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GLI 80 ANNI DI ANDREA CAMILLERI

LA FESTA ALLA RAI

Roma, 14 settembre 2005


 

Per festeggiare gli 80 anni del Sommo Andrea Camilleri, nella Sala degli Arazzi della sede Rai di viale Mazzini a Roma, c’era mezza Vigata: il Commissario Montalbano, Fazio, Catarella, Jacomuzzi, Nicolò Zito e, inoltre, Alberto Sironi e Carlo degli Esposti, nonché tutte le più alte cariche Rai. Il Sommo in una forma strepitosa si è prestato con gioia agli innumerevoli scatti fotografici e alle riprese tv, rispondendo a tutte le domande estenuanti dei giornalisti. Commosso e divertito alla proiezione della pellicola retrospettiva sulla sua carriera in Rai, così come per il regalo, per il brindisi e per il taglio della mega cassata siciliana grande quanto la piazza di Vigata. Insomma non si è risparmiato per nessuno e, dopo aver salutato alzando le braccia come un pugilatore vittorioso dopo un incontro, si è congedato con un mio bacio! :-DDDDDDDDDDD

Giuseppe Nava (Capo Ufficio Stampa Rai): Qui con noi c’è il presidente Petruccioli e il direttore generale Meocci, abbiamo il direttore di Rai Fiction, Saccà, il direttore di Rai 1, Del Noce. C’è un posto vuoto che è quello di Zingaretti che sta per arrivare. Vicino a me c’è Sironi, che come sapete è il regista e Degli Esposti che è il produttore. La presenza dei dirigenti Rai è numerosa proprio per festeggiare – perché fa parte della famiglia Rai – Andrea Camilleri, che ho il piacere di avere qui con noi e a cui abbiamo appena consegnato due CD che contengono due delle serie di Montalbano. Sapete che Montalbano è stato venduto in oltre 30 Paesi, ha girato un po’ tutto il mondo… ecco, è arrivato anche Zingaretti, quindi possiamo dare inizio ai festeggiamenti dando la parola al presidente Petruccioli.

 

Petruccioli: Vivissimi auguri per il papà di Montalbano, che ringraziamo! Abbiamo l’onore di avere qui, oggi, uno dei più importanti autori della Rai. Montalbano non è soltanto un grande personaggio della nostra letteratura, ma è anche una presenza familiare attesa sui nostri teleschermi grazie alla straordinaria capacità inventiva e creativa di Camilleri e anche alla interpretazione che ha trovato in Zingaretti. Sono felice, nel fare questa nota personale, del fatto che è la prima volta che parlo in pubblico da quando sono presidente della Rai e non poteva esserci occasione migliore. Non poteva esserci occasione migliore perché Camilleri non è soltanto quello che è oggi per la Rai. Camilleri, è stato tantissime cose per la Rai. Per buona parte dei suoi straordinari ottant’anni, Camilleri, è stato un dipendente. Ha lavorato qui e ha fatto praticamente tutto. Ha fatto il produttore interno in trasmissioni che hanno fatto la storia della televisione in Italia e della produzione del servizio pubblico. Ha prodotto le prime commedie di Eduardo. È stato produttore del tenente Sheridan. Produttore di Maigret, dove ha fatto anche l’attore. È stato straordinario e fecondissimo autore radiofonico. Quindi, che conclusione ne traggo io? Do, soltanto, un grazie grandissimo a Camilleri e una testimonianza dell’apprezzamento che tutti coloro che lavorano in questa azienda hanno nei suoi confronti, anzi, più che apprezzamento lo considerano un modello.

Va fatta anche una riflessione sulla televisione. Camilleri ha prodotto film, commedie di Eduardo e, se pensiamo alle produzioni di oggi di Montalbano, bè, c’è un denominatore comune: il livello alto della qualità!

