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RASSEGNA STAMPA

OTTOBRE 2007

 
Sky Magazine, 10.2007
Il commissario Montalbano
Quando il grande giallo parla italiano
RAISAT PREMIUM canale 122
ogni venerdì ore 21.00

Sempre più spazio alla migliore fiction italiana su Raisat Premium.
Da questo mese, il venerdì è all'insegna delle indagini del popolare commissario nato dalla penna di Andrea Camilleri.
Torna finalmente in tv la serie completa delle imprese di Montalbano: 14 storie poliziesche, le prime quattro questo mese, tratte dai romanzi dell'autore siciliano e interpretate da un grandissimo Luca Zingaretti, perfetto nei panni del sanguigno commissario.
Alla regia, Alberto Sironi, capace di far rivivere sullo schermo tutto il sapore e lo spessore dei racconti di Camilleri.
Venerdì 5/10 ore 21.00 Il ladro di merendine
repliche: 6/10 ore 00.50; 7/10 ore 17.00;10/10 ore 23.00
Venerdì 12/10 ore 21.00 La voce del violino
repliche 13/10 ore 00.50; 14/10 ore 17.00;17/10 ore 20.30
Venerdì 19/10 ore 18.45 e 22.15 La forma dell'acqua
repliche 21/10 ore 16.10; 24/10 ore 20.30
Venerdì 26/10 ore 18.55 e 22.00 Il cane di terracotta
repliche 28/10 ore 16.20; 31/10 ore 21.55
Venerdì 2/11 ore 20.15 La gita a Tindari
Venerdì 9/11 ore 20.15 Tocco d'artista
Venerdì 16/11 ore 20.15 Il senso del tatto
Venerdì 23/11 ore 20.15 Gli arancini di Montalbano
Venerdì 30/11 ore 20.35 L'odore della notte
Venerdì 7/12 ore 20.15 Il gatto e il cardellino
Venerdì 14/12 ore 20.15 Il giro di boa
Venerdì 21/12 ore 18.35  Par condicio
Venerdì 28/12 ore 18.35 La pazienza del ragno
Venerdì 4/1 Il gioco delle tre carte
 
 

AGI, 1.10.2007
Senato: Camilleri consegna la bici ‘Montante’ a Marini
Senato: la bicicletta di Montalbano in dono a Marini

Roma - Il Presidente del Senato Franco Marini ricevera’ in dono un esemplare da collezione della bicicletta Kalos prodotta dall’azienda siciliana Montante e resa celebre dallo scrittore Andrea Camilleri. La cerimonia avverra’ mercoledi’ 3 ottobre alle ore 13 nel Cortile d’onore di Palazzo Giustiniani. Sara’ lo stesso Camilleri a consegnarla al Presidente del Senato. Altri tre esemplari di biciclette verranno contestualmente donati al presidente della Commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama Enzo Bianco, al Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri generale Gianfrancesco Siazzu, e al Capo della Polizia Antonio Manganelli. Alla cerimonia sara’ presente Antonello Montante erede dell’omonima azienda siciliana.
 
 

Agrigentonotizie, 1.10.2007
Piano Regolatore del Porto, 11 milioni di euro per Porto Empedocle

“Se parte il porto, parte lo sviluppo della mia città”.
Queste le parole dello scrittore Camilleri, che oggi sono risuonate più vere che mai alla Prefettura di Agrigento.
[...]
Gabriella Omodei
 
 

2.10.2007
Maruzza Musumeci
È stata rinviata a fine ottobre / inizio novembre la pubblicazione del nuovo romanzo di Andrea Camilleri.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 2.10.2007
Il libro
Camilleri gioca con la memoria ai tavolini del caffè “Vigata”

Passato e presente si intrecciano nel libro di Lorenzo Rosso "Caffé Vigata. Conversazione con Andrea Camilleri", appena uscito nelle librerie per le edizioni Aliberti. Nella realtà, Porto Empedocle in cui Camilleri nasce nel 1925 e nella letteratura la Vigata che lo scrittore ha reso immortale nei suoi libri. Ma sopra ogni altra cosa, il filo rosso della memoria e del ritorno alle origini, la cultura siciliana e tutto quell'im­maginario che nutre ancora oggi la produzione di Camilleri. Il libro, pensato in una serie di domande e risposte, si sofferma sull'infanzia del­lo scrittore, sul porto e sull'odore del mare, sulla vita dei pescatori. E an­cora, sugli anni della scuola, sulla scoperta del sesso e sulla casa chiusa "Pensione Eva". Sulla nuova vita a Roma all'Accademia d'arte drammatica "Silvio D'Amico" e sul successo arrivato alle soglie dei 70 anni. Date e momenti storici che vedono l'ottantaduenne Camilleri con­frontarsi con il tempo che passa, con la vecchiaia, con i cambiamenti degli scenari della sua terra, in cui non ritrova più gli amici di una volta. Alla fine rimane il caffé "Vigata" sul corso principale di Porto Empedo­cle, dove lo scrittore ama, ancora oggi, intrattenersi, scrivere e incon­trare persone. E il cerchio si chiude nel presente, in una Porto Empedocle che ha ideato attorno ai luoghi di Camilleri, un vero e proprio pac­chetto turistico: la casa natale, il porto, il caffé, fino al menù del commissario Montalbano proposto dai ristoranti della zona.
Claudia Brunetto
 
