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Autodifesa di Caino


Scritto e interpretato da Andrea Camilleri

Regia di Stefano Vicario
Musiche composte ed eseguite da Roberto Fabbriciani
A cura di Valentina Alferj

Spettacolo realizzato grazie al sostegno di Fondazione Con il Sud e UniCredit


Il testo dell'Opera è pubblicato da Sellerio.


In considerazione delle condizioni di salute del maestro Andrea Camilleri, il Teatro dell’Opera di Roma ha deciso con molto rammarico di annullare lo spettacolo Autodifesa di Caino previsto alle Terme di Caracalla lunedì 15 luglio prossimo.
Nel dare questa comunicazione il Teatro coglie l’occasione per inviare al maestro Camilleri i più cordiali auguri di ristabilirsi quanto prima e di tornare presto all’affetto dei suoi moltissimi ammiratori.
Coloro i quali avessero già acquistato i biglietti per la serata del 15 luglio potranno chiederne il rimborso secondo le seguenti modalità:
a) chi li avesse comprati on line sul sito ufficiale www.ticketone.it riceverà il rimborso sulla carta di credito adoperata per l’operazione;
b) chi invece li avesse acquistati in un’agenzia Ticketone potrà recarsi, entro il 25 luglio, per il rimborso presso il medesimo sportello dove ha operato l’acquisto;
c) la biglietteria del Teatro dell’Opera sarà disponibile, entro lo stesso 25 luglio, per il rimborso dei biglietti ivi acquistati (orario da lunedì a sabato tra le 10 e le 18 e la domenica dalle 9 alle 13.30).
(Teatro dell'Opera di Roma, 3.7.2019)

La stagione estiva di Caracalla 2019 si arricchisce di un nuovo Extra. L’Autodifesa di Caino scritta da Andrea Camilleri sarà raccontata lunedì 15 luglio 2019 dall’autore, che per la prima volta sarà presente nello scenario delle antiche Terme. Lo spettacolo avrà la regia di Stefano Vicario e le musiche originali di Roberto Fabbriciani eseguite dall’autore. Il progetto è curato da Valentina Alferj. Andrea Camilleri, il più celebre scrittore italiano, torna dunque sul palco per raccontare la storia di Caino, del primo assassino sulla faccia della Terra, di colui che è diventato l’emblema del Male.
“Se potessi vorrei finire la mia carriera seduto in una piazza a raccontare storie e alla fine del mio ‘cunto’, passare tra il pubblico con la coppola in mano”.
Camilleri ha sempre definito la sua ambizione di scrittore simile a quella del contastorie, del poeta ambulante che con la sua capacità affabulatoria incanta e seduce chi lo ascolta. E grazie alla sua capacità di narrare storie Camilleri è diventato il più letto scrittore italiano, inventando una lingua e mettendo in condizione i suoi lettori di comprenderla, di parlarla, di amarla. A novantatré anni, dopo il successo di Conversazione su Tiresia, Camilleri torna a raccontarci in prima persona la storia di Caino e del come e perché uccise suo fratello Abele.
Un racconto che si avvale molto di testi ebraici e musulmani, discostandosi perciò dalla tradizione cattolica.
Camilleri svela alcuni aspetti inediti del personaggio biblico: Caino è stato il fondatore di quella che è oggi la Civiltà dell’Uomo nei suoi aspetti non solo sociali ma anche artistici.
Un viaggio attraverso la Voce di Camilleri, una voce che proviene dall’antro della Storia e che modula il racconto sconfinando nel tempo.
“Io fui semplicemente colui che mise per primo in atto il male. Che compì l’azione del male. Tramutando ciò che era in potenza, in atto”.
(Teatro dell'Opera di Roma, 23.5.2019)


Invito in scena con delitto
Perché Camilleri torna a teatro?
«Perché sono un contastorie. In fondo non sono mai stato altro».
L'anno scorso il monologo sul greco Tiresia, adesso sul biblico Caino, il prototipo di tutti gli omicidi, un po' il patrono di voi giallisti. Lei lo riabilita.
«Nella tradizione ebraica, e in parte anche in quella musulmana, esistono una miriade di controstorie che ci raccontano un Caino molto diverso da quello della Bibbia. Su queste abbiamo lavorato».
Che dicono?
«Per esempio che né lui né Abele sarebbero figli di Adamo ed'Eva».
E di chi allora?
«Abele dell'unione tra la donna e un arcangelo, Caino di quella tra lei e un demonio. Se ne ricava che l'infedeltà coniugale nacque contestualmente alla prima e unica coppia del mondo».
Vatti a fidare.
«Non solo. In alcune di quelle antiche narrazioni lo scontro tra i due fratelli ne rovescia in qualche modo le posizioni rispetto al testo biblico. Quando vengono alle mani, Abele, che è il più grosso, sta per sopraffare Caino che per la prima volta nella storia dell'umanità legge negli occhi del fratello l'intenzione di uccidere».
Poi però avviene un ribaltamento.
«Sì, ma uccidendo Abele, è come se Caino dicesse: se l'avessi lasciato fare sarebbe stato lui e non io il primo assassino dell'umanità».
Facendolo fuori lo salva dall'empietà dell'omicidio.
«E lascia aperto un dubbio: forse non ero io quello condannato al Male in quanto figlio del demonio e lui quello destinato al Bene perché generato da un angelo. Viene fuori così la visione di un Male che non è legato alle nostre origini come una maledizione, ma è una nostra scelta».
Pure Caino è stato un grande incompreso. Il processo va rifatto.
«C'è tutta una parte del mito che è affascinante, ma totalmente ignorata. È quella del Caino fondatore di città, inventore dei pesi e delle misure, della lavorazione del ferro... Ma soprattutto quella di Caino inventore della musica. Il Caino che dice: "Ecco io so, ne sono sicuro, che davanti a Dio l'avere inventato la musica è valso più di ogni sincero pentimento"».
Però una volta lei ha detto: «Sono convinto che gli assassini e in genere i delinquenti siano sostanzialmente degli imbecilli». Ribadisce?
«Assolutamente. Chi crede al delitto perfetto che cos'è se non un imbecille? Una minima cretinata lo tradirà. E del resto a che cosa porta il delitto? A nulla. Hai solo momentaneamente eliminato un ostacolo. A meno di non adottare il principio staliniano secondo il quale ogni uomo è un problema ed eliminato lui, eliminato il problema. Era un'idea a suo modo visionaria (risata). Solo che comporta morti a milioni».
Da regista, lei ha lasciato il teatro negli anni 70. Che effetto le fa tornarci adesso da attore?
«Sono in tensione, ma relativa. È tale e tanto l'afflusso dell'adrenalina che non soffro più né il caldo né il freddo».
(Da un'intervista di Marco Cicala, Il Venerdì di Repubblica, 7.6.2019)





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