E poi c’è tutta la storia del cambiamento di una nazione. Quello che si è innovato, quello che si è superato, quello che si è acquisito, però sempre, ripeto, ad un livello alto! Per questo, io, considero Camilleri un intellettuale raffinato, un esempio e un motivo, se mi si consente, di riflessione per la cultura italiana, per gli intellettuali italiani. È mia intenzione discuterne anche in maniera più distesa e in circostanze specifiche perché troppa parte della cultura e degli intellettuali in Italia considerano la televisione di per sé un mezzo che umilia la cultura, che la disperde, che, diciamo, la frantuma… come mezzo, intendo. Non la televisione fatta male ma la televisione di per sé. È un vizio, questo non solo recente. Mi è capitato di rileggere, recentemente, alcune cose di Longanesi del ’57 – e nel ’57 la televisione non era un mezzo così diffuso, c’erano solo qualche decina di migliaia di apparecchi televisivi e per lo più nelle case dei più ricchi – ma anche di Pasolini del ’72: “La televisione corrompe. Corrompe insieme il popolo e la cultura consapevole.” No! Io penso che la televisione è un mezzo, molto complicato, molto difficile da usare ma è un mezzo che anche la cultura alta può usare al meglio, anzi, è la vera sfida che una cultura alta dovrebbe ricercare e tentare di vincere, comunque la sfida con la quale dovrebbe e deve misurarsi. Ecco! Camilleri, per me, è un esempio di intellettuale che di fronte a questo mezzo non ha avuto paura, anzi, l’ha considerato una prova essenziale per la sua stessa cultura. Usando questo mezzo anche le sue più raffinate e sofisticate invenzioni culturali hanno, probabilmente, tratto qualche elemento. Secondo me, proprio in questo rapporto fra cultura alta e la capacità di far passare questa cultura alta attraverso il mezzo televisivo, c’è il grande contributo e la grande lezione che ci consegna, a questo punto della sua carriera fecondissima, come autore. Del resto, la capacità di dominare, di giocare su strumenti così diversi, su tasti apparentemente così lontani, Camilleri ce l’ha, in realtà, offerta questa cultura alta attraverso la sua lingua, una lingua così fantastica! Dalla più canonica capacità di seguire l’andamento letterario fino all’utilizzazione del lessico popolare: quella fantastica e quella, sua, vera.

Ho parlato anche troppo, però l’occasione di avere qui Camilleri… Un grandissimo ringraziamento a Camilleri. Spero di aver motivato in modo non burocratico e superficiale questo mio discorso… Grazie, grazie! Auguri!!!

 

Nava: Grazie al presidente. Direttore generale…

 

Meocci: Oggi non potevamo non festeggiare il compleanno di Camilleri, anche se con qualche giorno di ritardo, il quale ci riporta con la sua vita, con la sua produzione letteraria e televisiva ad un excursus sul ruolo della televisione ma, anche, ad approfondire qualcosa che il presidente, molto opportunamente, aveva accennato. Camilleri parte con il teatro, il teatro di Eduardo, poi ci offre altre realizzazioni. Poi arriva Montalbano, un successo mondiale, un successo internazionale: Australia, Sud America… e tutto questo riuscendo a presentare un Paese come il nostro che è molto variegato, riuscendo a  presentarlo in maniera semplice usando, a volte, anche il dialetto. Facendo vedere un’Italia spesso trascurata. Il mondo della televisione è un mondo che dura un giorno, come quello del cinema, forse ancor più del cinema, poi sparisce. Pensate a tutta la nevrosi informativa che c’è su quello che diciamo. Dovremo invece riuscire a far parlare di quello che facciamo, non delle nostre dichiarazioni. Sarebbe una cosa diversa ma, questo, esiste soltanto in questo Paese. Forse qualcosa va ripensata, ed è proprio la ricerca dei valori della gente di questo Paese che crede nel futuro, che ama lavorare, che ama la piccola felicità, felicità apparentemente piccola e invece… si può paragonare a un sorriso, così semplice eppure… Questa è la vera sfida: riuscire a tradurre tutto questo contesto di valori che fanno grande un Paese. Io mi ritrovo in molte cose che ho trovato nei lavori di Camilleri, perché c’è in questi personaggi la capacità di individuare la verità e il nocciolo delle questioni. Io vengo da una terra del nord, dove c’è la nebbia, e abbiamo imparato a distinguere le ombre dalle cose vere. Questa è la forza di questo Paese. Ha ragione il presidente Petruccioli quando dice: per anni, se ricordate, c’era una sorta di accentramento snobistico nei confronti della televisione. Ossia, gli intellettuali non andavano in televisione perché, altrimenti, venivano considerati intellettuali di serie B. Però, ricordo al presidente e ai miei colleghi giornalisti che tutto questo un tempo accadeva anche sui quotidiani. Chi scriveva sui quotidiani, in passato veniva considerato di serie B rispetto a quelli che si esprimevano attraverso saggi. C’è stata un’evoluzione nel sistema della comunicazione. E oggi, non v’è dubbio che la televisione è diventata un mezzo attraverso il quale si esprimono liberamente e con forza tutta una serie di intellettuali. Questo significa che la televisione ha fatto centro, la televisione è riuscita a trasformarsi diventando un veicolo culturale forte all’interno della crescita del Paese, e questo, credo, sia il messaggio moderno, vero, che proviene da questa esperienza eccezionale. Perché è attraverso questi valori e questi simboli che si può costruire un Paese.

