario Montalbano” ritorna nelle librerie con
un’antologia di tre racconti realizzati tra il 2005 e il 2011 in cui tre
differenti protagonisti dovranno risolvere complicati casi.
[…]
Stefano Delle Cave
ANSA,
26.11.2023
Agnello Hornby, la mia Sicilia in un viaggio on the road
Con il fumettista Fenati su Rai3 dal 3 dicembre
Roma.
Palermo, l'Etna, Catania, Siracusa, Pantalica,
ma anche le miniere, le campagne, la Valle dei Templi di Agrigento, i Giardini
di Kolymbethra, le tombe e i ruderi che si trovano dovunque, ma soprattutto la
natura.
La
scrittrice Simonetta Agnello Hornby racconta la sua Sicilia in un percorso on
the road con il fumettista e illustratore Massimo Fenati, autore del graphic
novel de La Mennulara, in un nuovo programma di Rai Cultura, Viaggio in Sicilia,
realizzato da Pesci Combattenti, che andrà in onda da domenica 3 dicembre in
seconda serata su Rai3.
Quattro
puntate alla scoperta di una terra che la scrittrice, nata a Palermo, ha
lasciato da 60 anni, ma che ha nel cuore, non ha mai smesso di raccontare nei
suoi romanzi e dove torna spesso con i suoi figli. Questa volta Simonetta
Agnello Hornby compie però un viaggio speciale tra emozioni e memoria per
restituirci tutta la sua forza e bellezza.
"La Sicilia
è il posto più bello del mondo come terra e per quello che ha realizzato l'uomo.
Abbiamo fatto dei giri in posti dove normalmente non si va, come alla miniera
Ciavolotta, in provincia di Agrigento, che ora è chiusa, ma che conoscevo quando
era aperta perché apparteneva alla famiglia di mia madre. Ci sono andata dentro
una delle strane volte della mia vita. Mia mamma aveva un cugino di cui ero
profondamente innamorata all'età di cinque anni. Quando si fidanzò con una
bellissima bionda svizzera e lei volle vedere la miniera io li seguii per
controllarli per cui è stata la mia prima scena di gelosia. Al di là di questo,
è fondamentale parlare delle miniere perché sono state importantissime in
Sicilia" dice all'ANSA Agnello Hornby che ha trascorso l'infanzia ad Agrigento.
"Poi siamo andati a Pantalica, uno dei posti più belli del mondo. È la Sicilia
di 600 anni prima di Cristo, quando gli abitanti - che non si sa chi fossero -
crearono una città come New York con tutti gli appartamenti nelle mura immense
di questa cava. Bisogna camminare, salire e arrampicarsi sulle pietre. Se non si
va su e giù per le caverne non si capisce cos'è Pantalica" racconta la
scrittrice che vive a Londra dove ha fatto l'avvocato dei minori.
Nelle tappe
del viaggio che parte da Mosè, la tenuta storica della famiglia di Simonetta, in
provincia di Agrigento, anche incontri speciali con amici e abitanti del luogo.
Tra questi, a Porto Empedocle, il paese di Andrea Camilleri, l'appuntamento con
Arianna Mortelliti, la scrittrice e nipote del creatore del commissario
Montalbano, morto nel 2019. "È una ragazza che conosco da quando era bambina,
ora è diventata scrittrice e sono contenta. Ha scritto un bel libro. Sono molto
legata alla sua nonna, Rosetta Camilleri" spiega Simonetta. I luoghi li ha
suggeriti Agnello Hornby, ma, dice, "non mi piace mai scegliere perché quando
uno lavora con persone serie, che stima, come Fenati e i Pesci Combattenti è un
lavoro collettivo". Il pubblico di questo viaggio "possono essere italiani,
gente del mondo, i miei nipoti, ma pure i siciliani stessi che non conoscono
tutta la Sicilia. Racconto i posti a me più cari". Quale è stata la tappa più
importante? "L'Etna che rappresenta l'anima della Sicilia, questo senso di
grecità e la bellezza della natura. È una montagna che tutti i siciliani temono
e amano. Da bambina ci andavo con papà e mamma" spiega la scrittrice che
appartiene alla Sicilia occidentale che "da una lato è la peggiore, quella della
mafia".