 

il manifesto, 2.10.2007
Lettere. L'intervento
Il pubblico ha sempre ragione

Qualche (contro)proposta all'articolo di Cesare Petrillo dal titolo «Il sistema cinema italiano si abbatte non si cambia», pubblicato domenica scorsa su questo giornale.
[...]
Del resto, non si può continuare a tollerare che interi ripiani siano appannaggio della sottocultura televisiva di Camilleri o, peggio, del Codice Da Vinci.
[...]
Tullio Camiglieri (Direzione comunicazione e relazioni esterne Sky)
 
 

Senato della Repubblica, 3.10.2007
Dono della bicicletta "Montante"

Il Presidente del Senato, Franco Marini, ha ricevuto in dono un esemplare da collezione della bicicletta Kalos, prodotta dall'azienda siciliana Montante e resa celebre dallo scrittore Andrea Camilleri nel romanzo "La pensione Eva". Alla cerimonia, che si è svolta nel cortile d'onore di Palazzo Giustiniani, hanno preso parte lo stesso scrittore Camilleri, il Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, Enzo Bianco, il comandante generale dell'Arma dei Carabinieri, Gianfrancesco Siazzu, il Capo della polizia Antonio Manganelli e Antonello Montante, nipote del fondatore della ditta siciliana produttrice della bicicletta.
 
 

AGI, 3.10.2007
La favola della bici di Camilleri, "Montante" in dono a Marini

Roma - Una bicicletta come simbolo di “corsa per la liberta’”. Non una bicicletta qualsiasi ma la leggendaria “Kalos” della ditta “Montante” immortalata dal celebre scrittore siciliano Andrea Camilleri in uno dei suoi ultimi libri “La pensione Eva”. Cerimonia nel cortile di Palazzo Giustiniani per donare al presidente del senato Franco Marini la mitica due ruote. Presenti Andrea Camilleri, il comandante generale dell’Arma dei Carabinieri Gianfrancesco Siazzu, il nuovo capo della Polizia Antonio Manganelli. Anche a loro in dono la mitica bicicletta cosi’ anche al presidente della commissioni Affari Costituzionali Enzo Bianco, catanese. “Se me lo chiedete - dice Marini - vi dico che il mio sport preferito e’ il ciclismo e anche l’altro giorno ho fatto di tutto per vedere il trionfo di Bettini. Non lo dico per l’occasione di oggi: nel ‘48 in famiglia seguivamo tutti le corse di Bartali e il Tour de France”. Il neo capo della Polizia Antonio Manganelli ringrazia per il regalo definendolo “un dono non per i miei meriti, ma un omaggio agli uomini e alle donne che si sacrificano ogni giorno per la Polizia di Stato e lavorano per migliorare le condizioni di vita e la sicurezza dei cittadini”. Manganelli aggiunge che il dono di questa bicicletta lo riporta indietro di tanti anni facendogli tornare alla mente il poliziotto che girava strada per strada portando ai cittadini una sicurezza reale. Il comandante generale dell’Arma dei Carabinieri Siazzu, appassionato ciclista, ricorda che “anch’io da ragazzo avevo un modello cosi’ con la bacchetta e senza cambio. Oggi guardiamo al futuro ma non dobbiamo dimenticare le belle cose che avevamo”. Ad Andrea Camilleri che ha parlato di “ruote piene” destinate agli ufficiali dell’Arma Siazzu garbatamente ribatte “e’ vero che erano piene. Ma di pedalate ne facevano anche loro”. “Mi ricordo che nel 1943 - ha spiegato Andrea Camilleri - nel giorni dello sbarco delle forze alleate e della liberazione dal nazifascismo usavo quella bicicletta correndo all’impazzata per cercare mio padre ma anche verso un nuovo mondo. Andare in bici - ironizza Camilleri - abbatte i costi delle auto blu e fa bene anche all’uomo politico”. Ad Andrea Camilleri la bici “Montante” gliela diede Calogero Montante per andare da Serradifalco a Porto Empedocle alla ricerca del padre. Era il 1943, Camilleri aveva 17 anni. A fine dicembre 2006 il nipote di Calogero, Antonello Montante, capo dell’azienda Montante, gliene regalo’ un modello identico. Il futuro scrittore era sfollato insieme alla madre e non sapeva che fine avesse fatto suo padre a Porto Empedocle. Lungo il percorso vide di tutto, carri armati, sfollati in cerca di rifugio, macerie dappertutto. Andrea Camilleri si meraviglio’ che quella bici non forasse mai ed arrivo’ a Porto Empedocle e riabbraccio’ finalmente il padre.
 
