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RASSEGNA STAMPA

GIUGNO 2006

 
NAE, n° 14, Primavera 2006
All’ombra delle zagare: le fanciulle in fiore di Camilleri
ANDREA CAMILLERI, “La pensione Eva”, Mondadori, Milano, 2006, pp. 192, Euro 14,00.

I fan di Montalbano saranno soddisfatti nell’apprendere che la Sellerio stamperà in primavera “La vampa d’agosto” ed entro l’anno “Il campo del vasaio”, l’undicesimo libro con protagonista il celebre detective. Meno lieta la notizia che è praticamente pronto per la pubblicazione anche “Riccardino”, titolo provvisorio della definitiva avventura - salvo ripensamenti - del poliziotto ideato da Andrea Camilleri. La “prepotenza” del personaggio ha infatti indotto lo scrittore ad andare oltre il decimo libro il quale, secondo ripetute dichiarazioni dello scorso anno sarebbe dovuto essere l’ultimo; non ci sarebbe da stupirsi, quindi – e lo stesso autore non lo esclude – se le storie incentrate sul commissario proseguissero ancora per qualche tempo, fermo restando che “Riccardino” sarà comunque quella conclusiva, dal momento che prevede la scomparsa di scena di Montalbano, in un modo tale che non sarà possibile risuscitarlo.
Nel frattempo i lettori affezionati dello scrittore empedoclino non rimangono a bocca asciutta, visto che l’autore si è dedicato ad una produzione piuttosto variegata: oltre al pamphlet “Il diavolo che tentò se stesso” nell’originale abbinamento con “Il diavolo innamorato” di Cazotte (recensito in Nae n° 13) e a “Troppi equivoci”, un racconto inserito nel recente volume colletaneo “Crimini”, per le edizioni Einaudi, Camilleri ha pubblicato con Mondadori “La pensione Eva”, romanzo che lo stesso autore in una nota definisce “una vacanza narrativa”.
Non è un racconto storico, anche se si svolge tra il 1937 e il 1943; né poliziesco, nonostante la vicenda comprenda sparizioni repentine, presunte morti e inaspettate resurrezioni; e nemmeno autobiografico, anche se il protagonista si chiama Nenè, notoriamente il soprannome familiare dello scrittore e, come lui, alla fine del liceo, a causa dell’incipiente sbarco americano non ha sostenuto l’esame di maturità, ma è stato promosso agli scrutini di giugno.
In verità non si tratta di un’opera eccentrica rispetto alle sue realizzazioni consuete: “A pinsioni Eva” era già una delle voci de “Il gioco della mosca”, il delizioso e nostalgico indice delle cose notevoli pubblicato da Camilleri nel 1995; per gli aficionados, quindi, non è una sorpresa il fatto che l’edificio al centro della vicenda sia la principale casa di tolleranza di Vigàta, luogo in cui avveniva l’iniziazione sessuale della maggior parte dei giovanotti del paese. ‘U casinu naturalmente suscita la curiosità di Nenè, un ragazzo dodicenne alle prese con le prime pulsioni erotiche, al quale si rivelano dolcissimi orizzonti di conoscenza (carnale) durante gli incontri nel tettomorto con una cugina un po’ più grande; il ragazzo farà in seguito la “prima crociera” con la vedova Argirò, madre di un compagno di classe, soprannominata eloquentemente nave-scuola.
Niente a che vedere comunque, nonostante qualche iniziale somiglianza, con la vicenda brutale e ai limiti dell’oscenità narrata ne “La presa di Macallè”, l’opera più controversa di Camilleri. Le atmosfere sono descritte giocosamente più che morbosamente e l’autore mostra un’attenzione antropologica per la galleria felliniana dei variegati clienti della Pensione, di tutte le età, di differente estrazione sociale, con diverse possibilità economiche, soffermandosi con comprensione sulle innocenti manie feticistiche di alcuni o i difetti fisici di altri, dal vecchietto ormai impotente, ma intenditore di fimmine, al giovanotto balbuziente con una moglie troppo repressa.
Quasi con affetto, poi, sono rappresentate alcune delle storie personali delle singole prostitute: dalla comunista che approfitta degli spostamenti che il suo mestiere comporta per portare comunicazioni segrete ai gruppi di compagni sparsi in tutta Italia, a quella in fervore mistico che scambia un paracadutista americano per un angelo. Le fanciulle in fiore di Camilleri sono spesso ragazze ciniche e disincantate, ma più sovente si tratta di giovani ingenue e sfortunate, ancora pure dentro, pulite di cuore e di mente come a buttana di Sciacca, un’altra delle figurine appena accennate ne “Il gioco della mosca”: chissà che Camilleri, un giorno, non ci regali anche la sua storia.
Simona Demontis
 
 

Step 1, 1.6.2006
Beppe Fiorello nel noir mediterraneo
Beppe Fiorello è stato a Catania per le riprese di “Troppi equivoci”, episodio che fa parte della serie televisiva “Crimini”, che andrà in onda su Rai Uno. Noi lo abbiamo incontrato sul set.

Si sono concluse da pochi giorni a Catania le riprese di “Troppi equivoci”, il cui protagonista principale è Beppe Fiorello. L’episodio fa parte della serie televisiva “Crimini” - curata da Giancarlo De Cataldo e che comprende otto storie – è stato scritto da Andrea Camilleri, per la regia di Andrea Manni e prodotto da Rai Fiction e Rodeo Drive Media. Nella città di Catania la produzione è stata per due settimane, nelle quali hanno girato buona parte delle scene. Tra gli altri attori c’erano anche i catanesi Gilberto Idonea e Antonio Catania. Noi abbiamo incontrato Beppe Fiorello sul set televisivo, mentre girava una scena.
[…]
Lei ha interpretato diversi personaggi vissuti realmente. Che emozione le dà farli rivivere per trasmettere al pubblico i loro tratti?
Quando vado a raccontare storie di personaggi realmente esistiti o storie realmente accadute, provo una sensazione di rispetto per una persona che ha subito un’ingiustizia nel caso di “Un uomo sbagliato” una sensazione di stima per il personaggio come Salvo D’Acquisto. E poi una grande voglia di saperne di più di quel fatto o di quel personaggio.
Spesso scelgo di fare un film ponendomi sempre da spettatore alla lettura della sceneggiatura e cerco di capire se io quel film lo vedrei o no. “Troppi equivoci” l’ho scelto, come tutti gli altri miei film, perché lo avrei visto  se lo avesse fatto un altro attore e poi perché c’è una firma che è quella di Camilleri, che io stimo moltissimo. Inoltre l’ho scelto perché c’è la storia di un uomo qualunque, che io amo moltissimo.

Con “Troppi equivoci” la vedremo nel genere noir medirettarneo…
Sì, mi ha appassionato molto, non avevo mai fatto un giallo se non a teatro una volta.
“Troppi equivoci” è la storia di un ragazzo che si trova sommerso in una situazione  troppo più grande di lui. E’ un giallo ambientato a Catania, il linguaggio è quello tipico di Andrea Camilleri, ma un po’ più dinamico, più moderno, meno arcaico di Montalbano.
Ha mai incontrato Camilleri?
Non l’ho mai conosciuto, ma spero di incontrarlo presto. Dai racconti che mio fratello mi fa deve essere una persona divertentissima. La sua imitazione in radio mi diverte moltissimo, il che mi fa capire che Camilleri è una persona di grande ironia, simpatia e spessore. Lui la Sicilia la racconta bene perché sa cogliere spesso anche quel sano cinismo della Sicilia, che spesso è crudele verso gli altri, rende una Sicilia molto profumata nei suoi racconti, di cui mi piace molto anche il linguaggio che usa.
Poi c’è stata l’espressione televisiva di Montalbano, che è stata fedele alla scrittura dei racconti, grazie al regista Sironi, lo stesso di Salvo D’Aquisto, e grazie a Luca Zingaretti che nonostante la sua non sicilianità, ha interpretato un ottimo siciliano, perché è un grande attore.

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Melania Mertoli
 
 

La Provincia, 1.6.2006
Montalbano stupisce ancora
La fiction di RaiUno in replica batte ‘Cast Away’ con Hanks

Milano — Niente da fare, il Commissario Montalbano è proprio il più forte. Anche con le repliche. Opposto ad un gigante come Tom Hanks protagonista di un ‘filmissimo’ del 2000 (Cast away di Robert Zemeckis) il commissario uscito dalla penna di Camilleri ha superato di ben tre punti di share la star hollywoodiana.
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MONTALBANO — Il Commissario ha chiuso in bellezza anche questo ciclo di repliche su Rai Uno con un 26.14% di share ed oltre un milione e mezzo in più di spettatori rispetto alla proposta forte della concorrenza. La faida tra le famiglie mafiose Sinagra e Musarra che insanguinano il territorio di Vigata, fa da sfondo all’assassinio del genero di un boss dalle dinamiche poco chiare. Montalbano come sempre ne esce con pazienza ed arguzia nello scenario siciliano (mare e cielo da cartolina) che è una delle componenti del successo. Insieme alla bravura di Luca Zingaretti, 44 anni, a suo agio nel ruolo.
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Paolo Pirondini
 
 

L'espresso, 8.6.2006 (in edicola 2.6.2006)
L'attore siciliano legge “Un filo di fumo”, romanzo dell'autore delle storie di Vigàta. È un audiolibro, con le musiche di Enrico Rava e la voce di Olivia Sellerio. Con L'espresso e Repubblica
Fiorello Camilleri
La versione audiolibro di “Un filo di fumo”, mette a confronto due protagonisti della Sicilia, lo showman e lo scrittore

Finora la Sicilia di Andrea Camilleri era possibile solo immaginarla. Oppure osservarla nel ritratto e nelle ricostruzioni della fiction televisiva; certo, quasi come un film naturale, una pellicola psichica, sullo schermo della fantasia. Ascoltarla no, non era possibile, anche se qualcuno, quando esplose al livello di massa il “fenomeno Camilleri”, ipotizzò che sarebbe stato impagabile ascoltare quelle “stories” sicule dalla viva voce dello scrittore.
Certo, la voce di Camilleri, impastata dal fumo, arrochita dalle sigarette, è sempre apparsa perfetta per raccontare la Sicilia profonda di Vigàta, luogo della mente e sede di una cronaca che prova a farsi mito, e ancora storia: nella lentezza della scansione, nella perfetta sicilianitudine delle consonanti e delle vocali, nella pigra sillabazione di quel linguaggio miracolosamente sospeso fra il moderno e l’arcaico, si ritrova un’isola che non c’è, ma che in realtà è un continente, uno spazio che attraversa i secoli: e anche strati di cultura, sedimentazioni di antropologia, la Magna Grecia e la mafia, la tragedia e l’ironia, e alla fine il suo profilo appare e scompare proprio come un sottile filo di fumo, sull’orizzonte del mare; oppure sul confine estremo del fantasticare, in una controra narrativa che richiama figure e personaggi dalla trama di quella Sicilia apparentemente immutabile.
Lo stesso romanzo che appare in questa nuova iniziativa, “Un filo di fumo”, introdotto allusivamente dal celebre verso della “Butterfly” pucciniana, sembra perfettamente adeguato per ritrovare le tracce, i segni e gli indizi di quella Sicilia forse introvabile, ma che comunque ha lasciato le sue impronte sulla letteratura, sulle mentalità, sui comportamenti, perfino sugli stereotipi. “Un filo di fumo” infatti è un breve romanzo pubblicato da Garzanti nel 1980, ripubblicato da Sellerio nel 1997 (oggi è giunto in prossimità delle trenta edizioni, a riprova che Camilleri non è soltanto uno scrittore di polizieschi destinati ai serial televisivi). Procede di lato, infatti, rispetto al personaggio più famoso di Camilleri, l’ineluttabile commissario Montalbano, ed è per questo che forse consente di gettare uno sguardo (o forse meglio prestare un orecchio) alla letteraria, ma non solo letteraria, Sicilia camilleriana.
Chi possiede quel piccolo volume, sa che riporta ancora in appendice un lessico siciliano, una summa del particolare linguaggio di Camilleri. Annota lo scrittore, lievemente esponendo la sua sornioneria: “Livio Garzanti volle pubblicare questo mio romanzo risolvendo le perplessità di alcuni suoi eminenti collaboratori. Mi domando però, quasi a guardarsi le spalle, un glossario”. Oggi il glossario sarebbe in fin dei conti superfluo, perché per intuito o per abitudine di lettura le specialità regionali della lingua di Camilleri sono diventate un patrimonio condiviso, che si può citare come elemento di riconoscibilità, con cui si può scherzare in una conversazione serale. Ma occorreva ancora sentirle risuonare, queste parole, avvertirne il fascino acustico, anzi, l’eco suggestiva della vita e delle storie che esse contengono.
L’idea di ricorrere all’arte popolare e sopraffina di Rosario Fiorello è ad un tempo originale e necessaria. Originale perché induce immediatamente a mettere a confronto due grandi di Sicilia, il fantasista e lo scrittore. Due figure che si stagliano idealmente quasi come due pupi in un teatrino. Due eroi popolari che si misurano secondo la loro disciplina. Lo spadaccino Fiorello, il guascone destinato a diventare moschettiere dopo una specie di epopea dumasiana dell’intrattenimento, il talento assoluto capace di fare il verso a tutti o a tutti di dare un verso, Di imitare a “Viva Radiodue” Carlo Azeglio Campi ma anche Gianni Minà, e naturalmente Camilleri, “il noto scrittore siciliano” delle telefonate più esilaranti. Chi ascolterà la lettura di Fiorello non potrà non apprezzarne il ritmo, e l’aderenza perfetta al racconto. Si riconosce il clima, l’ambiente della Vigàta di fine Ottocento. È una storia che riporta a paesaggi e a psicologie che sembra di interpretare facilmente, in quanto appartengono anche al nostro impoverito immaginario di non siciliani. Echi di Aci Trezza, suoni di Tomasi di Lampedusa, risonanze di una Sicilia inventata che diventa più reale di quella effettuale.
E soprattutto una Sicilia che trova una voce, una musica, uno sfondo “sociale”, una personificazione, Per questo si è parlato di necessità. Fiorello infatti non è soltanto un performer. La sua demoniaca abilità di aderire al racconto, di scrutarne le pieghe e le svolte, trasforma in effetti la vicenda di un commerciante di zolfo prepotente e losco in un rendiconto corale, uno spezzone di realtà che dal vecchio Ottocento rimbalza fino a oggi. L’impressione è che il multiforme Rosario sia riuscito a prendersi tutta la Sicilia, e a farla parlare, con quell’inflessione antica e sempre nuova, e stupefacente, perché stupisce in ogni accento: che non recita il dialetto, ma dà un suono a quell’”italiano regionale”, nobilitato dalle analisi di Tullio De Mauro e restituito oggi a una specie di universalità sonora.
E poi c’è la presenza di Camilleri, il protagonista nascosto. Non soltanto lo scrittore, che conosciamo benissimo: è uno sceneggiatore fantastico, anche lui diabolico nell’immaginare e stendere storie paradossali che alla fine si rivelano reali, o più vere del vero. Chi lo ama ne apprezza ogni volta lo stile apparentemente dimesso, umile perché al servizio della trama, che tuttavia, si illumina all’improvviso, in una trovata stilistica, in un colpo di talento dell’immaginazione narrativa.
Eppure la presenza di Camilleri è reale. Nel senso che si sente la sua voce che interviene associandosi a quella di Fiorello che sta sfumando: e questo sovrapporsi e sostituirsi conferisce al racconto una specie di piccolo choc rivelatore, un’altra verità in più. Sembra quasi che nel momento in cui la voce dell’autore interviene nella narrazione, tutto si compia: il racconto trova la sua conclusione più appropriata, la Sicilia trova le proprie parole e una voce, anzi due; e l’ascoltatore può lasciarsi prendere dell’incanto di una storia che,.volendo, è pronta per ricominciare. Perché si sa che è sempre stato un piacere ulteriore e sommesso, quello di riprendere un libro da capo, dopo averlo letto, e riandare a vedere ciò che si è perso e ciò invece che è restato aggrappato alla memoria.
Qui basta un clic sul tasto “play”, e l’intera vicenda può ricominciare: per risentire Fiorello che tenta tutte le corde della propria vocalità, per risentire le musiche di Rava, Sellerio, Damiani, Leveratto. Il suono di una voce, di due voci, di un coro. Il suono e la parola di un’isola.
Edmondo Berselli


Palermo per voce e contrabbasso

Enrico Rava alla tromba, Olivia Sellerio alla voce, Pietro Leveratto contrabbasso e Paolo Damiani al violoncello sono i protagonisti musicali di “Un filo di fumo”.
Enrico Rava, è nato a Trieste nel 1939, e non necessita di presentazioni: è semplicemente il più famoso musicista jazz italiano. In quarant’anni di carriera vissuti intensamente, ha esplorato l’universo jazz con lirismo e forza espressiva. Ormai non si contano più le collaborazioni e i progetti condivisi con i più importanti musicisti italiani e stranieri (Roberto Gatto, Franco D’Andrea, Paolo Fresu, Roswell Rudd, Cecil Taylor, Archie Sheep, Richard Galliano, solo per citarne alcuni). Ha inciso oltre 90 dischi, 25 dei quali come bandleader. Il suo ultimo album, “Tati”, è del 2005.
Paolo Damiani, romano, 54enne è invece un contrabbassista e violoncellista di fama mondiale. Ha collaborato con jazzisti come Rava, Palo Fresu, Kenny Wheeler, Miroslav Vitous. Ha scritto poi musica per gruppi di teatro e di danza e non è nuovo al connubio tra jazz e letteratura avendo ideato con Stefano Benni lo spettacolo “Sconcerto”, basato sui testi di “Blues in sedici”.
Poi c’è Pietro Leveratto, genovese nato nel 1959, considerato uno dei contrabbasisti più creativi ed eclettici. Ha suonato dal vivo e in studio con artisti come Giorgio Gaslini, Pietro Tonolo, Claudio Fasoli, Lee Konitz, Steve Grossman, Steve Lacy e può vantare oltre cento registrazioni al suo attivo.
Nel gruppo che ha dato musica a “Un filo di fumo” c’è la bellissima voce di Olivia Sellerio. Palermitana, figlia dell’editore di Camilleri., è tra le voci più duttili e dotate del panorama jazz contemporaneo. Insieme a Leveratto lo scorso anno ha dato vita ad “Accabbanna”, disco e progetto live in cui s’incontravano jazz e musica popolare. Già in quel disco i due avevano lavorato con Camilleri, mettendo in musica una poesia giovanile dell’autore siciliano, intitolata “Latri di passu”. “Abbiamo vissuto il progetto “Un filo di fumo” come una sfida, una strana scommessa: quella dio combinare due linguaggi diversi”, dice a “L’espresso” Olivia Sellerio: “Ognuno di noi quattro ha portato il suo percorso artistico e la sua sensibilità per costruire una musica che affiancasse il testo e ne evocasse le atmosfere, a volte anche per contrasto e non solo per omologazione.
Roberto Calabrò
 
 

Il Venerdì, 2.6.2006
Libri. Il giallo
Montalbano s'innamora di una dolce ventenne

La nuova indagine di Salvo Montalbano si svolge in un torrido agosto, nella sua Vigàta. Il commissario si trova a far luce su un misterioso delitto, che affronta con la consueta intuizione. Ma qualcosa è mutato in lui. Il personaggio inventato da Camilleri, adesso ha 55 anni, si ritrova a fare bilanci sulla propria esistenza. E s'innamora di una splendida ventenne.
(s.f.)
 
 

La Sicilia, 2.6.2006
"Dalla semina al pane" di Giuseppe Puma

Ribera. E' lo scrittore empedoclino Andrea Camilleri, diventato famoso nel mondo per il suo personaggio di Montalbano, a curare la presentazione del volume che racconta, per immagini, la storia del museo etnoantropologico di Ribera e che fa la storia della civiltà contadina del secolo scorso, vista attraverso migliaia di oggetti del mondo agricolo ed artigianale.
E' stato il docente Giuseppe Puma, che ha raccolto negli ultimi decenni i reperti della civiltà contadina, a rendere noto che lo scrittore agrigentino, espressamente invitato, è stato ben lieto di scrivere l'introduzione del libro che sarà pubblicato prossimamente a cura dell'assessorato regionale all'Agricoltura e Foreste, tramite le sezioni operative che operano nel territorio.
«Questo libro "Dalla semina al pane" - scrive Andrea Camilleri - ha una sezione intitolata "repertorio fotografico e didascalico". Guardare queste fotografie è stato per me non solo un emozionante ritrovare cose sepolte, ma anche riappropriarmi di parole che credevo perdute per sempre, come la "muligna", "lu zimmili", "lu rincigliu". A parte il desiderio di visitare il museo etnoantropologico di Ribera e vedere "dal vivo" questi oggetti, rinnovandone la memoria. Perché chi non ha memoria del passato e delle sue radici è destinato a perdere la propria identità».
La struttura museale di Ribera, che è sistemata in locali di fortuna all'interno dell'ex salone dei convegni della villa comunale, paragonata dal Camilleri, nella ricostruzione della civiltà contadina perduta, alla «Casa Museo» di Antonino Uccello a Palazzolo Acreide, può sfruttare la prossima pubblicazione del libro a colori per ottenere un'organica sistemazione di tutti i reperti che superano le 2500 unità, con la presenza di oggetti ormai unici nel patrimonio etnoantropologico e culturale dell'Isola.
Sarebbe sicuramente un grande risultato perché potrebbe richiamare moltissimi turisti, che arriverebbero da ogni parte del mondo.
Enzo Minio
 
 

Il Messaggero, 2.6.2006
Eliseo, miti del presente tra leggende del passato

Roma. L'argomento che ultimamente accomuna i vari incontri tra teatri e stampa è l'amarezza rispetto alla riduzione dei fondi destinati allo spettacolo e alla difficoltà di "tirare avanti" con le risorse residue. L'Eliseo, però, non ha fatto rinunce grazie al fatto che la sala di via Nazionale può contare su abbonati affezionati e sul finanziamento di partner fedeli. «Le statistiche dicono che il pubblico cresce, ma gli incassi diminuiscono», fa notare il direttore generale Massimo Monaci. Come mai? «Aumentano le performance a ingresso gratuito e al Piccolo gli spettacoli funzionano bene solo se in promozione». Non fa marcia indietro però il teatro di Calbi e di Monaci, che propone sempre abbonamenti confezionabili ad personam.
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Da Catania arriva “La concessione del telefono” di Camilleri nella regia di Dipasquale (con Paolantoni-Musumeci-Pattavina).
[…]
Paola Polidoro
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 3.6.2006
La rivista
Camilleri racconta i suoi giochi negli anni Venti a Porto Empedocle

È uscito il decimo numero della rivista illustrata "Sicilia", pubblicata da Sergio Flaccovio (66 pagine, 7 euro). La ciliegia su una sontuosa torta è un lungo articolo di Andrea Camilleri sui giochi della sua infanzia a Porto Empedocle. Lo scrittore racconta con maestria e ironia i cambiamenti abissali in Sicilia nell´ultimo sessantennio e non solo nel mondo dei giochi. «La struttura del gioco elementare - scrive Camilleri - rimane immutabile, in realtà all´interno di quella struttura molte sono le varianti innovative, dovute al continuo evolversi della società».
[…]
 
 

OrvietoNews, 3.6.2006
Cultura
A Solomeo presentata la stagione del Morlacchi di Perugia. Il Teatro Stabile dell'Umbria attende il Mancinelli

[…]
Un calendario fitto fitto di appuntamenti che taglierà il nastro il prossimo ottobre per proseguire poi fino all'aprile 2007 con lo spettacolo "La concessione del telefono" tratto dal romanzo di Andrea Camilleri.
[…]
Sara Simonetti
 
 

La Repubblica (ed. di Napoli), 3.6.2006
Colonnese ripropone un racconto del Manoscritto trovato a Saragozza
Il West di Sergio Leone nel caleidoscopio di Zoto
La trama inventata dall´autore Potocki assomiglia a "Il buono il brutto il cattivo"

"Salvo, lo conosci a Potocki?" (che si pronuncia Potoski). Suona così la domanda rivolta a Montalbano – in uno dei racconti di Camilleri – il quale, a sua volta, risponde: "Chi dovrei conoscere?". Il "Manoscritto trovato a Saragozza" – che il commissario scorge "allato alla seggia elettrica, su uno sgabello" – è uno strano libro, fatto di strani protagonisti, scritto da uno strano autore. Personaggi che vanno, vengono, ritornano sotto mentite spoglie, si confondono con altri, vivono le stesse esperienze, in un gioco di specchi, di continui rimandi che affermano la piena legittimità dell´uomo, ma anche la sua inevitabile sconfitta, a catturare il mondo nella sua totalità, a liberarne infine il segreto. Romanzo travagliato – l´autore impiegò circa quindici anni per portarlo a termine e poi, nel 1815, si sparò un proiettile ottenuto dal pomello del coperchio della zuccheriera – nel quale tutto passa e trapassa, in una vera e propria operazione di alchimia. Spesso, si sa, proprio le opere di un "mago" (si veda Thomas Mann) riescono a offrire la sintesi di un´epoca, di un determinato periodo segnato dal drammatico passaggio dal "vecchio" al "nuovo" (per Potocki dall´Ancien Régime alla Rivoluzione francese).
Niente di quanto accade viene escluso dalla narrazione, anche i più piccoli particolari, i dettagli apparentemente insignificanti servono allo scopo. Bandita ogni metafisica, il confronto si sviluppa sulla terra, tra gli uomini e grande e piccolo convivono in armonia, sottraendosi ancora una volta all´edificazione, all´esempio illustre. Ecco quindi che dal Manoscritto, un´opera costruita con la tecnica delle scatole cinesi – forche, briganti, filosofia, amore, intrighi politici, fantasmi, maghi, cabalisti, indemoniati, nobili – salta fuori "Benevento". E allora, tra più di 700 pagine, quest´enclave dello Stato pontificio all´interno del Regno di Napoli (nota a Potocki dai racconti entusiastici del cardinale Stefano Borgia, già suo governatore), diventa famosa non per particolari meriti ma per uno dei "briganti più ordinari", Zoto, e per la sua famiglia. Una storia incastonata, come un piccolo gioiello, nelle altre storie del Manoscritto che l´editore Colonnese isola per farne un delizioso e godibilissimo racconto autonomo (pagg. 136, 9.50). Anche se non è certo che Potocki si sia mai recato a Benevento, conosceva bene alcuni tratti tipici del carattere dei meridionali, nobili e poveracci che fossero: l´invidia, il rancore, la viltà (aristocratica), ma anche il senso dell´onore: Zoto uccide sia colui che lo ha assoldato per liberarsi di un rivale, sia quest´ultimo (che a sua volta lo aveva ingaggiato per far fuori il mandante) e non solo per soldi. O il padre di Zoto: "Io faccio la posta alle persone sul ciglio della strada o tendo loro un´imboscata, come si conviene ad un uomo d´onore". Proprio come nel film del 1966 "Il buono il brutto il cattivo", uno degli spaghetti-western più famosi di Sergio Leone (che, a differenza di Montalbano, l´autore di "C´era una volta in America" conoscesse Potocki?). La vicenda di Zoto diventa anche simbolo di un male che forse non è definitivo ma che lascia poco spazio alla speranza (in fondo, a finire sulla forca non sono i fratelli di Zoto, ma "due pastori della valle", così che il bene diviene una sorta di surrogato del male) e lo stesso protagonista non dà adito a facili illusioni sul proprio conto: "Silvia aveva reso tenero il mio cuore di brigante. Ma esso non tardò a riprendere la sua ferocia". Come Montalbano, tutti dovrebbero conoscere Potocki, il suo sguardo disincantato: la Storia di Zoto può essere uno spiraglio su un mondo non troppo lontano, magari in compagnia di un brigante, se si rischia di incontrare i due impiccati che di notte se ne vanno in giro a combinare "un´infinità di disastri".
 