"La Sicilia
orientale è quella più colta, che ha dato più intellettuali" afferma l'autrice
che per la prima volta ha raccontato la mafia nel suo ultimo libro Era un bravo
ragazzo (Mondadori). Un seguito di questo programma? "Sulla Sicilia passerei la
vita a fare seguiti. Cerco di trasmettere sempre il mio grande amore per la
Sicilia, di incoraggiare la gente ad andarci, c'è sempre qualcosa da scoprire e
da imparare" dice.
Mauretta Capuano
Coming Soon, 26.11.2023
Stasera in TV: Film da vedere Domenica 26 Novembre, in prima e seconda serata
Stasera
in TV, Domenica 26 Novembre 2023: Scopri cosa c'è da vedere in TV oggi con la
nostra Guida TV completa con i Migliori Film in prima e seconda serata su Rai,
Mediaset e su tutti i principali canali tv in chiaro gratuiti.
[…]
La
Famosa Invasione degli Orsi in Sicilia (Azione)
in onda alle
21.05 su Rai Gulp, un film di Lorenzo Mattotti, con le voci di
Linda Caridi, Toni Servillo, Antonio Albanese e Andrea Camilleri.
[…]
To pontiki, 27.11.2023
Ταξίδι στη Vigata, την φανταστική σικελική πόλη του επιθεωρητή Μονταλμπάνο,
γενέτειρα του Εμπεδοκλή και του Λουίτζι Πιραντέλλο
Viaggio a Vigata, cittadina siciliana immaginaria del commissario Montalbano,
città natale di Empedocle e Luigi Pirandello
Η Vigata είναι μια πόλη της Σικελίας που
δημιουργήθηκε από την πένα του σπουδαίου συγγραφέα αστυνομικής λογοτεχνίας,
Αντρέα Καμιλιέρι. Και αυτό ακριβώς συνδέει τον Ιταλό συγγραφέα με έναν από τους
σπουδαιότερους φιλοσόφους της Μεγάλης Ελλάδας, τον Εμπεδοκλή. Αν και μοιάζει
αυθαίρετη η σύνδεση του Καμιλιέρι με τον Εμπεδοκλή, η ερμηνεία βρίσκεται στην
φανταστική πόλη Vigata.
Η Vigata είναι η πόλη όπου
διαδραματίζονται οι περιπέτειες του ήρωα που δημιούργησε ο Καμιλιέρι, του
επιθεωρητή Μονταλμπάνο. Η πόλη αυτή δεν είναι άλλη από τη γενέτειρα του
Καμιλιέρι, το Porto Empedocle- το λιμάνι του Εμπεδοκλή, στον αρχαίο Ακράγαντα,
την σημερινή επαρχία Αγκριτζέντο της Σικελίας.
Ο ίδιος ο Αντρέα Καμιλιέρι έχει
πει πως η Vigata είναι η αυλή του σχολείου του, στη Σικελία. Στην αυλή αυτή στα
διαλείμματα των σχολικών μαθημάτων, αλλά κι όταν περίμεναν το λεωφορείο οι
μαθητές (μεταξύ των οποίων και ο Καμιλιέρι) έλεγαν ιστορίες από τις ιδιαίτερες
πατρίδες τους. Κι αυτές οι ιστορίες έδωσαν στον Καμιλιέρι την πρώτη ύλη για να
δημιουργήσει με την πένα του τη Vigata.
«Η Vigata είναι στην
πραγματικότητα το Porto Empedocle… Θα μπορούσα να βρω ένα φανταχτερό όνομα. Η
Licata είναι εκεί κοντά κι έτσι σκέφτηκα το Vigata», είχε πει ο Αντρέα Καμιλιέρι.
Το 2003 η δημοτική αρχή του Porto
Empedocle για να τιμήσει το σπουδαίο παιδί της και την φήμη που έδωσε στη
γενέτειρά του με τις περιπέτειες του επιθεωρητή Μονταλμπάνο, ζήτησε την άδεια
του συγγραφέα για να προσθέσει το όνομα της φανταστικής πόλης, στις πινακίδες με
την επίσημη ονομασία της. Έτσι το Λιμάνι του Εμπεδοκλή έγινε Porto Empedocle –
Vigata. Αλλά δυστυχώς η απόφαση αυτή ανακλήθηκε από μία επόμενη δημοτική αρχή,
το 2009.
