Gli intrecci delle lingue ne "L'odore della notte" di Andrea
Camilleri
di Jana Vizmuller-Zocco, York University, Canada
La
forma linguistica dei romanzi di Andrea Camilleri sta alla base di tutte le
discussioni letterarie di questo autore "fenomeno". Secondo Capecchi,
il linguaggio usato dallo scrittore costituisce una delle quattro ragioni del
successo e del "vasto consenso tra i lettori"; è "un
linguaggio che, con la miscela di italiano e dialetto, sfugge alla piattezza
della lingua standardizzata e omologata e propone situazioni di rilevante
comicità" (1). Il miscuglio di italiano e di dialetto, sebbene non
sia una novità nel panorama della letteratura italiana, porta a diverse
considerazioni culturali, oltre a quelle linguistiche. Questi due aspetti sono
ampiamente illustrati nell'ultimo romanzo giallo, "L'odore della
notte" che per vari motivi si presenta diverso dagli altri casi del
commissario Montalbano. A prima vista, la trama è a abbastanza semplice: c'è
un truffatore che non si presenta nel giorno stabilito per dare a chi ha
investito nella sua banca gli interessi promessi. La sparizione del truffatore
si rivela però tutt'altro che connessa alla truffa. Il criminale è a sua volta
la vittima di un assassinio.
Cinque sono i motivi per cui "L'odore della notte" differisce dagli
altri romanzi montalbaniani. Prima di tutto, colui che ha commesso il crimine
(Emanuele Gargano) è a sua volta vittima dell'assassinio. Il crimine della
truffa non ha niente a che vedere con l'assassinio. Il personaggio chiave che li
accomuna viene incarnato nell'assassina, la signorina Cosentino. Il movente
della truffa e il movente dell'assassinio sono diametralmente opposti uno
all'altro. Normalmente, in un romanzo giallo, il criminale, la vittima, e
l'investigatore sono tre personaggi distinti (2). Dunque, "L'odore della
notte" offre una variante interessante al triangolo dei protagonisti dei
gialli.
In secondo luogo, il libro offre meno concessioni per facilitarne la lettura:
non ci sono tante traduzioni di termini siciliani, o ci sono meno parafrasi dei
significati delle parole siciliane. È come se Camilleri desse per scontato che
i lettori ormai conoscano il suo modo di esprimersi.
Inoltre, il libro suggerisce relativamente meno spunti di
discussione di problemi sociali e politici degli altri libri; i.e. tratta dei
problemi personali sia di Montalbano che della signorina Cosentino, l'assassina.
(Ma a ben guardare risulta palese che il libro non è completamente privo di
argomenti che vanno oltre la trama principale, a cominciare dalla truffa e a
finire con il disagio esistenziale di
Montalbano).
In quarto luogo, il caso da risolvere non è stato affidato al commissario,
e questo non è una novità, ma Montalbano lo vuole risolvere più per
"vendetta" personale che per dovere d'ufficio.
E, per ultimo, la soluzione della sparizione si deve non tanto all'occhio
clinico o al fiuto, ma alla casualità dell'incidente che gli permette di
entrare nella casa della signorina Cosentino, anche se ci sono indizi precoci
della soluzione (di cui qui sotto).
Considerazioni
linguistiche
È
lecito chiedere se la forma linguistica e la trama del giallo sono in qualche
modo connesse tra di loro. Finora, mancano analisi approfondite del linguaggio
camilleriano, anche se esistono pareri, spesso contrastanti, di alcuni critici
letterari e giornalisti. La definizione che è stata data a questa espressione
linguistica abbraccia termini quali "ibrido", "miscuglio",
"pastiche", "italiano sporco" (3), "miscela di italiano
e dialetto" (4), nonché "una lingua mescidata, e sprofondata talvolta
nel ventre del dialetto"(5). È indiscutibile che la base linguistica di
tutti i romanzi di Camilleri è l'italiano neostandard. L'innesto del ramoscello
siciliano su questo tronco italiano avviene come il risultato di un'operazione
dall'alto, e` un processo colto, come l'ha definito Lo Piparo: Camilleri [in
confronto a Verga]
"compie
un'operazione di tipo lessicale, non di sintassi. Nei suoi romanzi ci sono
dei termini dialettali ma l'impianto resta italiano. Diciamo che Camilleri parte
dall'italiano per arrivare al siciliano ... Il siciliano è ormai una scelta
colta: sono le persone colte che oggi parlano il siciliano, gli incolti, parlano
un brutto italiano" (6).
