Nel cartellone degli eventi promossi dal Comune di Palermo, il duo MoschellaMulè
insieme alla cantante Valeria Milazzo propongono "Raccontami il Natale",
spettacolo in scena giovedì 4 gennaio alle 18.00 presso il teatro Cantunera
fucina culturale di Palermo.
Due attori, una favola, un grosso e magico libro in cui trovare una raccolta di
testi sul Natale di Pirandello, Consolo, Montale, Calvino, Buzzati, Camilleri.
Un viaggio, anche musicale, che attraversa epoche diverse e racconta l'intatta
magia della festa della Natività.
[…]
Cibo ma anche cultura. La “cultura che si mangia”, con le citazioni di grandi
scrittori siciliani del passato e del presente con Sciascia, Verga, Pirandello,
Vittorini, Camilleri, Cassar Scalia e Buttafuoco, solo per citarne alcuni, ad
arricchire all’inizio di ogni mese le pagine di un’agenda sulla quale scrivere
appunti, appuntamenti, frasi, pensieri.
[…]
«Per un attore recitare al
Piccolo di Milano è come per un calciatore giocare al Bernabeu di Madrid». Usa
una metafora calcistica Alessio Vassallo per spiegare come si sentirà il 30
gennaio quando al Piccolo teatro di Milano andrà in scena con “La concessione
del telefono”, la commedia con la regia di Giuseppe Dipasquale tratta
dall’omonimo romanzo di Camilleri e prodotta dal Teatro Biondo. Per l’attore
palermitano, che nello spettacolo interpreta Pippo Genuardi, un commerciante di
legnami che chiede una linea telefonica per organizzarsi con l’amante finendo
vittima della burocrazia e del potere, sarà un ritorno a Camilleri, dopo che in
tv è stato Mimì Augello nella serie Rai “Il giovane Montalbano”. «Quando Vigàta
chiama, io rispondo presente», dice Vassallo mentre trascorre le vacanze a
Palermo, prima di tornare a Roma dove vive da vent’anni. Vigàta cos’è per lei? «È l’Isola che non c’è, ma è
anche lo specchio del nostro Paese. Ha lo stesso fascino in Sicilia come in
Lombardia, grazie al genio di Camilleri e alla sua lingua inventata che è
amatissima ovunque». Non teme che “il vigatese” di
Camilleri risulti ostico ai milanesi? «Il dubbio mi è venuto e ho
chiesto al regista Dipasquale se, trovandoci a Milano, non fosse il caso di
italianizzare un po’ lo spettacolo». Cosa le ha risposto? «“Assolutamente no, lasciamo il
siciliano stretto: gli spettatori apprezzeranno lo spettacolo ancora di più”». Della serie, giù le mani da
Camilleri. «Camilleri è unico e me ne
accorgo ogni volta che per strada continuano a chiamarmi Mimì, come il
personaggio che ho interpretato ne “Il giovane Montalbano”, la serie che
continua a fare il pieno di audience ogni volta che viene trasmessa in replica
come se gli anni non passassero mai. Camilleri è sempre attuale. C’è una battuta
del delegato ne “La concessione del telefono” che la dice lunga al riguardo:
“Non si preoccupi, tanto tre quarti dei siciliani si trovano tra la mafia e lo
Stato”. Purtroppo è così, anche se la mafia è più sofisticata, non è più coppola
e lupara. Ma c’è anche una maggiore coscienza collettiva rispetto a vent’anni fa
quando di mafia non si parlava neanche a scuola». Si ricorda il primo incontro con
Camilleri? «Circa dieci anni fa eravamo nel
commissariato di Montalbano ricostruito a Cinecittà e a un tratto arrivò lui. Si
sedette sulla poltrona del commissario e disse con la sua voce inconfondibile:
“Ora mi fate vedere una bella scena”. A cinepresa spenta, ne recitammo una: fu
come fare l’Amleto davanti a Shakespeare. Da siciliano, ero emozionatissimo». Lo sarà anche al Piccolo di
Milano? «Anche se per me non sarà la
prima volta in scena al Piccolo, sarà una grande emozione e una bella prova del
nove vuoi perché giochiamo fuori casa, vuoi perché a Milano c’è un pubblico
esigente abituato a grandi spettacoli e a grandi attori». A Palermo è diverso? «Anche qui c’è grande fermento
culturale e il teatro Biondo, dove lo spettacolo ha debuttato due anni fa grazie
a Pamela Villoresi, ne è la prova. Mi piacerebbe solo che Palermo non volti più
le spalle ai suoi artisti che hanno un grande curriculum e che vivono fuori». È il suo caso?
«Se me ne sono andato e ce l’ho fatta, ci sarà un motivo, no? Devi essere anche
tu bravo a riportarmi a Palermo, proponendomi collaborazioni interessanti che io
accetterei molto volentieri. Noto comunque un’apertura del sindaco Lagalla, la
voglia di creare un movimento culturale. Mi piacerebbe essere utile e fare
qualcosa di importante per la mia città. Non è una questione di lavoro, che non
mi manca, ma di cuore».
Irene Carmina
L'Unione Sarda,
5.1.2024
Sellerio recupera e pubblica insieme per la prima volta tre storie da tempo
introvabili. Ovvero tre brevi gialli ambientati in Sicilia
Camilleri, i delitti ritrovati UN CAROSELLO DI PERSONAGGI UNICI
Le storie di Camilleri sono sempre seducenti, anche quando tralasciano la
fascinazione sonora del vigatese per scavare dentro il rimestìo, sommesso ed
elusivo, di un italiano parlato tra torsioni e tocchi dialettali.
Per la prima volta, tre racconti
firmati dal maestro Andrea Camilleri pubblicati tra il 2oo5 e il 2011 in tre
antologie tematiche diverse, vengono riuniti da Sellerio in un volume ad hoc,
"Il giudice Surra e altre indagini in Sicilia", impreziositi dalla nota d'autore
dello scrittore Giancarlo De Cataldo. Il risultato è un dono prezioso sia per il
lettore curioso che per l'appassionato delle storie ambientate nella ridente
quanto immaginifica località sicula di Vigàta. L'introduzione De Cataldo introduce e invoglia
la lettura dei racconti, narrando i fatti che hanno motivato Camilleri nelle tre
occasioni e svelandone una curiosità gustosa. Al momento di concordare i tempi
della consegna dei racconti. il maestro dettava una data precisa - di là a un
paio di mesi - chiarendo che ancora prima di scriverlo, nella sua mente già
prendeva forma l'intera storia con tanto di risvolti e colpi di scena, proprio
come fosse un canovaccio già presente solo nella sua mente d'artista. I racconti Apre le danze "Troppi equivoci"
in cui troviamo un uso più marcato della lingua siciliana - vero marchio di
fabbrica del Camilleri - seguito da "Il giudice Surra" e "Il medaglione" e tutte
le storie danno risalto ad alcuni aspetti della sicilianità, piena di ironia,
spensieratezza e, allo stesso tempo, pensieri e riflessioni più cupe che
stemperano l'apparente leggerezza di alcune situazioni, una sensazione agrodolce
che richiama e omaggia in modo esplicito Sciascia e le sue trame. In "Troppi equivoci" - ambientato
a Palermo - uno scherzo ingenuo si risolve in un crescendo di violenza e orrore,
un vortice di sospetti, inganni e vendetta che fagocita senz'appello una coppia
tranquilla, segnando irrimediabilmente due giovani vite. "II giudice Surra" - siamo
d'accordo con De Cataldo - è un piccolo gioiello collocato a Montelusa,
all'indomani dell'unificazione d'Italia. Il passaggio dall'amministrazione
borbonica a quella piemontese non poteva essere indolore. Si inizia a parlare di
mafia ma solo con velate allusioni e intanto, in paese giunge il giudice Surra.
I pescatori vedono nell'accezione surra/ventresca di tonno un segno positivo ma
chi si occupa di terre e campi. ricorda che la surra è un'erba sgradevole e
infestante, prevedendo l'inizio di guai. Surra piacerà a chi ama le trame
storiche di Camilleri, portando in pagina un personaggio arguto e sornione che
finge di non accorgersi delle intimidazioni mafiose: sorridente e amante dei
cannoli, va avanti nella sua opera di ristrutturazione, guadagnando la fiducia e
la collaborazione dei giudici che, cambiato il governo, si erano licenziati. Tre
anni di sana amministrazione della giustizia, prima che Surra torni in Piemonte
dalla famiglia sereno, ingrassato e bonariamente incolume. Un discorso a parte merita "Il
medaglione", ambientato a Belcolle, un paese fatto di case sparse e in cui tutti
si conoscono. Fra queste sparute case, l'ordine viene tutelato dal maresciallo
Antonio Brancato, un uomo posato, che fa da arbitro e da paciere. Antonio
Brancato ama il proprio lavoro e gli stanno a cuore le persone tanto da
interessarsi alla vicenda struggente di Ciccino. Con queste pagine. Camilleri
racconta la Sicilia della solidarietà attraverso questo vedovo inconsolabile che
si è rinchiuso in casa rifiutando ogni contatto, finché il maresciallo riesce a
far breccia, trovandosi per le mani un piccolo mistero da risolvere. Ciccino
rivela che la defunta moglie ha portato addosso un medaglione per tutta la
propria vita ma sull'oggetto e la sua storia si addensano segreti che, forse, è
meglio lasciare sopiti per non turbare i ricordi nostalgici La verità è sempre
necessaria? Camilleri firma una storia agrodolce e dopo aver spaziato fra la
delinquenza brutale, l'abuso di potere e la corruzione - ci porta docilmente a
spasso nella Sicilia dei sentimenti, trattenuti per pudore, ma ugualmente
laceranti.
Francesco Musolino
Una delle fiction di maggior
successo della Rai è senza ombra di dubbio Il commissario Montalbano.
Certo, Don Matteo è fortissima, ma non può contare sul fascino del famoso
commissario che ha il volto di Luca
Zingaretti e che è nato dalla penna di un romanziere che nella
sua vita è stato molto prolifico come Andrea Camilleri. Peccato che l’attore
romano abbia deciso di dire addio al personaggio nel 2021 lasciando tutto il
pubblico sgomento, dato che il successo ottenuto è enorme. Morti Camilleri, il
regista della serie (Alberto Sironi e lo scenografo), non avrebbe più senso
tornare, eppure la Rai non vuole rinunciarci, e come è scritto sul settimanale DiPiù
Tv ecco le parole della direttrice di Rai Fiction: “Stiamo
ragionando sull’ipotesi di serialità anche senza Zingaretti”. [La
citata dichiarazione di Maria Pia Ammirati, Direttrice di Rai Ficiton, risale a
un’intervista a “Tivù” del 3.12.2021, NdCFC] Michele Riondino considerato
perfetto per una nuova stagione del Commissario Montalbano Quindi chi potrebbe sostituire
Luca Zingaretti negli eventuali nuovi episodi della serie Il
commissario Montalbano? D’altronde la Rai non può
permettersi di prendere un prodotto audiovisivo così importante che sbanca l’auditel
ogni volta che va in onda, che sia in replica oppure no, quindi come riporta il
settimanale sopracitato le voci di corridoio in Rai vorrebbero al posto di Luca
Zingaretti proprio Michele Riondino, che ha già interpretato il personaggio
nello spin-off Il giovane Montalbano tra il 2012 e il 2015. Oggi Riondino
ha 44 anni, quindi l’età giusta per interpretare Montalbano e poter continuare
la serialità dopo aver messo
in discussione il suo futuro. La Rai non può rinunciare alla
fiction. Indiscrezioni: “Il commissario rivivrà grazie a Riondino” Una cosa è certa: la Rai non può
rinunciare a Il commissario Montalbano e per fortuna non deve andare troppo
lontano per cercare qualcuno che vada a sostituire Luca Zingaretti, che con il
personaggio che gli ha dato così fama ha chiuso. Infatti il volto di Michele
Riondino sarebbe perfetto, ancora di più ora che si è fatto
conoscere per I Leoni di Sicilia dove ha recitato al fianco di una
bellezza come Miriam Leone. Le voci di corridoio si fanno sempre più
insistenti: “Montalbano
rivivrà grazie a Riondino”. Il pubblico è pronto ad accoglierlo nei
panni del commissario più amato della tv italiana: gli ascolti sarebbe
assicurati.
