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RASSEGNA STAMPA

LUGLIO 2007

 
Teatro Stabile di Catania
Linee programmatiche stagione 2007-2008
Catania per la Sicilia
Catania verso il mondo
Il mondo a Catania

[...]
Ospiteremo alcuni fra i più interessanti spettacoli prodotti in Italia tra cui "La donna a tre punte" di Andrea Camilleri con Guia Ielo.
[...]
 
 

Cinecorriere, 1.7.2007
Lo aspettavamo con ansia ed è arrivato: Il RomaFictionFest

[…]
Darà il via, il 2 luglio alle ore 10.30 (presso la Sala 4 del Cinema Adriano), l'attesissima Masterclass di Andrea Camilleri, cui si sono iscritti centinaia di studenti.
[…]
m.f.
 
 

RomaFictionFest, 2.7.2007
Multisala Adriano, 10:30, Sala 4
Incontro con lo scrittore e sceneggiatore Andrea Camilleri
Masterclass con lo scrittore e sceneggiatore siciliano Andrea Camilleri, creatore del personaggio del commissario Montalbano e autore di diversi programmi televisivi.
In serata a Camilleri verrà consegnato dal Presidente della Regione Lazio, Marrazzo, il premio Maximo Forever Award alla carriera.
 
 

La Repubblica, 2.7.2007
Lo scrittore inaugura le Master Class del Roma Fiction Festival e racconta come si faceva la tv negli anni Sessanta, con i grandi del tempo
Camilleri e i ricordi in bianco e nero
"Quando la Rai agganciò Eduardo..."

"Con la concorrenza delle private, la Rai ha perso la sua funzione"
"Montalbano? Un serial killer che fa fuori tutti gli altri personaggi"

Roma - "Io sono come i magistrati, se non vedo le carte non parlo, e i giornali li leggo la sera, per non sentire i tg". Glissa così, Andrea Camilleri, la richiesta di commentare quel che ha detto Umberto Eco a proposito della fiction italiana. Cioè che è "vuota, ripetitiva" e non in grado di diventare "mito". Ottantadue anni e uno spirito che vallo a cercare in un quarantenne, Camilleri è protagonista della prima Master Class, una delle lezioni previste nell'ambito del Roma Fiction Festival, rassegna di anteprime, retrospettive, incontri con i protagonisti del genere al momento più amato dal pubblico, in corso a Roma (e con l'inevitabile "sbarco" anche su Second Life) fino a sabato 9 luglio.
Doveva essere una lezione su letteratura e fiction ma si traduce in una carrellata di ricordi sulle esperienze di un intellettuale che comincia a pubblicare racconti e poesie alla metà degli anni Quaranta, entra in Rai per concorso alla metà degli anni Cinquanta (ma non viene assunto subito "perché ero di famiglia comunista" [In verità perché comunista in prima persona; suo padre aveva addirittura fatto la marcia su Roma, NdCFC]), per vent'anni insegna all'Accademia d'arte drammatica, da trent'anni è uno dei maggiori protagonisti della narrativa italiana, per citare solo alcune delle sue esperienze.
Davanti a un pubblico di pochi addetti ai lavori, molti studenti e appassionati ("E' proprio come lo fa Fiorello", commenta una signora che, evidentemente, fino a oggi aveva conosciuto lo scrittore solo per interposta imitazione dello showman), Camilleri snocciola aneddoti in bianco e nero. Di quando insegnava al Centro sperimentale di cinematografia, ad esempio, con quell'allievo timido "che recitava di spalle, mi diceva che all'Actor's Studio insegnano a recitare di schiena, io gli dissi 'ma non è che ti vergogni? Forse dovresti provare con la regia'. Era Marco Bellocchio. Sì, ho anche questa responsabilità".
Poi, è la volta della tv vera e propria, e di un capitolo spesso evocato e rimpianto: il teatro sul piccolo schermo, con una delle esperienze più memorabili della Rai. "Negli anni Sessanta c'era una forte ostilità degli intellettuali nei confronti della tv. Ettore Bernabei (direttore generale dal 1961 al 1974, ndr) riuscì ad agganciare Eduardo. A me - racconta Camilleri - la Rai affidò la produzione in studio delle sue commedie". Di Eduardo ne ricorda parecchie, dalla pasta al ragù "ammataffata", quindi immangiabile, sul set di "Sabato, domenica e lunedì", al disappunto del maestro di fronte a chi non conosceva la differenza fra due diversi fuochi d'artificio, "l'Italia è in mano ai preti e ai piemontesi che non distinguono una fontana da un furgarone".
Sono gli anni delle grandi trasposizioni, dal Tenente Sheridan al Commissario Maigret, sue le riduzioni di entrambi, "è lì che ho imparato il mestiere di scrivere gialli". E ricorda che Gino Cervi "non aprì mai un copione, ma non per cialtroneria, era il suo metodo, leggeva il gobbo. Quelle pause, la bella recitazione - spiega - quando riempiva la pipa con lentezza... E' perché leggeva i fogli del suggeritore, mica altro".
Il teatro in tv sparisce, di fatto, dagli anni Settanta, invano Camilleri cerca di tenerlo vivo "dopo un periodo di gloria in cui chiamavamo gente come Ronconi o Squarzina a dirigere gli adattamenti". Il problema "è stato quand'è nata la concorrenza e la Rai ha deciso di abdicare alle sue funzioni. Invece di mantenere le sue peculiarità è andata dietro alle tv private. Certo, fra Ibsen e il varietà, il pubblico preferisce il varietà, ma non per questo Ibsen doveva sparire del tutto".
Di tanto passato non poteva mancare quello recente, che gli ha dato la grande popolarità. "Mai pensato - spiega - che Montalbano potesse andare in tv, ma nemmeno che potesse diventare un personaggio seriale". Si dedicò al giallo "perché ero uno scrittore disordinato e quello è l'unico genere che ha bisogno di una griglia". Scrisse "La forma dell'acqua", poi "Il cane di terracotta" "per definire bene il personaggio" e poi disse basta. "Ma Elvira Sellerio (l'editore, ndr) me ne chiese ancora, mi disse 'non solo Montalbano vende a strafottere ma si porta dietro altri lavori tuoi, come "Il birraio di Preston"'. Ecco l'infame ricatto che mi ha costretto ad andare avanti".
Se le perplessità iniziali su Luca Zingaretti protagonista, più volte raccontate ("non mi piaceva la testa calva, il mio ha baffi e tanti capelli") sono state superate di fronte al prodotto televisivo, non così è andata per il personaggio-Montalbano, un ostacolo, pare di capire, alla creatività dell'autore: "E' diventato ossessivo, un personaggio seriale è il serial killer degli altri: se non ci stai attento, te li fa fuori tutti".
Alessandra Vitali
 
 

Libero News, 2.7.2007
Camilleri si confessa
Il papà di Montalbano apre il Roma Fiction Fest: "Devo tutto alla Rai e al ricatto infame del mio editore"

Il debito con la Rai, le perplessità della prima ora su Zingaretti, il timore reverenziale verso Eduardo De Filippo. Si apre con un appassionante incontro con Andrea Camilleri la prima edizione del Roma Fiction Fest, in programma fino al prossimo 9 luglio. Autore televisivo prima ancora che romanziere, il creatore del commissario Montalbano che ha spopolato in libreria e in tv, si racconta con la stessa ironia che accompagna la sua celebre saga. Si parte dagli inizi della sua carriera, negli anni '60, quando dopo l'esperienza d'insegnante all'Accademia d'Arte Drammatica, viene assunto in Rai come delegato di produzione. E' la stagione d'oro dei grandi sceneggiati tv: "Quella è stata una grande scuola - dice oggi Camilleri, che poi, parlando delle trasposizioni televisive dei racconti di Maigret e Il tenente Sheridan, racconta: "E' lì che ho imparato il vero mestiere di scrittore di gialli".
Sempre per la tv, negli anni a seguire si occupa di teatro. Lo fa curando le opere di uno dei maestri della commedia napoletana, Eduardo De Filippo: "Avevo paura anche a salire in ascensore insieme a lui", ricorda lo scrittore siciliano. E' infine negli anni '90, dopo esperienze di scrittura di scarso successo, che partorisce il suo personaggio più celebre, il commissario Montalbano: "Ero uno scrittore disordinato e per dividere correttamente i capitoli del romanzo mi affidai al giallo, un genere che necessita per forza di una griglia". "Ne scrissi uno - prosegue - e un altro perché non ero soddisfatto. Poi mi dissi basta, ma il ricatto infame dell'editore mi costrinse a proseguire ed eccomi qua". Nonostante le diversità tra il personaggio televisivo e quello del libro, l'autore dice di apprezzare molto l'adattamento per la tv. "Ho avuto delle perplessità sulla testa calva dell'attore Luca Zingaretti, perché il mio personaggio ha tanti capelli e i baffi, ma quando lo vedo in tv, divento uno spettatore come voi".
Paolo Travisi - cinematografo.it
 
 

Guidasicilia, 2.7.2007
Per accompagnare il commissario Montalbano verso la sua ''fine'', Camilleri attenua il tono del ''Giallo''

Qualche tempo fa si era parlato della ''morte del Commissario Montalbano'', creatura leggendaria ma realissima, nata dalla penna di Andrea Camilleri. Morte subita sconfessata dall'autore che rettificò parlando della ''fine'' del personaggio, in una storia già pronta e conservata nella cassaforte di Elvira Sellerio. Già perché una leggenda, per essere tale, deve fare una sorta di completo ciclo vitale, nascere, crescere e in qualche maniera finire, così da non diventare un banale fenomeno editoriale.
Per avvicinarsi all'inesorabile fine di ''Salvo Montalbano'', Andrea Camilleri sta quindi compiendo un'operazione sperimentale: ''Uscire dalle regole del giallo e traghettare Montalbano verso il romanzo normale''. Infatti, nell'ultimo romanzo, ''La pista di sabbia'', in libreria dal 6 giugno scorso, Camilleri ha proseguito nel solco tracciato dai precedenti episodi, ma progressivamente è andato via via togliendo le regole fondamentali per costruire un giallo.
Una di queste che Camilleri ha già reso elastica, se non violata del tutto, è quella più importante: il morto. ''In questo ultimo racconto l'unico morto che c'è è secondario rispetto al tema principale'', ha spiegato lo scrittore, che parla di ''tentativo di allargare i confini in cui il giallo viene tenuto''.
A dir la verità il morto c'è anche ne ''La pista di sabbia'', ma non si tratta di un essere umano, bensì di un cavallo. Un equino massacrato a colpi di spranga, che il commissario trova cadavere proprio davanti alla balconata della villetta di Marinella, sulla spiaggia. Un avvenimento che (ovviamente) intriga Montalbano e, soprattutto, lo fa infuriare per le modalità e la ferocia.
''Se Montalbano segue la pista dell'uccisione del cavallo - racconta ancora Camilleri - è per diversificare le solite indagini. Appena può, da sempre, gli piace svicolare verso non usuali indagini, e questo è uno di quei casi''.
Per scrivere questa storia Camilleri si è ispirato a un fatto realmente accaduto: ''La storia dei cavalli è affascinante, perché rubarono realmente cavalli purosangue per le corse clandestine, che sono un mondo di cui ignoriamo quasi tutto''. Chiaramente, a spingere il libro in questa direzione sono anche elementi anagrafici: ''Montalbano è sempre più stanco, sempre più annoiato, mentre continua lo sdoppiamento del protagonista con Montalbano uno e Montalbano due, il primo che fa la parte dell'avvocato del diavolo e il secondo che, invece, lo appoggia''.
Se Montalbano invecchia inesorabilmente, non soltanto la sua forza si affievolisce, la lucidità si annebbia, ma le personali regole si allentano, e, di nuovo, tradisce Livia. Il rapporto con la fidanzata storica sembra giunto al capolinea, risente di continue tensioni, sfocia in equivoci e strascichi rabbiosi e il commissario si trova di fronte a una vera possibilità di alternativa sentimentale.
Sarà forse questa la causa della sua ''fine''?
 
 

Il Giornale, 2.7.2007
Le sculture che danno luce alla città

[...]
È arrivato a quota dodici Andrea Camilleri con la serie dedicata al commissario più famoso d’Italia. Salvo Montalbano è impegnato, nel nuovo "La pista di sabbia", in una indagine che ruota intorno alle scommesse ippiche di una parte della aristocrazia terriera. Un romanzo nato da un fatto di cronaca realmente accaduto e letto, in Toscana, su un giornale locale che ha ispirato lo scrittore siciliano. Una mattina, Montalbano, spalancando le persiane di casa vede «un cavaddro, stinnicchiato di fianco supra la rina, immobile. La vestia era tutta ’nsanguliata, gli avivano spaccato la testa con qualichi spranga di ferro, ma tutto il corpo portava i segni di una vastoniatura longa e feroci». Il cavallo sparisce ma lo stesso giorno Rachele Estermann denuncia il furto di un suo purosangue; stessa cosa è successa al ricco Saverio Lo Duca. La morte del custode delle scuderie indirizza il commissario ad indagare nel mondo delle corse e delle scommesse clandestine. Intanto, ignoti entrano periodicamente nella sua abitazione di Marinella mettendo tutto sottosopra ma senza rubare nulla. Nella vicenda, ruotano i soliti noti che hanno accompagnato le gesta del commissario fin dal suo esordio. Libro adatto per la lettura in vacanza, che si divora in pochi giorni (è il pregio-difetto di Camilleri). Le situazioni, come naturale che sia, cominciano a diventare, per certi versi, ripetitive ma il suo pubblico non sembra patirne; anzi, proprio questa familiarità, di gesti e abitudini, di sapori e odori percepiti, è condizione imprescindibile, indipendentemente dalle trame via via imbastite.
[...]
Marco Lodola
 
 

Mentelocale, 2.7.2007
Carlo Romeo: "Ho salvato Montalbano"
L'autore presenta 'Boatpeople': manuale di sopravvivenza per amanti del mare. E racconta la sua amicizia con Andrea Camilleri. Mercoledì 4

Genova. Nautica e ironia con Carlo Romeo che mercoledì 4 luglio alle ore 18 presso l'Auditorium del Galata Museo del Mare, sarà il secondo ospite de "il mare in pagina", il ciclo di incontri sul tema, promossi da IDEE sas in collaborazione con il Museo stesso apertisi il 21 giugno scorso con il grande scrittore svedese Björn Larsson. A colloquio col giornalista e scrittore saranno Victor Balestreri, direttore di Rai Liguria, e Sergio Buonadonna.
Carlo Romeo è l'autore di "Boatpeople, manuale di sopravvivenza per chi compra una barca" (Longanesi, pp. 156, euro 11,60), un resoconto molto ironico sull'universo della compravendita di una barca.
[...]
Nella controcopertina si dice che l'autore avrebbe salvato la vita al commissario Montalbano. Che cosa intende dire lo spiega egli stesso."L'amicizia di Andrea Camilleri - dice - è molto importante per me. È lui che un paio di anni fa, in un momento professionale per me faticoso, mi aveva chiesto: "Perché non scrivi?" E io, davanti ad un tabaccaio di Viale Mazzini gli ho chiesto: anche di barche? "Di quello che ti pare, ma scrivi". La storia di come avrei salvato la vita a Montalbano la racconta Andrea stesso. Sarà stato il 1993, quando una ragazza che lavorava in redazione mi ha portato un libriccino dicendomi che il padre era andato in pensione: aveva scritto quel libro e glielo aveva dato per farmelo leggere. Panico da parte mia. Comunque Andreina era ed è una persona molto in gamba, quindi l'ho preso. La sera ho cominciato a sfogliarlo - si intitolava "La forma dell'acqua" -, dopo di che ho passato la notte a leggerlo, e il giorno dopo le ho chiesto di combinare un'intervista. Lei mi ha guardato con affetto, convinta che lo facessi per lei. Le ho spiegato che il libro era bellissimo eccetera. Insomma, faccio questa intervista di mezz'ora con il padre. Lui al termine dice che non scriverà più gialli. Io ribatto che è una scemenza, perché il personaggio ormai c'è tutto. Lui dice che voleva soltanto vedere se era capace di scrivere gialli, ma che vuole scrivere romanzi storici. Discussione selvaggia sul romanzo storico e sulla necessità di far vivere ancora il commissario. Spiace solo che la registrazione di quella intervista sia andata persa. Tutta qui la storia. Di Salvo Montalbano ci si accorse soltanto cinque o sei anni dopo, e grazie a Dio Camilleri non lo ha fatto fuori - non certo per merito mio - come sembrava determinato a fare quella sera".
r.m.
 