 

Bresciaoggi, 5.6.2006
Di alto livello il primo appuntamento musicale del Museo Diocesano
Per i «Concerti nel Chiostro» un gran debutto con il «Laus»

[...]
Ieri mattina, sotto il titolo «Vanitas Vanitatum», il concerto riuniva una serie di brani del Quattrocento e del Cinquecento interpretati da un Trio d’eccezione, il Laus Concentus; in più la voce recitante di Valerio Bongiorno per la lettura di alcuni brani di poesia e di prosa sul tema del tempo.
È stata un’esperienza davvero molto bella, partendo da una poesia di Camilleri
[...]
l.f.
 
 

La Repubblica, 7.6.2006
Da venerdì in edicola il primo audiolibro di "Repubblica"
E Fiorello legge Camilleri

Abbiamo messo a confronto l´autore e il lettore
Il romanzo prescelto è "Un filo di fumo" scritto nel 1980
Camilleri: ho scelto io Fiorello anche se non si era preparato
Fiorello: è vero, l´ho letto quasi in diretta, a me viene bene così

Andrea Camilleri e Rosario Fiorello insieme, uniti da "Un filo di fumo", secondo romanzo dello scrittore siciliano, pubblicato la prima volta nel 1980 da Garzanti, poi, nel 1997, da Sellerio, adesso rivisto per essere trasformato nel primo degli audiolibri in edicola con Repubblica e l´Espresso. Lo spunto per il libro - ha spiegato più volte Camilleri - gli arrivò da un volantino anonimo trovato tra le carte del nonno, che metteva in guardia dai maneggi di un commerciante di zolfo. Ambientato nel 1890 a Vigàta è la storia dell´attesa di un vapore russo, inviato per caricare cinquemila cantàra di zolfo depositate nei magazzini di Totò Romeres, detto Barbabianca, che però già si è venduto la merce al cinquanta per cento del suo valore. Il fallimento annunciato farebbe felici i suoi numerosi nemici. La vicenda ha parecchi punti di osservazione: i magazzini, il Circolo dei nobili, i terrazzi, fino al palazzo del principe. A spiazzare i pronostici ci penserà la ruota della fortuna. Ai due protagonisti della lettura, abbiamo chiesto com´è andata.
Camilleri: «Il nome di Fiorello è stato un mio suggerimento. Sono andato a sentirlo mentre registrava. Ho provato un´emozione grandissima. Non è che si fosse preparato tanto... insomma essendo la sua natura qual è, al libro gli aveva dato solo un´occhiata. Ma da vecchio regista quale invece sono io, ho subito notato lo sdoppiamento. Da una parte l´istinto attoriale, dall´altra il controllo dell´uomo Fiorello. Ad un certo punto si levava le cuffie: "Fermi tutti, non ho capito niente", prendeva fiato e poi ricominciava. E´ riuscito a confermare, in maniera semplice, tutte le teorie di Stanislavskij sull´attore. Mi ha ricordato Turi Ferro e mi ha commosso per come si calava dentro il testo. Mentre registrava sudava, ma non lasciava trasparire alcuna emozione. L´ho molto amato in quelle due ore».
Fiorello: «Purtroppo è vero, non sono uno che ha mai studiato tanto. Sono il classico tipo al quale stava bene la definizione: "Potrebbe rendere di più ma non si applica". Sono pigro. Ammetto: "Un filo di fumo" prima di andare in studio non l´avevo letto. Avrò sfogliato qualche pagina. Le buone intenzioni c´erano: va bene, lo leggo oggi... non ce la faccio... lo leggo domani... non ho tempo... e alla fine ho fatto come a scuola, ho sperato che nessuno se ne accorgesse. Questa leggerezza mi ha consentito di provare sorpresa in diretta. Ho recitato con la curiosità del lettore, scoprendo l´intreccio man mano che andavo avanti. E il "Filo di fumo" non è una robetta così. Ha una struttura corale, intricata. Sono convinto che se avessi studiato il "Filo", la mia sarebbe stata una interpretazione, invece così è stata ignoranza naturale. Ogni tanto alzavo la testa e facevo le facce come per dire: "minchia", quando il passaggio era di quelli forti. Mica come dice Camilleri che mi fermavo perché non capivo... E poi l´accento siciliano... man mano che procedevo mi veniva sempre di più. Certo, le origini hanno parecchia importanza, insomma a uno di Bressanone non gli verrebbe la dh ispirata manco leggendo Camilleri... ma sì, la dh di iddu, ispirato a denti stretti. La pronuncia di quella manciata di lettere è il segreto per capire se uno è siciliano oppure no. E´ un test».
Camilleri: «Il tormentone di Fiorello su di me? Va benissimo, quasi non me ne accorgo più. Fiorello è un uomo dotato di gusto e in un momento in cui il cattivo gusto impera... E anche la storia del fumo che usa per la pubblicità dell´automobile, come si può vedere dalle cicche che mi circondano, è assolutamente vera».
Fiorello: «Ci siamo conosciuti a due passi da casa sua, praticamente davanti alla sede di RadioRai. Ero seduto al bar di via Cantore. Lo vedo passare, gli dico: "professore", calcando sulle o, e lui: "Fiorello", con quella voce roca, lenta, da Gattopardo. C´erano delle ragazze che lo hanno riconosciuto e hanno chiesto gli autografi solo a lui. Dopo, davanti al microfono ho raccontato: "Ho appena incontrato Camilleri, mi ha chiamato così: "Fiorello". Voi non avete idea di quanto fumo ha intorno". E quando abbiamo girato lo spot per VivaRadio 2? E´ stato un mito. La scena era la seguente: Via Asiago, il marciapiede dove Camilleri passeggia tutti i giorni, io che gli dico come si deve muovere, lui che si gira: "Che minchia volete". Glielo spiego. Risponde, sempre voltando la testa quel tanto necessario a guardare l´interlocutore: "E a me che me ne fotte"... è stato straordinario. Abbiamo degli amici in comune che mi hanno riportato moltissimi aneddoti su questo vizio delle sigarette: una volta, durante uno spettacolo teatrale, sembra che si fosse rotta la macchina del fumo. "Non vi preoccupate" li ha tranquillizzati Camilleri e si è messo dietro le quinte a fumare».
Camilleri: «Questa dell´audiolibro è una scommessa, ma forse sarà una spinta per invogliare più gente a leggere, in questo gli italiani non sono tanto bravi. In Germania già da tempo funziona l´audio libro, prima erano le cassette, adesso che sono cadute in disuso ci sono i Cd. Penso che qualunque iniziativa per favorire la cultura sia la benvenuta. Le Ferrovie tedesche, per esempio, mi hanno proposto di trasmettere tre racconti di Montalbano sui treni per un mese. E perché no? Come le t-shirt con le frasi celebri. Io propongo di tatuare sulle cosce delle belle ragazze dei piccoli brani tratti da Kafka, così i ragazzi quando le baciano, leggono anche. Tatuaggi di quelli che si possono cancellare con una spugna e l´acqua, così le parole e gli autori si possono cambiare».
Fiorello: «Adesso non perché l´ho fatto io, ma questa dell´audiolibro mi sembra una buona idea. Chissà, magari a me compreso, verrà in mente di leggere e ascoltare in simultanea. Mi piacerebbe ripetere quest´esperienza. Certo non con il "Nome della Rosa", ci vorrebbero una decina di audio libri. So che in Inghilterra lo stanno facendo con Harry Potter. Nove ore! La novità è anche Camilleri in musica, è in buona compagnia. Voglio fare la prova in automobile».
Camilleri: «Questa esperienza dell´audiolibro mi ricorda quando ho portato Beckett in televisione. "Finale di partita". Mi sono chiesto: come far accettare un´opera così difficile al pubblico? Ho chiamato Renato Rascel, che allora era molto in voga e Adolfo Celi, conosciutissimo come il cattivo dei film di 007. Così sono riuscito a contrabbandare Beckett. Il "Filo di fumo" l´avevo perso di vista, come succede per tutti i miei romanzi. Li dimentico. Impiego dei mesi per scrivere un libro e conservo le varianti fino alla pubblicazione. Appena mi arriva la copia pilota butto tutto. Non ho niente che consenta una tesi di laurea sulle varianti di Camilleri. Come i veri assassini cancello le tracce. Quando i traduttori mi costringono a riguardare i testi è una sofferenza unica, odio tentare di ricostruire le parole una volta che me ne sono liberato. Lo stesso vale per la riduzione tv del Commissario Montalbano, mi mandano la sceneggiatura, ci metto mano ma da psicopatico, estraniandomi. Quando lo guardo, lo faccio da spettatore qualunque».
Fiorello: «Minchia... è un uomo straordinario».
Alessandra Rota
 
 

La Repubblica, 8.6.2006
Da domani con "Repubblica" e "L´Espresso" l´audiolibro di Camilleri letto da Fiorello
S´avvicina un filo di fumo

Se Camilleri non si adombra, vorrei cominciare da Rosario Tindaro Fiorello, in arte Fiorello, per gli amici Fiore. Avrà sicuramente avuto maggior gloria e successo da altri palcoscenici e telecamere e microfoni, che non da questo leggero e minuto audiolibro, in pratica un cidì confezionato in un libretto rigido e brevemente introdotto da poche pagine di spiega. Però, ecco, ascoltare Fiorello che legge Camilleri, la sua voce duttile che si rifà sicula per meglio accompagnarci, indietro nel tempo, nell´isola sua e dello scrittore, è un piccola festa per chi crede che la letteratura debba e possa essere (anche) una pratica amichevole, che la cultura non sia costretta, per essere tale, a sembrare intimidatoria.
L´approdo di Fiorello a Camilleri, come a tutto quanto il resto, è stato un approccio allegro. Che non vuol dire facile: Fiorello ha anche patito e si è spesso involuto, nella sua lunga e felice carriera. Vuol dire proprio allegro: l´irresponsabile allegria che ha permesso a Fiorello di sconfinare continuamente, e quasi spudoratamente, dai limiti dei suoi inizi, senza nessun timore reverenziale per i generi, né per i pregiudizi che la stagione del karaoke poteva innescare. Misteriosamente, e per una facoltà così sua, e così rara, che chiameremo irrequietezza artistica, o curiosità al cubo, Fiorello è partito dalle forme più popolari della comunicazione (animazione in un villaggio turistico) per inoltrarsi in territori anche complicati, anche raffinati. Il varietà televisivo e la radio, nonostante certi approdi d´epoca decisamente "bassi", sono occasioni teatrali di prim´ordine, per chi le sappia cogliere. La satira, così spesso ridotta a sorella maligna della goliardia, se ben pensata e ben fatta è un percorso ricco, allusivo, che stimola il pubblico, per capire che cosa si sta dicendo, a una decifrazione "colta" della scenetta o della singola gag.
Proprio la scintilla di questo incontro Fiorello-Camilleri è una delle dimostrazioni più lampanti del buon uso, non banale, che Fiorello ha fatto dei generi fin qui utilizzati. Tutto parte da una fortunata parodia radiofonica, quella del Camilleri tabagista impenitente. C´è una regola dell´imitazione che considera indispensabile la larga riconoscibilità della persona imitata, o del genere parodiato. Dev´essere per questo che le parodie degli scrittori – almeno a memoria di chi scrive – si limitano, in Italia, a due soltanto: Mario Soldati imitato da Ugo Tognazzi, Andrea Camilleri imitato da Fiorello.
Soldati, però, era all´epoca popolarissimo perché personaggio televisivo. Camilleri no, Camilleri è campione assoluto in libreria, ma volto e voce sono raramente in video. Imitarlo è stato uno dei tanti vezzi e dei tanti rischi di Fiorello: appunto perché è solo il divertimento (suo e dei suoi bravissimi autori radiofonici) a guidarlo. Perché il maestro Camilleri gli faceva allegria, da siculo a siculo, da fumatore a fumatore. E tanto bastava per imitarlo quasi ogni giorno alla radio.
Che sia proprio "Un filo di fumo" il titolo di Camilleri affidato alla voce di Fiorello non può essere un caso. Oppure, se lo è, è il segno dell´affratellamento non comune tra uno show-man e uno scrittore, tra il mondo dei libri e quello dello spettacolo, così disgiunti, ultimamente, per la nota diceria che la cultura sarebbe cosa di pochi.
La "regia acustica" è di Giuseppe Dipasquale, che ha sostenuto il racconto di Camilleri e la voce di Fiorello con la tromba di Enrico Rava, la vocalità di Olivia Sellerio, il contrabbasso jazz di Paolo Damiani e le partiture di Pietro Leveratto. Della trama del racconto, ovviamente, non va detto nulla che possa rovinare il piacere della sorpresa e dei colpi di teatro. Si parla di denaro (soprattutto di denaro) e del turbinio di passioni umane, anche pessime, che il denaro suscita. La potenza di Camilleri, come sa chiunque abbia letto qualcosa di suo, cioè moltissimi, sta tutta nella capacità di catturare il lettore (l´ascoltatore) come se le pagine che avessero già voce propria, la voce antica della "cunta", del racconto orale, quello che i vecchi facevano ai giovani. La voce di Fiorello è un piacere in più, entra nel libro con la solita naturalezza, Camilleri è un regalo che Fiorello si è fatto, facendolo anche a noi.
Michele Serra
 
 

Il Tempo, 8.6.2006
Il Fiorello day conquista la tv satellitare

Gran finale domani, 9 giugno, per il programma "Viva Radiodue" condotto da Fiorello e da Marco Baldini che avrà un ospite d'eccezione, lo scrittore Andrea Camilleri. Per la prima volta nella storia della Tv, una trasmissione radiofonica, viene trasmessa contemporaneamente anche in Tv. Quindici telecamere del canale satellitare Raisat Extra, canale 120 della piattaforma Sky Italia, saranno infatti presenti nella sala A di via Asiago da cui va in onda "Viva Radiodue" per riprendere dal vivo le performance di Fiorello, del suo braccio destro Baldini e dei personaggi invitati all'ultima puntata.
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Lo showman è riuscito nell'impresa di avere come ospite, per l'ultima puntata, Andrea Camilleri, lo scrittore di cui Fiorello, da due edizioni di "Viva Radiodue", offre una delle parodie più riuscite. Camilleri si è anche prestato a girare con Rosario una serie di spot che sono andati in onda sulle tre reti televisive pubbliche, per il lancio di "Viva Radiodue". I due personaggi, legati dalla provenienza siciliana, hanno anche altri progetti per l’autunno. Il programma radiofonico e tv inizierà, come tradizione, alle 13,40 e si protrarrà di mezz'ora rispetto all'orario consueto, concludendosi alle 15,30. Subito dopo, dalle 17,30 in poi, Raisat Extra manderà in onda ripetutamente la puntata fino a notte fonda, in una sorta di "Fiorello day satellitare", evento senza precedenti nella storia del piccolo schermo.
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Marida Caterini
 
 

Quotidiano Nazionale, 8.6.2006
Viva Radio 2
Baldini in mutande chiude la stagione con Fiorello
Marco Baldini è sceso in strada in mutande, coperto davanti e dietro dal cd primo in classifica che racchiude le parodie di Fiorello

Roma - Chiusura trionfale, con tanto di fuoriprogramma, per Viva Radio 2, programma radiofonico curato da Fiorello e Marco Baldini.
Alla vigilia dell' ultima puntata di questa fortunata edizione di 'Viva Radio2' (domani eccezionalmente anche in diretta tv su Rai Sat Extra con tanti amici ospiti, da Gianni Boncompagni a Gianluca Guidi e Andrea Camilleri più i gruppi musicali emergenti lanciati dalla trasmissione), Baldini ha onorato la sua scommessa con Fiorello.
Il cd del programma è balzato al numero uno della classifica di vendite e, come promesso, Marco Baldini si è messo in mutande, con un cd avanti e uno dietro, e il busto coperto da un giubbotto, e ha corso intorno al palazzo di Radio Rai in via Asiago, inseguito da Fiorello che, a bordo di un tre ruote, lo esortava con tanto di megafono e frustino.
Confuso tra la folla dei fan e le troupe dei tg, anche uno spettatore d'eccezione: Andrea Camilleri, che vive a pochi metri dalla sede di Radio Rai e che è stato protagonista di una delle parodie più riuscite di Fiorello.
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Il Venerdì, 9.6.2006
Esce oggi, con “Repubblica” più “L’Espresso”, il primo dei tredici audiolibri dedicati ad alcuni fra i testi più belli della letteratura mondile. Letti da interpreti d’eccezione. E accompagnati da un commento sonoro. L’esordio? “Un filo di fumo”, tutto siciliano
Così Fiorello dà voce a Camilleri. Con sottofondo jazz

Fino a qualche anno fa, prima che Alessandro Baricco portasse nei tea­tri i suoi reading, «ascoltare i libri» era considerato un ri­tuale poco adatto alla prosa. Da alcuni, una minaccia alla sacra pratica della lettura. Quanto agli audiolibri, i ro­manzi letti su cd da attori fa­mosi e che nel mondo anglo­sassone seguono da anni l'edi­zione cartacea dei bestseller, erano prodotti riservati ai non vedenti o ai bambini.
Altri tempi. Anche l'Italia si è lasciata conquistare lenta­mente dai libri «che si raccon­tano». A Torino, il 22 aprile scorso, quattromila appassio­nati di tutte le età hanno par­tecipato al primo rave del libro, una «Bookstock» di 12 ore andata in scena, con scrit­tori e musicisti, sul parquet di un palazzetto dello sport la­stricato di sacchi a pelo.
A quanti vogliono riscoprire il piacere di ascoltare un racconto Repubblica e L'Espresso dedica­no una collana di 13 audlolibri, ispirati ad alcune tra le pagine più belle della letteratura mon­diale, da Italo Calvino a Edgar Allan Poe, appositamente adattate per la voce di lettori d'eccezione, da Marco Paolini a Lella Costa, e con il com­mento in musica del miglior jazz italiano. Da oggi, i lettori trovano in edicola, con Repub­blica più L'Espresso il primo audiolibro (i successivi saran­no in vendita ogni venerdì, sempre a 9,90 euro, oltre al prezzo dei giornali), “Un filo di fumo” di Andrea Camilleri. La voce e l'accento, volutamente «siculo», sono di Fiorello, ac­compagnato dal jazz d'autore di Enrico Rava, Paolo Damia­ni, Pietro Leveratto e Olivi a Sellerio, altra siciliana di que­sta compagine inedita, come il regista Giuseppe Dipasquale.
Camilleri scrisse “Un filo di fumo” nel 1980, ambientandolo nella stessa immaginaria Vigàta del commissario Montalbano, ma un secolo fa. È una storia sulfurea, un po' perché il protagonista, Totò Barbabianca, è un commerciante di zolfo, un po' perché le sue fortune economiche odorano dei veleni della malavita.
Non è un caso che il primo audiolibro sia dedicato allo scrittore di Porto Empedocle: «Camilleri» spiega il critico Giorgio Pintus, nel libretto allegato al cd, «scrive pensando storie e parole come se egli stesso o chi le leggerà dovesse "cuntarle" e non limitarsi a consumarle sulla pagina». Nel cd, lo scrittore siciliano si è divertito a «cuntare» tre brani. Tutti gli altri sono affidati a Fiorello. «Sono rimasto commosso dalla sua interpretazione spontanea, sincera e vulca­nica» dice Camilleri. «Fiorello non aveva mai letto il mio li­bro, lo ha fatto in studio di registrazione e il suo talento genetico gli ha permesso di capire quello che stava leg­gendo e di intuire il modo migliore di renderlo. Il suo racconto ha un andamento rap: una lettura da maestro che mi ha sorpreso». Anche lo showman dice di essersi commosso: «Questa sugge­stione ancestrale di affascina­re, di incuriosire alla lettura, ha il profumo dei fiori di za­gara, che in Sicilia è cosi in­tenso da stordire ... ».
Per il prossimo audiolibro, il 16 giugno, Claudio Bisio inter­preterà “Ecco la storia” di Danlel Pennac, con la musica di Paolo Silvestri. Seguirà Stefano Ben­ni, che interpreterà se stesso in “Baldanders”, accompagnato dalla tromba di Paolo Fresu. E casi via per tutta l'estate con Itala Calvino letto da Marco Paolini, Vincenzo Ce­rami che legge il suo “La gente”, Tabucchi letto da Marco Ba­lliani, Pino Cacucci letto da Valerio Mastandrea ...
Paolo Casicci
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 9.6.2006
L'iniziativa
"Il mio canto per i romanzi"
Dopo "Un filo di fumo" Olivia Sellerio e Accabanna suoneranno anche per l´audiolibro di Tabucchi