Η εφημερίδα La Repubblica πληροφορούσε
τότε τους αναγνώστες της ότι δεν θα πρέπει να ανησυχήσουν αν ταξιδεύοντας στους
δρόμους της Σικελίας δουν μια πινακίδα που οδηγεί στη Vigata, γιατί ο Αντρέα
Καμιλιέρι είχε δώσει την έγκρισή του να προστεθεί το όνομα της πόλης του
επιθεωρητή Μονταλμπάνο, δίπλα στην επίσημη ονομασία. «Δια του παρόντος,
θεωρώντας ότι με τιμά εξαιρετικά η πρόταση, επιτρέπω στο Δήμο Porto Embedocle να
χρησιμοποιεί την λέξη Vigata δίπλα στην επίσημη ονομασία της πόλης», ανέφερε η
έγκριση του Καμιλιέρι, που καταχωρήθηκε στα μητρώα του Δήμου , με επίσημο
πρωτόκολλο.
H Vigata του
Μονταλμπάνο
Κι έτσι η Vigata από ένας
φανταστικός τόπος βρήκε στίγμα στον πραγματικό χάρτη της Σικελίας. Και βεβαίως
πήρε μία περίοπτη θέση στους τουριστικούς οδηγούς της Σικελίας, καθώς οι
θαυμαστές του Σάλβο Μονταλμπάνο είναι εκατοντάδες χιλιάδες σε όλο τον κόσμο. Η
μεγάλη αμμουδερή παραλία την οποία αντικρίζει ο επιθεωρητής Μονταλμπάνο
ξυπνώντας κάθε μέρα δεν είναι παρά τη Πουντασέκα, δίπλα στην Μαρίνα ντι Ραγκούσα.
Και το ίδιο το σπίτι του κινηματογραφικού επιθεωρητή διατίθεται προς ενοικίαση,
με αντίτιμο 3.000 ευρώ την εβδομάδα.
Το αστυνομικό τμήμα, όπου τον
επιθεωρητή Μονταλμπάνο υποδέχεται καθημερινά ο γραφικός αστυνομικός Καταρέλα
είναι το παλιό δημαρχείο του Σκίτσλι. Εκεί κοντά βρίσκεται και η ταβέρνα του
Καλότζερο, όπου ο καλοφαγάς επιθεωρητής απολαμβάνει τις ντόπιες λιχουδιές- είναι
μια ταβέρνα στην κεντρική οδό Via Roma, στον αριθμό 2. Και όσοι την έχουν
επισκεφτεί διαβεβαιώνουν ότι στις σπεσιαλιτέ της περιλαμβάνονται τα μπαρμπούνια
που αρέσουν στον Μονταλμπάνο.
Πέραν της πρόσκαιρης προσθήκης
του ονόματος Vigata δίπλα στην ονομασία Porto Embedocle, οι τοπικές αρχές
φρόντισαν να στήσουν το άγαλμα του επιθεωρητή Μονταλμπάνο σε έναν κεντρικό δρόμο
και να δημιουργήσουν ένα τεράστιο γκράφιτι με την μορφή του συγγραφέα Αντρέα
Καμιλιέρι, που υποδέχεται τους φίλους του…
Το Λιμάνι του
Εμπεδοκλή
Αλλά η ιδιαίτερη πατρίδα του
Καμιλιέρι και του λογοτεχνικού επιθεωρητή έχει στην πραγματικότητα το πολύ βαρύ
όνομα του Εμπεδοκλή. Του πυθαγόρειου φιλόσοφου που γεννήθηε στον Ακράγαντα το
495 π.Χ και πέθανε στην Αίτνα το 435 π.Χ. Ο Εμπεδοκλής ο Ακραγαντινός ήταν ένας
από τους πιο σημαντικούς αντιπροσώπους της προσωκρατικής φιλοσοφίας, φυσικός,
μηχανικός, εφευρέτης, γιατρός και ποιητής.
Ο Ακράγαντας ήταν στα χρόνια του
Εμπεδοκλή η δεύτερη σε πλούτο και δύναμη πόλη της Μεγάλης Ελλάδας. Ήταν γόνος
αρχοντικής οικογένειας- ο παππούς του, Εμπεδοκλής είχε στεφθεί Ολυμπιονίκης στο
ιππικό αγώνισμα το 496 π.Χ.
Και γι αυτό το τέκνο της Σικελίας
είναι υπερήφανοι οι σύγχρονοι Ακραγαντινοί, που έχουν σε περίοπτη θέση στους
τουριστικούς οδηγούς το Θέατρο του Εμπεδοκλή και την προτομή του φιλοσόφου.
