Dopo aver passato la
vita a inquisire e giudicare ladri, truffatori, rapinatori, narcotrafficanti,
terroristi, mafiosi, corrotti, corruttori, concussori, stupratori e assassini,
l'ex magistrato Giuseppe Battarino, classe 1959, è passato a inquisire e
giudicare coloro che scrivono di ladri, truffatori, rapinatori, narcotrafficanti,
terroristi, mafiosi, corrotti, corruttori, concussori, stupratori e assassini:
vale a dire giornalisti, sceneggiatori e scrittori di gialli. Già
professore di Diritto processuale penale all'Università dell'Insubria, conosce a
menadito i codici e coglie in castagna gli scrittori che incappano in errori
marchiani. Cioè molti scrittori di gialli perché, appunto, secondo Battarino se
ne salvano pochi. […] «Molta
della letteratura noir», mi dice nel suo studio di Como, città dove ha sempre
vissuto ma mai fatto il magistrato, «è molto debole nella conoscenza del sistema
penale. E così, girando su inviti di Comuni, associazioni culturali e scuole con
il Progetto legalità quotidiana, cerco di spiegare una base minima di conoscenza
dei codici, com'è il sistema penale e come invece ce lo raccontano. Ad alcuni
aspiranti giallisti mi sono invece rivolto in un recente corso di scrittura
tenuto da Bruno Morchio». Non solo
gli aspiranti scrittori, però, avrebbero bisogno di ascoltare Battarino. «Anche
i famosi sbagliano. Ora, lasciamo perdere i Poirot che radunano in una stanza
tutti i sospetti e smascherano il colpevole: quelli sono investigatori costruiti
dall'immaginazione di scrittori che possono godere di ampia licenza letteraria.
Io parlo di altri errori. Leggere, ad esempio, di un mandato di cattura, che non
esiste più dal 1989. O dell'arresto preventivo, inesistente pure quello. O
ancora, quando viene detto a un teste di non allontanarsi dalla città: non
esiste proprio». […] Quindi,
si arriva al Mostro Sacro. Al Maestro. Andrea Camilleri. Ma... vuol dire che
perfino Montalbano... «Montalbano»,
dice l'ex pretore, l'ex pm, l'ex giudice ex gip ex gup eccetera, «stando alla
legge sarebbe già dovuto sparire a pagina 18 de La voce del violino, uno
dei primi romanzi. Altera la scena del delitto, mente a un pubblico ministero...
Insomma, avrebbe dovuto essere radiato dalla Polizia di Stato. Ma debbo dire che
nei confronti di Camilleri abbiamo tutti un debito di riconoscenza perché anni
dopo, ne La rizzagliata, nella nota finale scrive: Ho una crassa
ignoranza per quanto riguarda compiti e funzioni degli uffici giudiziari. È
così. Ma essendo un grande scrittore, Camilleri poteva permettersi anche di
inventare. Come ha fatto ne Il giudice Surra, un capolavoro in cui si
ricostruisce magistralmente il mondo giudiziario dell'Italia postunitaria in
Sicilia. Ben pochi hanno quel talento».
[…] Michele Brambilla
Al via da sabato 6 luglio l’edizione numero sedici di Ortigia Film Festival. Tra
i primi ospiti in arrivo Nino Frassica che si racconta tra cinema e televisione
in un incontro con Steve Della Casa previsto domenica 7 luglio alle 21:40 in
Arena Logoteta. A seguire, alle 22:30, in omaggio a Camilleri Alessio Vassallo
dialogherà, sempre con Steve Della Casa, sui luoghi e sul cinema di Camilleri
nell’incontro dal titolo 100 anni della Sicilia e di Camilleri.
[…]
L’architettura della parola tra città e terra è il tema della 27ª
edizione del “Festival in una notte
d’estate”, storica rassegna che Lunaria Teatro organizza
nell’incantevole cornice della piazza e del chiostro della Chiesa di San Matteo
nel cuore del centro storico di Genova coinvolgendo, come sempre, anche altre
suggestive location della città e della riviera: il Loggiato di Palazzo Giulio
Pallavicino, le Gallerie Nazionali di Palazzo Spinola, il Parco delle Mura del
Righi, Santa Margherita Ligure e Levanto. […]
Martedì 20 e mercoledì 21 agosto si lascia Genova per “Lunaria
in Giro”, mini-tournée nella riviera di Levante con il reading “Un
racconto di mare: Tridicino” di Andrea Camilleri che vede Pietro
Montandon al leggìo e l’accompagnamento musicale del polistrumentista Roberto
Catalano, proposto a Villa Durazzo di Santa Margherita Ligure per la rassegna
Tigullio a Teatro e, l’indomani, all’auditorium dell’Ospitalia del Mare di
Levanto nell’ambito del Levanto Music Festival Amfiteatrof, entrambe le sere a
ingresso libero.
[…]
Andrea
Camilleri fornisce poche ma significative notizie sulle prime fasi della vita di
Salvo Montalbano. La madre
del futuro commissario era morta quando lui era piccolo: “di lei non s’arricordava
nenti, tranne ‘na speci di luci biunna ‘n movimento, come le spiche di frumento
quanno supra ci batte il soli, e delle spiche di frumento cataminate dal vento
faciva lo stisso fruscio liggero liggero” (Riccardino, p. 72). La
stessa immagine si trovava già ne La voce del violino; qui il piccolo
Salvo conserva di sua madre, nella memoria, “una specie di luminescenza
dorata”; e quando chiede a suo padre se la mamma fosse stata bionda, “nel
tentativo di spiegarsi perché il ricordo della madre consistesse solo in una
sfumatura luminosa”, il padre replica asciuttamente: “Frumento sutta u
suli” (p. 23). Ne La
rete di proiezione, proiettando un vecchio filmino 8 mm. che gli è stato
prestato per risolvere un antico enigma, Montalbano ha un flashback fulminante
che gli ricorda sua madre: “Da ‘u sapi Dio quali profunnità del so ciriveddro
gli era tornata ‘n menti ‘na scena di quanno era picciliddro, con so patre che
proiettava un filmino superotto indove compariva di spalli, e sulo per un
momento, la figura di so matre. L’unica immagini che lui possidiva di lei e che
ogni vota gli si apprisintava accussì, stampata nella so testa: di spalli, coi
lunghi capelli biunni che si cataminavano a leggio come il frumento sutta il
vento” (p. 27). Il
piccolo Salvo non si dava pace, sentiva tutta l’ingiustizia di questa perdita
incolmabile: “Pirchì era toccato proprio a lui di pirdiri la madre? Non si
nni capacitava. La zia gli aviva ditto che ‘u Signuruzzu aveva addiciduto
accussì, senza motivo, pirchì chista era la so volontà. E lui aviva stabilito di
non prigarlo cchiù a chisto Signoruzzu. Che lo prigava a fari se doppo quello
faciva come gli passava per la testa?” (Riccardino, p. 73). Nel
romanzo Il ladro di merendine, in un passo struggente, il commissario si
confida col piccolo François e gli fa capire quanto gli sia mancata sua madre: “Gli
confidò cose che mai aveva detto a nessuno, manco a Livia. Il pianto sconsolato
di certe notti, con la testa sotto il cuscino perché suo padre non lo sentisse;
la disperazione mattutina quando sapeva che non c’era sua madre in cucina a
preparargli la colazione o, qualche anno dopo, la merendina per la scuola. Ed è
una mancanza che non viene mai più colmata, te la porti appresso fino in punto
di morte…” (p. 155). In Riccardino,
il ricordo della mamma perduta riemerge struggente allorché Montalbano ricorda
l’usanza siciliana di far trovare ai bambini, la mattina del 2 novembre, i
regali portati nottetempo dai defunti; in quella circostanza, riemerge in lui un
antico ricordo. Molti
anni prima, il piccolo Salvo aveva da poco perso la mamma ed era stato affidato
dal padre a una coppia di zii senza figli, che vivevano in un altro paese. Il
primo di novembre il padre di Salvo viene a trovarlo e lo sveglia, con grande
gioia del bambino (“La filicità d’essiri arrisbigliato da ‘u papà!”);
quindi gli comunica che l’indomani andranno al cimitero a far visita alla mamma
e gli spiega che, nella notte fra l’uno e il due, i morti scendono dal cielo e
portano regali ai bambini buoni, riempiendo un canestro di giocattoli e di dolci
(“cosi duci”). Chiede allora al piccolo quale regalo spera di ricevere
dalla mamma (“a portare i regali non potiva essiri che lei”). E Salvo
risponde senza esitazioni: “Un triciclo”. Il
bambino aspetta dunque la notte, sperando di poter rivedere la sua mamma che gli
deve portare nottetempo il regalo; teme però che la mamma, vedendolo sveglio, se
ne torni in cielo, sicché prova a fare finta di dormire; ma è troppo piccolo e
non resiste: “arrisistì tanticchia con l’occhi a pampineddra e di colpo,
senza addunarisinni, calumò nel sonno” (Riccardino, p. 73).
L’indomani mattina, al suo risveglio, Salvo trova un grande canestro che
contiene “un triciclo russo fiammanti, tutto circunnato da cosi duci”. E
al cimitero va con il triciclo, pedalando per i vialetti e incontrando tanti
altri bambini che giocano come lui con i regali “dei morti”. Ma mentre gli altri
bambini si chiamano fra loro, ridono felici e trasformano un giorno triste in un
giorno di festa, Salvo pedala e ripete fra sé e sé un muto ringraziamento alla
sua mamma, mentre “gli viniva di chiangiri e di ridiri”.
Colpisce, in questo bellissimo episodio, la delicatezza nella descrizione della
psicologia del bambino, che ha subìto una terribile disgrazia e si rivela
sensibile e bisognoso d’affetto; al tempo stesso, emerge da qui la remota
spiegazione di tante caratteristiche del futuro commissario: la solitudine
connaturata nella sua esistenza, l’abitudine alla riflessione, l’estrema
sensibilità, la determinazione ma anche la fragilità.
P.S.: per ulteriori notizie sull’argomento, rimando al mio volume “Camilleriade”,
scritto con Vito Lo Scrudato e Bernardo Puleio, ed. Diogene Multimedia, Bologna
2023, pp. 127-135.
Mario Pintacuda
Bologna – Salvata dalle storie del Commissario Montalbano di Andrea Camilleri e
dalla tenacia di una ampia rete di sostegno fatta da associazioni, volontari e
dal CIOFS – FP di Bologna. Questa è la storia incredibile di Fatima Alrachid,
profuga siriana che in questi giorni si è brillantemente diplomata all’Istituto
Crescente Pacinotti del capoluogo emiliano. E’ una storia dal sapore tutto
siciliano quella di Fatima. A otto anni scampa ad una vera e propria strage nel
suo paese d’origine: la martoriata Siria. Fugge verso il Libano, altra Nazione
dilaniata dalla guerra tra potenze straniere. Arriva in Sicilia assieme alla
madre e due fratelli, utilizzando uno dei tanti corridoi umanitari aperti verso
il Medioriente. Quando arriva sull’isola siciliana è atterrita dal terrore dei
conflitti bellici e dalla paura di perdere quel poco che era riuscita a portare
dal suo paese. Torna, a fatica tra i banchi di scuola, quando
ha già 13 anni. A sedici anni riesce a conseguire la licenza di terza media. Poi
incontra i racconti di Camilleri. Le si apre un mondo. Riesce a intravedere una
speranza e una sicurezza che mai aveva avuto. Sceglie di andare avanti e di non
mollare. Con grande forza e determinazione si getta nelle braccia del mondo
della Formazione Professionale a Bologna. E’ il suo universo. Passo dopo passo:
arriva all’istituto di istruzione superiore Crescenzi Pacinotti e conquista
l’ammirazione di insegnanti e compagni di classe. Ora è arrivato il diploma e un
futuro meno denso di timori. Davanti ai commissari ha voluto raccontare la
sua storia intitolandola “Difficile ma non impossibile”, spiega quanto siano
state importanti le parole dello scrittore siciliano per proseguire gli studi e
la sua integrazione nel nostro Paese. Così come per altro il sistema educativo
che il CIOFS – Fp porta avanti sulle orme di San Giovanni Bosco. “L’esempio di Fatima, commenta Suor Manuela
Robazza presidente nazionale del CIOFS, non solo ci riempie di gioia per il
risultato conseguito dalla ragazza. Ma è l’ennesima dimostrazione che il sistema
educativo e professionale, concepito da Giovanni Bosco, è perfettamente linea
con i temi che stiamo vivendo. E’ attualissimo perchè mette sempre al centro la
persona, facendone emergere le caratteristiche peculiari”.
El Tour
llegó a su primera jornada de descanso. Poco y mucho ha pasado desde el comienzo
en Florencia. Después de nueve etapas, por las que el esforzado pelotón ha
transitado por todo tipo de terrenos, resoluciones y disciplinas —media montaña,
llano, esprín, montaña, fugas, contrarreloj, exhibiciones de favoritos y caminos
de tierra—, pocas conclusiones podemos extraer. Sí, Tadej Pogačar ha intentado
poner distancia de por medio con sus rivales, como mejor lo sabe hacer, mediante
una gran cantidad de ataques, estrategia habitual en su proceder ciclista; sí,
Jonas Vingegaard ha confirmado que está para luchar por el Tour, pese a que se
presupone que no podrá llegar a los increíbles registros del año pasado; sí,
Remco Evenepoel ha sorprendido con su buen desempeño en el Galibier, y, tras su
triunfo en la crono
que acababa en Gevrey-Chambertin,
llega al primer bloque de montaña con renovados ánimos y justificadas ambiciones;
sí, Primoz Roglič ha cumplido con su primer objetivo, que, como él mismo confesó
sin rubor y con cierto humorismo, era mantenerse de una pieza; sí, Carlos
Rodríguez, la baza española sin histrionismos y exageraciones, avisó de cara a
la última semana de carrera, al mostrarse seguro y competitivo. En fin, aunque
todos han bailado al compás del artista esloveno, realmente
la competición permanece muy abierta:
Pogačar, el Perceval de Komenda,
aventaja en algo más de medio minuto a Evenepoel; en 1’15 a su némesis
escabechada; y en 1’36 a su compatriota Roglič, que, si bien ha sido el más
débil de las cuatro figuras, descolgándose
en la subida a San Luca y
haciendo la goma camino a Valloire, permanece agazapado, quizás con la esperanza
de que en algún momento llegue su oportunidad, por difícil que resulte
contemplar dicha contingencia.
Estas fueron las primeras reflexiones que me surgieron mientras caminaba con
cierta celeridad por las calles de Troyes. Había quedado con el detective Salvo
Montalbano,
a quien la policía había encargado, muy a su pesar, que siguiera a la caravana
de la Grande
Boucle para
investigar el misterio de las caídas que habían marcado el devenir de la
temporada ciclista.
Digo que Montalbano no estaba muy entusiasmado por el encargo, como tuve ocasión
de descubrir en el final de la primera etapa en Rimini —en
la que Romain Bardet cumplió su quimera de vestir de amarillo gracias a los
denuedos de su increíble compañero Van den Broeck—,
porque el comisario tenía que lidiar con un ambiente corporativo, incluso
teatral, en el que se aplaudía a los periodistas que decían cualquier tipo de
sandez y en el que los directores deportivos, quizás llenos de una codicia
desmesurada, se erigían en los héroes que propiciarían que la investigación de
Montalbano llegara a buen puerto. El mundo del ciclismo, del deporte en general,
casaba poco con el carácter introvertido del detective. No parecía que esta
experiencia fuera a paliar las angustias que la vejez le había traído. Al
contrario. El
lugar de nuestra cita me permitió conocer mejor a quien se había convertido en
una de las atracciones de la carrera: a Montalbano le gusta el pescado y por
ello había seleccionado Le
Valentino,
restaurante cuya carta no era apta para todos los bolsillos, característica que
el detective había valorado positivamente para no tener que volver a enfrentarse
a los curiosos impertinentes, que haberlos los había, que le reconocían y se
abalanzaban sobre él para comentarle que poco o nada se parecía a Luca
Zingaretti,
el actor que lo interpretaba en la aclamada serie de televisión. El éxito
audiovisual, para su desgracia, había interferido en su cotidianeidad: por
ejemplo, durante unas vacaciones el detective no pudo disfrutar con Livia, su
pareja, de la arquitectura siciliana, abrumado por el temor a las interrupciones
indeseadas.
Entendía a Montalbano: en calidad de reportero sobrevenido de Culturamas,
sentía que me debía a la misión que se me había encomendado, al igual que él con
sus indagaciones detectivescas, y se me hacían enojosas las apariciones de
aquellos que me preguntaban por los premios que había ganado, por
la amistad que mantuve con Javier Marías o
por el paradero de mis
criaturas ficcionales a
las que había sustituido en la escritura de El
Tour como ficción.
Este pensamiento hizo que sintiera una afinidad espiritual con Salvo, como si
ambos estuviéramos atrapados en un sueño angustiante, como si no pudiéramos
escapar de un nido de víboras.
Justo antes de entrar en Le
Valentino advertí
una estampa que me detuvo. Al echar un vistazo por la cristalera, descubrí que
Montalbano ojeaba un libro. Cuál fue mi sorpresa cuando atisbé que se trataba
de Cómo
leer en bicicleta (1975),
una colección de ensayos del escritor
mexicano Gabriel Zaid,
con la que este reivindicó la capacidad de crear una literatura en movimiento,
es decir, una literatura capaz de ensayar con el invento e inventar con el
ensayo; una literatura con la que ejercer, frente al fraude académico, editorial
y político, una crítica capaz de conectar elementos insólitos, pero siempre a
partir del necesario complemento de la relectura, actividad estricta que exige
del lector un sólido conocimiento del mundo y de la cultura circundante, sin
pedantescos brindis al sol.