 

CataniaOmnia.it, 3.10.2007
Camilleri: Quello degli industriali siciliani è un gesto importante, ma non basta

"Quello degli industriali siciliani e' un gesto importante, ma non basta. Bisogna che operino una sorta di contagio tra la popolazione". Cosi' Andrea Camilleri, a margine della consegna di una bici Montante al presidente del Senato, commenta la decisione presa qualche settimana fa dalla Confindustria siciliana di espellere dall'associazione gli imprenditori che pagano il 'pizzo'.
Conversando con i giornalisti e ricordando "la presa di coscienza" del popolo siciliano dopo lo sbarco degli americani nel '43 nell'isola, Camilleri torna a parlare della necessita' di combattere la mafia. "Se non ci si pensa seriamente- dice lo scrittore agrigentino- la mafia impedira' qualsiasi decollo e non solo della Sicilia". Quindi aggiunge: "Bene gli industriali, ma bisogna che operino una sorta di contagio in modo che il messaggio venga recepito dalla piu' vasta parte della Sicilia, perche' la mafia tocca gli interessi di tutti, di quelli che hanno i soldi e di quelli che i soldi non ce li hanno".
 
 

4.10.2007
Maruzza Musumeci
Il nuovo romanzo di Andrea Camilleri sarà in libreria il 31 ottobre.
 
 

La Sicilia, 3.10.2007
Teatro, laboratori e molto altro
All'Itc «Crispi». Università europea del Tempo libero, al via le attività   

Palermo. Nella splendida Aula Magna dell'Itc «Crispi» si è aperto nei giorni scorsi il quinto anno accademico dell'«Università Europea» del Tempo Libero. [...] Ricordiamo, infatti, durante la dirigenza di Raimondi, il succedersi di manifestazioni e convegni con personaggi di prestigio. Andrea Camilleri, Ghigo De Chiara, Luigi Musati e poi Pazzaglia, Luperini, Turi Ferro, Glauco Mauri e tanti altri.
[...]
Antonio Giordano
 
 

La Stampa, 5.10.2007
Anteprima
Quasi un dizionario
Uscirà il 10 ottobre da Mondadori il nuovo libro di Andrea Camilleri, Voi non sapete. Gli amici, i nemici, la mafia, il mondo nei pizzini di Bernardo Provenzano (pp. 216, e17). Ne anticipiamo uno stralcio.
Autore: Andrea Camilleri
Titolo: Voi non sapete. Gli amici, i nemici, la mafia, il mondo nei pizzini di Bernardo Provenzano
Edizioni: Mondadori
Pagine: 216
Prezzo: 17 euro
 
