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Fabbrica di una scrittura

Conversazione con Valentina Alferj

(titolo provvisorio)



Autore Andrea Camilleri
Prezzo non conosciuto
Pagine 184 (da confermare)
Data di pubblicazione non conosciuta
Editore Sellerio
Collana La memoria



In principio furono le aste. Pagine e pagine prima di passare alla lettera a. Ma in prima elementare Andrea Camilleri sapeva già leggere e scrivere e fu la noia a fargli iniziare a raccontarsi delle storie, a giocare con le parole, una confidenza con la lingua che continuò per tutti gli anni della scuola quando italiano e dialetto avevano confini precisi e insormontabili. Si innamorò della lingua, gli piacevano le assonanze, le rime, combinava le parole tra di loro, se le ripeteva perché è il suono quello che conta: scoprì la poesia. «Poeta si nasce, non perché dentro di te sgorghino le rime, ma perché si formano le immagini. È come una musica di sottofondo». Scriveva versi, ma poi smise del tutto: l'ammissione come allievo regista all'Accademia nazionale di arte drammatica con Orazio Costa - che Camilleri considera il suo vero e unico maestro - gli aprì un mondo, quello del teatro. Camilleri si è raccontato tante volte, ma mai ha messo a nudo in maniera così lucida e articolata la sua formazione di scrittore e la sua avventura linguistica; dal significato dell'esperienza teatrale - da cui ha ricevuto l'arte del dialogo e quella di far muovere i personaggi in un dato spazio - alla radio - 1.000 le sue regie radiofoniche - alla TV, al romanzo. La fabbrica di una scrittura che, partendo dalla parlata familiare fatta di siciliano e italiano, aveva però tutt'altra ambizione: quella di costruire un proprio idioletto, una lingua individuale, irripetibile, che è poi la magnifica prosa che tutti conosciamo. Una sperimentazione che non si e fermata nel corso degli anni né per la lingua né per la struttura delle sue storie (basti pensare al Birraio di Preston in cui viene abolita la logica della successione temporale - soluzione presa a prestito dal Pianista di Vázquez Montalbán - o a La concessione del telefono, un romanzo/faldone). Infine la scelta del «giallo» scaturita dalla lettura del Pasticciaccio di Gadda. «Trovai così bene raccontata l'epoca del fascismo da restarne senza parole. E allora mi venne l'idea di rovesciare il campo, di dare più importanza al contesto storico in cui avviene il fatto piuttosto che al fatto stesso... In tutti i romanzi di Montalbano c'è un interesse laterale che pare in secondo piano ma che invece non lo è... Scrivo di Montalbano non tanto per risolvere casi ma per sollevarne». E poi la magarìa della memoria, quella biblioteca archetipa di cui parlava Calvino alla quale gli scrittori inconsapevolmente attingono. Una magarìa che è l'incantesimo della scrittura di Camilleri. Una conversazione durata vent'anni con Valentina Alferj - sua preziosa collaboratrice - una lunga consuetudine fatta di appunti, annotazioni, ricordi che esplora la fabbrica della scrittura di un narratore unico, entra nella sala macchine con la consapevolezza dello specialista, con la vivacità di un lettore accorto e curioso.

In appendice saranno pubblicati per la prima volta degli inediti giovanili (forse i racconti Sweet Georgia Brown e Prima che scenda la sera e alcune poesie) e le riproduzioni di pagine di taccuini giovanili.



Last modified Saturday, July, 24, 2021