La partenza, la settimana prossima, del “Commissario Montalbano” può essere un modo per augurare da parte nostra a Camilleri non solo ogni felicità ma anche che la sua produzione continui ancora per molto tempo. Perché la televisione, lo spettacolo, è fatto di emozioni. Ci sono emozioni superficiali che spariscono e quelle che restano. I messaggi sulla sabbia con un colpo di vento spariscono e quelli impressi sulla roccia rimangono, certamente i messaggi di Camilleri sono stati scritti sulla roccia.

 

Nava: Ora vi faremo vedere un piccolo omaggio filmato di quello che siamo riusciti a recuperare delle cose fatte da Camilleri. Ho qui un elenco di tutto quello che finora hanno catalogato nelle Teche di Rai 3 del lavoro di Camilleri, sono circa 140 titoli. Questo è un filmato fatto dalla Direzione Comunicazione e firmato da Giuliana Mancuso e Roberto Savoca.

Con un bellissimo sottofondo jazz inizia un filmato veramente gustoso con mini interviste al Sommo e flash di sceneggiati da lui diretti o prodotti o interpretati.

 

(Filmato)

 

Camilleri: “Ho fatto ricorso ai più bassi pretesti per passare al mio paese… ”Ma che ci trovi?! perché ci torni?”. Per me è un disperato tentativo di camminare a ritroso nella memoria e poi perché sostanzialmente l’aria, la parlata, le persone del porto sono rimaste uguali. E siccome questa è la mia radice narrativa, ogni tanto ci torno… come quando un abete mette le radici, non le lascia. Ciao!!!!”

 

(Filmato)

 

Camilleri: ”La televisione è ancora un potenziale enorme che ancora deve finire con lo scoprire se stessa…”

 

(Filmato)

 

Camilleri: “Ero produttore della serie ed ero anche il regista, però, naturalmente, non volevo mai interferire da regista nella regia di Mario Landi. Anche se era bravissimo, Gino, era una persona, per esempio, che non studiò mai la parte a memoria…”

 

(Filmato)

 

Camilleri: “Sono, veramente, come i miei personaggi sulla pagina scritta… e questo è molto importante….”

 

(Filmato)

 

Voce fuori campo: Le storie di Montalbano si raccontano soprattutto dai cosiddetti “veri” personaggi. Camilleri racconta la realtà che conosce e che ha conosciuto…

 

(Stacco musicale e flash di un episodio montalbanico)

 

Voce fuori campo: Oggi festeggeremo Andrea Camilleri!

 

Musica. Il filmato si conclude con una scena montalbanica, con il commissario che dice: “Guarda… che se non ci siete tutti faccio un casino. Eh!!!”

 

Meocci: È chiaro che questo filmato ci riporta un attimo al rapporto di oggi fra Camilleri e la Rai, appunto al commissario Montalbano. Chiederei ora al direttore di Rai Fiction, Saccà, di intervenire…

 