Estas meditaciones, que me afloraban en la tierra del poeta
Chrétien,
provenían de Montalbano. De su afición a la lectura. Me maravillaba el hecho de
que, aunque no lo declarase, poco amigo de hablar en público, el comisario
hubiera tenido la intuición de que mediante los detalles imperceptibles algo
podría desentrañar de la incógnita de las caídas; me maravillaba la constatación
de que hubiera intentado abordar la investigación, y, por tanto, su exégesis del
mundo del ciclismo, de una forma heterodoxa, a través de la metáfora de la
bicicleta, que, para Zaid, simbolizaba el paso a lo dinámico. El mexicano, al
establecer esta comparación tácita, señala que la literatura es en acto, no en
potencia. En cierta manera, lo mismo pasa con el ciclismo: este se define cuando
es, cuando ocurre, y, por ello, cuando entré en Le
Valentino y
le confesé a Montalbano mi indiscreción al observarle durante un periodo de
tiempo que no sabría cuantificar, supe que le contaría todo esto, todo lo que
terminaría por figurar en el artículo, e, incluso, llegué a barruntar que,
minutos más tarde, le estaría explicando que mucho de lo que ha pasado en estas
nueve etapas del Tour de Francia encajaba a la perfección con la metáfora del
ensayista mexicano que él ya conocía.
Estaba convencido de que Salvo había llegado a las mismas conclusiones y de que
me comprendería; él ya entendía de qué iba el caso en realidad: al igual que se
cree o no se cree en la importancia de leer y de escribir, según nos enseña
Gabriel Zaid, el ciclista se enfrenta a la disyuntiva de creer o no en la
importancia de atacar, de perseverar en su objetivo, para exhibir así su
autenticidad. ¿Por qué si no atacó Pogačar en San
Luca y el
Galibier,
por qué si no aceleró entre los
viñedos bordeando Troyes?
¿Por qué si no insistieron los tres aventureros franceses, Bardet, Vauquelin y
Turgis, que, felizmente, culminaron con éxito sus fugas? ¿Por qué si no jugó sus
cartas con sagacidad Richard Carapaz, líder efímero, consciente de sus
limitaciones? Quien vive en la literatura, o quien vive en el ciclismo, acaba
preguntándose por la creencia, a pesar de que, en términos tangibles, ambos
fenómenos sean triviales.
Todo esto no quita que, al igual que se lee en bicicleta, la bicicleta también
pueda ser leída a partir de la desconfianza. Porque la crítica es certera cuando
se manifiesta, no cuando se opaca. Así ocurrió, al narrar al detective la
extraña victoria de Mark Cavendish en la quinta etapa, triunfo que supuso que
este malandro batiera el récord de 34 etapas de Eddy Merckx, el Alfa y Omega del
ciclismo. Sobre los excesos del esprínter británico ya
se ha hablado en otras ocasiones y en
otros lugares,
de ahí que, en Le
Valentino,
hiciera énfasis en sus vómitos por evitar el fuera de control. El ciclismo
también puede entroncarse con la suspicacia y la angustia, con la falta de
respeto y la incoherencia. Y, quizás, esto sea lo que vaya a definir la segunda
semana del Tour de Francia.
Quienes nos darán la respuesta serán los domésticos de Pogačar, panda insigne
del Grupo Mixto, alborotadores del UAE, bulldozers a reacción, que, en este
comienzo, han rendido por debajo de lo esperado. Prueba de ello fue la etapa
seis, en la que un abanico provocado por el equipo de Vingegaard, el Visma,
propició que el
vigente campeón del Giro de Italia se
quedase solo. Pese a que, finalmente, el pelotón volvió a juntarse, la imagen
del conjunto emiratí fue dantesca y reforzó la idea de que Pogačar no cuenta con
una escuadra hecha a su medida, por mucho que Carlos de Andrés, el siempre
entusiasta narrador de Televisión Española, llegue a mantener que estamos ante
la alineación más potente de toda la historia del Tour de Francia. Pogačar
todavía está a tiempo de releer los acontecimientos: la
ostentosa queja de João Almeida ante las artes escaqueatorias de Juan Ayuso,
cerca de la cima del Galibier, ha
de recordarle que es él quien posee el derecho —y el deber— a la crítica. Si no
hace uso de sus prerrogativas, es probable que Perceval pueda sufrir algún
disgusto en la
etapa de media montaña camino de Le Lioran o en las cimas pirenaicas de Pla d’Adet
y Plateau de Beille. La
realidad es que el esloveno puede verse atrapado en un sueño angustiante, al
estar rodeado de un grupo de gregarios de carnaval que miran por sus propios
intereses. Si Pogačar no pone orden en su propia casa, lo que le ayudaría a
optimizar sus razias, puede acabar pagándolo. Lo
veremos en los próximos días.
Mientras tanto, la guerra psicológica ha comenzado: el tarambana de Evenepoel
ha acusado a Vingegaard de «no tener pelotas» al
boicotear un corte que podría haber asegurado el podio; Pogačar
denunció que el Arenque de Hillerslev está
obsesionado con su rueda y que subestima a los demás rivales. Vingegaard,
contundente, respondió con
dureza. Y Roglič, tan profesional él, al que muchos dan por amortizado, dice
que es demasiado viejo, y tal vez lo sea, como para ponerse nervioso.
Este fue el contenido de mi conversación con Montalbano. A pesar de que el
comisario no abrió la boca en toda la velada, ocupado en degustar unos
medallones de lota —al
parecer, una de las especialidades del restaurán—, y, aunque me hizo unos gestos,
en ocasiones un tanto excesivos, como si exigiera algo de silencio, creo que se
estableció entre nosotros esa conexión espiritual a la que me referí párrafos
antes. Sí, a pesar de que no me dijo nada acerca de su investigación, ni tampoco
se refirió a ningún suceso en particular del Tour, ni a los peligros que asolan
el ciclismo, estoy seguro de que mi compañía le resultó grata, ya que, con
seguridad, le permitió huir de aquellas personas que tan solo se escuchan a sí
mismas, de ese nido de víboras que enturbia las ilusiones del más pintado.
Cuando me levanté de la mesa de Le
Valentino,
Montalbano ya no estaba. Poco después, de camino al hotel, Troyes se me
desdibujó al escuchar el canto de un ruiseñor. Cualquiera diría que estoy en
Orléans, camino de una nueva etapa al esprín o, tal vez, en el lago Bâlea, en la
tercera etapa del Tour de Sibiu,
en Rumanía, en la que mi buen amigo Chris Froome perdió 25 minutos para situarse
en el octagésimo cuarto puesto de la clasificación general. Estoy convencido de
que allí también me encontraré con Montalbano.
Artemio Gonçalves Flórez
Desde
los relatos de Agatha Christie o de Arthur Conan Doyle, pasando por los de Juan
Gómez Jurado con su Antonia Scott, la literatura está repleta de detectives
famosos. Y a nosotros como lectores nos encanta leer este tipo de historias,
porque nos ayudan a sentirnos… un poco más listos si conseguimos descubrir a los
autores de cada crimen. En Italia hay un investigador que sobresale por encima
de todos, y ese es el comisario
Montalbano. Creado
por el escritor Andrea Camilleri a mediados de los años 90, se
llegaron a publicar más de una treintena de novelas antes de la muerte del autor
en 2019. Pero lo que le dio el salto definitivo a la fama fue su adaptación
televisiva con la serie ‘El Comisario Montalbano’. La
serie hizo su debut en el canal italiano RAI en 1999. Desde entonces, se ha
convertido en una de las series de mayor éxito del país transalpino. De hecho,
hasta tuvo su propia precuela (‘El joven Montalbano’) con 12 episodios entre
2012 y 2015. Y ahora, gracias
a La 2, vamos a poder disfrutar de ‘El Comisario Montalbano’ y
sus 37 episodios cada
martes a las 22.00 horas, con la emisión de dos capítulos
semanales. Quince temporadas que además podrán verse a la carta en la plataforma
de streaming RTVE PLAY.
Para ser conscientes de su impacto, la ficción italiana se convirtió en la más
seguida de la historia del país y fue todo un fenómeno social que se exportó a
60 países. Con Luca Zingaretti de protagonista, la serie es perfecta
para estos meses de verano, con esa Sicilia soleada que nos invita a relajarnos
y disfrutar de las aventuras del comisario. Junto a él, tenemos los personajes
del vicecomisario Domenico Augello, los inspectores Fazio y Gallo, el
telefonista Catarella y el agente Galluzzo
¿De qué va ‘El comisario Montalbano’? Salvo
Montalbano es el comisario de policía de Vigata, Italia. Con un carácter gruñón,
pero responsable y serio en el trabajo, Montalbano se ve obligado a investigar
los hechos criminales más variados de su entorno. Gracias a su gran ingenio, a
su conocimiento de la forma de ser de sus paisanos y a la ayuda de numerosos
colaboradores, siempre se las arregla para reconstruir los hechos exactos y
resolver los casos de más difícil solución.
La serie ya pudo verse hace algunos años en La 2 y el público respondió muy bien,
con unas audiencias muy superiores a la media del canal. Tras la emisión de sus
primeros 14 episodios, ‘El comisario Montalbano’ promedió
un 5,2% de share con 468.000 espectadores de media. Unos datos
increíbles y que el canal de TVE piensa repetir este verano de 2024.
Juan Arcones
Na regale, 10.7.2024
Andrea Camilleri, Morze błota (2024)
Jestem wierną fanką poczynań komisarza Montalbana! Dzisiaj premierę ma kolejny
tom serii, czyli Morze błota, ale także wznowienie Głosu skrzypiec.
Morze błota to już
22 tom serii z komisarzem Montalbano. Co prawda nie czytałam jej od samego
początku, a zaczęłam gdzieś w środku, ale to jedna z serii, które bardzo lubię.
Dzisiaj ma premierę zarówno Morze błota, jak i wznowienie 4 tomu, czyli Głosu
skrzypiec. Wczesnym
rankiem potężny grzmot burzy wyrywa Salva Montalbana z koszmarnego snu. Powoli
zasypia znowu, ale nie na długo – odbiera telefon od Fazia z komisariatu o
zgłoszeniu ofiary morderstwa. Trafiony
kulą w plecy Giugiu Nicotra zostaje znaleziony w samej bieliźnie w tunelu
budowanego wodociągu. Plac budowy, podobnie jak cały region Vigaty, po ostatnich
gwałtownych ulewach i powodziach zalewających domy i pola, zamienił się w morze
błota. Czy
motywem zbrodni mogła być zdrada małżeńska, czy też podłoże było zupełnie inne?
Wiele poszlak kieruje uwagę komisarza Montalbana na branżę budownictwa i urzędy
zamówień publicznych – świat mglisty, oślizgły, jakby błoto przeniknęło do jego
krwiobiegu i stało się nieodłączną częścią. Bagno korupcji, łapówek, lipnych
odszkodowań, oszustw podatkowych, prania pieniędzy. Montalbano
nie może pozbyć się uporczywej myśli, że Nicotra, schroniwszy się w tunelu,
próbował tym coś przekazać…
Morze błota to
kolejny niespieszny kryminał, ale tylko z pozoru! Wszak mamy tutaj porachunki
mafijne, pranie brudnych pieniędzy, przekręty budowlane, korupcję, ale też
zdradę małżeńską, nielegalne interesy, czy handel narkotykami. To chyba całkiem
sporo, jak na tropy związane z jednym morderstwem. Czasami mam wrażenie, że u
autora ważniejsze od samego trupa jest wszystko to, co dzieje się w trakcie
śledztwa, czy nawet gdzieś w jego tle. Dla mnie to wielki plus, ponieważ
Camilleri potrafi skutecznie prowadzić fabułę i tak ją misternie tworzy, że do
końca nie wiadomo, co tak naprawdę się wydarzyło. Morze błota to opowieść o tym,
że światem rządzą pieniądze, a chęć zemsty czasami jest silniejsza niż wszystko
inne. Kolejny raz komisarz Montalbano na wszystko ma czas, a jego barwne życie
niejednokrotnie wywoła uśmiech na Waszej twarzy. Niezmiennie polecam spotkanie z
tym facetem!
Marty Mrowiec
Siamo ufficialmente
nel pieno della stagione estiva. Il caldo soffocante dell’anticiclone africano
ci avvolge, rendendo il mare l’unico rifugio ideale per sfuggire alle
temperature ardenti. Quando
usciamo dall’acqua, che siamo al lido o nella quiete di casa al mare, la noia
inizia a farsi sentire. Lontani da TikTok, Facebook e Instagram, la vera “cumbia
della noia” è immergersi tra le pagine di un romanzo che evoca il piacere di una
qualsiasi giornata d’estate. Non per forza
le “Ultime lettere di Jacopo Ortis” o “Delitto e Castigo”, senz’ombra di dubbio
“Romanzi con la R maiuscola” degni di esser letti, ma libri da poter
benissimo sfogliare anche sotto l’ombrellone in spiaggia o nel fresco balcone
della casa a mare. Alcuni titoli Tra le
diverse letture con cui deliziarsi in estate, ecco alcuni titoli […]
Riccardino: l’ultimo mistero del Commissario Montalbano Il
celeberrimo scrittore e sceneggiatore siciliano Andrea Camilleri ci ha lasciato
un’eredità di gialli con protagonista il Commissario Salvo Montalbano. L’ultimo
romanzo del maestro della serie con protagonista Montalbano è Riccardino. Questo
romanzo è un’opera postuma, scritta nel 2005 e conservata nella cassaforte della
casa editrice siciliana fino alla morte di Camilleri nel 2019. È un metaromanzo
in cui il Commissario dialoga con l’autore stesso e con l’altro Montalbano,
quello televisivo. Il libro
inizia con una telefonata misteriosa da un uomo che si presenta come Riccardino,
un nome sconosciuto per il Commissario. Poco dopo, Montalbano scopre che
Riccardino è stato assassinato. Nonostante la sua età avanzata e la perdita del
“piacere indescrivibile della caccia solitaria”, il commissario si trova
coinvolto nell’indagine. La telefonata
non solo è inquietante per la sua tempistica, ma anche per il tono enigmatico
dell’uomo. Montalbano, inizialmente riluttante a prendere sul serio il caso, è
presto costretto a cambiare idea quando gli indizi cominciano ad accumularsi e
le connessioni con persone influenti della società diventano evidenti. Tra
sospetti e depistaggi, il commissario deve navigare attraverso una rete
intricata di bugie e segreti per scoprire la verità dietro l’omicidio di
Riccardino.
[…]
Enrico De Pasquale
Il 17 luglio, in
memoria dello scrittore empedoclino Andrea Camilleri, a cinque anni dalla sua
scomparsa, VisitAgrigento e l’A.C. Oltre Vigata, in collaborazione con L’A.T.
Maschere di Vigata, la Scuola dell’Infanzia Ohana e con il patrocino gratuito
del Comune di Porto Empedocle, proporranno una versione rivisitata di Percorsi
d’inchiostro sulle tracce del Commissario Montalbano. Il percorso
avrà inizio alle 20:00 in via Roma presso la statua del Commissario più famoso
del mondo, mentre nella splendida cornice della Torre Carlo V, dalle 19:00 alle
20:00, si svolgerà un momento dedicato ai bambini e ragazzi, con le letture
delle fiabe nate dalla penna del Maestro empedoclino: “Fiabe per Picciriddi”.
Per questo evento consigliamo di portare un cuscino. Il Percorso
invece è una piece teatrale itinerante nei luoghi dove è nato e cresciuto lo
scrittore. Luoghi carichi di contraddizioni ma solari che hanno ispirato la
penna e la fantasia dello scrittore. Tra storia e letteratura il racconto della
storia della città natale di Andrea Camilleri attraversando la via Roma, ex
Strada Reale, che collegava il vecchio caricatore alla Agrigento borbonica, gli
ospiti avranno modo di inoltrarsi nel nucleo più antico del centro che si
sviluppa alle spalle della via principale e alla fine di questo affascinante
viaggio, dopo aver visitato la Torre Carlo V, non rimarrà che andare in giro per
la città e conoscere le specialità del paese marinaro che hanno da sempre
stuzzicato il palato del Commissario. La
partecipazione alla lettura delle fiabe è libera e gratuita, senza prenotazione.
La
partecipazione al percorso comprende l'iscrizione come socio dell'associazione
VisitAgrigento. Iscrizioni
via messaggio whatsapp al 3807985180 entro e non oltre il martedì 16 Luglio.
Il programma completo e dettagliato, con tutte le informazioni per partecipare,
sarà pubblicato a breve anche su www.visitagrigento.it e sulle pagine social
di Oltre Vigata.
«Il mio rapporto
con i premi è disincantato. Sono molto riconoscente, ma penso sempre di non
meritarmeli!» mi
rivela con falsa modestia Carlo Degli Esposti che oggi riceverà il premio Cariddi
alla carriera al Taormina Film Festival diretto Marco Müller. È la prima volta
che viene dato ad un produttore. Infatti, dopo averlo pungolato un pochino
elencandogli i tanti successi della Palomar, casa di produzione da lui fondata
nel 1986 e specializzata in polizieschi (ma non solo), si sbottona e sorridendo
mi confessa: «Faccio dei grandi sforzi per non montarmi la testa!» Montalbano,
Màkari, Maltese, oggi Vanina, sono una continua esplorazione della Sicilia. Una
dichiarazione d’amore o semplice terreno fertile per le storie che produce? L’ho sempre
amata, soprattutto la letteratura di questa terra che mi ha obbligato a
trasporre quelli che io considero i più grandi romanzi della letteratura
siciliana in serie. Montalbano è stato il primo ed è stata una folgorazione. Uno
dei primi romanzi di un autore siciliano non ancora famoso. Abbiamo galoppato
insieme per 25 anni raccontando il meglio della Sicilia che è un posto che
sembra fatto per il cinema e per la televisione. È lei che
ha aiutato Camilleri a diventare famoso o Camilleri che l’ha aiutata ad avere
successo come produttore? Con Andrea
Camilleri dicevamo sempre che tra di noi c’è stato un mutuo soccorso. La fiducia
di un autore verso un giovane produttore e successivamente c’è stata la
popolarità televisiva che ha aiutato poi il successo letterario. Quanto ha
contato la sua amicizia con Elvira Sellerio? La sua
amicizia è stata fondamentale anche perché io non conoscevo Camilleri. Devo
ringraziare anche Sergio Silva, allora potentissimo capo indiscusso del cinema e
della fiction in Rai, che sposò subito il progetto. E (ridendo) devo ringraziare
anche Luigi Abete, azionista di Cinecittà mentre io ero amministratore unico.
Lui era per la privatizzazione di Cinecittà mentre io ero contrario per cui ci
mandammo amichevolmente a quel paese. Il
Commissario Montalbano è la serie italiana più venduta all’estero e prima il
primato era de La piovra, entrambe hanno a che fare con lei e la Sicilia. Sono sempre
rimasto affascinato dall’evoluzione de Lapiovra nel mondo. Sono
andato a cercare allora il soggetto originario di Nicola Badalucco che si
chiamava Il romanzo del commissario da cui la Rai trasse La piovra.
