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Il commissario Montalbano e l'ulivo saraceno



Lo scrittore siciliano, così descrive un ulivo sotto il quale si rifugia il suo più popolare personaggio, Montalbano, Commissario di Polizia a Vigata in Sicilia:

"Gli arancini di Montalbano", di Andrea Camilleri, (Ed. Sellerio Editore Palermo, pag 131)

Non se la senti' di tornare direttamente in ufficio. Poco prima della discesa che portava a Vigata, c'era un viottolo che finiva in una radura solitaria al centro della quale ci stava uno storto olivo saraceno che gli faceva simpatia. S'assitto' sopra un ramo ...

"La gita a Tindari", di Andrea Camilleri, (Ed. Sellerio Editore Palermo, pag 97)

....S'assicurò d'avere in sacchetta bastevoli sigarette, riacchianò in macchina e se ne partì in direzione di Montelusa. C'era, proprio a mezza strata tra i due paìsi, un viottolo di campagna, ammucciato darrè a un cartellone pubblicitario, che portava a una casuzza rustica sdirrupata, allato aveva un enorme ulivo saraceno che la sua para di centinaia d'anni sicuramente li teneva. Pareva un àrbolo finto, di teatro, nisciùto dalla fantasia di un Gustavo Doré, una possibile illustrazione per l'Inferno dantesco. I rami più bassi strisciavano e si contorcevano terraterra, rami che, per quanto tentassero, non ce la facevano a issarsi verso il cielo e che a un certo punto del loro avanzare se la ripinsavano e decidevano di tornare narrè verso il tronco facendo una specie di curva a gomito o, in certi casi, un vero e proprio nodo. Poco doppo però cangiavano idea e tornavano indietro, come scantati alla vista del tronco potente, ma spirtusato, abbrusciato, arrugato dagli anni. E, nel tornare narrè, i rami seguivano una direzione diversa dalla precedente. Erano in tutto simili a scorsoni, pitoni, boa, anaconda di colpo metamorfosizzati in rami d'ulivo. Parevano disperarsi, addannarsi per quella magarìa che li aveva congelati, "canditi", avrebbe detto Montale, in una eternità di tragica fuga impossibile. I rami mezzani, toccata sì e no una metrata di lunghezza, di subito venivano pigliati dal dubbio se dirigersi verso l'alto o se puntare alla terra per ricongiungersi con le radici." Montalbano, quando non aveva gana d'aria di mare, sostituiva la passiata lungo il braccio del molo di levante con la visita all'arbolo d'ulivo. Assittato a cavasè sopra uno dei rami bassi, s'addrumava una sigaretta e principiava a ragionare sulle facenne da risolvere. Aveva scoperto che, in qualche misterioso modo, l'intricarsi, l'avvilupparsi, il contorcersi, il sovrapporsi, il labirinto insomma della ramature, rispecchiava quasi mimeticamente quello che succedeva dintra alla sua testa, l'intreccio delle ipotesi, l'accavallarisi dei ragionamenti. ... Isando gli occhi e la testa per far calare meglio la prima tirata di fumo, il commissario s'addunò di un braccio dell'ulivo che faceva un cammino impossibile, spigoli, curve strette, balzi avanti e narrè, in un punto pareva addirittura un vecchio termosifone a tre elementi. "No, non mi freghi" gli murmuriò Montalbano respingendo l'invito. Ancora non c'era bisogno di acrobazie, per ora bastavano i fatti, solamente i fatti.

pag 204

"Per una mezzorata se ne stette a panza all'aria, senza mai staccare lo sguardo dall'àrbolo. E più lo taliava, più l'ulivo gli si spiegava, gli contava come il gioco del tempo l'avesse intortato, lacerato, come l'acqua e il vento l'avessero anno appresso anno obbligato a pigliare quella forma che non era capriccio o caso, ma conseguenza di necessità."

Segnalato da Angela

"L'odore della notte ", di Andrea Camilleri, (Ed. Sellerio Editore Palermo, pag 54)



Acquerello di Cira Almenti


Quando arrivo' nella parte di darre' la villetta, ando' a sbattere contro quella che sulle prime gli parse una troffa di spinasanta. Punto' la pila, talio meglio e fece un urlo. Aveva visto un morto. O meglio, un moribondo. Il grande aulivo saraceno era davanti a lui, agonizzante, dopo essere stato sradicato e getta 'n terra. Agonizzava, gli avevano staccato i rami dal tronco con la sega elettrica, il tronco stesso era stato gia' profondamente ferito dalla scure. Le foglie si erano accartocciate w stavano seccando. Montalbano si rese conto confusamente che si era messo a chiangiri, tirava su il moccaro che gli nisciva dal naso aspirando a sussulti come fanno i picciliddri. Allungo' una mano, la poso' sul chiaro di una larga ferita, senti' sotto il palmo ancora tanticchia d'umidita' di linfa che se ne stava andando a picca a picca come fa il sangue di un uomo che muore dissanguato. Levo' la mano dalla ferita e stacco' 'na poco di foglie che fecero ancora resistenza, se le mise in sacchetta. Poi dal chianto passo' ad una specie di raggia lucida, controllata ...







Last modified Monday, February, 23, 2015