Saccà: Mi ero preparato, anche un po’, a celebrare Camilleri. Il Camilleri uomo straordinario della Rai. Di questa Rai, per usare parole di Andrea Camilleri, dette proprio in questa sala tre anni fa, aprendo il corso per autori televisivi: “…di questa Rai così detestata ma così struggentemente amata”. Sono parole di Camilleri. Ovviamente, questo filmato mi ha spiazzato perché ha detto tutto in una maniera straordinaria. Cosa c’è da aggiungere? C’è da aggiungere che Camilleri non è stato soltanto un grande autore televisivo, un grande sceneggiatore, un grande scrittore che conosciamo. È stato quello che ha insegnato il cinema. Ha insegnato dietro una cattedra all’Accademia Silvio D’Amico e ha insegnato al centro sperimentale… e tutto questo c’è nei libri e c’è anche nel lavoro che lui ha fatto. Ma c’è anche un Camilleri segreto, non so quanto segreto visto che poi su Internet qualcosa c’è… [alla faccia di qualcosa ;-DDDD, NdT] che è il Camilleri poeta. Camilleri è stato scelto, come poeta, e pubblicato dal grande Ungaretti. C’è stata una collana, negli anni Quaranta, curata dal grande Ungaretti e dentro c’erano le poesie di Camilleri. È un personaggio straordinariamente ricco e straordinariamente complesso, e un personaggio così straordinariamente ricco e complesso poteva non dare quel ponte, diceva il presidente all’inizio, che copre la frattura tra cultura alta e cultura, così detta, bassa? E qui arriviamo alla televisione e a quello che rappresenta Montalbano e del perché Camilleri è celebrato dai critici, ma è anche uno degli autori più venduti in Italia. Questo perché? Perché nella sofisticazione di Camilleri rispetto alla lingua - Camilleri inventa una lingua, nuova - la forza del suo racconto è proprio la lingua. Perché, dovendo raccontare una realtà molto particolare, non ha la lingua per raccontare e se la deve inventare, perché la lingua è falsa! La lingua dei cosiddetti letterati alti, quelli sopraccigliosi che fanno il verso alla televisione bassa, usano una lingua consumata! Che non serve a raccontare la verità. Camilleri, si è inventato una lingua. Una lingua molto televisiva, perché è una lingua che parla per immagini. Ecco perché Montalbano è un successo. Le repliche di Montalbano le abbiamo mandate almeno cinque volte e ogni volta il 30 per cento di ascolto. Le repliche!!! Cioè, un fenomeno incredibile. Come si fa a parlare di cultura bassa e alta quando la gente vede le repliche alla quarta volta? È un fenomeno straordinario. Ma è un fenomeno straordinario legato alla popolarità della cultura. La cultura o è popolare o non lo è. Sono molto radicale ma ne sono profondamente convinto. Ho gia detto molte volte in questa sala parlando della televisione che forse è, se non proprio quella cosa maleodorante che non si può pronunciare... Ma la grande cultura nasce sempre come cultura popolare. I poeti omerici… altro che cultura popolare! Un popolo intero si riconosceva in quelle storie, che venivano raccontate continuamente. Scusate il paragone ma quando Giotto affresca, affresca la cultura popolare. Perché deve raccontare le scritture a un popolo analfabeta e, quindi, è il massimo della cultura popolare. E finisco citando il Sommo Maestro: Dante, quando deve raccontare, si inventa una lingua. E quando Benigni fa 12 milioni di telespettatori si inventa il volgare. Ha bisogno del volgare. La televisione popolare raggiunge questi livelli a livello della grande scrittura e a livello della grande cultura e a livello della grande poesia. Nel senso che con un codice diverso, con il suo codice, racconta le emozioni, i desideri, le fantasie, le paure, le angosce di un popolo. Questo è il mestiere che noi facciamo e ha ragione Camilleri quando dice: ancora la televisione non ha dato. Perché la televisione stessa non sa, non conosce ancora bene il suo linguaggio. E già, il linguaggio della televisione analogica è superato. Il linguaggio della televisione digitale è un altro linguaggio che avrebbe bisogno di Camilleri per essere indagato nella sua struttura morfologica, ma è una lingua enorme. Una lingua dove i numeri diventano immagine. Dove le note musicali possono diventare numeri. È importante che nel momento in cui celebriamo un grande intellettuale del nostro Paese, un intellettuale di questo Paese che è riuscito a stendere un ponte tra cultura alta e cultura bassa, è il momento per dire, con orgoglio, cos’è la televisione. La televisione è racconto. È soprattutto racconto. Anche i telegiornali lo sono. Sono stato un allievo di Sandro Curzi, è stato un mio direttore al TG3, io ero capo servizio poi Curzi e Agnes mi fecero vice caporedattore e poi capo redattore centrale, con Curzi spessissimo facevamo il sommario del giornale, Sandro sa bene la fatica che facevamo nel trovare la chiave del racconto. È chiaro che poi il racconto come contenuti ce lo dava la realtà, ma noi dovevamo trovare la forma del racconto e l’ascolto tanto più cresceva quanto più noi riuscivamo a fare un sommario costruito in maniera esteticamente equilibrata, come se fosse la facciata di una cattedrale romanica dove i pesi e i contrappesi devono essere equilibrati, si doveva sempre andare per analogie o per contrapposizioni, insomma, un’estetica del sommario e dei telegiornali. Allora, se la televisione è racconto, la fiction è il racconto per definizione. La gente si nutre di racconto. Senza racconto non ci sarebbero le società. I racconti servono perché le società si raccontino e raccontandosi trovano un’identità e un senso alla loro vita. Il racconto è fondamentale nelle società. Pensiamo alle società precedenti alla televisione, che i grandi sociologi americani chiamano la centrale del racconto, ricordiamo a come era la vita prima e come è adesso. Se il racconto è così importante nella vita delle persone, come è cambiata in maniera straordinariamente importante la vita delle persone se ogni fine settimana le quantità di racconto accumulato a cui le persone possono accedere sono incomparabilmente superiori di quelle a cui accedeva mia nonna in tutta la sua vita! La quantità di racconto che noi diamo in un sabato o in una domenica è infinitamente superiore a quello che le nostre nonne avevano. Questo migliora la vita delle persone. Perché le persone hanno bisogno di racconto.