Denis Bocca
Zenda,
6.1.2024 Mi
querido Montalbano
"Comparto
con Salvo el amor al mar, a los paseos, a los baños salados. ¡Quién no quisiera
vivir en Marinella!"
"Todas
sus historias son ejercicios corales en los que se alza la voz del pueblo y se
retrata una realidad cruda de corrupción, maldad e injusticias"
"Siempre
me ha intrigado la relación que se establece entre un autor y un personaje
protagonista de larga duración como la que tuvo Camilleri con Montalbano"
Nunca me
he visto involucrada en una investigación policial. A Dios gracias. Aunque
conozco a un par de guardianes de la ley que escriben estupendas novelas: Sebastián
Roa y Pere Cervantes. Pero como lectora impenitente del género noir, he
formado a lo largo de muchos años una patrulla de polizontes imaginarios que me
han hecho vivir apasionantes historias en los lugares y circunstancias más
diversos. Me encantaría seguir a Petra
Delicado y Fermín Garzón en una de sus pesquisas por el Raval o el Barrio
Gótico de Barcelona, recorrer junto a Guido
Brunetti los palacios de Venecia con su aristocrático suegro como
cicerone o disfrutar de una típica comida griega en casa de los
Jaritos. Si hubiera que adentrarse en un lugar peligroso, me llevaría a Harry
Hole como guardaespaldas, tomaría un café irlandés bien cargado con Quirke,
que no es policía pero ejerce de sabueso de cadáveres, y daría un paseo con
Adamsberg alrededor de un pueblo galo repleto de leyendas. La lista es larga
pero no puedo olvidar al poli municipal de Tomelloso, Plinio,
y nuestro Pepe Carvalho, que sin lucir placa es terror del crimen tanto
organizado como caótico.
Entre la vida y la muerte, entre el horror y la belleza, todos ellos y muchos
más me han mostrado la luz del lado oscuro de la vida. Me han hecho pasar buenos
ratos atrapada, más que por la intriga, por la magia de la buena literatura. Los
siento como familiares lejanos que te alegran con sus visitas. Pero si tuviera
que establecer una relación más prolongada y profunda, no dudaría ni un instante
en elegir a mi madero preferido: Salvo
Montalbano. ¿Qué tiene el siciliano que no tengan los demás? Para empezar
un referente que lo hace más próximo, Luca
Zingaretti, que se puso en la piel del comisario siciliano transmitiendo
su encanto de hombre mediterráneo de sangre caliente, tremenda humanidad,
compasivo, libre de ataduras, honesto y sin doblez. Un tipo calvo ni alto ni con
músculos de gimnasio, con uno de esos rostros aparentemente anodinos que van
mostrando su atractivo a medida que los conoces. Un hombre con los pies en la
tierra, que tiene sueños a veces premonitorios y mantiene un permanente diálogo
consigo mismo en el que se trasluce tanto el niño bromista y guasón como el
filósofo melancólico temeroso del paso del tiempo. De la vejez. Que cultiva la
soledad sin llegar a ser misántropo. Más que encarnar al comisario de Vigàta,
Zingaretti se reencarnó en él.
Comparto con Salvo el amor al mar, a los paseos, a los baños salados. ¡Quién no
quisiera vivir en Marinella! El talante del comisario me enamora. Su forma de
tratar a sus subordinados, más propias de un padre o de un hermano mayor que de
un mando. Los abronca y se pone de los nervios cuando el eficaz Fazio se
adelanta a sus peticiones («ya está hecho»), los marea con sus especulaciones
sobre el crimen de turno, pero sin abusar de su autoridad. Su
indulgente paciencia con los portazos y frecuentes lapsus lingüísticos de
Catarella es digna de un santo. En contraste, torea con astucia a sus
jefazos, especialmente a Bonetti-Alderighi, y aplica sutil mano izquierda con la
mafia, tanto con el capo Balduccio Sinagra como con los Cuffaro. Los puyazos que
le lanza el dottore Pasquano
—«me encantaría hacerte la autopsia, Montalbano», ponen a prueba su aguante
estoico. En
su entorno gira un carrusel de personajes tan auténticos y bien perfilados que
parecen brotar del papel, poniendo carne y sangre a las tramas criminales. Los
componentes de su equipo, Mimì Auguello y Fazio, su señora de limpieza Adelina o
Enzo, el de la trattoria, donde
sacia su saludable apetito y pasión gastronómica a la manera de Carvalho, no
en vano su nombre se inspira en Montalbán (Vázquez). Todas sus historias
son ejercicios corales en los que se alza la voz del pueblo y se retrata una
realidad cruda de corrupción, maldad e injusticias desde una mirada sagaz,
irónica y desdramatizadora. Uno
de los aspectos que más me gustan de Salvo es su trato con las mujeres, en el
que no se percibe ni un ápice de machismo o misoginia. Cuando se le presenta la
ocasión de ligar con una belleza de largas piernas, se muestra tímido, y si se
pone a ver pelis porno para resolver un caso, se duerme como un tronco de puro
aburrimiento. La lengua afilada de su mujer, Livia, le pone en más de un aprieto
durante sus trifulcas telefónicas. Esa
actitud del comisario refleja la de su padre, Camilleri, que vivió rodeado de
mujeres: madre, suegra, asistenta, tres hijas y tres nietas. Que forjó su
capacidad narrativa gracias al influjo de su imaginativa abuela.
Estas Navidades releí varios casos de Montalbano y, aunque en mayor o menor
medida todos me agradan, La
excusión a Tindari me parece excepcional. Sobre la muerte de una
pareja de ancianos y de un joven algo macarra, Camilleri urde un trama perfecta
aderezada con todos los ingredientes de la casa. Uno de los más jugosos es la
trampa que se le ocurre a Montalbano para impedir que su mujeriego colaborador,
Mimì, pida el traslado al municipio donde vive su prometida. Le prepara un cebo
tan apetitoso que no puede resistirse a morder el anzuelo. Uno
de los puntos culminantes de este relato es la visita del comisario a un gran
acebuche que crece en un paraje solitario, entre cuyas ramas deja vagar la mente
intentando resolver los enigmas que se le plantean, mientras fuma un cigarrillo
y le invaden las hormigas. «Había descubierto que, de manera misteriosa, el
enmarañamiento, el retorcimiento, la contorsión, la superposición, el laberinto
de las ramas reflejaba de forma casi mimética lo que ocurría en el interior de
su cabeza: el entrelazamiento de las hipótesis, la superposición de los
razonamientos». Un lugar mágico para él, igual que la piedra plana de la
escollera en la que se sienta tras sus paseos digestivos e interpela a los
cangrejos. Cuando un año más tarde, en El
olor de la noche, descubre que su acebuche sagrado ha sido talado y
agoniza en el jardín de un recién construido chalé, monta en cólera y destroza
los cristales de la casa y las esculturas de Blancanieves y los Siete Enanitos. ¡¡Bien
hecho, Salvo!!
Siempre me ha intrigado la relación que se establece entre un autor y un
personaje protagonista de larga duración como la que tuvo Camilleri con
Montalbano. Una especie de simbiosis o maridaje entre el ego y
el alter ego. El
vínculo prolongado entre el escritor y un ente de ficción se podría representar
metafóricamente con el concepto de «gemelo enquistado» o «parásito». Fetus
in fetu. Se trata de una rarísima anomalía que se produce en un
embarazo doble cuando uno de los fetos no acaba de desarrollarse y se inserta en
el organismo del superviviente. Así, se dan casos, muy pocos, en que un niño
porta materia orgánica de su gemelo fallido en alguna parte de su cuerpo —abdomen,
boca, ovario, cabeza—, que debe ser extraída, pues el huésped parasita al
anfitrión. En la relación autor/personaje no existe parasitismo, sino una
intensa interacción, y llega un momento en el cual las fronteras entre uno y
otro se difuminan. ¿Dónde
acaba Camilleri y empieza Montalbano? ¿Qué espacio ocupa Andrea y cuál Salvo? La
fidelidad del escritor a un personaje tiene la ventaja de contar de partida con
el prota del relato y su microcosmos, pero también plantea el reto de hacerle
evolucionar de una manera creíble, interesante para el lector. Que madure y
envejezca sin perder su esencia. Camilleri lo logró plenamente. Cuando muere uno
de estos autores hermanado a un personaje potente, la pérdida es doble. Habría
que enterrarlos en ataúd de doble cuerpo. Pero queda el consuelo de que el fetu ficticio
goza de la inmortalidad de las bibliotecas. Tal vez por eso muchos creadores no
dejan de escribir hasta que un día les toca poner al texto el punto final.
Andrea Camilleri falleció en Roma el 17 de julio de 2019.
Bel Carrasco
La Opinión de Málaga,
7.1.2024 La
criatura del deseo
Autor:
Andrea Camilleri
Editorial:
Salamandra
Traducción:
David Paradela
Precio: 17,10
€
Andrea Camilleri: una réplica obscena del amor
Salamandra recupera ‘La criatura del deseo’, una investigación del maestro
siciliano en torno a la enfermiza pasión entre Alma Mahler y Oskar Kokoschka
Más allá de las novelas de Montalbano,
e incluso más allá de las fronteras de Sicilia, quizá la gran protagonista de
sus mejores páginas, hay mucho más Andrea
Camilleri (1925-2019) por leer. Ahora, Salamandra rescata ‘La criatura del
deseo’, una obra de investigación en torno a la tormentosa
relación entre Alma Mahler y Oskar Kokoschka y su extraña consecuencia que el
escritor siciliano publicó en 2013 y que por fin podemos disfrutar sus lectores
españoles. Las
novelas de Montalbano no eran ajenas a la pasión y la tragedia que muchas veces
arropan a las relaciones amorosas, sobre todo las que acaban en negro sobre
blanco; ya en
las historias que Camilleri preparó para su querido comisario sobresalieron las
que estaban teñidas de amor y sensualidad, así que no puede
extrañarle a sus lectores más fieles que el romance tumultuoso entre Alma Mahler
y Oskar Kokoschka despertara el interés del novelista, aunque no sea ese
realmente el tema de este libro sino el antecedente necesario. Porque este
episodio romántico aporta un caso de estudio para los interesados en lo
retorcido, enfermizo y fetichista, lo que sin duda atrapó a Camilleri. A
partir de escritos biográficos, cartas y otros materiales inéditos, muchos de
ellos bastante inaccesibles al gran público, Andrea Camilleri reconstruye, como
si de un caso policial se tratase, no solo la desenfrenada pasión amorosa entre
Alma y Oskar, sino que se aventura a fantasear sobre ciertos aspectos sórdidos
de esa pasión. Pero aquí prima
la reconstrucción forense de una arrebatadora y desgarradora relación por la que
Osñar Kokoschka se adentró en el terreno pantanoso de la
enfermedad mental y lo delirante; una reconstrucción necesaria para que
Camilleri nos lleve a lo que más le interesa, en lo que culmina: la
reconstrucción de su amada perdida en forma de una muñeca de tamaño natural, una
réplica que sustituirá su obsesión en una versión más manejable, dúctil y sumisa.
Y es este elemento enfermizo el que maravilla a Camilleri, y el que recrea con
fascinación y mucho detalle.
‘La criatura del deseo’ analiza y comparte el episodio no muy conocido con la
réplica de Alma Mahler, del entonces aún joven y rebelde artista,
con la distancia que un detective usaría para exponer a su cliente un caso ya
resuelto, pero uno delicado y que necesita de cierta sensibilidad, la que nunca
le ha faltado al siciliano. Como siempre con Camilleri, la empatía con los
personajes está muy por encima de cualquier juicio moral. Y
la brevedad del libro no impide que sea una obra rica en anécdotas, datos y
numerosas fuentes: desde citas de amigos y familiares, a
extractos de la correspondencia mutua, así como numerosas menciones a las
memorias y diarios de ambos amantes. Esta es una investigación pormenorizada.
Todo lo que nos cuenta Camilleri es real y demostrable. Incluso en el único
momento en el que se permite cierta fantasía, llegando a atribuirle unas frases
a la Alma inanimada, esas palabras provienen de obras de teatro escritas por
Kokoschka -¿acaso no era él quien pretendía hablar con su creación?-.