Αλλά το Αγκριτζέντο, ο Ακράγαντας
της Μεγάλης Ελλάδας, ή αν προτιμάτε η Vigata, τιμούν κι άλλο ένα σπουδαίο τέκνο
τους- τον θεατρικό συγγραφέα Λουίτζι Πιραντέλλο,. Ο Πιραντέλλο γεννήθηκε στο
Ακριτζέντο τον Ιούνιο του 1867 και απεβίωσε στη Ρώμη, τον Δεκέμβριο του 1936. Κι
ο Πιραντέλλο ήταν γόνος αστικής οικογένειας που είχε μεγάλη κτηματική περιουσία
και ορυχεία. Σε αυτόν τον σπουδαίο Ακραγαντινό συγγραφέα, ποιητή, σεναριογράφο,
δοκιμιογράφο και σκηνοθέτη έχουν αφιερώσει επίσης ένα άγαλμα, που αποτελεί
σημείο αναφοράς για τους επισκέπτες της πόλης.
Οι οποίοι όταν πάνε στη Vigata, μπορούν επίσης να δουν τον πύργο Girgenti
Charger, το παλάτι της πόλης, την εκκλησία της Παναγίας του Όρους Κάρμελ, να
απολαύσουν ένα εσπρέσσο στα καφέ της Via Roma και να επισκεφτούν το μουσείο της
πόλης, που αφηγείται την σημαντικότατη ιστορία του τόπου.
Cascina, 28.11.2023
Quella volta che mia moglie ha
cucinato i peperoni
Fondo Andrea Camilleri,
29.11.2023
Topalbano sono

Lunedi 4
dicembre alle ore 18,30 verrà presentato il volume:
I gialli del Commissario Topalbano
Le avventure ispirate ai romanzi di Andrea Camilleri
Saranno presenti
Francesco Artibani e Luca Raffaelli
in
collegamento
Giorgio Cavazzano e Paolo Mottura
Per
prenotazioni
(fino ad esaurimento posti)
segreteria@fondoandreacamilleri.it
Fondo Andrea Camilleri
Via Filippo Corridoni 21, Roma
Giornale di Sicilia, 29.11.2023
Sellerio pubblica una antologia di racconti dello scrittore agrigentino
Camilleri stavolta fa indagare il giudice Surra
Palermo.
Nel tribunale di Montelusa sta un vecchio armadio laccato di nero, ingombrante
all'esterno e spazioso all'interno. Piace pensare che Andrea Camilleri abbia
affidato a questo mobile la custodia dei tre racconti che compongono «Il giudice
Surra e altre indagini in Sicilia» (Sellerio, 192 pagine, euro 14) in attesa
della piacevole (ri)scoperta da parte dei lettori. Pubblicate nelle antologie
«Crimini» e «Giudici» (Einaudi, rispettivamente 2005 e 2011) curate da Carlo
Lucarelli e Giancarlo De Cataldo (che firma la prefazione di questo volume) le
prime due storie godono di un respiro cinematografico che richiama i classici di
maestri della Settima Arte come Roman Polanski e Sergio Leone. In «Troppi
equivoci» (adattato per il piccolo schermo nel 2006 e interpretato da Beppe
Fiorello) uno scambio di persona stravolge la vita di Bruno Costa, operatore
telefonico con la passione per la lettura: principale indiziato di un efferato
omicidio, il protagonista mediterà vendetta contro i responsabili ricorrendo
alla sua abilità professionale con l'aiuto di una carissima amica.
Toni
polizieschi con venature western animano «Il giudice Surra», e con un pizzico di
fantasia alimentata da dialoghi serrati e sequenze esaltanti si possono vedere
Clint Eastwood e Gian Maria Volontè interpretare i ruoli dell'integerrimo
giudice piemontese e dello spregiudicato signorotto locale. In un crescendo di
intimidazioni e ruffianerie Surra non si lascerà intimidire pur di portare a
termine la sua missione, concedendosi nel corso della giornata qualche peccato
di gola come i cannoli della pasticceria locale e i primi piatti della domestica
Pippina lontano dallo sguardo severo della moglie.