 
"Provenzano sono"
Una "full immersion" nell'universo del boss, attraverso i suoi pizzini
AMMAZZARE
Pare che Bernardo Provenzano, assai giovane, dopo un violento alterco in una osteria con un compaesano e amico corleonese, l’avesse invitato ad andare con lui in aperta campagna per un ragionamento. E qui l’aveva ammazzato, standogli sopra a cavalcioni e colpendolo ripetutamente al cranio con una grossa pietra.
«Disse Caino al fratello Abele: “Usciamo fuori”. E come furon pei campi, Caino insorse contro il fratello Abele e l’uccise».
Con una pietra, allo stesso modo di Provenzano. Singolare questo biblico inizio di carriera. Di certo, Provenzano giovane girava armato se non di pistola almeno di coltello. Perché adoperò una pietra per commettere il suo primo delitto? È da escludere che già allora fosse quell’attento lettore, e chiosatore, della Bibbia che diventerà in età avanzata. Si tratta di una delle circolarità della sua esistenza. È l’unico omicidio che compie con quel sistema primitivo; dopo quello, adopererà sempre con profitto pistola, lupara e mitra. [...]
Successore naturaliter di Totò Riina (arrestato a Palermo il 15 gennaio 1993) come capo supremo della mafia, dopo la sconfitta della lotta armata intrapresa dai corleonesi prima contro i rivali e poi contro lo Stato, e dopo un breve e malsopportato interregno di Leoluca Bagarella, cognato di Riina, Provenzano seppe subito imporre, alternando fermezza a persuasione e mediando tra opposti pareri, la sua linea.
Niente più scrusciu sui giornali per ammazzatine, bombe, agguati. Alcuni che lo conoscevano bene si stupirono di questo suo atteggiamento, il solito Giuffrè disse che nel 1993, appena uscito dal carcere, era andato a trovare Provenzano e l’aveva visto «riciclato, da battagliero che era, mostrava ora sintomi di santità».
Provenzano chiede e ottiene dalle famiglie mafiose un periodo di dieci anni di tranquillità, di sommersione, per poter risolvere i grandi problemi dell’organizzazione. L’intenzione è quella di ottenere, in un modo o nell’altro, l’abrogazione dell’ergastolo, la cancellazione dell’articolo 41 bis del codice penale (che prevede il cosiddetto carcere duro per i capi mafiosi), quella della legislazione sui pentiti e quella che consente la confisca dei patrimoni illeciti. Tutti gli affari vanno fatti e conclusi sempre con estrema discrezione, in silenzio, senza mai suscitare aperti e clamorosi contrasti. Tutto si deve svolgere in immersione, sott’acqua, quell’enorme sommergibile che è la mafia deve d’ora in avanti navigare a quota periscopio.
Divieto assoluto di usare le armi, dunque? Sissignori, niente più ammazzatine facili.
Provenzano, con questo divieto, torna all’antico, al codice della vecchia mafia. [...]
Ai magistrati che lo interrogarono Giuffrè ha raccontato che Provenzano teorizzò, con molta saggezza, che prima di procedere in modo definitivo contro qualcuno è bene considerare se questo qualcuno può fare più danno da vivo o da morto. Se può fare più danno da vivo, che si proceda pure; se invece può fare più danno da morto (nel senso che la sua morte potrebbe provocare vendette, strascichi, scissioni interne e anche una reazione da parte dello Stato, che a volte trasforma agli occhi dell’opinione pubblica le vittime in eroi) allora è meglio soprassedere.
Nota bene: in tutti i pizzini conosciuti di Provenzano il verbo ammazzare (o il siciliano astutare che significa spegnere), e i sinonimi uccidere, assassinare, sopprimere, non compaiono mai.
MARIA, AVE
Nella sala colloqui del carcere di Pagliarelli gli investigatori hanno disposto una serie di microfoni che possano intercettare i discorsi tra Pino Lipari – consigliere e amministratore dei beni di Provenzano – che è stato arrestato, e suo figlio Arturo.
Quest’ultimo ha il compito di ricopiare i pizzini di Provenzano indirizzati al padre e farglieli avere in carcere.
Un giorno viene ascoltato questo colloquio: «Quella risposta è arrivata» dice Arturo riferendosi a un pizzino di Provenzano. E prosegue domandando: «L’hai letta tu?».
Ma il padre risponde con un’altra domanda. «Però non era tutta completa, vero?».
Arturo si giustifica delle omissioni. «C’erano un sacco di Ave Maria». E Pino Lipari, irritato: «Un’altra volta, tutta, perché in mezzo all’Ave Maria io devo capire, capisco qualche cosa... hai capito?». [...]
Che cosa può essere quel qualche cosa da capire in mezzo all’Ave Maria?
Quasi certamente un di più e cioè lo stato d’animo di Provenzano. Oltretutto Pino Lipari era stato il consigliere più ascoltato e l’uomo che gli aveva rifatto l’immagine, e quindi era colui che poteva meglio di tutti interpretare gli stati d’animo e gli sbalzi d’umore del suo capo: probabilmente era in grado di capire dalla quantità di Ave Maria, dalla loro collocazione, dal loro alternarsi, quale importanza Provenzano desse a una certa questione da risolvere. Un codice psicologico che magari colui che scriveva non sapeva di star mettendo in atto, mentre colui che leggeva l’interpretava benissimo.
UMILTÀ
Le professioni d’umiltà negli scritti di Provenzano sono frequentissime.
Egli vuole maniacalmente ribadire in ogni occasione agli altri esponenti delle famiglie mafiose che intende esercitare il suo potere di capo dei capi non come un comandante assoluto o un dittatore, come usava fare Riina, bensì come un primus inter pares. Doveva far dimenticare il Provenzano di prima, quello che non ammetteva né errori né meno che mai disubbidienze. Chi trasgrediva pagava con la vita. Voleva seguire l’insegnamento dei grandi capimafia del passato, come ad esempio don Calò Vizzini che amava ripetere la frase: Iu nuddu sugnu. Io sono nessuno. Anche a Ulisse, dopo aver fatto quello che fece, capitò di dire che era nessuno.
Provenzano allora si mette a scrivere frasi come queste:
Io con il volere di Dio voglio essere un servitore, comandatemi, e sé possibile con calma e riservatezza vediamo di andare avandi, e spero tando, per voi nella vostra collaborazione.
... Il mio fine è pregarvi...
... sono nato per servire...

