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La tempesta

di William Shakespeare

Traduzione ed elaborazione di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale
 


 



Produzione Associazione Teatro degli Alchimisti in coproduzione con Associazione Lunaria Teatro e Mediaterra

5 agosto 2006, Danzica (Polonia), X Festival internazionale Shakespeariano, in rappresentanza dell’Italia

14 agosto 2006, Sorrento

16-18 agosto 2006, Roma, “Silvano Toti” Globe Theatre

25 agosto 2006, Zafferana Etnea (CT)

4-15 luglio 2007, Roma, “Silvano Toti” Globe Theatre

28 luglio 2007, Segesta (TP), Teatro Antico - Calatafimi Segesta Festival

Con gli attori della Compagnia del Teatro Stabile di Catania:
Pietro Montandon (Prospero)
Gian Paolo Poddighe (Ariele)
Alessandra Costanzo (Calibano)
Gino Nicolosi (Alonso)
Giampaolo Romania (Sebastiano)
Chiara Seminara (Adriano)
Sergio Seminara (Gonzalo)
Giovanni Vasta (Francesco)
Tony Lo Presti (Antonio l'usurpatore)
Valeria Contadino (Miranda)
Filippo Brazzaventre (Ferdinando)
Angelo Tosto (Stefano)
Mimmo Mignemi (Trinculo)



«Divertente, la mia “Tempesta”»

Camilleri: tragedia e comicità giocheranno sul filo della commedia

Andrea Camilleri del teatro ha il pallino. Teatrali i suoi ambienti e le sue figure; teatrale l’approccio linguistico con le trame (di realtà o fantasia) che svolge sulla carta. Teatralissima la notazione non suoni assurda: siamo pieni di teatro “non teatrale” la sua drammaturgia. E come la viviamo, per scadere nell’esempio televisivo, la parodia che dello scrittore di Porto Empedocle fa Rosario Fiorello? Con un gusto essenzialmente teatrale. Così non sorprende la decisione, da parte di Camilleri, di cedere a un’idea dell’amico e collaboratore Giuseppe Dipasquale: tradurre la “Tempesta” di Shakespeare, dramma di popolo e di spiriti, di spunti sanguigni e immensi sogni, per una interpretazione in lingua siciliana. «Camilleri resisteva, tergiversava dice Dipasquale Non ha mai dimenticato la traduzione in napoletano del Seicento che, della stessa “Tempesta”, fece Eduardo De Filippo. Operazione nobilissima, alta, già storica. Ma diversa da quella alla quale pensavo io. Io volevo una “Tempesta” in siciliano attuale, un “copione” usabile, recitabile, estremamente comunicativo. Una storia in cui i personaggi popolari si esprimono in vernacolo e i nobili e i “mostri” in italiano, ma con strutture siciliane. E Camilleri, alla fine, si è convinto, si è lasciato affascinare».
Davvero bella, la versione del padre di Montalbano. Che dice: «Ho inteso “La tempesta” come un viaggio nel sogno e nell’illusione, dove piacere e dolore, sesso e morte, tragedia e comicità giocano, sul filo della commedia, tutta la loro carica eversiva. E' una sorta di canto nostalgico che denuncia una lontananza incolmabile tra l’essere e l’apparire; che si traveste di personaggi portati quasi al limite del ridicolo pur di scoprire, o far scoprire, come tenue sia il filo che ci lega al mondo delle cose. Se dovessi pensare ad un genere di musica, direi che La tempesta è come un tango, con quel senso del viaggio che è presente nella malinconia di ogni nota dei compositori di tango, ma ancora di più con quel senso di un canto disperato d'esorcismo della morte che si consuma nelle figurazioni di una danza altamente emotiva».
Eppure, nel dramma shakespeariano che narra l’avventura di Prospero, legittimo duca di Milano, esiliato in un’isola e servito da uno spirito arioso, Ariel, Camilleri privilegia alla fine una condizione ipersiciliana: «Il travestimento, il giuoco della commedia che rende paradossale ogni semplice possibilità di cedere alla verità delle cose e dei sentimenti». Ancora: «Tutto inizia nel momento in cui Prospero decide che ogni cosa debba finire. Tutto ha corso e sviluppo sul filo di un racconto scenico stabilito di volta in volta da un Prospero regista che determina gli accadimenti, i bisogni e i sogni dei personaggi che egli può, con la sua magia, manipolare». Ed ecco che il mago, con vivezza elisabettiana, ma in un’onda di suoni nostri, meridionali, “viene fuori” alla grande come «costruttore di sogni, come demiurgo di un divertito e malinconico sogno che risponde in fondo ad una sola assoluta verità: il senso relativo della vita è pari, con sublime paradosso, al senso relativo della morte».
Lo spettacolo, con la regia di Dipasquale e un cast di giovani attori, andrà il 5 agosto in Polonia, a Danzica, a rappresentare l’Italia al Festival internazionale shakespeariano che si svolge laggiù ogni anno. Poi, dal 16 al 18 agosto, passerà a Roma, al “Silvano Toti” Globe Theatre di Villa Borghese, nell’ambito della stagione shakespeariana di Gigi Proietti. Il regista ne anticipa i tratti con una sintesi: «La “Tempesta” è la mancata tragedia della usurpazione: tutti scìppano qualcosa a qualcuno, il potere innanzitutto. Anche Prospero ha usurpato un potere: quello di Sicorace, la creatura stregata che abitava sull’isola dall’inizio del tempo... E, sotto sotto, ribolle la possibile rivolta dei più deboli contro i più forti...».
Insomma, fra cielo e mare («In scena ci saranno brandelli d’azzurro»), una “Tempesta” divertente, divertentissima, piena di humour come il Don Lollò della “Giara” di Pirandello. E un’isola. Per fortuna, non “dei famosi”.
Rita Sala (Il Messaggero, 23.6.2006)