Ma
il linguaggio non è composto solo di questo italiano con lessemi siciliani
spesso rielaborati, italianizzati; è anche composto di diverse varietà
dell'italiano (aulico, burocratico, neostandard), di dialetto (locale, koinè),
altri dialetti, ecc.
Le opinioni sulla lingua hanno sottolineato tre funzioni che il miscuglio di
italiano e di dialetto svolge in tutti i romanzi finora pubblicati; e queste
sono presenti anche ne "L'odore della notte". Queste tre funzioni si
trovano ogniqualvota uno scrittore italiano opta per l'uso del miscuglio delle
lingue (7): la prima funzione è quella ludica, l'altra, quella casuale, e la
terza, quella definitoria. Che l'espressione linguistica produca o dia rilievo
alla comicità non ci sono dubbi: si puù citare un esempio tra tanti:
Montalbano vuole fare alcune domande alla signora Catarina nella cui casa ha
abitato Giacomo Pellegrino. La signora comincia la discussione:
"Mi
dicisse, signor commissario. Mi l'aspittava! Mi la sentiva che andava a finire
accussi', questo sdilinquenti diginirato! In carzaro! In galera pi tutta la vita
finu a lu jornu di la morti so'!"
"Di chi parla, signora?"
"E di chi voli che parlo? Di me' maritu! Tre nuttate sta passando fora di
casa! Joca, s'imbriaca, si la fa con le buttanazze, stu grannissimu fitusu!"
"Mi scusi, signora, non sono venuto per suo marito."
"Ah, no? E pi cu veni, allura?"
"Per Giacomo Pellegrino. ...." (8).
Ma
questo uso non contribuisce a far procedere la trama ne' contribuisce alla
soluzione del mistero; ne' può essere considerato come elemento che svia le
indagini. In altre parole, la comicità espressa dalla forma linguistica è
svincolata dal procedere tematico della trama.
La seconda funzione, quella casuale, porta al parere che la scrittura sia
"un correttissimo italiano basico che il Camilleri, per certe sue
insondabili ragioni, ritiene doveroso insaporire conficcandovi qui e là qualche
vocabolo siciliano. Ignoto è il principio che governa lo sparpagliamento di
questi termini sulla superficie della pagina" (9). A prima vista, questo
parere potrebbe sembrare vero; si veda l'incipit de "L'odore della
notte" (p.9):
La
persiana della finestra sbattì tanto forte contro il muro che parse una
pistolettata e Montalbano, che in quel priciso momento si stava sognando d'essiri
impegnato in un conflitto a fuoco, s'arrisbigliò di colpo sudatizzo e, nzemmula,
agghiazzato dal friddo. Si susì santiando e corse a chiudere.
Si
pressupone dunque che l'uso della lingua mista non solo sia casuale ma che non
contribuisca in nessun modo allo svolgimento dell'inchiesta o alla soluzione
dell'enigma.
La terza funzione dell'uso delle varietà linguistiche può essere
chiamato definitorio; tre sono gli elementi che vengono così determinati. Nel
primo, il dialetto circoscrive le azioni dei personaggi in una realtà
geograficamente individuabile. Nel secondo, ogni varietà linguistica definisce
il personaggio; per es., Adelina, il siciliano stretto rielaborato:
"La
mogliere di mè figliu nicu la portaro allo spitali ch'avi malo di panza e io ci
devu abbadari e figli ca sunu quattru e il chiù granni ch'avi deci anni è unu
sdilinquenti peju di sò patre" ("L'odore della notte", p. 57);
Catarella,
la lingua maccheronica:
"Tilifonò
il signori e Quistori di pirsona pirsonalmenti e mi spiò di vossia. Io ci
arrisposi che vossia era momintaniamente assente e che appena che fosse stato d'arritorno
ci l'avrebbi detto a lei che lui ci voliva parlari a lei. Ma lui, cioeni il
signori e Quistori, mi spiò se c'era un superiori ingrato." ("L'odore
della notte", p. 80-81).