Arriva persino alla sottigliezza di dichiarare di volere lui, Provenzano, un consiglio da chi glielo sta richiedendo:
Tu mi chiedi se io ho qualche consiglio in merito, cerco lo stesso da te, che tu potessi consigliare a me...
Di conseguenza mai darà ufficialmente un ordine, tutt’al più prenderà una decisione dopo aver sentito i diversi pareri e questa decisione sarà da lui espressa sotto forma di consiglio.
Ma nessuno si permetterà di non seguirlo, questo consiglio che in realtà è un ordine, in quanto non solo viene da Provenzano, ma costituisce una sorta di comune denominatore tra opposti pareri, è l’espressione di un equilibrio faticosamente raggiunto tra contrastanti interessi.
Andrea Camilleri
 
 
Certe «piccole carte»

Nel suo classico Dizionario siciliano-italiano, uscito a Palermo nel 1838-44), Vincenzo Mortillaro alla voce «Pizzinu» definisce: «Piccola carta contenente breve scrittura e dicesi di moltissime scritture in ogni genere» (nell’immagine, foglietti scritti dal suo covo dal boss Provenzano). «Il pizzino di Provenzano», osserva Camilleri nel suo nuovo libro Voi non sapete, «spesso non è una piccola carta, ma un foglio intero generalmente suddiviso per argomento e ripiegato più e più volte fino a diventare una listarella sigillata da un nastro adesivo trasparente. Così ridotto, il pizzino è facilmente occultabile (nel risvolto dei pantaloni, per esempio) e altrettanto facilmente scambiabile (lo si può fare con una semplice stretta di mano). Praticamente impossibile manometterlo senza che la manomissione sia immediatamente scoperta».
 
 

La Stampa, 5.10.2007
Intervista. La prima volta dello scrittore su Cosa nostra
Camilleri "Un giallo sulla mafia? Mai e poi mai"
"Non voglio rischiare di renderla simpatica"

Voi non sapete quello che state facendo»: sono state le prime parole mormorate da Bernardo Provenzano, l’11 aprile dell’anno scorso, all’indirizzo del vicequestore Renato Cortese che lo aveva scovato nella masseria di Montagna dei Cavalli, a Corleone, ponendo fine a una latitanza di 43 anni. Diverse le letture possibili - avvertimento, messaggio trasversale, preoccupazione per il futuro. A Andrea Camilleri l’uscita di Binnu u tratturi fa venire in mente le parole di Gesù sulla croce: «Padre, perdona loro perché non sanno quello fanno».
E (appunto) Voi non sapete si intitola la ricognizione nell’universo mafioso compiuta dallo scrittore siciliano attraverso i pizzini dello spodestato capo dei capi: una sorta di dizionario ordinato per voci, che disegna le amicizie e le inimicizie, gli affari, gli affetti, l’organizzazione mentale e le fissazioni religiose. Una novità assoluta per il giallista che nelle sue trame si è sempre tenuto lontano dalle storie di coppola.
Camilleri, tempo fa lei aveva confessato di capirci poco di mafia. Dopo questa full immersion nei pizzini si sente più ferrato?
«Diciamo che capisco un certo momento della mafia, quello legato a Provenzano, che quando diventa il numero uno propone la “linea dell’immersione”: in sostanza, come fare affari senza ricorrere alle armi. Non capisco invece la mafia stragista, quella di Riina. Ora, non che rimpianga Provenzano, sia chiaro - anche se ha indubbiamente un certo fascino che a Riina manca -, ma dopo il suo arresto non c’è più un vero capo, i due latitanti che si contendono il potere, Salvatore Lo Piccolo e Matteo Messina Denaro, non hanno la stessa capacità di controllo totale, e non è difficile ipotizzare un ritorno ai mitra e alla guerra per bande. È un momento molto pericoloso».
Ma se riconosce a Provenzano questo certo fascino, c’è caso che prima o poi ci ritroviamo un simil-Binnu in un suo romanzo, magari alle prese con Montalbano?
«Questo no, non riusciranno mai a convincermi. Resto dell’idea che i migliori scrittori di mafia debbano essere i poliziotti, i carabinieri, i giudici: e proprio perché un narratore sia pure pessimo finisce col nobilitare il fenomeno mafioso. Lo abbellisce, lo rende attraente».
Anche il suo amico Sciascia...
«Sciascia ha scritto un’opera fondamentale sulla mafia, "Il giorno della civetta". Però: com’è simpatico il suo don Mariano Arena, quello che ci ha lasciato l’indimenticabile partizione dell’umanità in uomini, mezz’uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà...».
Dunque, niente?
«Non me la sento proprio di parlare di mafia in un romanzo, provo un senso di rigetto. Certo, non potevo fingere che non ci fosse: così l’ho introdotta come un basso continuo, un fruscio di fondo. Ma farne la protagonista, mai».
E mai neppure ricavarne un profitto. Infatti, come si legge nella nota finale, «i diritti d’autore di questo libro sono interamente devoluti alla Fondazione Andrea Camilleri e Funzionari di Polizia per i figli delle vittime del dovere», appositamente istituita per l’occasione.
Maurizio Assalto
 
 