Da quell’esperienza lì è nato anche Maltese che altro non è che una
trasposizione del soggetto originario de La piovra. Per cui è un’altra
bellissima storia siciliana. La Sicilia
sta vivendo il fenomeno del cineturismo grazie a film e serie tv girate in
questa terra. Cosa consiglierebbe lei di visitare?
Di girare tutta la Sicilia, perché ogni angolo di questa meravigliosa terra è un
paradiso molto spesso ancora incontaminato. Certo il ragusano di Montalbano ha
avuto una grande visibilità, come il trapanese raccontato da Màkari e da
Maltese. Oggi c’è la Catania di Vanina. Adesso però sono affascinato dall’idea
di raccontare l’interno della Sicilia, per cui sto pensando che le prossime
avventure saranno nell’entroterra, perché si rischia l’overdose sulla costa.
Pino Gagliardi
Il Silenzio parlerà a GALLIPOLI!!!! Il 18 luglio alle ore 21:00 sulla mitica
rotonda del lido San Giovanni. Naturalmente ci sarà spazio anche per Andrea
Camilleri a 5 anni dalla sua scomparsa, per il Commissario Montalbano & c. e per
il Commissario Ricciardi e la narrativa di Maurizio de Giovanni. Vi aspettooooo!!
«È
assai difficile spiegare perché ci si innamori di una persona, figurarsi di una
città». Andrea Camilleri si innamorò di Genova in una «settimana incantata» dal
10 al 17 dicembre 1950. Anzi, nel giro di qualche minuto e di pochi metri: «già
nel tratto dalla stazione all’albergo, il primo giorno, mi ero subito reso conto
che tra me e quella città era scattato un colpo di fulmine». Aveva venticinque
anni ed era un poeta, partecipò alle Olimpiadi culturali della gioventù e vinse
un premio per i versi In morte di García Lorca. Il
narratore siciliano tentò di darsela qualche spiegazione su questo amore, ancora
nel 2000: «forse era la parlata strascicata e indolente, forse erano i volti che
incontravi verso il porto, cotti dalla salsedine ma così pronti ad aprirsi in un
bonario sorriso». Al posto della classica guida, disse, seguì le indicazioni di
una raccolta poetica di Tullio Cicciarelli: «Parlava di Piazza Di Negro? Ed io
via a Piazza Di Negro ripetendo dentro di me le parole del poeta». Parole che,
imbrogli o trabocchetti delle rievocazioni, nelle Poesie di Cicciarelli non ci
sono. A guidarlo per Genova ci pensò Raffaella Perillo: «Al terzo giorno trovai
più che una mia compagna, una guida per il mio vagabondaggio. Una bella ragazza
che un pomeriggio mi portò a casa sua, a Boccadasse. Altro colpo al cuore.
Passai qualche ora alla finestra dalla quale si vedeva la discesa che portava
alla spiaggetta e il mare che sciabordava pigramente.
Sentii mio quel paesaggio, come se mi fossi portato appresso un pezzo della mia
Sicilia. M’è rimasta dentro così a lungo che quando ho cominciato a scrivere di
Livia, la fidanzata genovese del commissario Montalbano, m’è parso più che
naturale farla abitare a Boccadasse». Della «settimana incantata» restano solo
due fotografie, in una Camilleri è seduto davanti alla giuria, la mano destra in
tasca mentre la sinistra gesticola, nell’altra è davanti a Principe proprio con
la futura Livia, ma l’album delle immagini del narratore in città continua… Alessandro Ferraro
Komisarz Montalbano,
fikcyjny bohater kryminałów Andrei Camilleriego rozgrywających się w malowniczej
scenerii południowo-wschodniej Sycylii, to kultowa postać w gronie włoskich
śledczych, stworzona ponad dwadzieścia lat temu. Choć doczekaliśmy się świetnych
ekranizacji, w których postać komisarza genialnie zagrał Luca Zingaretti, to
jednak filmy nie są stuprocentowym odzwierciedleniem książek. Wydawnictwo
Oficyna Literacka Noir sur Blanc od lat wydaje w Polsce kolejne powieści z cyklu
o Montalbano oraz wznawia te już wyprzedane. I właśnie teraz do księgarń trafiła
kolejna z nich – „Morze błota” – wciągająca zawiłym wątkiem, począwszy od mafii,
a skończywszy na stereotypowych sycylijskich matkach oraz ich dorosłych synach
wiecznie uczepionych matczynej spódnicy. Bo takie są właśnie powieści
Camilleriego – na wskroś sycylijskie. Andrea
Camilleri Nieżyjący już
włoski pisarz i reżyser teatralny, pochodzący z Porto Empedocle koło Agrigento (południowa
Sycylia), zamieszkał w Rzymie i tam tworzył. Najpierw pisał wiersze, dopiero
później sięgnął po prozę, choć nie od razu jego wybór padł na kryminał, który
finalnie rozsławić Camilleriego, gdy ten był już na emeryturze. Pierwsza książka
z serii o komisarzu Montalbano – „Kształt wody” – ukazała się w 1994 roku i była
przełomowym momentem w karierze pisarza.
„Zawsze powtarzam, że jestem włoskim pisarzem, urodzonym na Sycylii, żyjącym w
Europie. Przez całe życie robiłem co w mojej mocy, by nie wprowadzać podziałów
pomiędzy Włochami a Sycylią. Oczywiście jest wiele różnic, ale Włochy same w
sobie są dość specyficznym krajem. Palermo różni się od Neapolu, który jest
zupełnie inny niż Wenecja… Północny zachód Włoch nie jest podobny do północnego
wschodu, ani centrum do południa. Mamy różne dialekty, inne jedzenie, inny
sposób myślenia, ale wszyscy jesteśmy Włochami!”
Natalia Rosiak
Segundo día de
descanso del Tour en el pueblo marinero de Gruissan y segunda cita para mí con
el comisario Montalbano, que me convidó ayer para consultarme ciertas
inquietudes que le despierta el ciclismo profesional y que, según me dijo, cree
que habría que aclarar para su investigación. No negaré que me llenó de orgullo
que un investigador y personaje literario tan célebre como él me considerase de
utilidad y me vi de pronto ascendido a capitán Hastings, doctor Watson, sargento
Lewis o subcomisario Augello, lo que me pareció, frente al mar, la mayor gloria
literaria a que podría aspirar… a día 15 de julio: no olvide el lector que mi
libro El bar del tanatorio fue distinguido con el Premio Anagrama de
Ensayo y laudado en sendas columnas por Marina Garcés y por mi añorado Javier, el
mejor rey que nunca tuvo Redonda. Así iba henchido como un pavo paseando por
entre los chalets construidos sobre pilotes en el Mediterráneo y en los
alrededores del puerto camino al restaurante Le poisson d’Avril, donde el
comisario me había citado para comer. Afortunadamente, hice acopio de
profesionalidad por el camino y me recordé que, más allá de mi justificada
vanidad, me debía a los lectores de Culturamas y era mi responsabilidad
cambiar mis explicaciones sobre ciclismo por información de primera mano sobre las
pesquisas iniciadas hace ya dos semanas en Florencia. Y caminando
frente al mar pensé si no tenía cierto parecido el Tour de este año con la
novela policiaca por sus similitudes estructurales en lo que llamamos
coloquialmente “giros de guion”, esenciales para mantener el suspense
consustancial a la trama detectivesca. De hecho, en tan solo seis etapas, que es
lo que suele durar la segunda semana de una gran vuelta, hemos tenido al menos
tres puntos de inflexión de esos que hacen que el lector se asombre y sienta
aumentar su ritmo cardiaco al pasar las páginas. El primero llegó el miércoles,
en una exigente etapa de media montaña camino de Le Lioran, entre los volcanes
de la Auvernia, en un paisaje boscoso y solitario que ahora se me ocurre que
sería ideal para un polar rural que tendría el éxito asegurado en Francia
y que quizás yo mismo, moderando un tanto las sutilezas de mi estilo como
cortesía hacia el gran público, debería escribir como entretenimiento ligero en
agosto por si ofreciera alguna rentabilidad pecuniaria. El caso es que allá
atacó Pogacar, el Caballero del Jubón Amarillo, a treinta kilómetros de meta con
tal fuerza que enseguida alejó a Vingegaard, el Arenque de Hillerslev, a cerca
de medio minuto. Casi parecía sentenciada no ya la etapa sino la carrera cuando,
después de un extraño en una bajada quizás debido a un pinchazo o a una
repentina pérdida de presión en la rueda trasera, Pogacar empezó a flojear y vio
una remontada exprés de su némesis, que en los apenas tres kilómetros de la
siguiente ascensión le enjugó toda la diferencia y aún le ganó, cosa extrañísima,
el esprín por la etapa. Casi todos vimos en aquel desenlace el anuncio no solo
de la igualdad entre ambos, sino de la ventaja psicológica que habría de
otorgarle el Tour al danés, pero la historia nos reservaba otro giro
sorprendente que lo dejaría en una mera pista falsa. Entre medias, el jueves
hubo un nuevo asesinato o, en términos ciclistas, una caída: la de Roglic, que por
enésima vez abandonó el Tour al día siguiente tras dar con sus huesos en el
suelo. Sé que es uso habitual en la novela negra el introducir crímenes en el
nudo del argumento para abrir nuevas líneas de investigación, pero este las
cierra: el tolstoiano teniente Roglishov, alcanzado otra vez por una bala
perdida, desaparece de las vidas de los Rostov, Kuragin, Kutúzov, Vingegaard y
Pogacar, y puede ser tachado de la lista de sospechosos para ganar este Tour de
Francia. Por último, el fin de semana pirenaico ha dado otra vuelta de tuerca a
la carrera con dos victorias consecutivas de Pogacar en duelo singular frente a
Vingegaard en el último puerto de cada etapa. Su superioridad ha sido tal que
lidera ahora la clasificación general con algo más de tres minutos sobre el
danés y más de cinco sobre el botarate de Evenepoel, al que, pese a su mejora en
la alta montaña, las “pelotas” no le bastan aún para luchar por la victoria. Embebido en
estas reflexiones, encontré a Montalbano ya sentado en el restaurante en una
galería frente a la playa, a primera vista de mucho mejor humor que hace una
semana en Troyes, lo que achaqué al Mediterráneo, que unamunianamente le traería
aromas y recuerdos de su Sicilia natal, aunque me confesó que no veía el momento
de que acabase el Tour para volver por fin a su casa en la playa de Marinella.
Como para confirmarlo, decidió invitarme (me dijo que pagaba la Policía
italiana, y tanto mejor, porque las dietas de las que disfruto me temo que
apenas me lleguen hasta Niza) a un surtido de marisco crudo a la manera italiana
(ostras, mejillones, langostinos, erizo de mar) y una parrillada diversa de
pescados de costa capturados esa misma mañana: lenguado, dorada, pez de san
Pedro, salmonetes y mújol. Una comida opípara, desde luego, pero tan enérgico y
recuperado parecía el comisario que aún tuvo ánimos para pedir una île
flottante de postre antes de emprender un paseo digestivo hacia el casco
histórico. Como ya había aprendido de la vez anterior, aguanté toda la comida en
silencio y esperé a que Montalbano, ya de camino, iniciase la conversación. Había varias
cosas, me dijo, que no comprendía. ¿Por qué, por ejemplo, no se disputaban las
etapas llanas? ¿No era habitual que en estas jornadas hubiese escapadas de siete
u ocho rodadores y que los equipos de los esprínteres se afanaran por
neutralizarlas? Objeté como defensor del ciclismo que aún era así, al menos
algunos días, y que, por ejemplo, la semana anterior en los caminos de tierra de
Troyes o este viernes pasado camino de Pau no solo los cazadores de etapas, sino
también los favoritos, se habían empleado a fondo con ataques y abanicos a toda
velocidad. Su pregunta fue entonces cuál era el criterio o la causa que
determinaba que ciertas etapas llanas fueran ferozmente competidas y otras, en
cambio, se hiciesen con todo el pelotón agrupado a ritmo de entrenamiento. Puse
la misma cara de incredulidad que le regalé a Marito cuando me preguntó por su
ensayo sobre Galdós, precisamente el día en que le presenté a Isabel Preysler.
Si con aquella consulta tenía una respuesta que ofrecer, pero preferí
guardármela, dedicándole mi silencio a mi compay por el respeto que le profesaba,
con la duda de Montalbano la realidad era más compleja: para eso no tenía
respuesta y, muy a mi pesar, sigo sin tenerla. Otra duda: ¿por qué nadie disputa
este año el maillot de la montaña? ¿No era un premio prestigiosísimo entre los
escaladores? Lo era desde luego, pero debió dejar de serlo, o quizás ahora sean
los rodadores quienes se ocupan de ello, igual que hay novelas y series de
televisión (le dije para que con una analogía cercana a su día a día lo
entendiese mejor) cuyos protagonistas son detectives aficionados y no
profesionales. De hecho, fuera de combate Abrahamsen, el noruego de ochenta
kilos que ha liderado esa clasificación las primeras doce etapas, solo Oier
Lazkano, de tallaje similar, parecía interesado en ocupar su puesto. ¿Quería eso
decir que el maillot de Rey de la Montaña había pasado de ser el equivalente
ciclista de las novelas de Conan Doyle o de Raymond Chandler a serlo de Solo
asesinatos en el edificio? Sí, quizás pueda decirse así. Al tratar de
la clasificación general, Montalbano no entendía la estrategia de Pogacar. Si
tiene dos o tres gregarios entre los diez primeros, ¿por qué gastarlos tirando
del pelotón en lugar de utilizarlos tácticamente para forzar al equipo de
Vingegaard, la Pescadilla Escabechada de Jutlandia? (Me hizo gracia este nuevo
epíteto, nacido del caletre siempre revuelto de Catarella, el telefonista de la
comisaria de Vigàta, que aparentemente no acertaba a retener los apelativos de
mayor mérito estilístico). Es más, ¿por qué se empeña Pogacar en derrochar sus
fuerzas y atacar siendo el líder de la carrera? ¿No solían atacar siempre
quienes iban por detrás? Tuve que reconocerlo, pero le expliqué que
probablemente el equipo de Pogacar contaba con que Vingegaard estuviese más
débil en la primera mitad de carrera a causa de su lesión en primavera y había
intentado conseguir la mayor renta posible aprovechando el terreno más favorable
para él, la media montaña, como en la etapa del miércoles camino de Le Lioran,
antes de que su rival, entrado ya en calor, mejorase sus prestaciones. Aquí me
interrumpió extrañadísimo el comisario, que no sabía que en una gran vuelta
existían corredores que, aunque llegasen mal preparados y bajos de forma,
pudiesen aumentar su rendimiento con el pasar de las etapas. Él creía que, al
contrario, deberían sentirse cada vez más fatigados. En efecto, así le ocurrió a
Pogacar el año pasado, pero las cosas podrían ser distintas entre los arenques
bálticos, posiblemente por la baja salinidad de las aguas danesas, si es que
Montalbano descartaba por completo la hipótesis de los poderes mágicos del zumo
de remolacha. Hablando de recuperación, me dijo Montalbano, ¿qué era eso que
había leído él de los marginal gains? Le hablé de ese conjunto de
innovaciones (rodillo después de las etapas, crioterapia, plato ovalado,
almohadas individuales) introducidas para ganar pequeños márgenes de beneficio
en la recuperación de los corredores por el equipo Sky, que entre 2012 y 2019
ganó siete Tours con cuatro ciclistas diferentes. ¿Es que ya no existe ese
equipo? Existe, aunque ahora se llama Ineos, pero claramente ya no les sirve esa
estrategia, porque su único corredor útil parece Carlos Rodríguez y lleva
perdidos más de once minutos en la general. ¿Y qué fue de aquellos ganadores del
Tour? Siguen en activo Bernal y Thomas, que, aunque no lo parezca, están
corriendo este Tour, y también Chris Froome, reciente centésimo tercer
clasificado del Tour de Sibiu en Rumanía. Montalbano hizo un gesto de renunciar
a entenderlo, y yo también. Como el
comisario se quedó callado con cara de no entender nada, aproveché su silencio
para ejercer mis derechos de periodista y preguntarle por la marcha de su
investigación. Para mi sorpresa, no tuve que tirarle de la lengua, porque me dio
él toda la información. Al parecer, era cierto que una de las líneas principales
de investigación era la hipótesis de un comando terrorista organizado para
favorecer a Pogacar eliminando a sus rivales, pero la aparente avería de este
justo después de atacar el miércoles y su caída al comenzar la etapa del jueves
y el hecho de que sus dos principales rivales, Vingegaard y Evenepoel, no hayan
sufrido ningún contratiempo la eliminaban por completo. La caída de Roglic, ya
se había preocupado él de informarse, era consuetudinaria y no tenía nada de
sospechosa. Por el contrario, ahora la hipótesis más plausible parece la del
terror indiscriminado con armas biológicas, en especial a partir de la epidemia
misteriosa que ha diezmado el pelotón con los abandonos por indisposición del leprechaun Pidcock,
el latin lover Bettiol, medio equipo Bahréin o Juan Ayuso, el compañero
de Pogacar que dio positivo por covid, virus insidioso que no se extendió en su
equipo, como demuestran la mejora de Pogacar en los Pirineos y el hecho de que
el enorme trotón de Politt, otro rodador de cerca de metro noventa, coronara el
Tourmalet tirando del grupo de favoritos. Esto, por otra parte, libraba de las
sospechas a mis queridos Luis Fernández y Julio Salvador, de quienes en un
principio había tenido que ocuparse. Esto me lo dijo como pidiéndome perdón y
solo ahora, asimilada la sorpresa, me doy cuenta de que quizás por mi relación
con ellos Montalbano haya aceptado e incluso buscado mi compañía, lo que me
convierte, más que en un Watson o un Augello, en un informante inadvertido o,
dicho más crudamente, en un tonto útil. Reconozco que esto ha herido mi especial
sensibilidad de poeta laureado y director de cine: el comisario no buscaba mi
amistad y yo apenas era para él más significativo que Pasqualino, el hijo de su
asistenta, al que al menos podía sentirse ligado por haberlo metido en la cárcel,
mientras que ningún lazo más estrecho que una mariscada lo unía conmigo.