Non si sfogliano, si ascoltano. "Un filo di fumo" di Andrea Camilleri inaugura la collana di audiolibri, da oggi a richiesta con La Repubblica e L´Espresso, rivolta ad un pubblico che non ama lasciarsi distrarre dalle immagini e preferisce, invece, concentrarsi sulla magia evocata da suoni e parole. Il romanzo dello scrittore empedoclino, uno dei pochi a non far parte della serie dedicata al commissario Montalbano, è letto dalla voce per antonomasia della radiofonia nazionale, ovvero quel Fiorello che, tra l´altro, proprio in queste settimane imperversa negli spot pubblicitari di una casa automobilistica con le sue esilaranti imitazioni di Camilleri.
Ad accentuare ulteriormente il respiro di sicilianità che avvolge questo primo audiolibro, c´è il commento sonoro affidato ad una formazione tanto inedita quanto raffinata che accanto ai nomi prestigiosi di Enrico Rava, tromba, e Paolo Damiani, violoncello, annovera quattro componenti degli Accabbanna, da un paio d´anni apprezzati per la deliziosa capacità di rileggere con accenti moderni la nostra musica popolare, e cioè Ruggiero Mascellino, fisarmonica, Giovanni Apprendi, percussioni, e i due co-leader della band, Pietro Leveratto, contrabbasso, e Olivia Sellerio, voce.
«Il compito più difficile in un´opera in cui la comprensibilità della parola è fondamentale - racconta l´affascinante cantante palermitana - è stato quello di escogitare una vocalità che non distraesse l´attenzione per il racconto letterario e che si inserisse armonicamente tra i suoni degli altri musicisti e la lettura del testo di Camilleri che Fiorello scandisce con accenti d´ironia e con marcata inflessione siciliana. In pratica ho usato la voce come fosse uno strumento, liberandola dalla gabbia semantica delle parole e lasciando che si esprimesse con fraseggi aperti. Alla fine, però, non ho saputo resistere alla tentazione di inserire nell´audiolibro un brano cantato in siciliano: è una composizione di Leveratto, musicista genovese ma con una straordinaria sensibilità e sintonia con la nostra cultura, sulla quale ho confezionato un testo piuttosto curioso utilizzando molti dei termini contenuti nel glossario di cui è corredato "Un filo di fumo"».
«Al tempo della prima edizione del 1980 - continua la Sellerio - Garzanti temeva che il pubblico potesse non comprendere bene l´originale lessico di Camilleri ed aveva espressamente chiesto la compilazione di un elenco esplicativo delle parole siciliane adoperate nel testo. La canzone si intitola, appunto, "Glossario"».
Diversa, invece, l´atmosfera emotiva che ispira l´audiolibro "Donna di Porto Pim" di Antonio Tabucchi, in uscita a metà luglio, ancora affidato ai suoni di Pietro Leveratto e Olivia Sellerio ed alla lettura di Marco Baliani. «Intanto sono diversi i musicisti con cui ci siamo confrontati - continua la Sellerio - Oltre a me e Leveratto, la formazione comprende Achille Succi, sassofoni e clarinetti, Sandro Gibellini, chitarra, e Mauro Beggio, batteria. Ma soprattutto è diversa la storia ed il contesto. Vi si respira a pieni polmoni l´aria della cultura lusitana, si è abbacinati dal sole di Capo Verde, si è storditi dal mare delle Azzorre, proprio le isole ove Tabucchi aveva trascorso quel lungo soggiorno che gli avrebbe dato spunto per ambientare e scrivere "Donna di Porto Pim". Ovvio che abbia dovuto lasciar da parte le mie matrici siciliane, il profumo della zagara ed i colori della mia terra per immergermi in una dimensione affatto differente. Tuttavia, sono stata aiutata parecchio dalla mia antica frequentazione della cultura portoghese e dal fatto che a casa mia, sin dall´età di undici anni, ho avuto la possibilità di imparare a parlare il creolo che da allora è divenuto parte delle mie radici. Anche in questo caso ho preferito usare la voce come strumento, per evitare interferenze e sovrapposizioni con la narrazione di Baliani, ma alla fine mi sono concessa un paio di canzoni in portoghese. Per i testi ho utilizzato dei versi di Antero de Quental, un poeta delle Azzorre vissuto nell´Ottocento i cui sonetti sono tra i più belli della letteratura portoghese. È proprio ad Antero de Quental che Tabucchi dedica uno dei brevi racconti che fanno parte di "Donna di Porto Pim"».
Gigi Razete
 
 

La Repubblica, 9.6.2006
La scommessa sul cd del programma, primo in classifica. Oggi ultima puntata in diretta su RaiSat Extra
L´audiolibro di Camilleri
Fiorello: Viva Radio2 vince la sfida e Baldini paga pegno in mutande
I saluti con Benigni e Camilleri. "Abbiamo vinto col passaparola la gente ci ha seguito"
"Non metterò mai all´asta le foto di mia figlia, neanche per beneficenza"

Roma - Ci sono le telecamere dei telegiornali, la strada è bloccata dalla folla, applausi, risate, una selva di telefonini che scattano foto ricordo dell´uomo del giorno: Marco Baldini in mutande paga pegno per la scommessa fatta con Fiorello: «Se il cd di Viva Radio2 finisce primo in classifica, fai il giro dell´isolato in perizoma, coperto solo da un cd davanti e dietro». Il cd è primo, Baldini con i suoi baffi neri è lì, in slip color carne, i dischi al posto giusto; porta un giubbotto nero, scarpe da tennis, e corre inseguito da Fiorello che lo incita su un´Ape verde, megafono in mano e una frusta, come un domatore da circo: «Forza Baldini che ce la fai, amici, venite a vedere». Una scena surreale. Andrea Camilleri, che abita a due passi dagli studi Rai di via Asiago e torna a casa con la spesa, si ferma a guardare. «Ma che succede? Che fanno?».
[...]
Clima euforico, bilancio trionfale: Viva Radio2 (oltre un milione di ascoltatori al giorno per la diretta delle 13.42, e un altro milione che segue le repliche delle 7 del mattino e delle 23), registra ascolti record. Ed è il programma più scaricato dal web. Oggi l´ultima puntata andrà in onda in diretta su RaiSat Extra (con Camilleri, Gianluca Guidi, Boncompagni e una sorpresa: forse Benigni).
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A Viva Radio2, complici gli autori, non si è fatto mancare niente: la politica, con lo smemorato di Cologno (e gli interventi dei veri Prodi e Berlusconi), la satira di costume, Mike che divora i bambini, il presidente Napolitano che ha trasformato il Quirinale nel regno di Napoli, la Monica Bellucci naif di Gabriella Germani, e poi Camilleri, Nanni Moretti.
[...]
Silvia Fumarola
 
 

Il Giornale, 9.6.2006
E per scommessa Baldini gira in slip nel centro di Roma

Roma. Andrea Camilleri, che abita praticamente nel portone a fianco alla sede di Radiorai, sta camminando serafico con la borsa della spesa in mano. All'improvviso si vede spuntare davanti un tizio in piedi su un'Ape, con megafono in una mano e frusta nell'altro, che incita un altro tizio vestito con un giubbottino di jeans. E null'altro. O quasi: sotto il giubbottino, il secondo tizio indossa un paio di mutande elasticizzate color carne, obiettivamente di una bruttezza rara, coperte davanti e dietro dalla copertina di un cd.
Di fronte alla scena, Camilleri si chiede, letterario: «Che minchia è?». Ma i due tizi non fanno a tempo a sentire, sorpassando il maestro. Più tardi confesseranno: «Abbiamo capito che era lui solo dopo, quando abbiamo visto una nube di fumo alzarsi dal marciapiede». I due tizi rimedieranno ospitando Camilleri oggi per l'ultima puntata stagionale di Viva Radiodue.
I due tizi sono Fiorello e Marco Baldini.
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ViviEnna, 9.6.2006
Piazza Armerina, convegno di studi: Ruggero I, La Sicilia, I Normanni
Piazza Armerina 09/06/06 - Domani presentazione del convegno di studi: Ruggero I, La Sicilia, I Normanni, presso la caffetteria letteraria “Chocolat e Champagne” di piazza Boris Giuliano.

[...]
“E bisognerebbe aggiungere – come dice lo scrittore Andrea Camilleri - che coi tempi che corrono anno Domini 2006, tempi bui di intolleranza , razzismo, estremismo, terrorismo, guerre preventive, di kamikaze, di omicidi mirati, l’insegnamento politico di Ruggero nel secolo XI dovrebbe essere opportunamente ripreso e studiato, nonché vantaggiosamente seguito da molte nazioni ”.
[...]
 
 

La Repubblica, 9.6.2006
Pubblicato in 500mila copie da RaiTrade. Merchandising dei prodotti del servizio pubblico
Il catalogo del "made in Rai". Fiction, musica e tante curiosità

La farfalla della Rai ha preso il volo. Il servizio pubblico ha ormai imparato a sfruttare il marchio "made in Rai" e, in questi giorni, propone agli abbonati il nuovo catalogo dei suoi prodotti.
[...]
Sulla base del successo commerciale riscosso, RaiTrade ha distribuito vari premi.
[...]
Una targa è stata data alla fiction "Il commissario Montalbano" e alla Palomar di Carlo Degli Esposti: la serie televisiva è stata già acquistata in 39 paesi.
Leandro Palestini
 
 

Raisat Extra, 9.6.2006
Ore 21:00
Ritratto di Andrea Camilleri
Il Camilleri scrittore, il Camilleri uomo legato alla sua Sicilia si racconta in un ritratto a tutto tondo. Un racconto in forma di intervista, fra aneddoti e immagini di repertorio.
[Il programma non è andato in onda a causa della trasmissione delle repliche di "Viva Radio 2", NdCFC]
 
 

La Repubblica, 10.6.2006
Il programma, anche in diretta su RaiSat Extra, bruscamente interrotto. "Ci hanno dato lo stop, era tardi"
"Viva Radio2" chiusura con polemica Fiorello: finale amaro senza i saluti
"Una funzionaria solerte ha detto a un autore d´interrompere Bastava saperlo nessuno ci aveva avvisato"

Roma - «Tre, due, uno, dai». Fiorello chiude così l´ultima puntata di "Viva Radio2", dando la linea al gruppo Bunghete Banghete (tra i musicisti lanciati da lui) che deve esibirsi, senza neanche salutare il pubblico. Chi ha potuto vedere la diretta di RaiSat Extra, coglie un certo disappunto. Le telecamere lo riprendono. Nessun gesto plateale, una rabbia fredda, si alza, lascia il tavolo. È Marco Baldini a salutare il pubblico, Ma cos´è successo nella puntata d´addio, quella della festa? Mentre si esibiva il figlio di Peppino Gagliardi, si avvicina a Fiorello uno degli autori, Francesco Bozzi, per comunicargli che «devono chiudere».
[…]
Esperimento curioso, venti telecamere nello studio di Via Asiago, in prima fila la moglie di Fiorello, Susanna Biondo, bellissima col pancione, la mamma e la sorella Catena. Poi gli amici Jo Champa col marito, il produttore americano Joe Farell, molto divertito. In studio, tra gli altri, Claudio Bonivento, Giovanni Veronesi, Andrea Camilleri, Gianluca Guidi, Boncompagni. A sorpresa intervengono Arbore, Fisichella, Schumacher.
[…]
Silvia Fumarola
 
 

Corriere della sera, 10.6.2006
Polemica guasta la festa a Fiorello
«Chiudete, c’è la pubblicità». E lo showman se ne va: sono amareggiato

Doveva essere un finale scoppiettante, come solo Fiorello si può inventare, e invece è stato un arrivederci polemico, un’ultima puntata con qualche contrattempo. Ieri si è chiuso il fortunato programma radiofonico Viva Radiodue e per l’occasione—per la prima volta— c’erano pure le telecamere di Raisat Extra a riprendere l’evento, così com’è: perchè Fiorello anche seduto davanti a un microfono può fare audience. Chissà, forse la tv ha portato scompiglio. Fatto sta che la puntata è iniziata con una gag di Camilleri alla quale si è sovrapposto un insolito sirtaki, creando un effetto surreale.
[...]
Maria Volpe
 
 

ANSA, 10.6.2006
Presentata stagione Stabile Catania
Apre 'Opera Comique', in cartellone classici di ogni tempo

Catania - 'Opera Comique', novita' assoluta di Nicola Fano, inaugurera' a novembre nel Teatro Verga la stagione '06-'07 del Teatro Stabile di Catania. In cartellone, classici di ogni tempo, da Shakespeare a Rostand, autori isolani come Pirandello e Martoglio, ma anche Maraini, Camilleri e La Spina. Tra produzioni e coproduzioni il Teatro Stabile di Catania attualmente e' presente nel panorama teatrale italiano con 12 allestimenti, traguardo - ha detto il presidente, Pippo Baudo - di cui andare orgogliosi.
 
 

Puntocom, 10.6.2006
«Il commissario Binda come Borrelli»
Piero Colaprico presenta il suo nuovo giallo: la malavita come specchio dell'evoluzione sociale

«Binda è come Borrelli. Un uomo che ha superato la settantina e grazie alla sua esperienza e saggezza viene chiamato in servizio. Come Borrelli anche Binda entra in un mondo malavitoso che non conosceva». Binda è un ex maresciallo in pensione. Nella finzione fino agli anni '80 aveva lavorato alla sezione omicidi del nucleo operativo. Ne "La quinta stagione", nuovo giallo appena edito da Rizzoli per la collana La Scala (300 pagine, euro 17), Binda torna in caserma per chiedere e ottenere aiuto nella sua indagine. Binda è entrato agli onori della cronaca (non solo nera ma letteraria) grazie a Piero Colaprico, uno dei più apprezzati protagonisti del giallo italiano (all'attivo finora quattro romanzi del maresciallo Binda, pubblicati da Tropea), giornalista milanese della redazione de La Repubblica e attento conoscitore dell'area metropolitana milanese.
[…]
A proposito di malavita, in questo nuovo episodio si staglia una Milano fatta di omicidi, traffico di droga e sfruttamento della prostituzione. Si riconosce nella Milano che descrive?
”Milano legge l'evoluzione del Paese. Dalla città di Craxi è diventata quella di Berlusconi, passando per Mani Pulite e la Lega. Milano è l'unica metropoli possibile. E' la città del boom economico e della prima lotta alla criminalità.”
Lei racconta il nord-Italia come Camilleri racconta la Sicilia?
”Camilleri ha inventato un paese, un linguaggio, un eroe quarantenne. Ha giocato la Sicilia in una operazione opposta alla mia.”
[…]
Giampaolo Colletti
 
 

La Sicilia, 11.6.2006
«Opéra comique» novità

Catania. Si apre il sipario rosso della corposa e amplissima scelta, coordinata e impostata dal Teatro Stabile, per esaudire e stimolare le esigenze del pubblico.
[...]
Di grande interesse la ripresa della novella "Il Vitalizio" opera pirandelliana che fu messa in scena dieci anni fa dal Piccolo teatro di Agrigento, grazie a Pippo Montalbano e Giovanni Sardone, che affidarono l'adattamento ad Andrea Camilleri.
[...]
Una menzione particolare meritano gli spettacoli prodotti dal TSC che andranno in tournée.
[...]
Da ottobre a maggio le maggiori piazze italiane ospiteranno: "La concessione del telefono" di Andrea Camilleri per la regia di Giuseppe Dipasquale.
[...]
F.M.
 
 

Il Gazzettino, 11.6.2006

Padova. Un vincitore annunciato (Pietrangelo Buttafuoco, con "Le uova del drago", ed. Mondadori); una sconfitta abbastanza clamorosa (Melania Mazzucco, con "Un giorno perfetto", edito dalla Rizzoli, che a sua volta rimane fuori dalla finale); una promozione abbastanza a sorpresa (il vicentino-padovano Giancarlo Marinelli, con "Ti lascio il meglio di me", edito da Bompiani, come i due vincitori dello scorso anno, Roveredo e Scurati). È stato questo, in estrema sintesi, l'andamento della Selezione del 44. Premio Campiello, svoltasi ieri nell'Aula Magna dell'Università di Padova per il secondo anno consecutivo.
[…]
Lorenzo Mondo, critico letterario della Stampa, ha spiegato che passando dai 72 romanzi pervenuti ai 44 della prima selezione e quindi al voto finale, si è scelto di "sacrificare" le "grandi firme" per far posto ai pochi nuovi autori; e così la falce ha colpito vecchi vincitori e finalisti come Santagata, Crovi, La Capria, Guarnieri, Abate, Arpaja e Vinci, ma anche nomi noti come Andrea Camilleri ("Le pensione Eva"), Ascanio Celestini ("Storie di uno scemo di guerra"), il ministro Dario Franceschini ("Nelle vene quell'acqua d'argento") e Franca Valeri ("Animali e altri attori").
[…]
Sergio Frigo
 
 

Tgcom, 12.6.2006
Tg in volo? Ora si può
Grazie ad un accordo tra Sky e Neos

Il telegiornale in volo? Si può grazie ad un accordo tra Sky e Neos, compagnia aerea del Gruppo Alpitour. Ogni giorno sulle tratte di lungo raggio in partenza da Malpensa, Sky fornirà l'edizione più aggiornata del notiziario da 30 minuti di Sky Tg24, il canale all news diretto da Emilio Carelli.
[...]
Sky Tg24 presenterà inoltre alcuni dei suoi approfondimenti giornalistici di costume, società e attualità come le sfilate Moda Milano con le collezioni autunnali, un ritratto su una voce come quella di Laura Pausini, un'intervista allo scrittore Andrea Camilleri e un'inchiesta sulla vita all'ombra dei vulcani.
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Corriere della sera, 12.6.2006
Una trentina di volontari registra i classici della letteratura
Donano la loro voce a chi non può leggere
Pavia: oltre mille libri in audiocassetta per chi ha problemi di vista

Pavia - «Ogni lettore, quando legge, legge se stesso...». La pensava così Marcel Proust augurandosi che i libri diventassero ogni giorno di più «strumento per migliorare la mente». E a Pavia lo hanno preso alla lettera. Da otto anni un gruppo di amici con la passione per la letteratura e i romanzi «donano la loro voce» per far leggere anche chi non può. Si scrive Adov (Associazione donatori voce) e oggi il gruppo raccoglie attorno allo stesso microfono 35 volontari tra pensionati e studenti universitari. Alvaro Pregaglia, 62 anni appena compiuti, fino a qualche tempo fa era un «colletto bianco». Smessi i panni di bancario, ogni giorno inforca gli occhiali e si mette davanti al microfono. Voce bassa e modulata, scandisce parole e pause dando voce ai brani di Manzoni, al Caronte dantesco o, più semplicemente, al commissario Montalbano.
[...]
Nella collana dell'Adov si trova di tutto: da Fenoglio a Manzoni, passando per Collodi, Dante e Camilleri. Il libro più difficile? Alvaro non ha dubbi: «I promessi sposi».
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Giuseppe Spatola
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 13.6.2006
La polemica
Gli scrittori rinunciano alla lotta

In merito all´articolo di Marcello Benfante sull´infelicità dei siciliani mi permetterei di fare alcune osservazioni. C´è in Sicilia da molto tempo un´ampia classe di intellettuali che ha scelto nei confronti della lotta per il riscatto dell´isola, una posizione assai particolare che è esattamente quella che ritrovo in Benfante e che, a mio parere, può risultare pericolosissima, è questa idea che ad un intero popolo si possano assegnare delle caratteristiche di tipo psicologico e morale: noi siamo infelici, noi siamo pessimisti, il siciliano è pigro, il siciliano non ha speranze. Più l´intellettuale che pone queste caratteristiche è raffinato più vengono tirati giù volumi e vengono fatti confronti, mi si dirà anche Sciascia. E da lì mi permetto umilmente di partire. Grandissimo Sciascia, insopportabile lo sciascismo da cui siamo invasi e che tiene confronto solamente con un´altra grave malattia, il camillerismo.
L´intellettuale scrive: Sciascia ha detto, la Sicilia come metafora, l´irredimibilità, eccetera. Prende questi modi di dire del grande maestro, li stacca dal contesto, dimentica tutto il resto e la frittata è fatta. Dimentica o vuole dimenticare? Quanto Sciascia fu uomo di azione, come la sua scrittura fu una rivoluzione, come leggerlo fosse incredibilmente scandaloso qui in Sicilia e straordinario altrove.
Dimentica o vuole dimenticare? Che la forza di Sciascia fu nell´andare da solo controcorrente, scrivendo delle follie, delle cose, della mafia di cui nessuno parlava. Invece adesso l´intellettuale scava tra le macerie e giustifica la sua inazione. Perché, dico, come l´altra terribile malattia il camillerismo?
Camilleri, piaccia o non piaccia, s´è inventato uno stile, una voce potente e originalissima che fa impazzire lettori di tutta Italia: il giovane scrittore siciliano prende le sue parole, toglie la voce e scribacchia senza cuore.
Mi chiedo e se invece di lamentarci tanto e non fare niente, ci dessimo un poco da fare? Cosa e dove sono stati gli intellettuali durante la terribile campagna elettorale che abbiamo appena attraversato? E i politici cosa pensano degli intellettuali? Malissimo, pensano che sono dei servi e che servono solamente per ornare la loro azione. Ma gli intellettuali, gli artisti cosa fanno per far credere ai politici altrimenti? Niente. Si lamentano, gli scrittori dicono che la Sicilia è irredimibile e così possono giustificare la loro impotenza, gli artisti si nascondono nelle sacche del potere. Molti però, e questo lo vorrei dire a Benfante, di nuova generazione semplicemente vivono e non stanno a fare tante analisi, vivono senza vendersi l´anima, se possono qui, sennò altrove. La fuga dei cervelli non è una questione d´infelicità, è una questione di governo, il governo dei mediocri, del malaffare, come è stato con Berlusconi in tutta Italia, genera la fuga dei cervelli, l´infelicità non c´entra, semplicemente la gente, i giovani vanno dove vengono chiamati, quelli che possono, cioè quelli che hanno le spalle coperte che poi sono pochi, gli altri rimangono qui e qui comincia la vera tragedia, l´olocausto silenzioso dei cervelli. Perché il problema non è l´infelicità ma il clientelismo che tutto macina e tutto governa. Un clientelismo così antico e ben strutturato che neanche si vede, ma mai e poi mai si va avanti in Sicilia per i propri meriti ma solo per clientela. Questo vale per la destra ma vale anche per la sinistra che, infatti, non ha fatto niente per impedirlo né prima, né ora, né come opposizione ai governi e anzi, come la destra, ci sguazza dentro.
Il male non si sradica con diagnosi psicologiche ma lavorando duramente per un governo della trasparenza. Esempi: dove vanno a finire i soldi dei Grandi Eventi? Perché le biblioteche pubbliche non hanno i soldi per comprare i libri? Perché non esistono progetti per la diffusione del libro e della letteratura? Perché la grande produzione Rai Regione televisiva viene fatta in Sicilia con autori e attori non siciliani? Dove sono finiti i soldi che l´assessore Pagano non ha distribuito alle compagnie teatrali come negli anni precedenti? È vero che l´assessore alla cultura di Palermo non ha più deleghe?
E dall´altro, per gli intellettuali, prendendosi la responsabilità che gli è propria, cioè quella della parola, nel mondo intero dittature sono state battute con l´apporto fondamentale degli intellettuali, penso al Sudafrica, penso alle Martiniche, penso a Malcom X, penso al lavoro che fanno gli scrittori turchi, e così via, dovunque intellettuale, scrittore vuol dire esporsi per le proprie idee, lottare per la libertà del proprio popolo e noi? Ci lamentiamo, scriviamo in sciascismo o in camillerismo e andiamo alle cene elettorali. Io non credo a infelicità e felicità se non come un bene personale, ma credo sì fortemente che attualmente è in corso in Sicilia una vera tragedia, che è la tragedia silenziosa di un popolo che si è arreso, di fronte a un Italia intera che ci guarda con una certa distanza e commiserazione. Non mi aspetto aiuti da nessuno se non da noi stessi, solo noi possiamo prendere in mano le nostre vite, smetterla di lamentarci, provare a usare la penna con la stessa forza, dignità e coraggio di Sciascia e tirare da dentro noi la parte migliore. La dignità di un popolo si riconquista solo con una fatica dura, è tutta in salita, secondo me vale la pena provarci.
Beatrice Monroy
 
 

La Gazzetta del Mezzogiorno, 14.6.2006
Olio, presentato a Bari Rapporto filiera
E' il settimo di dieci dossier tematici della campagna di sensibilizzazione realizzata da Confagricoltura con il finanziamento del ministero delle politiche agricole e forestali

Bari - E’ stato presentato oggi a Bari "La filiera dell’olio d’oliva", il settimo di dieci dossier tematici, dedicati ad altrettanti prodotti della agricoltura italiana, che fanno parte della campagna di sensibilizzazione "La qualità in campo. Una scelta di valore" realizzata da Confagricoltura con il finanziamento del ministero delle politiche agricole e forestali.
Il dossier, rivolto ad un pubblico di esperti ed al consumatore, rappresenta un breve viaggio per comprendere come si realizza la qualità lungo la produzione olearia italiana e quali sono i suoi fattori chiave. L’ultimo capitolo, "La percezione del consumatore" è affidato a un testimonial d’eccezione: Andrea Camilleri, uno dei più famosi scrittori italiani contemporanei, con un intervento che evoca un particolare tipo di olivo legato alla sua terra ed una metafora sul ruolo di questa pianta nella cultura dell’Italia intera.
 