«Il
medaglione», pubblicato originariamente sul calendario 2005 dell'Arma dei
Carabinieri e in seguito riproposto da Mondadori, è una struggente parabola
sull'elaborazione del lutto coniugale seguita dalla disperata ricerca della
verità che possa allentare le grinfie della solitudine. Grazie all'intervento
del maresciallo Brancato, in servizio a Belcolle, il pastore Ciccino affiderà al
giovane ufficiale la delicata indagine sul mistero racchiuso all'interno del
monile appartenuto alla consorte. Ancora una volta la prosa dell'autore
empedoclino sorprende e coinvolge per l'incisività della narrazione, la maestria
nella caratterizzazione dei personaggi e la descrizione degli ambienti urbani e
sociali, l'armoniosa combinazione di generi differenti e il risalto delle loro
sfumature, l'intesa amichevole con il lettore nella compartecipazione empatica
della gamma sentimentale.
L'esplorazione dell'universo bibliografico di Camilleri prosegue con impegno ed
entusiasmo, chissà quante altre storie inedite aspettano di essere ritrovate
all'interno della produzione di una lunga e felice carriera cui rimane preziosa
testimonianza. Conoscendolo bene, il Maestro deve avere lasciato qualche
indizio: non rimane che indagare alla maniera del suo personaggio più amato,
affiancati da Fazio e Catarella. Personaggi che sono stati snocciolati in altri
libri dedicato allo scrittore agrigentino che continua a conquistare lettori e
le cui repliche del Montalbano in tv fanno segnare sempre ascolti altissimi.
Segno che i suoi personaggi continuano ad avere presa nel pubblico, con una
freschezza che sorprende e che capire come Camilleri abbia raggiunto pubblico di
ogni età. Anche con i racconti o con i romanzi storici.
Domenica Rizzo
La Repubblica, 29.11.2023
Vincenzo Mollica: “Camilleri mi ha insegnato la memoria dei colori per vedere
nel buio”
Il giornalista in teatro con i ricordi e gli aneddoti di una vita con lo
spettacolo ‘L’arte di non vedere’
[…]
La sua arma è l’ironia?
«Sempre. Quando ho perso la vista, Andrea Camilleri, che ha avuto lo stesso
guaio, mi incoraggiava: “Vincenzino, non perdere la memoria dei colori,
ricordati
il
rosso, il bianco, il giallo. Sognali. Tutto sarà più a fuoco”. Ricordo l’ultimo
incontro a casa sua: “Ti voglio abbracciare”. Non vedevo io e non vedeva lui.
Valentina Alferj, la sua assistente, ci fece toccare con le mani. Me lo porto
sempre in tasca quell’abbraccio, quando le giornate si fanno più scure. Ma
ignoro cosa sia la depressione».
[...]
Silvia Fumarola
Artribune, 30.11.2023
Parola ai giovani, il docufilm che risponde all’appello di Andrea Camilleri
"Qual è la tua parola di cambiamento?": questo è il quesito che l'artista
Giovanni Caccamo ha rivolto alle nuove generazioni per il progetto "Parola ai
giovani", da cui ha tratto l'omonimo docufilm. Ecco il trailer
“Stiamo perdendo la misura, il peso, il valore della parola. Le parole sono
pietre, possono essere pallottole. Bisogna saper pesare il peso delle parole e
soprattutto far cessare il vento dell’odio che è veramente atroce. Lo si sente
palpabile attorno a noi. Ma perché l’altro è diverso da me? L’altro non è altro
che me allo specchio” fu l’appello lanciato dallo scrittore Andrea
Camilleri qualche anno prima della sua morte, avvenuta nel 2019 e che
oggi riecheggia più sibillino che mai.
Ad accoglierlo è stato l’artista Giovanni
Caccamo (Modica, 1990), con il progetto“Parola ai giovani”.
L’appello di Andrea Camilleri
“L’unico rimedio, ancora una volta, è l’educazione: dobbiamo
trasmettere l’idea che odio e violenza non sono strumenti, dobbiamo aiutare i
ragazzi a distinguere la determinazione dall’aggressione. Abbiamo bisogno di un
programma massiccio di educazione emotiva, a cui va aggiunto l’impegno civico di
ciascuno di noi.
Questa pericolosa cultura si può combattere solo contrapponendole
un’altra cultura, quella della ragione e della gentilezza” continuava così
il monito di Camilleri, che concludeva: “Dobbiamo anche educare all’uso
delle parole, alla consapevolezza del linguaggio: oggi regna l’idea che le
parole non siano importanti, che siano un fatto trascurabile. Non è così: le
parole hanno il potere di cambiare il mondo, ma con la stessa facilità possono
distruggerlo“.