La Stampa, 5.10.2007
Ma forse Montalbano smonterebbe l'inganno

Sappiamo l’avversione del maestro Camilleri per la «letteratura mafiologica» che, seppure trattata con tutte le attenzioni e contromisure del caso, finisce sempre per consentire una certa beatificazione dei Padrini. E, d’altra parte, sembrerebbe dargli ragione il successo mai sopito - presso gli uomini d’onore di diverse generazioni - della storia di don Vito Corleone magistralmente scritta da Mario Puzo. Si dice che Riina e Provenzano abbiano rinunciato alle tradizionali cautele da latitanti per correre al cinema a ubriacarsi del fascino di Brando-Corleone. Ed è vero che ogni buon picciotto tiene una copia del libro sul comodino, accanto alla branda della propria cella. Così com’è autentica la passione che ha portato gli affiliati più giovani a seguire le evoluzioni di Toni Soprano e della sua crisi esistenzial-sentimentale. Comprensibile, dunque, la ritrosia di Andrea Camilleri ogni volta che si avvicina a personaggi ingombranti come Bernardo Provenzano, e l’accortezza con cui sceglie parole fredde e pochi aggettivi. Eppure, conoscendo lui e conoscendo ormai anche la sua creatura, lo sbirro Montalbano, viene in mente che potrebbe non essere poi così scontato un risultato tanto controproducente in una ipotetica storia dove il poliziotto di Vigàta si addentra nei segreti dei personaggi di Cosa nostra. Intanto perché il punto di vista sarebbe quello dello sbirro laico e disincantato e non l’autistico e autoreferenziale microcosmo mafioso. E poi perché Montalbano- Camilleri, indagando e raccontando, non potrebbe che servirsi dell’ironia. Arma letale (come ci ha insegnato il film “L’onore dei Prizzi”), la ridicolizzazione dei falsi grandi valori dei padrini bigotti, contro l’ottusità di un potere totale. Proviamo a immaginare: cosa farebbe Montalbano in un ipotetico incontro con don Binnu in vena di gravi atteggiamenti politico-sacerdotali? Forse lo farebbe parlare e parlare tanto, anche spingendolo sadicamente verso soluzioni caricaturali degni del miglior Catarella. Per esempio potrebbe fingere di subire il fascino del mafioso buono dedito, come scrive Provenzano nei pizzini, alle «opere buone». Per poi «prenderlo in parola» proponendogli di tener fede ai buoni propositi, magari invitandolo a iscriversi a una associazione di volontariato che assista i pentiti. Insomma, Montalbano saprebbe bene come svelare l’inganno del buon mafioso e dimostrare al popolo di Cosa nostra che il «re è nudo».
Francesco La Licata
 
 

Panorama, 11.10.2007 (in edicola 5.10.2007)
Il nostro tempo
La mafia svelata attraverso i pizzini del boss
Dizionari d’autore. Dalla A di affari alla V di voi non sapete: nel suo ultimo libro Andrea Camilleri racconta le cosche traducendo gli appunti di Provenzano