 

Avui - Suplement de Cultura, 14.6.2006
La novella negra italiana
Montalbano i Brunetti, cara a cara
La novella negra té molt bona salut i va sumant adeptes entre escriptors i lectors
A les files d'aquests últims hi ha qui es manté fidel a valors segurs, com ara Andrea Camilleri i Donna Leon, i qui prefereix provar les aptituds d'investigador d'algunes de les ments més negres d'Itàlia

L' any passat ens va fer el salt. Acostumats a rebre nova dosi de Montalbano a les envistes de Sant Jordi, l'absència de Camilleri ens va deixar orfes i neguitosos. I més després del cop de timó que el comissari sicilià va fer a "Un gir decisiu" i d'haver llegit en algunes entrevistes que el nou llibre de Camilleri, "La pazienzia del ragno", havia estat molt mal rebut i criticat perquè "Montalbano es passava a l'altre cantó de la llei". Ara, per fi, el tenim en català ("La paciència de l'aranya", Edicions 62) i podem incorporar-nos a les files dels detractors o dels entusiastes de l'escriptor sicilià i el seu personalíssim comissari. Més constant és Donna Leon, que, des que va fer aterrar entre nosaltres el comissari Guido Brunetti amb "Mort a la Fenice" (Edicions 62) ha anat publicant regularment noves aventures d'aquest policia venecià -tan allunyat i tan pròxim al seu company sicilià- fins a arribar a la recent "Noblesa obliga", que forma part de la renovada "La Cua de Palla", la mítica col·lecció de novel·la negra que Edicions 62 acaba de recuperar.
Tots dos viuen sota l'ombra del Maigret de Simenon, com han pogut comprovar al llarg de dotze títols els seguidors de Brunetti, i d'onze (si afegim als nou d'Edicions 62 "La nochevieja de Montalbano" i "El miedo de Montalbano", de Salamandra), els del comissari sicilià. I més enllà de les diferències entre els seus pares literaris -Andrea Camilleri, sicilià de naixement i romà d'adopció, èxit de vendes a Itàlia, i Donna Leon, nord-americana de naixement i veneciana d'adopció, desconeguda a Itàlia ja que no permet la traducció a l'italià del seu Brunetti, que escriu en anglès- entre tots dos personatges hi ha prou diferències perquè als fans del venecià no els acabin de convèncer les maneres del sicilià i a l'inrevès.
Diferències que no es redueixen al fet que Montalbano fuma i té una aversió inenarrable a les pistoles i l'altre no, sinó també al caràcter: si el venecià és familiar, el sicilià és un llop solitari; el primer es mostra més receptiu i collaborador amb el seu equip que el segon, que de tant en tant els oculta mesquinament informació només per deixar clar qui mana. Brunetti és escèptic i introspectiu a la manera bromosa del nord i Montalbano un desencantat amb una visió molt pessimista de les possibilitats d'èxit de la justícia que acoloreix la seva melancolia amb l'explosiva vitalitat del sud. I mentre al primer no li agraden les discussions de política, el segon és obertament d'esquerres, tot i que no és comunista -com va aclarir Camilleri-, sinó que procedeix d'una cultura camperola que no accepta l'autoritat.
Però també hi ha coincidències. Més enllà de les regles del gènere -Camilleri i Leon practiquen la novella de lladres i serenos, amb un representant de la llei com a protagonista, ben diferent d'investigadors privats com ara Mike Hammer i Sam Spade- que condicionen aspectes de la narració com les males relacions entre els protagonistes i els seus superiors (curiosament, el de Brunetti, el vicequestore Patta, és sicilià, i el de Montalbano, el comandant Bonetti-Alderighi, és de Bèrgam, al nord d'Itàlia) i les picabaralles entre cossos de seguretat (la palma de la ineptitud se l'emporten els carabinieri). Tots dos comissaris tenen un equip de confiança que defensen davant de superiors amb tendència a infravalorar-ne el mèrit -quan no a titllar-los directament de "tropa de camorristes", com diu en Bonetti-Alderighi de la comissaria de Vigata- i rebutgen ascensos i promocions perquè no volen abandonar el lloc on estan, la seva gent i el seu equip. Tant Brunetti com Montalbano, que ronden la cinquantena, són amants del bon menjar sense rebuscaments inútils (no són fans de la nouvelle cuisine i es rendeixen davant d'unes sardines o un plat de pasta), són homes cultes que llegeixen, els agrada la música i el cinema i són negats per a la informàtica: sort que sempre tenen un subaltern que els treu les castanyes del foc, tot i que sembla que Brunetti ha expressat el seu interès per aprendre'n últimament, cosa que ni li passaria pel cap a l'explosiu Montalbano.
L'escenari per on es mouen és un país desballestat amb Estat inepte -polítics corruptes, justícia inoperant, ensenyament ineficaç...- que és criticat a bastament en cada episodi. Concretant una mica, un territori amb un dialecte propi i habitat per societats tancades que no fan gaire atenció ja no al que passa a Itàlia sinó a la resta del món. I, encara que la Vigata de Camilleri sigui un lloc inventat que conté totes les Sicílies possibles i la Venècia de Leon tendeixi cada cop més a la postal turística, ni el sud de Montalbano ni el nord de Brunetti semblen sentir pel seu país més que una estoica resignació.
La premsa també té un paper destacat a totes dues sèries, tot i que la relació amb els protagonistes no és gaire amistosa: no se la prenen seriosament, li critiquen la falta de professionalitat i la tendenciositat, però quan convé se n'aprofiten com de qualsevol altre recurs, especialment Montalbano. Pel que fa al modus operandi, tant el sicilià com el venecià són tossuts i no deixen anar la presa fàcilment. Tampoc es conformen amb qualsevol solució: moltes vegades la resolució final del crim només la coneixen ells i té poc a veure amb el resultat oficial, però no sembla que ni a l'escèptic Brunetti ni al sanguini Montalbano els interessi tant la veritat com el procés de recerca d'aquesta veritat. I tot i que tots dos fan servir trucs i actuen durant els interrogatoris o amb alguns personatges molestos, Brunetti és més honest i reposat que l'irònic Montalbano, que molts cops no pot resistir-se a ensarronar l'interlocutor, rampells de ràbia a banda.
No es pot acabar aquest acarament sense esmentar un punt que els manté equidistants: les dones. Brunetti està feliçment casat amb Paola, professora universitària, aristòcrata i excellent cuinera. Montalbano té una complicada relació amb Lívia, genovesa i eterna nòvia genïuda que perd a la cuina el temps just. El triangle es tanca amb la tercera en discòrdia: en el cas de Brunetti, la signorina Elettra, secretària formidable, atractiva i brillant; en el de Montalbano, la sueca Ingrid, escultural, desinhibida i atrevida. Encants evidents però no suficients per destronar les reines dels dos cors que bateguen sota la placa.
Matilde V. Alsina


De les lletres a la pantalla
Durant deu anys, Andrea Camilleri (Porto Empedocle, 1925) va veure rebutjats els seus manuscrits per les editorials. El 1995 va arribar l'èxit amb "La forma de l'aigua", primera entrega del comissari Montalbano. El boca-orella dels lectors va ajudar a convertir-lo en un fenomen editorial i la televisió s'hi va interessar aviat. Entre el 1999 i el 2000, Rai Uno va emetre la primera tanda de quatre episodis -protagonitzats per Luca Zingaretti, dirigits per Alberto Sironi i amb la collaboració de Camilleri als guions- seguida per més de sis milions d'espectadors, i que va vendre els drets d'emissió a diversos països, Espanya entre ells. Dos episodis més el 2001 i quatre el 2002 van rematar la incursió televisiva del comissari sicilià i el seu equip. En trobaran una informació completa a la pàgina web www.montalbano.rai.it.
Per la seva banda, Brunetti és el protagonista de la sèrie de DVD de la productora alemanya Bavaria Media, que a casa nostra edita Track Media. A la Fnac i webs de compra virtual de DVD, els fans poden trobar els títols "Muerte en la Fenice", "Amigos en las altas esferas", "Acqua alta", "Un mar de problemas', "Muerte y juicio", "Vestido para matar", "Nobleza obliga".


Altres noms del 'giallo'
A Itàlia la novella negra, el giallo, està de moda. I si bé els italians no poden seguir les aventures de Brunetti, no s'han de resignar només a Camilleri. Tenen una àmplia varietat d'autors com l'exitós Giorgio Falletti (Asti, 1950) que al seu país va vendre dos milions de còpies de la seva primera novella, "Yo mato", i ara torna a la càrrega amb "El tercer lado de los ojos" (Grijalbo) on continua practicant el "thriller" a l'americana. I el no menys popular Massimo Carlotto (Pàdua, 1956) que va explicar les seves peripècies de fugitiu i clandestí a "La vida fugint" (La Campana) i és responsable de Buratti, àlies Caimán, investigador privat, exconvicte, amant del blues i el calvados (Barataria ha editat "La verdad del caimán", "El misterio de Mangiabarche").
Si els agraden les novel·les de lladres i serenos, busquin les obres de Marco Vichi (Florència, 1957), pare del comissari Bordelli -amant de menjar i beure, amic de lladres i prostitutes, actua a la Florència dels 60, ha viscut el feixisme i la guerra i llegeix Beppe Fenoglio- que publica Tropismos ("El comisario Bordelli", "Un asunto sucio" i "El recién llegado"); les de Veit Heinichen, pare de l'inspector Proteo Laurenti -té dona i amant, és tossut, li agrada menjar i resol crims a Trieste-, editat per Siruela ("Muerte en lista de espera") i Valerio Varesi (Torí, 1959), creador del comissari Soneri -li encanta menjar, el bon vi i les dones fogoses, exerceix a Parma, té una fluctuant relació amb l'advocada Angela i un fragment d'Aida al telefonino-, publicat per Poliedro ("El río de las brumas").
 
 

Corriere della sera - Vivimilano, 15.6.2006
Tanto spazio ai giovani e trasferte all'estero
Per i 60 del Piccolo, Arlecchino va alla Scala
Presentata la prossima stagione del principale teatro cittadino. In calendario i big del palcoscenico e i protagonisti dei nuovi linguaggi

Festeggia i suoi primi 60 anni di vita il Piccolo Teatro, fondato nel 1947 da Giorgio Strehler e Paolo Grassi con l'idea di dar vita a un teatro dell'arte per tutti e non solo per le èlite.
[...]
I 60 anni saranno celebrati con 60 spettacoli: «la memoria del futuro» li ha definiti Escobar.
[...]
Ci sarà il teatro contemporaneo [...] i romanzieri Andrea Camilleri («La concessione del telefono») e Dacia Maraini («La lunga vita di Marianna Ucria»).
[...]
 
 

Gazzetta del Sud, 15.6.2006
Messina, fino a domenica spettacoli e concerti

[... ]
Il liceo scientifico «G. Seguenza» metterà in scena «Come fu che Zosimo divenne re e poi morì», tratto da «Il Re di Girgenti» di Andrea Camilleri.
[...]
 
 

Le Monde des livres, 16.6.2006
Entretien
Andrea Camilleri: "Le dialecte exprime le sentiment"

C 'est à l'âge où les autres penchent vers la retraite, leur vie plus ou moins derrière eux, qu'Andrea Camilleri s'est changé en star. Pas juste un écrivain fameux, entouré de respect, d'admiration, le genre de célébrité que personne ne reconnaît dans la rue - bien mieux que cela et surtout bien plus rare, quand il s'agit de littérature: une vedette, avec un fan-club très officiel, des groupies qui l'appellent gentiment "Il Sommo" ("le plus haut", en référence à Dante), des photos de lui bébé sur Internet et ses livres en tête des listes de meilleures ventes, semaine après semaine et souvent plusieurs titres à la fois. A 80 ans passés, ce Sicilien natif de Porto Empedocle, dans la province d'Agrigente, jouit depuis quinze ans d'une popularité sans égale en Italie. Poussé par le succès de Montalbano, commissaire bourru et plein d'humour dont il a fait le héros de ses romans policiers, Camilleri continue d'écrire et de publier des récits incroyablement savoureux et drôles, mêlés de dialecte et portant, presque toujours, un regard très politique sur l'Italie.
Ce n'est un mystère pour personne, là-bas, Camilleri n'aime pas Silvio Berlusconi. Encore le mot est-il faible: "En Italie, le fascisme s'est transformé en berlusconisme", déclare-t-il entre deux cigarettes. Ou faudrait-il dire "à cheval" sur deux cigarettes, puisqu'il n'y a justement pas d'entre-deux pour ce fumeur gargantuesque: dans le petit bureau de son appartement romain, au quatrième étage d'un immeuble cossu, façade rouge et volets bruns, le gros cendrier déborde - des blondes mal éteintes ou pas éteintes du tout, qui font la ronde. "Berlusconi, dit-il, a été une anomalie totale, une contingence historique. A mes yeux d'homme de gauche, un gouvernement de droite entre dans le jeu démocratique, mais lui est à part, comme Mussolini." Tout de même, une exception qui a rencontré l'approbation de la moitié des Italiens, vis-à-vis desquels Camilleri se montre particulièrement sévère: "Beaucoup d'Italiens n'aiment pas l'honnêteté. Leur morale est celle du "motorino" (scooter), qui peut monter sur les trottoirs, rouler à contresens, se garer en quadruple file, bref: profiter de ceux qui respectent la loi et s'arrêtent au feu rouge."
Pour lui, qui a passé toute son enfance dans un pays régenté par Mussolini, le fascisme n'est pas seulement un mot, une insulte que l'on jette à la figure de ses adversaires. "C'est un virus, dont on a cru se débarrasser en pendant le chef par les pieds, mais qui revient depuis des décennies, sous des formes différentes." Il la connaît d'autant mieux, cette maladie, que sa famille en était atteinte. Son père, inspecteur des ports de Sicile méridionale, qui avait participé à la marche sur Rome, et sa mère, un peu moins impliquée, mais sympathisante quand même. Si bien qu'à dix ans, juste après le début de la guerre d'Ethiopie, le petit Andrea n'avait qu'un désir: "Tuer des Abyssins" - ambition dont il fait part au Duce, dans une lettre enflammée. "Il m'a répondu, le cornuto, que j'étais trop petit pour faire la guerre, mais que les occasions ne manqueraient pas, dans l'avenir. Le jour où elles se sont présentées, bien sûr, je ne voulais plus."
LANGUE EXTRAORDINAIRE
C'est en repensant à cette lettre et à ses "années kamikaze" qu'il a écrit "La Prise de Makalé" (traduit par Marilène Raiola, Fayard, 284 p., 18 €), sans doute l'un de ses livres les plus étonnants. L'un des plus dérangeants, aussi, parce qu'il entrelace politique et sexualité (sur un mode assez cru) autour d'un héros de 7 ans, Michilino, tout petit garçon très intelligent et doté d'un "sexe d'homme". A travers ce personnage, qui subit l'endoctrinement fasciste de l'époque et la perversité sexuelle des adultes (liée, entre autres, à l'érotisation du chef), Camilleri donne une idée saisissante de ce que peut être la monstruosité. L'enfant devient une créature abominable, glaçante, à l'image du fascisme lui-même, ce qui n'a pas manqué de bousculer le lectorat traditionnel de Camilleri. "De tous mes romans, c'est celui qui a eu les plus mauvaises critiques en Italie, affirme l'écrivain. Beaucoup de gens se sont contentés d'y voir un petit livre pornographique, ce qui n'est pas étonnant, puisque ici, le fascisme est nié."
L'histoire a beau prendre pour décor la bourgade sicilienne imaginaire de Vigàta, dont Camilleri se sert dans la plupart de ses romans, le ton est évidemment différent de celui qui prévaut dans les autres livres - beaucoup plus tragique et profondément trouble. Mais la manière, ce mélange d'ironie, de farce et d'acuité historique, cette façon particulière d'évoquer un pays et ses habitants, n'est pas sans rapport avec les récits historiques publiés jusque-là (par exemple "La Disparition de Judas" ou "La Concession du téléphone", aux éditions Métailié, ou le splendide "Roi Zozimo", chez Fayard.) Et pas même avec les "Montalbano", qui ont fait le succès de leur auteur, dès le début des années 1990, avant que les romans n'inspirent une série télévisée de grande audience. Car tous ces textes sont portés par la langue de Camilleri, bouillonnement verbal inventif et perspicace, grand chaudron où barbotent avec bonheur des éléments de différents dialectes (sicilien, bien sûr, mais aussi vénitien, génois ou romain) dont les nuances deviennent des éléments de l'intrigue.
Depuis toujours, Camilleri a mis du dialecte dans ses récits, comme l'avait fait avant lui Luigi Pirandello, son grand concitoyen (né à Agrigente, en 1867). Toujours, c'est-à-dire depuis son premier roman, "Le Cours des choses", paru en 1978 (Fayard, 2005). Poète prometteur, dans sa jeunesse, puis longtemps metteur en scène de théâtre, scénariste et producteur pour la radio et la télévision (il habite encore tout près de la RAI, où il travailla de nombreuses années), Camilleri, s'était mis, sur le tard (à 42 ans), à l'écriture d'un roman. Mais le dialecte n'avait pas bonne presse au milieu des années 1960 et le manuscrit fut refusé, dix ans durant, par tous les éditeurs. Aussi n'est-ce pas à beaucoup plus de deux décennies que remonte la carrière littéraire d'Andrea Camilleri, pourtant riche de nombreuses parutions. "Quand j'ai eu mon premier livre publié entre les mains, explique-t-il, ce fut comme ouvrir une bouteille de champagne."
"En italien, je n'arrive pas à dire tout ce que je veux, observe-t-il. C'est un peu la langue des notaires. Pour reprendre Pirandello, le dialecte exprime le sentiment, là où la langue exprime le concept." Chez les Camilleri, on parlait l'un et l'autre, parfois dans la même phrase. Quand Andrea rentrait trop tard, sa mère lui faisait de tendres reproches en dialecte avant de le menacer, en italien, de ne plus jamais lui donner une lire. Langue de la famille, de l'intimité, le dialecte est sans doute ce qui attire tant d'Italiens vers les livres de Camilleri.
"Le jeu de Camilleri avec la langue amuse les gens, indiquait au Monde l'une de ses traductrices, Dominique Vittoz, à la parution d'"Un filet de fumée" (Fayard, 2002). Il a libéré les Italiens dans leurs rapports avec le dialecte." Par la même occasion, il a "mis un livre dans la poche de tous les Italiens", constate l'écrivain Erri De Luca, ce qui n'est pas rien.
"Le Vieux", comme l'appellent ses compatriotes, est aussi l'artisan d'un glissement du "polar" vers la littérature. "Un mouvement qui s'était déjà produit chez Gadda, dans "L'Affreux Pastis de la rue des Merles", remarque ironiquement Camilleri, mais personne ne s'en était aperçu... Il faut reconnaître qu'il ne disait pas qui était l'assassin! Et puis il y a eu Sciascia: "Le Jour de la chouette", par exemple, est un véritable roman policier." Quoi qu'il en soit, c'est lui, Camilleri, qui a vraiment fait basculer le préjugé. Pas seulement à cause de sa langue extraordinaire, jonction de plusieurs dialectes, mais à cause de cette manie qui consiste à aller regarder sous les apparences d'une société - pointer, mine de rien, les vilaines habitudes, les gros péchés, les qualités de coeur et les accès de poésie. Parler, en somme, du monde réel, ce qui est l'une des vertus de la littérature, quelles que soient les fins qu'on lui prête et les moyens qu'elle se donne.
Raphaëlle Rérolle


La fin de Montalbano
Comment se débarrasse-t-on d'un personnage aussi célèbre que Montalbano? Très agacé par le caractère envahissant de son héros, Andrea Camilleri a parfois cherché à le mettre à l'écart. En vain: "Chaque parution d'un Montalbano relance les ventes de mes autres livres, je suis lié à lui." Autant se résoudre à devenir le simple tuteur de ce commissaire singulier, auquel il ne peut même pas prêter d'opinions politiques trop affichées - "les lecteurs m'écrivent, pour me dire qu'il est à eux, que je ne peux pas en faire ce que je veux". Quant à le faire mourir, mieux vaut ne pas y penser. "J'avais demandé conseil à d'autres auteurs de romans policiers, Montalban et Jean-Claude Izzo, mais apparemment, c'est très dangereux de programmer la disparition d'un personnage: tous les deux sont morts, depuis." Du coup, Camilleri s'est contenté d'écrire la dernière aventure de Montalbano. Et de la confier à Sellerio, son éditeur palermitain, avec ordre de la glisser dans un tiroir, en prévision de sa propre mort. "Le destin de Montalbano est scellé", affirme l'écrivain. Non mais!


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Encore un article plein d'imbécilités sur l'Italie dans Le Monde alors bien sur ce n'est pas Le Monde qui parle mais un écrivain que Le Monde choisit toujours très bien...très très à gauche qui n'a jamais été dérangé par les dictatures communistes qu'il a soutenu mais qui voit dans tout italien de droite un sale fasciste!!! Un très vieil homme avec de très vieilles idées. Un jour, on aura le droit à la vérité ? Il ne me semble pas, cette propagande sinistre continue.
Francesca
Mai non, Francesca: Camilleri a bien raison. En toute Europe on a souvent demandé à des italiens celèbres: c'est du fascisme ceci? La réponse: non,... Au contraire: la réponse est oui, c'est bien du fascisme, mais "en veste et cravatte", celui de 60 ans après, mais c'est bien cela. D'ailleurs la "Lega Nord" de Bossi c'est bien la Réaction qui continue à s'opposer au "Risorgimento" avec 120 ans de rétard. L'Histoire est longue à dépasser, à oublier... Ah, je ne suis pas de gauche, vous savez?!...
Pier Paolo S.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 16.6.2006
Il genio del falso
Dall´abate Vella a Luigi Capuana, storia di manoscritti manomessi e di invenzioni clamorose
Il caso di un religioso che riproduceva lo stile degli scrittori, burlandosi delle loro opinioni
Dice l´italianista Salvatore Nigro "Il falsario colma una lacuna è un benemerito che lenisce una ferita aperta"

[...]
Mentre si celebrano i fasti del rinvenimento si scopre l´imbroglio. Tutti aneliamo inediti ed eccoli serviti. Uno spaccato di questa realtà è «il gioco degli apocrifi (documenti, giornali, dispacci, missive) ne "La scomparsa di Patò" e in altri romanzi di Andrea Camilleri».
[...]
Tano Gullo
 
 

Tutti i colori del giallo, 17-18.6.2006
Speciale Andrea Camilleri
Le prime 2 di 4 puntate con Andrea Camilleri, il Camilleri Fans Club e vari ospiti, tra i quali Silio Bozzi, Piergiorgio Di Cara, Mauro Novelli, Santo Piazzese, Andrea Vitali.

Andrea Camilleri si racconta in 4 speciali puntate in cui vestirà ogni volta i panni di lettore, attore, regista teatrale, autore di canzoni, narratore orale. Un Camilleri inedito, estroso che dialoga con scrittori come Andrea Vitali e Santo Piazzese, ma anche con i suoi fans che interagiscono con lui dagli studi Rai e che metterà a nudo il lato circense e giocoso del suo lavoro (dalla sua riduzione radiofonica de “I tre moschettieri” alle celeberrime “Interviste impossibili” di cui fu uno dei registi, dalle sue interpretazioni di capomafia all’anteprima dell’opera musicale tratta da “Un filo di fumo” alla quale contribuisce con la sua interpretazione un inedito Fiorello). Un Camilleri anche drammatico capace di rievocare le tragedie della sua infanzia e la terribile strage di mafia di Porto Empedocle alla quale sopravvisse per miracolo.
4 puntate speciali organizzate insieme al Fan Club ufficiale di Camilleri vigata.org che ci mostreranno il volto dietro la maschera del grande narratore siciliano.

Puntata del 17.6.2006: Andrea Camilleri svela i segreti del suo "Il filo di fumo" e delle "Interviste impossibili" di cui fu regista, accompagnato dallo scrittore Santo Piazzese.
Puntata del 18.6.2006: Andrea Camilleri viene interrogato dal commissario della polizia scientifica Silio Bozzi e confessa la sua passione per la birra e la nascita degli schetches di "Viva Radio 2" di Fiorello.
 