 

TG3, 3.7.2007
Camilleri, la Rai bianco e nero
Tenente Sheridan, Commissario Maigret, Montalbano. Sono tutti figli, televisivamente parlando, di Andrea Camilleri. Lo scrittore siciliano ricorda la Rai in bianco e nero: "Era molto più seria".
Guarda il servizio di Francesco d'Ayala
 
 

Il Messaggero, 3.7.2007
Parla il grande scrittore, "papà" degli sceneggiati
Camilleri, la tv fatta pensiero
«Il ritorno del teatro in televisione sarebbe salutare. E’ una sfida che il piccolo schermo dovrebbe accettare»

Roma - E' la Tv fatta pensiero, Andrea Camilleri. E' la Tv della cultura, del romanzo storico tradotto in grande successo, del grandissimo teatro traslocato dai palcoscenici al tubo catodico. E' la Tv del prodotto televisivo che, prima dell'avvento dei Grandi Fratelli, delle Isole dei Famosi, delle arene televisive e del gossip nei telegiornali, era prima di tutto prodotto di qualità. Eduardo De Filippo; il Commissario Maigret, il Tenente Sheridan e, ovviamente, Montalbano, il siculo Montalbano che indaga mentre guarda le femmine.
Nessuno meglio di Andrea Camilleri, 80 anni di lucida sicilianità nella migliore accezione, poteva inaugurare ieri il primo degli incontri a margine del Roma Fiction Fest, dal 2 al 7 luglio dilatato tra l'Auditorium della Conciliazione, la Casa del Cinema e la multisala Adriano. Perché se è vero che la fiction è la figlia minore, e non ancora maggiorenne, dei vecchi "sceneggiati" televisivi, allora Andrea Camilleri ne è l'indiscusso papà, e non solo putativo. Ha cominciato a raccontare dal suo arrivo in Rai «anni '60, prima i programmi radiofonici poi al secondo canale. Non ne sono mai più uscito, neanche quando l'ostilità degli intellettuali contro la Tv era molto forte e mi venne affidata la produzione di 8 puntate di riduzioni televisive di altrettante opere teatrali di Eduardo De Filippo. Neanche quando la Rai decise di abdicare alle sue funzioni pubbliche nel momento in cui nacquero le tv private che facevano audience con il varietà. Neanche quando 800.000 spettatori per una serata di Rascel o Peppino De Filippo veniva considerata un fallimento e tu ti disperavi perché sapevi che stavi perdendo mentre vincevi». Camilleri prima di diventare uno degli scrittori italiani più comprati e più letti grazie al suo Montalbano, poi divenuto anche icona televisiva grazie alle ottime performance di Luca Zingaretti («Mai avrei pensato di farne un personaggio seriale. Invece è diventato un serial killer che ha fatto tabula rasa di tutti gli altri possibili protagonisti di possibili libri» racconta lo scrittore) è stato a lungo anche insegnante all'Accademia d'Arte Drammatica. «Furono miei allievi Sergio Castellitto; Margherita Buy, che piangeva in un angolo; Margaret Mazzantini, che non parlò mai per i primi tre anni. Ma gli allievi sono delicatissimi. Li curavo. Gli facevo confidare le loro pene d'amore. Le miei figlie li odiavano». Un amore sconfinato quello per la televisione e le sue potenzialità culturali soprattutto per quello che potrebbe essere un ritorno del teatro in tv, praticamente abolito dalla metà degli anni '70. «Rappresenterebbe la boccata d'aria di cui ha bisogno la tv italiana - commenta Camilleri - dipende tutto da come è fatto. Senza pubblico diventa un "vizio solitario". Trasformarlo in tv costa molto perché non basta riprenderlo ma va completamente ripensato. In ogni caso è un rischio che la Tv, prima di morire come nel canto del cigno, dovrà affrontare».
Maria Grazia Filippi
 
 

Il Mattino, 3.7.2007
La Master Class di Camilleri
«Montalbano è il mio serial killer»

Roma. «Il teatro in tv oggi non si fa più e quando anche ci si prova lo si fa in modo insensato, usando riprese di uno spettacolo che sono limitate dalla presenza del pubblico in sala». Andrea Camilleri, che ha aperto ieri la prima delle cinque master class organizzate dal Roma Fiction Fest (e ha ricevuto in serata assieme a Jacqueline Bisset il Maximo Forever Award), non ha dubbi su quelli che dovrebbero essere i compiti della tv italiana: «Organizzare uno spettacolo in teatro senza pubblico, solo per fare le riprese, sarebbe indulgere in un ”vizio solitario” - sorride il papà di Montalbano - e allora l'unica è tornare all'idea di adattare il teatro allo studio tv, come feci io con Eduardo de Filippo. Certo, oggi questo è un enorme rischio, ma se la tv non ha il coraggio di assumersi simili oneri culturali, nemmeno ora, prima della sua morte definitiva, allora è inutile parlarne». Camilleri, prima di essere scrittore e produttore tv, ha un passato di insegnante all'Accademia d'arte drammatica Silvio D'Amico, di cui ricorda con ironia che il suo ruolo era soprattutto rivolto ai registi, dato che insegnava «direzione dell'attore», perché gli attori sono fragili e delicati. Ci sono attori a cui puoi parlare e spiegar loro quello che devono fare, ma anche caratteri diversi, cui devi intimare di ”non” fare qualcosa, se vuoi sperare che la facciano». E poi: «Ricordo un allievo che insisteva a recitare di spalle, sostenendo che quello era il metodo dell'Actor's Studio», sorride Camilleri. «Io gli dissi che secondo me si vergognava come un ladro a stare in scena e gli suggerii di provare con la regia. Si entusiasmò subito: era Marco Bellocchio». Camilleri è un fiume in piena di ricordi, che cominciano con la sua prima bocciatura in Rai, pur dopo aver vinto il concorso di assunzione: «C'è sempre stato un certo snobismo contro la televisione, anche se poi ci hanno lavorato fior d'intellettuali. Ricordo che nel concorso del 1954 entrarono personaggi del calibro di Umberto Eco. All'epoca io fui il solo a non essere ammesso, anche se avevo vinto, perché il maresciallo dei carabinieri del mio paese aveva redatto un rapporto su di me nemmeno fossi stato Osama Bin Laden. Filiberto Guala, allora amministratore delegato, disse che ero ”troppo comunista per lavorare alla Rai”. L'anno dopo, pur continuando a essere comunista, diventai per la Rai il produttore delle commedie di Eduardo, con cui nessuno voleva avere a che fare. Avevano paura anche di salire in ascensore con lui. Così cominciai una collaborazione come delegato di produzione passata poi attraverso Maigret, il Tenente Sheridan, Laura Storm». E Montalbano? «Quello rischia di diventare il mio serial killer e se non stessi attento farebbe tabula rasa di tutti gli altri miei personaggi. A volte sono costretto a scriverne un racconto solo per riuscire a ”tenerlo a distanza”. È contento del ritorno di Montalbano in tv, previsto nel 2008, con 4 episodi tratti da «La luna di carta», «La vampa d'agosto», «Le ali della sfinge» e «La pista di sabbia?» «È sempre un piacere guardarlo, e poi mi fido del regista, Sironi, di Zingaretti e dello sceneggiatore, Francesco Bruno». Comunque, «la mia fortuna è godermi le riduzioni tv con Luca come un comune spettatore perché dopo aver discusso adattamento e dialoghi, non vado mai sul set: non voglio diventare asfissiante».
Oscar Cosulich
 
 

Corriere della Sera, 3.7.2007
Lezione dello scrittore: il commissario è pieno di capelli e ha i baffi, la scelta di Zingaretti come volto televisivo mi stupì
Camilleri: «Montalbano calvo? Uno choc»
Su Bellocchio: “Avevo un allievo che si vergognava e recitava di spalle. Era Marco Bellocchio. Gli ho consigliato di passare alla regia e lui mi ha dato retta”

Roma - Andrea Camilleri confes­sa: «Non ho mai pensato di vedere, Montalbano in televisione». Invece il suo commissario di Vigata guida una delle fiction più amate. «Ho dovuto su­perare il trauma iniziale, quando mi hanno detto che il ruolo era di Luca Zingaretti. Per carità, era solo un difet­to di pelo: Montalbano lo immaginavo pieno di capelli e con i baffi, mentre Luca è calvo ... ma è bravissimo». Elegante nel suo vestito color corda, lo scrittore siciliano ieri ha aperto le «ma­sterclass» del Roma Fiction Fest e, in serata, ha ricevuto il premio alla car­riera.
Inevitabili, durante la lezione, le do­mande sul suo personaggio più famo­so. «Dopo due libri, per me Montalba­no era finito, ma la mia editrice Elvira Sellerio mi chiese un seguito: "Non so­lo si vende a strafottere, ma si porta dietro i romanzi ai quali tieni di più". Capite l'infame ricatto?», chiede. E aggiunge: «Montalbano è un serial killer di altri personaggi possibili». Il ritorno del commissario in tv è previsto nel 2008, in quattro episodi. Ma a chi lo ac­cusa di raccontare nei suoi libri una Si­cilia «edulcorata» risponde: «Di mafia ne parlo, come un disturbo di fondo. La letteratura o il cinema possono ren­dere simpatici gli assassini, e io un fa­vore alla mafia non lo voglio fare».
La carriera di Camilleri iniziò nel '53 come regista teatrale. Un anno dopo vinse il concorso nella Rai democri­stiana; «Non venni chiamato subito perché il maresciallo dei carabinieri del mio paese inviò un rapporto su di me. Mi descriveva come un giovane di buona famiglia, ma comunista». Nell'azienda di viale Mazzini farà il suo in­gresso pochi anni dopo, per sostituire una collega incinta. E ricorda quando Bernabei gli affidò la produzione delle commedie di Eduardo De Filippo. «Eduardo voleva essere informato dei tagli della censura. Un giorno, poco prima di registrare "Le voci di dentro", mi ammonirono a eliminare una frase. Non sapevo come dirglielo, andai in studio mentre Eduardo provava pro­prio quel pezzo che però cancellò. Più tardi mi chiese: "La battuta ve l'ho ta­gliata, perché voi non me lo avete det­to?" ».
In Rai, Camilleri ha prodotto, fra l'altro, il tenente Sheridan e il commissa­rio Maigret con Gino Cervi. «Li sceneg­giava Diego Fabbri, così ho imparato a scrivere gialli». Per lui la televisione italiana «prima di morire deve tornare a produrre fiction basate su grandi ro­manzi, sarà il suo canto del cigno». E ironizza: «Tremonti disse: "La tv deve cominciare dal Mulino del Po" ... non so quanto se ne intenda». Ricorda quando insegnava all'Accademia d'ar­te drammatica e al Centro sperimen­tale di cinematografia. I suoi allievi erano Margherita Buy, Margaret Maz­zantini, Sergio Castellitto e Luca Zin­garetti. «Margaret per due anni non ha spiccicato parola; Margherita ogni tanto piangeva in un angolo. Un altro si vergognava e recitava di spalle. Si chiamava Marco Bellocchio. Gli consi­gliai la regia... ho pure questa respon­sabilità».
Sandra Cesarale
 
 

The Literary  Cricket, 3.7.2007
La voce di violino
By A. Camilleri

I have devoured every Agatha Christie novel I could get my  hands on, and when I had finished the last of her novels, I mourned the lost of  such great detective entertainment to occupy my time. That is, until now. Whilst  browsing the bookshelves of Borders, I stumbled upon an old-style Sicilian  detective named Montalbano, lurking under the letter C for Camilleri, Andrea  Camilleri.
This book is entitled ‘The Voice of the Violin’ and happens to be the  fourth in the series, depicting the adventures of this Columbo/ Poirot style  Italian.
The Plot
In this tale, Montalbano’s car  crashes into the back of a green Twingo. This car was parked outside a house,  and Montalbano leaves a note for the owner and continues on his journey.  However, when he returns, the car is where it was left, and the note remains in  the wipers. Intrigued, Montalbano decides to investigate. He enters the house  and walks upstairs to find the body of a beautiful, blonde woman suffocated and  murdered. He immediately sets of on the trail for the killer. The suspects  include her elderly husband, a mentally deficient stalker and a famous doctor.  His investigations lead him to the attractive Anna, a friend of the deceased,  whose charms he finds difficult to resist, but the real key to the mystery lies  with the reclusive violinist, and the voice of the violin he plays.
The Book
This book is a rare treat. Montalbano is a wonderful  literary character; an old school Italian detective with an eye for beautiful  women and a palette for exquisite native cuisine. But his sharp eye and wit are  intriguing and draws him back from a loveable Colombo-esque character, and draws  admiration for his shrewd tactics. The plot of the novel is tight, with  colourful scenes and unique characters. Each individual’s personality is  carefully depicted, with a brief but absorbing back story behind each, capable  of moving the reader.
As a student of Italian I am itching to get my hands on a  copy of the original ‘La Forma Dell’Acqua’ (the Shape of Water). I have read  that ‘Sartarelli’s translation captures the sunny humour of Camilleri’s idiomatic  Sicilian dialect’, (The New York Times) but I would like to explore it myself.  For those who don’t speak Italian, pick up the English version.
Conclusion
For a Christie lover, this is guaranteed to impress.
 
 

La Sicilia, 3.7.2007

Emilio Pozzi insegna Storia del teatro all'Università di Urbino, alla facoltà di Sociologia, e dal 1996 è direttore della rivista " Teatri della diversità"; chi legge i suoi libri, capisce subito che l'approccio all'argomento trattato risente sia dello scrupolo storicistico, sia di quello sociologico, come dire che, lavorare attorno ad un autore-attore come Eduardo, non può prescindere da queste due formazioni. Il libro che Emilio Pozzi ha pubblicato per Bulzoni (€ 30,00), "Parole mbrugliate. Parole vere per Eduardo", nella collana diretta da Ferruccio Marotti e Agostino Lombardo, è sicuramente un contributo diverso, non solo rispetto gli altri presenti nella collana, ma anche rispetto a tutte le monografie pubblicate su Eduardo.
[...]
Pozzi, da più di dieci anni, ha raccolto le parole, le testimonianze di tutti coloro che hanno lavorato, conosciuto, scritto su Eduardo; ha lavorato, come si suol dire, sul campo, ed ha composto un vero e proprio mosaico o, come l'ha definita Marotti, nella prefazione, una "sinfonia polifonica", i cui movimenti corrispondono a quelli di una sinfonia classica.
[...]
E' inoltre documentata, attraverso vari epistolari, l'amicizia con Andrea Camilleri, (a cui aveva dato il compito di compilare "Il libro dei perché").
Andrea Bisicchia
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 4.7.2007
Le idee
La lingua serve a passare il mare

Chi ha lingua passa il mare, sostiene un antico proverbio. Ovvero, la lingua come ponte, traghetto, schiena robusta di San Cristoforo che ci trasporta oltre il guado.
[...]
"Passare il mare" è il titolo di una piccola antologia, a cura di Ignazio Romeo, che la Biblioteca centrale della Regione siciliana Alberto Bombace ha allestito sul tema del confine, proposto nell'ultima edizione della Fiera internazionale del libro di Torino. Il florilegio presenta ventitré brani di altrettanti autori che tracciano un'ideale parabola, come illustra il sottotitolo, «dall'emigrazione all'immigrazione: cento anni di memorie e racconti nelle pagine degli scrittori siciliani».
[...]
Nella morte, nella sofferenza, le masse migranti di ogni epoca e di ogni nazione si somigliano, sono interscambiabili, come sembra suggerirci il qui pro quo di Andrea Camilleri. Il che dovrebbe spingerci (ma raramente ci riesce) a un senso di fratellanza che in fondo è un riconoscerci, un tornare in noi.
Marcello Benfante
 
 