Sorprendido, en el momento apenas alcancé a preguntarle por lo esencial, el
paradero de mis dos predecesores en las páginas de Culturamas, cuyo
rastro ya me imaginaba persiguiendo como en una novela cualquiera de Bolaño.
Montalbano ni lo sabía ni se curaba de ello y, visto así, quizás tampoco a mí
deba preocuparme.
Me preocuparé, pues, del Tour y de su porvenir literario, que me parece algo
dudoso viendo la perspectiva de la tercera y última semana por los Alpes
Marítimos camino de Niza. Aún queda la subida a La Bonette, la cima más alta de
esta edición de la Grande Boucle, que precede al puerto de Isola 2000. Quizás
esta sea la última oportunidad del Arenque de Hillerslev para darle la vuelta a
la general, porque esta vez no parece que las artes mágicas de Combloux le vayan
a alcanzar para neutralizar la escalada armamentística del Perceval de Komenda
en la última contrarreloj. La carrera, en realidad, parece sentenciada y, si se
trataba de una novela policiaca, acabar con el suspense apenas llegados al
segundo tercio es claramente prematuro, aunque, por otra parte, añadir más giros
decisivos como quien echa sal a la ensalada sería ya claramente exagerado y
caería de lleno en el terreno del folletín, del que ningún poeta que se precie
puede fiarse. No se me ocurre qué salida puede haber para esta encrucijada y no
sé si confío en el pelotón profesional para encontrarla, pero en todo caso no
creo que sea algo que enturbie una parrillada de pescado fresco del Mediterráneo
o, como poco, una buena siesta frente al televisor.
Artemio Gonçalves Flórez
Dai ricordi di Gino Cervi in “Le inchieste del commissario Maigret” alla
corrispondenza con Thomas Beckett, per strappargli il sì alla versione
televisiva di “Finale di partita”; dal suo paragonarsi a una trapezista al
successo di Montalbano e della sua Sicilia, reale e immaginata insieme. Ci sono
le sue parole di regista, di curatore di sceneggiati storici, di “scopritore” di
Eduardo De Filippo per la tv, di scrittore de “Il commissario Montalbano” nello
Speciale “Andrea Camilleri. Vigàta nel cuore” per la regia di Flavia Ruggeri,
che Rai Cultura propone mercoledì 17 luglio alle 11.15 su Rai Storia in
occasione del quinto anniversario della morte dello scrittore (17 luglio 2019).
Un viaggio nella produzione teatrale, televisiva e letteraria del maestro con
interviste anche inedite e brani tratti dalle Teche Rai. Nato a Porto Empedocle
il 6 settembre 1925, Camilleri già negli anni Cinquanta è regista teatrale e
inizia a lavorare anche per la Rai, in radiofonia, e nel decennio successivo è
il primo a mettere in scena in Italia il “teatro dell’assurdo” di Beckett,
Ionesco, Adamov che porta poi in tv. Cura anche sceneggiati di successo come “Le
avventure di Laura Storm” con Lauretta Masiero, la serie del Tenente Sheridan
con Ubaldo Lay, ma soprattutto “Le inchieste del commissario Maigret” con Gino
Cervi e ha il merito di far conoscere al grande pubblico televisivo la
drammaturgia di Edoardo De Filippo.
Dagli anni Ottanta, Camilleri affianca all’attività di regista quella di
scrittore con romanzi di ambientazione siciliana. E unica rimarrà la Sicilia che
inventa e indaga, terra di misteri e ricchezze, popolata da una moltitudine di
caratteri, di facce, una Sicilia diventata ormai luogo mitico di esplorazione
per i suoi lettori. Come l'immaginaria cittadina di Vigàta.
Nel 1992 pubblica “La stagione della caccia” e inizia a diventare un autore
cult: scrivere, d’ora in poi, diventa la sua unica attività. Nel 1994, “La forma
dell'acqua” è il suo primo poliziesco dove compare il commissario Salvo
Montalbano, ma solo con “Il Cane di terracotta” del 1995 definisce meglio i
caratteri del protagonista che gli procura un successo strepitoso. Il “fenomeno
Camilleri” si espande: se nel 1996 sono state vendute 18 mila copie, l'anno
successivo si arriva a 170 mila. E nel 1998 a 900 mila copie, fino ai 15 milioni
di oggi e alle traduzioni in ventidue lingue. Il successo dei libri con
protagonista Montalbano è tale da convincere la Rai a produrre un vero e proprio
serial con lo scorbutico e ironico commissario interpretato da Luca Zingaretti.
A completare l’omaggio di Rai Cultura ad Andrea Camilleri la puntata del
“Viaggio in Sicilia” della scrittrice Simonetta Agnello Hornby e
dell’illustratore Massimo Fenati dedicata ad Agrigento, in onda alla 17.00
sempre su Rai Storia. Nella puntata i due incontrano anche incontrano Arianna
Mortelliti, scrittrice e nipote di Andrea Camilleri.
A cinque anni dalla
morte, avvenuta il 17 luglio 2019, Andrea Camilleri viene ricordato con omaggi
della Rai e nuove iniziative tra cui la nascita di un Premio letterario a lui
dedicato e una novità editoriale in autunno per Sellerio, un corpus di lettere
inedite scritte tra il 1949 e il 1961. Saggista,
sceneggiatore, regista, drammaturgo, scrittore, insignito nel 2003 dal
presidente della Repubblica della medaglia di Grande Ufficiale dell'Ordine al
merito della Repubblica, Camilleri scomparso a 93 anni, era nato a Porto
Empedocle il 6 settembre 1925.
Fenomeno letterario inimitabile, da oltre 31 milioni di copie, lo scrittore è
diventato autore bestseller a oltre 70 anni.
Il nuovo Premio Andrea Camilleri-Nuovi Narratori, che sarà presentato il 25
luglio al Fondo Camilleri a Roma, alla presenza delle figlie Andreina, Elisa e
Mariolina Camilleri, segue questo spirito e sarà aperto a tutti, minorenni e
maggiorenni di qualsiasi nazionalità. Diviso nelle categorie Racconti brevi,
Radiodrammi, Poesie e Fiabe per bambini, il Premio con direttrice artistica la
scrittrice Arianna Mortelliti, nipote dello scrittore, è riservato a opere
inedite e in lingua italiana.
Nel giorno della morte dello scrittore Rai Cultura propone lo Speciale 'Andrea
Camilleri. Vigàta nel cuore' per la regia di Flavia Ruggeri, in onda alle 11.15
su Rai Storia. È un viaggio nella produzione teatrale, televisiva e letteraria
del maestro con interviste anche inedite e brani tratti dalle Teche Rai. Ci sono
le sue parole di regista, di curatore di sceneggiati storici, di "scopritore" di
Eduardo De Filippo per la tv, di scrittore de 'Il commissario Montalbano', i
ricordi di Gino Cervi in 'Le inchieste del commissario Maigret', la
corrispondenza con Thomas Beckett per strappargli il sì alla versione televisiva
di 'Finale di partita', la sua Sicilia reale e immaginata insieme.
La grande attesa è per l'epistolario inedito 'Mamma carissima, papà caro',
curato da Silvano Nigro in collaborazione con la famiglie e il Fondo Camilleri
che ne ha curato la trascrizione.
È una corrispondenza lunga più di un decennio, quasi un'autobiografia, una
galleria del mondo culturale del dopoguerra con innumerevoli attori, artisti,
scrittori e registi di cui Camilleri racconta. Uno ritratto straordinario degli
anni cinquanta e insieme l'autoritratto di uno scrittore unico.
Mauretta Capuano
Cinque anni fa
Andrea Camilleri se n’è andato. Ci eravamo abituati alla sua presenza in
libreria, alla sua voce roca, al suo parlare lento e ai suoi aneddoti raccontati
con un gusto speciale. Ci eravamo abituati alla sua produzione abbondante, varia
come quella di Simenon, alternando i Montalbano ad altri libri storici o a
cronache stupefacenti. E come Simenon, aveva la mania dell’ordine mentale: tutti
i romanzi del commissario erano di 180 pagine di computer, divise in 18 capitoli
di 10 pagine ciascuno. «Se il romanzo viene fuori con una pagina in più o in
meno, io riscrivo il romanzo, perché vuol dire che c’è qualcosa che non
funziona». Camilleri
ricordava che sua madre era sorpresa dall’ordine ossessivo della sua stanza, da
bambino. Sono cose che non vanno sottovalutate negli scrittori: la costruzione
di cattedrali narrative, l’incasellamento del sapere costruito per una vita,
devono avere un sistema efficace di ordine delle materie prime. Ed è sul
sapere costruito per una vita intera che dobbiamo tornare, a proposito di Andrea
Camilleri. Ci eravamo abituati soprattutto a quella esplosione nella maturità,
che credo avesse dato speranza a molti aspiranti scrittori: si può trovare una
vena e una voce unica anche molto tardi nella vita. Lui ha cominciato una
costante carriera da scrittore dopo i sessant’anni, e quasi a settanta ha
pubblicato il primo romanzo su Montalbano: La forma dell’acqua, del 1994.
In quegli anni il suo successo, e la sua produzione, sono esplosi. Però. Non sto
qui a dire (ma mi verrebbe voglia qui di scrivere quel suo «cioè a dire», che
usava così tanto e naturalmente, quando raccontava o spiegava) che aveva già
pubblicato, poi in qualche modo abbandonato, poi ripreso. Ma insomma, credo che
sia arrivato il momento di considerare la vita artistica di Camilleri nel suo
insieme, e di abbandonare per sempre questa idea dell’esplosione tardiva. In
realtà, come ha spiegato bene lui, il suo è stato «un destino ritardato». Ed è
la definizione più precisa e confortante: chi più di lui aveva coscienza che
tutto era cominciato molto prima, e soprattutto che ogni segmento della sua vita
era servito al suo destino ritardato? Dagli eventi, che poi sono diventati
epici, come le due mancate pubblicazioni per la gloriosa rivista Sud di Prunas,
La Capria, Ortese, e per il mitico Politecnico di Elio Vittorini; per la stessa
ragione: hanno accolto un suo racconto, lui si è entusiasmato, incredulo; e
prima del numero dove ci sarebbe stato il suo nome, hanno interrotto le
pubblicazioni. E a proposito
del successo degli ultimi anni, quando gliene chiedevano conto, quando gli
domandavano cosa provava, allora lui rispondeva: «Nessuna emozione può
equivalere a una mattina del 1945 che io vengo in una Roma splendida – avevo
mandato delle poesie ad Alba De Cespedes per Mercurio – e in via Veneto, davanti
al caffè de Paris, dove c’è l’edicola, vedo che in quel momento l’edicolante
appende il numero di maggio di Mercurio. Mi avvicino, miope come sono, e leggo:
De Gasperi, Sforza, Nenni, Alvaro, Camilleri. Mi si tagliarono le gambe.
Qualcuno mi disse: si sta sentendo male? Mi sedetti e dissi: portatemi un
cognac. E ho impiegato due ore ad alzarmi dalla sedia e ad andare a prendere la
rivista, temendo un’omonimia». C’è una
storia più lunga, articolata, recuperabile e che fa giustizia delle energie che
Camilleri ha speso per l’intera vita in nome dell’arte. Ed è di un artista e
intellettuale moderno, che per caso entra in Rai o che insegna all’Accademia
d’arte drammatica, e che scrive, alleva attori, produce le commedie di Eduardo
in tv, e i Maigret (appunto), il tenente Sheridan. Che fa regie teatrali,
televisive, radiofoniche. Che accompagna la nascita del costume e della cultura
popolare italiana da dietro le quinte, e intanto scrive romanzi, raccoglie
storie, colleziona rifiuti editoriali o sfortune che adesso possiamo
riconsiderare come momenti passeggeri ed epici di quel destino che neanche lui
sapeva ritardato, o forse sì, chissà, forse ha saputo semplicemente essere
paziente. Una volta, poi, promette a suo padre di riraccontare una storia che
gli ha narrato per fargli compagnia durante la sua malattia, e lì capisce che
può provare a farlo nel modo meno letterario e più vicino all’oralità possibile. Questo vuol
dire riavvicinarsi al dialetto, e a volte reinventarlo, e a quel punto inventare
non solo una sintassi ma anche un luogo, Vigàta; ed ecco che il destino
ritardato si compie in modo inevitabile, e a quel punto inarrestabile. Di tutto
questo insieme, bisogna tenere conto. E il commissario Montalbano è un buon
Virgilio che accompagna l’intero arco della sua vita, visto che, «come ha
scoperto mia moglie, Montalbano è al sessanta per cento mio padre. C’è la sua
ironia, il senso pratico, la voglia di accomodare, di perseguire la verità senza
trasformarsi in rappresentanti dell’Inquisizione. E certi suoi silenzi, un certo
coraggio che io non ho». Abbiamo
vissuto quasi venti anni con la cadenza delle uscite di Camilleri, con i suoi
libri blu Sellerio e poi anche per altre case editrici. Ma non si possono
pensare staccati da tutto il resto, da quell’edicola che esponeva il suo nome a
vent’anni, dalla passeggiata con Vittorini dopo aver spento le luci delle stanze
del Politecnico, dalla Rai (abitava lì accanto, come se avesse definitivamente
deciso che era casa sua), dalle discussioni con Eduardo in cui a parti invertite
Andrea difendeva il testo originale, ed Eduardo diceva: in televisione dobbiamo
spiegare qualcosa in più.
Il destino di Andrea Camilleri è cominciato subito, solo che a noi ce l’ha
mostrato molto tardi. Ma non per questo dobbiamo fare l’errore di staccare lo
scrittore di enorme successo da quell’ostinato amante di ogni forma di cultura e
di arte. Sono stati un cammino unico, più dritto che tortuoso. Ed è arrivato il
momento di considerarlo tutto intero, così com’è stato.
Francesco Piccolo
Ya pasaron 5 años de
la muerte de Andrea Camilleri. Para muchos, parece que fue ayer. Antes de la
pandemia, el 17 de julio de 2019 el novelista, guionista, director teatral y
televisivo italiano dio su último suspiro. Fue a la madrugada. Era un final
anunciado: tenía 93 años y estaba internado tras sufrir un infarto un mes atrás.
Nacido en Porto Empedocle en 1925, escribió un centenar de libros que han sido
traducidos a treinta idiomas. Pocos lo
saben, pero en el último tiempo, Camilleri había quedado ciego producto de un
glaucoma. Eso no lo detuvo. El año anterior a morir, en Italia —país donde nació,
vivió y murió—, se publicó un libro suyo que no escribió sino que dictó. Si la
literatura es el arte de la imaginación, su mente podía seguir jugando y
creando. Pese a la edad y a la ceguera, Camilleri allí estaba: produciendo
literatura. Esta es su obra. Disfrutémosla. La forma
del agua Todos
recuerdan a su emblemático personaje, el comisario Salvo Montalbano,
protagonista de una saga que tiene una treintena de libros, además de una serie
de televisión. La primera de estas aventuras se titula La forma del agua.
Ambientada en Sicilia, la saga se inicia con un caso que Montalbano, comisario
de policía del pequeño pueblo de Vigàta de cuarenta y cinco años, tiene que
resolver: la muerte de un conocido político y empresario en el interior de su
auto. Fiel amigo de
sus amigos, amante de la buena mesa y sabedor de que la tierra ha girado y
girará muchas veces en torno al sol, Montalbano es el compendio vivo de las
antiquísimas culturas mediterráneas. Su calidad humana, unida a su infalible
perspicacia, han hecho de su creador uno de los autores más leídos de Europa. El perro
de terracota La segunda
entrega de la serie del comisario Salvo Montalbano en la que su autor, Andrea
Camilleri, ofrece al lector una imagen mucho más profunda de la rica
personalidad del melancólico investigador siciliano se titula El perro de
terracota. Un robo absurdo en un supermercado, el encarcelamiento un tanto
estrambótico de un capo de la mafia, un asesinato cometido durante la Segunda
Guerra Mundial. Sin embargo,
a pesar de la firme determinación con que Montalbano afronta la resolución de
estos casos, su auténtica pasión es descifrar el contenido simbólico que
encierran. “Todo crimen conlleva un mensaje, la cuestión es conocer el código de
quien lo ha escrito”, le recuerda un excéntrico sacerdote al comisario. Así, el
principal protagonista de esta novela es su particular forma de concebir el
mundo. Ejercicios
de memoria Veintitrés
ejercicios de memoria que rememoran los momentos clave de la vida de Andrea
Camilleri, ilustrados por artistas italianos de la talla de Alessandro Gottardo,
Gipi, Lorenzo Mattotti, Guido Scarabottolo y Olimpia Zagnoli. A pesar de haberse
quedado ciego a los noventa y un años, Camilleri no se dejó amedrentar por la
oscuridad, igual que nunca tuvo miedo a la página en blanco. El autor siciliano
escribió dictando hasta el final de sus días. Con la
oralidad encontró una nueva forma de contar historias. Desde el principio de su
ceguera, se aplicó al ejercicio de la memoria con la misma disciplina férrea con
la que había trabajado toda su vida. Con persistente lucidez, se dedicó a
hilvanar los recuerdos de una vida larga y prolífica, haciendo gala de una
agudeza mental única y su particular visión del mundo. Este libro es una especie
de cuadernillo de vacaciones: veintitrés relatos concebidos en veintitrés días. Un mes con
Montalbano Un mes con
Montalbano es
una buena muestra del talento de Camilleri y la mejor forma de introducirse en
el particular universo de su entrañable héroe. El abanico de delitos que
desarrolla esta aventura es amplio. Premeditados, pasionales, financieros,
mafiosos, políticos, y han sido cometidos por todo tipo de sujetos, jóvenes o
adultos, hombres o mujeres, ignorantes o cultos. Algunos ocurrieron al inicio de
su carrera, cuando Salvo aún creía en el poder de la justicia. Enmarcada sin
duda en la tradición de la gran narrativa siciliana, la escritura de Camilleri
es también un homenaje a Sicilia, a su gente dura, terca, de pocas palabras,
pero a la vez apasionada y con un gran amor por su tierra. Ellos son los
habitantes de Vigàta y Camilleri los retrata como sólo un siciliano de pura cepa
puede hacerlo. Riccardino Cuando murió,
todos dijeron que dejó un vacío en el campo de la literatura porque con su
muerte le ponía fin a una producción que superó los cien libros. Quedaba uno
póstumo. Riccardino, la última investigación del comisario Montalbano, se
publicó en el 2020, un año después de la muerte de su autor. Son dos versiones:
“la final de 2016 y la primera escrita por el autor en 2005 y que se había
quedado hasta ahora en la gaveta” de la editorial Sellerio, explica ésta en su
página web.