 

Lungoparma.it, 17.6.2006
Torna "Estri d'Estate",un’intera stagione di concerti e degustazioni

Decimo anno di “Estri d’estate”, concerti non solo di musica, ma che propongono un mix di arte, cultura e buona tavola. Il 26 giugno riparte la manifestazione realizzata dalla Provincia di Parma e Solares Fondazione Culturale che ogni anno anima i luoghi più suggestivi del territorio, confermando un grande successo di pubblico.
[…]
A conclusione di questo ciclo di appuntamenti Enrico Rava e la sua band (Enrico Rava New Generation), assieme all’attore Marco Baliani che interpreteranno un testo inedito di Andrea Camilleri, ‘Requiem per Chris’ nella Reggia di Colorno, prodotto da Solares Fondazione Culturale assieme al Teatro delle Briciole – Teatro Stabile di Innovazione.
[…]
 
 

La Stampa, 18.6.2006
Camilleri-Fois. Nessuno scrittore è un’isola
Uno siciliano, l’altro sardo: si sono incontrati, a Roma, per parlare del loro rapporto con la terra d’origine, dell’importanza di essere insulari

Roma. «Senti, Marcello, sai che ti invidio un po' il tuo protagonista? Questo Samuele Stocchino, con la sua disperata solitudine, veramente è un brigante con una dimensione tragica. Io mai potrei scrivere un romanzo così su Salvatore Giuliano: lui aveva un salotto dove riceveva giornaliste svedesi, ispettori di polizia che gli portavano il panettone a Natale. In fondo era un mondano, non aveva nulla dell'epica grandezza di uno Stocchino. Beh, mannaggia, sono da invidiare i banditi sardi...».
Andrea Camilleri sogghigna cavernosamente, nel suo studio soffocato dal fumo che pare uno sketch di Fiorello, mentre riceve il più giovane (di 35 anni) collega Marcello Fois impegnato a orientarsi nella foschia. Il «maestro» quasi ottantunenne, che da un paio di mesi troneggia in cima alle classifiche con le 560 mila della "Vampa d’agosto" (Sellerio), ha appena finito di leggere con grande soddisfazione l’ultimo romanzo di Fois, "Memoria del vuoto" (Einaudi): la storia di un bandito sardo di cent’anni fa, la «tigre dell’Ogliastra», che parte da un nucleo di verità storica e la rielabora largamente. Un po’ come fa Camilleri, con più libertà inventiva, nei libri della sua serie «storica e civile».
Entrambi isolani (siciliano di Porto Empedocle il più anziano, nuorese l’altro), entrambi da tempo trasferiti nel continente (a Roma il primo, a Bologna il secondo), entrambi scrittori a cui va decisamente stretta l’etichetta di giallisti, entrambi incalliti frequentatori letterari della terra d’origine, in cui sono usi ad ambientare le loro storie. E poi: entrambi segnati da un forte interesse per la natura dei luoghi (con un ruolo più funzionale alla trama in Camilleri, mentre in Fois il paesaggio assurge talvolta a protagonista, quasi un personaggio fra gli altri personaggi), entrambi disinvolti manipolatori del linguaggio espressivo, creatori di una suggestiva scrittura meticcia risultante dall’impasto di italiano e dialetto. Gli spunti per un confronto, pacato e stimolante, ci sono tutti. Quella che segue è una sintesi del loro dialogo.
Maurizio Assalto


Dialogo Andrea Camilleri - Marcello Fois
Vantaggi e svantaggi
CAMILLERI. «Nascere in un’isola offre vantaggi e svantaggi, tutt'e due le cose. Perché il problema principale che si pone a un certo momento è: come uscirne fuori? Però, una volta usciti fuori, comincia a giocare questa ricchezza della memoria... Non sapevamo che ci portavamo appresso una sorta di grossissima dote che è la nostra terra, con le sue storie, il suo modo di vedere il mondo: che poi siamo riusciti, con un colpo di fortuna, a mettere a profitto».
FOIS. «Tra Sicilia e Sardegna c'è una differenza fondamentale: la Sardegna è più distante, quindi esserci o non esserci dipende da un sacco di variabili: lo sciopero dei traghetti, l'aereo che non parte...».
CAMILLERI. «Per noi arrivare in continente è il tempo di mangiarsi due arancini sul “ferribotto”, per voi invece bisogna fare pranzo e cena. Da questo punto di vista, come isola, vince la Sardegna. Non c’è dubbio».
FOIS. «Quindi lasciarla è un viaggio, significa proprio investire, investire molto. E la tendenza sarebbe quella di partire e poi mimetizzarsi nel luogo in cui si è giunti. E invece... appunto: a distanza si capisce che si possiede un patrimonio speciale».
Il patrimonio comune
CAMILLERI. «Noi due andiamo a pescare a piene mani nei racconti che abbiamo sentito: dalla nonna, dal contadino... Il mondo agreste, il mondo pastorale è identico ovunque. Quando uno si va a leggere “Miti e leggende della Norvegia contadina”, Madonna!, dice, ma è quello che mi raccontava... C'è questo terreno comune».
FOIS. «E quello che si scopre, al fondo, è il rifiuto del concetto di unicità, cioè il contrario esatto di ciò che sembrerebbe l'insularità: il rifiuto di considerarsi soli, di considerare l'unicità come un valore. È meglio essere con che essere senza. Ed è assolutamente rivoluzionario che questo concetto venga dalla periferie, dove si pensa ci siano le sacche di conservazione. Veramente i miei nonni avevano una concezione europea molto più spiccata della mia. Le storie che si raccontavano erano nel loro nucleo qualche cosa che poteva valere a tutte le latitudini. Questo non toglie niente al valore del racconto, a differenza di quanto si pensa. Purtroppo adesso vige questa specie di presunzione dell'originalità: come se il punto fosse scrivere qualche cosa che non è mai stata scritta. Mi sembra un'aberrazione: io non vorrei mai leggere qualche cosa che non è mai stato scritta. Credo che il bello di essere persone, di essere umani, consista nel partecipare di questi tre, quattro, cinque racconti massimo che ci stiamo facendo da cinquemila anni a questa parte».
CAMILLERI. «In realtà uno scrittore di oggi imbocca la strada giusta nel momento in cui riscrive [ride]... in cui ri-racconta una cosa».
FOIS. «Questo è un patrimonio insulare: l'idea che ha senso sedersi e raccontarsi le storie. Sciascia, in "Todo modo", scrive che c’è una forma di coazione infantile, dello scrittore e anche del lettore, a ripetere di continuo i medesimi racconti. Proprio come accade con i bambini, che vogliono sempre la stessa storia, e si arrabbiano se gliela cambi».
Insularità come contravveleno
FOIS. «E poi c’è la presunzione della giovinezza. L’idea che la giovinezza sia di per sé un valore dipende dal fatto che si rimuovono costantemente la morte e la vecchiaia. Per cui i giovani scrittori sono necessariamente un valore. Non è vero: ci sono moltissimi pessimi giovani scrittori. L'impressione è questa cultura della giovinezza produca scrittori piuttosto che scritture. Si leggono delle cose... impressionanti. E questo forse andrebbe revisionato con una sana dose di insularità. Io quando torno in Sardegna mi ritrovo con persone che rispettano il mestiere che faccio, perché lo ritengono utile socialmente. Credo che ci siano anche dei ritardi virtuosi nelle culture. In certe società meno “televisivizzate” la lettura è ancora un valore alto».
CAMILLERI. «Nel caso mio, io spesso vengo assediato da gente che mi chiede autografi, storie... In Sicilia ti dicono un'altra cosa: "Parlasse tanticchia cu 'mmia"».
FOIS. «È molto ridimensionante, è una cosa che fa bene allo scrivere».
CAMILLERI. «Nell'isola c'è una minore dispersione dei rapporti umani. In fondo in un paese o in una piccola città ci si ritrova, si parla... Nelle città grandi si finisce col vivere isolati. Nei paesi di provincia, ma soprattutto nei paesi delle isole credo che ci sia questo maggiore raccoglimento, questo maggiore contatto con le persone».
Sicilitudine, sarditudine
CAMILLERI. «”Sicilitudine” è un' espressione che io ho sempre rifiutato. È costruita sul modello di négritude, una parola inventata da Senghor, che va bene per i neri - e c'è da dire che i neri hanno ben ragione di patire la négritude. Noi la sicilitudine non avremmo nessuna ragione di patirla, e nemmanco la sarditudine, credo. Sono fatti completamente diversi. Io preferisco parlare di “sicilianità”».
FOIS. «Il sardo è un individuo stirato tra due estremi: da una parte un senso anche folclorico dell'orgoglio, non sempre sincero, e dall'altro una depressione diffusa. In mezzo a questi due eccessi in genere non c'è niente. La stessa persona si lamenta che “qui non si può far niente, ce ne dobbiamo andare" e contemporaneamente però ti taglia un pezzo di formaggio e ti dice "mangialo perché un altro così nel mondo intero non si trova". Questi due sardi, nello stesso sardo, non combaciano mai. Questa è l'insularità, la sarditudine è questo vuoto che c'è in mezzo».
Il valore del dialetto
CAMILLERI. «Abbiamo due modi diversi di scrivere, però la "moneta" del dialetto serve a tutt'e due, serve tanto: del dialetto e delle parlate...».
FOIS. «Io però non ho costruito una sorta di koiné, di supersardo, come tu hai costruito un supersiciliano. Non ho fatto un’operazione così bella. Io uso la lingua che conosco, solo quella. Ho cercato di superare in qualche modo la vergogna della minorità della lingua sarda per farla lavorare assieme alla cosiddetta lingua maggiore. Essendo uno scrittore, io ho il desiderio di comunicare con più persone possibili, nei più svariati modi possibili. Ci sono cose inesprimibili altrimenti nelle lingue dei posti: meglio non spiegarle, piuttosto che spiegarle male. La comunicazione è biunivoca: perché sempre io devo rinunciare alla parola giusta? Il lettore farà un salto sulla sedia e dirà "che cavolo vuole dire?", ma quel salto sulla sedia è già un segno di attenzione. Ho letto Cormac McCarthy, intere pagine in messicano strettissimo, che neanche chi conosce lo spagnolo riesce a capire. Lui ha impedito che venissero tradotte, e io sono un lettore perso nel messicano stretto di McCarthy e adoro McCarthy per questo».
CAMILLERI. «Sono d’accordo con te. Per esempio, nel tuo ultimo libro, alcune parole non le ho capite per niente, però devo dire che le ho capite ugualmente. In che senso non le ho capite? Non le ho capite nel senso letterale, probabilmente, ma nel senso del loro spirito le ho capite benissimo, ed era forse questo alone di non perfetta comprensibilità della parola che la rendeva più giusta in quel momento e più misteriosa. È come quando ti trovi di fronte a una pittura contemporanea. Dice: “L'hai capita?”. Che significa “l'ho capita”?! Non l'ho capita per niente da un certo punto di vista; dall'altro punto di vista l'ho capita perfettamente».
FOIS. «È un'altra percezione. E, certo, occorre un lettore non rincoglionito. Adesso nessuno vuole lettori, questo è il problema dell'editoria. Altro che ri-raccontare le storie, qui non c'è nemmeno il meraviglioso esercizio della variante. Il libro ha valore in quanto non è più necessario leggerlo, perché è già scritto e già letto... Una scrittura come la tua, come quella che tenta di essere la mia, richiede invece un lettore attivo, che si preoccupi del libro che sta leggedo, mica un lettore che vorrebbe fosse il libro a occuparsi di lui».
CAMILLERI. «Vedi, Marcello, i lettori ideali nostri sono come quei personaggi della seconda parte del Don Chisciotte che hanno letto tutti la prima parte, e che però continuano a esserci dentro a quella storia, perché è la loro storia e quindi vanno avanti a leggerla, e nello stesso tempo a produrla, a scriverla, a viverla. In fondo sarebbe questo il lettore ideale».
 
 

El País, 17.6.2006
Andrea Camilleri. Biografía del hijo cambiado. La novela de la vida de Luigi Pirandello. Traducción de Julio Carrobles. Gadir. Madrid, 2006. 290 páginas. 19 euros. La paciencia de la araña. Traducción de María Antonia Menini. Salamandra. Barcelona, 2006. 256 páginas. 12,50 euros.
Un personaje, dos autores y una isla
Andrea Camilleri ha escrito la biografía de un ilustre paisano, el siciliano Luigi Pirandello. Y una nueva novela, también ambientada en Sicilia, del inspector Montalbano.

Comprender Sicilia es, en gran medida, comprender el Mediterráneo, en lo bueno y en lo malo. Esta gigantesca isla alberga restos de gran parte de los pueblos que dejaron su huella en el mar en el que nació nuestro mundo. Porque Sicilia no sólo es mafia, pobreza, violencia, emigración para huir del hambre, campesinos viviendo en la miseria trabajando para gigantescos latifundios, Sicilia es también el genio (Siracusa fue la tierra de Arquímedes), la cultura, el aceite, la lucha por la libertad y de la mezcla de pueblos. La isla más grande del Mediterráneo ha producido gigantes de la literatura (Leonardo Sciascia y Giuseppe Tomasi di Lampedusa por citar los dos más universales) y un premio Nobel, Luigi Pirandello, el creador de Seis personajes en busca de autor.
Andrea Camilleri, el novelista siciliano más leído en la actualidad, acaba de publicar en castellano dos nuevas obras: una biografía de Pirandello, que es un ensayo y una reflexión sobre su tierra, pero también una novela, y La paciencia de la araña, un nuevo caso del inspector Montalbano, el personaje que le ha hecho célebre en medio mundo. Camilleri, Montalbano y Pirandello proceden del mismo lugar: el centro de la costa sur de Sicilia, Porto Empedocle (aunque en el caso de las novelas del comisario sea un pueblo imaginario, Vigata), al pie de los impresionantes templos de Agrigento, el mayor conjunto de templos griegos del mundo. En el caso del dramaturgo, vino al mundo en un barrio cuyo nombre no puede ser más apropiado: Caos.
Porto Empedocle es la Sicilia de las minas de azufre, una zona dura de hombres duros, mineros, pescadores, campesinos sin tierra y, también, mafiosos, un lugar que también ha cambiado mucho a lo largo de los años. Biografía del hijo cambiado es, ante todo, un retrato extraordinario de ese territorio y de su relación con la obra y la personalidad de Pirandello. También, como no podía ser de otra forma en un novelista de la calidad de Andrea Camilleri, es un libro lleno de personajes extraordinarios (empezando por el padre del escritor) y de fascinantes escenas. Es una obra que permite conocer Sicilia en la última parte del siglo XIX y la primera del XX, el momento crucial de la historia de Italia, la misma en la que transcurre El gatopardo. Y, finalmente, también ha dejado su huella en las páginas de este libro el oficio de Camilleri cuando no se dedica a fabular: es el director de teatro y profesor de la escuela de Arte Dramático de Roma el que escribe sobre el hombre que cambió la dramaturgia moderna.
Como toda la serie del inspector Salvo Montalbano, La paciencia de la araña, la octava entrega, es un gran retrato de la isla y también de Italia. Como ocurre con las novelas del sueco Henning Mankell o del estadounidense Michael Connelly la trama negra resulta, al final, una forma apasionante de sumergirse en las miserias de la sociedad contemporánea (Connelly fue el primer autor que habló de detenidos fantasma en manos del FBI en una obra aparentemente de ficción). Pero en este caso, el inspector que debe su nombre a Manuel Vázquez Montalbán se muestra especialmente oscuro. Los fans de Montalbano encontrarán todas las claves de las novelas de la serie -la comisaría, las comilonas y los atracones de salmonetes, Catarella, los problemas con Livia...-, pero, a pesar de que hay momentos tan hilarantes como siempre, la mirada es más sombría, el relato más amargo, la sensación que se lleva el lector más inquietante y el descreímiento de Montalbano más pronunciado. Publicado en Italia en 2004, cuando el país se encontraba sumergido en las profundidades berlusconianas, quizás el peso del momento político sea grande. En cualquier caso, La paciencia de la araña es una novela de la serie Montalbano, en otras palabras, un libro imprescindible.
Guillermo Altares
 
 

Il Secolo XIX, 20.6.2006
Zola: In Italia livello altissimo e in futuro crescerà il true crime”

Ottima interessante e ben scritta la storia del giallo italiano di Pistelli. Ma attenzione a non farla diventare un rimpianto per i “bei tempi andati”: perché oggi, in Italia, il livello qualitativo degli autori di polizieschi è molto salito. Parola di Mauro Zola, 42 anni, direttore editoriale di “Noir Magazine”, rivista nata pochi mesi fa proprio per intercettare il boom di nuovi lettori.
“Scerbanenco e De Angelis sono padri fondatori, personalità forti – spiega Zola – ma il salto di qualità del noir è stato fatto dall’ultima generazione, quella dei giallisti che oggi hanno tra i 40 e 50 anni. E’ grazie a loro che il noir italiano è diventato un vero romanzo sociale, l’unico genere che si occupa effettivamente di problematiche sociali”.
Facciamo qualche esempio.
"“Romanzo criminale” di De Cataldo è stato illuminante, oltre a essere avvincente ha fatto chiarezza sulle connessioni tra potere politico, potere economico e criminalità organizzata. Autori come Lucarelli, Baldini, Fois hanno fatto la stessa operazione anche sul passato, con storie dell’immediato dopoguerra."
Il giallo classico, alla Sherlock Holmes, non esiste più?
"Mi sembra un genere morto e sepolto, la partita a scacchi tra investigatore e assassino non ha più molto senso, dopo Ellroy. Che può dirti alla prima pagina chi è l’assassino e poi tenerti inchiodato per altre ottocento."
Vediamo le tendenze in Italia.
"La serie B esiste ancora, è fatta di libri di puro intrattenimento, con agenti segreti e spionaggio, magari scritti, sotto pseudonimo straniero. Poi c’è la serie A, autori come Colaprico, Dazieri, Lucarelli."
E Camilleri?
"Bravissimo, ma è un’altra cosa. Per lui il giallo è solo un pretesto per raccontare storie di Sicilia: di Montalbano ricordiamo il carattere, i gusti, i difetti, non certo come risolve i casi."
Quali sono i giovani più bravi?
"Premesso che è presto per scalzare i 40-50enni, fra i trentenni cito Matteo Bortolotti (“Questo è il mio sangue”, Colorado noir), Patrick Fogli (“Lentamente prima di morire”, Piemme), e l’ottimo Gerolamo De Michele (“Scirocco”, Einuadi)."
E la novità dei poliziotti, avvocati e magistrati scrittori?
"Dopo un ottimo inizio, penso a De Cataldo, mi sembra che stiano uscendo cose non al top. Hanno ottime trame ma a volte dimenticano che bisogna saper scrivere."
Dopo tante evoluzioni, come sarà il poliziesco del futuro?
"Il noir italiano si reinventa continuamente, penso che un libro come “Bilico” di Paola Barbato (Rizzoli), che non è puro intrattenimento né romanzo sociale, ma ha un forte approfondimento psicologico, sia significativo. I nuovi scrittori sono più cinici di un tempo: nel noir c’è sempre una zona grigia, ma qui buoni e cattivi si confondono completamente. E poi emergerà una tendenza nuova per l’Italia."
Vale a dire?
"Quella del true crime, di cui possiamo considerare fondatore Truman Capote. Un genere tipicamente anglosassone, riesploso in Gran Bretagna negli anni Novanta e che penso crescerà molto anche da noi."
Claudio Taglieri
 
 

La Repubblica (ed. di Napoli), 21.6.2006
Teatro. Al via la campagna abbonamenti con un programma popolare
Classici e varietà al Verdi di Salerno
Dagli scugnizzi di Mattone agli show di Paolo Rossi e Vincenzo Salemme

Undici spettacoli in programma per la prossima stagione del Teatro Verdi di Salerno.
[...]
Un terzo momento siciliano con Francesco Paolantoni Tuccio, Musumeci e Pippo Pattavina insieme a far rivivere la prosa di Andrea Camilleri con la messa in scena de "La concessione del telefono".
[...]
Giulio Baffi
 
 

Il Mattino, 21.6.2006

Pronto il cartellone della stagione teatrale del Massimo cittadino, da sabato mattina prende il via la campagna abbonamenti.
[...]
Una chicca sarà l'interpretazione di Francesco Paolantoni del testo di Andrea Camilleri «La concessione del Telefono», in programma dal 22 al 24 febbraio.
[...]
Concita De Luca
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 21.6.2006
La vicenda di un gruppo di immigrati siciliani diventa best seller su Internet
Love story parla "broccolino"

Una "fuitina" intercontinentale, a perdifiato fra Stati Uniti Canada e Sicilia, spopola nelle librerie elettroniche. La racconta il giornalista palermitano Salvatore Taormina ne "Il cuore oltre l'Oceano" (edizioni Legas, 290 pagine, 17 euro). L'aspetto più interessante del libro non è tanto la trama sul classico amora contrastato che sfocia nella fuga d'amore, ma i personaggi che parlano lo slang "brucculino", la lingua dei siculo-americani che l'autore chiama "Usapaisà".
[...]
Taormina, emigrato negli Usa nel 1985, ha scritto, forse inconsapevolmente, un romanzo antropologico sulla mutazione che subiscono i siciliani immersi nel flusso migratorio. Lui stesso ormai ha acquisito le cadenze yankee. Ma un guizzo rivela la sua sicilianità. «Rispetto Camilleri - dice - ma non pensate che ho voluto imitarlo in questa storia della lingua "usapaisà". È tutta farina del mio sacco. Tanto di cappello al siculo-italiano di Montalbano, ma non mi sono ispirato a lui».
Tano Gullo
 
 

Il Messaggero, 23.6.2006
Lo scrittore sta traducendo in lingua siciliana il dramma di Shakespeare: debutterà in Polonia e ad agosto sarà al Globe di Roma
«Divertente, la mia “Tempesta”»
Camilleri: tragedia e comicità giocheranno sul filo della commedia

Andrea Camilleri del teatro ha il pallino. Teatrali i suoi ambienti e le sue figure; teatrale l’approccio linguistico con le trame (di realtà o fantasia) che svolge sulla carta. Teatralissima la notazione non suoni assurda: siamo pieni di teatro “non teatrale” la sua drammaturgia. E come la viviamo, per scadere nell’esempio televisivo, la parodia che dello scrittore di Porto Empedocle fa Rosario Fiorello? Con un gusto essenzialmente teatrale.
Così non sorprende la decisione, da parte di Camilleri, di cedere a un’idea dell’amico e collaboratore Giuseppe Dipasquale: tradurre la Tempesta di Shakespeare, dramma di popolo e di spiriti, di spunti sanguigni e immensi sogni, per una interpretazione in lingua siciliana. «Camilleri resisteva, tergiversava dice Dipasquale Non ha mai dimenticato la traduzione in napoletano del Seicento che, della stessa Tempesta, fece Eduardo De Filippo. Operazione nobilissima, alta, già storica. Ma diversa da quella alla quale pensavo io. Io volevo una Tempesta in siciliano attuale, un “copione” usabile, recitabile, estremamente comunicativo. Una storia in cui i personaggi popolari si esprimono in vernacolo e i nobili e i “mostri” in italiano, ma con strutture siciliane. E Camilleri, alla fine, si è convinto, si è lasciato affascinare».
Davvero bella, la versione del padre di Montalbano. Che dice: «Ho inteso La tempesta come un viaggio nel sogno e nell’illusione, dove piacere e dolore, sesso e morte, tragedia e comicità giocano, sul filo della commedia, tutta la loro carica eversiva. E' una sorta di canto nostalgico che denuncia una lontananza incolmabile tra l’essere e l’apparire; che si traveste di personaggi portati quasi al limite del ridicolo pur di scoprire, o far scoprire, come tenue sia il filo che ci lega al mondo delle cose. Se dovessi pensare ad un genere di musica, direi che La tempesta è come un tango, con quel senso del viaggio che è presente nella malinconia di ogni nota dei compositori di tango, ma ancora di più con quel senso di un canto disperato d'esorcismo della morte che si consuma nelle figurazioni di una danza altamente emotiva».
Eppure, nel dramma shakespeariano che narra l’avventura di Prospero, legittimo duca di Milano, esiliato in un’isola e servito da uno spirito arioso, Ariel, Camilleri privilegia alla fine una condizione ipersiciliana: «Il travestimento, il giuoco della commedia che rende paradossale ogni semplice possibilità di cedere alla verità delle cose e dei sentimenti». Ancora: «Tutto inizia nel momento in cui Prospero decide che ogni cosa debba finire. Tutto ha corso e sviluppo sul filo di un racconto scenico stabilito di volta in volta da un Prospero regista che determina gli accadimenti, i bisogni e i sogni dei personaggi che egli può, con la sua magia, manipolare». Ed ecco che il mago, con vivezza elisabettiana, ma in un’onda di suoni nostri, meridionali, “viene fuori” alla grande come «costruttore di sogni, come demiurgo di un divertito e malinconico sogno che risponde in fondo ad una sola assoluta verità: il senso relativo della vita è pari, con sublime paradosso, al senso relativo della morte».
Lo spettacolo, con la regia di Dipasquale e un cast di giovani attori, andrà il 5 agosto in Polonia, a Danzica, a rappresentare l’Italia al Festival internazionale shakespeariano che si svolge laggiù ogni anno. Poi, dal 16 al 18 agosto, passerà a Roma, al “Silvano Toti” Globe Theatre di Villa Borghese, nell’ambito della stagione shakespeariana di Gigi Proietti. Il regista ne anticipa i tratti con una sintesi: «La Tempesta è la mancata tragedia della usurpazione: tutti scìppano qualcosa a qualcuno, il potere innanzitutto. Anche Prospero ha usurpato un potere: quello di Sicorace, la creatura stregata che abitava sull’isola dall’inizio del tempo... E, sotto sotto, ribolle la possibile rivolta dei più deboli contro i più forti...».
Insomma, fra cielo e mare («In scena ci saranno brandelli d’azzurro»), una Tempesta divertente, divertentissima, piena di humour come il Don Lollò della Giara di Pirandello. E un’isola. Per fortuna, non “dei famosi”.
Rita Sala


Il monologo del mago Prospero
Pubblichiamo qui un brano della traduzione che Andrea Camilleri ha fatto della “Tempesta” di William Shakespeare. Si tratta di un monologo (dal quarto atto) del mago Prospero, misterioso signore dell’isola “usurpata”.