Dunque, la nuova serie di Montalbano. Vedremo due puntate straordinarie, ci sarà poi l’occasione per raccontarle, ringrazio a nome di Rai Fiction la produzione e soprattutto Zingaretti che, malgrado impegni diversi, ha accettato la nostra richiesta di andare in onda questo autunno. Se mi sono prolungato scusatemi ma era troppo ghiotta la presenza di un grande scrittore come Camilleri. Grazie!

 

Del Noce: Non ci sono dubbi, credo, che se si dovesse fare una galleria ideale delle persone che da interni Rai passeranno alla storia della televisione un posto d’onore spetterà sicuramente ad Andrea Camilleri. Allora, in questa sorta di abbraccio che abbiamo fatto a Camilleri, qui, nella concomitanza dei suoi ottant’anni ma anche della nuova serie di Montalbano, che andrà su Rai Uno, vorrei ricordare che casualmente il mio primo contratto Rai, quando feci "Sotto processo" nel 1982, vedeva Camilleri come regista. All’epoca c’erano riunioni continue anche con il regista e quindi ne ho anche un ricordo autobiografico personale molto caro, perché chiaramente le persone che si incontrano all’inizio del proprio lavoro si ricordano. Poi, ritrovare Camilleri scrittore… un così grande scrittore. È uno scrittore così televisivo che evidentemente, forse, in via subliminale, in qualche modo nel suo modo di scrivere ha mantenuto la trama del racconto che, ha detto Saccà prima, è alla base di ogni narrazione televisiva. Vorrei dire un’ultima cosa. Un ringraziamento a Zingaretti che ha accettato di andare in onda, non è che ci fosse un accordo per andare in onda, per posticipare una vera messa in onda di queste puntate, comunque siamo molto lieti di poterlo avere in duplice versione: in autunno e poi, di nuovo, in primavera con altri due Montalbano che saranno il suo addio a questo personaggio. Grazie!

 

Meocci: Addio? Mai dire mai, eh! Noi stiamo lavorando contro questa decisione… alla fine poi si vedrà.

 

Nava: In anteprima vi proponiamo alcune immagini del nuovo Montalbano. Una delle tante curiosità è l’affetto, nei confronti di Camilleri e dei suoi personaggi, del vicedirettore di Rai Fiction, Max Uberti, che ha seguito tutte le serie di Montalbano e che è, quindi, uno degli esperti… Allora vediamo questo piccolo assaggio de "Il giro di boa".

 

[Per la verità ce lo hanno fatto vedere quasi tutto, NdT]

 

Nava: Questo straordinario Zingaretti… questa firma di Sironi, inconfondibile nello stile… e tocca a loro, adesso, parlare di… non di Montalbano, ma del maestro Camilleri!

 

Zingaretti: Non credo di essere tanto capace… a parte che Andrea se, disgraziatamente, avrà acceso la televisione e guardato i telegiornali nel giorno del suo compleanno mi avrà maledetto, perché i miei auguri sentitissimi e affettuosi glieli ho fatti tramite video. Me li hanno chiesti da tutte le testate giornalistiche, li ho fatti con grande piacere, preoccupandomi solo dei suoi accidenti verso di me ma, ovviamente, mi fa piacere farglieli di persona ora.