Il monologo del mago Prospero

Pubblichiamo qui un brano della traduzione che Andrea Camilleri ha fatto della “Tempesta” di William Shakespeare. Si tratta di un monologo (dal quarto atto) del mago Prospero, misterioso signore dell’isola “usurpata”.

Un’armonia adeguata, che riordina una sconvolta immaginazione, possa guarire il tuo cervello, ora inutile sarcoma entro il tuo cranio. Fermi! Un incantesimo ve lo impone. Giusto Gonzalo, uomo pieno di virtù, lacrime di riconoscenza, simili alle tue, versano i miei occhi. L'incantesimo si dissolve, come il mattino dilegua l'oscurità della notte, e i loro sensi sciolgono le nebbie della follia nella chiara acqua della ragione. Mio buon Gonzalo, amico vero, saprò ricompensarti in patria per la tua bontà. Alonso, tu sei stato crudele con me e con mia figlia. Tu, Sebastiano, lo istigasti e ora ne senti il rimorso. Tu, fratello mio, Antonio, mia carne e mio sangue, nel quale l'ambizione diede bando alla pietà e alla natura, tu con Sebastiano, ed egli ne soffre di più, volevi uccidere il tuo re. Io ti perdono, per quanto tu sia snaturato. A poco a poco la luce della loro consapevolezza si fa marea grande per ricoprire la spiaggia della loro ragione ora oscura e fangosa. Ancora nessuno mi ha riconosciuto. Ariele, presto, cappello e spada. (Esce Ariele). Voglio togliermi questo costume e apparire come il duca di Milano che ero un tempo. Presto, spirito: fra poco sarai libero.
Andrea Camilleri (Il Messaggero, 23.6.2006)



Dipasquale «Una "Tempesta" che rigenera»