Un’armonia adeguata, che riordina una sconvolta immaginazione, possa guarire il tuo cervello, ora inutile sarcoma entro il tuo cranio. Fermi! Un incantesimo ve lo impone. Giusto Gonzalo, uomo pieno di virtù, lacrime di riconoscenza, simili alle tue, versano i miei occhi. L'incantesimo si dissolve, come il mattino dilegua l'oscurità della notte, e i loro sensi sciolgono le nebbie della follia nella chiara acqua della ragione. Mio buon Gonzalo, amico vero, saprò ricompensarti in patria per la tua bontà. Alonso, tu sei stato crudele con me e con mia figlia. Tu, Sebastiano, lo istigasti e ora ne senti il rimorso. Tu, fratello mio, Antonio, mia carne e mio sangue, nel quale l'ambizione diede bando alla pietà e alla natura, tu con Sebastiano, ed egli ne soffre di più, volevi uccidere il tuo re. Io ti perdono, per quanto tu sia snaturato. A poco a poco la luce della loro consapevolezza si fa marea grande per ricoprire la spiaggia della loro ragione ora oscura e fangosa. Ancora nessuno mi ha riconosciuto. Ariele, presto, cappello e spada. (Esce Ariele). Voglio togliermi questo costume e apparire come il duca di Milano che ero un tempo. Presto, spirito: fra poco sarai libero.
Andrea Camilleri
 
 

Il Giornale, 23.6.2006
Ecco gli allievi cresciuti alla scuola dei maestri Usa

Per decenni sono stati come Charles Fiori in "Duri a Marsiglia" di Gian Carlo Fusco. Duri e clandestini di una letteratura che non li accettava. Mentre Oltreoceano Dashiell Hammett e Raymond Chandler tracciavano un solco con il passato, narrando il mondo bastardo delle periferie, e venivano accolti dall'entusiasmo del pubblico, in Italia gli scrittori «neri» erano costretti a celarsi sotto pseudonimi stranieri nelle collane di genere o a cercarsi altre occupazioni per mantenersi prima che si smettesse di bollarne le opere come romanzi di consumo.
Giorgio Scerbanenco campò nelle redazioni dei femminili ventisei anni dal suo esordio con Sei giorni di preavviso (1940). E ce ne vollero altrettanti prima che entrasse di diritto nei grandi del '900, grazie alla stagione delle riscoperte.
«Prima di De Angelis e di Scerbanenco in effetti il nostro era considerato un genere da perditempo. Noi cominciamo solo oggi a confrontarci su un territorio sul quale gli americani sono molto più avanti. Certo, loro hanno alle spalle Hollywood che li trasforma in sceneggiatori. E sono quindi più interessati alle trame, che alla psiche dei personaggi. La nostra è più un'indagine sociale». Così dice Piero Colaprico che nelle inchieste del maresciallo Pietro Binda racconta una Milano malinconica e feroce. Il suo giallo è una scusa per narrare la vita, i disagi, i drammi della gente comune.
Un punto di riferimento quindi naturale per gran parte degli italiani è il mondo crudo e spietato di "L.A. Confidential", l'ambiente suburbano corrotto di James Ellroy che attira Colaprico così come Carlo Lucarelli.
Sbandati, gangster e delinquenti come scorie di una società comunque da scoprire e dipingere in una ricerca che avanza pagina dopo pagina. La stessa indagine sociale verso cui tendono i racconti delle periferie dei nuovi come Gianni Biondillo, l'opulenta e vischiosa provincia del più collaudato Nord Est di Massimo Carlotto, la Roma sporca e infingarda di "Romanzo Criminale" di Giancarlo De Cataldo. Indagini che spesso anticipano la realtà, sondando gli umori della cosiddetta gente. Scavano sotto la polvere scovando i minimi particolari. Dettagli cercati con ossessiva minuziosità quando il giallo diventa un thriller storico.
È il caso, ad esempio, di Danila Comastri Montanari e del suo particolarissimo detective, il senatore romano Publio Aurelio Stazio. «È una caratteristica mutuata da quella francese l'attenzione per il territorio. Il giallo italiano prova ora a spingersi verso la spettacolarizzazione di tipo americano, seguendo trame in cui il protagonista è un killer, una spia, un imbroglione. Quella in cui si spinge Alan D. Altieri». A parlare è Andrea Carlo Cappi, direttore della piccola casa editrice Alacran, nata proprio per dare impulso ad un genere noir più ibrido.
Uno che le differenze tra i nostri e gli americani le tocca con mano, essendo il traduttore degli 007 di Raymond Benson e soprattutto di Jeffery Deaver: «Purtroppo - sostiene Cappi - in Italia l'impulso cosiddetto minimalista, quello cioè in cui emerge la provincia e l'investigatore di paese così bene orchestrato da Lucarelli e da Camilleri, ha dato il via ad una serie di emuli assai meno validi, quasi da fiction televisiva. Il successo negli ultimi anni? Arriva, per dirla con Manuel Vázquez Montalbán, perché il giallo-noir europeo è ormai una delle principali forme del romanzo contemporaneo dopo la morte del romanzo borghese tradizionale. Ma da noi troppo a lungo è stato trascurato, mentre in America c'era già chi inventava la struttura narrativa in seconda persona e nel resto d'Europa il substrato sociopolitico dei testi di Hammett faceva scuola».
Ma lo stile non è poi così lontano. In realtà già Giorgio Faletti si è buttato nella direzione di Deaver e di Thomas Harris, alla ricerca della figura preponderante di un serial killer che in Italia conosciamo realisticamente da appena un decennio. Altri temi made in Usa sono ancora territori inesplorati e forse troppo lontani per storia e tradizione locale perché qualcuno ci si avventuri: si veda il patriottismo di Robert Crais o l'incubo terrorismo eversivo di Tom Clancy. «Lentamente - conclude Cappi - ci avvicineremo per gusti e modi di scrivere. Il pubblico lo ha già fatto».
Nel Paese a noi più vicino per tradizioni e cultura, la Francia, due giovani autori in particolar modo spingono verso un riavvicinamento con il noir americano: Maurice Dantec e soprattutto Jean Christophe Grangé, già notato per questo in celluloide per i suoi "Fiumi di porpora". Thriller internazionali, densi di quel ritmo tambureggiante che fa la vera differenza tra il genere americano e quello europeo. Un genere, quest'ultimo, che però ha padri più fini nella penna, a partire dal Maigret di Georges Simenon per finire con chi ne ha preso l'eredità dopo averne sezionato a lungo sceneggiature e trame, personaggi e psicologia ai tempi della sua collaborazione con la Rai: l'immaginaria Vigata di Andrea Camilleri, immersa in una Sicilia che parla il metalinguaggio del suo inventore, con i suoi vizi e i suoi pregi, è un ritratto sociale che sfiora la perfezione. Ma Camilleri è arrivato al riconoscimento quattordici anni dopo "Il corso delle cose", agli inizi degli anni '90. Un apprezzamento tardivo simile a quello toccato in sorte a Scerbanenco. Altri ancora, come il giornalista e giallista Antonio Perria, sono tuttora ingiustamente dimenticati.
"Duri a Marsiglia", sedici anni prima di "L.A. Confidential", affrontava quel tipo di indagine sociale che poi divenne moneta corrente, grazie al successo di Ellroy, fra i giallisti del Vecchio Continente. Quindi era la critica in ritardo, non il buon Fusco. Einaudi l'ha ripubblicato nel 2005. Ora lo scrittore spezzino è un caso.
 
 

ttl, 24.6.2006
Le regole del delitto
In anteprima brani da un documentario che sarà presentato al Festival del Cinema e Letteratura di Bologna e diventerà libro. "Oggi - dice Camilleri - non è tanto il chi ha ucciso che interessa, ma il perché uno è stato ucciso, solo così si esce dallo schema trito del genere e si fa romanzo"
Le regole del delitto
Un dialogo tra Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli sul mestiere di scrittore e il romanzo giallo
 
 

Tutti i colori del giallo, 24-25.6.2006
Speciale Andrea Camilleri
Le ultime 2 di 4 puntate con Andrea Camilleri, il Camilleri Fans Club e vari ospiti, tra i quali Silio Bozzi, Piergiorgio Di Cara, Mauro Novelli, Santo Piazzese, Andrea Vitali.

Andrea Camilleri si racconta in 4 speciali puntate in cui vestirà ogni volta i panni di lettore, attore, regista teatrale, autore di canzoni, narratore orale. Un Camilleri inedito, estroso che dialoga con scrittori come Andrea Vitali e Santo Piazzese, ma anche con i suoi fans che interagiscono con lui dagli studi Rai e che metterà a nudo il lato circense e giocoso del suo lavoro (dalla sua riduzione radiofonica de “I tre moschettieri” alle celeberrime “Interviste impossibili” di cui fu uno dei registi, dalle sue interpretazioni di capomafia all’anteprima dell’opera musicale tratta da “Un filo di fumo” alla quale contribuisce con la sua interpretazione un inedito Fiorello). Un Camilleri anche drammatico capace di rievocare le tragedie della sua infanzia e la terribile strage di mafia di Porto Empedocle alla quale sopravvisse per miracolo.
4 puntate speciali organizzate insieme al Fan Club ufficiale di Camilleri vigata.org che ci mostreranno il volto dietro la maschera del grande narratore siciliano.

Puntata del 24.6.2006: Andrea Camilleri legge alcune pagine del suo "Pensione Eva" e si diverte a scherzare sulle case d'appuntamento con Andrea Vitali e con la sezione Camisutra del suo fan club.
Puntata del 25.6.2006: Andrea Camilleri continua a raccontare in maniera divertita il suo mestiere di scrittore, regista, attore punzecchiato dai ragazzi di vigata.org e dal poliziotto-scrittore Piergiorgio Di Cara.
 
 

La Repubblica (ed. di Roma), 24.6.2006
Proietti: "Ecco Shakespeare con giovani di tutte le età"
"Il mio unico cruccio: non avere il pubblico in piedi come nel teatro gemello di Londra"

Sei spettacoli di Shakespeare in due mesi e mezzo: non potrebbe essere più elisabettiano, più britannico e più somigliante di così al suo omonimo spazio londinese, il Silvano Toti Globe Theatre di Villa Borghese diretto da Gigi Proietti. Con i buoni auspici del sindaco Walter Veltroni e dell´Assessore Gianni Borgna, è stata resa pubblica la stagione estiva 2006 di questo cuore artistico del parco più storico e centrale di Roma.
[…]
E questo cartellone quasi tutto a base di repertorio del Bardo gli offre pure, intanto, l´occasione di reincontrare Andrea Camilleri, co-traduttore e co-elaboratore con Giuseppe Dipasquale de “La Tempesta” in calendario dal 16 al 18 agosto: «Camilleri mi diresse in un “Re Cervo” di Gozzi nel 1965 o 1966 alla Villa d´Este di Tivoli. Recitavo con Foà. Quanti ricordi».
[…]
Globe Theatre, Villa Borghese, info 06.82059127
Rodolfo Di Giammarco
 
 

Corriere della sera (ed. di Roma), 24.6.2006
Il nuovo cartellone
Al Globe Theatre una Tempesta tradotta da Andrea Camilleri
Shakespeare nel suo palcoscenico per eccellenza, quel Globe Theatre divenuto uno dei teatri più amati dai romani. In salsa sicula: c’è anche un classico come “La Tempesta” tradotto da Andrea Camilleri, infatti, nel cartellone che inaugurerà il 6 luglio, presentato ieri da Gigi Proietti.

[…]
E riguardo al contributo di Camilleri, Proietti ricorda: «Posso dire di aver iniziato a recitare in teatro proprio in uno spettacolo con la regia di Camilleri: famoso oggi come autore del commissario Montalbano, forse non tutti sanno che il suo primo amore, oltre alla radio, è sato proprio il palcoscenico. Ed è curiosa coincidenza rincontrarsi ora al Globe».
[…]
Emilia Costantini
 
 

Il Giornale, 24.6.2006
Un’oasi shakespeariana a Villa Borghese

[…]
Dal 16 agosto andrà in scena “La tempesta” (diretta da Giuseppe Di Pasquale e tradotta anche da Andrea Camilleri), la penultima opera di Shakespeare (l'ultima è Enrico VIII) che segnò il suo addio alla scena come attore: è l'unico dramma shakespeariano in cui vengono rispettate le famose «tre unità» e sembra che Shakespeare avesse voluto dimostrare ai critici dell'epoca, proprio ne “La tempesta”, di essere in grado «di rispettare le regole
[…]
Info: 06.549021.
Ariela Piattelli
 
 

Fahrenheit, 26.6.2006
Città immaginarie o reali?
Cliccare qui per ascoltare la registrazione della trasmissione
Macondo e Vigata, città immaginarie che cercano di prendere il posto di città reali. Il sindaco di Aracataca, Pedro Sanchez, ha proposto sei mesi fa di cambiare il nome del paese in Macondo, il pueblo dove Gabriel García Marquez ha ambientato le vicende della famiglia Buendia in "Cent'anni di solitudine". Ne parliamo con Ernesto Franco, direttore editoriale dell'Einaudi e con Filippo Lupo, presidente del Fan Club Camilleri.
 
 

Il Tempo, 26.6.2006
Il caldo dell’estate risveglia l’ironia di Montalbano-Camilleri

[...]
Questa volta Montalbano, alias Andrea Camilleri, non ha saputo resistere al fascino femminile di una ventenne, ed eccolo coinvolgerci in una nuova storia che si svolge in un torrido mese di agosto nella «sua» Vigata. C’è un delitto insolubile, non basta in alcuni frangenti la proverbiale capacità di intuizione, in questo «Vampa d’agosto» (Sellerio, 11 euro), ma tuttavia il testo è più complesso e ricco di problemi che non le altre opere di questo nostro maestro del giallo. Il personaggio non è più giovanissimo, ha 55 anni, e deve metterli in conto, soprattutto quando ha velleità così proibitive: conquistare una ventenne, bellissima come non bastasse.
[...]
Walter Mauro
 
 

Nove da Firenze, 26.6.2006
Politeama Poggibonsi: Stagione di prosa e musica 2006 2007

[...]
Ecco la stagione di prosa e musica 2006/2007 del nuovo Teatro Politeama di Poggibonsi, per la quale è già previsto il rinnovo degli abbonamenti.
[...]
Una novità assoluta di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale va in scena il 13 e 14 febbraio, con il teatro Stabile di Catania che propone “La concessione del telefono”, con Francesco Paolantoni, Tuccio Musumeci e Pippo Patavina.
[...]
 
 

Sorrisi e Canzoni TV, 26.6.2006
La pagella di Mirella
Mirella Poggialini, critico del quotidiano «Avvenire», dà i voti alla televisione

Alla fine dell’anno televisivo, che ha gli stessi ritmi di quello scolastico, ecco le pagelle. Non basate su rigorosi calcoli statistici, ma riflesso - come accade per ogni spettatore - di impressioni e giudizi che si sono via via formati durante i mesi. E lo spazio disponibile costringe a una semplificazione drastica, così che i voti sono indicativi e si possono ricondurre ad altre trasmissioni simili ma qui non citate.
[...]
OTTO a "Il commissario Montalbano" di Raiuno che ha la capacità di proporsi sempre come nuovo e di catturare spettatori da record anche in replica.
[...]
 
 

La Repubblica (ed. di Bologna), 27.6.2006
L´evento. Alle 18.30 al Lumière
A quattro mani con Camilleri e Lucarelli

Due scrittori italiani tra i più amati e letti, s´incontrano sul campo apparentemente neutro del documentario e raccontano le rispettive storie: nasce così "A quattro mani", di Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli, un film scritto da Matteo Raffaelli e Michele Pellegrini, diretto da Matteo Raffaelli, prodotto da Rosita Bonanno per minimum fax media, il settore audiovisivo creato in seno alla casa editrice, destinazione Raitre. Verrà presentato in anteprima assoluta, alle 18.30 al Lumière (Azzo Gardino 65). Attraverso interviste, letture dei brani più noti dei rispettivi romanzi e immagini d´archivio, A quattro mani ricostruisce l´universo dei due autori e l´orizzonte entro il quale vivono i loro romanzi. [...] Alle 20.15, all´auditorium Dms (Azzo Gardino 65), ancora Lucarelli protagonista, con "Le avventure dell´ispettore Coliandro", che dalla pagina scritta sono state trasposte dai Manetti Bros in quattro puntate televisive, per Raidue.
 
 

A quattro mani - cronache di un'anteprima
Ore 18:30, 2006, il 27 giugno.
Le parole di Papageno sulla musica di Mozart accompagnano i titoli di testa e il viaggio di un pizzino che parte da una pasticceria di Palermo per arrivare sulla scrivania di Lucarelli.
Nascosto dentro un cannolo.
Dal punto di vista spettacolare questa è la trovata migliore di tutti i 55 minuti della produzione.
Come fan del CFC non ho niente da recriminare.
E' sempre una grande emozione ammirare il nostro Sommo, sentirlo parlare e leggere passi da alcune opere: il "Cane", il "Birraio" (pur sui gorgheggi della Regina della Notte).
Se amate Camilleri non resterete delusi.
Vi invito quindi a non mancare all'appuntamento quando, nel prossimo autunno, il documentario sarà trasmesso in TV.
Sui contenuti non vorrei aggiungere altro per evitare di sciupare la sorpresa e il piacere della "prima" televisiva pubblica. E anche perchè, chi proprio volesse, può trovare un certo numero di episodi fedelmente trascritti in TuttoLibri (La Stampa) del 24 giugno 2006.
Se ne riparlerà in questa sede, presumo, a tempo debito.
Vorrei riportare invece alcune cronache della presentazione del documentario, che ha visto protagonisti Daniele De Gennaro, ideatore, Matteo Raffaelli, regista, e Carlo Lucarelli con i suoi occhioni (noir) da bambinone contento, soprattutto quando ti insinua oscuri sospetti e tenebrose inquietudini. Patàca!
All'interno dei recinti dell'antico Macello di Bologna, elegantemente ristrutturato per ospitare dal 2003 la straordiaria Cineteca, la sala Auguste Lumière, detta sbrigativamente Lumière 1 - il 2 sta per Louis, ça va sans dire - accoglie nella sua fresca penombra una cinquantina di persone. Accoglie anche il diligato fradicio, appena sbarcato da un Eurostar che da Milano è riuscito ad accumulare più di mezz'ora di ritardo.
Sarà per via che l'universo si espande...
Il documentario viene presentato nella rassegna "Invasioni di campo" - sconfinamento fra letteratura e cinema.
Non si può negare che i due autori abbiano "sconfinato" un bel po', anche clamorosamente.
La platea palpita di motivate aspettative: "Un ritratto di Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli durante la creazione di un'opera letteraria a quattro mani" assicura il programma.
Come si incontreranno due mondi distanti quanto l'Italia in tutta la sua lunghezza, due generazioni distanti una quarantina d'anni, e due stature?
Li vedremo lavorare insieme?
Come conciliare un approccio tecnico-sperimentale con uno filosofico-teatrale?
L'ideatore e il regista presentano in apertura minimum fax, editore di Roma che ha affiancato ai libri una sezione "media" per i progetti audiovisivi, di cui questa è un'occasione esemplare.
"Viaggio nell'immaginazione, nella giornata, nell'urgenza di entrambi" sintetizza incisivo il De Gennaro.
Il documentario "è stato visto come una jam session narrativa" gongola il regista vagamente capellone, citando il TuttoLibri come se fosse il conferimento di un dottorato.
"La preparazione del documentario ha portato all'idea del libro" rivelano, mentre la platea va col pensiero alla classifica delle vendite del prossimo Natale.
Finalmente passano la parola al patàca con la domanda che, ammettiamolo, ci aveva sempre arrovellato:
"Che cosa invidi a Camilleri, e che cosa Lui ti ruberebbe?".
La platea pensa subito a clausole contrattuali da capogiro, mentre Lucarelli la prende da molto lontano.
"Siamo diversi: uno guarda a Simenon l'altro a Ellroy".
Ma in fondo il risultato del confronto porta a due mondi molto simili.
"Si possono vedere come due capi di uno stesso filo".
"Condividiamo lo stesso immaginario: per esempio gli sceneggiati che io ammiravo in tv e che lui realizzava".
"Entrambi interpretiamo le inquietudini della realtà che ci circonda attraverso il noir".
Inoltre per Lucarelli il modello di ambiente immaginario creato dagli scrittori emilianoromagnoli non ha niente da invidiare ad altri modelli, come sfondo credibile per il noir.
Ciò premesso, "una cosa veramente invidio a Camilleri: il lavoro sul linguaggio. Lui ha in mano una lingua forte. Noi abbiamo la parlata del gergo cittadino".
La platea concorda: sul linguaggio non c'è storia (... ma solo sul linguaggio?).
Risposta numero due:
"Cosa potrebbe invidiarci Camilleri? Non lo so, non mi viene in mente nulla".
Neanche alla platea.
Ultima domanda: "Lo schermo dà una mano alla letteratura?".
Ultima risposta: "No. Lo schermo, se mai, può alimentare l'immaginario degli scrittori, ci può essere uno scambio tra i linguaggi, ma non un soccorso del cinema o della Tv verso la scrittura".
"Piuttosto vedo il rischio opposto: le censure narrative imposte dal linguaggio del cinema e della Tv possono far appiattire la scrittura sui moduli audiovisivi".
"E' un vero danno per la scrittura realizzare male la versione filmata di un buon romanzo di successo".
Concludono annunciando la programmazione del documentario sugli schermi di Rai Tre in autunno, come se fosse stata chissà quale ardua conquista.
Tutta la platea pensa: "Vi piace vincere facile?".
Parte il filmato.
...
"Mozart ?"
...
"che c'azzecca ?"
...
"primo piano del Sommo, davanti alla libreria di casa!"
...
"Bologna nella nebbia!"
...
"primo piano del Sommo, davanti alla libreria di casa!"
...
"filmati d'epoca (non per niente siamo in cineteca!)"
...
"ma quando si incontrano?"
...
"primo piano del Sommo, davanti alla libreria di casa!"
...
"Bologna vista dalla cima delle Due Torri, geniale!"
...
"quando inizia la jam session?"
...
"primo piano del Sommo, davanti alla libreria di casa!"
...
"è gia iniziata !?!"
...
"primo piano del Sommo, davanti alla libreria di casa!"
...
"dov'è Grazia Negro?"
...
"primo piano del Sommo, davanti alla libreria di casa!"
...
"mi sono perso Zingaretti ?"
...
"mi sono perso ?"
Franco
 
 

Professione Architetto, 27.6.2006
Mostra
Città di fondazione italiane, 1928-1942
Caltagirone, 27 giugno - 3 settembre 2006

Il Museo civico delle ville storiche caltagironesi e siciliane di Villa Patti ospiterà la mostra dedicata alle città di Fondazione.
Inaugurazione martedì 27 giugno 2006, ore 19.00.
A cura di Giorgio Pellegrini, attraverso immagini, documenti e schede, l’esposizione presenta un aspetto significativo della storia, dell'architettura, della cultura e dell'arte in Italia, attraverso la testimonianza delle città fondate un po' in tutta Italia tra il 1928 ed il 1942, la loro progettazione, costruzione e fioritura.
Rappresenta inoltre un fondamentale momento di confronto e discussione su uno dei temi di più pressante attualità, quale il rapporto tra l’uomo, la città moderna e la relazione fra di esse, il paesaggio e l’ambiente.
La mostra sarà incrementata con una piccola ma importante sezione dedicata a Mussolinia, la "città giardino", intitolata al Duce, che nel 1930 doveva essere edificata nel territorio demaniale del bosco di Santo Pietro, ma che in realtà rimase solo un progetto, nonostante lo stesso Mussolini avesse posto la prima pietra dei lavori.
Di essa rimangono il progetto dell'architetto Saverio Fragapane, controversi atti amministrativi, cronache giornalistiche e pochi resti costruiti.
A Mussolinia, la città offerta e intestata al Duce dai gerarchi di Caltagirone, è legato l'episodio – riportato nel libro di Andrea Camilleri "Privo di titolo" - di una città mai costruita, a cui i fascisti calatini cercarono di rimediare attraverso un fotomontaggio. Ma l'inganno fu scoperto, anche perché, intanto, al fotomontaggio la controbeffa aggiunse il mare trasportato di peso nell'entroterra.
 
