home page





Outis Topos

Ovvero una ipotesi per una radio futura

Di Andrea Camilleri e Sergio Liberovici

Durata 51' 32" (riduzione da 200 ore di nastri registrati)

In onda sul Programma Nazionale della Rai l'11 giugno 1974



Cliccare qui per ascoltare la trasmissione


Camilleri insieme a Liberovici costruisce uno dei tentativi più audaci di fare radio in presa diretta, 50 minuti di trasmissione ottenuti dal montaggio di 200 ore di nastri registrati nell’estate del 1973 dagli abitanti di un quartiere del sottoproletariato alle porte di Torino. “Un’ipotesi di radio futura”, come recita il sottotitolo, gestita direttamente dai cittadini. L’unica finzione è l’inizio del programma in cui un bambino inserisce un gettone, chiama il numero delle informazioni e chiede: “Cosa vuol dire utopia?” La centralinista sfoglia il dizionario e risponde: “Outis Topos, in nessun luogo”. Il bambino ringrazia e aggancia. Il magma dialettale di Outis Topos, in cui gente comune registra i propri problemi di tutti i giorni (ma ci sono anche i primi esami dei “meridionali” alla scuola Kennedy di Torino, o il racconto di un superstite della banda Cavallero) contribuirà a formare la lingua dei romanzi di Camilleri.


Il testo integrale è stato pubblicato nel volume Il quadro delle meraviglie (Sellerio, 2015)


Nel 1973 Camilleri realizza il suo capolavoro. Da regista si trasforma in autore, non di testi però, ma di ‘scrittura su nastro’, inventando con l’etnomusicologo Sergio Liberovici un documentario radiofonico che è entrato nella storia della produzione italiana: Outis Topos. Un’ipotesi di radio futura. Su invito della Rai – come racconta agli amici di Radio 3 Rai e in particolare a Lorenzo Pavolini – i due autori si recano alla Barriera di Milano, nella Torino nord, dove vive un sottoproletariato urbano a forte immigrazione meridionale. Individuano la piazza centrale e costruiscono una baracca in legno su cui fissano degli altoparlanti. Trasmettono canzoni alla moda per attirare i passanti che, incuriositi, si avvicinano. Vogliono compiere «un esperimento di autogestione del mezzo radiofonico da parte dei cittadini».
Gli abitanti che aderiscono al progetto vengono divisi in gruppi, ai quali viene consegnato un Nagra. Sono loro stessi a raccontarsi e a far emergere le problematiche più urgenti del proprio quartiere (sfratti, caro vita, disoccupazione etc.). Anche Camilleri e Liberovici compiono registrazioni, recandosi nelle scuole, ai cancelli della fabbrica, entrando nelle case. Così la vita del quartiere prende corpo dalle voci dei suoi abitanti. I programmi vengono fatti ascoltare in pubblico. La piazza è gremita. Ed è un successo. Si respira un clima da assemblea pubblica. Dalle duecento ore di nastri registrati Camilleri e Liberovici realizzano una specie di taccuino di frammenti, condensato in quarantacinque minuti. Un lungo lavoro di montaggio che trasforma il materiale grezzo in un prodotto compiuto. L’opera vince il primo premio del concorso speciale indetto in occasione dei cinquant’anni dalla nascita della radio al Prix Italia 1974.
Dare voce a chi voce non ha, perché «la radio deve non solo trasmettere ma anche ricevere, non deve solo far sentire qualcosa all’ascoltatore ma anche farlo parlare», lo scrive nell’introduzione e sembra di sentire Brecht alla fine degli anni Venti, quando si immaginava una radio capace di trasmettere «punto a punto», come una ricetrasmittente, e con la forza di andare contro il ‘potere’. Outis topos è un’opera che sta su un crinale della Storia. Prima dell’esplosione delle radio libere, intercetta pienamente quelle che sono le nuove istanze di partecipazione, di racconto, di rappresentanza. La voce degli ascoltatori si può sentire alla radio solo da pochi anni nella trasmissione Chiamate Roma 3131, che ha introdotto per la prima volta alla radio la chiamata telefonica del pubblico. Outis topos è un documentario che mette a tema la questione. Lo spazio del racconto è affidato anche alle parlate dialettali e a modi di dire popolari.
La voce è la cartina di tornasole di sesso, età, provenienza geografica, classe sociale, atteggiamento caratteriale (rassegnazione, rabbia, riscatto…). Si crea perciò una dimensione sonora che è esattamente opposta alle voci convenzionali della radio, alle voci “radiogeniche”, chiare, neutre, dalla dizione ipercorretta.

(da Rodolfo Sacchettini, "Andrea Camilleri e la radio: un’ipotesi di radio futura" - Doppiozero, 27.10.2019)




Last modified Thursday, February, 11, 2021