Pero eso no es todo. Hay otra más. Se trata de una de las primeras obras
teatrales que había dicho que tiró a la basura. La encontró su hija Andreina
entre papeles que amontonaba su padre en su casa de Roma y será
publicada, aunque no hay fecha prevista todavía.
[...]
Tra i rimpianti, il mancato incontro con Andrea Camilleri: il progetto di un
film da "Il casellante" tramontò. «Un grande dolore. All’Accademia, sono entrato
nel Duemila, lui aveva lasciato l’insegnamento da poco ma le tracce della sua
presenza erano vivissime. Vissi i tre anni col rammarico di non averlo
incrociato e la speranza di poterci lavorare. È uno degli scrittori che più
hanno significato per me, mi emozionava la sua storia, la vita dedicata al
teatro e il riconoscimento solo avanti negli anni, il modo con cui ha vestito
questo successo con grande eleganza, fino alla fine».
[...] Arianna
Finos
video di Rocco Giurato
L’appuntamento,
ideato da Aldo Mantineo, si svolgerà nel dehors Neri domani, mercoledì 17
luglio, dalle 19 alle 20 “Montalbano
sono!”, disse uno, e l’altro rispose definendosi “Ex-poliziotto.
Ex-cacciatore di replicanti. Ex-killer.” Non ci
sarà molto tempo per le presentazioni nel secondo incontro del ciclo di
conversazioni e incontri “Per chi suona la campana. “Analogico e digitale a
confronto ma uno è di troppo…” in programma domani, mercoledì 17 luglio dalle
19:00 alle 20:00 (quest’anno il rispetto degli orari, soprattutto finale, è
quanto mai perentorio) nel dehors della Pasticceria Neri in via Pausania a
Siracusa. Come
ormai tradizione, in occasione dell’anniversario della scomparsa del maestro
Andrea Camilleri – sarà il quinto – il ciclo di appuntamenti estivi propone un
ricordo dell’autore di Porto Empedocle declinato in maniera meno convenzionale.
Così, nell’ambito della sfida tra analogico e digitale che sta connotando il
programma di quest’anno, il confronto sarà tra Salvo Montalbano, protagonista
assoluto dei racconti di Camilleri, e Rick Deckard, l’ex poliziotto protagonista
del film di Ridley Scott liberamente ispirato al libro di Philip K. Dick “Il
cacciatore di androidi”. A sostenere le ragioni “analogiche” del personaggio
camilleriano sarà il blogger tardivo Giuseppe Gingolph Costa mentre a dare voce
alla visione distopica del mondo del protagonista di Blade Runner sarà Marcello
Bianca, fotografo (e molto ma molto altro ancora) ed esperto… della materia. Si
preannuncia un’ora di serrato botta e risposta durante il quale si vedranno cose
“che voi umani non potreste immaginarvi” (citazione d’obbligo…). Quel che
invece si può facilmente immaginare – anzi, è una certezza – è che a fare gli
onori di casa sarà Franco Neri, imprenditore dolciario di professione e
“provocatore” culturale per passione, e che a dare il via al duello sarà Aldo
Mantineo, ideatore e curatore del programma.
“Per chi suona la campana. Analogico e digitale a confronto ma uno è di
troppo…”, ancora una volta messo in campo da Alfio Neri per la cultura assieme
a G60 – Generazione Sessanta.
Giovanni Polito
La tranquilla
esistenza di una famiglia borghese è improvvisamente scossa da un evento
inatteso: il patriarca novantacinquenne, Arturo Baldi, ha un malore. Perde
coscienza ed è subito trasportato in ospedale, là dove sprofonda nel coma. Per i
familiari che si stringono a lui egli non ha più coscienza. Sembra ridotto allo
stato vegetativo. Ed invece la sua vita interiore scorre vorticosa. Nel fiume
dei ricordi riappare quindi la figura di Dado, il fratello pittore ed
eccentrico, morto suicida. E quella dei genitori con cui ha trascorso
un’infanzia piuttosto serena. Si riaffaccia anche la storia del suo amore con
Carolina, sua moglie. E quella dei figli Dori e Fiore. Soprattutto nel delirio
del coma, se delirio è, affiorano rivelazioni sorprendenti. Così l’istituto
familiari si rivela segnato da profonde crepe e anche gli affetti più intensi si
svolgono nel segno della contraddizione. Posto nel lembo estremo della vita,
Arturo ripercorre così il tracciato che lo ha portato dal paese nativo a Roma;
dagli studi universitari alla professione; dal legame con il fratello alla
sconvolgente scoperta del vero motivo che lo ha portato al suicidio. A questo
punto, si tratta di vedere se ha ancora un senso vivere...
Arianna Mortelliti centra subito il bersaglio in questa sua, convincente, prima
prova narrativa. Alla base c’è non una scelta estemporanea, ma un lungo
apprendistato, realizzato con un maestro d’eccezione: il nonno, Andrea Camilleri.
La sua scrittura è però personale: limpida, essenziale, senza incursioni nel
terreno del dialetto. Così come è personale, e per molti versi controcorrente
rispetto alle imperanti mode letterarie, la scelta di proporre una saga
familiare, con illustri precedenti. L’intreccio del romanzo, in questo modo,
confluisce da un sapiente lavoro di intarsio. Ruota attorno a precisi leit
motiv. Ma il ricorso al flashback, all’andamento spezzato,
labirintico ma cementato da un’architettura solida, tiene sempre desta
l’attenzione del lettore. E i continui colpi di scena, il trascorrere dalla
dimensione fisica a quella fantastica, con il recupero di un elemento
tipicamente pirandelliano, qual è il colloquio tra i vivi e i morti, collocano
il testo ben al di sopra della letteratura di facile consumo. Ben condotta è poi
la contaminazione di generi diversi, come deve essere per un prodotto ibrido
come il romanzo. Così, dramma, ironia, commedia, si intrecciano in un
accattivante gioco narrativo.
Alfredo Sgroi
A cinque anni dalla
scomparsa di Andrea Camilleri (Porto Empedocle, 6 settembre 1925 – Roma, 17
luglio 2019), Rai Teche lo ricorda con una preziosa antologia di sue apparizioni
televisive: “Camilleri sono “. Si parte con un rarissimo intervento in bianco e
nero, risalente al periodo del lavoro in Rai come produttore e regista, per poi
passare al successo dello scrittore a metà degli anni ’90, con numerose
interviste rilasciate, tra gli altri, a Enzo Biagi e Monica Maggioni. Il maestro
Camilleri racconta di sé e del suo mondo, soffermandosi su aspetti quali il
legame con la Sicilia, l’amore per i libri, la popolarità raggiunta in età
avanzata grazie al personaggio del commissario di Vigata. Nel video una
intervista allo scrittore tratta dal programma “Scrittori da marciapiede”: nella
rubrica di Videosapere in onda nel 1996 Andrea Camilleri, che in quel periodo
comincia a farsi conoscere come scrittore, intervista per strada alcuni
passanti: l’intento è appunto quello di interrogarli sui loro gusti letterari
per verificare se il suo libro “Il birraio di Preston” li possa interessare.
Guarda l’antologia integrale
Camilleri sono su Rai Play.
Pagina 3,
17.7.2024
Grandi passioni
"Camilleri ricordava che sua madre era sorpresa dall’ordine ossessivo della sua
stanza, da bambino. Sono cose che non vanno sottovalutate negli scrittori: la
costruzione di cattedrali narrative, l’incasellamento del sapere costruito per
una vita, devono avere un sistema efficace di ordine delle materie prime".
Chi vi scatena grandi passioni? Con ai microfoni Edoardo Camurri Pagina 3 inizia
tradizionalmente con una domanda agli ascoltatori, invitati ad intervenire con i
messaggi. Le letture cominciano su Repubblica dove Francesco Piccolo, collega e
amico di Andrea Camilleri, ricorda il grande autore siciliano e il suo "destino
ritardato" a cinque anni dalla sua morte. Il titolo è "Non solo Montalbano". […]
Oggi, 17 luglio
2024, nella ricorrenza del quinto anniversario della morte di Andrea Camilleri,
vorrei ricordarlo parlando della figura del padre di Montalbano, integrando così
le notizie da me riferite alcuni giorni fa in un articolo sulla madre del
commissario. Mi sembra infatti interessante analizzare come il “padre creatore”
delinei la figura del “padre reale” del personaggio; e si noterà che non è
escluso qualche riferimento autobiografico da parte dell’autore. Il piccolo
Salvo Montalbano, rimasto orfano di madre, era stato allevato dal padre; ne “Il
ladro di merendine” (1996) il commissario analizza, seduto sullo scoglio “a ripa
di mare” a lui tanto caro, il rapporto con il genitore: “era stato, questo
Montalbano non poteva negarlo, un genitore sollecito e affettuoso. Aveva fatto
di tutto perché la perdita della madre gli pesasse il meno possibile. Le
fortunatamente poche volte in cui, da adolescente, era caduto malato, suo padre
non era andato in ufficio per non lasciarlo solo” (p. 204). Ma quando il
padre “si era portato in casa la nuova moglie”, di nome Giulia, Salvo “ne era
rimasto irragionevolmente offiso” (id.); conseguentemente, “tra i due si era
alzato un muro; di vetro, certo, ma sempre muro” (id.). Avevano quindi finito
per diradare i loro incontri, limitati a una-due volte l’anno; in queste
occasioni il padre di Montalbano, rimasto nuovamente vedovo e proprietario di
un’azienda vinicola, portava al figlio qualche cassetta di vino e si tratteneva
mezza giornata col figlio, per poi ripartire. Sempre nel
romanzo “Il ladro di merendine”, Montalbano apprende da una lettera del socio
del padre, Arcangelo Prestifilippo, la triste notizia della grave malattia di
suo padre (un tumore ai polmoni). Questa
lettera, sgrammaticatissima e tale da ricordare in più punti il buffo linguaggio
dell’agente Catarella, svela anzitutto apertamente il profondo affetto che il
padre nutriva per il figlio: «Dottore Montalbano, lei personalmente non mi
conosci e io non conosci a lei com’è fatto. Mi chiamo Prestifilippo Arcangelo e
sonno il socio di suo patre nell’azenda viniccola che ringrazziando il Signori
va bene assai e ci frutta. Suo patre non parla mai di lei però o scoperto che
nella sua casa teni tutti i giornali che scrivono di lei e macari si lui lo vede
quarche volta comparire in televisione si mette a piangere ma cerca di non farlo
vidire» (p. 201). Viene poi
descritta la malattia che ha colpito l’anziano genitore del commissario: «l’anno
scorso, principiò a sentirsi male, ci mancava il fiato bastava che acchianasse
una scala e ci firriava la testa. Non voleva andari dal medico, non c’era verso». Visitato
infine dal figlio dello stesso Prestifilippo, che era “medico bravo”, l’ammalato
si era convinto a fare degli esami all’ospedale; la diagnosi era stata nefasta:
«suo patre era stato attaccato da quel male tirribile ai polmoni». La lettera
descrive poi il triste calvario delle inutili cure: «E accussì è cominciato
il tràsiri e il nèsciri di suo patre dallo spitali che gli facevano la cura che
gli ha fatto perdiri tutti i capilli ma giovamento nenti di nenti». Il padre
aveva assolutamente proibito di informare il figlio di tutto ciò: «Lui mi ha
spressamente proibbito di farle sapiri la cosa, ha detto che non voleva che lei
si pigliasse pinzero» (p. 202). Ma quando il medico aveva rivelato a
Prestifilippo che il malato era ormai “allo stremo”, il socio (“maligrado la
proibbizione asoluta di suo patre”) aveva pensato di informare ugualmente il
figlio. La lettera si conclude dunque con le necessarie indicazioni: «Suo
patre è arricoveratto alla clinica Porticelli, il nummaro di tilifono è 341234.
Tiene il tilifono in càmmara. Ma forse è melio si lei lo viene a trovari di
persona facento finta di non sapìri nenti della sua malatia. Il mio numero di
tilifono lei ce l’ha diggià, è quelo dell’azenda viniccola dove travaglio tutto
il santo giorno. La saluto e mi dispiace. Prestifilippo Arcangelo». Il
commissario resta sconvolto: “un leggero tremore alle mani lo fece faticare a
rimettere la lettera dentro la busta” (p. 202). Subito dopo si alza a fatica
e lascia l’ufficio; esce all’aperto, si compra un cartoccio di “càlia e simenza”
e inizia la sua abituale passeggiata sul molo, fino allo “scoglio grosso” vicino
al faro. Qui
l’angoscia lo assale: «sentiva una specie di ondata acchianargli da qualche
parte del corpo verso il petto e da lì salire ancora verso la gola, formando un
groppo che l’assufficava, gli faceva mancare il fiato. Provava il bisogno, la
necessità, di piangere, ma non gli veniva» (p. 203). La malattia
del padre e la sua possibile perdita costituiscono una svolta decisiva e
drammatica, che Montalbano si rifiuta di accettare; solo quando gli torna in
mente un verso di Camillo Sbàrbaro (“Padre che muori tutti i giorni un poco”),
gli esce dalla gola un grido, animalesco e liberatorio al tempo stesso: “il
grido gli niscì, ma più che un grido un alto lamento d’animale ferito al quale,
immediate, fecero seguito le lacrime inarrestabili e liberatorie” (p. 203). La malattia
del padre è per Montalbano l’occasione di riflettere sul loro rapporto, reso
difficile dal carattere introverso di entrambi: “Forse c’era stata tra loro
due una quasi totale mancanza di comunicazione, non riuscivano mai a trovare le
parole giuste per esprimere vicendevolmente i loro sentimenti” (p. 204). Entrambi
dunque, per il loro carattere chiuso, non erano mai riusciti a confessarsi
apertamente il loro affetto: «Suo padre arrivava di solito con qualche
cassetta di vini prodotti dalla sua azienda, si tratteneva mezza giornata e
ripartiva. Montalbano trovava il vino ottimo e orgogliosamente l’offriva agli
amici dicendo che l’aveva prodotto suo padre. Ma lui, a suo padre, l’aveva detto
mai che il vino era ottimo? Scavò nella memoria: mai. Così come suo padre
raccoglieva i giornali che parlavano di lui o gli venivano le lacrime quando lo
vedeva in televisione. Ma per la riuscita di qualche inchiesta con lui, di
persona, non si era mai congratulato» (p. 204). Qui Camilleri
riesce ottimamente ad evidenziare la situazione di stallo creatasi fra due
persone che si stimavano e si volevano bene; ne emerge un messaggio subliminale:
l’amore (in particolare quello fra un genitore e un figlio) non si deve
sottintendere, non deve essere chiuso dentro, ma deve essere esternato,
comunicato all’altro, condiviso. Se qualche volta sentiamo di dover dire (padre
al figlio o figlio al padre) una parola buona, diciamola e basta, senza
lasciarci condizionare dai tortuosi labirinti della nostra mente. Montalbano
però decide di non andare a trovare il genitore agonizzante: “Vedendolo
avrebbe certamente capito la gravità del suo male, sarebbe stato peggio. […]
Inoltre a Montalbano i moribondi facevano spavento e orrore: non era
certo di poter sopportare l’orrore e lo spavento di veder morire suo padre,
sarebbe scappato via, al limite del collasso” (p. 205). La difficile
situazione psicologica di Montalbano è descritta da Camilleri con potente
drammaticità; e non è ipotesi azzardata pensare che l’autore rivivesse qui la
morte del proprio padre, dovuta alla stessa malattia. Sarà poi un
altro personaggio a svelare apertamente questo stato d’animo del commissario; si
tratta del mio omonimo prof. Pintacuda, che compare nella parte finale de “Il
ladro di merendine” ed è modellato su un vecchio professore di Filosofia di
Camilleri (di nome Carlo Greca) e su Leonardo Sciascia (cfr. la dichiarazione di
Camilleri in “Vi racconto Montalbano – Interviste”, Datanews, Roma 2006, p.
127). Il prof.
Pintacuda analizza acutamente lo stato d’animo del commissario: «Che suo
padre muoia è un fatto reale, ma lei si rifiuta di avallarlo constatandolo di
persona. Fa come i bambini che, chiudendo gli occhi, pensano d’avere annullato
il mondo… […] Quando si deciderà a crescere, Montalbano?» (pp.
233-234). In seguito a
questo colloquio, nelle ultime pagine del romanzo Montalbano vince le sue ultime
resistenze e si reca alla clinica ove è ricoverato il padre. Troppo tardi:
un tale professor Brancato gli comunica che il padre “è deceduto serenamente”
due ore prima. La risposta
del commissario è un paradossale “Grazie”, che lascia il medico “un
poco strammato”. Ma – aggiunge Camilleri a conclusione del libro – “non
stava ringraziando lui”. P.S.: Nella
fiction “Il giovane Montalbano”, diretta dal regista Gianluca Maria Tavarelli,
che aveva per protagonista un Salvo Montalbano in giovane età, veniva
ottimamente evidenziato il tormentato rapporto fra il commissario (qui
interpretato dall’attore tarantino Michele Riondino) e suo padre (l’attore
livornese Adriano Chiaramida, particolarmente adatto a incarnare un certo tipo
di uomini “di una volta” del Sud Italia per il suo volto severo e austero).
Infine, per ulteriori notizie sull’argomento, rimando al mio volume “Camilleriade”,
scritto con Vito Lo Scrudato e Bernardo Puleio, ed. Diogene Multimedia, Bologna
2023, pp. 131-135. Mario Pintacuda
Libreriamo, 17.7.2024
Una frase di Andrea Camilleri sul valore delle parole
Andrea Camilleri è stato fra gli scrittori più amati del nostro tempo. Autore di
capolavori letterari e frasi suggestive, come questo in cui riflette sul valore
e lo straordinario potere delle parole.