 

La Stampa, 27.6.2006
L'articolo
Come ti ho creato ti distruggo
La scrittrice J. K. Rowling medite di «far fuori» Harry Potter?

Harry Potter potrebbe morire nel settimo e ultimo capitolo della sua saga, il cui contenuto è avvolto da un impenetrabile segreto. Lo ha fatto capire, anche se si è subito corretta, JK Rowling in un’intervista alla televisione britannica Channel 4.
[...]
I personaggi tengono testa all’autore. E un pirandelliano convinto come Andrea Camilleri ne è la prova più recente. Proprio all’inizio di quest’anno si lasciò sfuggire un’informazione inquietante.
Disse di aver già ucciso il commissario Montalbano, in un romanzo non ancora pubblicato e tuttavia già scritto. Ovviamente si scatenò l’inferno: e lo scrittore, «tanticchia scantato», ha dovuto spiegare che non sarà una morte ma una separazione consensuale fra commissario e autore, soluzione «del tutto letteraria», appunto pirandelliana. Inoltre, il libro verrà pubblicato «solo quando non me la sentirò più di scrivere né di Montalbano né di altro. Quindi il più in là possibile». Finché non entrano in scena i lettori è come non esistesse, benché pronto. Perché assassinare i protagonisti non è facile. Se pure è un delitto, resta largamente imperfetto.
Mario Baudino
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 27.6.2006
Guide
La Sicilia dietro le quinte

Insieme a quelle dedicate a Milano, Roma e all´Umbria, è l´ultima nata in casa Touring questa guida Sicilia che inaugura la nuova collana "Tracce" dedicata all´Italia. Pratica e maneggevole, la guida si presenta accattivante già dalla struttura. Si comincia con le informazioni su come "Preparare il viaggio", e qui le prime parole sono una citazione da "L´odore della notte" di Camilleri con l´ispettore Fazio che ricorda al commissario Montalbano i tanti modi in cui è possibile arrivare nell´isola.
[...]
Laura Nobile
 
 

Il Giornale, 27.6.2006
Musica d’autore e «giochi» di note

Anche gli attori Sonia Bergamasco, Fabrizio Gifuni e Lina Sastri sono tra quanti daranno vita al programma dei Concerti nel parco di Villa Doria Pamphilj, appuntamento fisso dell'Estate Romana alla sua sedicesima edizione. La rassegna musical-teatrale diretta da Teresa Azzaro, Qualcosa d'interessante, da domani al 26 luglio proporrà appuntamenti di musica per tutti i gusti.
[...]
Sarà Olivia Sellerio a rivisitare i canti popolari della Sicilia - tra cui una lirica dello scrittore Andrea Camilleri - in chiave jazzistica (26 luglio).
[...]
 
 

ANSA, 28.6.2006
Spettacoli e sport
'Estri d'estate', concerti e degustazioni in castelli Parma

Parma - Concerti e degustazioni nei castelli e nelle antiche dimore del parmense: torna 'Estri d'estate', la rassegna musicale organizzata da Solares Fondazione e dalla Provincia di Parma, in collaborazione con la 'Strada del prosciutto e dei vini dei colli di Parma' e Slow Food. Il calendario (29 giugno-16 settembre) spazia dal repertorio cameristico all'opera e operetta, passando dal tango al flamenco fino alla musica irlandese.
[...]
In chiusura, Enrico Rava e la sua band saranno protagonisti, insieme all'attore Marco Baliani, di 'Requiem per Chris', uno spettacolo che proporra' un testo inedito di Andrea Camilleri (Reggia di Colorno).
[...]
I concerti (inizio 21.15) sono gratuiti, mentre le degustazioni di Slow Food prevedono un contributo di 7 euro. Consigliata la prenotazione telefonica a Parma Turismi: 0521/228152 o info@parmaturismi.it.
 
 

La Sicilia, 28.6.2006
E adesso tutti a lavorare
Si apre una fase nuova della politica dopo la lunga gestione commissariale

Porto Empedocle. Il telefono cellulare del neo sindaco Calogero Firetto ieri era incandescente. Non perché lo avesse lasciato sul cruscotto della propria auto sotto al sole, ma per la raffica di attestati di felicitazione che gli sono pervenuti da ogni dove. Su tutti e soprattutto tra i primi a dargli il primo «buon giorno sindaco» è stato Andrea Camilleri che con Firetto ha consolidato da tempo un rapporto che va oltre quello dei rispettivi ruolo pubblici. Lo scrittore dopo essersi congratulato con il «suo» nuovo primo cittadino gli ha confidato che nei mesi estivi per motivi personali e di salute non potrà fare la solita capatina a Vigata, ma che senza dubbio anche a costo di sacrifici, lo farà a settembre.
Più o meno come avvenne lo scorso anno quando fu proprio Firetto a organizzare i festeggiamenti lampo ma ricchi per l'ottantesimo compleanno del papà del commissario Montalbano. Incassati i complimenti di Camilleri, il sindaco ha continuato a rispondere al proprio cellulare.
[...]
Francesco Di Mare
 
 

Le Monde, 28.6.2006
Le jeune Harry Potter est en sursis

Comme si ça ne suffisait pas! Joanne Kathleen Rowling joue avec le sang-froid de ses lecteurs. Après avoir tué le bon Albus Dumbledore, directeur de Poudlard, la célèbre école des sorciers, dans son sixième tome, "Harry Potter et le Prince de sang mêlé" (Gallimard, 2005), elle vient d'indiquer qu'elle pourrait faire mourir Harry lui-même dans son septième et dernier opus à paraître sans doute l'an prochain. Un art consommé de mettre en pratique le mot d'Oscar Wilde: "Le suspense est terrible, j'espère qu'il va durer..."
[...]
Le vieux poncif de la créature échappant à son créateur ne serait-il pas dénué de tout fondement? Plus près de nous, l'écrivain sicilien Andrea Camilleri confie avoir toutes les peines du monde à se débarrasser d'un personnage aussi célèbre que Montalbano. "Les lecteurs m'écrivent pour me dire qu'il est à eux et que je ne peux pas en faire ce que je veux", confiait-il récemment au Monde des livres. Ayant vainement cherché à le mettre à l'écart, Camilleri a dû se résoudre à l'idée qu'il est "lié à lui". Quant à le faire mourir, autant ne pas y penser.
[...]
Florence Noiville
 
 

International Herald Tribune, 28.6.2006
Sicilian radio star leaves fans pining

The season's end of the wildly popular radio program "Viva Radio 2" earlier this month has left millions of Italian listeners feeling bereft and disconsolate.
The show's popularity lured many famous guests - sports, music and movie stars - to the Rome studios of the state broadcaster RAI to take part in the madcap madness, a mix of talk-show banter and improvisational cabaret, pushing ratings through the roof.
Mostly, though, devoted fans are pining for their daily dose of the show's star - Rosario Fiorello, better known by his last name alone - and the menagerie of Italian celebrities he so uncannily mimics: from former Prime Minister Silvio Berlusconi to the growly-voiced Sicilian best-selling author Andrea Camilleri to the model and singer Carla Bruni.
[...]
He also does funny celebrity endorsements for Fiat, and for Infostrada, a telephone operator. He just came out with a reading on CD of one of Camilleri's books.
[...]
Elisabetta Povoledo
 
 

Datasport.it, 28.6.2006
Volley
Mimmo Fusco: a Porto Empedocle lo si ricorda

Porto Empedocle - La pallavolo non dimentica Mimmo Fusco, per anni la voce ufficiale della Rai per il volley femminile. Domenica prossima a Porto Empedocle (AG), dove al Golden Beach del Lido Azzurro si disputa la terza tappa del Volley Tour 4x4 Kenwood Cup, anche la pallavolo che si gioca sulla spiaggia ricordera` questo suo grande amico. Si disputera` alle ore 11.30 una partita in memoria di Mimmo Fusco, che vedra` protagoniste la formazione locale della Nissan Aragona ed una rappresentativa denominata “Vigata”, nome letterario di Porto Empedocle dato dallo scrittore Andrea Camilleri, composta da giocatrici appartenenti alle squadre che si sono classificate dal 7° al 9° posto al termine della fase di qualificazione della Kenwood Volley Tour 4x4.
[...]
(DS)
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 29.6.2006
Ventiquattro spettacoli in cartellone: da Lavia a Camilleri, dalla Cardinale ad Albertazzi
Il Biondo delle grandi firme rende omaggio a Gassman
Il sipario della sala di via Roma si riapre il 22 novembre con "Dal sottosuolo" di Fedor Dostoevskij

[...]
La stagione 2006-2007 del teatro Biondo è stata appena varata dal direttore artistico Pietro Carriglio con un cartellone particolarmente ricco e articolato.
[...]
Di rilievo anche gli spettacoli ospiti, fra i quali "La concessione del telefono" di Camilleri.
[...]
Laura Nobile
 
 

l'Obiettivo, 29.6.2006
Il Siciliano reinventato e quello storico
Andrea e Salvatore, due Camilleri di… diversa lingua
“Sono nato a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento, e il dialetto l’ho molto frequentato. La lingua che uso nei miei libri non è la trascrizione del dialetto siciliano. È una reinvenzione del dialetto ed è il recupero di una certa quantità di parole contadine, che si sono perse nel tempo. Cataminarisi (muoversi), per esempio, non viene adoperata nel linguaggio piccolo-borghese che era il nostro: era linguaggio contadino. (…) Tante cose del linguaggio contadino io le immetto all’interno del mio linguaggio, della mia scrittura. E questa è una lezione che ho appreso da Pirandello. Nella sua meravigliosa traduzione del Ciclope di Euripide in dialetto siciliano Pirandello fa un’operazione strepitosa che è quella di usare due livelli di dialetto: uno è il livello contadino del Ciclope, presentato proprio come un massaro: «Chiove, figlio mio; me ne fotto». E l’altro è il linguaggio di Ulisse, che ha viaggiato, ha fatto il militare a Cuneo come direbbe Totò, e quindi parla così: «Scussate, non vorrei distrubbare ma...». Ecco: questa è stata una lezione per me fortissima; in sostanza, Catarella ha fatto il militare a Cuneo”.
(Andrea Camilleri)

Da qualche tempo il nome dello scrittore e giornalista Andrea Camilleri domina la scena televisiva e integra il tempo libero dei lettori di racconti “leggeri” che tendono al giallo. Alcuni tra i più rilevanti fattori che attraggono chi legge i libri sono la terminologia che buffoneggia l’idioma siciliano, la riduzione televisiva dei contenuti interpretati da Zingaretti nel ruolo del protagonista, il commissario Montalbano e la Sicilia che ospita l’ambientazione del curioso snodarsi delle vicende poliziesche. Successo editoriale strepitoso che provoca, però, una certa flessione dello sforzo che da parecchi anni gli studiosi della lingua siciliana compiono per non farla scomparire, anzi per indurre soprattutto i giovani a conoscerla meglio a partire dalle scuole, giacché ad una lingua sono legate l’identità di un popolo e le sue tradizioni.
Ma c’è un padre contemporaneo della lingua siciliana; si chiama Salvatore Camilleri ed è catanese, più o meno ha la stessa età del più famoso, è anche lui scrittore e giornalista ed anche poeta, oltre che dirigente scolastico in pensione. È stato lui a pubblicare, circa un quarto di secolo fa, l’Ortografia Siciliana, la grammatica che fissa la koinè dello scrivere in siciliano per poterlo leggere bene in qualunque parte dell’Isola. È stato lui a presentare il Dizionario Fraseologico siciliano-italiano del Mazzamuto ed è stato lui a curare l’Antologia dei poeti siciliani vissuti dal 1400 al 2000. I suoi innumerevoli libri di poesia e le sue opere teatrali, la massima conoscenza linguistica siciliana non hanno conquistato l’interesse della massa ma solo dei cultori della lingua sicula, che ha radici autorevolissime e lontane nel tempo.
Se Andrea Camilleri avesse messo in bocca ai suoi personaggi un siciliano più corretto, forse avrebbe reso un importantissimo servizio alla lingua e alla cultura siciliane. Si sarebbe evitato, come accade anche in certe opere teatrali siciliane recenti, di far ridere il pubblico con l’eccessivo storpiamento delle parole più che con l’oggettiva comicità della trama aiutata dalla mimica dei bravi attori. Peccato. Eppure non è mai troppo tardi. Basterebbe che il più famoso scrittore applicasse nei suoi scritti l’Ortografia dello studioso collega perché il futuro della lingua siciliana poggiasse su un solo cognome che unifichi e universalizzi il lavoro di due grandi Camilleri.
Se Luigi Pirandello, traducendo Euripide, avesse scritto: Chiovi, figghiu miu; mi ni futtu, a nostro avviso sarebbe stato più giusto. Non conosciamo le ragioni di questa sua scelta, ma nella originale versione di Liolà, considerata la più bella commedia del mondo, il grande drammaturgo ha scritto una trentina di versi in perfetto e corretto siciliano. Dunque può considerarsi scrittore legato alla lingua della sua terra. Sommo Andrea Camilleri, lo faccia anche lei. Ci ripensi, dunque.
Ignazio Maiorana
 
 

l'Obiettivo, 29.6.2006
La vampa d’agosto
Un libro di Andrea Camilleri

Gli appassionati del commissario Montalbano ed i fan di Andrea Camilleri saranno contenti di poter trovare in libreria "La vampa d’agosto", il nuovo racconto dello scrittore siciliano.
Anche gli elementi di questa nuova esperienza del Commissario Montalbano “pittano” luci ed ombre della Sicilia di oggi. Il caldo afoso di agosto fa presagire un rallentamento nell’attività malavitosa. Fa troppo caldo per gli investigatori, ma anche per i malviventi. La tregua sembra purtroppo durare poco, e la squadra del commissario Montalbano è chiamata per un nuovo caso.
In primo piano c’è il ritrovamento del cadavere di una ragazza scoperto per caso, ma attorno a questo evento gira tutta l’esistenza umana. L’innamoramento, una vampata, di Montalbano per una ragazza assai più giovane di lui e la consapevolezza – anche se forse un po’ prematura per il cinquantacinquenne commissario – della senilità che limita e disillude. Il fenomeno largamente diffuso dell’abusivismo edilizio, un reato che non si sa perché, in Sicilia, viene declassato dalla collettività, ma anche dalle istituzioni preposte alla vigilanza sul territorio – nenti viu e nenti sacciu – a peccato veniale. Così risponderà il capo cantiere addetto alla costruzione del piano abusivo della villetta alle sollecitazioni del commissario Montalbano: “Le dico che c’è complicità e complicità. Chiamari complicità l’aviri aiutato uno a fari un piano abusivo è come chiamare firita mortali la puntura di una spingula”. Lo sfruttamento di manodopera clandestina utilizzata nell’edilizia – ancora una volta spesso abusiva – e l’amara riflessione di quanto poco possa contare la vita degli ultimi, e spesso anche invisibili, della società. Ed infine la pedofilia e l’abuso sui minori, una realtà triste e quanto mai ripugnante. Un caso che il commissario Montalbano non tarderà a risolvere, ma che ci lascerà tutti con l’amaro in bocca.
Naturalmente il libro è avvincente, come tutti i romanzi che l’autore ha dedicato al commissario di Montelusa. Non mancano le solite indicazioni culinarie, che ti viene voglia di lasciare perdere tutto e metterti ai fornelli. Né le battute di spirito. Permettetemi, a questo proposito, di anticiparvene almeno una: “Gaspare Miccichè era un quarantino russo di capilli e àvutu sì e no un metro e quaranta. Aviva vrazza lunghissime e le gammi storte. Pariva una scimmia. Sicuramente Darwin, se avissi potuto vidirlo, l’avrebbe abbrazzato per la filicità”.
Istruzioni per l’uso: dato che il libro “scotta”, il mio consiglio è quello di procurarvi una copia e di tenerla “in fresco” fino a quando lo scirocco non ci costringerà all’inattività. Allora, solo allora, tirate fuori "La vampa d’agosto" e fate in modo di interrompere qualsiasi contatto con l’esterno. Concentrate le poche energie rimaste sulle battute di Catarella, sulle arguzie di Fazio, e sui colpi di testa del commissario Montalbano. Non ve ne pentirete!
Carolina Lo Nero
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 30.6.2006
Calendario della stagione 2006-2007 del teatro Biondo
(pagina pubblicitaria)

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"La concessione del telefono" dal 16 al 27 maggio.
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La Repubblica, 30.6.2006
I Barbari
12. Il sapore dell'intuizione preziosa

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Assicurata la porta d'ingresso di una lingua universale, il barbaro può poi spingersi anche molto lontano sul terreno della variante o della raffinatezza. Pensate a Camilleri: vi sembra, la sua, una lingua globalizzata, standard, mondiale? Certamente no. Eppure molti barbari non hanno difficoltà ad amarla: perché, a monte, quelli di Camilleri sono libri scritti in latino: lo sono talmente che quando il barbaro, secondo il suo tipico istinto, li immette in una sequenza più ampia e trasversale, traducendoli in linguaggio televisivo, quei libri non fanno resistenza, anzi sono già bell'e che tradotti. Eppure la lingua di Camilleri è favolosa, raffinata, letteraria, se volete anche un po' difficile: ma non è quello il punto. Camilleri è più difficile tradurlo in francese che tradurlo in linguaggio televisivo: questo è il punto. In libri come i suoi, penso, si incontrano il portato della vecchia e nobile civiltà letteraria e la scossa dell'ideologia dei barbari: sono animali mutanti, e in questo descrivono bene il contagio a cui il rosso dell'uovo è andato incontro.
[...]
Alessandro Baricco
 
 

Foroellenico, n.3 2006
Maestri del “Giallo”
di Teodoro Andreadis Synghellakis

Una “doppia intervista”. Andrea Camilleri e Petros Markaris, due maestri del “giallo”, ci parlano della loro ispirazione mediterranea, delle “parentele” che legano i loro protagonisti, e delle differenze nella caratterizzazione più specifica dei personaggi. Una discussione che spazia, dalle letture utili da proporre ai giovani, sino alla possibilità di portare le storie dei commissari di polizia sul piccolo schermo, ed il loro debole per la buona cucina. Il commissario Charìtos e Montalbano, si sono in parte identificati con i loro autori, ed è, probabilmente, un procedimento inevitabile. Ma, più di ogni altra cosa, la loro vera risorsa, è il dialogo aperto e proficuo, la comunicazione diretta, che si stabilisce con i lettori, oltrepassando ogni barriera sociale, travalicando le stesse categorie create dalle predilezioni letterarie. Petro Markaris e Andrea Camilleri, sono due autori soddisfatti del loro lavoro, senza l’ansia opprimente di riuscire sempre a superare se stessi, grati alla vita per ciò che ha saputo regalargli. Foroellenico vi propone questo “dialogo a distanza”, nella speranza di riuscire a dar vita, nel prossimo futuro, ad un incontro reale, dove i due autori possano confrontarsi e riconfermare la loro stima ed amicizia reciproca.