"La tempesta" secondo Giuseppe Dipasquale. Originale e innovativa la versione del capolavoro di Shakespeare, tradotta da Andrea Camilleri, che il regista catanese sta allestendo per proporla in anteprima assoluta il 5 agosto al "X Festival Shakesperiano di Danzica". Un prestigiosissimo appuntamento internazionale. In seguito dal 16 al 18 agosto saranno ospiti al "Globe" di Roma e debutteranno il 25 agosto a Zafferana. Dipasquale ci spiega la sua visione inconsueta e libera. «La Tempesta» - esordisce - «rappresenta il testamento intellettuale del gran bardo di Stratford-on-Avon. E' un congegno fantasmagorico, arricchito dalle licenze lessicali in dialetto siciliano. Una storia di livore e trasporto, espatrio e isolamento, sortilegio e umorismo. Per me un viaggio nell'utopia e nell'illusione. Racconto attraverso i personaggi questa metafora della creazione umana, la mancata tragedia dell'usurpazione e la rivolta dei deboli contro il potere. Affronto questa straordinaria commedia, da un punto di vista anticapocomicale. Prospero (Pietro Montandon) è un intellettuale fanatico, non ho voluto il consueto mattatore, bensì un eroe negativo. L'isola-rifugio è il Teatro, dove lo spodestato duca cerca di costruire un mondo a sua immagine e somiglianza. Ariele (Gian Paolo Poddighe) è lo spirito dell'aria, un millenario stanco di giocare. Calibano (Alessandra Costanzo) simbolizza l'anima nera di Prospero, lo specchio dell'inconfessabile ambiguità che alberga in ognuno di noi. Alonso (Gino Nicolosi), Sebastiano (Giampaolo Romania), Adriano (Chiara Seminara), Gonzalo (Sergio Seminara), Francesco (Giovanni Vasta), Antonio l'usurpatore (Tony Lo Presti) nei panni dei nobili, sono una compagnia di guitti che incarnano l'ordine sociale. Miranda (Valeria Contadino) e Ferdinando (Filippo Brazzaventre), puri ed etici, raffigurano l'utopia amorosa. Stefano (Angelo Tosto) e Trinculo (Mimmo Mignemi), portavoce di un'umanità infima che acquisisce suo malgrado il potere assoluto. La mia " Tempesta" è un saggio teatrale travestito, in realtà è un grido d'allarme a squarciagola contro un teatro autocelebrativo. Bisogna uscire dal tunnel dove noi teatranti sembriamo intrappolati. Ritrovare la poetica, la libertà, la creatività. Ben venga quindi una bufera salutare che ci aiuti a riflettere. Io nel mio allestimento -conclude Giuseppe- ho racchiuso un gran malinconico sogno comico, ardente, profetico. Un "tango" dove tragedia e comicità, teatro e alchimia, esprimono la loro carica rivoluzionaria".
Francesca Motta (La Sicilia, 24.7.2006)



Le magie teatrali di Shakespeare e Camilleri

Ultimo testo scritto da Shakespeare, “La Tempesta” è un elogio della magia e degli illusionismi teatrali incarnato da Prospero confinato dal fratello usurpatore Antonio, duca di Milano, in un´isola sperduta, ha sempre stimolato la fantasia di registi e liberi adattatori del copione originale. Quasi una sfida, uno confronto a distanza, naturalmente con il rispetto dovuto al Bardo.
[…]
Per Giuseppe Dipasquale che firma la regia e la traduzione scritta con Andrea Camilleri di questa versione in scena dal 16 al Silvano Toti Globe Theatre, «L´isola di Prospero è una metafora dell´anima umana sempre più esclusa, tagliata fuori da un mondo basato soltanto sullo scambio degli interessi». Un´anima tuttavia per nulla pacificata, anzi inquieta come un fantasma elisabettiano, decisa a vendicarsi, a prendersi le sue rivincite nei confronti dei Giganti che governano la cosiddetta vita reale: «La mia Tempesta ambientata in una sorta di aldilà, un luogo senza tempo e senza confini dove ogni cosa vive come sospesa nel sogno, è nello stesso tempo un gioco scenico, una scatola di magie teatrali e un percorso spirituale, un viaggio verso il mistero dell´anima».
Nico Garrone (La Repubblica (ed. di Roma), 13.8.2006)