Che dire? L’ho detto tante volte, ho avuto la fortuna di conoscerlo da alunno, all’Accademia di arte drammatica Silvio D’Amico. Dico fortuna perché per me è stato un maestro molto importante nella mia carriera. Un po’ perché era uno di quei tipi che parlano ai ragazzi da adulti, perché ci offriva sempre il suo modo personalissimo di vedere le cose, che trovo sia il suo pregio maggiore. Perché, è vero che ha inventato una lingua, è vero che ha un suo umorismo tutto particolare ma il suo pregio maggiore, parlo da lettore, nei suoi libri penso sia farti vedere la realtà in un modo diverso. Il fatto di farti vedere, comunque, qualcosa che è sempre a portata di mano ma che senza il suo aiuto difficilmente si riuscirebbe a scorgere. Mi ricordo, lui insegnava in accademia regia televisiva, l’accademia versava in condizioni disastrose da un punto di vista economico, non c’erano mai i soldi per affittare le telecamere che ci sarebbero servite per fare lezione, ebbene, lui entrava in classe e raccontava e noi eravamo tutt’altro che una classe, come dire, di morti di sonno, anzi eravamo una classe veramente irrequieta, ma le sue lezioni non ce le perdevamo mai. Erano racconti anche semplici, anzi, racconti semplici. Racconti di un signore che magari si era trovato accanto quella mattina mentre mangiava cornetto e cappuccino, come chiunque di noi aveva fatto quella esperienza la mattina stessa, però, lui, riusciva sempre a farti vedere il particolare. Riusciva a incantare raccontando un particolare di questa persona. Il suo fiore all’occhiello piuttosto che il suo modo di “appucciare” il cornetto nel cappuccino, questo per noi, almeno per me, è sempre stato un grande privilegio, cioè quello di riuscire a scorgere la cosa semplice con tutto un universo dietro. Credo che m’abbia un po’ invogliato ad osservare le cose che mi stanno intorno più di quanto mai ero solito fare. Io e Andrea dopo l’accademia non ci siamo frequentati molto, ma almeno da parte mia c’è sempre stato questo affetto, credo ricambiato, questa stima e, dicevo, ho avuto la fortuna, il privilegio, di averlo come professore e quindi ho potuto vedere come era, Andrea, prima di questo enorme successo letterario e vi assicuro che non è cambiato per niente! Questo credo che sia un sintomo, una spia, proprio, delle persone che valgono. Il fatto di continuare ad essere se stessi nonostante si è tirati tutti i giorni per la giacca. Andrea non è cambiato di niente, continua ad avere questo straordinario acume nell’osservare la realtà e nel raccontarla. Ritengo un grandissimo privilegio quello di avere interpretato il suo personaggio, perché il commissario Montalbano, lo dico sempre a me stesso, è un personaggio che nessun attore, anche il più  mediocre, avrebbe fallito. È un personaggio a cui voglio bene, non solo per quello che mi ha portato ma anche perché mi diverte interpretarlo. Mi diverto tantissimo, perché è un personaggio che ha scritto, che ha detto di sé tutte le cose belle e brutte, le mille contraddizioni che ognuno di noi si porta dentro ma anche sollecitate con una grande sincerità d’animo e, soprattutto, sincerità verso se stessi. Tutto questo fa sì che io sono felicissimo di essere qui, oggi, a fare gli auguri personalmente ad Andrea insieme a tutti voi. Sono felicissimo di averlo incontrato, almeno incontrato il suo universo che è quello profondissimo come può esserlo solo l’universo di un intellettuale che viene dal Sud. La smetto qua, se no rischio di diventare mieloso.

Grazie! Auguri Andrea!

 

Sironi: Dopo dieci anni che facciamo Montalbano, stiamo circa sei-sette mesi all’anno in Sicilia, sono diventato mezzo siciliano anch’io. Quando mi hanno chiamato per fare i suoi film Andrea ha detto: ma proprio uno di Milano? Proprio non se l’aspettava! Poi, credo che quando abbia visto i film gli siano piaciuti. Lo ha dichiarato parecchie volte. I registi non devono parlare tanto. I registi, secondo me, devono fare il loro mestiere. Il rispetto che c’è da parte mia e l’amore che c’è da parte mia nei confronti di Camilleri, si vede nei film che noi abbiamo fatto. Si vede da un atteggiamento del lavoro. È un atteggiamento serio, perché, insomma, di fronte a della roba buona bisogna corrispondere con un atteggiamento altrettanto serio. Una volta circolava una voce nel cinema italiano: quando c’era un bel romanzo non si poteva fare un bel film! Io non sono mai stato d’accordo. Tant’è vero che quando ho fatto il film, prima di questo, prima della serie di Montalbano, nella speranza di poter fare Camilleri misi un personaggio che leggeva "La forma dell’acqua", un ragazzino che leggeva "La forma dell’acqua", come una specie di gancio sperando che li avrebbero fatti fare a me i film, perché i libri di Camilleri, che erano già stati pubblicati, io li avevo già letti tutti. Mi piacevano tanto e continuano a piacermi. Se c’è una cosa che posso dire da regista: io non sono ancora riuscito a dire “addio” a Montalbano, mi sembra un personaggio con il quale chiacchiero ancora adesso. C’è un po’ di nostalgia… per adesso è un arrivederci, poi vediamo cosa succederà. Grazie!