Andrea Camilleri è
stato un maestro della scrittura, capace di regalarci storie senza tempo ed
emozioni che ancora oggi rivivono grazie alle sue parole ed i suoi personaggi. Oggi,
anniversario della sua scomparsa, avvenuta il 17 luglio 2019, lo ricordiamo con
una delle sue frasi più belle e memorabili. Una frase per riflettere sul valore
e lo straordinario potere delle parole. “Le parole
che ci dicono la verità hanno una vibrazione diversa da tutte le altre” La verità
nelle parole Secondo
Andrea Camilleri, le parole che ci dicono la verità hanno una vibrazione
diversa: la verità spesso ci può ferire come una lama di coltello e colpirci più
forte di uno schiaffo, ed è più facile nasconderci dietro una bugia che
apparentemente potrebbe salvaguardarci ma le parole dette con verità sono quelle
che ci rendono uomini liberi. Sta tutti qui
il concetto di libertà, ossia nella capacità di esprimere la propria opinione e
di saperla trasferire agli altri, brutta e buona che sia. La natura di ciò che
comunichiamo agli altri arriva sempre agli altri; ecco perché è importante dire
sempre la verità, e Camilleri ce lo ricorda bene con questo semplice ma efficace
aforisma, capace di arrivare dritto al punto, proprio come lui faceva con i suoi
romanzi.
Impariamo, quindi, dal gran maestro Camilleri, uno che le parole le usava bene e
per raccontare grandi storie, l’importanza e il valore della sincerità di ciò
che diciamo, attraverso frasi e parole capaci di rappresentare ciò che siamo
agli altri.
Salvatore Galeone
Seconda straordinaria serata oggi per la sesta edizione del Premio Vigata. La
rassegna teatrale che si tiene in piazza Kennedy, organizzata dall’associazione
Terra di Vigata con il patrocinio del Comune di Porto Empedocle, Enel e Regione
Sicilia. Oggi è un giorno speciale non solo per la cittadina marinara, ma per
l’intera cultura italiana. E’ infatti il quinto anniversario dalla morte di
Andrea Camilleri e in occasione di questa ricorrenza, non mancherà un tributo al
“papà” del commissario Montalbano. […]
Immediato, doppio
ricordo: “Giudice finalmente / arbitro in terra del bene e del male”. / “Lei
certamente farà quello che è giusto per noi / che ci fidiamo e continuiamo a
vivere”. All’inizio e
alla fine degli anni Settanta (nel ’71 e nel ‘79), Fabrizio De André e Roberto
Vecchioni ci fecero capire che il giudice è una personalità inquieta e
inquietante, che si arroga un ruolo controverso: far applicare la Legge,
decidere secondo giustizia. Ma se ripensi al giudice interpretato da Gianmaria
Volonté in Porte aperte, o ai giudici assassinati perché stavano facendo
il loro dovere, arrivi a mettere a fuoco una figura ancora più ambigua, “ingiudicabile”,
senza dubbio “parte del sistema”, come pensa di sé Valentina Lorenzini, fra i
protagonisti di questa raccolta, nella quale, tuttavia, non si racconta di
giudici di tribunale, ma di magistrati inquirenti, che svolgono indagini. Al solito
splendida la copertina di Lorenzo Mattotti. “Il giudice
Efisio Surra arrivò direttamente da Torino a Montelusa quindici giorni dopo che
il primo prefetto dell’Italia unita, il fiorentino Falconcini, aveva preso
possesso della carica”. Il prefetto si adopera per far riaprire il tribunale.
Quasi tutti i magistrati, infatti, si sono resi indisponibili, dichiarando la
loro fedeltà ai Borboni. Ma da Torino sta arrivando il giudice Efisio Surra, che
resta sorpreso dalla bellezza della sua casa a Vigàta, da una lettera anonima e
dai cannoli. Rapidamente,
Surra si accredita come un magistrato coraggioso. In realtà, è una specie di
marziano, da quelle parti, non si rende nemmeno conto dell’attentato alla sua
vita. Però, comprende che laggiù è impossibile mantenere un segreto, e ne trae
tutte le conseguenze. Gli viene fornito un documento che analizza
un’organizzazione segreta, chiamata “fratellanza”, che può fare e disfare a
piacimento, ma Surra dimentica di leggerlo. Chi, a
Montelusa e dintorni, capisce la situazione, sa che don Nenè Lonero ha fatto
sparare al giudice, ma solo come avvertimento. Siccome il messaggio non è stato
raccolto e la reputazione è tutto, d’accordo con il senatore del Regno Midulla,
don Nenè provvede e recapitare un secondo avviso: una testa d’agnello mozzata.
Ma Surra – cinquantenne, sposato e decisamente goloso – sembra impermeabile alla
paura. Forse è solo un po’ ingenuo e non ha nemmeno capito il pericolo, fatto
sta che fra il senatore e il boss si insinua un inedito conflitto su come
impedirgli di nuocere. Al giudice
Surra, riesce l’impresa di far apparire ridicolo don Nenè, e il ridicolo toglie
qualsiasi tipo di autorità (meglio trasferirsi a Palermo e abbandonare i
picciotti sacrificabili). Tutto ciò accadde, chiosa Camilleri, perché il giudice
Surra non sapeva nulla della Fratellanza, cioè della Maffia, prima che perdesse
una effe, e si comportò come se non esistesse.
Quel giudice integerrimo rimase per tre anni a Vigàta, mostrando una notevole
efficienza, poi fece ritorno in Piemonte, la moglie lo trovò ingrassato e lo
mise a dieta. (1, segue) Rudi
Blob, 18.7.2024
camillerisono
Cliccare qui o sull’immagine per il video (a partire dal min. 14:00)
Nella stessa
settimana di mezza estate, un luglio di cinque anni fa, il Sud, l’editoria
italiana e la letteratura popolare persero due grandi pop-writer e due figure
pubbliche con grande seguito: Andrea Camilleri e Luciano De Crescenzo. Entrambi
hanno reso più accattivante il sud, i suoi linguaggi, il suo modo di vivere e di
pensare, la Sicilia di Camilleri e la Napoli di De Crescenzo. La sorte ha dato a
Camilleri il privilegio di vivere una lucida e riverita vecchiaia, ha recitato
per vent’anni il ruolo di Grande Vecchio e di Oracolo Siculo della Tv e delle
Lettere. Invece ha dato a De Crescenzo un ventennio di declino e di ritiro dalle
scene pubbliche per ragioni di salute. Ricordo vent’anni fa a una cena De
Crescenzo si presentò esibendo un biglietto preventivo di scuse perché non
riconosceva i volti delle persone, anche a lui note o addirittura amiche. I
primi tempi si pensò a una spiritosa trovata dello scrittore, che conoscendo
molte persone non ricordava i loro nomi e dunque era un modo gentile e simpatico
per scusarsi in partenza della distrazione e non passare per superbo e
scostante. In realtà soffriva di prosoagnosia, una malattia seria. Entrambi sono
stati scrittori assai popolari, e l’uno deve molto alla traduzione televisiva
dei suoi romanzi, l’altro al cinema e alla partecipazione attiva nella simpatica
scuola meridionale di Renzo Arbore. De Crescenzo si tenne sempre lontano dalla
politica e dalle ideologie, si definì monarchico, indole di destra ma votante a
sinistra, un po’ ateo e un po’ cristiano, ma preferì non mischiarsi nelle
vicende della politica. Camilleri invece da anni ormai aveva assunto il ruolo di
testimonial della sinistra, si era schierato apertamente in modo radicale, con
qualche nostalgia del comunismo e un’antipatia viscerale che tracimava nell’odio
verso Berlusconi ieri e verso Salvini di recente, fino alla famosa dichiarazione
del vomito. Ma per giudicare un autore si deve avere l’onestà intellettuale e lo
spirito critico di distinguere le sue posizioni politiche dalla sua prosa e
dall’impronta che lascia nella letteratura. A questo criterio ci sforziamo di
attenerci, ma l’aperto schierarsi di Camilleri gli è valso da morto una
glorificazione veramente esagerata. Mentre De Crescenzo ha avuto un trattamento
sottotono. Eppure De
Crescenzo, oltre a riabilitare con arguzia il sud, aveva avuto il merito non
secondario di aver reso simpatica e popolare la filosofia a tanti, e soprattutto
la filosofia antica. Aveva reso famigliare la figura di Socrate, i presocratici,
lo Zarathustra nietzschiano, stabilendo un ponte con la Magna Grecia. I
professori di filosofia trattavano con sussiego De Crescenzo, come se fosse un
abusivo del pensiero e un profanatore della filosofia: ma lui non ha trascinato
in basso la filosofia, ha innalzato il lettore comune facendogli scoprire e
amare la saggezza dei filosofi. Lui è stato un campione amabile di filosofia
pop. Quanti accademici contemporanei hanno allontanato i lettori dalla
filosofia, coi loro linguaggi involuti che nascondevano scarsa originalità e più
scarso acume. Allontanavano la gente senza avvicinarsi alle vette del pensiero.
Meglio De Crescenzo a questo punto… Dal canto suo
Camilleri è stato uno scrittore di talento, ha inventato un suo linguaggio
gustoso e simil-siciliano, ha scalato le classifiche librarie quanto e più di De
Crescenzo, anche perché la narrativa tira più della saggistica, le sue opere
sono state tradotte in tutto il mondo, aiutato dal successo televisivo di
Montalbano che è una delle fiction più vendute nel mondo. Ma i
necrologi agiografici, gli infiniti servizi dedicati dai tg, i paragoni con
Pirandello e Verga, e perfino con i classici, non gli hanno reso un buon
servizio.
Quando muore un personaggio pubblico bisogna rispettare la memoria e difenderlo
dai suoi detrattori come dai suoi esagerati incensatori. Camilleri intrigava con
le sue trame, sapeva gigioneggiare in video e sul palco, col suo tono da
cassandra sicula e l’aura istrionica del vegliardo, assumendo un ruolo
ironico-profetico. Grande affabulatore. Sul piano civile, sbandierava
l’antifascismo, seppure molto postumo, ieri antiberlusconiano, poi
antisalviniano. Una polizza per farsi incensare, come era già avvenuto in vita,
e come è avvenuto in morte. Era uno scrittore bravo, un giallista e un autore di
polizieschi di successo, non un Gigante, non il Grande Scrittore che entra nella
storia della grande letteratura. Non esagerate, Camilleri rimane nella
bestselleria corrente e nella personaggeria di scena del nostro tempo. Non
rendetelo ridicolo, paragonandolo a Pirandello e Verga e pure a Sciascia. E’
come se negli anni trenta avessero paragonato Guido da Verona e Pitigrilli,
autori di successo e di talento, a D’Annunzio e Pirandello. Via, abbiate senso
della misura e delle proporzioni. Non mettetegli pennacchi e aureole, abbiate
rispetto di un morto; lo scrissi allora sui social e oltre a una marea di
consensi ricevetti insulti isterici dai suoi fan, che sono spesso lettori di un
solo autore, non hanno termini di confronto, e credono che leggere Omero o
Camilleri, Proust o Saviano sia la stessa cosa. La mia polemica non era rivolta
contro Camilleri ma contro chi lo usa per scopi politici e lo innalza a tal
punto da rendergli un cattivo servizio. Sappiate distinguere il successo dalla
gloria, il cantastorie dalla storia, il “colore” dal pensiero. Pirandello
descrisse a teatro la condizione dell’uomo contemporaneo, la perdita delle
verità, l’avvento del relativismo; Camilleri seppe intrattenere, piacevolmente,
migliaia di lettori e milioni di spettatori. Sono due cose diverse. Camilleri
non è Pirandello, e De Crescenzo non è Benedetto Croce. Lo dico per difendere la
verità e la memoria di ambedue, De Crescenzo e Camilleri.
Per quest’estate nutri
il desiderio di una vacanza rigenerante ma dinamica? Avrai pensato a delle mete
in cui non mancano l’energia e le occasioni di divertimento. Se le ferie,
tuttavia, sono ancora lontane e fatichi a concentrarti sulla quotidianità perché
hai bisogno di staccare la spina, i libri vengono in tuo aiuto: ecco 5 titoli
perfetti da leggere per chi desidera una vacanza dinamica. 5 libri da
leggere in estate se desideri una vacanza dinamica “La gita a
Tindari” di Andrea Camilleri Fra i libri
che abbiamo selezionato per te che ricerchi una vacanza energica, “Una gita a
Tindari” è quello perfetto se ami i gialli e vuoi vivere le atmosfere calde e
vivaci dell’isola siciliana. Il
commissario Montalbano è impegnato in una nuova indagine tra l’immaginaria
Vigàta e il promontorio di Tindari. Un triplice
omicidio è avvenuto: un giovane dongiovanni che viveva al di sopra dei suoi
mezzi apparenti, due anziani pensionati seppelliti in casa che improvvisamente
decidono una gita a Tindari. Li collega,
sembra, solo un condominio. Ma Montalbano ha una maledizione, sa leggere i segni
che provengono dall'”antichissimo” che vive nel “modernissimo” continente
Sicilia.
[…]
Nicoletta Migliore
Si è svolto ieri a
Porto Empedocle il Memorial Andrea Camilleri organizzato dall’A. C. Oltre Vigata
e da Visitagrigento.it con il patrocinio gratuito del Comune di Porto Empedocle
e la collaborazione dell’A.T. Maschere di Vigata e la collaborazione di Ohana
Giardino dell’Infanzia. È stata una
serata bellissima ed emozionante che ha avuto inizio nel cortile della Torre
Carlo V con la lettura delle fiabe di Andrea Camilleri ai tanti bambini
presenti, a cura di Eleonora Di Girgenti. Subito dopo il gruppo ha raggiunto la
statua del Commissario Montalbano per dare inizio a “Percorsi d’inchiostro,
sulle tracce del Commissario Montalbano”, alla presenza di tantissima gente che
malgrado il caldo ha seguito l’interessante tour che ormai da anni accompagna i
turisti e le scolaresche che scelgono Porto Empedocle come meta delle loro
escursioni. Alla
manifestazione era presente parte dell’amministrazione comunale e il Vicesindaco
Marilù Caci che ha avuto parole di apprezzamento per gli organizzatori, in
particolare per Marcello Mira responsabile di Visitagrigento.it nonché promotore
della serata e per Oltre Vigata: “Oltre Vigata è una garanzia e ogni volta c’è
sempre un nuovo dettaglio da cogliere”. Ritornati
alla Torre Carlo V, il Percorso ha avuto un finale inedito. Annagrazia
Montalbano e Giugiù Gramaglia hanno letto le pagine finali di “Riccardino”, il
romanzo con il quale il Maestro Empedoclino ha voluto porre fine al suo
personaggio più famoso. Successivamente un video liberamente tratto da “Ora
dimmi di te”, il libro lettera con il quale Andrea Camilleri ha voluto lanciare
un messaggio di speranza alla nipote Matilda e per estensione a tutti i suoi
lettori.
Il Presidente dell’A.C. Oltre Vigata Danilo Verruso soddisfatto dichiara: “A
cinque anni di distanza dalla morte dello scrittore empedoclino, si conclude
così il Memorial Andrea Camilleri e ringrazio tutti coloro i quali hanno
contribuito a questa coinvolgente commemorazione. Ringrazio il pubblico numeroso
che ci ha seguito malgrado il caldo e che testimonia l’affetto che gli
empedoclini nutrono nei confronti del nostro scrittore ma soprattutto ringrazio
i soci di Oltre Vigata e il Fondo Andrea Camilleri con i quali stiamo lavorando
per gli eventi del Centenario della nascita di Andrea Camilleri del 2025”
Associazione L'agone nuovo, 18.7.2024
Trevignano, oggi appuntamento con Camilleri
Classe 1983,
l’attore Alessio Vassallo si sente palermitano fino al midollo («Addirittura
penso in palermitano», dice lui ridendo). Nonostante i diversi anni
trascorsi a Roma, dove vive ormai stabilmente, il suo cuore guarda sempre alla
tanto amata Mondello e a quel calore che solo la Sicilia sa regalare. Con
numerosi traguardi raggiunti e ben oltre quaranta produzioni come interprete,
nel 2024 Vassallo festeggia vent’anni di carriera, celebrati di recente con
il Nastro d’Argento. […] Festeggi
un gran bel traguardo, vent’anni sui set, tra serie tv, cinema e anche teatro.
Quali sono le produzioni che hanno segnato momenti salienti del tuo percorso? […] L’incontro
con Camilleri e con Il giovane Montalbano, La concessione del telefono ecc.
sicuramente hanno rappresentato tanto per me. Sono stati progetti di successo,
hanno riscosso una notevole popolarità. Avere l’opportunità di dar voce a
produzione di questo tipo è stato un grandissimo privilegio. […] Tra i vari
ruoli in cui ti sei calato nel corso di questi anni, quale hai sentito più
vicino a te e al tuo carattere? Forse i ruoli
legati a Camilleri. È difficile rispondere a questa domanda perché poi, di
fatto, ogni attore si nasconde dietro al personaggio, come fosse una maschera. […] Durante le
tue numerose esperienze sul set, ti è mai capitato di incontrare qualcuno che ha
rappresentato un momento di svolta? Durante
questi anni ho avuto a che fare con diversi personaggi di un certo calibro. Ho
incontrato più volte Andrea Camilleri: mettere in voce i suoi scritti, portarli
in televisione, al cinema e anche a teatro è stato un vero onore.
[…]
Federico Poletti
La Repubblica (ed.
di Palermo),
20.7.2024 Le
preghiere per la pioggia nei “Viceré” e i sei mesi di febbre del “Gattopardo” Un
tema costante che attraversa la produzione narrativa fino a Camilleri
Una sete da romanzo così gli scrittori raccontano la siccità
[...] Il
contadino, da quando mondo è mondo, «jetta sangue e sudore sul tirreno tutti i
tricentosissantacinco jorni dell’anno» come si legge nel “Re di Girgenti” (2001)
di Andrea Camilleri. La speranza è che prima o poi l’acqua precipiti dal cielo:
«Manco una goccia, una lagrima. Le spiche di frumento erano tutte vacanti a
metà, le fave furono più quelle seminate che quelle raccolte. Sugli àrboli
spuntò qualche rara gemma, la maggior parte siccò. Travagliare il tirreno era
addiventato difficoltoso assà, la terra era dura, non sfarinava».
[...] Salvatore Ferlita
Il 24 luglio il Pirandello Stable Festival di Mario Gaziano in trasferta a
Caorle in provincia di Venezia per una serata omaggio ad Andrea Camilleri. Punto
Fermo Day di lancio in onda oggi al termine del Videogiornale di Teleacras (ore
14:05, 18:30, 20:10), sul canale 89 di Tele Iblea.