Como buena obra de Camilleri no puede faltar ese sentido del humor tan propio
suyo. Y aquí la situación se prestaba
a chistes gruesos, y de eso no hay, pero sí cierta socarronería. Dibuja los
excesos románticos del joven Kokoschka con la distancia propia de un siciliano
de 88 años, la edad con la que dio por terminado este libro. No se queda sin esa
mirada irónica Alma, como tampoco quienes les rodearon en esta historia de
excesos en una Europa que desaparecía –porque Camilleri no repasa ese tiempo ni
esos personajes con nostalgia alguna, más bien nos comparte con cierta sorpresa
el que alguna vez todo eso haya existido-. Pero
que nadie se acerque a este libro queriendo adentrarse en la apasionada y
enfermiza relación de Alma Mahler y Oskar Kokoschka. Insistamos
en que lo que le importa a Camilleri es la criatura, la réplica creada por el
artista, y con la que convivirá varios meses; tiempo en el que yacerá con ella,
harán vida social y a la que convertirá en su modelo e inspiración. «Existen
muchas historias, reales o inventadas, a propósito de muñecas o maniquíes
femeninos […]», explica el propio escritor, para citar el de Helena de Troya, la
fábula de Pigmalión o el de la marquesa Casati del que se enamoró D’Annunzio,
entre otros casos, pero es el que creó Kokoschka el que maravilla a Camilleri
–por cierto, qué
pena que no mencione a Luis García Berlanga y su ‘Tamaño natural’, su
película más fetichista y quizá por ello más personal-. Si
bien ‘La criatura del deseo’ pueda pasar por una obra menor del maestro
italiano, y seguro que no será la puerta de entrada para nuevos lectores, lo que
también se puede asegurar es que responde a sus obsesiones. Este
libro encaja a la perfección con el resto de su obra, un esforzado cuerpo
literario repleto de historias extrañas pero extremadamente humanas,
que a veces terminaban en asesinatos imaginados y otras, como en este simpático
ensayo, en una creación inanimada que vino a suplir una pérdida mayor que la
vida.
José Luis G. Gómez
Camilleri ci catapulta nel cuore
della Sicilia, tessendo tre storie affascinanti intrise di delitti, inganni e
sospetti, immergendoci nell’universo di personaggi indimenticabili e situazioni
avvincenti. La maestria linguistica di
Camilleri, pur tralasciando il suo caratteristico vigatese, affascina attraverso
la ricchezza dell’italiano, con tocchi dialettali e torsioni linguistiche che
catturano l’essenza dell’isola. La terna di racconti, datati tra
il 2005 e il 2011, si fonde in un unico volume, rivelando la genialità inventiva
di Camilleri in narrazioni di diversa configurazione narrativa, tutte accomunate
da un livello di qualità straordinaria e da una fruibilità esemplare. “Troppi
equivoci”
si erge come un racconto dalla costruzione cinematografica, con didascalie che
scorrono come in un film d’epoca. L’investigazione dilettantesca di Bruno Costa,
catalizzata da un banale scherzo telefonico, porta a una rivelazione
inaspettata, sfidando persino il rigoroso commissario Chimenti. In “Il
medaglione“, il maresciallo Antonio Brancato, figura più
pacificatrice che autoritaria, si trova ad affrontare situazioni scomode con
un’intelligenza teatrale, salvando un vedovo da un oscuro mistero nascosto in un
dono di inestimabile valore. L’apice della raccolta giace in
“Il
giudice Surra“, un racconto storico ambientato nel 1862 a
Montelusa. Il giudice Surra, un piemontese in terra di Sicilia, incarna un
candore disarmante che sfida la mafia, ignorando minacce e intimidazioni, in
un’epica lotta per la giustizia e l’integrità morale che umilia la criminalità,
consegnandola al ridicolo.
Con maestria e genialità, Camilleri offre un viaggio letterario coinvolgente e
appassionante nel cuore della Sicilia, dimostrando ancora una volta la sua
capacità di tessere storie avvincenti e personaggi indimenticabili che
rimarranno impressi nell’animo del lettore per lungo tempo. Una lettura
imperdibile che consiglio vivamente a chi ama l’arte del giallo e della
narrazione coinvolgente.
Il suo
personaggio più celebre, il commissario Salvo Montalbano, è diventato un’icona
non solo nella narrativa italiana, ma anche a livello globale. Attraverso le sue
opere, Camilleri ha saputo catturare l’essenza dell’anima siciliana, immergendo
i lettori nelle atmosfere intense e suggestive dell’isola mediterranea.
Con maestria e genialità, Camilleri offre un viaggio letterario coinvolgente e
Il
successo di Camilleri è iniziato tardi nella sua carriera letteraria. La svolta
decisiva è arrivata con la pubblicazione de “La forma dell’acqua” nel 1994, il
primo romanzo della serie di Montalbano. Quest’opera ha dato il via a una serie
di bestseller, amati non solo in Italia ma in tutto il mondo. I suoi libri sono
stati tradotti in numerose lingue, raggiungendo un vasto pubblico
internazionale.
Con maestria e genialità, Camilleri offre un viaggio letterario coinvolgente e
La
chiave del fascino dei romanzi di Camilleri risiede nella sua capacità di
intrecciare abilmente trame avvincenti con un’acutezza d’indagine sociale e
psicologica. I lettori si sono affezionati al commissario Montalbano, con il suo
umorismo tagliente, il suo amore per il cibo, e la sua moralità intransigente.
Con maestria e genialità, Camilleri offre un viaggio letterario coinvolgente e
Oltre alla serie Montalbano, Camilleri ha scritto numerosi romanzi, saggi e
raccolte di racconti, dimostrando la sua versatilità e maestria letteraria. La
sua scrittura brillante è caratterizzata da un linguaggio vivace, colorito, e
dalla capacità di far rivivere la Sicilia attraverso descrizioni dettagliate e
suggestive.
Con maestria e genialità, Camilleri offre un viaggio letterario coinvolgente e
Il
17 luglio 2019, Andrea Camilleri è scomparso all’età di 93 anni, lasciando un
vuoto nel mondo della letteratura. Tuttavia, il suo lascito è stato immenso e le
sue opere rimarranno un pilastro della narrativa gialla italiana per sempre.
Con maestria e genialità, Camilleri offre un viaggio letterario coinvolgente e
Il contributo di Camilleri alla letteratura è stato straordinario. Il suo
talento nel dipingere quadri vividi della società, accompagnato da trame
avvincenti e personaggi indimenticabili, lo ha reso un autore amatissimo e
rispettato. La sua eredità letteraria continuerà a incantare e a ispirare
lettori di ogni età e provenienza, mantenendo vivo il suo spirito attraverso le
pagine dei suoi straordinari romanzi.
[…]
Sabato 13 gennaio alle ore 17.30 sarà la volta di Arianna Mortelliti che
presenterà il suo nuovo libro Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni edito da Mondadori. Arianna Mortelliti, alla sua prima prova
narrativa ma cresciuta alla scuola del nonno Andrea Camilleri, scrive un romanzo
decisamente intrigante, calibrando suspense e informazioni all'interno di una
struttura a dialoghi che, progressivamente, scioglie nodi e ambiguità.
Saranno presenti Rocco Mortelliti sceneggiatore e regista, Alessandra Mortelliti
attrice e regista e come ospite speciale Patò.
I due incontri saranno moderati dallo scrittore Diego Protani. Gli eventi sono
patrocinati dalla rete delle associazioni di Ceccano.
Nella diciassettesima puntata di “Stato dell’Arte”, Cesare Biasini Selvaggi
ospita in studio Arianna Mortelliti, scrittrice e docente di scienze, nonché
nipote di uno dei più illustri scrittori e intellettuali del secondo Novecento
italiano, Andrea Camilleri. Durante la conversazione, Arianna condivide dettagli
sul suo romanzo d'esordio, Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni,
edito da Mondadori. Successivamente, si immerge nel mondo del nonno attraverso
fotografie e ricordi personali. Dalla raccolta di filastrocche Storie per
Arianna al suo contributo nel primo libro postumo di Andrea Camilleri,
L’Autodifesa di Caino, Arianna ripercorre anche dei luoghi che hanno fatto da
sfondo alla sua vita con il nonno, come i Templi di Agrigento e la maestosa
Scala dei Turchi, che hanno contribuito a plasmare la reale ispirazione della
Vigata del celebre commissario Montalbano. Arianna racconta, inoltre, il
progetto del Fondo e Archivio Andrea Camilleri, mostrando alcuni documenti di
questo giacimento culturale. Stato dell’Arte è la trasmissione realizzata da
Cusano Media Group, scritta e condotta da Cesare Biasini Selvaggi, con la
collaborazione di Giulia Cavola.
Il saggio
– e sempre ironico - Andrea Camilleri, alle lettrici che gli chiedevano perché
il commissario Montalbano non sposasse Livia, l’eterna fidanzata, rispondeva con
un sorrisetto: “E chi si sposerebbe con la propria coscienza?”. Il commissario
alla fine mette un bel po’ di chilometri tra lui e quella che, comunque, resterà
la donna della sua vita; e forse, alla fine, anche a lei va bene un rapporto a
distanza che ormai dura da una vita. Il vero mistero del loro legame non è mai
stato svelato. Da domenica 14 gennaio fino al 4 febbraio - e sì, lo ripetiamo,
il servizio pubblico non fa una grandissima figura a proporre in piena stagione
le repliche, ma almeno si salva la qualità – Rai1 trasmette quattro episodi (e
sarà un boom di ascolti, come al solito) che vedono protagonista il nostro eroe
interpretato da Luca Zingaretti.
Tanto per dare un senso all’operazione, i film tv sono raggruppati con il
sottotitolo Gli amori di Montalbano, perché vedono protagoniste le donne
che segnano la vita del commissario di Vigata, signore che lo fanno vacillare,
di cui si invaghisce. Di rivali, Livia (Sonia Bergamasco), ne vede sfilare
diverse. A differenza di Mimì Augello (Cesare Bocci), seduttore seriale,
donnaiolo per vocazione, un femminaro classico, che nonostante l’indole da don
Giovanni si sposa e fa vedere i sorci verdi alla moglie Beba, Montalbano è un
single. Ama, sogna, ha una stangona svedese come amica-consigliera, ma coltiva
un’etica. Anche se ha i suoi momenti di debolezza.
Questa nuova collezione di repliche si apre con La vampa di agosto in cui
il commissario cede al fascino di Serena Rossi, gemella di una ragazza trovata
uccisa. Il caso di omicidio complica parecchio la vita di Montalbano, travolto
dalla passione. Persino il fido Fazio (Peppino Mazzotta), vedendolo così turbato
gli consiglia di pensarci bene. Ma stavolta l’uomo che non ha mai tradito la sua
Tipo sgangherata, non ci pensa neanche cinque secondi e si tuffa nel mare con la
ricciolona. Che bello perdere la testa. Il
21 gennaio va in onda Il campo del vasaio, con Belen Rodriguez nel ruolo
della bella argentina Dolores, coinvolta nelle indagini sulla morte del marito.
Il suo ingresso in commissariato è memorabile. Il 28 gennaio viene riproposto Il
sorriso di Angelica con Margareth Madè. Indagando su una serie di furti, il
commissario incontra Angelica Cosulich, dirigente di banca. Quando la incontra
Montalbano rimane affascinato, e anche lei: è colpo di fulmine. Gli riporta alla
memoria quell'Angelica dell’Orlando Furioso della quale ai tempi del liceo si
era innamorato. Perché combattere contro questa nuova passione? Il
4 febbraio è la volta di Un covo di vipere in cui viene ucciso
l’imprenditore Cosimo Barletta, fiero mascalzone, strozzino e ricattatore di
ragazze che costringeva a essere carine con lui. Il commissario resta molto
colpito dalla figlia Giovanna (Valentina Lodovini) che gli rivela di cosa fosse
capace il padre, con cui aveva un rapporto molto particolare. Gli appassionati
di Montalbano noteranno che in questa galleria di personaggi femminili manca
quello al centro di Il metodo Catalanotti, in cui Montalbano si prende
una bella cotta per la collega della Scientifica Greta Scarano: il film è già
stato trasmesso a novembre. E non compare (chissà se farà parte di un altro
pacchetto di repliche), uno dei casi più interessanti, L’età del dubbio con
Isabella Ragonese nei panni del tenente della Capitaneria di Porto Laura
Belladonna (coincidenza). Appassionata, vitale, ironica, intelligente, sorriso
irresistibile, seduce il commissario, che un po’ flirta e un po’ sembra
intimorito da quella promessa d’amore. Ci pensa il destino a scrivere la parola
fine, il caso si chiude in modo tragico.