Parola ai giovani: il progetto di Giovanni Caccamo
Il giovane Caccamo ha voluto dar seguito a questo invito dello
scrittore, suo conterraneo, lanciando un concorso rivolto alle nuove
generazioni, in collaborazione con i Musei
Vaticani e il MAXXI. Il
progetto, supportato da Banca Ifis, Pulsee
Luce e Gas e Alessia Zanelli,
ha coinvolto migliaia di ragazzi.
[...]
Roberta Pisa
MOW Magazine, 30.11.2023
No, Michele Guardì, non dovevi chiedere scusa per il tuo linguaggio nei fuori
onda (Le Iene e Rai). Dovevano chiedere scusa a te… Ecco perché
Due recenti servizi de Le Iene e Rai hanno condiviso dei fuori onda di Michele
Guardì, autore e regista (tra gli altri) de “I Fatti vostri”, registrato mentre
lanciava pesanti insulti a collaboratori, artisti e figuranti. Secondo Ottavio
Cappellani però, Guardì non deve scusarsi proprio per nulla: c'entrano la
Sicilia e, per contrasto, Andrea Camilleri. Ecco perché...
No, Michele Guardì costretto a scrivere a Dagospia per
giustificarsi e chiedere scusa del suo linguaggio no, è stato un colpo al cuore.
Perché il linguaggio di Guardì non è
turpiloquio: Guardì lo sa, i siciliani lo sanno, non lo sanno
invece le beghine ipocrite: quella di Guardì non è “volgarità” bensì “vulgata”,
non è “linguaggio” ma vera e propria “lingua”. Tra la “lingua”
di Guardì e quella di Andrea
Camilleri - inventata, finta, da chi ha perso ogni radice con la
propria terra [Sic!, NdCFC] - è quella di Guardì quella vera,
neorealista, con tutta la sua portata rivoluzionaria. Perché Guardì e Camilleri
vengono entrambi dall’agrigentino, il luogo che non a caso ha dato i natali a Luigi
Pirandello e dove la “lingua siciliana pura” nasce, lontana
dalle contaminazioni del catanese e del palermitano. Ed è nell’agrigentino che
il turpiloquio, la volgarità, diventano lotta di classe contro il latino e
contro ogni linguaggio “colto” detenuto dal Capitale. Cosa che, ovviamente,
Camilleri copre e nasconde e censura con il suo linguaggio posticcio e
appiccicaticcio, devoto al danaro (scrisse di andare sulle biciclette di
Antonello Montante, tutta una truffa per dare storicità alle biciclette di un
capetto di Confindustria sotto processo per collusioni varie). [Delle
malefatte di Montante si è venuti a sapere soltanto anni dopo la collaborazione
di Camilleri, NdCFC]
[…]
Ottavio Cappellani
Corriere di Ragusa, 30.11.2023
Cesare Bocci, il Mimì Augello di Montalbano, a Ragusa: “Chi è famoso dovrebbe
aiutare il prossimo per contratto”. E sul futuro della fiction: “Il commissario
è ormai in pensione”
Ragusa – “Lo farei firmare, come
clausola, nello stesso contratto che saprai che ti renderà popolare: dedica un
po’ di tempo agli altri che hanno bisogno. Altrimenti, a che serve tutta questa
fama se non trovi un piccolo spazio per chi non sta bene?”. Parole forti quelle
usate dall’attore Cesare Bocci, personaggio molto amato per i suoi ruoli al
cinema e in tv, ritornato, giovedì pomeriggio, nella terra che gli ha sempre
voluto bene, quella della provincia di Ragusa dove ha girato stagioni in serie
per la fiction più di successo in Italia, il commissario Montalbano, nei panni
di Mimì Augello. Bocci, ospite del 24° Happening della solidarietà, ha
raccontato la sua storia personale di sofferenza, del sostegno avuto dalla
famiglia, del fatto che “quando non ti capitano certe cose non ti rendi conto di
come tutto rischi di essere potenzialmente labile”.
[…]
Rispondendo, poi, a una domanda
fuori sacco sulla sua esperienza da protagonista del cast di Montalbano, ha
detto: “Il commissario? Credo che sia definitivamente in pensione. Per quanto mi
riguarda, non penso che ci siano altri segnali che facciano propendere per
situazioni differenti. E’ stata una esperienza magica, straordinaria e che,
però, ritengo conclusa”.
[…]
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