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La Vucciria



Autore Andrea Camilleri, Renato Guttuso
Prezzo E 18,00
Pagine 112
Data di pubblicazione novembre 2008
Editore Skira
Collana  


I colori di Renato Guttuso e le parole di Andrea Camilleri. L’incontro tra due grandi siciliani.

“Io, Agonzio Calandrino, cordaro, che ho bottega in una via della piazza di grascia detta Bocceria Grande... trovatomi la matina dello cinco settembriro de lo mille e seicento e cinco inanzi alla bottega intento a certe cassette rassettare, vidi nel negotio de davanti a lo mio ov’è vendita di panni per vestimenti e tela d’olona una giovine femina assai di personale aitanza e opulentia nonché mirabile per copia e lucidezza di chiome…” Così inizia il racconto di Andrea Camilleri La ripetizione, direttamente ispirato al famoso quadro di Renato Guttuso dedicato alla Vucciria, il più grande e più famoso mercato di frutta e verdura, di pesci e di carne di Palermo. “Un narratore o un commediografo, davanti alla Vucciria, avrebbero materia di scrittura sino alla fine dei loro giorni,” scrive Camilleri nella sua Nota. “La vucciria la conosco bene. Negli anni ’44-’47 frequentavo l’università di Palermo e quasi ogni giorno mi ci recavo per mangiarmi ‘u panu cu ‘a meusa di cui ero ghiottissimo. … Era un luogo che apriva la fantasia. Perché era un luogo dov’erano possibili accadimenti impossibili altrove.”

Il libro è completato da una prefazione di Fabio Carapezza Guttuso che racconta come venne dipinto il quadro, la sua simbologia, e la sua collocazione finale. Il volume è illustrato dai numerosi particolari del quadro e da diverse fotografie scattate dallo stesso Guttuso nel mercato come preparazione al dipinto.


Nota
di Andrea Camilleri

La Ripetizione è un racconto direttamente suggeritomi dalla Vucciria di Guttuso. Il modo che mi è più congeniale per renderle omaggio. Giuseppina Restivo nel suo Le Soglie del postmoderno: Finale di partita (Bologna 1991) ha incontrovertibilmente dimostrato come appunto il beckettiano Finale di partita riutilizzi le situazioni visive e gli oggetti contenuti nell'incisione Melencolia 1 di Dürer.
Un narratore o un commediografo, davanti alla Vucciria, avrebbero materia di scrittura sino alla fine dei loro giorni.
La vucciria la conosco bene.
Negli anni '44-'47 frequentavo l'università di Palermo e quasi ogni giorno mi ci recavo per mangiarmi 'u pani cu 'a meusa di cui ero ghiottissimo. E spesso la sera andavo alla mitica trattoria Panarelli col solito gruppo d'amici, Marcello Carapezza, Leo Guida, Giuseppe Ruggero, Angelo Mu­sco jr. e altri.
Era un luogo che apriva la fantasia.
Perché era un luogo dov'erano possibili accadimenti impossibili altrove. Quando Guttuso fa lo scherzo di chiedere a qualcuno che ha appena visto la sua grande tela quante persone vi siano raffigurate, ottiene quasi sem­pre risposte sbagliate o incerte.
E non può essere altrimenti, perché Guttuso sa bene d'essere riuscito a suggerire il fenomeno delle apparizioni-sparizioni che vi è (o vi era) così consueto.
Per esempio, se contate le figure umane centrali, a partire dalla don­na di spalle con i sacchetti di nylon in mano, di primo acchito vi paiono essere sei. Invece sono sette. Del settimo, che è appena passato sotto la lam­para centrale, s'intravede solo la testa con la coppola.
Sta scomparendo o sta comparendo?
Nel 1944 c'era, nella vucciria, il negozio privo d'insegna di don Jachino. Era una cameretta a pianoterra di quattro metri per quattro, senza nem­meno una finestra, i cui muri erano interamente ricoperti di ripiani di legno assolutamente vuoti. Non una scatola, un barattolo, niente. C'era anche un minuscolo bancone che sopra aveva solo un dito di polvere e basta.
Don Jachino se ne stava sempre seduto sopra una sedia di paglia accanto alla porta. Che diavolo vendeva? Cominciai a essere sempre più intrigato. Misi il negozio sotto stretta sorveglianza.
Così ebbi modo di notare che ogni tanto qualcuno s'avvicinava a don Jachino e, chinandosi, gli sussurrava qualcosa. Don Jachino non risponde­va con le parole, con la testa faceva cenno di no o di sì e quando diceva sì, con le dita formava un numero, tre, cinque, sei...
Finalmente ebbi fortuna. Un giorno vidi ricomparire un signore al quale don Jachino, tre giorni avanti, aveva risposto di sì mostrando tre dita. Appena lo vide arrivare, don Jachino si alzò ed entrò nel negozio. Si chinò, prese da dietro il bancone un grosso pacco e lo porse al signore. Il quale, dopo aver deposto sul bancone dei biglietti di banca, messosi sottobraccio il pacco, si voltò, fece un passo e sparì. Letteralmente.
Restio come sono a credere alla magia, approfittai che don Jachino indugiava a contare i soldi per infilare la testa, per un attimo, dentro al negozio. Nella parete di destra, invisibile dalla porta esterna, c'era una strettissima apertura che immetteva in un'altra stanza. Che era certamente dotata di un'uscita posteriore.
A farla breve, don Jachino vendeva refurtiva su commissione. Ave­vi bisogno di una pendola funzionante stile Impero? Andavi da don Jachino e lui ti diceva entro quanto tempo te l'avrebbe fatta trovare. Per precauzione, faceva uscire i clienti da una porta diversa da quella dalla quale erano entrati.
Tornando al racconto, dirò che per esso mi sono avvalso non solo della memoria e di una grande riproduzione gentilmente fornitami da Fabio Carapezza Guttuso, ma anche di due momenti preparatori compresi nel volume Renato Guttuso. La potenza dell'Immagine, 1967-1987, a cura di Fabio Carapezza Guttuso e Dora Favatella Lo Cascio (Roma 2007). Nel primo, uno studio, l'uomo da me chiamato Antonello ancora non vi compare; nell'altro, un bozzetto, Antonello invece c'è ma diversamente vestito.
Per la storia d'amore rievocata attraverso l'Inquisizione, mi sono ser­vito di L’Inquisizione in Sicilia di Francesco Renda (Palermo 1997) e di Inquisitori,negromanti e streghe nella Sicilia moderna di Maria Sofia Messana (Palermo 2007).

a. c.

Il testo del racconto è alla base dell'opera Il quadro nero ovvero La Vucciria, il grande silenzio palermitano , ideata e diretta a Roberto Andò e musicata da Marco Betta, andata in scena al Teatro Massimo di Palermo il 7 febbraio 2015.



Last modified Wednesday, November, 12, 2014