Comprende La vampa d’agosto,
Le ali della sfinge e
La pista di sabbia.
Con una Nota dell'Autore
Il metodo del commissario più celebre d’Italia si affina: annusare, raccogliere, intuire,
collegare, simpatizzare e antipatizzare. E nello stesso tempo Montalbano fa i conti con l’età
che avanza, i cui primi sintomi, un rallentamento dei riflessi e una leggere miopia, lo mettono
in allarme e lo spingono a dialogare con se stesso. Peri fortuna le sue indagini lo tengo
occupato: il caso dagli strani risvolti della Vampa d’agosto, dalla scomparsa di un
bambino al ritrovamento di un cunicolo che rivelerà clamorose sorprese tra cui un baule con
il cadavere di una ragazza; il ritrovamento in una vecchia discarica di una donna uccisa con
un colpo di pistola al volto in Le ali della sfinge: niente borse o indumenti in giro,
solo un piccolo tatuaggio sulla spalla sinistra – una farfalla – potrebbe aiutare il commissario
a identificare la donna; tra scuderie e maneggi, ippodromi e piste, tra corse clandestine e corse
di beneficenza, un mondo nuovo sorprende e spiazza il commissario nel caso de La pista di
sabbia.
«Anche per questi tre romanzi lo spunto di partenza non è nato da una mia invenzione, ma da un
suggerimento della realtà. Addirittura, per quanto riguarda La vampa d’agosto, io personalmente
sono stato più volte ospite di quella casa costruita sopra una duna a pochi metri dal mare senza che
né il mio amico, che ne era l’affittuario, né io, minimamente sospettassimo che sotto di noi c’era
sotterrato un secondo appartamento gemello già quasi pronto all’uso. Poi successe che il figlio più
piccolo del mio amico scomparve per qualche ora, gettando la famiglia nel panico. Riapparve
all’improvviso comunicando ai suoi che, entrato dentro una buca nella duna, era andato a finire in
una casa nascosta sotto la loro».
«Le ali della sfinge invece cominciò a prendere concretamente forma dentro di me a seguito
dei racconti fattimi da una giovane donna russa circa i modi d’arruolamento delle ragazze per la
loro “esportazione” nei paesi più ricchi e i gravosi impegni che dovevano sottoscrivere. Mi raccontò
poi come molte di queste ragazze, spacciate come ballerine, erano già in partenza destinate ad
attività tutt’altro che legali. Lei era riuscita, con l’aiuto di un amico italiano, a riscattare con
moneta sonante la sua libertà, ma il destino di due sue compagne era stato addirittura tragico».
«La pista di sabbia è uno di quei libri che bussano insistentemente alla mia porta per
essere scritti. Per primo, durante una vacanza sull’Amiata, mi arrivò un ritaglio di un giornale
siciliano che parlava di me, nel retro però c’era una notizia di cronaca che riguardava un cavallo
ucciso a sprangate, forse per una rivalità tra organizzatori di corse clandestine. La storia mi colpì
sgradevolmente, mi parve un gesto di una barbarie e di una ferocia assolute. Mentre ci rimuginavo
sopra, qualche giorno dopo i giornali locali diedero ampio spazio a un misterioso furto di cavalli da
corsa nel grossetano. A questo punto mi fu chiaro che dovevo scrivere un romanzo sui cavalli e le
corse clandestine».