La
terza funzione è quella di dividere i concetti dai sentimenti, secondo
un'infelice separazione che fa uguagliare l'italiano ai concetti e il dialetto
agli affetti, la cui fonte sembra essere Pirandello (10).
Queste funzioni della forma (la comica, la casuale, la definitoria) sono state
sempre fatte senza tenere conto della sostanza. In altre parole, hanno fatto
procedere l'inchiesta senza chiedersi se la
lingua la rispecchia in qualche modo. La colpa di questo è in parte dovuta a
alcune idee espresse da Camilleri stesso. Per esempio, in un'intervista concessa
ai membri del Camilleri Fans Club, alla domanda "Perché usa l'italiano nei
brani che riguardano i commenti sulla vita moderna?", lo scrittore ha
risposto in questo modo: "Ci ho pensato a lungo, all'atto della scrittura,
e sono pervenuto a questa scelta motivata: in questo modo, nessuno dei miei
lettori si sarebbe dovuto sottoporre a un minimo sforzo per capire" (11).
È come se l'autore sostenesse che le parti importanti, da capire, debbano
essere in italiano, e che le altre, meno importanti, possano avere una forma
qualsiasi.
Invece, l'arte di Andrea Camilleri è molto più complessa di questo. Che la
forma linguistica sia inesorabilmente connessa alla trama risulta quasi
inevitabile. Anche se secondo Montalbano la caratteristica più importante di un
investigatore è l' occhio clinico (12), in altre parole, gli indizi visivi sono
cruciali, il lettore ha a disposizione solo indizi linguistici. Dunque, è
solo attraverso la forma verbale che al lettore viene data l'opportunità di
misurarsi con il mistero. Due sono le ragioni per cui il miscuglio di italiano e
di dialetto ne "L'odore della notte" rapportano alla trama.
La prima ragione consiste nel fatto che a livello molto superficiale, i vocaboli
dialettali italianizzati o le frasi in dialetto contribuiscono all'oscurità del
caso, alla necessità da parte del lettore di vagliare ciò che risulta
importante alla soluzione da ciò che non lo è. Se un autore affermato di
gialli come Lucarelli voleva scrivere alla Sellerio per protestare perché non
capiva niente leggendo un romanzo di Camilleri (13), questo significa che la
forma linguistica è funzionale alla trama. In altre parole, il primo
passo per risolvere il caso è appunto il fatto che il lettore deve separare
quelle espressioni siciliane che portano alla soluzione da quelle che non lo
fanno, attraverso la loro
comprensione. Appena il lettore impara a vagliare l'importanza delle parole
dialettali, la lettura diventa molto più chiara e piacevole. La comprensione
viene aiutata spesso dall'autore, che usa vari meccanismi per mettere in chiaro
il significato delle parole o delle espressioni dialettali (per es., traduzione,
parafrasi, ripetizione dei concetti in italiano, ecc. [14]). In questo, la
lingua è funzionale all'andamento della trama: bisogna separare quegli indizi
che portano alla soluzione da quelli che svolgono altre funzioni.
In secondo luogo, alcune parole dialettali specifiche (italianizzate o non)
fanno da indizi precisi che hanno la funzione di aiutare a risolvere il caso.
Ecco alcuni esempi tratti da "L'odore della notte", dove a differenza
dall'incipit, in cui le parole dialettali contribuiscono a mettere in chiaro i
luoghi delle azioni e gli stati d'animo, in questi esempi le parole dialettali
formano una catena di indizi che portano alla soluzione del mistero:
i.
Ci viene presentata per la prima volta la signorina Mariastella Cosentino quando
si parla del suo colloquio con il ragioniere Gargano: "Breve il colloquio,
ma abbastevole pirchì la fimmina pirdutamente s'innamorasse del
principale" (p. 16). Quel "pirdutamente" non è stato messo sulla
pagina a casaccio, ma ha una funzione precisa: quella di fungere da un indizio
lampante, tra i primi che dovrebbero portare alla soluzione del caso; i.e.
"perdutamente" perché non é corrisposto il suo amore, ma soprattutto
perché l'amore la porta al crimine, che però non è vissuto da lei come tale,
ed è questo fatto che farebbe fare a Montalbano cose strane (v. p. 217);
ii.