Il Giornale, 4.7.2007
Il pomeriggio dell'agente Grotta
Andrea Camilleri

Uno scritto per la Questura di Palermo
L’avventura di Filippo Grotta, poliziotto fuori servizio e costretto a «lavorare» suo malgrado, è raccontata da Andrea Camilleri in tredici pagine. Ma non la troverete in libreria. Il re del giallo italiano l’ha scritta per la Questura di Palermo. Un «regalo» in occasione del 155º anniversario del corpo. Un compleanno cui lo scrittore di Porto Empedocle, su invito del questore, ha partecipato con questo racconto stampato da Elvira Sellerio in un’edizione fuori commercio dal titolo Un pomeriggio movimentato. Pubblicato con una copertina blu che ricorda in tutto e per tutto la celebre collana della Memoria della casa editrice di via Siracusa. E che praticamente rappresenta un biglietto da visita, originale e pregiato, per la polizia palermitana.
Giuseppe Caruso, questore di Palermo, definisce il «delizioso inedito» «un bellissimo regalo di compleanno» e spiega: «Il breve racconto che viene riportato in queste pagine ci inorgoglisce perché “fotografa” il quotidiano della vita del poliziotto fatta di continui “cambi di marcia e di programma” in un intreccio di storie pubbliche e private in cui bisogna essere pronti ad affrontare l’ignoto in ogni momento. Questa voglia di donare se stessi - continua Caruso - senza alcun egoismo o calcolo fa di questo nostro lavoro la professione più affascinante del mondo».
La stessa professione di Filippo Grotta, il protagonista della storia, uscito di casa per sbrigare una piccola faccenda e costretto a un improvviso «cambio di marcia e di programma», per usare le parole di Caruso. Prima assiste a un incidente. Un pirata della strada su una Bmw che «con una potente sgommata pigliò in pieno una signura in bicicletta che volò in aria». Filippo soccorre la signora, chiama l’ambulanza, va in commissariato per la denuncia. Poi riprende la sua vita. Con un altro fuori programma: rapinatori in azione...
Giancarlo Macaluso
 
 

La Repubblica (ed. di Roma), 4.7.2007
Globe Theatre
La Tempesta di Camilleri Shakespeare è un romanzo

C'è anche la lingua e la vocazione romanzesca di Andrea Camilleri, ne "La Tempesta" di Shakespeare che da stasera s'insedia al Silvano Toti Globe Theatre con la regia di Giuseppe Dipasquale, partecipe con Camilleri al lavoro di traduzione e elaborazione del testo. L'esilio forzato in un'isola mediterranea del vecchio duca di Milano usurpato dal fratello darà luogo a un gioco scenico di alchimie teatrali, ma anche a un percorso poetico. «Si tratta di reinventare una storia in un luogo senza confini, dove ogni cosa vive sospesa, coi corpi dei personaggi che vagano senza tempo, sotto l'influsso della realtà e di un universo misterioso che a volte è più concreto della realtà stessa» spiega il regista Dipasquale. Prospero è Fulvio D'Angelo, la figlia Miranda è Valeria Contadino, il rozzo schiavo Calibano è impersonato dall'attrice Alessandra Costanzo. Globe Theatre, Largo Aqua Felix (Piazza di Siena), Villa Borghese, info 06 82059127.
Rodolfo Di Giammarco
 
 

Il Giornale, 4.7.2007
Camilleri «trasferisce» Prospero in Sicilia

Non sarà una Tempesta di Shakespeare aulica e filosofica quella che debutta questa sera al Silvano Toti Globe Theatre di Villa Borghese. Al contrario, sarà uno spettacolo popolare e vivace, festoso e colorito, originale e coraggioso. Così lo hanno voluto Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale, rispettivamente traduttore e regista del lavoro. Per raggiungere lo scopo, lo scrittore di Porto Empedocle ha elaborato un adattamento dove Prospero è un bottegaio dell’anima che tortura il povero Ariele; dove il mostro Calibano ha le fattezze femminili di Alessandra Costanzo; dove Trinculo e Stefano parlano siciliano e dove il re di Napoli si mostra quanto mai affezionato al suo dialetto d’origine. Ne deriva un quadro assolutamente animato che rievoca la tradizione teatrale nostrana e, in parte, il grande Eduardo. Fino al 15 luglio. Tel. 06/82059127.
 
 

Libertà, 4.7.2007
Un brivido contro la calura: il Montalbano di Camilleri

Un'estate all'insegna del giallo. Non è l'ultima novità dettata dalla moda, ma la nuova iniziativa di Libertà. Contro l'insopportabile calura del mese di luglio, niente di meglio di qualche brivido: ma non brividi banali, perchè a provocarli è un brillante scrittore reso famoso da un personaggio che di nome fa Montalbano. Proprio così, il famoso commissario di Vigata descritta da Andrea Camilleri ci accompagnerà ogni sabato, per quattro settimane, a partire dal 7 luglio. Il primo dei libri che i lettori di Libertà troveranno in edicola - a 6,90 euro più il prezzo del quotidiano - è "Un mese con Montalbano": un'antologia di trenta racconti, scritti tra la fine del 1996 e l'inizio del 1998, trenta indagini che il celebre commissario affronta con le armi della logica, ma anche con quelle dell'umorismo. A seguire "La prima indagine di Montalbano", con protagonista un giovanissimo poliziotto all'inizio della carriera e "La paura di Montalbano", terzo libro della raccolta. Chiude la serie "Gli arancini di Montalbano", nuove storie che prendono avvio da situazioni inusuali ed impercettibili crepe nella normalità, in cui ancora una volta Camilleri riconferma un talento da investigatore, che lo lega inscindibilmente al suo personaggio.
 
 

La Sicilia, 4.7.2007
La ricetta
Dalla tradizionale Adelina al vulcanico Carmelo

Presentato, alla Camera dei deputati, il paniere dei prodotti tipici della provincia di Ragusa. "Gli arancini di Montalbano" il titolo dell'iniziativa che prende spunto dalle pagine dei romanzi di Andrea Camilleri, e promossa nella Capitale, dall'associazione culturale Prometeo Modica con il patrocinio della Provincia e del Comune di Modica. Una teoria di immagini, colori, sapori e infine valori: la degustazione dei prodotti tipici iblei ha proposto un percorso enogastronomico di sapori tutti siciliani. In conferenza stampa il presidente della Provincia Franco Antoci, il sindaco di Modica Piero Torchi, l'assessore provinciale allo sviluppo economico Enzo Cavallo, oltre ai deputati Peppe Drago e Riccardo Minardo. "Oltre alla partecipazione della stampa specializzata e di settore, che si occupa di enogastronomia, e ai giornalisti della stampa generalista, abbiamo registrato la presenza a cena di professionisti, manager, personalità del mondo della cultura, della ricerca medica e scientifica, oltre che dell'impresa, e che sono riconosciuti come opinion maker, in grado di veicolare quasi come dei testimonial l'impressione assolutamente positiva che hanno ricevuto dal SudEst siciliano e dagli iblei grazie al percorso enogastronomico ispirato ai luoghi di Montalbano" ha spiegato l'organizzatrice dell'evento Juse Scala. Il "cuciniere" Carmelo Chiaramonte: "Il percorso enogastronomico odierno vuole raccontare le città, ma anche la campagna che distanza un centro storico dall'altro. Tra Modica, Ragusa, Scicli, Punta Secca c'è una campagna dagli aromi forti, dai sapori intensi, decisi. Credo ci sia una corrispondenza tra i prodotti enogastronomici e la gente che li fa. Da questo punto di vista i piatti di questo percorso sono testimoni dei valori di questa terra". Quindi, Chiaramonte, è passato a parlare degli arancini: "L'arancino è probabilmente un piatto arabo, sicuramente Mediterraneo, ricorda il seno materno, le sue fattezze richiamano la capacità procreativa della donna, l'arancino è perciò metafora, della vita, del suo rigenerarsi".
Paolo Nifosì, storico dell'arte e docente all'università di Catania: "L'idea del viaggio in Sicilia come momento formativo nasce nella seconda metà del Settecento. I luoghi del grand tour erano Palermo, Selinunte, Agrigento e Taormina. Quelli che oggi sono conosciuti come luoghi di Montalbano, ovvero il SudEst e segnatamente gli Iblei, erano ignorati. L'emarginazione della Sicilia sudorientale sino ai primi decenni del Novecento forse è attribuibile in parte anche alla presa di distanza della cultura ottocentesca dall'esperienza precedente del Barocco. Il terremoto del 1693, con i suoi sessantamila morti, determinò un fenomeno, la ricostruzione del Val di Noto, attraverso capimastri locali, nell'ambito di un'esperienza autoctona, un grande Rinascimento, che però, nella lettura dei fenomeni turistici, a livello mondiale, comincia a essere avvertita solo tra la fine degli anni Novanta e il 2000, grazie al riconoscimento Unesco, e grazie anche alla fotografia solare e ammaliante de Il Commissario Montalbano. Oggi l'affermazione più frequente dei turisti che vengono in provincia di Ragusa è "non me lo aspettavo". Nella dinamica tra progettazione e spontaneità (sono progettate, da un punto di vista urbanistico, Noto, Grammichele, Ragusa Superiore; non sono progettate Modica, Ibla, Scicli) si è determinata una realtà: un rapporto tra natura e storia assolutamente unico e irripetibile. Non esiste altrove, in Europa, una sintesi così equilibrata tra storia e natura. E forse la carenza di collegamenti in passato ha aiutato a salvaguardare questa civiltà, che si è autoconservata, nella consapevolezza delle piccole cose fatte a regola d'arte. E questo è il grande segreto della cultura enogastronomia iblea: saper fare del macco di fave buono, saper fare del cioccolato diverso da quello degli altri è il vantaggio di una cultura autonoma. Non siamo il luogo della cassata siciliana, ma quello delle 'mpanatigghie, che è una cultura autonoma, della cioccolata modicana. Cibi prodotti sempre in maniera artigianale, lontano dall'anonimato dell'industria. Ciò vuol dire evidentemente che tali prodotti tipici non sono disponibili in quantità illimitate, perché l'attuale filiera non consente di disporre di stock industriali, ma è questo il vantaggio di un mondo piccolo, ma di grande consapevolezza. La fiction del Commissario Montalbano ha colto l'anima di questi luoghi, in cui sono raccontate le città, ma è raccontata la campagna, le residenze rurali, le masserie baronali, che non sono le ville palladiane o quelle napoletane. Tutto è contenuto, tutto è dimesso, disegnato dai muri a secco. E non è un caso che nelle mappe dei secoli scorsi, alla tradizionale distinzione tra Val di Noto, Val Demone e Val di Mazara, si affianchi la distinzione sulla Contea di Modica, Regnum in Regno, uno Stato nello Stato culturalmente, grazie alla frantumazione della proprietà, cui si deve la vivacità economica e culturale di questi luoghi. Oggi raccontiamo, per dirla con Gesualdo Bufalino, una terra in cui c'è "la pietra del calcare come il miele, come il grano", una Sicilia contraddittoria e misteriosa". Ha concluso i lavori Viviana Pitino, della cooperativa Etnos, di Modica, proponendo un itinerario guidato. Ma protagonisti del viaggio sono stati l'olio extra vergine di oliva dei Monti Iblei, il Nero d'Avola e il Moscato di Noto, il Cerasuolo di Vittoria, le gelatine di vino, la provola ragusana affumicata, il cosacavaddu, il pecorino affogato nel Nero d'Avola e la salsiccia modicana speziata, il mosto d'uva dolce, i datteri al cioccolato, la cobaita, i rosoli ai gelsi e al finocchietto, le 'mpanatigghie, la mostarda d'uva, il capuliato alla siciliana, e l'immancabile cioccolato modicano.
 
 

L’Opinione, 4.7.2007
Il successo dell’esperienza Usa
Product placement, l’Europa si prepara

[…]
Ma in pochi sanno prevedere il peso che questa nuova forma di comunicazione potrà acquistare all’interno dei programmi televisivi. L’unica previsione che in molti si azzardano a fare è che probabilmente al più presto vedremo il commissario Montalbano guidare una Fiat 500 nuova di zecca invece della sua scassata Tipo.
[..]
Andrea Bigozzi
 
 

Il Tempo, 5.7.2007

«La tempesta», testamento artistico shakespeariano, un’occasione scenica per tentare di rispondere a un interrogativo traumatico e relativo alla possibilità di una sopravvivenza umana non legata all’idea dello scambio materiale di interessi nella versione tradotta ed elaborata da Andrea Camilleri, con il regista Giuseppe DiPasquale. L’allestimento in questione, dopo il debutto dello scorso anno in Polonia al Festival shakespeariano di Danzica, si offre al vaglio del pubblico romano al Silvano Toti Globe Theatre, tempio della drammaturgia elisabettiana creato all’interno di Villa Borghese e diretto da Gigi Proietti. Interessante il lavoro linguistico compiuto sull’originale, con uno spostamento semantico che fa rientrare nella terminologia teatrale i riferimenti marinareschi, per esaltare la dimensione scenica su cui riflette un copione incentrato sulla realtà onirica e sul valore dell’illusione. L’azione del mago Prospero appare quindi incastonata nell’ambientazione del Globe, inteso nella sua duplicità di mondo e di teatro. «Come regista, ho inventato una tempesta antimattatoriale e priva della centralità di un unico protagonista - ha precisato Dipasquale - Per me Prospero non è il mago bianco saggio e neppure un duca confinato ma piuttosto un egoista che riesce a raggiungere l’onnipotenza della creazione soltanto in un luogo protetto che si costruito addosso. È un’immagine negativa, non un esule volontario ma un relegato a causa della sua inettitudine nei confronti della gestione degli affari pubblici. Calibano è poi il parto contaminato di una serie di generi teatrali che non sa assimilare nel suo orizzonte espressivo mentre Ariele e la sola autentica possibilità di fuga. Una rappresentazione popolare permette quindi a Prospero di comprendere tutta la gravità del suo onanismo e, quindi, l’importanza di un teatro davvero rivolto al piacere degli spettatori». Il contributo di Camilleri, consiste piuttosto nell’attribuire un dialetto puro al re di Napoli che ricorre al dialetto partenopeo, al dispensiere Stefano e al buffone di corte Trinculo, che parlano in un siciliano stretto di matrice popolare. Sulle note di Massimiliano Pace e con i costumi di Angela Gallaro, si muovono sul palcoscenico Alessandra Costanzo in veste di Calibano, Fulvio D’Angelo in Prospero, Filippo Brazzaventre alias Ferdinando, Valeria Contadino a incarnare Miranda e D’Agata, per rendere l’usurpatore Antonio, Mimmo Mignemi per Trinculo, Marcello Perracchio come Ariele, Angelo Tosto nei panni di Stefano e infine Riccardo M. Tarci a impersonare il re di Napoli Alonso.
Globe Theatre piazza dell’Aqua felix Villa Borghese Info: 06/82059127 Fino al 15 luglio
Tiberia De Matteis
 
 

Il Venerdì, 6.7.2007
Che ci faccio qui
Come scoprire il mondo guidati da uno scrittore
L'Africa di Dacia Maraini, il Portogallo di Antonio Tabucchi. E la Sicilia di Andrea Camilleri (che non ama muoversi da casa). Grandi autori italiani raccontano in un libro il viaggio della loro vita. E qui suggeriscono in che modo guardare le città. Con altri occhi.