I pizzini decifrati da Andrea Camilleri nientemeno. Il codice della mafia sbugiardato dalla più efficace macchi­na letteraria. L'arte investiga­tiva del commissario Salvo Montalbano, insomma, mes­sa a frutto contro i misteri, i silenzi e la potenza del più pe­ricoloso capo criminale. Il ci­frario attraverso cui Bernardo Provenzano (catturato dalla Polizia di Stato) comandava delitti, seguiva la famiglia e dirigeva gli affari. Il segreto dei segreti spiegato come niente fosse perché, se danno si può fare alla mafia, peggio­re danno non le si potrà pro­curare che spiegandola.
Voi non sapete, edizioni Mondadori, è il titolo del nuovo libro di Camilleri, un dizionario che va dalla A di affari fino alla V di voi non sapere (non avendo mai la mafia, priva di eroi, preso in considerazione la Z di Zorro). Con perizia filologica e senti­mentale Camilleri racconta dunque «gli amici, i nemici, la mafia, il mondo nei pizzi­ni di Bernardo Provenzano».
Con rispetto parlando, è an­che una bella disfida di scrit­tura questa tra il vecchio capomafia e il patriarca della let­teratura, la distanza che li se­para, infatti, fosse solo per la voce «cicoria», specificamen­te quella selvatica, tradisce una struggente malinconia come neppure Marcel Proust, con tutte le sue madeleine, avrebbe saputo immaginare. E dunque: «L'autore del pre­sente dizionario, che anche lui sogna la cicoria selvatica, capisce e compatisce».
La «Recherche» di Camil­leri è rigorosa, si avvale del Mortillaro, un classico dizionario, il Devoto-Oli della lin­gua siciliana, dove il lemma Pizzinu è spiegato come «pic­cola carta contenente breve scrittura e dicesi di moltissi­me scritture in genere».
Quelli adoperati da Pro­venzano invece (e Camilleri lo spiega bene) sono fogli gran­di, scritti con macchina per scrivere, minutamente ripie­gati e suddivisi secondo sche­ma aristotelico, quello del­l'Organon, divisi per argomen­to dunque, dove lo svolgi­mento deve seguire nel con­tenuto un procedimento lo­gico e libero da incongruenze. Vista anche la scrittura di­sastrata, tutta questa scienza in Provenzano è ovviamente infusa. E se mi fosse concessa una punta di orgoglio razzia­le, in Voi non sapete si dimo­stra come anche senza scuola un siciliano è per sua natura un letterato.
Camilleri stesso, galantuo­mo qual è (fatta salva la con­danna contro un abietto impiegato del crimine), in que­sto delizioso libro in nessun momento sbraca in pregiudizi, meno che mai quelli lom­brosiani. Non ci sono com­piacimenti comici, infatti, né divertimenti dettati da chis­sà quali vette etiche. Il libro è quasi un guardarsi allo specchio dove l'uno è il contrario dell'altro.
Ovviamente Provenzano non avrebbe mai messo in conto di finire tra le carte co­sì nobili di uno dei maggiori autori della letteratura contemporanea, ma Camilleri non si prende i vantaggi del­la superiorità etica, adotta piuttosto una sorta di chirur­gia filologica per decrittare quella «miserabilitudine» che dalla plaga della società, sia essa la politica, sia la real­tà più inaspettata, apparente­mente innocente, arriva e nu­tre la mafia stessa.
Camilleri ci spiega come la volpina astuzia del capoma­fia, oltre a rinnovare nel dina­mismo dei pizzini l'impene­trabilità del segreto, avesse aggiornato anche i rapporti con le famiglie ideologiche. A costo di scombinare metra­te di sceneggiature assai impegnate con i capimafia allea­ti ai democristiani di duro pelo. Camilleri rivela come Pro­venzano non volle mantenere la pregiudiziale anticomuni­sta: «Gli investigatori» si leg­ge alla voce «politica» «da sempre abituati a dare per scontato l'abisso esistente tra mafiosi e comunisti, non cre­dettero alla realtà scoperta quando cominciarono ad ave­re la certezza che uno degli eminenti postini di Proven­zano era proprio un incensu­rato imprenditore dichiarata­mente di sinistra. Poi ne sco­prirono un secondo con gli stessi connotati politici».
È storia nota quella del­l'improvviso eccitarsi davanti ai primi facsimile eletto­rali trovati nel rifugio di Provenzano a Montagna dei Cavalli: dovevano essere del­l'area di centrodestra, ma anche altri del centrosini­stra, però quel che vale è la rottura col passato, l'avven­to di una «mafia democrati­ca» accanto a quella antica, la «reazionaria».
Un faccia a faccia dunque questo Voi non sapete, un guar­darsi allo specchio tra una Si­cilia cattiva (o quella buona?) e l'altra, quella buona (o quel­la cattiva?). E il patto che le­ga i due mondi lontanissimi, quello tra l'autore del Birraio di Preston e il latitante dei la­titanti, è il linguaggio, la me­tafisica della lingua siciliana: uno la usa per mimetizzarsi, l'altro per farsi capire al Nord e piacere a noi, suoi lettori.
La contesa fra i due mondi lontanissimi non si risolve so­lo nel gioco della decifrazio­ne dei pizzini. Camilleri, in­fatti, ci accompagna negli in­finiti dettagli del linguaggio e si avvale anche delle testi­monianze di un altro prota­gonista, il procuratore anti­mafia Piero Grasso, e attra­verso un racconto del magi­strato (raccolto a sua volta da Francesco La Licata) il dizio­nario trova un' altra interes­sante voce: «ruolo».
Il ruolo dunque. Tutto na­sce dalla scena quasi cinema­tografica del primo incontro tra Grasso e Provenzano: «Ci siamo incrociati per qualche attimo alla squadra mobile di Palermo. Stavamo entrambi in piedi e mi è venuto l'im­pulso di chiedergli se avesse bisogno di qualcosa, come una sorta di atto dovuto».
Il mafioso chiede solo di potersi fare un'iniezione per la sua prostata, il procurato­re dispone che arrivi un me­dico e, nel frattempo, gli dice: «Senta, signor Provenza­no, sappia che se c'è qualcosa da fare per questa nostra Sici­lia io sarò sempre disponibi­le». La scena è propriamente cinematografica. Il boss si fa ancora più serio, impenetra­bile, e sospende a mezz'aria la domanda del procuratore at­traverso una maschera di impassibilità e silenzio. Tutto si spezza subito con una puntualizzazione più che con una risposta: «Sì, ma ognuno secondo il suo ruolo».
Traduzione dello stesso procuratore: «Voleva dire: tu fatti lo sbirro che io mi faccio il mafioso. Tra noi non c'è possibilità di rapporto».
Non è un modo primitivo di collegarsi alla rete dei com­plici questo scelto da Proven­zano, al contrario è un'effica­ce applicazione dello «scrip­ta manent», con l'aggiunta di «un che di supremamente oracolare», così suggerisce l'esegesi di Camilleri, «al quale sarebbe stato difficile replicare, controbattere, per­ché una qualsiasi opposizione avrebbe inevitabilmente assunto l'aspetto di un quasi sacrilegio».
Voi non sapete troppe cose, sembra voler dire allora Ca­milleri scegliendo questo ti­tolo. E, in effetti, troppe so­no le trappole dietro l'appa­rente innocenza della parola. Grazie a Camilleri che sa sca­vare tra gli anfratti del miste­ro tutto mafioso della dissi­mulazione, alla voce «Sveto­nio» apprendiamo che è sta­to l'autore delle Vite l'ispira­tore e il modello dell'impostura che alligna nei pizzini. Dai libri latini il mafioso impara un metodo adottato da Giulio Cesare che sposta­va la lettera A di tre posti nell'alfabeto e così anche tutte le altre lettere: A, B, C diventavano quindi D, E, F, e così via.
Sotto la coppola si parla spesso fino. E in latino. Mat­teo Messina Denaro, attualmente latitante, giusto un anno fa ha nuovamente fatto pubblicare sui giornali il ne­crologio nella ricorrenza del­la morte del padre Francesco: «Spatium est ad nascendurn et spatium est ad moriendurn, sed solum volat qui id volt et perpetuo sublimis tuus vola­tus fuit». Traduzione: «C'è spazio per chi nasce e c'è spa­zio per chi muore, ma vola so­lo chi lo vuole e il tuo volo in perpetuo fu sublime».
Camilleri ci offre nel dizio­nario la traduzione della tra­duzione e quel che Denaro manda a dire a tutti voi che non sapete è questo: «Ora che Provenzano è fuori gioco perché è stato arrestato, c'è spa­zio per me e per te, caro Lo Piccolo, basta mettersi d'accordo per volare alto».
Il libro pubblica in appen­dice anche l'anastatica di molti tra i più significativi pizzini, dattiloscritti inzeppati di be­nedizioni, di sigle e di nume­ri, misteriosi fogli dell'epopea di «sgrammaticatizzo», dove, è vero, Provenzano non man­ca mai di scusarsi per i troppi errori di sintassi e di gramma­tica, ma dove però sono i suoi stessi interlocutori, spesso professionisti, dotati di scuo­le alte, che s'adeguano a quel­la scrittura per non voler ap­parire superiori.
Forme di galateo proprie dell'obbedienza questa, un «erroritudine» che fa da marchio alla storia di Sicilia e quasi quasi anche in que­sto si specchiano i due auto­ri, se si pensa che pure Ca­milleri, incolpevole, si trova scopiazzato da tanti suoi emuli, tutti folgorati lungo la strada dello «sgrammati­catizzo», non quello sintat­tico-grammaticale per cari­tà, ma lo scimmiottistico dialettale, quello sì.
È un libro che fa bene in tanti sensi questo Voi non sa­pete, uno dei quali è questo: i diritti d'autore saranno inte­ramente devoluti alla Fondazione Andrea Camilleri e fun­zionari di Polizia per i figli delle vittime del dovere.
Il libro nasce, infatti, dal­la collaborazione con la que­stura di Palermo e la procu­ra della stessa città che ha fornito a Camilleri le fotoco­pie dei pizzini.
Pietrangelo Buttafuoco
 