Silvia Fumarola
Luca Zingaretti in versione comica. Mentre su
Rai 1 tornano le repliche del suo amatissimo commissario Montalbano l’attore si
propone nel ruolo di un poliziotto disilluso, in crisi coniugale e con la fissa
per le canzoni di Marcella Bella nella
serie commedia No activity – Niente da segnalare dal 18 gennaio su
Prime Video. […]
A un certo punto il suo personaggio, Marcello, dice “‘Sti film violenti, ‘sti
commissari hanno stufato”. In fondo lui è proprio l’anti-Montalbano.
“Devi avere il coraggio di prenderti un po’ in giro rispetto al tuo passato ma
anche a chi sei tu. Abbiamo messo una battuta anche sul trapianto di capelli con
lui che si guarda nello specchietto della macchina e dice ‘crescono, crescono…’.
Ci siamo divertiti a prenderci in giro". Invece il
commissario Montalbano non ha stancato affatto: ogni volta che la Rai è in crisi
di ascolti lo ritira fuori. Perché fa sempre centro?
“Credo che Montalbano sia riuscito a raccontare bene l’Italia di quegli anni. E’
una serie che ha unito persone che oltre al talento hanno messo insieme la
voglia di non mollare neanche di un centimetro. Oggi, con i social, è facile
trovarsi dalle stelle alle stalle in pochissimo tempo, credo che la differenza
stia proprio nella durata. Abbiamo iniziato quasi di nascosto su Rai 2 e abbiamo
finito la serie facendo il 45% di share, credo che sia dovuto al nostro
professionismo, alla volontà di non sedersi sugli allori, di cercare – ogni
volta che ci mettevamo di fronte a un racconto di Andrea
Camilleri–di dare il massimo anche se
sapevamo di avere un pubblico numeroso e fedelissimo. Per questo non abbiamo mai
voluto deluderlo". […] Chiara Ugolini
[…] La sfida agli ascolti tv tra
Montalbano e Terra Amara Nella prima serata di domenica 14
gennaio, Rai1 ha trasmesso l'episodio del Commissario Montalbano, La Vampa
d'agosto che ha raccolto 2.675.000 spettatori per uno share del 14.8%. Canale 5
ha messo in onda un nuovo episodio di Terra Amara: 2.769.000 spettatori e share
pari al 15.2%. Canale 5, quindi, ha vinto gli ascolti tv della serata di
domenica 14 gennaio. […]
Gennaro Marco Duello
La prima indagine di Montalbano di Andrea Camilleri è quella da cui tutto ebbe
inizio. Quella in cui prendono vita i personaggi dei successivi numerosi romanzi
che hanno conquistato l’interesse di milioni di lettori. Massimo Venturiello,
porta sul palcoscenico, con la vis teatrale che lo contraddistingue, il testo di
Andrea Camilleri in un progetto tutto nuovo da lui ideato.
[…] Passiamo poi a Monica Vitti, gigante della storia dello spettacolo, cinema,
teatro, televisione e non solo. Anche in radio, Monica Vitti è protagonista. Il
suo esordio nella prosa radiofonica avviene in 'Monica o come tu mi vuoi' del
1968. La trasmissione vuole essere un'antologia di Monica Vitti, attrice
drammatica e comica, vista e interpretata, però con l'occhio e l'esperienza di
quel momento. Lei stessa collabora alla riduzione dei testi con Umberto
Ciappetti e Andrea Camilleri, regista della trasmissione. Inoltre come partner
può contare su Gianrico Tedeschi e Paolo Panelli per le interpretazioni comiche,
Umberto Orsini e Alberto Lupo per gli interventi drammatici. E ci sono anche le
opinioni di Michelangelo Antonioni, Arthur Miller e Roger Vadim. Ascoltiamola in
un estratto dalla 1' puntata del 14 luglio 1968 sul Secondo Programma. Con
Umberto Broccoli. Un programma scritto con Patrizia Cavalieri. Regia di Luca
Bernardini.
laSexta, 18.1.2024
El muro - De puño
y letra
El comisario Montalbano y la generación Totocalcio
"La mayor parte de mi generación está reposando en los cementerios, mientras que
la generación venidera, la del 15M, ha conseguido ser devorada por el propio
sistema contra el que luchaban. Ahora son cadáveres que van ocupando espacio
político en las instituciones".
Pertenezco a una generación que
se sintió estafada un maldito sábado de hace ya algunos años, cuando, en vez de Mazinger
Z, en su lugar, y sin previo aviso, apareció un tal Orzowei. Tal vez, por eso,
nuestra tendencia a la negatividad esté más que justificada.
Estas cosas vienen a cuento porque el otro día, leyendo una novela de Montalbano,
el comisario mediterráneo creado por Camilleri, me encontré con una conversación
que me llamó la atención. En el diálogo, el jefe superior comentaba a Montalbano
que se sentía viejo y cansado con necesidad de jubilarse. El argumento que
utilizaba era que al juego de las apuestas sobre los resultados de fútbol lo
denominaba "Sisal", y no "Totocalcio" como todo el mundo. El
jefe superior se lamentaba ante Montalbano por utilizar un término de hace
treinta años. Para consolidar sus argumentos ponía de ejemplo al periodista
Indro Montanelli, cuando un joven compañero lo acusó de andar desfasado por
seguir llamando Sisal a las apuestas deportivas. Para el jefe superior, igual
que para el joven periodista, tal asunto significaba seguir aferrado
inconscientemente al pasado. Con
todo, si de algo peca mi generación no es de tales cosas. Para nada. Lo de "aferrarse
al pasado" es atributo común de la generación que me precede. Una generación que,
de haber vivido en Italia bien se hubiese podido denominar "Generación Sisal".
En el campo de la literatura, sin ir más lejos, sus integrantes destacan por la
cobardía, el acomodo burgués y la pereza epistemológica que los lleva a repetir
patrones que funcionan, sin arriesgarse un poquito a retorcer las estructuras de
la narrativa que es como decir las estructuras de la vida. Y siguen ahí, como
privilegiados narradores y excelentes intelectuales que si destacan por algo es
por su mediocridad. Por
lo demás, mi generación se ha visto taponada entre la generación precedente y la
venidera, una generación, esta última que, de haber vivido en Italia, la
podríamos haber bautizado como "Generación Totocalcio". Sus integrantes llegaron
arrollando hace veinte años cuando el grito del "No a la Guerra" sonó en todas
sus gargantas convertidas en una. Luego vino el 15M y su estímulo demostró que
sí, que sí era posible conquistar la lejanía. Una generación que supo tomar la
calle y que, al contrario de la mía, lo hizo llevada por la política. La mía ya
tuvo bastante desencanto con Orzowei, y se fue hundiendo en los paraísos
artificiales que nos seducían en cada esquina. Espejismos de aguja y camellos
con sonrisa postiza. "Eh, chaval, que mira que tengo un material rompedor... ¿Te
hace?". Por
eso, la mayor parte de mi generación está reposando en los cementerios, mientras
que la generación venidera, la del 15M, ha conseguido ser devorada por el propio
sistema contra el que luchaban. Ahora son cadáveres que van ocupando espacio
político en las instituciones. Bien mirado, ambas generaciones han acabado igual
de muertas. Porque los finales se repiten a través del tiempo. Unos en un nicho
y otros con cargos públicos. Porca miseria.
Pero ahora dejo por un rato estos pensamientos y sigo leyendo a Andrea Camilleri
en un volumen que recopila los primeros casos del comisario Montalbano y que
viene editado por Salamandra. Para un tipo como yo, que sólo tiene fe en el
escepticismo, no se me ocurre otro final más apropiado.
Montero Glez
MeinBezirk, 18.1.2024
Salvo Montalbano: Einer wie du und ich
Andrea Camilleri: Italiens Exportschlager #1
Ganz Italien hat von ihm gelernt, dass der Ausdruck «tambasiare casa casa» ein
durch Müdigkeit, Hitze und Behäbigkeit erzeugtes, zielloses Herumlungern zu
Hause bedeutet.
Man legt vielleicht einen Löffel in die Tischlade, rückt ein schiefes Bild
zurecht oder blättert im Adressbuch. Mehr nicht.
In der brütenden Mittagshitze des Mittelmehrraums ist bei geschlossenen Fenstern und
heruntergezogenen Rolläden, Rollos und Markisen im dämmrigen Halbdunkel der
Wohnung viel mehr an Aktivität auch reine Verschwendung von Energie.
Camilleri war nicht nur ein höchst erfolgreicher Autor, er war auch eine
wichtige Stimme in Italiens Zivilgesellschaft. Der sympathische Herr mit der
tiefen Raucherstimme, der den Italienerinnen und Italienern ironisch,
wortgewandt und eindringlich ins Gewissen redete, wird in der kollektiven
Erinnerung verbleiben.
Zum literarischen Star wurde Camilleri erst in einem Alter, in dem andere schon
ein paar Jahre ihre wohlverdiente Pension genießen. Er war 68, als im Jahr 1994
„Die Form des Wassers“, der erste Montalbano-Krimi, erschien. Camilleris Erfolg
war eine literarische Sensation, die die Erfolgsstorys von Umberto Eco oder
Susanna Tamaro deutlich überbot: Im Sommer 1998 belegte der Autor acht von zehn
Plätzen der italienischen Bestsellerliste, die Verkaufszahlen waren spektakulär. Mit
dem Commissario Montalbano hat der gebürtige Sizilianer den besten
Exportschlager Italiens erfunden. Die litarische Figur Salvo Montalbano machte
ihn weltbekannt.
Berühmt wurde er als Fernsehregisseur, als er in den sechziger, siebziger Jahren
mit Krimiserien um die Inspektoren Sheridan und Maigret dem italienischen
Publikum wahre Straßenfeger bescherte. Als er literarisch zu arbeiten begann,
konnte er also auf eine erstklassige Vorbildung im Verfassen von Dialogen
zurückgreifen. Zehn Jahre mußte er warten, bis 1978 das erste Buch "Il corso
delle cose" (Der Lauf der Dinge) gedruckt wurde; 14 Verlage hatten das
Manuskript abgelehnt. Zu den wenigen, die Camilleris Talent sofort erkannten,
gehörte Leonardo Sciascia, in jener Zeit Siziliens literarisches Aushängeschild.
Er vermittelte den gar nicht mehr jungen Nachwuchsautor an den Sellerio Verlag
in Palermo.
Camilleris erste Romane basieren auf wahren Begebenheiten des sizilianischen 19.
Jahrhunderts. Seine historischen Romane erreichten jedoch gerade einmal eine
Auflage von 5000 Exemplaren. Der Erfolg kam mit Kommissar
Salvo Montalbano, einem Polizisten, einem Mann wie Maigret. Er meidet den
Kontakt mit den Vorgesetzten, hasst Medientermine, ist ein leidenschaftlicher
Leser und ein leidenschaftlicher Anhänger der sizilianischen Küche und hat eine
Verlobte, die in Genua lebt und arbeitet. Seit 1999 werden die Montalbano
Romane vom Staatsfernsehen RAI verfilmt. Salvo Montalbano wird zum
kollektiven Liebling der Italienerinnen und Italiener.
Er wird zu einer Figur des Alltags, zu einem wie du und ich.
Andrea Camilleri erzählt:
"Ich habe mir wirklich Sorgen gemacht, als während einer Lesereise auf Sizilien
auf einmal drei Männer mit ernster Miene auf mich zugekommen sind und voller
Überzeugung sagten: ,Hören Sie zu, Camilleri, diese Heirat zwischen Montalbano
und der Frau aus Genua darf nicht stattfinden. Es gibt wirklich genug nette
Mädchen hier bei uns...'"
Andrea Camilleri starb, mit 93 Jahren, 2019 in einer Klinik in Rom. Im Dezember
erschien postum sein vorletzter Montalbano Roman "Ein tiefer Blick in die Seele,"
auf Deutsch. Im Sommer 2024 wird der allerletzte Montalbano Roman in der
deutschen Übersetzung aufliegen: Die Mission des Kochs.