Quando Montalbano passa davanti all'agenzia del ragioniere Gargano, "...
gli veniva uno stringimento di core che non lo lasciava più per il resto della
giornata" (p.18). Quel "core" sicuramente non è stato messo lì
a casaccio perché ha la precisa funzione di essere un anello nella
catena che porta alla soluzione: il caso da risolvere é un mistero che ha a che
fare con il cuore.
iii.
Montalbano capisce a un certo momento dell'indagine che la signorina Cosentino
è un testimone cruciale: "... la signorina Mariastella Cosentino si
comportava come se sapesse perfettamente dove era andato a ammucciarsi il
ragionere Gargano" (p. 196). Di nuovo, quell'"ammucciarsi" non è
lì per caso: "nascondersi", dal punto di vista dell'indagine, è il
perno del
mistero. Solo che si saprà troppo tardi che il ragioniere non si è nascosto,
ma è stato nascosto, e, nascondendosi, ha trovato la morte.
Questi
tre esempi rendono evidenti il fatto che l'uso di certe parole dialettali aiuta
a risolvere il puzzle, che la lingua mista non viene usata solo per divertire il
lettore, ma che il linguaggio particolare di Camilleri ha anche la funzione di
far parte degli indizi verbali che aiutano a chiarire il mistero del caso.
Sarebbe però una semplificazione troppo banale dire che le parole dialettali
(italianizzate e non) sono le uniche che aiutano a risolvere il caso. Non è
solo il dialetto a sviare l'indagine o a portarla alla soluzione. È
nell'intreccio tra il dialetto e la lingua che si scioglie l'enigma, perché
anche le parole e le frasi italiane fungono da indizi al lettore. Per esempio,
i.
Quando la signorina Cosentino viene minacciata da un assalitore, e Montalbano
vuole soccorrerla, lei interviene "con voce ferma": "Se qualcuno
si deve sacrificare per il ragioniere Gargano, eccomi qua, sono pronta!"
(p. 20). Il sacrificio, lo si scoprirà dopo, lei l' ha fatto.
ii.
La signorina Cosentino viene descritta come "la vestale del tempio del
ragionier Gargano" (p. 44): con il senno del poi, è lampante questa
identificazione perché lei veglia l'amato ammazzato.
iii.
Mariastella Cosentino "stava lasciandosi morire di fame come certi cani
sulla tomba del padrone." (p. 105). Lei, che ha amato tanto, preparerà
anche la tomba del suo amore.
Per
concludere le considerazioni linguistiche, risulta evidente che gli intrecci
delle lingue contribuiscono al puzzle da risolvere e hanno un ruolo essenziale
nel risolvere il caso. Anche solo da questa prospettiva, le parole espresse da
Clemente Merlo vengono facilmente smentite (15).
Considerazioni
culturali
L'uso
del dialetto in un'opera letteraria ha conseguenze sul modo in cui viene
considerato il lavoro di uno scrittore in generale. Per quanto riguarda i
romanzi di Camilleri, due sostanzialmente sono i pareri: da un lato, l'elite
intellettuale tende a esibire giudizi negativi, seguendo il parere di Collura:
"per Camilleri il dialetto siciliano è di tipo folkloristico, e perciò di
una <rassicurante> Sicilia come la immaginiamo o la vorrebbero milanesi e
trevigiani" (16). D'altro lato, ci sono i numerosi lettori a cui il
miscuglio di italiano e di dialetto piace, e non solo perché diletta (17).