Le guide Lonely Planet, i documentari di Discovery Channel, le ore passate a navigare su Internet per acquistare un biglietto aereo low cost. E poi l'esodo d'agosto, la gelida aria condizionata degli aeroporti, le attese al binario per un treno in ritardo, e una meta che forse ci piacerà, forse tradirà le nostre aspettative. In tempi di turismo globale, intorno a ogni viaggio si addensano un progetto e una mistica, un desiderio e il timore che venga deluso. Ma c’è un modo di viaggiare che non può che soddisfare l'immaginazione. Consiste nell'avere come compagno d’avventure un libro, il diario d'una partenza e d'un arrivo che qualcuno ha sperimentato prima di noi. Nasce intorno a quest'idea "Ogni Viaggio è un romanzo", raccolta di conversazioni sul tema del viaggio e della letteratura che il curatore Paolo Di Paolo ha costruito, viaggiando lui stesso tra Parigi e Roma, tra Milano e Lisbona, insieme a diciannove scrittori italiani. Di ciascun autore ci svela impressioni, aneddoti, ricordi su un luogo del cuore, e soprattutto l'attitudine a partire ma anche, in alcuni casi, a restare, nella convinzione che non ci sia – o non ci sia più – molto da vedere nel vasto mondo.
[...]
E’ il caso [...] di Andrea Camilleri e di Dacia Maraini. Di Camilleri apprendiamo l'attitudine orgogliosamente isolana, lo «strazio» che per lui siciliano è sempre stata «quell'ora di traghetto in cui vede allontanarsi la sua terra» avvicinandosi al Continente. E scopriamo che il ragazzo che a 24 anni lasciò Porto Empedocle per Roma, pur avendo poi viaggiato dal Sudamerica all'Africa, continua a preferire «al paesaggio geografico quello umano. E per capire quello, non c'è bisogno di andare molto lontano». Affascinato in gioventù da narratori oggi dimenticati, come un tal Vittorio Giovanni Rossi che pubblicava resoconti dai titoli secchi (Tropici, Oceano, Sabbia), oggi Camilleri preferisce «abitare in spirito» città che esistono solo sulla pagina. Come la Vigata del suo commissario Montalbano, «pazzesca come un sipario teatrale, ma utile a rappresentare la commedia. O la tragedia».
[...]
Lara Crinò
 
 

La Sicilia, 6.7.2007
Giannini: «E' un eroe che molti non conoscono»

Roma.  Due giorni fa il carnefice, Bernardo Provenzano, ieri una delle vittime, Carlo Alberto Dalla Chiesa, al Roma FictionFest la mafia è protagonista delle storie per il piccolo schermo. Dopo l'anteprima de “L'ultimo padrino” con Michele Placido nei panni del boss di mafia, ieri sera è stata la volta della mini-serie sul generale Dalla Chiesa, interpretato da Giancarlo Giannini. Entrambe le fiction andranno in onda nella prossima stagione su Canale 5 ed entrambe sono incentrate su un solo uomo: il male assoluto in un Provenzano forse troppo edulcorato, ed il bene, ma senza sfociare nell'immagine da santino, in Dalla Chiesa.
[…]
Fra gli interpreti il messinese Ninni Bruschetta […] Sulla buona visibilità alla mafia che a volte le fiction regalano, problema sollevato da Andrea Camilleri, Bruschetta non è affatto d'accordo. «Di queste cose più se ne parla e meglio è - conclude l'attore - Altrimenti si aiuta a realizzare il progetto voluto da Provenzano, che peraltro sta andando avanti velocemente, quello cioè di rendere la mafia invisibile».
Tiziana Leone
 
 

La Sicilia, 7.7.2007
Allo Spasimo
Dal 22 al 29 luglio il «Sole e Luna Doc Fest»

L'Islam e il Mediterraneo si incontrano a Palermo con il «Sole e Luna Doc Fest». Dal 22 al 29 luglio, nel complesso di Santa Maria dello Spasimo, torna, per la seconda volta, un festival di documentari che hanno come argomento la cultura e le tradizioni del Mediterraneo e dell'estremo Oriente.
[…]
Tra gli eventi speciali in programma, la proiezione di «Il luogo, la memoria», di Vittorio Nevano, in cui lo scrittore Andrea Camilleri ripercorre le tappe della sua gioventù trascorsa ad Enna, in una Sicilia insolita e lontana dal mare.
[…]
A. L.
 
 

Il Messaggero, 7.7.2007
Al Globe Theatre di Villa Borghese “La Tempesta” secondo Camilleri
Shakespeare con umore siciliano

Andrea Camilleri del teatro ha il pallino. Teatrali i suoi ambienti e le sue figure; teatrale l’approccio linguistico con le trame (di realtà o di fantasia) che svolge sulla carta. Così, cedendo a questa sua propensione e a un’idea dell’amico e collaboratore Giuseppe Dipasquale, un paio d’anni fa tradusse e adattò, per una interpretazione in lingua siciliana, la “Tempesta” di Shakespeare. E il dramma di popolo e di spiriti, di spunti sanguigni e sogni immensi è diventato un copione attuale, usabile, recitabile, estremamente comunicativo. Una storia in cui i personaggi popolari si esprimono in vernacolo e i nobili e i “mostri” in italiano, ma con strutture siciliane.
Quella “Tempesta”, già vista a Roma l’estate scorsa (al “Silvano Toti” Globe Theatre, dove ora è tornata a furor di popolo), ha fatto tanta strada, partecipando anche al Festival Internazionale di Teatro di Danzica, in Polonia. Rimane un bel viaggio nel sogno e nell’illusione, ma in esso piacere e dolore, sesso e morte, tragedia e comicità giocano sul filo della commedia tutta la loro carica eversiva, alla siciliana. Puoi così viverlo come il canto nostalgico dell’incolmabile lontananza tra Essere e Apparire, oppure come una passerella di personaggi al limite del ridicolo che scoprono, o fanno scoprire, quanto tenue sia il legame fra gli uomini e il mondo delle cose.
La “favola” è sempre quella di Prospero, legittimo duca di Milano e mago, esiliato in un’isola e servito da uno spirito arioso, Ariel. Camilleri la rende però avventura ipersiciliana di travestimenti, paradossi, “roba” e sentimenti. Tutto ha corso e sviluppo sul filo di un racconto scenico stabilito di volta in volta da un Prospero/Regista che determina gli accadimenti, i bisogni e i sogni di gente che sa di poter manipolare. La sua figura si propone con vivezza elisabettiana, certo, ma in un’onda di suoni nostri, meridionali. Costruisce le illusioni “a vista”. Elargisce il senso relativo della vita e, alla pari, il senso relativo della morte.
Dipasquale, che ha lavorato strettamente con Camilleri, dirige un cast di bravi attori capaci di giocare il gioco dell’usurpazione. Tutti scìppano qualcosa a qualcuno, il potere innanzitutto. Anche Prospero usurpa un potere, quello di Sicorace, la creatura stregata che abitava sull’isola dall’inizio del tempo. E intanto, alla base, bolle e ribolle la possibile rivolta dei deboli contro i forti. Insomma, in un’atmosfera azzurra che è sì dell’isola shakespeariana, ma soprattutto della Sicilia, una “Tempesta” divertente, divertentissima, piena di humour come “La Giara” di Pirandello. Fino al 15 luglio.
Rita Sala
 
 

Corriere della sera, 7.7.2007
Guglielmi: si scrive solo pensando al video Anche il libro di Ammaniti mi ha deluso
Plagiati dalla Tv

Difficile per un critico resistere alla tentazione di dare un giudizio su Niccolò Ammaniti, fresco vincitore del premio Strega. Tanto più che Angelo Guglielmi arriva dopo la stroncatura in diretta tv pronunciata da Mario Fortunato.
[…]
E sul piano delle strutture, abbiamo scoperto il genere...
«Gli italiani non hanno mai saputo scrivere gialli, cosa che sanno fare meglio gli americani o gli inglesi. Il thrilling non rientra nel nostro Dna, più disposto al dramma psicologico o di idee. Da qualche tempo la maggior parte della narrativa italiana o comunque quella di maggior successo, e forse di miglior qualità, appartiene al genere giallo, noir o poliziesco».
La televisione ha favorito questo nuovo modo di scrivere?
«Direi che il massiccio ritorno al genere è dovuto anche alla tv: sono libri di facile riconoscimento che servono alla televisione e le case editrici volentieri favoriscono la domanda televisiva o cinematografica, ne accettano lo stimolo e la sollecitazione. Così, ci si muove entro spazi prefissati e poco originali ma interessanti sul piano commerciale, perché soddisfano il grande pubblico televisivo».
Ma scrittori come Camilleri e Lucarelli, che hanno richiamato verso il romanzo un pubblico non abituale, alla fine hanno fatto bene o male alla letteratura?
«Camilleri è il più furbo: ha capito che con la capacità di attrazione dell'intreccio doveva coinvolgere anche la lingua e attraverso il suo siciliano ha realizzato con astuzia questo proposito. Ovviamente non è né Verga né Vittorini, ma funziona per il mercato televisivo».
E Lucarelli?
«Le sue sono storie di facile presa ma caricate di una forte tensione civile: una volta si diceva che gli italiani non sapevano raccontare il loro Paese. Oggi, con il giallo, questa critica è superata. Ovvio che non sempre Lucarelli coglie l'obiettivo: varia da libro a libro, ma è interessante».
[…]
Paolo Di Stefano
 
 

La Sicilia, 7.7.2007
Comiso e lo scrittore, amore infinito
I volti di Giuseppe Leone mostrano una Sicilia, e non solo, coinvolgente e carica di passioni

[…]
Alle ore 19,30 nella sala mostre della Fondazione, seguirà l'inaugurazione della mostra fotografica "Altri volti" di Giuseppe Leone, accompagnata da un volume fotografico edito dalla Fondazione stessa. "Con la pubblicazione di 'Altri volti. 1983-2007', la Fondazione Bufalino vuole rendere un doveroso omaggio ad un artista ibleo, che, come Gesualdo Bufalino, ha contribuito, grazie alla sua arte, a rendere la nostra provincia universalmente nota - spiega il presidente della Fondazione Bufalino, Salvatore Sallemi, ideatore e promotore della serata -. Questo volume di fotografie ci svelano un Leone insolito. Il suo racconto per immagini prescinde, per una volta, da paesaggi rurali, architetture urbane, cerimonie religiose e feste popolari, ma passa attraverso i volti di uomini e donne. Volti di uomini e donne di cultura, in prevalenza siciliani. Così, volto dopo volto, passando da Leonardo Sciascia a Gesualdo Bufalino, da Vincenzo Consolo ad Andrea Camilleri, da Piero Guccione a Franco Battiato, viene fuori un immagine della nostra terra assai diversa da quella folcloristica e negativa che ci propinano certi reportage giornalistici. Una Sicilia colta, improntata a rigore morale, una Sicilia che, nel campo della cultura, non teme confronti con nessuno, una Sicilia d'eccellenza. In altre parole, il vero volto della Sicilia".
(A. L.)
 
 

La Sicilia, 8.7.2007
Successo a Roma di Di Pasquale
«La tempesta» approda di nuovo in Sicilia

Chi non vorrebbe naufragare nel mare tumultuoso di Prospero, mago e Duca di Milano, e la sua straordinaria compagnia di guitti diretta dalla premiata ditta Camilleri- Dipasquale? Troppo ghiotta l'occasione, per lasciarsi scappare la loro edizione made in Sicilia del capolavoro di William Shakespeare "La Tempesta". In scena al "Silvano Toti Globe Theatre" (fino al 15 luglio), dove sta riscuotendo successo e divertiti applausi ogni sera, lo spettacolo non poteva trovare cornice migliore. Il "Globe" romano è l'esatta copia dell'omonimo storico teatro londinese, sede del bardo di Stratford on Avon. Una magica scatola poligonale, immersa nel verde di Villa Borghese, con due ordini di balconate coperte, e una zona, all'aperto intorno alla pedana degli attori per gli spettatori in piedi. Dipasquale firma una regia guizzante, giocando tra sogno, illusione, fantasia, tragico e comico, toni popolari, travestimenti e paradossi in perfetta sintonia con la lingua camilleriana. Fulvio D'Angeloè un Prospero efficace, stizzoso ed egoista, Marcello Perracchio un Ariel umanissimo e malinconico, imprigionato in un corpo non più giovane, il suo spirito bambino è impersonato dalla promettente e vivace Chiara Seminara. La dolcezza e l'ingenuità di Miranda sono affidate alla brava Valeria Contadino, innamorata di un entusiasta Filippo Brazzaventre nel ruolo di Ferdinando. Strepitoso ed esilarante il duo formato da Stefanio e Trinculo, Angelo Tosto e Mimmo Mignemi, che "ubriacano" con maestria comica il pubblico con gags e macchiette irresistibili. Una nota particolare merita il mostro "babbano" Calibano, interpretato da Alessandra Costanzo. Una sorta di bambolona sexy, esasperatamente divertente e audace, parrucca fucsia, corpetto sadomaso, stivaloni e calze a rete. Incarna un Calibano fuori degli schemi che ancheggia, ammicca, provoca, se la spassa. Con loro in scena la banda bislacca e vociante dei nobili interpretati da Gianpaolo Romania, Riccardo Maria Tarci, Aldo Toscano e Nino D'Agata. Il simbolismo shakesperiano si trasforma in scenografia verbale, si mescolano i toni con un linguaggio accessibile a tutti, illusione metateatrale e realtà sognante. Spettatori e attori, così limitrofi quasi da poterci toccare, ci tuffiamo tutti con la mente e con il cuore nell'isola elisabettiana a forma di Trinacria. Lo spettacolo dopo le date romane, sarà a Segesta il 27 e 28 luglio.
Francesca Motta
 
 

La Sicilia, 8.7.2007
Dov'è il teatro in formato tv?

Sono talmente buone le notizie arrivate dal Roma Fiction Fest che un po' ci spaventiamo. Il festival delle anteprime televisive sul grande schermo non solo ha dedicato un'intera notte di proiezione al kolossal "Guerra e Pace" coprodotto da Italia, Germania, Francia, Russia, Polonia e Spagna, ma ha fatto da cassa di risonanza per l'annuncio ufficiale dell'imminente ritorno ai classici da parte della Rai. Dickens (David Copperfield), Puskin (La figlia del capitano), Gadda (Quer pasticciaccio brutto de via Merulana) e poi un nuovo Pinocchio e addirittura la possibilità di nuovi Promessi Sposi.
Per sapere in che modo questo ritorno avverrà, come sarà rinnovato il modulo dei vecchi sceneggiati, se ci si adeguerà al gusto di un pubblico abituato alla fiction, insomma per capire se le predette notizie sono effettivamente buone, non resta che aspettare. E intanto occuparsi di un altro evento collegato al Roma Fiction Fest, e cioè l'incontro del pubblico di appassionati con Andrea Camilleri in quella che nel mondo anglosassone viene definita una "master class", la lezione di un maestro.
Maestro di teatro televisivo prima ancora che di serialità televisiva e di letteratura. Arrivato in Rai negli anni '60, alla radio e poi al secondo canale: "Non ne sono più uscito, neanche quando l'ostilità degli intellettuali nei confronti della tv era molto forte e mi fu affidata la produzione di 8 puntate televisive di altrettanti testi teatrali di Eduardo De Filippo. Neanche quando la Rai abdicò alle sue funzioni pubbliche in seguito alla nascita delle tv private che facevano audience con il varietà. Neanche quando 800.000 spettatori per una serata di Rascel o di Peppino De Filippo erano considerati un fallimento e tu ti disperavi perché sapevi che stavi perdendo mentre vincevi".
Perdere o vincere. Due possibilità il cui senso in campo culturale è stato completamente ribaltato dal momento in cui, come dice il filosofo Umberto Galimberti, il denaro è diventato l'unico generatore simbolico della nostra società. Dal punto di vista del denaro, il teatro in tv è senz'altro perdente. E come tale espulso dai programmi Rai già alla metà degli anni '70. A parte rari esempi, come l'attuale serie "Palcoscenico" su Raidue, che a notte fonda trasmette spettacoli ripresi appunto come sono in palcoscenico.
Ma il teatro ripreso così com'è, però senza pubblico in sala, secondo Camilleri "diventa un vizio solitario". Quello che invece potrebbe rappresentare la boccata d'aria di cui ha bisogno la tv italiana è il teatro in forma televisiva. E qui torna la questione economica: "trasformare il teatro in tv costa molto perché non basta riprenderlo ma va completamente ripensato. In ogni caso è un rischio che la tv dovrà affrontare, come un canto del cigno, prima di morire".
Avrà magari ragione il critico televisivo Aldo Grasso quando afferma che la buona fiction, soprattutto americana, è da considerare il meglio che l'attuale cultura sappia esprimere. Ma a molti di noi, prima di morire, piacerebbe sentire il canto del cigno di cui ha parlato Camilleri proprio al Fiction Fest.
n.spadaro@libero.it
 
 

Capital.it, 9.7.2007
Andrea Camilleri in Capital Superstar
Camilleri professore. Grande autore e produttore televisivo, grande giallista ma anche straordinario affabulatore. Andrea Camilleri ha tenuto una lezione sulla televisione a Roma, al Festival della Fiction.
 