Eine Hommage an Luigi Pirandello
Aber Camilleri ist nicht zufällig ein entfernter Verwandter von Luigi
Pirandello: Ab 2005 lag der finale Fall des berühmten Polizeikommissars Salvo
Montalbano in den Schubladen des Herausgebers Sellerio. Er hat den letzten
Montalbano Roman "Riccardino" 2005 geschrieben und elf Jahre später überarbeitet, aber
nur sprachlich, ohne die Handlung zu verändern, so dass der italienische Verlag
Sellerio nun für Philologen auch eine Doppelausgabe mit beiden Versionen – der
von 2005 und der von 2016 – anbietet. Camilleri verfügte, dass dieser Roman
postum erscheinen sollte. Er wollte nicht, dass es ihm ergeht wie seinem
frühverstorbenen Kollegen, dem Spanier (und Taufpaten seines Kommissars) Manuel
Vázquez Montalbán, der sich nicht mehr von seinem Protagonisten, dem
Privatdetektiv Pepe Carvalho, „befreien“ konnte. Das Buch ist sein literarisches
Testament.
Franz Waditzer
Nella pittoresca cittadina
siciliana di Vigàta, dove i colori del mare si mescolano con i toni caldi delle
case, l’atmosfera si carica di tensione in un nuovo e avvincente caso che
coinvolge il celebre commissario Montalbano. Tutto
inizia con la scoperta di un cadavere, un uomo brutalmente ucciso e nascosto in
un impervio pendio argilloso noto come critaru. Ecco le anticipazioni sulla
replica. Il Commissario Montalbano – Il
campo del vasaio
Il commissario Montalbano, noto per la sua abilità investigativa e il suo
temperamento deciso, si trova di fronte a un
duplice enigma. Mentre cerca di svelare la verità dietro
l’omicidio nel critaru, si imbatte in un altro problema di dimensioni
considerevoli. Il suo braccio destro, l’ispettore Mimì Augello, di solito
scherzoso e affabile, si trasforma in un uomo cupo e irascibile. Montalbano,
conscio della necessità di preservare l’armonia
nel suo commissariato, si trova a dover indagare non solo sulla
morte nel critaru ma anche sul cambiamento drastico di comportamento di Mimì.
L’indagine rivela che Mimì Augello ha un’amante segreta, un segreto che sembra
essere la causa del suo improvviso cambiamento d’umore. Montalbano, capendo
l’importanza di mantenere la coesione nel
suo team, decide di prendere tempo prima di affrontare direttamente il problema
di Mimì. Nel
frattempo, l’indagine sull’omicidio rivela tracce che conducono a oscuri rituali
mafiosi, rivelando che il caso è intriso di elementi che richiamano il passato
della mafia siciliana.La
trama si complica ulteriormente quando il caso del critaru si
intreccia con la scomparsa di Giovanni Alfano, un uomo legato a Balduccio
Sinagra, una figura anziana e malata della mafia. Montalbano scopre che il
cadavere nel sacco è proprio Giovanni Alfano e sospetta che il suo omicidio sia
stato commissionato da Balduccio Sinagra come punizione per tradimento.
Tuttavia, quando emerge un legame tra l’adulterio di Mimì e l’omicidio,
Montalbano si trova di fronte a un dilemma che coinvolge direttamente il suo
fidato collega. Il commissariosi
trova ora a gestire un intricato intreccio di amicizia,
tradimenti e indagini, dove ogni passo potrebbe rivelare nuovi segreti e
complicare ulteriormente la situazione. La soluzione di questo misterioso caso
richiederà non solo abilità investigative, ma anche la capacità di Montalbano di
navigare tra i delicati rapporti personali che si intrecciano con il suo dovere
di commissario. Quando e dove vedere la puntata La
puntata andrà in onda Stasera [domani sera, NdCFC] in tv Rai 1, sarà poi
possibile visionare la puntata in
qualsiasi momentosul canale ufficiale di Rai Play.
Virginia Destefano
Çukurova batte Vigata.
Nella sfida degli ascolti di ieri, per la prima volta una delle repliche del Commissario
Montalbano, ha ceduto il passo alla concorrenza. E così, la cittadina
immaginaria in cui è ambientata la serie turca Terra amara, ha avuto la
meglio sul mondo immaginato da Andrea
Camilleri. Belen e Montalbano La
sfida domenicale ha consegnato a Canale5 la
palma per gli ascolti in tv: la puntata della soap ha ottenuto 2 milioni 882mila
spettatori, pari ad uno share 15,66 per cento e, anche se sul filo, ha superato
Montalbano su Rai
1. L'episodio tratto da Il
campo del vasaio di Camilleri, che vantava nel casto Belen
Rodriguez nel ruolo di (ça va sans dire) femme fatale ha infatti
registrato 2 milioni 628mila spettatori, per uno share del 14,73 per cento. Ma
la cosa non deve stupire.
[…]
“La gita a Tindari” è il romanzo
di Andrea Camilleri, pubblicato nel 2000 da Sellerio. In esso, il famigerato
commissario Montalbano si ritrova ad indagare su tre casi di omicidio, che
riguardano una coppia di coniugi in là con gli anni e di un giovane informatico.
Le indagini risultano da subito complicate, poiché i pochi indizi che Montalbano
ha a disposizione sembrano non portare da nessuna parte. L’intuizione di
Montalbano però gli suggerisce che gli omicidi sono collegati in qualche modo.
Non solo sono collegati tra loro, ma porteranno alla scoperta di una rete
criminale molto più ampia.
Come ormai abbiamo imparato, Montalbano anche in questa storia mostra i suoi
metodi poco ortodossi, che sono aspramente contestati dal Questore, che può
quando sente che c’è la possibilità di risolvere un grosso caso, dimentica
vigliaccamente. Leggere questa storia – ma vale un po’ per tutte le storie di
Camilleri – ci permette di entrare in un mondo, quello di Vigata e del suo
commissariato, che seppur inventato, è vivido e realistico. Non mancano nella
storia i personaggi che accompagnano Montalbano nelle sue investigazioni: Fazio,
Gallo, Catarella e Augello. Quest’ultimo darà dei pensieri a Montalbano, ma la
presenza di una donna bella e intrigante metterà le cose al proprio posto. Le
donne sono un’altra costante nelle storie di Camilleri. E qui troviamo sia
Ingrid che Livia. Un
aspetto che mi colpisce molto di Camilleri è la scrittura. Il suo stile sa
descrivere luoghi, colori, odori, sentimenti e lo fa attraverso quel suo
siciliano del tutto personale, che permette al lettore, anche a colui che non lo
padroneggia, di cogliere le sfumature di ogni “scena”.
Parlo di “scena” perché – lo confesso – non posso fare a meno di identificare
luoghi e volti con quelli degli attori e degli ambienti presenti nella fortunata
serie di fiction Rai. Tuttavia, leggiamo in questo romanzo particolari che ci
suggeriscono una fisicità diversa da quella a cui siamo abituati. Infine, voglio
segnalare la grande attenzione che Camilleri metteva nei suoi libri. Verso la
fine del romanzo, Camilleri fa cenno alla questione dei migranti e di come
vivano in moderni “campi di concentramento”:
“Gallo invece gli venne a contare di un gruppo di albanesi che era scappato dal
campo di concentramento ossia campo d’accoglienza.
«Li avete rintracciati?»
«Manco uno, dottore. E manco si rintracceranno».
«Perché?».
«Perché sono fuitine concordate con altri albanesi che hanno messo radici. Un
mio collega di Montelusa sostiene che ci sono albanesi che invece scappano per
tornarsene in Albania. A conti fatti, hanno scoperto che si trovavano meglio a
casa loro. Un milione a testa per venire e due per rimpatriare. Gli scafisti ci
guadagnano sempre».” In
un altro passaggio dice:
“S’assittò in poltrona, addrumò la televisione. La prima immagine che vide fu
quella dei prigionieri di un campo di concentramento, non dei tempi di Hitler,
ma di oggi. In qualche parte del mondo che non si capiva, perché le facce di
tutti quelli che patiscono l’orrore sono tutte eguali”. Per
chiudere mi piace segnalare quella che mi sembra una critica, nemmeno troppo
velata, a una parte del mondo intellettuale che non è mai stata gentile con il
genere giallo:
«Certo che ne hai di fantasia» commentò Mimì che aveva ripensato alla
ricostruzione del commissario. «Quando vai in pensione puoi metterti a scrivere
romanzi».
«Scriverei certamente dei gialli. E non ne vale la pena».
«Perché dici accussi?».
«I romanzi gialli, da una certa critica e da certi cattedratici, o aspiranti
tali, sono considerati un genere minore, tant’è vero che nelle storie serie
della letteratura manco compaiono».
«E a te che te ne fotte? Vuoi trasìre nella storia della letteratura con Dante e
Manzoni?».
«Me ne affrunterei».
«Allora scrivili e basta».
Esiste un 'fronte
del giallo' meridionale opposto all'invasione degli autori di genere nordici?
Alicia Gimenez Bartlett è convinta di sì e in un'intervista con l'agenzia Efe
ricorda quanto le disse Andrea Camilleri agli albori dello sbarco degli
scandinavi nelle classifiche europee: "Siamo sempre più svedesi e meno
siciliani". La scrittrice creatrice nel 1996 della serie di romanzi polizieschi
con protagonista l'ispettore Petra Delicado - pubblicati in Italia da Sellerio -
denuncia l'abuso di dettagli macabri, che considera parte di un percorso
"pericoloso". Se si offrono casi sempre più raccapriccianti per catturare
l'attenzione, è il suo ragionamento, si trascurano risorse come le trame che
esplorano la psicologia mentre ogni romanzo poliziesco "è un gioco tra lo
scrittore e il lettore come in nessun altro genere letterario". Pioniera del genere
per aver creato un personaggio femminile con un incarico di polizia in anni in
cui le donne nei libri risolvevano casi solo vestendo i panni di assistenti,
avvocati o investigatori privati, assicura che la sua Petra, pur essendo
femminista, non lo è in chiave "anti-maschile". E riguardo i timori per
l'invasione dell'intelligenza artificiale anche in ruoli prettamente creativi di
dice "sconcertata" e assicura che non chiederà mai a uno strumento di
intelligenza artificiale di scrivere un romanzo nel suo stile per vedere quale
sia il risultato.
Ugo Barbàra
[…]
I fan de Il Commissario Montalbano sperano in un ritorno. “Noi siamo
propensi, lo è anche la società di produzione Palomar. Il tema è riuscire a far
quadrare tutto con produttore, con la famiglia Camilleri che detiene i diritti,
con Luca Zingaretti. È un lavoro complesso, ci stiamo riflettendo ma faremo il
possibile”. […]
Giuseppe Candela
Un viaggio alla scoperta di documenti, luoghi, voci e presenze per capire i
passaggi salienti che punteggiano la storia della lingua italiana, analizzando
il rapporto tra dialetti e lingua ufficiale e l’avvento della comunicazione
digitale come naturale evoluzione della corrispondenza tradizionale. Lo propone
la prima delle due puntate della serie “Etimo, per il museo della lingua
italiana”, in onda da lunedì 29 gennaio alle 22.45 su Rai 5 per “Sciarada, il
circolo delle parole”. [La puntata è già andata in onda nel settembre 2023, ed
è disponibile su Raiplay all’indirizzo
https://www.raiplay.it/video/2023/09/Sciarada-Il-circolo-delle-parole-Etimo-La-conquista-dell-italiano-1235b224-60bc-468d-bfb1-4105238e6067.html,
Ndcfc] Al “timone” del racconto c’è lo
storico della lingua italiana e divulgatore Giuseppe Antonelli, docente presso
l’Università degli Studi di Pavia e presidente del comitato tecnico scientifico
del prestigioso Centro Manoscritti di Pavia fondato da Maria Corti, e
responsabile del Multi e del Mundi, i musei dedicati alla lingua italiana, il
primo digitale e il secondo con documenti materiali. Si comincia con la puntata “La
conquista dell’Italiano”. Tra gli ospiti c’è Luca Zingaretti che rende omaggio
al mondo e alla lingua di Andrea Camilleri, un “dialetto per diletto”, come
osserva Giuseppe Antonelli che, presso il Fondo dedicato allo scrittore
siciliano, si sofferma sull’opera, i manoscritti, le prove di un intellettuale
eclettico molto amato dal pubblico. La bella notizia è che, a differenza di
quanto temuto e profetizzato da molti, la conquista dell’italiano non ha portato
alla scomparsa dei dialetti. Anzi, dialetto e italiano oggi convivono di fatto
in armonia, perché, come diceva proprio Camilleri, “L’albero è la lingua, i
dialetti sono la linfa”. Un albero e una linfa che diventano portatori di una
storia davvero singolare, quella del contadino siciliano analfabeta Vincenzo
Rabìto, che volle consegnare alla carta la sua autobiografia “Terra matta”, e
dalle infinite pagine di Rabìto, custodite presso l’Archivio Diaristico di Pieve
Santo Stefano, la regista Costanza Quatriglio si è ispirata per il film “Terramatta!”