Angelo Ruoppolo
Abbiamo
lasciato Camilleri sulla strada di carta che, nel 1950, lo condusse da Principe
a Boccadasse, dal «colpo di fulmine» per Genova al «colpo al cuore» nel borgo
che gli sembrava Sicilia. A fare da guida in città ci pensarono le poesie di
Tullio Cicciarelli e le passeggiate con Raffaella Perillo, la futura Livia, ma
il secondo soggiorno non fu meno suggestivo. Camilleri tornò per dirigere la
riduzione radiofonica di un romanzo di Puškin, Una tempesta di neve,
interpretato dagli attori e dalle attrici del Teatro Stabile e trasmesso dalla
Rai nel 1969. Incontrò, in una trattoria del porto, un conterraneo che si era
trasferito da bambino a Genova e che, gli confidò, parlava siciliano ma pensava
in genovese. A distanza di trent’anni esatti, nella Mossa del cavallo,
Genova si «comincia a vedere» dalla nave («tra i monti scuri e la marina,
ragnatela di luce tremante distesa sull’aria di mare») e soprattutto si sente
nell’eccezionale idioma del protagonista, un siciliano che, nei momenti di
tensione, ricorre al genovese: «A cavallo Giovanni scendeva verso la casa di
Vigata e si aggrappava, come uno che s’è perso in mare, alla sua lingua
genovese, quella nella quale aveva imparato a vivere e a ragionare». Una lingua
che Camilleri prelevò dalle poesie di Edoardo Firpo o da un’antologia di poeti
genovesi dell’Ottocento. Quando, nello stesso 1999, venne a Genova per l’ultima
volta, almeno di persona, si rese conto che il suo amore per la città era
ampiamente ricambiato: presentò il romanzo al Porto Antico, l’indomani andò a
Boccadasse per non fare «uno sgarbo a Livia». Avrebbe fatto uno sgarbo alla sua
libertà di pensiero e al magistero di Sciascia non avesse preso di petto i fatti
del G8. Il giro di boa si apre con un’invettiva e le dimissioni di
Montalbano, indignato contro polizia e politica. Il tempo scorre, corre
rovinosamente e si ripete senza ritegno. Il 17 luglio di cinque anni fa moriva
Camilleri, il 20 luglio di ventitré anni fa moriva a ventitré anni Carlo
Giuliani. Alessandro Ferraro
Il 25 luglio si terrà, presso il Fondo Andrea Camilleri, la conferenza stampa di
presentazione del “Premio Andrea Camilleri – Nuovi Narratori”.
In quell’occasione, il Fondo Andrea Camilleri, Arianna Mortelliti – nipote di
Camilleri, scrittrice e direttrice artistica del Premio – e Gemma Gemmiti –
Gemma Edizioni – illustreranno alla stampa la modalità di partecipazione, le
categorie, le scadenze e la giuria delle diverse sezioni.
Da quel momento il bando sarà attivo e si potrà accedere al sito Internet del
Premio e ai social (Facebook e Instagram) a esso dedicati.
“Camilleri,
Montalbano & co”. E' questo il titolo di un evento dedicato al grande scrittore
siciliano Andrea Camilleri che sarà presentato dopodomani, 24 luglio, a Caorle,
città metropolitana di Venezia, dalle 21, in piazza Vescovado.
L’iniziativa, che prevede momenti teatrali, proiezioni video e degustazioni di
prodotti della tradizione gastronomica siciliana, è organizzata
dall'associazione culturale “Sole e Tradizioni di Sicilia” di Mario Gaziano con
il Distretto Turistico Valle dei Templi. L’evento
di Caorle proporrà miti e personaggi, nonché la particolare lingua letteraria
del grande Andrea Camilleri.
La serata vedrà la partecipazione straordinaria di Maria Grazia Castellana,
Maria Fantauzzo e Gioacchino Logico. Sono in programma gli interventi del gruppo
folk partner del progetto con Riccardo Cacicia, Letizia Sferrazza, Vittorio
Lauricella e Gioacchino Marrella. Le collaborazioni artistiche vedranno
coinvolti Giuseppe Adamo, Giuseppe Portannese e Vincenzo Portannese.
In vista del
centenario della nascita di Andrea Camilleri, il 6 settembre 1925, è nato il
'Premio Andrea Camilleri - Nuovi Narratori' rivolto ad autori e autrici di
racconti brevi, radiodrammi, favole per bambini e poesie. Le opere
dovranno essere scritte in lingua italiana, inedite, mai pubblicate né in
versione cartacea, né digitale, né sui social.
Il bando è online da mercoledì 25 luglio.
Indetto e presentato al Fondo Andrea Camilleri dalla scrittrice Arianna
Mortelliti, nipote di Andrea Camilleri, dalla figlia dello scrittore Andreina
Camilleri e dall'editrice Gemma Gemmiti che pubblicherà le opere, nella prima
edizione il premio sarà dedicato a Oltre la ragione.
"Far conoscere la sua parte meno conosciuta era fondamentale. Abbiamo trovato
raccolte di poesie del 1939 da lui stesso rilegate quando aveva 14 anni" ha
spiegato Arianna Mortelliti.
Il Premio vuole promuovere non solo i giovani aspiranti scrittori ma anche gli
over sessanta, proprio per omaggiare il successo sui generis e tardivo che ha
contraddistinto la carriera di Andrea Camilleri, un unicum nel suo genere. Ogni
categoria è, dunque, suddivisa in due sezioni: in quella 'Chiù picca di
sissanta' che include tutti coloro che hanno meno di sessant'anni e la sezione 'Chiù
assà di sissanta' che include tutti coloro che hanno da 60 anni in poi. Prima di
raggiungere il successo grazie al celebre Commissario Montalbano, Camilleri ha
avuto un'intensa vita lavorativa come regista teatrale, collaboratore di
giornali e riviste, autore e sceneggiatore per la Rai. Non tutti sanno, inoltre,
che l'autore siciliano è approdato alla scrittura all'età di 14 anni con opere
poetiche. Le opere vincitrici saranno pubblicate in un'antologia dalla casa
editrice Gemma Edizioni. La premiazione tra settembre e ottobre 2025.
Andrea Camilleri
prima che raggiungesse il successo all'età di 70 anni con il Commissario
Montalbano. Nasce un
premio letterario senza limiti d'età che rende omaggio al percorso meno
conosciuto del grande scrittore siciliano che è stato regista teatrale,
drammaturgo, autore e sceneggiatore per la Rai.
"Abbiamo trovato raccolte di poesie del 1939 da lui stesso rilegate quando aveva
14 anni che si trovano ora al Fondo Camilleri" dice la nipote dello scrittore,
la scrittrice Arianna Mortelliti, direttrice artistica del premio.
A cinque anni dalla morte, il 17 luglio 2019, e in vista, nel 2025, del
centenario della nascita avvenuta il 6 settembre 1925, il 'Premio Andrea
Camilleri - Nuovi Narratori' è rivolto ad autori e autrici di racconti brevi,
radiodrammi, poesie e favole per bambini. Ogni categoria è suddivisa in due
sezioni: in quella 'Chiù picca di sissanta' che include tutti coloro che hanno
meno di sessant'anni e la sezione 'Chiù assà di sissanta' che include tutti
coloro che hanno da 60 anni in poi. Le opere dovranno essere scritte in lingua
italiana, inedite, mai pubblicate né in versione cartacea, né digitale, né sui
social.
Il bando del premio, indetto dal Fondo Andrea Camilleri, è online da mercoledì
25 luglio e consultabile sul sito www.premioandreacamilleri.it. Le opere
dovranno essere inviate entro il 6 gennaio 2025. La prima edizione avrà come
tema Oltre la ragione.
"La scelta delle categorie ricalca il Camilleri meno conosciuto. Questo vale
anche per il tema che si rifà alla trilogia delle metamorfosi di Camilleri
composta da Maruzza Musumeci, Il casellante e Il sonaglio.
Sono i miei libri preferiti, favole per adulti decisamente poetiche. Ci sono
donne affascinanti, ammaliatrici, ma allo stesso tempo dolci, con accanto uomini
che sono disponibili ad andare oltre la ragione per amore. Il messaggio della
trilogia per me è mio nonno, andare oltre la ragione per amore ultimamente
invece ha preso pieghe negative ed è importante riscoprire questa parte bella,
poetica" dice all'ANSA Arianna Mortelliti a margine della presentazione al Fondo
Camilleri con la figlia dello scrittore, Andreina Camilleri e l'editrice Gemma
Gemmiti. All'incontro era presente fra gli altri anche Mariolina Camilleri.
"Ho lavorato con mio nonno nell'ultimo anno della sua vita e ho potuto vedere il
suo impegno quotidiano, la dedizione, la voglia, il sorriso. È un altro modo che
io ho per ricordarlo e per non farlo morire mai. Scrivere di getto, mettere nero
su bianco le idee e poi magari correggere, ma lui non ne aveva bisogno, è stato
un suo insegnamento insieme al mettersi sempre nei panni degli altri. L'empatia"
racconta Mortelliti che ha iniziato a scrivere un anno dopo la morte di
Camilleri ed è autrice di Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni
(Mondadori) e a ottobre uscirà Quel fazzoletto color melanzana (Mondadori).
"È importante fare la presentazione di questo premio al Fondo Camilleri
inaugurato nel 2022, perché qui ci sono l'archivio e la biblioteca dal 1939 al
2000. Mio padre ha conservato le sue carte fin da ragazzo. Nel 2018 ci ha
chiesto di conservarle. La scelta dell'archivio è stata sua. La catalogazione
dei documenti è terminata e sarà consultabile fra la fine del 2024 e l'inizio
del 2025. Sia archivio che biblioteca sono fruibili. Il fondo è un luogo aperto
a tutti", sottolinea Andreina Camilleri.
Le opere vincitrici saranno pubblicate da Gemma Edizioni in due antologie: una
dedicata ai racconti brevi, ai radiodrammi e alle poesie, l'altra alle favole
per bambini. La prima selezione delle opere sarà fatta dal Fondo Camilleri che
scarterà esclusivamente quelle che non rispetteranno i requisiti di ammissione.
Successivamente, saranno visionate dai Circoli di Lettura delle Biblioteche di
Roma che, una volta operata la loro scelta, sottoporranno le opere selezionate
al giudizio finale di quattro giurie: Racconti brevi presieduta da Tea Ranno,
Poesie con presidente Giovanni Caccamo, Radiodrammi con presidente Rodolfo
Sacchettini e Fiabe per bambini presieduta da Annalisa Strada. La serata di
premiazione sarà tra settembre e ottobre 2025 a Roma.
Non è escluso che nelle prossime edizioni del premio si possa dare spazio anche
ai romanzi: "Vedremo" dice Mortelliti.
Mauretta Capuano
Il Libraio, 25.7.2024
Al via il nuovo premio Andrea Camilleri (anche per over 60)
Per omaggiare il creatore del Commissario Montalbano e il suo poliedrico e
prolifico percorso professionale, il nuovo “Premio Andrea Camilleri – Nuovi
Narratori” è rivolto ad autori e autrici di racconti brevi, radiodrammi, favole
per bambini e poesie – I particolari sulla prima edizione, il tema, il bando, la
scadenza e la giuria
Nasce il “Premio
Andrea Camilleri – Nuovi Narratori”, indetto dal Fondo Andrea Camilleri e curato
dalla scrittrice Arianna Mortelliti, nipote di Andrea Camilleri. Il Premio,
sottolinea la presentazione, intende “valorizzare la scrittura in differenti
forme, seguendo un percorso che ricalchi le orme del lavoro del grande
scrittore”. Prima di raggiungere il successo grazie al Commissario Montalbano,
Camilleri ha avuto un’intensa vita lavorativa come regista teatrale,
collaboratore di giornali e riviste, autore e sceneggiatore per la Rai. Non
tutti sanno, inoltre, che l’autore siciliano è approdato alla scrittura all’età
di 14 anni attraverso l’espressione poetica: si tratta di opere perlopiù
inedite, che racchiudono molta dell’essenza di Camilleri, anticipandone la
futura carriera letteraria. Per omaggiare
Camilleri e il suo poliedrico e prolifico percorso professionale, il “Premio
Andrea Camilleri – Nuovi Narratori” è rivolto ad autori e autrici di racconti
brevi, radiodrammi, favole per bambini e poesie. Le opere
dovranno essere scritte in lingua italiana, inedite, mai pubblicate né in
versione cartacea, né digitale, né sui social. Il Premio vuole promuovere non
solo i giovani aspiranti scrittori ma anche gli over sessanta, proprio per
omaggiare il successo sui generis e tardivo che ha contraddistinto la carriera
di Camilleri, un unicum nel suo genere. Ogni
categoria è, dunque, suddivisa in due sezioni: in quella “Chiù picca di sissanta” sono
inclusi tutti coloro che hanno meno di sessant’anni, nella sezione “Chiù assà di
sissanta” sono inclusi tutti coloro che hanno già compiuto sessant’anni o che li
compiranno entro il 31/12/2025. Le opere
vincitrici saranno pubblicate in un’antologia da parte della casa editrice Gemma
Edizioni. Tema di
questa prima edizione al quale tutte le proposte, indipendentemente dalla
categoria, dovranno ispirarsi è “Oltre la ragione”. Nella trilogia fantastica di
Andrea Camilleri, “composta dai tre romanzi Maruzza Musumeci, Il casellante e Il
sonaglio si parla soprattutto di passione e amore. Per proteggere questo
grande sentimento si sconfina oltre la ragione, toccando persino le corde della
follia. Le protagoniste dei tre racconti nascondono un segreto, sono donne
ammaliatrici, ferine, ma allo stesso tempo fedeli e amorevoli. La magia di
queste donne meravigliose e la loro vitalità permetterà ai tre uomini di entrare
in una dimensione altra e toccare fino in fondo il sentimento del grande e
incommensurabile amore. In questa trilogia lo scrittore siciliano ci parla
attraverso favole tinte di fantasy, horror e miti popolari. Mette a dura prova
l’universo maschile e il raggiungimento del totale coinvolgimento amoroso. Gli
elaborati, dunque, racconteranno storie che colgano questi spunti tematici, i
cui protagonisti siano disposti ad andare oltre la ragione per custodire il
sentimento d’amore“. E’ stato
dunque indetto il bando del nuovo premio, consultabile al sito premioandreacamilleri.it,
ed entro il 6 gennaio 2025 i partecipanti potranno inviare i loro scritti. Le
opere saranno soggette a una selezione iniziale da parte del Fondo Andrea
Camilleri che si impegnerà a scartare esclusivamente quelle che non
rispetteranno i requisiti di ammissione. Successivamente, saranno visionate dai
Circoli di Lettura delle Biblioteche di Roma che, una volta operata la loro
scelta, sottoporranno le opere selezionate al giudizio di una Giuria finale,
composta da esponenti del mondo letterario e giornalistico come Viola Ardone,
Davide Avolio, Riccardo Barbera, Giovanni Caccamo, Michele Caccamo, Massimiliano
Catoni, Loretta Cavaricci, Edoardo De Angelis, Stefano De Sando, Fulvia
Degl’Innocenti, Giuseppe Fabiano, Idalberto Fei, Salvatore Ferlita, Giuliano
Logos, Rocco Mortelliti, Davide Oliviero, Adriana Pannitteri, Poeta della Serra,
Tea Ranno, Alberto Rollo, Rodolfo Sacchettini, Ida Sansone, Annalisa Strada,
Mary Barbara Tolusso, Andrea Vitali e Gloria Vocaturo. La giuria
sceglierà i vincitori delle varie categorie. Le opere vincitrici saranno
pubblicate in due antologie: una dedicata ai racconti brevi, ai radiodrammi e
alle poesie, l’altra alle favole per bambini.
Nell’autunno del 2025, al termine dell’anno in cui ricorre il centenario dalla
nascita di Andrea Camilleri, sarà organizzata una serata di premiazione a Roma,
in cui saranno presenti i vincitori, i giurati, la famiglia, la casa editrice e
tanti amici di Andrea Camilleri.
Presentato a Roma il premio letterario Andrea Camilleri, voluto dalla fondazione
dedicata al grande scrittore siciliano. Un concorso per valorizzare la
narrazione breve
Elisabetta Margonari
Con decreto
regionale sono state finanziate le iniziative per “Agrigento Capitale della
Cultura 2025” tramite i 4 milioni di euro di fondi stanziati dalla Regione da
utilizzare entro il 31 dicembre. […] Un convegno
dal titolo “Letteratura e territorio: Pirandello e Camilleri” (60mila euro).
[…]
Angelo Ruoppolo
Una selezione di titoli per riscoprire la grandezza stilistica e le grandi
storie dell’autore siciliano. Ogni sabato, dal 27 luglio fino a fine agosto, un
romanzo di Andrea Camilleri, edito da Sellerio in vendita insieme a Il Sole 24
Ore
Stefano Salis
Andrea Camilleri costituisce uno
splendido caso di studio per la letteratura italiana degli ultimi 30 anni e un
felicissimo caso di piacere per milioni di lettori. Esordio, senza vergogna, con
un editore di quelli “a pagamento” (Lalli, con Il corso delle cose, in
realtà un titolo che avrebbe originato una trasposizione filmica), poi qualche
libro di natura storico-archivistica, fino all’esordio con il giallo: quella Forma
dell’acqua che forse lo stesso autore avrebbe considerato come esperimento
compiuto, quasi una sfida superata (con sé stesso) per poi non riprendere il
genere. E invece: Elvira Sellerio
insiste, Camilleri ci prende gusto e mano, inizia a scrivere sempre con più
convinzione con questa lingua mescidata, di invenzione ma con solidissime radici
nella sua parlata locale, qualche reminiscenza personale e letteraria (Camilleri
era lettore finissimo e persona di memoria eccezionale), sapienti invenzioni che
dialogano con il catalogo della grande letteratura mondiale. E poi storie
eccezionali, la fertile inventiva di un “contastorie” come pochi altri ne
abbiamo avuti e la capacità di mettere in campo personaggi davvero memorabili:
il commissario Montalbano solo uno di loro, certo il più noto e di successo. Ecco: i gialli di Montalbano e i
romanzi di “sapienza storica”, le strade che ha percorso con più convinzione
l’autore di Porto Empedocle, ritornano nella mini-collana che da sabato 27 e poi
tutti i sabati d’agosto accompagnano questo giornale. Un ghiotto appuntamento
per i nostri lettori, per riprendere in mano le storie dello scrittore siciliano
o per conoscerle per la prima volta. Si parte con Riccardino, il romanzo
postumo ma progettato da tempo nella mente dello scrittore, poi a seguire il 3
agosto Il cuoco dell’Alcyon, il 10 agosto La Pensione Eva, il 17
agosto Gran Circo Taddei, il 24 agosto La setta degli angeli, il
31 agosto La cappella di famiglia.