 

Gli Apoti - Quelli che non la bevono, n.2, 7.2007
Interviste
Andrea Camilleri: “Montalbano? Me l’ha ucciso la TV”

È sera quando Andrea Camilleri ci accoglie nella sua casa di via Asiago, a Roma. Indossa un completo grigio ed una camicia azzurra.
Una dopo l’altra, fuma instancabilmente le sue «sicarette», come nelle celebri imitazioni di Fiorello. Alla prima domanda, sulla fine del commissario più amato e plagiato d’Italia, ci risponde: «Ho già da qualche tempo scritto l’ultimo romanzo della serie, che conservo nel cassetto della Sellerio, e quindi ne conosco l’esito. È cosi che, un po’ a ritroso, molte cose di quel libro stingono su quelli che scrivo e diventano come preparatori. In ogni caso detesto mantenere segreti sui romanzi come se fossero quelli della Madonna di Fatima. Qui però, devo farlo per forza perché si tratta dell’eliminazione di un personaggio che decide di finire in quanto tale».
In che senso?
È un po’ difficile da raccontare.
Diciamo che decide di mettersi in contrasto dialettico con il suo autore. La sua fine è causata da una sorta di graduale perdita di identità del personaggio letterario a favore (e con suo scorno) del personaggio televisivo.
Se non la fine, può raccontarci l’incipit?
(Ci pensa per un po’, poi dice: Va bene). Montalbano riceve una telefonata che lo avvisa che hanno sparato ad un uomo in mezzo alla strada. Appena recatosi sul luogo del delitto, sente un coro aereo: «U commisariu arrivò, u commissario Montalbano». «Cu, chiddu ra televisione?» chiede uno. «No, chiddu veru» gli risponde l’altro. Ed il vero Montalbano - quello del libro insomma - comincia a chiedersi se non stia agendo in un certo modo solo perché l’ha visto in televisione.
È così che inzia la battaglia col suo doppio che lo porterà alla sua fine.
A proposito di televisione, negli ultimi suoi libri emerge una certa insofferenza.
Ai miei tempi c’erano Studio1 e le Kessler, adesso ci sono solo diverse paia di cosce di una volgarità estrema. Con l’avvento delle televisioni commerciali - che, vivendo di pubblicità, dovevano adeguarsi al livello più basso possibile - il gusto si è notevolmente imbastardito. E la Rai non ha saputo mantenere la sua funzione educativa di un tempo.
Lei quindi esclude la possibilità di una buona tv con alti ascolti.
È possibile, ma quei pochi programmi che ci sono, sono ghetti pregiati. In Italia avvengono delle manifestazioni curiose, un po’ come alcuni drogati in crisi di astinenza: quando c’è un buon programma tutti si avventano a vederlo. Ciò dovrebbe essere un buon esempio, ma in realtà i responsabili della programmazione culturale se ne fregano altamente.
Nelle “Ali della Sfinge”, c’è un personaggio, tale Morabito, che lei paragona ad «un surci assicutato da due gatti», la mafia e la legge. Non è significativo che alla fine ceda alla legge pur di non finire nelle mani della mafia?
Lo Stato in Sicilia non è completamente assente. Negli ultimi anni, per dire semplicemente «sono qui», ha pagato un prezzo altissimo di morti. Ma il vero problema è che nei confronti della mafia combatte sempre battaglie di retroguardia. La mafia è invece una società internazionale che ha sicuramente i suoi uffici di ricerca e sperimentazione, anche se magari sui generis. Lo Stato no. Difficile quindi che possa fare un’azione preventiva. Bisogna che ci sia un cambiamento sostanziale nei riguardi della lotta a Cosa Nostra, costringendola a non avere spazi d’uscita. E ciò, ad esempio, è incompatibile con la presenza di diversi parlamentari, condannati ormai in via definitiva.
«Accomenzò a leggiri un libro che era stato elogiato da un giornale che scopriva un capolavoro un jorno sì e uno no». Che rapporto ha con critici e recensori?
Fatta eccezioni di tre o quattro casi, le recensioni ai miei romanzi sono negative. Ciò è forse causato dalla voglia di andare controcorrente, partendo dalla stupida definizione che un libro di successo non può essere un libro di valore letterario. Da uno studio sul Boccaccio si evince che, l’anno stesso in cui diede la redazione definitiva del Decameron, i signori fiorentini se ne fecero scrivere oltre quattrocento copie. Fatte le dovute proporzioni, altro che Dan Brown! Certe volte il dubbio che certi critici non abbiano letto i libri di cui scrivono, viene. Magari hanno letto alcune pagine ed altre le hanno solo annusate, magari sono scettici perché hanno letto solo Montalbano.
Ai critici risponde mai?
No. Ma un’eccezione ci fu: quando facevo il regista teatrale, Nicola Chiaromonte scrisse sul Mondo una stroncatura per la prima assoluta in Italia di un lavoro di Beckett, da me diretto. Tre colonne in cui punto per punto spiegava il dissenso dal mio spettacolo. E io, di questo, lo ringraziai.
A quale degli scrittori siciliani si sente maggiormente legato?
Vitaliano Brancati e Leonardo Sciascia, che sono i due emisferi del cervello siciliano, e cioè la mente razionale e la “corda pazza”.
E della leva di scrittori delle nuove generazioni quale apprezza di più?
Non glielo so dire. Il primo nome che mi viene in mente è quello di Marcello Fois, ma lo stesso vilipeso Ammanniti non è affatto male.
Come lavora Camilleri?
Utilizzo due computer, come macchine per scrivere ipertecnicistiche che mi consentono di accelerare i tempi. Il computer mi ha liberato dalla fissazione di riscrivere intere pagine per singoli errori, ma ho dovuto domarlo come un cavallo: questa rapidità di scrittura mi prendeva la mano.
Più di una volta lei ha scritto del valore della casa, del suo condizionamento e della sua importanza.
Da noi, in Sicilia, come nel Meridione del resto, la casa non è il luogo dell’abitazione ma quello della vita. Ed io, da buon siciliano, nel mio portafogli non ho una fotografia dei miei figli o dei miei nipoti, ma quella della mia vecchia casa di campagna, che ho dovuto lasciare durante l’infanzia. Al Nord questo legame non c’è. Quando facevo alcune trasmissioni d’inchiesta televisive, intervistai una famiglia di immigrati meridionali che si era portata con sé la madre anziana. La signora non riusciva a rendersi conto del perché si trovasse da sola in un palazzo di sei piani e, soprattutto, del perchè non avesse la possibilità di parlare con le vicine.
Nelle “Ali della Sfinge” lei scrive del rapporto tra Montalbano ed una donna svedese, Ingrid. Sembra quasi che guardi con sospetto all’amicizia uomodonna, inevitabilmente vincolata a pulsioni erotiche o sentimentali.
È vero, non ci credo molto, anche se ho fiducia nel controllo dell’istinto d’attrazione, che può essere stimolato da molti fattori. Vede, la bellezza non è solo rappresentata dalla giovinezza o da un paio di tette. Io l’ho trovata anche in donne di settant’anni. Ed anche se questa bellezza femminile non era più praticabile per un verso, era assolutamente raffinata e diluita nei modi della vecchiaia.
Oltre che l’uomo, ciò riguarda anche la sensibilità e l’attrazione di una donna.
Riguarda soprattutto la donna, della cui supremazia anche intellettiva io non ho il minimo dubbio. Personalmente sarei anche felice di un mondo governato dalle donne. Essendo le generatrici dell’uomo, hanno un elemento prezioso e aggiuntivo rispetto a noi uomini.
La realtà siciliana, in questo senso è molto avanti.
Le racconto un aneddoto: mio nonno era formalmente il capo della casa, oltre che l’unico responsabile degli affari della famiglia. Ma la notte, da bambino, sentivo che spesso chiedeva consiglio alla moglie, sussurandole: «Elvirù, Elvirù, che ne pensi di ‘sta cosa?». La nonna gli rispondeva e lui agiva di conseguenza. Anche se, ufficialmente, Don Vincenzo Fragapane era quello che comandava.
Filippo Maria Battaglia
[L’intervista è stata in origine pubblicata su “Anna”]
 
 

Stilos, 10.7.2007
Il libro. Un romanzo nato sul modello di Montalbano
Sono stato a scuola di Camilleri
”Il maestro di Betlemme”, Matt Beynon Rees, Cairo Editore, Collana Scrittori stranieri, Euro 17. Traduzione di Annibale Manazza

In una Betlemme contemporanea, divisa dai conflitti e dalle molteplici culture, un insegnante di storia musulmano, Omar Yussef, e un suo ex allievo cristiano, George Saba, mantengono un’amicizia al di là di ogni pregiudizio.
Ma un giorno il giovane allievo viene arrestato dalla milizia palestinese con un’accusa gravissima: collaborazionismo con gli israeliani. Nessuno vuole difenderlo e c’è di mezzo anche l’uccisione di un miliziano.
Omar Yussef, professore mite e dedito all’insegnamento e alla famiglia, decide di non abbandonarlo. Entra in un’indagine pericolosa alla ricerca delle prove che possano scagionare Saba, si imbatte in una realtà che è dura e crudele.
Matt Beynon Rees, giornalista gallese di 40 anni, è stato corrispondente del “Time” da Gerusalemme per un decennio, nel periodo terribile della seconda Intifada.
Profondo conoscitore della realtà mediorientale, nonché della lingua araba, che ha fortemente voluto imparare per poter avere un maggior contatto con la popolazione locale, ha iniziato a scrivere la saga di Omar Yussef spinto dalla lettura dei romanzi di Andrea Camilleri.
Negli Stati Uniti “Il maestro di Betlemme” è stato inserito nell’elenco dei migliori dieci noir dell’anno ed è già stato tradotto in quattordici lingue.
Stilos lo ha intervistato.

D - Perché un giornalista decide di raccontare la realtà del Paese ove lavora con un romanzo, oltre che con gli articoli?
Rees – Devo ammettere che è stata proprio l'Italia a giocare un ruolo fondamentale nella decisione di scrivere un romanzo. Qualche anno fa ho letto il primo libro di Andrea Camilleri che è stato tradotto in inglese, e cioè "La forma dell'acqua", e ho avuto una vera e propria rivelazione. Ho imparato molto di più sulla cultura della Sicilia da questo romanzo di quanto avessi appreso attraverso la lettura di un paio di testi di storia e di numerosi articoli giornalistici dedicati a quest'isola. mi sono quindi chiesto "Come mai un romanzo giallo mi ha dato di più, in termini di approfondimento, di quanto avessero fatto dei libri specialistici e degli articoli?". Beh, il segreto, secondo me, sta nel fatto che c'è un solo personaggio veramente centrale, nel romanzo; e questo personaggio, Salvo, così forte e ben caratterizzato, riesce a portare il lettore non solo nella vicenda del romanzo, ma proprio nella cultura, nelle tradizioni, nella storia, nel modo di pensare del suo popolo e della sua terra.
Ho quindi cercato di fare la stessa cosa con il mio romanzo: di trasferire quell’idea di detective-story con un personaggio forte come quello di Montalbano dalla Sicilia alla Palestina, utilizzando un cliché in realtà reale. Perché Yussef, il mio personaggio, si basa su una persona che esiste veramente, un mio amico. Ho costruito su di lui la figura del mio protagonista.
D - Ha quindi deciso che il giornalismo non le permetteva di arrivare dove avrebbe voluto?
Rees - Proprio così. Ho vissuto in Israele e in Palestina per ben 11 anni, e credo di essere riuscito abbastanza bene ad entrare nella mentalità palestinese, e a capire la gente, il loro modo di ragionare.
E dopo tanti anni mi sono anche reso conto di quanto sia difficile per un giornalista poter rappresentare le loro idee.
Questo perché il giornalismo stesso ha dei vincoli, giustamente. Il primo vincolo è quello dell’obiettività. Si può scrivere solo di ciò che si vede e di ciò di cui si è testimoni diretti. Il giornalista non può mai cercare di entrare nella testa delle persone. Qualunque cosa ne venga fuori, sarebbe solo una sua supposizione.
Volevo in qualche modo superare questo tipo di vincolo, e attraverso il mio detective –modellato, appunto, sul Montalbano di Camilleri- ho cercato di aprire una finestra sul mondo palestinese; una finestra dall’interno.
Dicendo cose che solo la forma del noir mi ha permesso di dire.
Volevo trasmettere il gusto, il sapore, la luce e le ombre di questo mondo.
D – Il Suo romanzo tuttavia sa essere anche molto cupo…
Rees – Sì, e in effetti è stato definito dalla stampa americana il giallo più cupo che sia mai stato scritto. Questa mi sembra effettivamente una definizione esagerata, ma certo il tono principale non è così lieve come quello che utilizza, benissimo, il mio ispiratore siciliano.
Perché ovviamente io prendo spunto da una situazione molto tragica già in partenza. Ma credo che ci sia anche una nota fortissima di speranza, per quanto riguarda il futuro del popolo palestinese. Del resto questo è pure il sentimento che anima Omar; che è un detective per caso, e quindi non è solo interessato a indagare e a punire i colpevoli di determinati crimini, ma piuttosto ha a cuore la situazione futura della sua terra.
La metalità del mio protagonista è anche la mentalità di molti dei palestinesi che io in questi anni ho conosciuto. Dei politici, come dei medici, degli insegnanti, della gente comune. Tutte persone che hanno in testa soprattutto una cosa. Cambiare il futuro del proprio popolo. Certo la violenza in Palestina c’è, c’è anche una situazione molto difficile; ma esiste anche un futuro. Deve esistere.
[…]
Maddalena Bonaccorso
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 10.7.2007
Il libro
Le storie clandestine di Valentina Loiero

Storie di coraggio, speranza e disperazione coinvolgono uomini e donne che si avventurano nelle 190 miglia di mare che separano la Libia da Lampedusa. Cinque drammi di un´umanità spesso invisibile narrati da una giornalista. È questo "Sale nero. Storie clandestine", libro di Valentina Loiero, inviata del Tg5, che sarà presentato oggi alle 17,30 alla libreria Kalhesa, in via Foro Umberto I 21. Non solo racconti, ma anche riflessioni su Lampedusa e i suoi abitanti, preoccupati di proteggere la propria terra dall´immigrazione. Un fenomeno gestito in maniera sempre più repressiva. Ma l´idea del mare è proposta anche da un altro punto di vista. Andrea Camilleri infatti, in un´intervista all´interno dello stesso libro, lo descrive come «una congiunzione tra culture destinate a sposarsi», una visione multietnica e aperta alle altre popolazioni. Valentina Loiero, che parteciperà all´incontro, approfondisce da anni il tema degli sbarchi clandestini in Italia. Saranno presenti anche Laura Boldrini, autrice della prefazione e portavoce dell´Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati, Ignazio De Francisci, Fulvio Vassallo, i giornalisti Franco Nuccio e Lamberto Sposini.
Barbara Masulli
 
 

JessicaRulestheUniverse.com, 11.7.2007
The Inspector dines

I’m reading the Inspector Montalbano series by Andrea Camilleri (translated from the Italian by Stephen Sartarelli). Murder, the human condition, and food—why didn’t I think of that? Oh right, because I don’t know how to write about food. The novels are all set in Sicily, in the town of Vigata, which was based on Camilleri’s hometown of Porto Empedocle, which has been renamed Vigata in honor of the series. The middle-aged Inspector Montalbano may be the most charming police detective currently in print: funny, cynical, possessing a finely-developed sense of the ridiculous and a passion for food. His lowest moments are triggered by the evil that men do, the Berlusconi government, and bad food. He flees in horror from the vice-commissioner’s wife’s cooking, and falls into a depression when the owner of his favorite trattoria retires. He is overcome with disgust when his assistant Mimi Augello (male) sprinkles Parmesan on a dish of pasta with clams. Montalbano solves mind-boggling cases with intuition, logic, and inspiration derived from literature (he loves Faulkner). He’s been involved with his girlfriend Livia forever, but has managed to avoid marrying her; meanwhile he fends off the advances of beautiful women such as Ingrid the Swede. He’s also a synesthesiac—he perceives smells as colors.
A terrible meal reads like this: “Montalbano took a bit less of a liking to Giulia, owing to the shamefully overcooked pasta, a beef stew conceived by an obviously deranged mind, and dishwater coffee of a sort that even airline crews wouldn’t foist on anyone.”
A good meal: “He gobbled up a sauté of clams in breadcrumbs, a heaping dish of spaghetti with white clam sauce, a roast turbot with oregano and caramelized lemon, and he topped it all off with a bitter chocolate timbale in orange sauce. When it was all over he stood up, went into the kitchen, and shook the chef’s hand without saying a word, deeply moved.”
The translator provides helpful notes on Sicilian culture, history, and dialect at the back of the book, viz. “sardines a beccafico: a famous Sicilian specialty named after a small bird, the beccafico, which is particularly fond of figs; indeed the name beccafico means ‘fig-pecker’. The headless, cleaned sardines are stuffed with sauteed breadcrumbs, pinenuts, sultana raisins, and anchovies, then rolled up in such a way that, when removed from the oven, they resemble the bird.” Mmm.
Do you know of any Filipino detective novels?
Jessica Zafra
 
 

La Repubblica, 11.7.2007
Il caso. Se il lettore s´appropria del testo
Simenon & C. hanno licenza di uccidere?
In Misery una lettrice pazza si vendicava di King