Ma è l’avvento della radio prima e della televisione poi a ridefinire il
rapporto degli italiani con la lingua di cui Giuseppe Antonelli parla al Museo
della Radio e della Televisione Rai di Torino. Ma sono stati soprattutto lo
sport, il calcio e il ciclismo a portare nelle case degli italiani una lingua in
continua evoluzione, come ricorda il telecronista Rai della nazionale italiana
di calcio Alberto Rimedio
Corriere della Sera, 27.1.2024
L’eroe imperfetto di Camilleri dalla fiction al palcoscenico
Vassallo e “La concessione del telefono”: l’autore mi diede il suo sostegno
«La prima volta che ho incontrato
Andrea Camilleri, sono rimasto impietrito - racconta l’attore Alessio Vassallo.
Iniziavamo a girare “Il giovane Montalbano” a Cinecittà, dov’era ambientato
l’immaginario commissariato di Vigàta. Lo vedemmo arrivare all’improvviso e ci
chiese di fargli sentire una scena a telecamere spente: mi sentivo come dover
recitare Amleto davanti a Shakespeare». E lo scrittore fu contento della
recitazione? «Sì, una sorta di sua benedizione». Prima la serie televisiva «Il
giovane Montalbano», poi il tv-movie «La concessione del telefono», dal romanzo
omonimo, che adesso porta in palcoscenico al Teatro Strehler di Milano, dal 30
gennaio al 4 febbraio: una produzione del Teatro Biondo di Palermo con la regia
di Giuseppe Dipasquale. Una militanza continua quella dell’attore palermitano
nel repertorio dello scrittore di Porto Empedocle. «Mi manca molto la sua
presenza, ma la lucidità del suo racconto è viva e per questo abbiamo deciso di
realizzare un nuovo adattamento drammaturgico della Concessione. Nella sua
scrittura si racchiude l’essenza dell’essere umano: affermava che, tra parole
scritte e quelle dette, c’è grande differenza, perché le prime rimangono, mentre
le seconde sono affidate al vento, quindi passibili di molti cambiamenti. La sua
forza narrativa - continua Vassallo -, risiede nei suoi personaggi che sono dei
super eroi mancati, perché commettono degli errori e, per tale motivo, il
pubblico può identificarsi in essi: per tutti noi c’è l’errore dietro l’angolo.
Vigàta è l’isola che non c’è di Peter Pan». Qual è l’errore dietro l’angolo
del protagonista Pippo Genuardi, da lei interpretato? «La vicenda è ambientata
nella Vigàta di fine Ottocento e il mio personaggio, marito fedifrago, vuole
ottenere l’attivazione di una linea telefonica privata, per poter parlare, di
nascosto dalla propria moglie Taninè (Carlotta Proietti), con la sua amante
Lillina (Ginevra Pisani), che è a sua volta la giovane consorte del proprio
suocero Don Nenè (Paolo La Bruna)! Ma commette un fatale sbaglio: per
sollecitare la richiesta scrive una lettera al prefetto, sbagliandone il
cognome, invece di Marascianno, scrive Parascianno e, dall’errore di una
semplice consonante, si scatena una valanga di equivoci dai risvolti surreali.
Pippo si trova in una situazione più grande di lui, ma dovrà espiarne le colpe.
È una grande lente sulla stupidità umana e sulla burocrazia, che allora, come
oggi, è il cancro del nostro Paese Italia. Camilleri affermava che i governi
passano, ma le scartoffie burocratiche restano sempre le stesse». E il marito
traditore come evolve? «Diventa un tizzone ardente: ovunque si sposta, gli
brucia la fiamma sotto al sedere. Nell’impersonarlo sembro un circense e il
costume che indosso è rosso fuoco». Appassionato di letteratura,
Vassallo è prossimo anche a portare in scena Male oscuro di Giuseppe Berto:
«Un’opera importante, dove l’autore affronta lo spinoso tema della depressione,
un male di cui a volte non ci si rende conto e che affligge tanta gente».
Camilleri era afflitto da un altro difficile male, la cecità. «Quando nel 2016
gli fu data la cittadinanza onoraria di Agrigento, ero presente alla cerimonia,
ma lui purtroppo non vedeva più bene. Mi avvicinai al suo orecchio e gli
sussurrai: maestro, sono Alessio, il giovane Mimi Augello... Lui mi prese il
volto tra le mani ed esclamò: stai diventando grande! Per me — conclude — aver
avuto un rapporto così diretto con lui è stato come aver conosciuto Luigi
Pirandello o Leonardo Sciascia».
Emilia Costantini
Sicilian Post, 28.1.2024
Sicilitudine
La Shoah negli occhi di un bambino: Camilleri e l’amico ritrovato
In una sorta di memoriale letterario intitolato “Certi momenti”, lo scrittore
ripercorre alcuni importanti incontri della sua vita. Tra questi, quello con il
compagno di classe e caro amico David Perna detto Pippo, espulso dalla scuola
perché ebreo. Inizia così, per l’autore allora tredicenne, il travaglio
dell’incredulità: le domande ai genitori, gli incubi la notte, la mancanza di
ogni notizia dopo la scoperta ufficiale dei lager nazisti. Un travaglio durato
fino agli anni ’80, quando un evento felice e inaspettato si verificherà al
teatro greco di Tindari. Perché la memoria non è un anniversario ma una
necessità
Quando si parla di Shoah,
ripercorrendo con un nodo alla gola i numeri impressionanti di questa barbara
follia, il rischio concreto è quello di perdersi. Di fermarsi a considerare un
quadro d’insieme che, per quanto eloquente, rischia comunque inevitabilmente di
apparire lontano, indistinto. Di arrestare la propria commozione alle soglie di
quell’anonimato che avvolge tanti innocenti senza nome e senza volto. Sì, il
rischio è quello di perdersi. Di ignorare il dettaglio, la piccolezza, la
singolarità. Di lasciarsi sfuggire le storie che da quell’oceano di dolore non
sono riuscite a riemergere. Né con un diario, né con un romanzo, né con la voce
rotta dei ricordi. Le storie di chi ha inciso il proprio nome su una ciotola
ammaccata per poterla ritrovare e scampare alla morte per qualche ora in più;
quelle di un bambino attaccato al proprio quadernetto, trasformato per
l’occasione in un fumetto di fortuna o di una bambola caduta nel fango,
strappata a chissà quale bambina al di là di un filo spinato che le avrebbe
separate per sempre; quelle rimaste impigliate in vestiti, cimeli, oggetti
minuti accatastati nel freddo vetro di una teca. È in queste vicende sommerse
dal mare della storia, nel silenzio che dopo tutti questi anni non ha smesso di
rimbombare, che è racchiuso il senso più autentico della tragedia.
Dell’insensatezza dell’Olocausto. Una di queste storie, tuttavia,
quella coltre di silenzio è riuscita a squarciarla. Ed il merito è anche, e
soprattutto, di Andrea Camilleri e del suo Certi momenti, pubblicato
da Chiarelettere nel 2015. In questa sorta di memoriale letterario,
infatti, lo scrittore empedoclino, armato della sua proverbiale ed infallibile
memoria, ripercorre alcuni degli incontri che, a posteriori, si sono rivelati di
cruciale influenza per la sua vita. Uno, in particolare, risale al 1938: l’anno
infame delle leggi razziali in Italia. Ha per protagonista un compagno di classe
con cui Camilleri, allora tredicenne, condivide una particolare amicizia. Il suo
nome era David Perna, ma per qualche bislacco motivo, ci dice l’autore, tutti
avevano preso a chiamarlo semplicemente Pippo. Fu un incontro fugace. Come una
di quelle scintille fulminee, effimere, che si abbarbicano su un muro o su un
pavimento con il segno bruciacchiato della loro detonazione. «Una
mattina, alla fine delle lezioni, Pippo mi chiamò in disparte e mi disse che dal
giorno seguente non avrebbe più frequentato la scuola. Siccome era figlio di un
ferroviere, pensai che suo padre fosse stato trasferito altrove. Ne volli
conferma: “Tuo padre è stato trasferito?” gli domandai. “No, – rispose – nemmeno
papà potrà più lavorare”. “Ma perché?”. Ebbe un sorriso amarissimo. “Perché
siamo ebrei”. Ci abbracciammo». Pippo, nel giro di qualche
minuto, divenne qualcosa che si avvicinava ad un fantasma. Un fantasma di cui
solo il nostro autore sembrava ricordarsi qualcosa. È straziante il modo in cui
il papà di Montalbano ripercorre l’incredulità che si impossessò della sua
fanciullezza: le corse a casa per chiedere delucidazioni alla famiglia, lo
sdegno del padre fascista disilluso dal vile atto di quel regime che tanto aveva
idolatrato, la costante inquietudine derivante dalla mancanza di qualsivoglia
notizia. Solo nel sonno Pippo tornava a comparire al cospetto del suo caro
amico: «Naturalmente negli anni che
seguirono non ebbi più notizie di Pippo; ma quando, finita la guerra,
cominciammo a leggere dell’Olocausto e, peggio ancora, vedemmo i documentari sui
campi di concentramento e di sterminio dei nazisti, l’immagine del mio amico
Pippo cominciò a tormentare i miei giorni e le mie notti, lo confesso con tutta
sincerità. Certe volte mi svegliavo di colpo in piena notte chiedendomi che fine
avesse fatto il mio amico, se fosse stato catturato dai tedeschi e inviato in
uno di quegli orrendi campi, o se fosse in qualche modo riuscito a sopravvivere.
Mi rimisi in contatto telefonico da Roma con qualche vecchio compagno di scuola:
nessuno seppe darmi notizie di Pippo». Ma è nella singolarità, si
diceva, che tutto assume sostanza. Che il quadro generale va incontro, una volta
tanto, ad una distorsione peculiare. Alla salvifica deviazione da un fato
apparentemente incontestabile. Perché è negli Ottanta che quell’incubo
d’infanzia si trasforma in una fiaba a lieto fine. Proprio qui, in Sicilia, con
Camilleri intento a supervisionare la messa in scena di un suo spettacolo presso
il teatro greco di Tindari. Ignaro che di lì a poco, silenzioso e riservato come
era sempre stato, quel fantasma sarebbe riapparso con volto lieto dopo aver
chiesto di incontrarlo. «Gli andai
incontro: era un perfetto sconosciuto. “Sono Andrea Camilleri, cercava me?”.
L’uomo, che era di piccola statura, molto ben vestito, mi guardò a lungo, non
rispondendo subito alla mia domanda. Poi, a sua volta, chiese: “Lei è Nené
Camilleri?”. “Sì – risposi –, ma lei chi è?”. Di scatto l’uomo mi gettò le
braccia al collo, mi strinse forte, mi disse all’orecchio: “Sono Pippo Perna”. E
ci ritrovammo tutti e due abbracciati con le lacrime agli occhi. “Sono di
passaggio” mi disse. “Ho due ore di tempo”. Di comune accordo andammo in un
caffè vicino, ci sedemmo a un tavolo. Mi raccontò che nel ’38 avevano lasciato
Agrigento, che con suo padre e sua madre erano andati a rifugiarsi presso uno
zio che possedeva dei campi nella Sila, in Calabria. Suo padre aveva lavorato
nei campi del fratello, sua madre si era messa a fare la sarta, e così erano
riusciti a sopravvivere. Lui aveva continuato a studiare prendendo lezioni
private dal parroco del paese, dove tutti avevano finto di non sapere che la
famiglia Perna era ebrea. Così erano riusciti a scamparla. Lui, finita la
guerra, aveva dato tutti gli esami che non aveva potuto sostenere durante il
fascismo, poi si era iscritto all’università, dove si era laureato in
ingegneria. Era venuto a Roma per affari, quando aveva visto un manifesto
teatrale col mio nome.» Pochi furono altrettanto
fortunati. E anche a Pippo, che pure scampò all’orrore, nessuno avrebbe potuto
ridare ciò che aveva lasciato nella classe da cui era stato malamente sfrattato.
