Direttore Dario Lucantoni
Scene Italo Grassi
Costumi Carmela Lacerenza
Cavalleria rusticana Melodramma in un atto di Pietro Mascagni
Libretto Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci
dall'omonima novella di Giovanni Verga
Regia Rocco Mortelliti
da un'idea registica di Andrea Camilleri
Mamma Lucia Maria José Trullu (18, 23, 27, 31 maggio)
Kamelia Kader (26, 29 maggio)
Mimi Federica Granata
Adriana Mortelliti
Boris Vecchio
Il 17 maggio 1890, quando al Teatro Costanzi di Roma debuttò Cavalleria rusticana,
Pietro Mascagni fu il primo a stupirsi dell’enorme successo di quell’atto unico di un’ora
e un quarto che aveva composto in appena due mesi per partecipare ad un concorso indetto
dalla casa editrice Sonzogno (concorso che vinse). Neanche lui, insomma, che ambiva a
scrivere opere monumentali sul solco della tradizione melodrammatica italiana, si era
accorto che componendo Cavalleria stava per dare al pubblico operistico dell’epoca qualcosa
di nuovo di cui, evidentemente, aveva bisogno da tempo. Non più, come sfondo, ricostruzioni
storiche suntuose e ambientazioni altolocate, ma un realistico paesino della Sicilia di fine
Ottocento. Niente complicati intrighi di palazzo, ma una schietta vicenda di passione, gelosia
e tradimento, conclusa da un delitto d’onore. Con grande fiuto Mascagni associò alla storia
tratta dall’omonima novella di Giovanni Verga una musica altrettanto spontanea, senza alcuna
altra pretesa se non quella di rappresentare nel modo più immediato e diretto possibile i
sentimenti che spingono tutti i personaggi coinvolti al tragico finale. Melodie che scorrono
fluide come quelle delle canzoni popolari, armonie semplici ed avvolgenti, ma, soprattutto,
l’irruzione nel canto della parola parlata in modo da toccare il livello massimo di verità
rappresentativa. Non a caso, i due momenti più celebri dell’opera sono l’Intermezzo strumentale,
trionfo di melodia allo stato puro, e il grido delle popolane su cui cala il sipario, quell’“Hanno
ammazzato compare Turiddu!” che è diventato quasi il simbolo stesso del verismo in musica.
La sfida e il fascino dell’allestimento genovese è l’aver coinvolto Andrea Camilleri, il creatore del
commissario Montalbano, nell’ideare la messa in scena della “sua” Cavalleria.
A curarne la realizzazione sarà il regista Rocco Mortelliti.
Signora Laura Spoto Maria Dragoni (18, 23, 27, 31 maggio)
Sara Cappellini Maggiore (26, 29 maggio)
Giorgia Paola Ghigo
Inserviente Federica Granata
Signor Duclos Boris Vecchio
Mimo Adriana Mortelliti
Andrea Camilleri è l’autore della novella da cui è
tratta l’opera Che fine ha fatto la piccola Irene?, che, per una volta,
sostituisce Pagliacci nell’abbinamento a Cavalleria. La vicenda ha per protagonista Cecè
Collura, personaggio camilleriano meno noto di Montalbano, commissario di bordo su una
nave da crociera. Collura, qui, si trova ad indagare sul mistero di una madre, Laura Spoto,
che crede ancora viva la figlia Irene nonostante questa sia scomparsa da anni. L’enigma
nasconde una verità triste e patetica che mostrerà tutta la comprensione umana e il senso
di pietà del commissario Cecè. Rocco Mortelliti, che ha trasformato il racconto di Camilleri
in libretto d’opera, ha così commentato il dramma di Laura Spoto: “È il segno della follia
che s’insinua nel nostro quotidiano, ma anche della chiusura della società e delle sue nevrosi,
una riflessione sulla solitudine, che è un po’ la malattia del nostro secolo.” La musica è del
compositore Marco Betta, classe 1964, siciliano come Camilleri, e allievo, tra gli altri, di
Salvatore Sciarrino. Atto unico di circa una cinquantina di minuti, Che fine ha fatto la
piccola Irene? è andata in scena per la prima volta nel luglio 2003 all’Accademia Chigiana di Siena.