Degli Esposti: Abbiamo già detto tutto, quindi volevo solo ricordare che il successo televisivo di Montalbano è, forse, l’unico esempio nel quale la letteratura è andata in soccorso della televisione e non il contrario, come spesso avviene. Cioè, il numero di lettori, l’affezione che i lettori dei libri hanno poi riversato nel prodotto televisivo, forse, è una delle chiavi importanti per capire l’effetto duraturo dell’opera di Camilleri. Volevo solo dire che se io ho conosciuto Camilleri è stato per merito di Elvira Sellerio che mi ha messo in contatto con i primi libri di Andrea. Quando Andrea mi autorizzò a poter lavorare sui suoi libri, una domenica comprai un libro di un grande teorico televisivo americano perché portava dei racconti in televisione e mi incuriosiva sapere cosa pensavano gli americani, che per quanto riguarda la letteratura sono i più grandi e bravi traspositori cinematografici e, appunto, comprai il libro di questo teorico che sosteneva che per avere successo bisognava tradire l’autore letterario per avere un grande successo televisivo. Io ho fatto in modo che Andrea non venisse mai tradito. Che la scrittura di Andrea non venisse mai tradita nella trasposizione televisiva e ne vado orgoglioso. Grazie!

 

Nava: Camilleri, vogliamo sapere se vuole parlare… prima o dopo il regalo? Spesso si parla dopo il regalo, quindi… se qualcuno porta il regalo… e poi le diamo la parola.

 

Consegna del regalo, taglio della torta e brindisi sotto i flash dei giornalisti.

Camilleri: Grazie! Mi ha molto divertito, devo dire, la simpatica serie di flash sulla mia carriera all’interno della televisione [Sospiro di commozione, NdT] dove io ho fatto di tutto. Ho fatto il delegato alla produzione, ho fatto il funzionario di programmi, sempre per la prosa, ho fatto il produttore di Eduardo e, poi, ho fatto soprattutto il regista. La cosa che più mi è piaciuta è stato fare il produttore. Cioè, essere il tramite tra l’azienda e questa gente che veniva da fuori per registrare in studio delle cose o fare delle cose in studio. Cito solo una cosa, di cui si è parlato, ne ha parlato Petruccioli, ne ha parlato il direttore, cioè a dire: questa sorta di ostilità iniziale degli intellettuali nei riguardi della televisione che io, invece, pensavo fosse assolutamente ingiustificata… se poi non entravano loro, gli intellettuali, certo che poi avevano facile gioco a dire: vabbè! Ma che è ‘sta cosa?

Voi provatevi. Provatevi! Anche perché nel concorso del ‘54, Dio mio, era entrato Bertorella, era entrato Emanuele Milano, fior di intellettuali, io solo ero stato escluso pur avendolo vinto. Escluso perché Guala, frate trappista (direttore Rai all’epoca) disse: “No! È troppo comunista! Non riuscirà mai a mettere piede in televisione”. Fu un così cattivo profeta che entrai tre anni dopo in televisione, chiamato da Cesare Lupo, direttore del Terzo Programma. Gli dissi: “Io sono comunista!” “E che me ne frega a me!” Rispose Cesare Lupo, ed entrai, da quel momento, in Rai… Cosa volevo dire? [Sorridendo, NdT] Me lo sono scordato… ah, ecco! La prima cosa che ho fatto era quella di aderire immediatamente all’invito personale di Bernabei. Mi disse: “Guardi, noi abbiamo la possibilità che Eduardo, attraverso Maurizio Ferrara, faccia otto commedie in televisione…“

 

Dal pubblico: Era comunista…

 

Camilleri: Tutti comunisti! "... che non capiti nulla, che tutto funzioni alla perfezione perché questo è un colpo grosso”. È un colpo grosso, che io comunista, condivisi con un democristiano… ed era veramente importante in quel momento… e così ebbi anche l’occasione di diventare amico di Eduardo, che non è cosa da poco! Questa è stata la mia prima produzione alla Rai, poi sono venute le altre cose… Ma avendo superato lo scoglio di De Filippo tutte le altre cose mi facevano sorridere.

