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Il vitalizio

di Luigi Pirandello

Adattamento di Andrea Camilleri

 

Agrigento, Piazzale Santa Croce, regia di Andrea Camilleri, 1994

Sciacca, Atrio del Comune, Piccolo Teatro Pirandelliano di Agrigento, 1998

Agrigento, Casa Sanfilippo, Compagnia Stabile Pirandelliana, regia di Marco Parodi, 2003

Catania, Teatro Verga, Teatro Stabile di Catania, regia di Walter Manfré, 2007




Produzione Teatro Stabile di Catania in coproduzione con Teatro Vittorio Emanuele di Messina

5-24 giugno 2007, Catania, Teatro Verga

Regia di Walter Manfrè
Scene di Giuseppe Andolfo
Costumi di Francesca Cannavò
Musiche originali di Carlo Muratori
Disegno luci Renzo Di Chio

Personaggi e interpreti:
Maràbito Riccardo Garrone
Ciuzzo Pace Giuseppe Scarcella
Michelangelo Scinè Franz Cantalupo
Grigòli Giampaolo Romania
Nocio Zagara Massimo Leggio
Il medico Daniele Gonciaruk
Nela Scinè Barbara Gallo
Annicchia Valentina Ferrante
Za' Carminilla Donatella Venuti
Za' Gesa Raniela Ragonese
La Malanotte Adele Tirante
Za' Capita Romana Cardile
Ciuzza Nella Tirante


È stata la necessità di seguire una precisa scelta culturale comune, a spingere i responsabili artistici del Teatro Stabile di Catania e dell'Ente Teatro di Messina verso la realizzazione di questo Vitalizio di Pirandello che Andrea Camilleri aveva felicemente adattato per il teatro dalla novella dell'autore agrigentino (fu poi messa in scena dieci anni fa dal Piccolo Teatro di Agrigento, grazie a Pippo Montalbano e Giovanni Sardone).
Così, dopo la felice collaborazione di Conversazione in Sicilia, che tanti consensi aveva ottenuto nel corso della precedente stagione, i due Teatri siciliani si sono ritrovati a coprodurre un testo di autori siciliani sicuramente meno pregnante di significati ideologici di quanto non lo fosse quello di Vittorini, ma egualmente alto per la capacità di esprimere tematiche esistenziali sotto una forma leggera, divertita e malinconica.
Saranno gli spettatori a stabilire con quanta grazia ed ironia Camilleri abbia affondato la penna dentro la scrittura pirandelliana, fonte alla quale egli si è nutrito.
A noi preme qui sottolineare il senso dell'operazione che vuole essere un ulteriore invito a pescare dentro l'ampio mare della narrativa isolana per trarne nuovi possibili modelli di validissima drammaturgia.
Del resto Il vitalizio è già teatro. Così come sono teatro tante altre novelle pirandelliane e tanti altri romanzi che nel tempo potrebbero trovare una forma di maggiore diffusione se elaborati sotto forma drammaturgica.
In questo caso il connubio Pirandello-Camilleri offre poi la possibilità di seguire quella sotterranea matrice fatta di umori e di umorismo che consente alla letteratura siciliana, anche attraverso autori quali Brancati, Vittorini e Sciascia, di qualificarsi fra le più alte del panorama europeo del '900.
E con grazia e ironia Camilleri affonda la penna dentro la scrittura pirandelliana, fonte alla quale egli si è nutrito. Ed ecco trasposto sulla scena un racconto straordinario per la capacità di esprimere tematiche esistenziali sotto una forma leggera, divertita e malinconica.

Il ricco commerciante di stoffe, Michelangelo Scinè, con negozio sul corso di Agrigento, spinto anche dalla avidità della moglie, vuole diventare proprietario terriero acquisendo terreni su terreni. Non volendo però cacciare molti quattrini, escogita il metodo di individuare i piccoli, poveri, proprietari delle masserie della zona che, per motivi anagrafici e di salute, sembrino avere pochi giorni ormai da vivere. Propone loro il versamento di un vitalizio che egli verserà nelle loro mani, sotto tutela del notaio Nocio Zagara, ogni mese, fino alla fine dei loro giorni.
Come contropartita, essi dovranno abbandonare la loro terra e cederla subito, all'atto del contratto, a lui. Se vivranno a lungo, Michelangelo Scinè rischierà di pagare quella terra forse più del suo valore reale ma se essi morranno presto, come tutto lascia presagire, egli avrà pagato per quella stessa terra poco più che una miseria. Il primo a cedere è il vecchio Ciuzzo Pace. Cede la sua terra in cambio del vitalizio ma dopo qualche mese poveraccio, muore. Spinto dall'avidità, Scinè scopre che il terreno accanto a quello di Ciuzzo Pace appartiene al vecchio possidente Maràbito, al quale egli propone lo stesso contratto.
E Maràbito accetta. Con dolore, perché egli ama ogni zolla della sua terra, ogni piuma di ogni uccello che vola su quel terreno, ma accetta. Ma Maràbito non muore: passano i giorni i mesi, gli anni. Non muore. Sopravvive alle angherie di Scinè, della moglie di lui, del notaio Zagara, di tutti coloro che, nell'intrecciarsi della storia, tentano di mettere le mani sulla sua terra. E tutti costoro egli vede morire, uno dietro l'altro.
Alla fine, quando Maràbito avrà compiuto più di cento anni, non sarà ancora morto. Ed a lei, alla Morte, egli si rivolgerà, chiamandola. Ma Lei non ne vorrà sentire donandogli, forse, una non richiesta eternità.
Una favola emblematica, gioiosa, ironica, paradossale, allusiva. Uno spettacolo dove la logica malinconica di Pirandello, attraversata dalla intelligente ironia di Camilleri, può raggiungere vertici di autentico godimento. Anche per l'anima.

Teatro Stabile di Catania

Il copione dell’Opera è stato pubblicato nel volume Il quadro delle meraviglie (Sellerio, 2015)




Last modified Wednesday, March, 11, 2015