Camilleri: «Ecco la mia Sicilia» Genova - Andrea Camilleri in veste di regista lirico per la “Cavalleria rusticana” di Pietro Mascagni che debutta il 18 maggio al teatro Carlo Felice di Genova.
Maestro, che Sicilia vedremo nella sua messa in scena?
«Ho cercato di farne un’edizione il più possibile scarna, togliendo tutto il folklore che viene aggiunto: gli insopportabili carretti siciliani, le insopportabili processioni. La storia è stata ridotta alla sua essenzialità da piccola tragedia greca. Per questo l’ho ambientata in un paesino di montagna estremamente povero, dove l’unica ricchezza è il paesaggio; per ottenere il contrasto fra la miseria della condizione in cui vivono i personaggi e la bellezza della natura ho scelto di proiettare sullo sfondo della scena le immagini in movimento dei veri paesaggi siciliani, in netta opposizione alla staticità delle case. E in mezzo a queste case povere si svolge una vicenda anch’essa povera che ho voluto far emergere in tutta la sua primitività».
Il tutto per una musica iper-popolare come quella di Mascagni?
«Credo che la mia impostazione non vada a stridere con la musica di Mascagni che è certamente popolare ma non ha nulla di folkloristico, anzi credo che la valorizzi al massimo e aiuti a chiarirne meglio il senso più profondo. Io ho già realizzato due regie liriche ma sono un regista teatrale. Nella prosa si ha la possibilità di fare molte più prove, che per me sono importantissime».
La regia è stato il suo lavoro ma il successo è arrivato con la scrittura.
«Ma i miei romanzi, inclusi i Montalbano, sono fortemente influenzati dal teatro, in primo luogo nei dialoghi. Questo lavoro mi ha dato l’occasione di riflettere sul rapporto tra Verga e Pirandello. Il secondo stimava moltissimo il primo, lo chiamava “scrittore di cose”, evidenziando la concretezza del racconto verghiano, che è fondamentale, e contrapponendolo a D’Annunzio che definiva, invece, “scrittore di parole”. È molto interessante l’elogio che Pirandello fa di Verga, lui presente, ed è straordinaria anche la risposta dell’anziano Verga: “Caro Pirandello, lei ha detto cose bellissime su di me, ma quel che è scritto è scritto”. Questo atteggiamento di Verga nei confronti delle “cose” è di grande modernità ed è collegabile alla letteratura novecentesca; io in questa “Cavalleria” ho cercato di ricondurre tutto alla concretezza delle cose».
Ma cosa è rimasto oggi di quella Sicilia?
«Direi quasi nulla. Oggi, fortunatamente, il duello per motivi di onore non esiste più. Il delitto d’onore è sopravvissuto sino a una trentina di anni di anni fa, ma abbiamo assistito a mutamenti profondi in senso positivo».
Eppure una certa immagine della Sicilia è dura a morire, pensiamo all’ultimo “Padrino” che si chiude proprio sulle note della “Cavalleria”.
«La terza puntata del Padrino mi è sembrato un polpettone melò che fa una grande confusione mettendo insieme Mascagni, Verga e la mafia. Molto meglio il primo anche se il rischio è di trasformare un mandante di omicidi in un personaggio, se non positivo, almeno simpatico, anche grazie alla stupenda interpretazione di Marlon Brando».
[...]
Giuliano Galletta
(Il Secolo XIX, 10.5.2012)
Video dal canale del Teatro Carlo Felice su Youtube
Conversazione tra Andrea Camilleri e Rocco Mortelliti su "Cavalleria rusticana"
Estratto da "Cavalleria rusticana"
Incipit di "Che fine ha fatto la piccola Irene?" con la voce narrante di Andrea Camilleri
Estratto da "Che fine ha fatto la piccola Irene?"
Intervista a Rocco Mortelliti
Intervista a Marco Betta
Intervista a Maria Dragoni
Intervista a Maria José Trullu e Marcello Giordani
Intervista al direttore Dario Lucantoni
Intervista allo scenografo Italo Grassi
Le prove ufficiali
Backstage della scelta comparse per "Cavalleria Rusticana"