Di una cosa si può essere certi: che Camilleri è stato uno scrittore che si è
divertito molto a pensare, scrivere e inventare. E che i suoi lettori si sono
divertiti molto a leggerlo, pensare, immedesimarsi. Perciò buona lettura, anzi,
buon divertimento con il Maestro.
Stefano Salis
Il racconto diventa
immagine ammaliante, la trama inchioda e non consente distrazione alcuna. È qui
che prendono vita i personaggi dei numerosi romanzi che hanno conquistato
l’interesse di milioni di lettori. È qui che nasce il leggendario commissario
Montalbano. Musiche di antiche ballate e serenate siciliane accompagneranno la
parola, si intrecceranno a essa fino a confondersi, a fondersi in un’unica
sonorità. La stessa che probabilmente Andrea Camilleri doveva aver sentito,
ancora ragazzo, nelle antiche barberie siciliane.
Durata: 1 ora Dati
artistici di
Andrea Camilleri regia
Massimo Venturiello con
Massimo Venturiello mandolino - chitarra
Emanuele Buzi mandolino - mandola e
chitarra Emanuele e Valdimiro
Buzi musiche e luci Stefano Crialese produzione Officina
Teatrale distribuzione Stefano
Pironti Repliche 26/07/2024
h 21:00
Ha conosciuto Andrea Camilleri all’Accademia
d’arte drammatica dove era docente. E poi, siamo negli anni ‘80, lo aveva avuto
come regista in uno spettacolo estivo e in un paio di sceneggiati televisivi.
"Un uomo di straordinaria umanità e di altissimo valore culturale", lo definisce
Massimo Venturiello che, dopo un lungo periodo di lontananza, ha ripreso a
collaborare con lo scrittore ormai in età avanzata per alcuni audiolibri tratti
dalle sue opere. Venturiello, attore a tutto tondo non solo teatrale e
apprezzato doppiatore ("a volte i ragazzi mi chiedono di fare la voce di Gary
Oldman in Harry Potter"), porta stasera alle 21 sul palco di San Francesco
Estate un fortunato reading (oltre 80 le repliche al suo attivo) tratto appunto
da un racconto dell’autore siciliano scomparso nel 2019: La prima indagine di
Montalbano. Accanto a lui i fratelli Emanuele e Vladimiro Buzi eseguono con
mandolini e chitarre le musiche di Stefano Crialese raccolte fra antiche ballate
e tradizionali serenate. Questo romanzo breve, pubblicato da Sellerio nel 2004
insieme con altri racconti in un volume con lo stesso titolo, narra del giovane
Salvo in procinto di diventare commissario e di trasferirsi nell’immaginaria
Vigata dove comunque si troverà a risolvere un primo complicato caso. Venturiello, si può dire che
l’idea dello spettacolo nasce in qualche modo dagli audiolibri che lei ha
realizzato sui testi di Camilleri? "È così. È lì che ho pensato di portare in
teatro un linguaggio in cui la parola diventa immagine ammaliante, facendola
intrecciare alla musica e fondendola in un’unica sonorità. Non a caso alla fine
il pubblico dice di avere, più che visto, sentito lo spettacolo. Il testo ha la
consistenza di un romanzo vero e proprio a cui ho dovuto apportare qualche
riduzione. Questo non è il primo, ma uno dei primi scritti di Camilleri dedicati
a Montalbano: qui lui comincia a tratteggiare il carattere del suo commissario e
a presentare i vari personaggi di contorno. È l’inizio di tutto". Il grande pubblico identifica
Montalbano con il volto di Luca Zingaretti. Questo può essere un limite? "Io sul palco non sono il commissario, ma
mostro una storia e credo che il pubblico presto ci si dimentichi di un
personaggio che certamente appartiene all’immaginario comune. Ho cercato di
entrare nel preziosissimo vocabolario inventato da Camilleri e, forse, il fatto
di non essere siciliano mi ha aiutato. E soprattutto ho scelto quella musica
tradizionale ‘da barberia’ che lo scrittore tanto amava, una musica che si
tramandava da padre a figlio". Ma qual è il segreto del successo
di Montalbano? "Più che il meccanismo giallo credo contino
la lingua immaginifica e le visioni squarcianti. È una scrittura fatta di
teatralità e musicalità, che suggerisce un’idea di lentezza molto lontana dalla
noia. È per questo che riprendo questo reading sempre con grande piacere, anche
se proprio nei prossimi giorni debutterò a Roma con il nuovo spettacolo
Chicchignola di Petrolini". Curiosità: si è sposato di
recente?
"Sì, dopo vent’anni di convivenza con Tosca abbiamo deciso di farlo. Insieme
abbiamo lavorato in teatro anche per una decina d’anni, ma poi lei ha deciso di
tornare al canto. Là dove aveva iniziato".
Claudio Cumani
La Repubblica, 26.7.2024
Da Guttuso a Camilleri poeti dei limoni
È il più suggestivo
e intramontabile dei connubi: quello tra la Sicilia e i limoni, che ha
attraversato l’Isola nel tempo. Dai mosaici della Villa Romana di Piazza
Armerina, in cui sono raffigurati sia limoni che cedri, fino alle opere di
Renato Guttuso. […]
Naturalmente il rapporto tra arte, Sicilia, letteratura e limoni è tratto
distintivo e indelebile anche nella penna di Andrea Camilleri. Ne “Il cane di
terracotta”, una delle prime indagini condotte da Salvo Montalbano insieme agli
inseparabili Mimì e Fazio, Camilleri regala ai suoi lettori anche la ricetta
della granita di Adelina, la domestica che prepara i pasti luculliani al
commissario. «C’era la granita di limone che la cammarera gli preparava secondo
la formula uno, due, quattro: un bicchiere di succo di limone, due di zucchero,
quattro d’acqua. Da leccarsi le dita». Per qualche anno lo scrittore originario
di Porto Empedocle, la sua Vigata, ha anche tenuto una rubrica sul mensile “Il
carabiniere”. Una curiosità? Anche quella era dedicata all’agrume più iconico
della tradizione siciliana: si chiamava “I limoni di Camilleri”.
Miriam Di Peri
A un anno dal
centenario dalla nascita del creatore di Montalbano nasce il ‘Premio Andrea
Camilleri - Nuovi Narratori’, indetto dal Fondo Andrea Camilleri e curato dalla
nipote Arianna Mortelliti.
Teso a valorizzare differenti forme di scrittura e ispirato alla poliedricità
del grande narratore siciliano - che prima del successo planetario fu poeta in
erba, regista teatrale, collaboratore di giornali e riviste, autore e
sceneggiatore Rai – il premio è rivolto ad autrici e autori di racconti brevi,
radiodrammi, favole per bambini e poesie e riguarda opere scritte in forma
italiana mai pubblicate prima in versione cartacea, digitale o suoi social.
Sua particolarità, quella di voler coinvolgere non solo giovani aspiranti
scrittori, ma anche gli over sessanta (e non poteva essere altrimenti,
trattandosi di omaggio ad uno dei più celebre esempi di successo tardivo della
storia della letteratura); ogni categoria è infatti suddivisa in due sezioni:
‘Chiù picca di sissanta’ include coloro che hanno meno di sessanta anni, ‘Chiù
assà di sissanta’ quelli che li compiranno entro il 31/12/2025. Tutte le
proposte, indipendentemente dalla categoria, dovranno essere ispirate al tema
‘Oltre la ragione’ (con riferimento alla trilogia fantastica di Camilleri
composta dai romanzi ‘Maruzza Musumeci’. ‘Il casellante’, ‘Il sonaglio’ ove si
tratta di amori e passioni che sconfinano oltre la logica toccando finanche le
corde della follia); le opere vincitrici saranno pubblicate in due antologie
dalla casa editrice Gemma Edizioni.
Soggette a una selezione iniziale del Fondo Andrea Camilleri riguardante il solo
rispetto dei requisiti di ammissione, le opere inviate entro il 6 gennaio 2025
saranno visionate dai Circoli di Lettura delle Biblioteche di Roma e infine
sottoposte al giudizio di una Giuria finale composta da esponenti del mondo
letterario e giornalistico (tra cui Viola Ardone, Davide Avolio, Riccardo
Barbera, Giovanni Caccamo, Michele Caccamo, Massimiliano Catoni, Loretta
Cavaricci, Edoardo De Angelis, Stefano De Sando, Fulvia degl’Innocenti, Giuseppe
Fabiano, Idalberto Fei, Salvatore Ferlita Giuliano Logos, Rocco Mortelliti,
Davide Oliviero, Adriana Pannitteri, Poeta della Serra, Tea Ranno, Alberto
Rollo, Rodolfo Sacchettini, Ida Sansone, Annalisa Strada, Mary Barbara Tolusso,
Andrea Vitali, Gloria Vocaturo). Nell’autunno del 2025, al termine dell’anno in
cui ricorre il centenario dalla nascita di Camilleri, sarà organizzata una
serata di premiazione a Roma.
Il Bando del Premio è consultabile al sito:www.premioandreacamilleri.it.
Marco Piscitello
La Sicilia (ed. di Catania),
27.7.2024
Nel villaggio di Pisano, una frazione di Zafferana Etnea. Alle 19 va in scena lo
spettacolo teatrale “Magarìa”, liberamente tratto da un racconto di Camilleri
Alkantara Fest: dal bike trail alla tarantella
Nel villaggio di Pisano dell’Alkantara Fest, il festival internazionale di folk
e world music organizzato dall’associazione Darshan con la direzione artistica
di Mario Gulisano, oggi si comincia. […] Alle 19 va in scena lo spettacolo
teatrale “Magarìa”, liberamente tratto da un racconto di Andrea Camilleri e
portato in scena dalla compagnia Efebo con le musiche dal vivo di Nadia Impalà.
[…]
E’ il produttore che ha portato
sullo schermo le pagine di Camilleri, Savatteri e Cassar Scalia, partendo nel
1999 dal commissario più amato, nato dalla penna del grande scrittore di Porto
Empedocle. Per questo suo impegno a 360 gradi sui narratori siciliani, Carlo
Degli Esposti ha ricevuto al Teatro Antico il Cariddi d’Oro alla carriera del
settantesimo Taormina Film Festival. Di Camilleri Degli Esposti ha
adattato anche i romanzi storici, tra cui “La mossa del cavallo” e “La
concessione del telefono”, ma tutto è partito dall’intuizione dell’editrice
palermitana Elvira Sellerio, che gli fece conoscere i primi libri dell’autore.
«Grazie alla segnalazione di Elvira ne comprai i diritti – ci ha detto -
nonostante in Rai i lettori avessero espresso un giudizio molto critico su quei
romanzi. Fu la lungimiranza dell’allora direttore di cinema e fiction Sergio
Silva a far partire tutto, dando inizio all’epopea di Montalbano e al rapporto
con Camilleri e la cultura siciliana». Nelle storie di Montalbano
convivono dramma e ironia su un’impostazione da giallo che svela risvolti intimi
dei personaggi. Cosa l’ha affascinata delle avventure del commissario? «La
profondità e capacità di raccontare una terra senza stereotipi, nella sua
verità, attraverso un racconto di genere. Le storie di Montalbano riguardano il
suo lato personale, ma soprattutto quello di coloro che entrano in contatto con
lui, perché le sue intuizioni portano a scoprire la Sicilia e la sua storia, il
passato e il futuro di questa terra. Raramente si trova tanta profondità in un
racconto unico. Sono felice di averle realizzate e non è ancora finita». Quindi state lavorando sul
ritorno del personaggio?
«Abbiamo in cantiere una rivisitazione ulteriore di Montalbano. Stiamo studiando
con la volontà di aprire un altro capitolo». Il contributo di Camilleri e del
regista Alberto Sironi è stato fondamentale per il grande successo televisivo
del personaggio…
«Con Andrea c’è stata una grande amicizia e la sua perdita è anche umana, perché
era un amico vero con cui consigliarsi oltre il lavoro, un “subpadre”. Alberto
non ha avuto paura della cultura che trasudava dai libri di Camilleri. perché
spesso nelle trasposizioni televisive si teme lo spessore di un testo. Lui non
lo temeva». Dopo i testi di Camilleri, la
storia d’amore con la Sicilia è andata avanti con “Màkari”, dai romanzi di
Gaetano Savatteri, sempre editi da Sellerio, e “Vanina”, dai libri di Cristina
Cassar Scalia (Einaudi). Fiction con diversi elementi in comune con Montalbano…
«Sono tutte e tre caratterizzate dall’ironia tipica della cultura siciliana.
”Màkari” è un altro modo di raccontare la regione, più leggero, ma ugualmente
profondo, da parte di un giovane allievo di Camilleri. Cassar Scalia, scrittrice
di grande valore, racconta un altro aspetto della Sicilia, la città, col focus
su Catania, metropoli di uno spessore culturale infinito, anche in questo caso
narrata attraverso il genere».
Perché la Sicilia si presta così tanto a narrazioni letterarie e audiovisive?
«Da Verga e Pirandello ha avuto e ha grandi scrittori che l’hanno raccontata in
modo eccelso, nella sua complessità e nella profondità della cultura che si è
continuamente sovrapposta, riuscendo con intelligenza a decodificarne i vari
strati».
Marco Bonardelli
Las novelas de
Camilleri, aunque las encuadran como “novela negra” no tiene nada que ver con la
literatura de detectives “machotes”, ni con la mafia, ni con las armas, ni con
la sangre. Raymond Chandler, uno de sus máximos exponentes, lo definió como “la
novela del mundo profesional del crimen”. A Philip Marlowe, su principal
protagonista, lo hemos visto, no sólo leído, en varias películas y no hace falta
explicarlosa. Nada que ver con Salvo Montalbano. Camilleri es,
digamos, fiel a Agatha Christie,la reina de las novelas policíacas
“amables” y de la que todos han bebido. Y en estos días
de vacaciones, muchos de los “fans” de las novelas policíacas agradecerán este
tipo de lecturas y de series. Algo más tranquilo. “Montalbano”
se estrenó en la RAI en 1999. Con 37 capítulos y 15 temporadas, se ha convertido
en una serie de culto entre los seguidores de las novelas de Andrea Camilleri y
se ha ganado el favor del público general, de varias generaciones y distintos
países, no sólo el mío. El comisario
Salvo Montalbano, tan peculiar como íntegro en su profesión, es llamado así como
homenaje a nuestro Manuel Vázquez Montalbán, muy querido por Camilleri, es un
apasionado de la lectura y la gastronomía, como el escritor español, y de su
Sicilia natal. El comisario
Salvo Montalbano, a quien da vida el actor Luca Zingaretti, trabaja en la
ficticia Vigata, provincia de Montelusa, en Sicilia, y la serie nos regala
esplendidas imágenes de sus paisajes. A pesar de ser un hombre de ley, no duda
en romperla para resolver casos y crímenes en el entorno rural de la mafia con
su característica astucia. La serie, que
nunca abandona el tono humorístico y su origen italiano en adaptación a nuestra
lengua, fue creada y dirigida hasta 2019 por Alberto Sironi. Es una producción
de la RAI, con guion del propio Andrea Camilleri, en compañía de Francesco Bruni
y Salvatore de Mola. El reparto principal, excelente, está encabezado por Luca
Zingaretti como el comisario Salvo Montalbano, Cesare Bocci, el subcomisario
Domenico Augello, Peppino Mazzotta, como el inspector Giuseppe Fazio, Sonia
Bergamasco, que interpreta a Livia, eterna novia del comisario o el contrapunto
cómico, muy importante en la trama, de Angelo Russo, en el papel del policía
Agatino Catarella. TVE ha
emitido en España los 37 capítulos de la serie, que se terminó de emitir en 2021
con el último capítulo de la serie en la temporada 15. He inlucído un trailer
para acercar y, a continuación, una biografía del gran Andrea Camilleri para
aquellos a quien les interese. Andrea
Camilleri Andrea
Camilleri nació en Porto Empedocle, Sicilia, el 6 de septiembre de 1925. Acabó
sus estudios de bachiller en 1943, y al año siguiente se inscribió en la
Facultad de Letras sin finalizar sus estudios, ya que en esa época se dedicó a
publicar cuentos y poesías, ganando el Premio St. Vicent. Posteriormente,
estudió Dirección en la Academia de Arte Dramático Silvio d’Amico, y trabajó
como director y libretista. En 1957 se casó con Rosetta Dello Siesto, con la que
tuvo 3 hijas. Un año después ejerce de profesor en el Centro Experimental de
Cinematografía de Roma. Si bien
dedicó más de cuarenta años al guion y a la dirección teatral y televisiva,
debutó como novelista en 1978 con El curso de las cosas, la primera de un
conjunto de novelas históricas ambientadas en la Sicilia del siglo XIX, pero no
alcanzó notoriedad en su país hasta la publicación de una serie de libros de
género policíaco centrados en su personaje Salvo Montalbano (nombre otorgado en
homenaje al escritor Manuel Vázquez Montalbán, con quien ha sido comparado como
autor en múltiples ocasiones) con el primer libro de la serie llamado La
forma del agua (1994), notoriedad que se vio acrecentada gracias a su
adaptación televisiva. Anteriormente consiguió éxito con su novela La
temporada de caza, publicada en 1992. Camilleri muestra
en sus obras policíacas un intenso retrato de la sociedad siciliana mediante el
uso de un léxico vivo plagado a la vez de dialectalismos y referencias
enigmáticas, estilo que le sirve para oscilar entre lo cómico y lo grotesco, lo
ridículo y lo trágico.
Aunque no finalizó sus estudios, obtuvo un título honorífico de la Universidad
de Pisa en 1978. Fue ganador del Premio Internacional de Novela Negra RBA del
2008 con su novela La muerte de Amalia Sacerdote.
Manuel Vega