Harry Potter contro gli sterili dibattiti letterari. Non è il titolo dell´ottavo, imprevisto e non auspicabile volume della saga, ma l´esito del settimo. Il furbo pre-annuncio della morte di uno dei protagonisti ha accresciuto le attese, ma anche modificato i termini di una vecchia questione. Lo scrittore è Dio Onnipotente e fa dei personaggi che ha creato quel che vuole, oppure anche nella narrativa non c´è Provvidenza o destino, gli umani di carta prendono il sopravvento, seguono il libero arbitrio e vanno incontro alla sorte che si scelgono? Gli autori egocentrici hanno sostenuto la tesi della propria deità, quelli finto modesti della laicità del mondo a cui pure con un soffio e un pensiero avevano regalato la vita. Nel tempo perfino gli Autori (i deisti) più fortunati hanno finito per stancarsi della loro creazione. Il fatto è che il personaggio non ammazza soltanto l´attore, ma anche l´Autore. Montalbano non è solo Zingaretti, è anche Camilleri (che infatti ne ha scritto e messo in cassaforte la fine). Salgari, benché travet prigioniero di una famiglia a Torino, era Sandokan (che è stato anche Kabir Bedi). Simenon ha dovuto attendere anni perché si scoprisse, quando già macerava due metri sotto terra, che non era Maigret, ma altre, ben più complesse e terribili, creature.
[...]
Gabriele Romagnoli
 
 

Libertà, 12.7.2007
Per i lettori di Libertà quattro imperdibili volumi con le avventure del personaggio creato da Andrea Camilleri
Estate all'insegna del giallo col commissario Montalbano

Buona estate con Libertà. Anche durante i mesi torridi e afosi che attendono coloro che rimarranno in città (ma anche gli altri, per una questione di giustizia!), il quotidiano di Piacenza non abbandona i suoi numerosi ed affezionati lettori alla noia ed alla calura vacanziera. Con l'estrema cura che da sempre contraddistingue le sue iniziative, variegate e rivolte a tutti, pure stavolta riserva una sorpresa. Un "dono" letterario, che potrà essere apprezzato non solo dai fans più agguerriti del genere, ma anche da chi, stanco dell'ennesimo film datato riproposto dai palinsesti di qualsiasi televisione, non sa come trascorrere le lunghe ore pomeridiane e serali, chiuso nel proprio rifugio cittadino. Quello che Libertà offre ai suoi lettori, per il mese di luglio, è un libro, o meglio, quattro volumi che andranno a formare una collana interessante, che da parecchi anni riscuote un notevole successo. Protagonista delle uscite un personaggio d'eccezione, il commissario Montalbano, creato dalla penna e dall'immaginazione, entrambe altrettanto fertili, di Andrea Camilleri, noto autore siciliano, di Porto Empedocle per la precisione, che ha al suo attivo ben trent'anni di attività come romanziere: esordisce infatti nel 1978 con "Il corso delle cose" e due anni dopo pubblica già il secondo romanzo, intitolato "Un filo di fumo". Ma è con i volumi dedicati alla "saga" di Montalbano che Camilleri raggiunge l'apice del successo, indubbiamente favorito anche dalla notorietà del personaggio, portato "in scena" come protagonista di una fiction di successo da un Luca Zingaretti in splendida forma. Per chi non aveva ancora letto la fonte letteraria da cui la serie televisiva è stata tratta, il popolare commissario di Vigata ha la voce e l'aspetto del bravo attore, che con notevole talento ha saputo identificarsi in un personaggio che si evolve nel corso delle indagini, che muta con gli anni, rivelando il suo lato più umano e nascosto. Lo stesso che i lettori hanno trovato nel primo volume della raccolta, "Un mese con Montalbano": un'antologia di trenta racconti, da leggere tutti d'un fiato o gustandoli lentamente, assaporando la pienezza solare della parlata siciliana che fa da contrappunto allo stile essenziale ed asciutto delle vicende narrate.
Tre racconti, legati dalla comune assenza del delitto di sangue ("Non c'è un morto, in queste pagine" ha evidenziato Camilleri nella nota a fine libro), costituiscono il secondo volume il edicola sabato, "La prima indagine di Montalbano": tre misteri, che presentano un giovanissimo poliziotto all'inizio della carriera, che si destreggia fra passioni improvvise ed inquietanti colpi di scena, che lo portano spesso lontano dall'amata Vigata. A comporre "La paura di Montalbano", terzo libro della collana, saranno invece sei racconti sorprendenti, incentrati su un commissario che prima di tutto è un uomo, con le sue fragilità e le sue intemperanze. A concludere "Gli arancini di Montalbano", una raccolta di storie crudeli e assurde, che hanno di nuovo come protagonista l'eroe siciliano, disposto a farsi corrompere solo dalla "celestiale bontà" degli arancini di riso della "cammarrera" Adelina. Un uomo con un'esistenza ordinaria, un funzionario integerrimo, con un'eterna fidanzata lontana, in Liguria, e tre grandi passioni: il cibo, il buon vino e la letteratura. Descritto così, il protagonista dei libri di Camilleri sembra banale, addirittura scialbo: ma è un personaggio che si scopre man mano, pagina dopo pagina, proseguendo nella lettura di indagini raccontate con sagacia e realismo, resi attraverso un linguaggio che affonda le sue radici nella colorita parlata siciliana. E' uno straordinario campionario di delitti, premeditati o preterintenzionali, inscenati, minacciati o solo simulati, l'iniziativa che Libertà ha pensato per i suoi lettori: un mondo feroce e violento, che Salvo Montalbano affronta, applicando le armi della logica, ma anche quelle della pietà e dell'umorismo. Brusco, talvolta scorbutico, ma dotato di un'irresistibile carica di umanità ed ironia, il commissario di Vigata si trova coinvolto in vicende misteriose, sullo sfondo di una Sicilia dura e aspra, tra antiche mulattiere e polverosi viottoli, alla ricerca di una soluzione che non sempre si rivela atrocemente delittuosa ed insanguinata: furti senza furto, infedeltà coniugali, indagini sulla memoria, che avvengono talvolta lontano dal paesino di Montalbano e risalgono addirittura agli inizi della carriera del poliziotto. Quattro libri da gustare a fondo, solo con Libertà.
 
 

Il Messaggero (Umbria), 13.7.2007
Da sempre la città è meta di intellettuali
Da Zeri a Sgarbi passando per Moscati e Canevari
Andrea Camilleri. Elogio alle fettuccine di Amelia
Il bel ricordo del “fenomeno” che ha creato Montalbano

Amelia ha conservato l’aspetto che l’orma della storia le ha impresso, soddisfatta di essere rimasta lontana dal rumore della vita intensa che corre sulle vie di grande traffico e i palazzi gentilizi, così nobili nelle loro forme classicheggianti, danno il senso della quiete provinciale. Da secoli luogo di incontri e di passaggi di milizie, di diplomatici, di prelati, di curiosi viaggiatori è comunque luogo in cui la storia fluisce con un ritmo pacato e tranquillo. Questa tradizione d’interesse, quasi flaneur, si perpetua tutt’oggi nell’interesse attento e curioso degli intellettuali contemporanei.
[...]
Il maestro Angelo Canevari discende da una famiglia di artisti che dal secolo XVIII ha contribuito a definire l’immagine di Roma. Artista all’antica, di tecnica perfetta, ha prodotto monete, sculture, porte di bronzo e disegni, opere di scenografia ed ha illustrato opere letterarie. Ha tenuto settanta personali in Italia ed all’estero, esponendo in musei di tutto il mondo. Canevari appartiene alla schiera degli artisti-filosofi ed ha scelto di vivere in Amelia nella villa che il generale Armando Diaz donò alla figlia. Qui, nel silenzio della campagna umbra che lui ama, lavora intrecciando i “segni” della fervida fantasia con quelli dell’anima dell’artista.
Canevari fece conoscere Amelia ad Andrea Camilleri, protagonista del cosiddetto “fenomeno letterario Camilleri” per i suoi romanzi dove la lingua si alterna al dialetto siciliano, rendendo il racconto vivace e brillante. Lo scrittore tenne nella scuola media alcune lezioni, visitò la città, si intrattenne con noi amerini, amichevolmente, apprezzò la cucina amerina, i suoi cento sapori ed i suoi profumi. Amò indugiare sulle gustose fettuccine, sugli arrosti, orgoglio di noi donne, sulle promettenti salsicce cotte alla brace. Ha lasciato un bel ricordo, è un personaggio di grande spessore che riesce a stupire e che riesce a farsi amare, come del resto amiamo leggere i suoi romanzi.
Igea Frezza Federici
 
 

Il Giornale, 14.7.2007
Gialli, noir & Co. Delitti da viaggio

Se fare la valigia per le vacanze è sempre stato complicato, farla in questi giorni, in cui si sono irrigidite le norme di controllo aereo, lo è ancora di più. I libri voluminosi potrebbero nascondere qualcosa di impenetrabile ai raggi X e questo vi costringerebbe a mostrarli agli agenti (anche se nessuno di loro ipotizzerà che il vero pericolo esplosivo sia contenuto nelle parole di quei volumi).
Onde evitare inconvenienti vi proponiamo una lista di libri non particolarmente ingombranti per il trasporto. Per cominciare con il passo giusto le vostre crociere con delitto estive è adattissimo “Le inchieste del commissario Collura” (Mondadori, pagg. 109, euro 8) di Andrea Camilleri. Farete qui la conoscenza del commissario di bordo Vincenzo Collura, un ex poliziotto amico di Montalbano il quale, ferito durante una sparatoria, vive una convalescenza forzata proprio su una nave da crociera, scoprendo che anche i detective di bordo possono non annoiarsi, occupandosi di casi «piccoli e divertenti» come «il mistero del finto cantante, il fantasma apparso in una cabina, lo scambio tra due gemelle». Nello zaino i camilleriani doc dovranno inserire anche “La pista di sabbia” (Sellerio, pagg. 263, euro 12), indagine che vede il commissario Montalbano ficcare il naso nel mondo delle scommesse clandestine di cavalli. Un territorio criminale esplorato anche in tre recenti racconti raccolti nel volume “Fotofinish” (Edizioni Ambiente, pagg. 125, euro 10) firmati da Giacomo Cacciatore, Gery Palazzotto e Valentina Gebbia.
[…]
Luca Crovi
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 14.7.2007
La rassegna. Dopo gli Aretuska, stasera sul palco la band palermitana
Roy Paci e Agricantus, il Womad di Taormina scopre il sound siciliano
Il trombettista di Augusta: “Oggi la nostra musica ha più visibilità”

[…]
Il fenomeno della sicilitudine ritrovata rompe gli argini della musica e conquista anche la letteratura, grazie a personaggi come Camilleri. “Sono d’accordo – continua Paci – Camilleri è un grande, con la sua ironia riesce a dire molte più cose di tante altre persone.
[…]
Mario Di Caro
 
 

APCom, 16.7.2007
RAI/ Speciale "Gap" dedicato a Falcone e Borsellino
Ripercorre cammino dei due giudici divenuti simbolo lotta mafia

Roma - Sarà dedicato a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino uno speciale di "Gap. Generazioni alla prova". Il documento "Quindici anni" di Vittorio Rizzo, in onda martedi 17 luglio su Raitre alle ore 00.40, ripercorrerà il cammino dei due giudici, uccisi nel 1992, divenuti un simbolo della lotta alla mafia, della giustizia e dell'educazione alla legalità. Lo speciale intende rinnovare la memoria delle loro figure, attraverso le parole dello stesso Borsellino e dello stesso Falcone e le testimonianze del Procuratore Antimafia Pietro Grasso, del Prof. Luigi Berlinguer, oggi membro del CSM, e dello scrittore siciliano Andrea Camilleri.
 
 

Agrigentonotizie.it, 18.7.2007
Cronaca - Porto Empedocle
Conferenza stampa su "La Mia Vigata"

Venerdi’ 20 luglio alle ore 17.30 il sindaco Calogero Firetto e l’assessore allo Sport, Turismo e Spettacolo Edoardo Carmina incontreranno la stampa per illustrare le iniziative legate allo sviluppo dell’immagine turistica di Porto Empedocle, la Vigata di Camilleri.
Sarà l’occasione per presentare il cartellone dell’Estate Empedoclina e le iniziative di restauro dei beni monumentali ed artistici in corso di finanziamento da parte della giunta comunale.
All’incontro prenderanno parte giornalisti di testate nazionali di turismo e cultura impegnati in un press trip alla scoperta del borgo marinaro, della cucina del mare e dei luoghi letterari di Pirandello e Camilleri. E’ prevista una visita guidata al giardino della Kolymbetra ed alla casa natale di Pirandello.
L’autore della fortunatissima serie del Commissario Montalbano e di recenti successi letterari, da sempre impegnato nella tutela del paesaggio dell’ isola, è nato nel borgo agrigentino e, come ha spesso affermato, ha sempre avuto in mente i luoghi, gli odori ed i sapori di Porto Empedocle, la sua Vigata, dove spesso ritorna per trascorrere le vacanze di mezzo agosto mantenendo un forte legame con i luoghi della sua infanzia e con la gente di mare.
Nel corso della conferenza stampa verranno proiettate alcune sequenze di una recente video-intervista con Camilleri, mentre il giornalista Lorenzo Rosso presenterà il suo ultimo libro inedito “Caffè Vigata” in distribuzione a settembre.
 
 

Travelnostop, 18.7.2007
La Vigata di Camilleri testimonial di Porto Empedocle
Il paese dell'agrigentino punta a sviluppare una nuova immagine turistica

In vacanza a Vigata, nel paese del commissario Montalbano. Impossibile? No, perché nonostante il paesino siciliano non sia segnato su alcuna carta geografica, neppure quella più dettagliata, Andrea Camilleri, l'autore della fortunata serie di romanzi, ha sempre avuto in mente i luoghi, gli odori e i sapori di Porto Empedocle, la sua città natale, mentre scriveva. Nasce, quindi, proprio dal successo del romanzo e conseguentemente dei luoghi in cui sono ambientati i romanzi e poi la serie televisiva, l'idea di lanciare Porto Empedocle nell'immaginario turistico nazionale, inserendo il paesino dell'agrigentino tra gli itinerari di chi vuole scoprire la Sicilia più autentica. Un primo passo era già stato compito all'ultima Bit di Milano, quando venne proposta in conferenza stampa la video-intervista con lo scrittore siciliano. Venerdì 20 luglio alle ore 17.30 alcune sequenze di quella stessa intervista verranno riproposte ai giornalisti di testate nazionali di turismo e cultura durante un incontro con il sindaco di Porto Empedocle Calogero Firetto e l'assessore allo Sport, Turismo e Spettacolo Edoardo Carmina per discutere dello sviluppo dell'immagine turistica di Porto Empedocle. Con l'occasione sarà presentato anche il cartellone dell' Estate Empedoclina e le iniziative di restauro dei beni monumentali ed artistici in corso di finanziamento da parte della giunta comunale mentre il giornalista Lorenzo Rosso presenterà il suo ultimo libro inedito ''Caffè Vigata'' in distribuzione a settembre.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 19.7.2007
Un'iniziativa del Comune. Previsto anche il menù Montalbano
"Porto Empedocle: la mia Vigàta" un tour nei luoghi di Camilleri

Si presenta oggi [domani, NdCFC] al Comune di Porto Empedocle, in provincia di Agrigento, un nuovo pacchetto turistico sui luoghi di Andrea Camilleri. " Porto Empedocle: la mia Vigàta" è il titolo di un tour attraverso la memoria che lo scrittore ancora conserva della sua terra d'origine: "Il mio paese è un paese di mare - scrive Camilleri - Poi mi è rimasto dentro, ed è una cosa che oggi mi manca, l'odore particolare del porto. Perchè ogni porto ha un suo odore, completamente diverso dagli altri". Fanno così parte dell'itinerario il bar Vigàta, in cui Camilleri amava intrattenersi, la casa di famiglia, il porto e il ristorante Grotta di Vigàta che propone il menù "del commissario Montabano". Per maggiori informazioni è possibile contattare la pro loco o il Comune di Porto Empedocle (telefono 0922.531611).
c.b.
 