Questa tensione tra i critici letterari di grido e i lettori riflette la
tendenza plurisecolare italiana della cultura imperante a considerare di valore
solo ciò che è astruso, difficile, e di scartare ciò che sembra
"facile". Un'opinione tra tante basta per illustrare quanto facile sia
utilizzare certe semplificazioni. Roberto Cotroneo, che definisce il linguaggio
di Camilleri negativamente ("non è un linguaggio rivoluzionario,
reinventato, non è il lombardo di Gadda, non è neppure il siciliano denso e
sofisticato di Vincenzo Consolo"), in altre parole bolla il linguaggio di
semplicità, trasferisce
questo parere a tutta l'opera camilleriana: "Quei libri di Camilleri
sembrano così poco intellettuali da diventare libri per un pubblico che ormai
detesta la letteratura come sfida, come piacere culturale, come gioco borgesiano,
come labirinto" (18). Il discorso viene complicato dal fatto che il giallo,
per definizione, è un genere che ha le regole ben precise; in particolare, il
protagonista è l'investigatore; la trama principale si svolge intorno
all'investigazione e alla soluzione; potranno esserci temi minori che trattano
l'amore, i fantasmi, problematiche sociali, e altri, ma la scoperta del delitto
prende la precedenza su tutti gli altri; il mistero non è un problema
qualsiasi, ma è un segreto complesso che sembra impossibile risolvere (19). Se
il giallo viene visto solo e semplicemente come un puzzle, come un gioco, allora
la situazione si risolve facilmente e il lettore non deve pensare a altro che
alla soluzione e dimenticare poi il contenuto del libro. Ma i nuovi scrittori
italiani del noir sarebbero i primi a dire che loro comunicano molto di più di
un semplice racconto dell'investigazione di un crimine. Per esempio, Carlo
Lucarelli sostiene che "... si è capito che lo scrittore, anche quello di
noir, è uno che racconta la realtà e non può limitarsi a condurre un gioco
con i lettori" (20). E raccontare la realtà in Sicilia significa prendere
atto anche linguistico, degli elementi da descrivere.
I lavori nel campo della sociolinguistica basati sulla correlazione
dialetto-status economico presentano generalmente una situazione di questo tipo:
chi si trova economicamente svantaggiato, ha una valutazione del dialetto molto
negativa (il dialetto equivale all'ignoranza, alla scarsa possibilità di
miglioramento socioeconomico, ecc.); chi si trova economicamente avvantaggiato,
può propendere per una delle due possibilità. Da un lato, il dialetto sarà
quello che distinguerà la cultura locale da quella nazionale/globale, e dunque
porta con sé l'orgoglio e un senso di storia, di amicizia, di sentimento;
d'altro lato, il dialetto sarebbe sempre visto come un elemento di rozzezza, di
arretratezza, di svalutazione della persona (21). Questi giudizi sicuramente
incidono sulla stima o meno di un'opera letteraria, specialmente da parte dei
lettori di status socioeconomico medio e alto. L'atteggiamento nei riguardi del
dialetto influisce anche sulla visione della funzione che il dialetto svolge
nell'opera letteraria: chi sostiene giudizi elitari, vorrà dal dialetto una
funzione ermetica, chi invece vede la funzione del dialetto solo quella di
divertire, ne sminuirà il valore effettivo (22). Tra questi due sentimenti
diametralmente opposti non ci sono state posizioni intermedie; comunque, con
"L'odore della notte", si può affermare che Camilleri fa svolgere
un'altra funzione agli intrecci delle lingue: quella che non deprezza ne' l'una
ne' l'altra varietà linguistica, ma ne fa sorelle espressive pari dignità e
pari funzione.
In conclusione, il suggerimento che questa analisi vuole proporre si basa sul
fatto che la varietà culturale e linguistica dell'Italia moderna deve
corrispondere a altrettante varietà di posizioni critiche. Non si rende
giustizia a un lavoro letterario etichettandolo "facile" o
"difficile", ne' viene riflettuta tutta la gamma di possibilità di
comprensione se all'uso del dialetto viene data solo la funzione di divertire o
solo quella di rendere la lettura più difficile. Dei romanzieri moderni che
colgono l'occasione di utilizzare il ricchissimo patrimonio linguistico
italiano, Andrea Camilleri è quello che fa possibile una lettura e una analisi
che non si fermano alle facili e inutili semplificazioni. In questo modo,
"L'odore della notte" esemplifica l'arte letteraria che è più
consone alla situazione reale linguistica e culturale dell'Italia moderna, e
della Sicilia in particolare.
Riferimenti
bibliografici
(1) Giovanni Capecchi. Andera Camileri. Fiesole, Cadmo, 2000, p. 10.
(2) Heta Pyrhonen. Mayhem and Murder: Narrative and
Moral Problems in the Detective Story. Toronto, University of Toronto Press,
1999, p. 17.