Il sogno si fonde con la realtà nella “Tempesta” al Globe

Vita reale e universo immaginario. Sono queste due realtà parallele, legate dal filo invisibile dell’alchimia teatrale, a fornire la chiave interpretativa di “La Tempesta”, penultima opera di William Shakeaspeare secondo la tradizione, ma anche commedia che segnò l’addio alle scene come attore del celebre drammaturgo inglese, che il Silvano Toti Globe Theatre ospita da domani al 18 agosto nella versione di Giuseppe Dipasquale, che ha tradotto ed elaborato il testo con la partecipazione di Andrea Camilleri. Appartenente all’ultima fase della produzione shakespeariana, quella dei cosiddetti romances, “opere in cui l’autore rielaborò tematiche già trattate ponendole in una dimensione mitica e sacrale”, “La tempesta” e i suoi personaggi suggeriscono un percorso scenico che si snoda nel labirinto estremo dell’immaginazione, lasciandosi cullare dalla necessità di alludere, indicare, plasmare e far risuonare memorie e realtà apparentemente sconosciute. Grande protagonista della pièce è il sapiente mago Prospero (interpretato da Pietro Montandon), legittimo Duca di Milano costretto all’esilio ventennale su un’isola, in compagna di sua figlia Miranda, a causa dell’invidia di suo fratello Antonio e di Alfonso, re di Napoli. Sarà proprio una tempesta, scatenata dal desiderio di vendetta di Prospero, a far naufragare la nave su cui viaggiano Antonio e re Alonso, insieme congiurati contro il Duca. Sulle scene della più fervida immaginazione si muovono i personaggi di quest’opera (prodotta dall’Associazione Teatro degli Alchimisti) articolata tra sogno e realtà, magia e illusione, mistero e verità e arricchita, come vuole la tradizione del teatro shakesperiano, da una storia d'amore: quella tra Ferdinando, figlio di Alonso, e Miranda, che avrà il suo classico lieto fine. Ma “La Tempesta” non è soltanto un gioco scenico. E' anche e sopratutto un percorso spirituale, un messaggio poetico dai contorni ben delineati, all’interno dei quali lo spazio e il tempo si perdono e si abbandonano su un’isola sconosciuta. Quell’isola che rappresenta “l’anima esclusa dell’uomo”.
Giuliano Malatesta (Il Messaggero, 15.8.2006)



Il Bardo rivive tra le video-proiezioni

Ancora un testo shakespeariano per un teatro che, grazie al mecenatismo dei fratelli Toti, desiderosi di ricordare in esso la figura del padre scomparso, riproduce nel cuore di Villa Borghese il famoso Globe di Londra, dove il drammaturgo inglese era solito presentare le sue opere. Continuando giustamente, nei suoi tre anni di vita, a dedicare quasi tutti gli spettacoli del cartellone, esclusa qualche rara eccezione, al genio del Bardo, di cui ora presenta «La tempesta». Un lavoro che appartiene alla maturità del poeta e che possiede l’incanto di una creatività avvolgente, dove il potere della magia e la concretezza della situazione umana si compenetrano e si confondono a comporre un tessuto diafano di sogno e di mistero. E soprattutto un’opera sfaccettata e impegnativa che l’Associazione Teatro degli Alchimisti ripropone oggi in un allestimento coprodotto con Associazione Lunaria Teatro e Mediaterra, che ha esordito al Festival Shakespeariano di Danzica. E che reca alla regia la firma di Giuseppe Dipasquale, il cui nome peraltro si affianca nella traduzione e nell’elaborazione del testo a quello ben più noto dello scrittore Andrea Camilleri. Senza trascurare peraltro di firmare le scene, ispirate a una semplicità che lascia ampio spazio all’interpretazione degli attori. E che affida a un ampio disco sospeso sulla scena il compito di creare con l’intervento di proiezioni video la suggestione della terrifica tempesta su cui si apre la narrazione. Un rivolgimento di acque furiose e selvagge provocato in realtà dalle arti magiche di Prospero, spogliato dal tradimento del fratello della sua legittima dignità di Duca di Milano. E che disperde nell’isola il re di Napoli e il suo seguito, secondo un disegno preciso di cui il vecchio mago va tessendo i fili con vigile esattezza. Accanto a lui la leggerezza di Ariele, onnipresente spirito dell’aria animato dalla speranza della libertà, che ha qui la testa bianca e l’ingegnosa abilità di Gian Paolo Poddighe, mentre Alessandra Costanzo dà vita alla bestialità vendicativa e traditrice del mostruoso Calibano. Tutti personaggi fondanti di un’opera affascinante e ricca che l’attuale allestimento tende a scandagliare nelle possibili implicazioni di una sopravvivenza umana avulsa da uno scambio materiale di interessi. Silvano Toti Globe Theatre Largo Aqua Felix Villa Borghese Ore 21 Fino al 18 agosto
Antonella Melilli (Il Tempo, 18.8.2006)