Solo quell’abbraccio gli restituì una parte di sé. E anche noi, figuratamente,
ci aggrappiamo forte alla memoria. Per tutti quei Pippo Perna inghiottiti dal
Male. Per tornare in contatto con quell’umanità che stiamo smarrendo. Joshua
Nicolosi
[…] Improbabile anche la sua
collaborazione con Camilleri.
«Sono stato prima di tutto un divoratore dei suoi libri. Ci siamo conosciuti
alla mostra di Nino Cordio, padre di Francesco, uno dei miei migliori amici.
Seduti uno accanto all’altro, trovai il coraggio per chiedergli di raccontare
una storia nel mio album. Era già bello avanti con gli anni, ci vedeva molto
poco, non aveva voglia di muoversi troppo. Andammo a registrare a casa sua. Uomo
generosissimo, piacevole, splendido». […] Sandra Cesarale
«Solo se fuori vivi la tempesta,
la casa diventa un porto sicuro. Invece ormai non si esce più: smart working,
film in tv, persino lo sport. E non va bene. La casa deve essere casa.
Altrimenti non si apprezza». Tanti i ruoli che legano Alessio Vassallo alla sua
Sicilia: da Mimì Augello ne Il giovane Montalbano, al protagonista de
La concessione del telefono di Camilleri, che ora interpreta anche a teatro.
«Personaggi che adesso nascono qui, in questo appartamento ai Prati Fiscali.
Pronti anche loro a uscire subito di casa». […] E con l’attrice Ginevra Pisani
ha deciso di mettere su casa ai Prati Fiscali, il quartiere che prenderebbe il
nome dalla proprietà di un tesoriere pontificio, capo del fisco. […] Insieme in
famiglia e insieme sul palcoscenico: dal 30 gennaio in tournée con La
concessione del telefono, regia Giuseppe Dipasquale e con Vassallo che ha
per amante la sua vera fidanzata e per moglie Carlotta Proietti. […] Nella
libreria c’è tanta Sicilia: Camilleri, che ha conosciuto quando ha portato in tv
alcuni suoi personaggi, e Pirandello. […] Vania Colasanti
Terzo appuntamento domenicale con
le repliche di Il commissario Montalbano con Luca
Zingaretti. Stasera tocca a un episodio speciale: il primo tradimento di Montalbano, "ai danni" della storica
fidanzata Livia. Un tradimento "letterario", diceva Andrea
Camilleri (1925-2019). A CHE
ORA COMINCIA IL COMMISSARIO MONTALBANO OGGI DOMENICA 28 GENNAIO IN TV E
STREAMING Il sorriso
di Angelica va
in onda stasera alle h.
21.25 su Rai 1 e in contemporanea streaming su RaiPlay.
Come tutti gli altri episodi della storica serie tv della Rai, anche questo è già disponibile sulla piattaforma gratuita (basta
l'iscrizione). In tutto la serie è composta da 37
episodi. DURATA E
CAST DI IL SORRISO DI ANGELICA, IN ONDA STASERA 28 GENNAIO L'episodio di stasera dura 111
minuti. È andato in onda la prima
volta nel 2013. Si tratta infatti del primo
episodio della stagione 9. Il cast: Luca
Zingaretti, Cesare Bocci, Peppino Mazzotta, Angelo Russo.
Roberto Nobile, Davide Lo Verde. Hamza Choukri, Lina Perned. Margareth
Madè, Luciano Miele, Gabriele Gallinari. PERCHÉ
PER CAMILLERI IL SORRISO DI ANGELICA ERA UN LIBRO "DIVERSO" Il romanzo ispiratore di Andrea
Camilleri uscì da Sellerio nel
2010, 17mo
racconto con protagonista il commissario di Vigata. Per l'autore
ha sempre avuto un significato particolare: fu il primo
libro uscito dopo la morte di Elivia Sellerio. L'editrice
palermitana che gli aveva dato fiducia e pubblicato il primo racconto (tutti i
romanzi di Camilleri sono editi dalla casa editrice siciliana). La donna aveva
fatto in tempo a leggerlo. Nella nota/dedica finale, Camilleri ha parole
carissime e di gratitudine
per lei. Nel racconto sono presenti molti
brani del testo ispiratore: l'Orlando Furioso di Ariosto. Non solo: nel
romanzo, il commissario si vede in sogno
con indosso un'armatura da cavaliere. Pronto a partecipare a un
torneo, presente Carlo Magno... IL
COMMISSARIO MONTALBANO: TRAMA E PERSONAGGI DI IL SORRISO ANGELICA Carlo e Caterina Peritore sono
rimasti vittime
di un furto: la loro casa al mare è stata svaligiata di notte. I
ladri, sapendo di trovarli lì per il weekend, li hanno addormentati.
Quindi hanno svaligiato il villino. Poi hanno fatto lo stesso con l'abitazione
della coppia, in città. Molto esperti, non
hanno lasciato impronte in nessuno dei due luoghi. Montalbano (Luca Zingaretti) si
convince immediatamente che i ladri conoscono
benissimo la coppia e le sue abitudini. Non solo. Qualche giorno
prima, lo stesso
tipo di reato aveva avuto per vittime l’avvocato Lojacono e la
dottoressa Vaccaro. Modalità identiche. Indagando, il commissario scopre che le
vittime si conoscono tra loro. Frequentano tutti gli stessi
ambienti della Vigata "ricca". Va a parlare con Pasquale, figlio
di Adelina e ladro
conosciuto in città. L'uomo gli svela che è vero, anche negli
ambienti malavitosi, si pala di questa banda
"straniera": i ladri non sono di Vigata. Il fiuto di Montalbano
lo convince dell'esistenza di un basista
locale: e se fosse proprio lui il capo della banda? Nel proseguo dell'inchiesta, si
scopre che il ricettatore a
cui i ladri si sono rivolti in realtà non li ha mai incontrati. Arrestato, non può essere di
alcun aiuto. Ma è lo stesso capo della banda a farsi vivo: una
lettera di sfida arriva al commissariato. Indirizzata a
Montalbano. LA BELLA
ANGELICA E IL MONTALBANO FURIOSO Intanto i furti
continuano. La nuova vittima è Angelica
Cosulich (Margareth Madè), dirigente bancaria. Bellissima. Amica
dei Peritore. Montalbano
la incontra e si innamora come un ragazzino. Sarà il nome
combinato alla passione scolastica, ma il commissario diventa furioso
come il protagonista del poema dell'Ariosto. E per la prima
volta tradisce Livia (Lina Perned)... Angelica sembra
contraccambiarlo. E, in qualche modo diventa il fulcro delle indagini. Perché i
furti continuano. Il commissario si convince che sia uno
degli stessi membri di questa élite danarosa il responsabile: ma
perché? Viene trovato un cadavere.
Poi un altro furto: a casa di un gioielliere.
Che poco dopo viene trovato morto: suicidato.
Perché? Montalbano scopre che l'uomo era in realtà uno
strozzino. È sempre più convinto che in realtà i furti siano un
modo per depistare la polizia. Scopre che il suicida era colui a
cui i genitori di Angelica dovevano una grossa somma. Ricattati,
sono morti. Che sia la donna la responsabile di tutto? Che lo
stai "usando"? COME
FINISCE IL SORRISO DI ANGELICA: IL FINALE (SPOILER) Ma una telefonata la "salva". Il vero responsabile confessa
la verità.
Montalbano e Fazio raggiungono la donna in banca e fanno in tempo a vedere qualcuno
che le spara. Portata in ospedale, si salva.
Montalbano scopre che dietro ai furti c'è il cugino
di Angelica. I due volevano costringere il ricattatore a
denunciarsi. L'uomo si è suicidato per paura che la verità venisse a galla da
sapere sul mondo dell’orologeria. Il commissario arresta il cugino
e va in visita alla sua Angelica. Che se all'inizio voleva "usarlo" per coprire
il piano, poi si era davvero innamorata... Antonella Catena
Dopo il debutto al Teatro Biondo
di Palermo, che ne è anche il produttore, «La concessione del telefono» di
Andrea Camilleri, va in scena al Teatro Strehler il 30 Gennaio, con Alessio
Vassallo protagonista, regia di Giuseppe Dipasquale, certamente uno dei
conoscitori più attento di tutta l'Opera di Camilleri, col quale, del resto, ha
collaborato fin dal 2005, quando lo portò in scena, al Teatro Stabile di
Catania. Fu
in quella occasione che vidi lo spettacolo e conobbi l'autore con cui ebbi modo
di parlare a lungo e di capire come la lingua orale, con innesti dialettali,
fosse tutt'uno con la lingua letteraria, come dire che Camilleri scriveva come
parlava e parlava come scriveva. Lo spettacolo ebbe un successo tale da essere
replicato per più stagioni, dopo aver superato le duecentomila presenze. Di
Pasquale, alcuni anni dopo, ridurrà un altro romanzo: «Il birraio di Preston»,
ottenendo lo stesso risultato [in realtà il “Birraio” è arrivato prima della
“Concessione”, NdCFC]. Certamente, «La concessione del telefono» è uno dei
testi più divertenti dell'autore siciliano, costruito sul meccanismo degli
equivoci e del paradosso, oltre che del ridicolo, generi che stanno a base dei
grandi classici del teatro, il cui capostipite fu Moliere. Il ricorso,
soprattutto, al ridicolo, permette a Camilleri di evidenziare la perfidia di
certe situazioni e di accordare il riso ai personaggi, specie quando hanno a che
fare col potere, dato che la storia ha a che fare con gli strani rapporti che il
cittadino ha con la burocrazia. Nel nostro caso, si tratta della richiesta di
una linea telefonica, fatta al prefetto, con un nome sbagliato, che diventerà
occasione di una serie di equivoci che metteranno alla berlina la stupidità del
potere burocratico, in una Sicilia di fine ottocento, ben visibile nell'archivio
gigantesco, ricco di faldoni accatastati, pieni di polvere, con le carte
ingiallite di carteggi sproporzionati, voluto dallo scenografo, Antonio
Fiorentino, d'accordo col regista. Ridicolo è anche il protagonista, Pippo
Genuardi, il quale voleva ottenere una linea telefonica tutta per se, onde poter
dialogare con la sua amante e prendere appuntamenti all'insaputa della moglie.
Il telefono che, per quel tempo, rappresentava uno dei primi modelli
dell'evoluzione sociale, diventerà un mezzo per assecondare i pruriti sessuali
del giovane protagonista, a cui Vassallo riesce a dare un suo personale apporto
del ridicolo, ben diverso dell'umorismo pirandelliano, proprio perché non
contiene nulla di tragico, e ben diverso, a sua volta, da quello di: «L'uomo
ridicolo» di Dostoevskij che ha a che fare col sogno, in attesa del suo
probabile suicidio. A dire il vero, non sono certo che le situazioni, inventate
da Camilleri, si svolgano in una sorta di superficie, perché è il suo linguaggio
che le rende «vere», un linguaggio che alterna l'oralità con la qualità
letteraria della parola scritta, la stessa che utilizza per i romanzi dedicati
al Commissario Montalbano, dove si ride per quello che viene detto e non per
quello che viene fatto.
Andrea Bisicchia
[…] Rai1, Il
commissario Montalbano: 2.637.000 spettatori (share 14,91%)
[…]
Piccolo Teatro, 30.1-4.2.2024
La concessione del telefono Teatro Strehler
Come nella più perfetta commedia all’italiana, un esilarante gioco degli equivoci che racconta le tragicomiche avventure per l’attivazione di una linea telefonica nella Sicilia di fine Ottocento: ritorna sul palcoscenico uno dei più celebri e amati romanzi di Andrea Camilleri.