 

Libertà, 19.7.2007
Per i lettori di Libertà quattro imperdibili volumi con le avventure del personaggio creato da Andrea Camilleri
Estate all'insegna del giallo con il commissario Salvo

Un successo sempre più grande sembra accompagnare la nuova iniziativa di Libertà, pensata "ad hoc" per tenere compagnia agli affezionati lettori del quotidiano anche durante la calda stagione estiva. Un autore importante, di lunga esperienza, che in anni recenti è stato al centro di ampi dibattiti letterari e critici incentrati sul successo di alcuni suoi romanzi polizieschi. Di nome fa Andrea Camilleri e il personaggio, nato dalla sua fervida e corrosiva immaginazione, è Salvo Montalbano, giovane commissario di Vigata alle prese con indagini e crimini da risolvere sullo sfondo di una Sicilia aspra e sanguigna, cocente e passionale, in cui le tracce immobili di antichi silenzi si mescolano a piccole incursioni trasversali in un mondo violento e nascosto.
Questo lo scenario, rievocato da un figlio di questa terra, bellissima e dannata, con intensa poesia e sconvolgente realismo anche attraverso un linguaggio che dal sostrato locale trae i suoi colori, i suoi spunti più efficaci, la sua vivida sensazione; e tra retaggi di antiche tradizioni popolari ed ironie graffianti che delimitano un universo chiuso di provincia, a muoversi, armato con intuito e umanità, è sempre lui, il commissario Montalbano, uomo burbero ed istintivo, seducente suo malgrado e sagacemente ironico, circondato da figure a volte sinistre o divertenti, paradossali o violente che popolano un piccolo paese di Sicilia. Difficile spiegare compiutamente il perché di un successo senza confini, quello che ha accolto la serie di romanzi polizieschi di Camilleri, fin dal loro esordio: forse il genere a cui tali libri appartengono, il giallo, che da sempre può contare su un pubblico numeroso e appassionato, o forse il tanto decantato fascino della divisa, ma anche l'interpretazione che dell'eroe, ideato dallo scrittore di Porto Empedocle, ha dato Luca Zingaretti in una celebre fiction televisiva. Motivazioni certamente plausibili, seppure limitative di fronte all'estro che emerge in ogni romanzo che ha come protagonista il commissario di Vigata; così anche la terza uscita della raccolta, "La paura di Montalbano", che i lettori troveranno in edicola sabato, insieme al quotidiano, non tradisce le aspettative suscitate dai precedenti "Un mese con Montalbano" e "La prima indagine di Montalbano". Personaggio principale è ancora una volta lui, il poliziotto incorruttibile, talvolta brusco e scorbutico che come sempre si trova alle prese con crimini da risolvere, delitti d'amore, di interesse e di mafia: un uomo con un'esistenza ordinaria, capace di rimanere di "umore nivuro" per le fitte di passionale ma innocua gelosia dovute ad una eterna fidanzata quasi sempre lontana, in Liguria, o per le piccole incompetenze dei suoi colleghi. E' un mondo feroce e violento quello che a volte circonda il popolare personaggio, un mondo che egli affronta con le armi della logica o con quelle della pietà e dell'umorismo: costretto a confrontarsi con delitti che spesso nascono da una logorante quotidianità, Montalbano risponde ogni volta in modo diverso e comunque efficace. Capace di evolversi, oggetto di un percorso di crescita, che lo porta a diventare più duro oppure sensibile al dolore del mondo, avventura dopo avventura egli si rivela nella sua più intima autenticità: il lettore scopre, dietro la corazza indistruttibile del funzionario integerrimo, l'umanità frastagliata e multiforme del Montalbano-uomo, alle prese con paure e dispiaceri del tutto normali e comuni. Ecco la devastante verità che emerge nella terza uscita della collana dedicata all'eroe di Camilleri: brandelli di una personalità complessa, portati alla luce da sei racconti, ripartiti simmetricamente tra lunghi e brevi, dove questi ultimi, più che esemplificare esattamente il genere poliziesco, si connotano piuttosto come storie di incontri occasionali e straordinari. Così "Giorno di febbre", con il quale il romanzo incomincia, che si apre su un Montalbano "assugliato di colpo da una botta di influenza" e coinvolto suo malgrado nella scoperta della reale identità di un vecchio barbone; oppure "Un cappello pieno di pioggia", in cui l'incontro con un antico compagno di scuola dà il via ad una circostanza misteriosa o la strana gita in montagna che fa da sfondo a "La paura di Montalbano".
Tra questi, l'inquietante triangolo di "Ferito a morte", gli spunti onirici de "Il quarto segreto" e il passato da espiare in "Meglio lo scuro".Una serie entusiasmante di colpi di scena in compagnia di Montalbano, uomo normale e forse proprio per questo così amato.
 
 

La Sicilia, 20.7.2007
Oggi conferenza stampa a Porto Empedocle del sindaco Calogero Firetto
«La Vigata di Camilleri siamo solo noi»

Porto Empedocle. Parte di fatto oggi pomeriggio la «riscossa» del paese marinaro verso l'ennesima conferma di come Vigata sia solo Porto Empedocle.
Dopo che per mesi, anzi anni, nelle zone del ragusano hanno «succhiato» senza problemi tutto ciò che riguarda l'opera di Andrea Camilleri, creando un business multimilionario, dalle arancine di Montalbano alle fiction della Rai, l'amministrazione comunale empedoclina passa al contrattacco e oggi esporrà la propria «artiglieria».
Il sindaco Calogero Firetto e l'assessore al Turismo Edoardo Carmina incontreranno, infatti, gli organi di stampa per illustrare i contenuti del cartellone delle attività estive, le iniziative di restauro della Torre di Carlo V, il tutto alla presenza della cantante Leda Battisti che aprirà la serie di concerti d'estate domani sera in piazza Kennedy.
L'appuntamento in programma per le 17,30 in Municipio sarà anche l'occasione per far conoscere, a cronisti di riviste specializzate nel turismo e nella cultura, cosa voglia dire Porto Empedocle-Vigata, attraverso un viaggio che gli stessi giornalisti stanno svolgendo da alcuni giorni in paese.
Sempre nel corso dell'appuntamento di oggi, verrà proiettata una recente intervista ad Andrea Camilleri e un libro-intervista dal titolo «Caffè Vigata» sui luoghi camilleriani in uscita il prossimo 5 settembre. Non si tratta di iniziative commercialmente capaci di far ricavare al paese marinaro un immediato ritorno in termini economici, ma dopo anni di mancati investimenti sull'effetto trainante del Camilleri pensiero, l'iniziativa scatenerà almeno interesse nei media specializzati.
Negli ultimi anni infatti mentre a Ragusa Ibla e dintorni valorizzavano ogni palmo delle proprie spiagge, friggevano centinaia di arancine di Montalbano e spacciavano i luoghi di Vigata per località proprie, a Porto Empedocle si comincia a programmare interventi mirati a ristabilire una verità letterariamente inattaccabile.
Il tutto in attesa che Camilleri torni per qualche altro giorno di vacanza in settembre dopo il blitz dei giorni scorsi.
F.D.M.
 
 

Corriere della sera, 20.7.2007
«Benvenuti a casa Montalbano» Turisti in fila anche dall'Australia
Tutti vogliono dormire nel Bed and Breakfast della fiction

Santa Croce Camerina (Ragusa) - «Montalbano sono...». Nel salone in cui ci si ritrova per la colazione manca solo di sentire la sua voce. Per il resto è tutto uguale alla fiction: i mobili, i quadri e lo splendido mare. Benvenuti in «casa Montalbano». Un set naturale a portata di tutte le tasche. Da qualche anno la casa del commissario più amato dagli italiani è diventata un accogliente Bed and Breakfast, preso d'assalto per i prossimi anni da turisti arrivati da mezzo mondo. «Abbiamo un elenco di prenotazioni che non finisce più - confermano i gestori - arrivano anche dall'Australia e dall'Argentina». Sono qui per rivivere le emozioni della fiction. Come la mattina, quando Margherita serve la colazione nel salone comune accanto alla veranda che guarda il mare di Punta Secca, che poi è una borgata del comune di Santa Croce Camerina. «È un momento magico - racconta un ospite - affacciarsi a questa terrazza è come vivere dentro il film. Era uno sfizio che volevo togliermi da tempo». Casa Montalbano in realtà è un vecchio magazzino del 1904 per la dissalazione delle sarde, i due piani sovrastanti e il grande terrazzo che si vede nella fiction sono stati costruiti solo più tardi. Da tre generazioni è di proprietà della famiglia Di Quattro di Ragusa che ci abita durante l'estate occupando il pian terreno, mentre gli altri due piani (6 stanze) sono riservati agli ospiti. «Abbiamo lasciato tutto come nella fiction. O meglio, la fiction ha lasciato tutto com'era nella casa - racconta il proprietario, l'arzillo avvocato Giovanni Di Quattro, 73 anni -. Nel salone ci sono gli stessi mobili, e tutta la casa è tale e quale la si vede in televisione». E gli ospiti apprezzano. «Sono qui da una settimana - dice il signor Pastore, da Benevento -, sto assaporando le suggestioni del film, negli interni e soprattutto negli esterni». È il mare, infatti, la vera attrazione di casa Montalbano. «Dista esattamente 11 metri dalla casa - conferma con orgoglio Di Quattro - si esce e si è subito in acqua per una bella nuotata. Proprio come fa il commissario. E quando c'è un po' di burrasca gli spruzzi arrivano sin dentro casa». Questo singolare B&B resta sempre a disposizione del vero padrone di casa, Montalbano. «Quando mi arriva la comunicazione dalla produzione, io la metto subito a disposizione - garantisce Di Quattro -. L' ultima serie l'hanno girata nel 2005, ora dovrebbero riprendere in autunno. Al solito sono già pronto a riportare la mia pergamena di laurea». In che senso? «Quella che si vede dietro la scrivania di Montalbano è la mia laurea in giurisprudenza». Quando si gira, al primo piano ci dormono i tecnici e il regista Alberto Sironi. Tutta la zona attorno a Punta Secca è ormai consacrata al mito del commissario, e i turisti accorrono per vedere anche gli altri luoghi della fiction. Dal commissariato, che in realtà è il palazzo delle Poste di Ragusa Ibla, sino all'ufficio di Montalbano, che è la Camera del Lavoro di Scicli. E pure gli artefici di questo fenomeno editoriale e televisivo sembrano stregati. Da Andrea Camilleri, più volte ospite dell'avvocato Di Quattro, a Luca Zingaretti, che ha acquistato casa a Ragusa Ibla ed è diventato cittadino onorario di Modica, sino all'editrice palermitana Elvira Sellerio che viene volentieri a rifugiarsi da queste parti. Dopo alcune stagioni in affitto a Punta Secca ha acquistato da poco un vecchio casolare nella vicina zona di Gaddameli.
Alfio Sciacca
 
 

Libero Quotidiano, 20.7.2007
Bocciate in geografia le fiction della tivù

Il caratteristico porto di Capri, i vicoli antichi di Napoli, lo spettacolare mare della Grecia: tutti luoghi che le fiction hanno contribuito a farci amare... facendoci però vedere altri posti.
Serie e miniserie italiane sono infatti piene zeppe di "falsi geografici", per la cattiva abitudine dei produttori - motivata spesso da questioni di budget - di scegliere per le riprese location che poco o nulla hanno a che fare con l'ambientazione delle storie raccontate.
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Per tante fiction "ingannatrici", ce n'è però almeno una che va controcorrente, utilizzando come set le giuste location anche se la sceneggiatura non fornisce in proposito indicazioni precise.
Stiamo parlando naturalmente de "Il commissario Montalbano": nonostante Andrea Camilleri abbia battezzato con nomi di fantasia le città che fanno da cornice alle indagini del suo personaggio più famoso, la Palomar di Carlo Degli Esposti ha girato la serie interamente in Sicilia, a Ragusa Ibla e dintorni.
E poco importa, in fondo, che lo scrittore abbia creato Vigata pensando alla sua Porto Empedocle e Montelusa pensando ad Agrigento: di fronte a ben più gravi "falsi geografici", sviste di questo tipo tutto sommato sono facilmente perdonabili.
Donatella Aragozzini
 
 

il manifesto, 22.7.2007
Con Fred Vargas il poliziesco ritorna alle origini
Rispettando le regole della stagione d'oro del giallo classico e di Agatha Christie in particolare, la scrittrice francese imbastisce nei suoi romanzi - fra cui il più recente, «Nei boschi eterni», appena uscito per Einaudi - trame riuscite e per nulla prevedibili

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Adamsberg fa infatti parte del gruppo degli investigatori poco simpatici, in contrasto con una squadra di personaggi - i suoi aiutanti - molto riusciti tanto da ricordare quelli che attorniano il commissario Montalbano di Camilleri.
[...]
Attilio Lolini
 
 

La Sicilia, 23.7.2007

La figura di Andrea Camilleri viene sempre accostata alle gesta del commissario della polizia di Stato Salvo Montalbano. Essendone il padre non potrebbe essere altrimenti.
Ecco perché un'intervista esclusiva rilasciata dallo scrittore empedoclino al mensile ufficiale dell'Arma dei Carabinieri, appunto «Il Carabiniere» di questo mese, disponibile in tutte le caserme, desta particolari sensazioni. Non si tratta del consueto sperticato elogio a chi è diventato fenomeno letterario dell'ultimo decennio, ma di una confessione che Camilleri, raccontando il suo rapporto con i carabinieri, rende pubblica su alcuni aspetti della propria opera e vita. Una vita che, una sera di settembre del 1986, ha rischiato di perdere durante la strage di via Roma, quando nel bel mezzo della guerra di mafia vennero assassinate alcune persone sedute in un bar.
Nel documento regalato alla rivista dei carabinieri lo scrittore inchioda i flash di quel drammatico momento vissuto in prima persona.
«Quando tornavo al mio paese ero solito fare il giro delle sette chiese (in realtà i sette bar) - racconta - Quella sera di domenica c'era un freschetto meraviglioso, i tavoli erano messi fuori. Entrando nell'ultimo bar incontro il proprietario del primo che, nel solito giro, avevo trovato chiuso. Uno scambio di battute e poi l'uomo mi invita ad andare fuori a sedermi con lui, suo padre e un amico. Tra un pò arrivo gli dissi. Un secondo dopo vedo come in un film le bottiglie che saltano in aria e penso che un imbecille stia sparando mortaretti. Poi capisco che stanno sparando sul serio. Sembra un'eternità, ma tutto finisce in pochi secondi, mentre penso follemente che se mi butto per terra, tutto quel sangue mi sporcherà. Una rabbia immensa mi travolge. Morirono quei tre con cui mi sarei dovuto sedere e tre passanti».
E ancora «la cosa più paradossale fu che quella strage si potè compiere perché erano le otto di sera. Due ore più tardi non sarebbe accaduto nulla. Il motivo? Perché l'assassino, il capo del gruppo criminale, doveva tornare a casa presto, altrimenti il padre lo picchiava a sangue. Dovrei scrivere il racconto di un killer che doveva uccidere entro orari precisi, altrimenti il padre lo catafotteva di botte. Poi dicono che certe storie si leggono solo sui libri inverosimili».
Francesco Di Mare
 
 

RTBF - La Deux, 24.7.2007, ore 23:00
Camilleri alla siciliana
Alors que le jour décline sur la plage de Marinella à Vigàta, l'écrivain italien Andrea Camilleri nous invite à venir l'écouter entre amis dans la maison du commissaire Montalbano, son héros. Là commence un voyage imaginaire dont il devient le guide. De sa voix envoûtante, Camilleri nous emmène sur les routes de sa terre sicilienne. Un itinéraire jalonné de fables, d'extraits de ses oeuvres et de témoignages de personnages inconnus sur une certaine réalité d'aujourd'hui. Soit autant de paraboles de l'âme sicilienne contemporaine, soit autant de miroirs de la personnalité du dottore Camilleri.
Réalisation: André Buytaers

Cliccare qui per il comunicato stampa e una scheda tecnica del documentario
Instancabile esploratore della Sicilia, lo scrittore Andrea Camilleri, padre spirituale del commissario Montalbano, viene definito come il vero e proprio erede di Simenon.
Lo ritroviamo al tramonto nei pressi della spiaggia di Vigàta per ascoltare i suoi racconti tra amici. Un pretesto per condurci in un viaggio immaginario attraverso le strade della sua stessa terra: la Sicilia.
Ammaliati dalla sua voce, dalle sue inesauribili storie, percorreremo insieme un itinerario fatto di fiabe, di brani delle sue opere, nonché di testimonianze di alcuni personaggi sconosciuti immersi in una certa realtà siciliana, tipica di oggi.
Le sue parole come parabole dell'anima della Sicilia di oggi che riflettono le mille sfaccettature della personalità del Sommo.
 