(3) Paolo Mauri. "Montalbano un
commissario con la lingua molto sporca", La Repubblica, martedi 14 luglio
1998, p. 35.
(4) Capecchi, op. cit, p. 29.
(5) Massimo Onofri. Tutti a cena da Don Mariano. Milano, Bompiani, 1995, p. 239.
(6) Mario Di Caro. Ma il suo siciliano è una scelta colta, la Repubblica
22.11.1997.
(7) In special modo viene generalmente sottolineata la terza funzione, si veda
per es., Ivano Paccagnella. Uso letterario dei dialetti in L. Serianni e Pietro
Trifone (curatori). Storia della lingua italiana, vol I. Torino, Einaudi, 1993:
495-539.
(8) Andrea Camilleri. L'odore della notte. Palermo, Sellerio, 2001, p. 107.
(9) Ruggero Guarini. "Narratore all'uva passa", Panorama 20-05-1999,
p. 89.
(10) Capecchi, op.cit., p. 28, 86.
(11) https://www.vigata.org/intervista/intervista.shtml.
(12) Armando Vitale. Il mondo del commissario Montalbano. Caltanissetta, Terzo
Millennio, 2001, p. 22.
(13) citato in Salvo Toscano. "Lucarelli: Il noir? Ecco perché
trionfa", Giornale di Sicilia 10.05.2001.
(14) J. Vizmuller-Zocco, "Il dialetto nei romanzi di Andrea Camilleri",
1999, http://www.vigata.org/dialetto_camilleri/dialetto_camilleri.shtml.
(15) "Per carità, niente di personale sdrammatizza Merlo. Non si può che
provare simpatia per un signore che raggiunge il successo a 70 anni. Ma resta la
critica di fondo. Nella retorica dilagante, la melensa "sicilitudine"di
Camilleri vellica il senso comune, ci conforta in una pigrizia mentale che non
aiuta la verità. Ne' lo stile." https://www.vigata.org/films/2000/fdic00.shtml
(16) Matteo Collura. Via col blues palermitano, Corriere della sera 01.11.1998
(17) Si vedano le discussioni, per es., sul significato delle parole siciliane
nella mailing list del Camilleri Fans Club (attraverso il sito del club: https://www.vigata.org).
(18) Roberto Cotroneo. "Caro Camilleri, stia attento al suo pubblico",
Panorama 09.07.1998; in un altro intervento, Cotroneo sostiene che "Oggi mi
piacciono sempre pi i romanzi sfuggenti, i caleidoscopi, i cambi di prospettiva,
i salti di tonalità musicale, i nodi messi a punto per non essere
sciolti." "I lettori di gialli pensano che la vita tutto un
quiz", Il Venerdì di Repubblica (rubrica Scalfari risponde )13.07.2001.
(19) George N. Dove, The Reader and the Detective
Story. Bowling Green, OH, Bowling Green State University Popular Press, 1997, p.
10.
(20) citato in Salvo Toscano. "Lucarelli:
Il noir? Ecco perché trionfa", Giornale di Sicilia 10.05.2001.
(21) Lorenzo Coveri, Antonella Benucci, Pierangela Diadori. Varietà
dell'italiano. Manuale di sociolinguistica italiana. Roma: Bonacci, 1998, p. 21;
per la situazione in Sicilia, si veda per es., Giovanni Ruffino. "Dinamiche
socioeconomiche e variazione linguistica" in Franco Lo Piparo (curatore).
La Sicilia linguistica oggi, Palermo: Centro di Studi Filologici e Linguistici
Siciliani, 1990, pp. 179-205.
(22) Per es., "Merlo non il primo a sostenere che il re del mercato
librario italiano nudo. Già su Panorama del 14 ottobre '99 la poetessa
Patrizia Valduga, dopo aver parodiato in veneto lo stile di Camilleri, scriveva
che il suo siciliano è posticcio, appiccicato con lo sputo, un tacìn
senza il buso. Insomma, sotto il dialetto, niente."
https://www.vigata.org/films/2000/fdic00.shtml
(pubblicato su Il
giallo, a cura di Antonio Pagliaro;
Spunti e Ricerche, volume 16,
2001)
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