La semplice richiesta di attivazione di una linea telefonica, avanzata da Pippo Genuardi allo scopo di organizzare gli incontri clandestini con l’amata Lillina, dà avvio a un’infinita catena di malintesi e imbrogli. In un nuovo allestimento firmato da Giuseppe Dipasquale, torna in scena l’originale testo teatrale scritto da Andrea Camilleri e dallo stesso Dipasquale, tratto dall’omonimo romanzo, fra i più divertenti dell’autore siciliano, ambientato a fine Ottocento nell’immaginaria Vigàta in cui più tardi si muoverà anche il Commissario Montalbano. Protagonista dello spettacolo è Alessio Vassallo, già interprete di Pippo Genuardi nella versione televisiva de
La concessione del telefono.
«Pirandello amava dire che il lavoro dell’autore terminava quando egli riusciva a mettere la parola “fine” alla scrittura teatrale – affermò Camilleri al termine della stesura dell’adattamento scenico –. Bene, questo copione ha la parola fine, messa nell’ultima pagina. Tuttavia mi sento di chiosare il buon Luigi: è proprio nella messa in scena che inizia un nuovo viaggio del testo, sempre diverso e sempre nuovo, sempre imprevedibile, sempre disperatamente esaltante. Per questo il confine del teatro è come l’orizzonte dei viaggiatori nei mari d’Oceano: sempre presente, mai raggiungibile.»
Durata: 130’ incluso un intervallo
La Locandina
dall’omonimo romanzo di Andrea Camilleri edito da Sellerio
testo teatrale di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale
regia Giuseppe Dipasquale
con Alessio Vassallo
e con (in ordine alfabetico) Cesare Biondolillo, Franz Cantalupo, Cocò Gulotta,
Paolo La Bruna, Alessandro Pennacchio, Ginevra Pisani, Alfonso Postiglione,
Carlotta Proietti, Alessandro Romano, Valerio Santi
la voce registrata di Sasà La Ferlita è di Sebastiano Tringali
scene Antonio Fiorentino
costumi Dora Argento
musiche Germano Mazzocchetti
direttore di scena Sergio Beghi
coordinatore dei servizi tecnici Giuseppe Baiamonte
produzione Teatro Biondo Palermo
La Repubblica (ed. di
Milano), 30.1.2024
Il regista porta in scena La concessione del telefono nell’adattamento firmato a
quattro mani con lo scrittore
Dipasquale “Camilleri è stato un maestro di vita e di teatro”
Siamo sempre a Vigata, non quella
di Montalbano, ma quella di fine Ottocento, dove Andrea Camilleri ambienta quasi
tutti i suoi romanzi storici. Pippo Genuardi, commerciante di legnami, vuole
installare una linea telefonica per poter gestire meglio gli appuntamenti con
l’amante che, per inciso, è la moglie del suocero. La richiesta si incaglia nel
labirinto della burocrazia avviando una catena di equivoci con conseguenze
impreviste e ben più gravi del futile motivo all’origine del tutto. La
concessionedel telefono di Andrea Camilleri migra in palcoscenico
nell’adattamento curato a suo tempo dallo stesso Camilleri insieme a Giuseppe
Dipasquale, che firma anche la regia in continuità con i decenni di amicizia e
collaborazioni teatrali condivise con lo scrittore siciliano (da stasera, allo
Strehler). Dipasquale, cominciamo da La
concessione del telefono e dal suo protagonista, Pippo Genuardi. «Ha i difetti dell’uomo
anticamente italiano, un po’ cialtrone, un po’ puttaniere, se mi si passa il
termine. Tutto sommato un ingenuo che, perseguendo un obiettivo risibile e
persino ridicolo, finisce stritolato per un lato dalla mafia e per l’altro dallo
stato, qui incarnato da “quell’imbecille di prefetto” che, per un banale errore
di scrittura di un documento, si accanisce contro di lui, lo vuole “consumare”,
come diciamo noi, ovvero lo vuole fare secco». La vicenda è tragica, Camilleri
ne fa una commedia perfetta. «In linea con il suo talento nel
cogliere il paradosso del gioco della vita. Andrea ha elaborato il lutto
persistente nella letteratura della sua terra, penso a Vittorini, Sciascia, ma
non l’ha rimosso. Con la sua scrittura ha fatto una capriola in avanti
restituendo questo lutto attraverso un’altra prospettiva. A mio avviso,
efficacissima, perché spesso con il riso si penetra più a fondo nelle
coscienze». In scena c’è Alessio Vassallo,
che è già stato Pippo Genuardi nel film per la tv del 2020, oltre a Mimì Augello
nella serie Il giovane Montalbano. «Ci ha rimesso insieme la
scommessa di portare questa storia e questo personaggio a fare un altro salto,
dentro un altro linguaggio, quello teatrale». Nella sua prima vita Camilleri è
stato regista. Di sé diceva che la letteratura l’aveva rubato al teatro. Per
Sellerio è da poco uscito un libro, Il teatro certamente. Dialogo con Giuseppe
Dipasquale, che raccoglie le vostre conversazioni in proposito. «In tutti i suoi romanzi, da
quelli storici al ciclo di Montalbano, c’è una matrice teatrale
riconoscibilissima, ed è il modo in cui fa parlare i personaggi. Ha sempre
voluto fare lo scrittore, ma è stato il teatro ad accompagnarlo dentro la
letteratura». Vi siete conosciuti all’accademia
Silvio D’Amico, dove Camilleri insegnava e lei era allievo. «Nel 1985, avevo ventidue anni,
incontrarlo è stata la svolta decisiva. Era generoso con tutti, ma con me, forse
perché entrambi siciliani, lo fu di più: praticamente mi adottò. E in seguito mi
permise di portare in scena gli adattamenti dei suoi romanzi, che scrivevamo
insieme. Lavorare con lui è stato una forma di apprendistato permanente». Secondo lei, perché preferiva
adattare i suoi romanzi anziché testi originali? «Una forma di pudore. Diceva che,
dopo aver maneggiato da regista tante bellissime parole scritte da altri, non se
la sentiva di usare parole sue, scritte direttamente per la scena. Passare dai
romanzi era un modo per schermirsi». Con Montalbano il successo è
planetario, ma arriva tardi. Come viveva l’essere diventato una star a settant’anni? «Con una naturalezza e un
disincanto che vorrei trasformare in lezione di vita. Le racconto questa cosa.
Quando è diventato famoso, l’unico accorgimento è stata una segreteria
telefonica sul numero fisso di casa, che scattava sempre in modo da poter
selezionare gli interlocutori. Gli bastava quella per filtrare il suo rapporto
con il successo».
Sara Chiappori
Eccoci pronti fisicamente, e in
tal senso preparati mentalmente, ad assistere a uno spettacolo divertente tratto
da uno dei romanzi più noti di Andrea Camilleri e, prima che si apra il sipario,
siamo investiti dal suono stridente di una banda siciliana, che però non sembra
così allegra come ci si aspetterebbe (si scoprirà alla fine che quella banda ha
la cadenza di un funerale). E si intuisce così che il divertimento annunciato
non è esente da tristezza il cui indizio viene appena tratteggiato all’inizio
per poi manifestarsi pienamente alla fine. E in effetti all’alzata del sipario i
personaggi vestiti da costumi dai coloratissimi colori (firmati da Dora Argento)
e che arrivano sul palco sono gravati da massi onerosi avvolti in panni bianchi
simboli del peso delle convezioni alle quali sono soggetti. Si scoprirà poi che
quegli oggetti assumeranno la funzione di sedie e di altri elementi di
arredamento. Una storia tragicomica quindi, dove la parte esilarante, ricca di
una serie di equivoci, si conduce per tutta la rappresentazione e racconta una
vicenda intricata, per alcuni versi anche surreale, piena di colpi di scena e
ambientata in Sicilia alla fine dell’800. Protagonista è Filippo Genuardi,
detto Pippo, un commerciante che chiede al Prefetto l’installazione di una linea
telefonica tra il suo magazzino e l’abitazione del suocero, suo socio, con la
scusa che in questo modo potranno essere facilitate le comunicazioni tra i due.
In realtà il Genuardi desidera l’installazione del telefono per poter comunicare
con la giovane moglie del suocero della quale è amante e concordare con lei gli
appuntamenti per incontrarla. Non raggiungendo lo scopo per motivi burocratici
si rivolgerà a Don Lollò, uno dei capimafia più influenti del luogo e questi
decide di aiutarlo purché lui gli rintracci un personaggio di cui è creditore di
una grossa somma e che si è nascosto. Pippo accetta ma a causa di una serie di
equivoci non riesce a portare a termine l’impresa alienandosi la fiducia del
mafioso che gli imporrà un altro servizio più gravoso. La commedia è divisa nei classici
due atti, dove il primo è di preparazione, viene avviata la vicenda con la
presentazione dei vari personaggi che, interagendo, fanno conoscere i loro
caratteri e si inizia a entrare nel cuore del soggetto. Diversi siparietti
comici con dialoghi semplici, immediati, ricchi di caratterizzazioni in certi
casi portate anche volutamente all’estremo per conferire maggiore colore alle
azioni. La lingua è un siciliano molto comprensibile, ma non manca il napoletano
parlato dal prefetto Marascianno, un patito dei numeri a lotto, reso dal bravo
Alfonso Postiglione. Alcune azioni si svolgono anche dietro un telone
trasparente del fondale come quella dell’amplesso tra il protagonista e la
moglie Taninè, interpretata dalla convincente Carlotta Proietti. Il secondo atto
è più dinamico anche perché vi si realizza l’evoluzione della vicenda che con
ritmo incalzante conduce alla conclusione che è a sorpresa per chi non conosce
già il soggetto. Molta attenzione è posta alla delineazione del carattere dei
personaggi: Pippo, il protagonista, reso magistralmente da Giuseppe Dipasquale [Alessio
Vassallo, NdCFC], è sfrontato, passionale ma fondamentalmente ingenuo,
vittima delle disastrose conseguenze che gli cadono addosso a causa delle sue
azioni maldestre. Il capomafia Don Lollò, minaccioso e gradasso, non nasconde un
animo sensibile quando coltiva una piantina che porta sempre con sé che lui
coccola e chiama Concettina come la moglie defunta, e nel secondo tempo la
piantina appare già visibilmente più cresciuta. A interpretarlo è il valente
Franz Cantalupo che si fa valere specialmente in quella che è una delle scene
più comiche del secondo atto quando dialoga con Filippo Mancuso, l’irresistibile
Valerio Santi, interprete, tra l’altro, di altri sei personaggi. Tutto questo
avviene in una Sicilia dove tre quarti dei suoi abitanti sono presi “a mezzo fra
lo Stato e la mafia”, circolano continuamente “pizzini” e, come scrive il
regista, “la storia è un sistema di azioni che sommano le quotidiane differenze
degli individui, ma il cui conto è sempre in negativo. Nelle maglie di queste
continue sottrazioni i tanti Pippo Genuardi, redenti dalla loro ingenuità,
rimangono condannati e stritolati dalle mani dei prepotenti di turno”. Lo spettacolo nel giorno della
prima milanese è stato accolto dal pubblico con entusiasmo. Repliche fino al 4
febbraio. Visto il giorno 30 gennaio 2024
Carlo Tomeo
In arrivo una bella opportunità
per i ragazzi che amano la letteratura e non solo. Infatti, l’Istituto
d’Istruzione Superiore Statale “Enrico Fermi” – Arona (NO) bandisce la II
edizione del Premio letterario nazionale “Modello
Camilleri”per stimolare la capacità di scrittura nei giovani,
valorizzare il patrimonio linguistico dialettale e sviluppare il talento
creativo. La partecipazione è aperta a
tutti gli studenti e studentesse delle Scuole Secondarie di secondo grado del
territorio nazionale. Le opere, di genere narrativo, inedite e redatte in lingua
italiana con contaminazioni dialettali, dovranno essere inviate entro
il 13 aprile 2024 in formato word e pdf all’indirizzo mail: modellocamilleri@fermiarona.edu.it LEGGI IL
BANDO Bando-concorso-Camilleri-1Download LA
LOCANDINA DEL PREMIO Locandina-PREMIO-LETTERARIO-MODELLO-CAMILLERIDownload Altre informazioni su: http://www.iisenricofermiarona.it/
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