 

Giornale di Vimercate, 24.7.2007
Il caso. Il nome di Paolo Brambilla ricorre in un racconto del noto romanziere uscito ora anche in una raccolta Mondadori
Camilleri trasforma il sindaco in Silvio Berlusconi
Il primo cittadino impugna carta e penna e invita lo scrittore e il Cavaliere a un evento letterario in città

Vimercate. Andrea Camilleri, Silvio Berlusconi e Paolo Brambilla: costituiscono una terna di nomi che, in prima battuta, non verrebbe facile associare tra loro.
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Adnkronos, 25.7.2007
Cinema: Roma, Andrea Camilleri presiede la giuria de 'Lo sguardo bifronte'

Sara' Andrea Camilleri a presiedere la giuria de "Lo sguardo bifronte", il Festival Internazionale di Cortometraggi promosso dalla "Morgana Communication" con il supporto dell'Ente "Istituti S. Maria in Aquiro" di Roma presieduto da Paola Guerci, il patrocinio di Agiscuola nazionale e la direzione di Corrado Veneziano.
La prima edizione del Festival sollecitera' la produzione di cortometraggi che abbiano come protagonisti gli anziani e i minori, visti nella loro specificita' o nella loro relazione, in situazioni di disagio come nelle loro sfumature piu' profonde. Il termine di scadenza per l'invio dei cortometraggi sara' il 5 novembre, mentre la cerimonia di premiazione avverra' il 1 dicembre.
Il Festival premiera' i vincitori delle seguenti categorie: "Lo sguardo altro. Lo sguardo oltre" per il miglior cortometraggio dell'anno, "le parole del silenzio" per il miglior cortometraggio muto, "la musica altra" per la miglior colonna sonora originale, "la scuola altra" per il miglior cortometraggio prodotto da una scuola media o media superiore, "l'occhio del web" per il cortometraggio piu' votato via web tra tutti quelli ammessi alle selezioni finali.
 
 

Sole e Luna Doc Fest, 26.7.2007, ore 21:00
Palermo, Chiesa di Santa Maria dello Spasimo
Eventi speciali - Anteprima assoluta
Il Luogo, la Memoria
Un documentario scritto e letto da Andrea Camilleri, con la regia di Vittorio Nevano; realizzazione Rai Educational.

Camilleri ripercorre alcuni anni della sua prima gioventù trascorsa ad Enna, città nella quale scopre il piacere della lettura e della scrittura. Una Sicilia insolita, lontana dal mare, ricca di atmosfere struggenti, è quella narrata in video e in voce da Andrea Camilleri.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 26.7.2007
Il Festival
La Sicilia vista da Camilleri video-racconto allo Spasimo

Un racconto inedito, che si trasforma in un´autobiografia in immagini, di uno scrittore d´eccezione: Andrea Camilleri. È un´anteprima assoluta e da non perdere per tutti gli appassionati dello scrittore siciliano la proiezione del documentario "Il luogo, la memoria" del regista Vittorio Nevano che verrà proiettato stasera alle 21,30 allo Spasimo per il "Doc SoleLuna Fest", il festival internazionale di video su Mediterraneo e Islam. La produttrice, Paola Orlandini, racconta come è nato il film: «Abbiamo chiesto ad Andrea Camilleri di raccontare la Sicilia e lui ha risposto: "Sì, a patto che non ci sia il mare". E ha scelto una città senza mare come Enna per rintracciare i suoi vent´anni. Lo scrittore ha infatti vissuto qui per due anni e proprio qui ha iniziato a scrivere, leggendo avidamente i libri della biblioteca pubblica della città. È un racconto a cui lo scrittore tiene davvero tanto». Camilleri racconta la Sicilia, il carattere difficile dei suoi abitanti, il fascino delle donne, i miti. Ma attraverso vicende personali lo scrittore ripercorre anche metà del secolo scorso, dalla fine della seconda guerra mondiale alla ricostruzione. Al racconto-video partecipano anche bambini, anziani e le confraternite di Enna.
Paola Nicita
 
 

Telegraph, 26.7.2007
Doing the dead man's float
Kasia Boddy reviews "Rounding the Mark: an Inspector Montalbano Mystery" by Andrea Camilleri, tr by Stephen Sartarelli

If you're heading to Sicily this summer, you might think of taking a sightseeing tour. Perhaps the Greek temples of Agrigento? Mount Etna at sunset? The Godfather tour? Or what about "Following Montalbano's Traces" in Ragusa (a full day excursion)?
Inspector Salvo Montalbano is a national treasure in Italy, the hero of 12 novels and a hit TV series. A Maigret for our time, he is (yet another) last bastion of curmudgeonly, humane policing in a world of scoundrels and stupidity.
Montalbano often ponders that stupidity after a good dinner (well-described) and with a whisky in his hand as he looks out over the Mediterranean from the veranda of his house. The tour visits the town (Marinella in the books, really Punta Secca) and one can recreate the sea-gazing experience at three-star La Casa de Montalbano. In 2003, Andrea Camilleri's birthplace, Porto Empedocle, changed its official denomination to Porto Empedocle Vigàta, after the fictional town where Montalbano works.
Camilleri was 70 when he published the first Montalbano novel, "The Shape of Water", in 1994, after a career as a theatre director and historical novelist. He has subsequently published a further 11 and has written the final two in case, he told an interviewer, "Alzheimer's strikes".
"Rounding the Mark" is the seventh in the series to be translated into a deft and lively English by the American poet Stephen Sartarelli. Sartarelli has great fun finding equivalents for Camilleri's mix of Italian and Sicilian dialects, and Montalbano's dumb but often intuitive sidekick speaks a kind of Brooklynese.
If Maigret is one of his models, Camilleri also draws on such pessimistic Sicilian masters as Carlo Emilio Gadda and Leonardo Sciascia and, from Barcelona, Manuel Vázquez Montalbán - after whom his inspector is named. All use the police procedural to talk about the difficulties the representatives of justice face when confronted with the machinations of political power.
In 2003, when "Rounding the Mark" was first published in Italy, that power rested almost exclusively in the hands of Silvio Berlusconi. The novel begins with Montalbano "shaking with rage and shame, drenched in sweat" after watching the news reporting the state-sponsored police violence at the G8 meeting in Genoa.
Fiftysomething and preoccupied for a few books now with the twinges of mortality, Montalbano wants to resign. His long-term, long-distance girlfriend Livia tries to calm him down on the phone; he has a few drinks on the veranda with his old friend, Ingrid, a Swedish ex-racing-driver who smells like an apricot tree. Nothing helps.
Unable to sleep, Montalbano decides to go swimming. He gets cramp, complains about his ageing body, decides to float on his back, then bumps into a foot. "Excuse me," says Salvo. "The person beside him didn't answer, however, because he wasn't doing the dead man's float. He was actually dead."
So Montalbano takes off his swimming trunks and uses the belt to tow the body back to shore. When he gets there, some fanatical Northern League Christians try to shoot him.
The shift from political rage to comfort eating to grotesque comedy is trademark Camilleri. This is not the fetishistic pathology of Patricia Cornwell et al. If Montalbano is sickened by Berlusconi, he is merely "flummoxed" by this severely decomposed body. What is an almost-detached right leg when the waters between Sicily and Tunisia are filled with the bodies of drowned illegal immigrants? A literary type, Montalbano thinks of "The Waste Land" and the current that picked the bones of the drowned Phoenician sailor.
Thus thoughts of resignation are put on hold, especially when another dead body emerges. This time it's an immigrant child and Montalbano feels implicated. He closes his eyes to blot out the world. He shoots a vase to smithereens. His limbs ache, his stomach cramps, he has stabbing pains in his chest. But nevertheless he sets to work, equipping himself with a series of generic props: a Philip Marlowe hat, a Sherlock Homes magnifying glass, a James Bond holster, the turtle-neck sweater of "the generic sea-dog one often sees in third-rate American movies".
Nothing is what it first seems. Worst of all, the law and order party is not very keen on the law. But for all the howling despair with which Camilleri began the book, its conclusion knowingly offers the consolations of its genre. Perhaps the world has become "too evil", but it's comforting that there's one virtuous, melancholy man who can put a bit of it right. Comforting too that, "like a cat", Montalbano has at least nine lives.
 
 

Libertà, 26.7.2007
Per i lettori di Libertà quattro imperdibili volumi con le avventure del personaggio creato da Andrea Camilleri
Gli arancini di Montalbano chiudono la collana

Storie crudeli ed assurde, indagini misteriose ed un commissario che prima di tutto è un uomo, con le sue fragilità e le sue intemperanze; non solo un funzionario integerrimo, ma un siciliano verace di passione ed intuito. E' Salvo Montalbano, il popolare protagonista nato dalla mente fervida ed eccezionale di Andrea Camilleri, che con il suo personaggio condivide non solo un'inarrestabile arguzia, ma anche le origini siciliane: è a Porto Empedocle infatti che è nato, nel 1925, il romanziere che del genere poliziesco italiano è diventato il re, ergendo il suo Montalbano a caso editoriale degli ultimi anni. Una lettura entusiasmante, racconti misteriosi, a volte tratti dalla più cupa cronaca nera, più spesso concepiti dalla feconda fantasia dello scrittore, che tutti hanno imparato ad apprezzare, grazie all'iniziativa offerta da Libertà: una proposta unica, quella di far gustare, in quattro assaggi letterari, lo stile unico che ha reso celebre Camilleri ed immortalato il suo commissario di Vigata nell'Olimpo dei personaggi più amati e conosciuti. L'intento del quotidiano può dirsi veramente riuscito: un successo sempre più travolgente ha accompagnato l'uscita di "Un mese con Montalbano", primo libro della raccolta, subito seguito da "La prima indagine di Montalbano", incentrato su un poliziotto agli inizi di carriera con qualche intemperanza giovanile in più, e da "La paura di Montalbano". Ultimo appuntamento davvero da non perdere sabato, quando i lettori troveranno in edicola, insieme a Libertà, "Gli arancini di Montalbano", libro con cui si chiude la raccolta dedicata al simpatico poliziotto siciliano. Istintivo, non sempre ragionevole, capace di rimanere di "umore nivuro" un'intera giornata o di sciogliersi in una "concentrazione da bramino indù" davanti ad un piatto di triglie fritte, il commissario di Vigata mantiene sempre quell'irresistibile carica di ironia ed umanità, che lo ha fatto amare da innumerevoli fans ed alla quale ha dato voce, in modo decisamente credibile, l'interpretazione sanguigna di Luca Zingaretti. Immutabile nelle sue caratteristiche fondamentali, dall'integrità umana al caustico sarcasmo, con cui indaga tra le pieghe della realtà, alla ricerca del colpevole; ma anche uomo che cresce, si evolve, avventura dopo avventura, accompagnato dall'immancabile fidanzata Livia, eternamente confinata in Liguria, ma che nell'ultimo romanzo, che i lettori troveranno in edicola, si carica di uno spessore emotivo e psicologico maggiore. Un amore, quello del commissario per la sua passionale fidanzata, ligure per nascita ma non per carattere, che in questo quarto libro trova ampio spazio, anche attraverso la sperimentazione di tecniche compositive particolari, quali la ricostruzione di un delitto attraverso un carteggio, nel racconto "Salvo amato?Livia mia?". Il ricorso a linguaggi particolari e a nuove movenze più eterodosse appare del resto come una caratteristica peculiare de "Gli arancini di Montalbano", incentrato sulla continua ricerca dell'assurdità del vivere quotidiano, percepita con sensibilità sovracuta e profondamente sottile; l'incapacità di trovare a volte un senso logico alle diverse e più strane vicende, ma anche il gusto per la sorpresa e la suspence si coniugano qui in un'inarrestabile sequenza di situazioni al limite della normalità, fino alla fusione tra tecniche metaletterarie e "splatter" nell'incredibile racconto "Montalbano si rifiuta". La letteratura diventa quindi lo spunto a cui attingere per la narrazione di storie surreali, di scontri ed impedimenti sul genere "questo matrimonio non s'ha da fare" adattato alla sensibilità siciliana in "La traduzione manzoniana"; ma è una tradizione, quella delle lettere italiane, che spesso si rivela anche efficace strumento di analisi della psiche umana per la risoluzione delle indagini. Uno strumento prediletto da Montalbano, aiutato, si fa per dire, dai suoi colleghi pasticcioni, ma a volte insospettabilmente arguti e capaci nell'individuare una parola stonata, un gesto incontrollato o un dettaglio incongruo, che costituiscono la linfa vitale di queste storie. Vecchie coppie di attori che recitano un funereo copione, insospettabili presidi in pensione che raggirano generose prostitute o mogli astutamente fedeli che ordiscono crudeli vendette ai danni dei loro tronfi mariti: questi i protagonisti, tra i quali solo gli arancini di riso della "cammarrera" Adelina, con la loro "celestiale bontà", riescono a regalare al celebre commissario il tanto agognato momento di pace.
 
 

il manifesto, 26.7.2007
Scene di delitto nell'ombra di Pessoa
Un detective letterato con un passato da comunista e un presente da gastronomo è il protagonista del giallo «Lontano da Manaus» del portoghese Francisco José Viegas

Da almeno trent'anni - sosteneva di recente Andrea Camilleri in un dialogo televisivo con Carlo Lucarelli - il delitto non è più il fattore determinante all'interno di un romanzo giallo: «A contare è il motivo del crimine, è questo l'elemento che consente a un libro di uscire dallo schema trito del genere». E Lucarelli, rincarando la dose, aggiungeva che oggi il giallo non ha più regole, ma una grammatica narrativa il cui unico obiettivo è meravigliare il lettore, una grammatica quindi da «scardinare» di continuo.
Non è dunque sorprendente la nota iniziale di "Lontano da Manaus", romanzo giallo tropicale del portoghese Francisco José Viegas (La Nuova Frontiera, pp. 378, euro 18) che dichiara: «Il romanzo giallo, come si sa, ha le sue regole. Questo no».
[...]
Nando Vitale
 
 

Calatafimi Segesta Festival 2007, 28.7.2007, ore 20:30
La tempesta
da William Shakespeare
Elaborazione di Andrea Camilleri
Con Filippo Brazzaventre, Valeria Contadino, Alessandra Costanzo, Nino D'Agata, Fulvio D'Angelo, Mimmo Mignemi, Marcello Perracchio, Giampaolo Romania, Chiara Seminara, Riccardo M. Tarci, Aldo Toscano, Angelo Tosto
Regia e scene di Giuseppe Dipasquale
Co-produzione Associazione Lunaria e Associazione Teatro degli Alchimisti
 
 

La Repubblica, 28.7.2007
Almanacco dei libri
I consigli del libraio - Trapani

«Faccio la libraia perché non saprei fare altro», dice Teresa Stefanetti. Al liceo, era l'unica frequentatrice della biblioteca scolastica. Un'estate, accettò l'invito della professoressa d'italiano a lavorare come commessa nella libreria del marito. Da quegli scaffali non se n'è più andata e dieci anni fa quella stessa libreria, affacciata su corso Vittorio Emanuele, nel centro storico di Trapani, è diventata sua, gestita insieme al cugino, Filippo Cirinesi. «Siamo stati i primi a consigliare in città i libri di Andrea Camilleri», racconta. è per questo che i titoli proposti dalla libraia siciliana non includono un'avventura di Montalbano: «non c' è n'è bisogno».
[...]
A cura di Dario Pappalardo
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 29.7.2007
Il romanzo
Coppole e dialetto folklore di Sottile

Romanzo sulla Sicilia, romanzo di mafia. Nemmeno stavolta la narrativa isolana contemporanea smentisce la propria vocazione: anche “Maqeda” (pagine 287, euro 17, Baldini Castoldi Dalai), romanzo del giornalista Salvo Sottile, racconta di lupare, coppole, boss e mandamenti.
[...]
Le espressioni siciliane abbondano, e si alternano a quelle italiane con un corsivo che fa da segnaletica. L'intenzione è probabilmente quella di rifarsi al piglio narrativo di Camilleri, ma il risultato è più vicino ai romanzi neodialettali che tentano di fare il verso allo scrittore di Porto Empedocle. Ne è una conferma la presenza dei migliori stereotipi sull'isola, come quello adoperato per giustificare il radicamento alla propria terra («io sono un siciliano di scoglio, non uno di mare»).
[...]
Filippo Maria Battaglia
 
 

 


 
Last modified Saturday, July, 16, 2011