Sono grato, voglio dire al presidente Petruccioli, al direttore generale Meocci, a tutti i rappresentanti della Rai, a questa azienda, così detestata ma così amata, come tutti i veri amori, per questa giornata che, credo, sia abbastanza unica perché essere festeggiato dopo aver avuto il vaticinio che mai avrei messo piede in Rai… è stato bellissimo! Grazie!!!!

 

Ai giornalisti che chiedevano spiegazioni sulle sue dichiarazioni provocatorie in riferimento all’11 settembre il Sommo ha così risposto (o meglio quello che sono riuscita a carpire perché era assalito dai giornalisti delle più importanti testate… e, quindi,  l’inviata di Radio Vigata quello che ha potuto fare ha fatto:-DDDD):

“Io sono contro l’amministrazione Bush. Io non sono antiamericano. Non tollero che mi si dica “provocazione”… a me non mi frega niente di nessuno. Provocare significa avere davanti una persona e provocarla, a me non interessa. Ho detto solo la mia idea.”

Giornalista: “Evidentemente ha di fronte qualcuno che ha facilità a sentirsi provocato su questa data...”

“È un problema suo. Non posso tollerare, però, che si faccia una diversità tra morti di serie A, quelli che hanno l’aura del sacrificio – è stato detto da Bevilacqua, anzi scritto sul “Corriere della sera” – e morti di serie B, gli iracheni, che sono gli sfigati privi di aura... ecco, questo, a me, mi indigna! Va bene!!!??? I morti sono uguali, non c’è differenza. Ci possono essere differenze di motivazioni politiche per cui quelli abbattono … [non si riesce a capire dalla registrazione cosa dice, NdT] … con l’Iraq e l’Afghanistan … siamo d’accordo! Parliamone. Discutiamone. Io non penso che una guerra contro le popolazioni inermi, che non c’hanno un aereo, non c’hanno un cannone antiaereo, non c’hanno nulla, valga un atto di terrorismo… questo è quello che penso assumendomene tutte le responsabilità!”

 

Dopo la camurrìa dei giornalisti mi avvicino al Sommo e lui mi fa: “Eccoti! E tu che vuoi fare?”

Oddio… Odddddiiiioooo!!!! Il Sommo mi  concede il suo tempo e io rimango basita e non so cosa voglio fare… intervistarlo?! No, mi pare troppo scontato e poi non mi viene nessuna domanda intelligente - anche perché mentre con Valentina si aspettava  commentavamo come fossero monotone le domande dei giornalisti: “Perché lo ha chiamato Montalbano? Come finirà? Morirà? Si sposerà con Livia? Entrerà in un convento buddista? Uscirà di senno alla solita sbattuta di porta di Catarella e questa volta gli tirerà un colpo di pistola in piena fronte, uccidendolo, e finirà i suoi giorni in galera? E che ne pensa di Bush? E dell’Iraq? E dell’Afghanistan? Ecc. ecc.” – No, no… intervista scartata!!

E come dirgli: “Cosa voglio fare?! Bene! Se mi concede mezz’ora, direi di sederci in questo bellissimo giardino d’inverno (sembrava de sta’ in Cina invece che alla Rai :-D) lei parla e io l’ascolto. Può scegliere un qualsiasi argomento a piacere. Anche se mi spiegasse come si smonta, si pulisce e si rimonta un carburatore di automobile o mi parlasse della vita, della sopravvivenza e della riproduzione delle formiche rosse del deserto del Gobi (ma ce stanno le formiche rosse nel Gobi? Boh?!) bè… io, l’ascolterei comunque, in silenzio, rapita……”.

E invece… e inveceeeeee: “Volevo salutarla e ringraziarla di tutto e farle tantissimi auguri di buon compleanno….” (Abbracci e baci)

Tutto quaaaaa?!

Tutto qua!!!!

Aa Linda… Aaa - LIN – DA - AAAAAAA…..…mavà-và-vaààààààààààààà!!!!!

Linda (Diligata pe’ l’Urbe)

Foto: Linda

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