”La tempesta” a Villa Borghese

Al Silvano Toti Globe Theatre in scena “La tempesta” di William Shakespeare

«Sto Globbe è veramente ‘bbello, eppoi nun ce disturberà perché, in fonno, è de legno come noi». Così Gigi Proietti, direttore artistico del Globe Theatre, in questi suoi versi di “Lettera dar Globbe” immagina che parlino gli alberi di Villa Borghese, per nulla infastiditi dalla struttura del Teatro Elisabettiano di Roma, completamente in legno.
La stagione teatrale nel cuore della più famosa villa di Roma continua a gonfie vele, resistendo anche ai marosi de “La tempesta”, di William Shakespeare, in programma dal 16 al 18 agosto.
L’opera del drammaturgo inglese, scritta nel 1611 alla fine della sua vita, affronta la dicotomia, la contrapposizione tra corpo e anima, tra mondo reale, pragmatico, e un universo immaginario, magico e misterioso, a volte più forte e concreto del reale.
La storia. Prospero, duca di Milano a cui viene usurpato il trono dal fratello Antonio, viene esiliato insieme a sua figlia Miranda in una remota isola del Mediterraneo. Nell’isola Prospero conosce Calibano, un essere deforme che diventerà suo schiavo, e Ariele, uno spirito aereo costretto al suo servizio. Con l’intervento di Ariele, che suscita una tempesta di mare, la nave dove viaggiano Antonio e il suo compagno Sebastiano, il re di Napoli Alonso con il figlio Ferdinando e il fido consigliere Gonzalo, fa naufragio sull’isola. Qui le storie si intrecciano grazie all’arte di Prospero e a un luogo senza spazio e senza tempo, con i personaggi che vivono in una realtà sospesa. Il finale è a sorpresa; sullo sfondo dell’amore sbocciato tra Ferdinando e Miranda, invece della vendetta, lecita per quel che ha subito e sofferto, Prospero dà spazio al perdono.
La rappresentazione, a cui ho assistito giovedì 17 agosto, da parte dei tredici attori, è stata semplicemente meravigliosa. Gian Paolo Poddighe e Pietro Montandon hanno dato corpo con regale impegno ai due protagonisti della storia: lo spirito Ariele e il duca di Milano Prospero. Una solare, e dalla voce squillante, Valeria Contadino, ha affascinato i molti presenti con la sua Miranda. Alessandra Costanzo, che ha interpretato con coinvolgente realismo Calibano, insieme ad Angelo Tosto e Mimmo Mignemi, i due marinai ubriaconi siciliani Stefano e Trinculo, hanno unito con maestrìa, sul palco, la recitazione seria e drammatica del personaggio di Calibano, e le esilaranti battute e scenette da cabaret di Stefano e Trinculo. E come non citare tutti gli altri, eccezionali: Filippo Brazzaventre, Ferdinando; Toni Lo Presti, Antonio; Gino Nicolosi, perfetto nella recitazione e nel dialetto napoletano nell’interpretare Alonso, re di Napoli; Giampaolo Romania, Sebastiano; Chiara Seminara, Francesco; Sergio Seminara, Gonzalo; Giovanni Vasta, Adriano.
La sapiente regia di Giuseppe Dipasquale, che nella traduzione ed elaborazione si è avvalso della collaborazione di una famosa penna, Andrea Camilleri, ha reso scorrevole e snello un testo che nell’originale è senz’altro più pesante e impegnativo per il pubblico. L’epilogo, trionfante, mi ha confuso: ho smesso di contare la serie di applausi che gli attori si sono presi nel loro andare via e ritornare sulla scena. Gli spettatori lasciano la sala soddisfatta. Tra loro Lorenzo, un ragazzo di quattordici anni che ha interpretato Ferdinando in una recita scolastica al teatro “Don Bosco”, al Tuscolano. Ti è piaciuta la commedia? «Certo, sono stati tutti bravi». È stata uguale alla recita scolastica? «Quasi completamente. Tanto che a un certo punto una signora mi ha detto di tacere perché anticipavo tutte le battute di Ferdinando». Chi ha interpretato meglio Ferdinando, tu o Filippo Brazzaventre? «Io naturalmente». E ti pareva!
[…]
Riccardo Faiella (Abitare a Roma, 20.8.2006)




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