Andrea Camilleri: "Il romanzo giallo permette di contrabbandare moltissime idee e contenuti"
Quanto c'è di Andrea Camilleri nel carattere riflessivo e a tratti ombroso di Montalbano?
Di Andrea Camilleri credo che ci sia assai poco. È un carattere composito, direi che si tratta di un insieme di diverse caratteristiche del carattere siciliano.
Parlando con Petros Markaris di un parallelo tra Montalbano e il commissario Charitos, ci ha detto che, a suo parere, non c'è una corrispondenza tra i due "eroi", ma tra gli ambienti, la realtà sociale, la "mediter­raneità" che li accomuna. Qua/'è la sua opinione?
Concordo pienamente. Il commissario di Màrkaris, Charitos, non ha nulla del carattere di Montalbano. L’ispettore greco ha una famiglia, mentre Montalbano è un single, e ci tiene. L’ispettore greco, legge, mi pare, dizionari, mentre Montalbano legge romanzi. Piccole cose, che dimostrano, però, che ci troviamo davanti a caratteri decisamente diversi. A parte ciò, ci si deve tut­tavia domandare, per quale motivo, il romanzo polizie­sco, "di area mediterranea", abbia assunto un'importan­za fondamentale, per la letteratura dei giorni nostri. Dal momento che, in realtà, l'indagine sull'omicidio, è un pretesto per mostrare uno spaccato della realtà sociale del momento, nei vari paesi. C'è la Marsiglia di Jean Claude Izzo, c'è il mio Montalbano, c'è la Grecia di Màrkaris ed anche l'ispettore Alì, di Chraibi, che ci presenta la realtà del Marocco. Questo è stato il grosso passo in avanti fatto fare al romanzo giallo. Il contesto, sociale, economi­co, etnico, finisce col diventare di pari importanza con "l'evento" che ha mosso l'episodio del giallo.
Anche la particolarità di questa lingua italo-sicula parla­ta da Montalbano può essere uno degli elementi caratterizzanti, particolari, a cui è dovuto il suo successo?
Questo è un bel problema. Perché è vero che in Italia, questa sorta di linguaggio semi-dialettale in parte inventato, in parte desunto dal dialetto vero, può avere rappresentato un elemento di curiosità. Ma è altrettan­to vero che nel momento in cui il romanzo viene tradotto, credo che per forza di cose, tutto ciò venga per­duto. Magari si tenta di riconquistarlo per altre strade, che non sono certo quelle del dialetto. La lingua mescitata che io ho adoperato, ha, proba­bilmente, avuto un senso. Per l'estero credo che contino molto di più - e ritorniamo al discorso di prima - l'ambientazione e il contesto.
Indipendentemente dalle intenzioni dell'autore, ogni personaggio acquista una sua valenza, una sua personalità. Il suo Montalbano, quanto è diventato autonomo, negli anni? Ha acquisito caratteristiche proprie che sono andate, forse, anche oltre le sue intenzioni?
Parliamo di un personaggio seriale – e credo che Màrkaris si trovi nella mia stes­sa situazione - che presenta determinati di problemi, che sono quelli della modifi­cazione del personaggio nel corso delle storie. Se lei ne fa, come Simenon con Megret [sempre così nel testo, NdCFC], un personaggio immutabile, eter­no, la Storia, o gli eventi della Storia che gli passano accanto, non lo sfiorano nemmeno. Mentre questi eventi sfiorano benissimo il commissario Charìtos. Altroché. Addirittura ci sono dei suoi col­leghi che sono stati con i colonnelli. È assolutamente dentro la Storia della Grecia. Quindi bisogna stare molto attenti, perché un personaggio concepito in questo modo, mostra una voglia di autonomizzazione. Nel caso mio personale, poi, la trasposizione televisiva, ha avuto un grandissimo successo. E quindi si rischia anche di essere condizionati, non solo dalla volontà di autonomia del personaggio, ma anche dal personaggio "altro", che è quello televisivo. Confesso di dover fare una certa fatica, per non farlo "stingere" su quello letterario.
Qual'è il suo rapporto con la Grecia? La conosce?
Non sono mai stato in Grecia, e devo dire che è uno dei pochi paesi che mi fanno provare un rim­pianto. Me ne andrò con la voglia di conoscerla ... Sono stato invitato, ma c'è una particolarità: il mio successo è arrivato tardi, e questo non è stato un male. È stato un male per uno o due aspetti. Ed uno è che la vecchiaia mi ha reso più "stabile", con poca voglia di muovermi. Perciò, questi inviti che arrivano dall'Europa e anche oltre, devo dire, purtroppo, che arrivano tardi. Perché uno invec­chia, e, per esempio, ci sono cose che puoi e altre che non puoi mangiare ... E lo dico io, che ero abi­tU2.to a mangiare in un certo modo, soprattutto con Jn mio amico greco, Andreas Rallis. Si face­va mandare le cose dalla Grecia e mi diceva: Vieni che stasera si cena insieme. Queste cose, ormai, sono diventati ricordi, lontani nel tempo ... (ride).
Come vive questo suo ruolo, che è quasi di "mostro sacro"?
L:essenziale è non prendersi sul serio, questa è la prima cosa. lo credo di essere uno scrittore autoi­ronico, per potermi poi permettere l'ironia. Altrimenti, se prima non lo sei con te stesso, non sei autorizzato ad essere ironico con gli altri. Questo mi salva da qualsiasi tentazione negativa.
Lei ha parlato della cucina. Anche in Montalbano ha un ruolo abbastanza importante ...
Si, certo. Diciamo che non è una caratteristica del solo Montalbano. Molti poliziotti letterari amano mangiare bene. Lo stesso Megret, tra la Brasserie e quello che gli prepara la moglie, mangia parec­chio... Montalbano non è un raffinato mangiatore. Non lo è per niente... Gli piacciono le cose genui­ne, che ai giorni nostri è sempre più difficile trova­re. Ora si comprano i filetti di pesce già pronti da riscaldare in due minuti. Quanto di peggio si possa concepire per la buona cucina... Per mangiare bene, quindi, ci vuole, non solo il tempo per cuci­nare, ma anche il tempo necessario per poter man­giare. Montalbano, nei limiti del possibile, cerca di evitare il panino. Dedica il tempo giusto, per poter gustare ogni pietanza, possibilmente in silenzio.
Si usa dire che il sonno potrebbe favorire la riflessione una volta svegli. In questo caso può valere lo stesso per la cucina?
A seconda dei casi. C'è chi, dopo avere mangiato, ha un momento di obnubilamento cerebrale. C'è chi, invece, come nel caso di Montalbano, dopo una bella mangiata, fa la passeggiata al molo e il cervello diventa particolarmente produttivo...
Potrebbe indicare ai giovani un autore italiano ed uno straniero a cui è particolarmente legato?
Ogni autore ha i suoi padri, anzi, è figlio di molti padri. I miei sono sicuramente Gogol e Sterne fra gli stranieri, e fra gli italiani, il Manzoni, tanto detestato da molti. Tra i contemporanei, Gadda, Brancati e Pirandello. Questi sono i nomi che posso consiglia­re, perché mi hanno portato a un certo risultato.
L'essersi occupato di regia e di testi, come autore, ha influenzato il suo lavoro di scrittore?
Indubbiamente. Innanzitutto ha condizionato la scrittura. Ad esempio, io decido di fare entrare il personaggio, all'interno del romanzo, con un dialo­go, e solo dopo che ha parlato, lo descrivo. Il per­sonaggio, di solito si presenta, si mostra, e poi ini­zia a dire le sue battute. lo seguo il procedimento inverso, un procedimento teatrale: lo faccio parlare e poi faccio vedere com'è fisicamente. Tutti i miei dialoghi hanno un taglio teatrale. I capitoli, invece, sono dei lunghissimi piano-sequenza. È inevitabi­le, perché vivendo in una civiltà delle immagini, non puoi scrivere un capitolo con gli stessi tempi e gli stessi ritmi, che venivano usati prima del cinema e della televisione.
Mi pare che sia soddisfatto della traspo­sizione televisiva di Montalbano...
Molto, anche se è chiaro che ogni trasposizione, cinematografica o televiisiva, è in realtà, un "tradimento necessario". Cercare di portare tutto quello che c'è in un romanzo, al cinema o alla televisione, è un impresa in un qualche modo sbagliata. I tempi di una prosa narrativa sono totalmente diversi dai tempi cinematografici. Considerandolo quindi un danno, credo che il compito di un autore che partecipa alla stesu­ra di una sceneggiatura - come è stato nel mio caso - sia quello di riuscire a limitare i danni. Dire, a un certo punto: "leviamo questo e teniamo quest'altro". Sempre nel tentativo, di salvare lo spirito del rac­conto, piuttosto che la lettera. Un lavoro, che, leg­gendo i miei libri, può apparire facile, ma che è in realtà molto complesso per gli sceneggiatori. Perché io sono solito scrivere, come dico, "a coda di porco", ritornando cioè sull'argomento dopo varie divagazioni. Si tratta, tuttavia, di divagazioni solo apparenti, dal momento che sono innestate dentro il racconto. E quindi tagliare, diventa pericoloso.
Markaris ci ha detto di sentirsi molto più vicino a lei che a Lucarelli, che non gli pare appartenga al mondo propriamente mediterraneo. Lei cosa ne pensa?
Markaris ha quasi settant'anni, io ne ho ottanta, mentre Lucarelli ne ha quaranta. Credo che Lucarelli, prim'ancora di ogni altra, cosa, abbia, ai nostri occhi, la colpa della giovinezza. Ora sta uscendo un lungo dialogo, molto interessante, tra me e Carlo Lucarelli. Siamo due persone che scrivono romanzi gial­li, con quaranta anni di differenza anagrafica. È quindi ovvio, che io mi senta più vicino a Màrkaris piuttosto che a Lucarelli, che pure stimo moltissimo.
Come può spiegare il fatto che il "giallo" riesca a prendere fasce sociali e culturali così eterogenee? E, venendo al quotidiano, cosa ne pensa della sua imitazione proposta sempre più spesso da Fiorello?
Il "giallo" fa meno paura. Anche chi non legge moltissimo, si spaventa meno, si accosta con più facilità al romanzo "giallo". E così si possono contrabbandare molte idee e conte­nuti da parte di tutti noi. Per quanto riguarda Fiorello, devo confessare che mi diverte. È stata una sua ini­ziativa, con questa storia - peraltro falsa - del fumo... Lei può testimo­niare che io non fumo (ride ed in realtà, ovviamente, dall'inizio dell'intervista, tiene una sigaretta in mano). Fiorello è una delizia, perché fa dell'ironia molto garbata ed elegante. Lo trovo bravissimo, ed ha anche letto splendidamente un mio romanzo, proposto al pub­blico. Con un ritmo straordinario, con una capacità di comprensione naturale. Sono rimasto davvero molto contento...
Ci sono delle cose che non ha fatto fin adesso e che avrebbe voluto fare?
No. Devo dire che sono abbastanza soddisfatto della mia vita. Non credo di avere compiuto dei grossi errori di cui pentirmi. Solo piccoli sbagli che facciamo tutti. Sulle cose importanti, credo di esse­re stato, in conclusione, in forma di consuntivo, un uomo abbastanza fortunato. Ho sempre vissuto, ho messo su famiglia, facendo il mestiere e le cose che mi piaceva fare. Se fossi stato un impiegato di banca, non so se sarei riuscito a mettermi a scri­vere la sera, dopo esser tornato, stanco, a casa. O un impiegato alle assicurazioni, e di esempi famo­si ne abbiamo... Non credo che avrei avuto questa forza. Perché, in fondo, sono stato abituato male, col poter fare sempre quello che amavo, riuscendo a guadagnarmi il pane.
Ha mai temuto che la sua creatività si potesse esaurire?
Sinceramente no. Credo che si esaurirà, inevitabilmente, anche per un fatto di età. E tutto quello che è un mutamento dovuto all'età, non lo dram­matizzo in nessun modo. Quindi non c'è nessuna paura. Vale a dire che ho avuto la saggezza, da sempre - anche da molto giovane - di sapere che il ticket del biglietto di nascita acquistato, compor­tava, vecchiaia, decadenza, morte. È inutile che ci facciamo venire le depressioni perché non sono più possibili certe cose che si facevano quando si aveva vent'anni. È nell'ordine delle cose, come anche l'esaurimento di una capacità di scrittura. Uno non dice ben venga, ma è naturale che avvenga.
Sempre più spesso, però, leggiamo articoli dedi­cati alla generazione di "splendidi ottantenni", e anche oltre... Articoli in cui viene citato lei, Carlo Azeglio Ciampi, Margherita Hack, Rita Levi Montalcini... Sembra quasi che l'energia e la voglia di vivere non si esauriscano mai. Come descrive­rebbe questo fenomeno?
Forse, a darci la voglia di vivere così a lungo, e di restare "sulla piazza", politica, scientifica, lettera­ria, giornalistica, credo che sia stata l'esperienza di vita. Avevamo vent'anni o poco meno durante il fascismo e il nazismo, abbiamo conosciuto la libe­razione, abbiamo visto la rinascita e la democra­zia. Una generazione che ha vissuto, tutta, nell'or­dine della passione politica. Facendo, poi, qualun­que altra cosa, dal giornalista al bancario. Ma que­sto ci ha dato molta forza, come un bene che abbiamo acquisito ma che temiamo di perdere. Quindi, restiamo sempre "in campana", perché non venga alterato. Mi spiego?
È quello che manca oggi ai giovani?
I giovani, oggi, si sono trovati una strada abba­stanza facile. E nella facilità, ci vuole molta forza per giudicare il proprio, relativo, benessere per quello che vale e non lasciarsi sopraffare. Una volta i futuristi dicevano "guerra, sola igiene del mondo". Ovviamente, non si può fare una guerra per far stare meglio i giovani, per fargli prendere più coscienza di sé. È chiaro. Ma è altrettanto chia­ro, che l'impegno nella società, anche solo col pensiero - non dico con le azioni - credo che giovi molto.
Com'è il suo rapporto con la Sicilia, con la sua terra, fatta di grandi chiaroscuri?
Potrei rispondere usando gli stessi versi di una poesia d'amore latina: odi et amo. Cioè a dire che è un rapporto di odio e di amore. Ci sono stati dei momenti in cui mi sono vergognato di essere sici­liano, e ci sono dei momenti felici, in cui ero e sono felice di essere siciliano.
È ottimista su una possibilità di sconfitta o marginalizzazione della mafia, sulla possibilità che cambi qualcosa?
Ci vorrà molto tempo. E soprattutto, il maggior rischio, oggi, è dato dall'espandersi dell'infiltra­zione politica della stessa mafia. Una volta, un importante Procuratore della Repubblica che venne mandato in Sicilia, Giancarlo Caselli, disse: "guardate, la mafia è un fatto umano. E quindi come tutti i fatti umani, è destinata a mori­re". Il problema è il tempo e la volontà di farla morire. Spesso e volentieri manca, perché intor­no a questo c'è un'enorme quantità di interessi. Tuttavia, se Dio vuole, i cambiamenti in Sicilia avvengono. Avvengono in maniera, devo dire, poco visibile, ma vanno così nel profondo, da modificare il dna. Ci vuole un po' di tempo per cambiario, ma una volta modificato, non si torna indietro.

La felicità e la sofferenza della scrittura - A colloquio con Petros Màrkaris
Come può presentare agli italiani che non lo conoscono, il personaggio del commissario Charìtos? In lui, ritroviamo anche delle caratteri­stiche di Petros Màrkaris?
Si tratta di un tipico pubblico dipendente della Grecia, con intorno a sé una tipica famiglia greca. È entrato nella polizia durante la dittatura dei colon­nelli ed è cresciuto professionalmente con la logica dell'impiegato medio. Quello che gli permette però di distinguersi, sono la sua insistenza e la sua costanza, quasi unica, nel voler arrivare alla verità, per capire cosa è successo e la convinzione - senza però offrire giustificazioni teoriche - di dover far pre­valere la giustizia. E cioè: i cattivi devono essere arrestati, e per i buoni, deve essere fatta giustizia. Cose semplici. Dal momento che non si sposta da questa linea, da bravo e diligente impiegato della pubblica amministrazione, si trova a scontrarsi con i suoi superiori. I quali, spesso, sono disposti ad arri­vare a compromessi, ad entrare in giochi, da cui Charitòs si tiene lontano.
Esiste una somiglianza con il suo carattere?
La mia caratteristica che ritrovo in Charìtos, è il modo di presentare i greci e la realtà del nostro paese, con molte osservazioni comuni.
Ci può parlare dell'importanza della sua collabora­zione con il regista Theo Angelopoulos?
Per ciò che riguarda il lavoro ed il rapporto perso­nale che si è instaurato, non posso che dire bene. Nel senso che, ho collaborato con un regista a cui dobbiamo opere che amo molto. Ho provato anche un grande piacere nella parte pratica quotidiana, del lavoro e nel rapporto umano. Lavorare con Anghelopouolos, è davvero un'esperienza molto positiva. E poi, credo che questa collaborazione, abbia fatto nascere anche un'amicizia che dura ormai da trentacinque anni.
Nel libro "Il Che si è suicidato", il commissario Charìtos, malgrado sia costretto a rimanere a letto, indaga sul suicidio di tre vips, avvenuto in diretta televisiva. Trae ispirazione anche dall'attualità, che poi rielabora narrativamente?
Vorrei esprimermi con parole simili, ma non del tutto identiche. Il mio punto di partenza, è sempre costituito da dei fenomeni che osservo nella socie­tà. Fenomeni di tipo sociale, politico, ma non stret­tamente personali. Non mi interessa il delitto det­tato da motivazioni personali.
Con il suo sguardo riesce a vedere sin dall'inizio il punto di arrivo, oppure ogni storia ha un grandis­simo tasso di libertà, di autonomia creativa?
Non so mai come andranno a finire le mie storie. Ho in mente solo uno schema a grandi linee, ma non conosco mai con precisione dove mi condurrà la trama.
La realtà sociale di oggi, a suo avviso, offre molti spunti per uno scrittore?
Credo che si tratti di una realtà fosca. Una realtà ideale, per un autore di libri gialli.
Ha visitato numerosi paesi europei. I suoi libri sono stati tradotti in molte lingue ed all'estero il suo nome viene identificato, molto spesso, con a Grecia. Si tratta di un peso, di una responsabilità, di un onore? Come lo vive?
Credo che uno scrittore possa parlare del suo paese, della sua società, con cognizione. "Paese" non nel senso di nazione, ma più come realtà poli­tica e culturale. È normale, quindi, per me che vivo qui ed uso la lingua di questo popolo, far nascere tutte le mie storie dal contesto greco. Come è d'al­tronde naturale che Camilleri parli della Sicilia, e che Montalbàn parli di Barcellona. Così anch'io, vi parlo di Atene. Allo spesso tempo, bisogna tener conto anche di un altro parametro: dal momento che le caratteristiche sociali del romanzo giallo contemporaneo sono così forti, come logica conseguenza, abbiamo uno strettissimo rapporto con la città. Un fenomeno che si può osservare in tutto il mondo del "giallo", non solo nei miei libri.
Come vive il fatto che la Grecia, che nel secolo scorso, è stata spesso identificata con la poesia, con Elitis, Kavafis, Ritsos, Seferis, venga oggi rappresentata e "riconosciuta", anche grazie ad uno scrittore di "gialli"?
La precedenza e la predominanza della poesia nelle lettere greche, non ha avuto solo conseguen­ze positive. Certo, abbiamo offerto al mondo un gran numero di poeti, che da un piccolo paese, nessuno si sareb­be aspettato. L’altra faccia della medaglia, è che la lingua della poesia, è diventata così forte, da danneggiare la prosa. Per moltis­simi anni, gli scrittori greci, dava­no peso alla parola e non alla sto­ria. Cosa che ha portato, inevita­bilmente, ad una difficoltà di comunicazione col lettore euro­peo medio, che chiede prima di tutto una buona storia, e poi uno stile accurato. Noi, però, influen­zati dalla poesia, abbiamo dato precedenza allo stile, ponendo degli ostacoli all'affermazione della prosa neogreca nel conte­sto europeo. lo ho cercato di tenere sempre in mente la storia, il come riuscire a sviluppare il ????? ho evitato di cadere anche in un'altra trappo­la: non ho accettato, che per soddisfare i lettori europei, avrei dovuto creare un romanzo con per­sonaggi cosmopoliti, che girano tutto il Vecchio Continente. lo sono stato sempre convinto del fatto che una storia avvincente, con personaggi interessanti, si può svolgere ad Atene, a Naussa, a Bucarest o in qualunque altro posto. La gente la leggerà comunque.
Lei ha una identità cosmopolita. Sua madre era greca, suo padre di origine armena, è cresciuto a Costantinopoli, è vissuto a Vienna ed in Germania. Si definisce "prima di tutto europeo". Questa sua molteplice identità - che caratterizza un buon numero di greci - aiuta e influenza il suo lavoro di scrittore?
Molto, moltissimo. Sentendomi a mio agio in un vasto spazio geografico e culturale, posso rivolge­re uno sguardo più attento al particolare, alla real­tà greca. In modo più chiaro, in armonia con il resto dell'Europa. Per uno scrittore che vive in un paese il quale appartiene oggi ad un Unione a venticinque membri, questa è una cosa molto importante. Ovviamente, scrivo partendo dalla mia lingua e dal mio paese. Questo però non significa, che nel mio sguardo, nel mio modo di interpretare e cose, non ci sia anche un riferimento alla più vasta realtà europea.
Il suo rapporto con la scrittura è più un bisogno impellente o un piacere?
Avrà sentito molti genitori dire ai figli: "ho una clini­ca intera che ti aspetta. Se non diventi medico ti diseredo". Oppure: "figlio mio, abbiamo uno studio legale avviato, devi fare l'avvocato''. Ha mai sentito un genitore dire al figlio "se non diventi un artista ti diseredo?" Mai. Perché l'arte, oltre al meraviglioso rapporto con gli altri e con te stesso, no ha nien­t'altro da offrirti. Quando decidi di scrivere, o più in generale, di dedicarti all'arte, lo fai perché la senti come necessità impellente, perché non puoi fare altrimenti. Quindi, è prima di tutto un bisogno. A volte - ma non sempre - è anche un piacere. Può essere anche un potente veleno. Il tutto dipende dal processo creativo, che non è mai fatto solo di fiori, di lussi e di agi. È anche un processo pieno di tormento, che ti tiranneggia, ti tortura l'anima.
Cosa ci può dire delle sue lettu­re?
Posso dire che oggi, a sessanta­nove anni, leggo con la stessa passione di quando ne avevo diciannove. Leggo riviste di poli­tica e di cultura, libri, romanzi, ricerche. Di tutto. E che per me, la lettura è un grande piacere. Fortunatamente, non sono entrato nella logica secondo la quale la casalinga che frigge i pesci, poi non se li vuole mangiare. lo li friggo e me li mangio senza alcun problema, con grande goduria.
Se dovesse dare un consiglio a un giovane che deve iniziare a leggere, o provare ad approfondi­re, cosa gli direbbe? Cos'è che l'ha portata a voler scrivere?
Ad un giovane che desiderasse avvicinarsi alla lettura, consiglierei di leggere comunque e sempre, di provare ad opporsi ad una cultura televisiva che viene imposta oggi nella società e non solo in Grecia. La televisione, spadroneggiando ovunque senza limiti, diventa un fattore negativo. Consiglierei quindi i giovani di cercare di riequili­brare la situazione, leggendo, dai giornali - prefe­rendo quindi la stampa scritta - fino ad ogni gene­re di libro. Senza provare dei rimorsi, se alcune let­ture non li entusiasmano e decidono di scartarle. Perché la lettura obbligata, invece di avvicinare ai libri, ci allontana. A una persona che volesse pro­vare a scrivere, direi che, attraverso la lettura, dovrebbe innanzitutto capire quali sono i suoi orientamenti. E che per molti anni, è necessario riuscire a leggere e scrivere contemporaneamente.
Esiste un autore greco ed uno straniero che ama in modo particolare?
Tra i greci amo Stratìs Tsìrkas. Trovo che la sua tri­logia sia una delle migliori che possa offrire la let­teratura neogreca. Lo amo davvero molto. Ovviamente, poi, un autore, non deve avere un rapporto diretto con me e la mia realtà, per poter­mi piacere. Può essere anche molto lontano. Tsìrkas scrive di un altro periodo storico, molto aperto, cosmopolita, anche se con un aroma di decadenza. Trovo che riesca a modellare la storia in modo magistrale. Per quanto riguarda gli autori stranieri, è molto diffici­le sceglierne uno. Non leggo solo giallisti, mi appassionano tutti i generi e non vorrei far torto a nessuno.
L'hanno paragonata a Camilleri. "Il com­missario Charìtos è il fratello greco di Montalbano", abbiamo letto. Lei, cosa ci può dire riguardo a questa parentela?
In Germania mi paragonano a Brunetti di Donna Leon, in Francia a Megret, in Italia a Montalbano. Si tratta, purtroppo, della facilità con cui alcuni scelgono di descriver­ti. Ci sono sicuramente delle caratteristiche comuni, tenendo specialmente conto del fatto che si tratta di poliziotti. Ma allo stesso tempo, posiamo dire che si differenziano per moltissime cose: ad esempio, Montalbano vive solo, con un rapporto non troppo stabile con Lidia, la sua donna, mentre Charìtos ha una famiglia. Malgrado tutto, però, secondo me, il punto che più avvicina tutti questi eroi del giallo, è la cucina. Montalbano, per mangiare ciò che ama, va alla ricerca anche della trattoria più isolata, la moglie di Megret cucina in modo superbo, ed anche Charitòs prova piacere nel gustare le pietanze di Adrianì. Se ci allontaniamo dalla cucina, rivengono a galla le differenze: Megret è uno che mostra grande compassione per gli umili, Charitòs è invece sarcastico e cinico, Montalbano è sarcastico, ma interviene spesso nelle vicende in modo molto dinamico, a differenza del mio commis­sario. Vorrei quindi che cercassimo di rimanere lon­tani dalle facili etichettature, dettate dal predominio assoluto del linguaggio pubblicitario.
Cosa ci può dire del suo rapporto con Camilleri?
Ci vogliamo molto bene. Stimo sinceramente il suo lavoro, e leggo i suoi romanzi con vera gioia, anche se, non conoscendo l'italiano e leggendo in tradu­zione, perdo le sfumature. I miei amici italiani, mi dicono, che in "versione originale", il risultato è anco­ra più apprezzabile. In questi giorni, sto finendo di leggere un suo romanzo e direi che amo moltissimo il suo modo umano di presentare Montalbano, il come descrive, ad esempio, un suo ricovero in ospe­dale. Quello che ci unisce, non sono tanto i protago­nisti, quanto l'ambiente, il Sud ed il Mediterraneo. Che offrono spesso spunti simili, nel senso che le persone, i personaggi, le nostre società, sono molto vicine. In particolare l'Italia del Sud e la Grecia. Molto più di quanto non possa assomigliarci la realtà descritta da Lucarelli, a Bologna. Perciò, chi ama paragonare me e Camilleri, dovrebbe avere la pazienza di soffermarsi di più sulla realtà sociale...
Il fatto che sia lei che Camilleri abbiate passato la mezza età, vi aiuta forse a gettare uno sguardo più critico e acuto sulla società?
Ho rivolto sempre uno sguardo critico alla società. Solo che quando avevo trentacinque anni volevo cambiaria e rifondarla, mentre ora, a sessanta no­ve, la guardo con immensa amarezza e sarcasmo. Ho capito che, owiamente, io non sono in grado di cambiaria e non so neanche se, alla fine, questa società, voglia cambiare dawero. lo pensavo fosse owio, ma non lo è affatto. Quando ho preso coscienza di ciò - in età ormai matura - ho iniziato a vedere le cose da una certa distanza e con una forte dose di ironia.
In Italia, Montalbano è diventato un grande successo, grazie una serie televisiva di Rai Uno, un lavoro molto accurato. Lei presterebbe il suo commissario al piccolo schermo per un progetto simile, con un buon regista e dei bravi sceneg­giatori?
Con molto piacere, a patto che si tratti di una serie televisiva di qualità e non di un qualcosa che ricor­da le soap operas, e che ci fosse dietro un regista attento ed un attore di talento. Ma credo che sareb­be necessario aprire i propri orizzonti e cercare una coproduzione, perché parliamo, sicuramente di costi rilevanti. Quello che chiedo alla Grecia, anche in un senso più in generale, è di riuscire a gettare lo sguardo un po' oltre, di comprendere che ci sono sempre degli orizzonti più vasti e di non essere, a volte, troppo "grecocentrica".
La sua ricerca creativa continua, ha ancora dei progetti che vuole realizzare, o si sente appagato?
Ho iniziato dal teatro, sono passato alla traduzio­ne, per raggiungere poi la sceneggiatura ed appro­dare, infine, al romanzo. Cos'altro devo fare? Direi che va bene così... Cos'altro devo perseguire, ricercare? La mia ultima tappa, il romanzo, mi ha reso sinceramente felice. Se mi verrà offerta l'oc­casione di scrivere ancora delle sceneggiature col mio amico Theo Anghelopoulos, non mi tirerò indietro, ma non mi posso occuparmi di troppe cose contemporaneamente. Nel senso che, in una fase della vita, la molteplicità può essere molto feconda, ma da un'età in poi, può diventare un ostacolo. Lo scrittore, deve cercare di capire quan­do questa attività multiforme finisce di costituire uno stimolo e si tramuta in peso.
 
 

 


 
Last modified Thursday, December, 27, 2012