 

San Marino Notizie, 5.10.2007
Spettacolo - Presentata la nuova stagione teatrale

La Stagione 2007/2008 del Teatro Nuovo di Dogana può essere definita “in continua evoluzione”: coerente con la propria concezione nel pensare il teatro come crocevia di culture e di espressioni, nuova nella veste grafica, nel logo inedito che da ora la rappresenta, diventato un anfiteatro-città ideale che avvolge e che accoglie le diversità, simbolo stesso di un programma in cui trovare una offerta variegata e interdisciplinare. Una grande varietà di spettacoli quindi, che vedono in scena rinomati autori da Aristofane a Molière, da Flaubert ad Ibsen passando per Petrolini fino ad arrivare a Camilleri e Nothomb - sia classici che contemporanei.
[…]
Un testo straordinario: “La concessione del telefono”, riduzione scenica di un romanzo di culto di un autore di culto quale è Andrea Camilleri. Una storia curiosa dall’andamento travolgente che prende origine da un equivoco dipanato da un cast d’attori siciliani in una divertente sinfonia di parlate.
[…]
 
 

La Repubblica, 5.10.2007
Lucarelli: tra tanti eroi televisivi serve un poliziotto scomodo
I Manetti Bros girano a Bologna la seconda serie della fiction con Giampaolo Morelli

[...]
Lucarelli ama il giallo in tutte le declinazioni. "Nel panorama televisivo mi piace molto Barbareschi nei panni del commissario Soneri in "Nebbie e delitti", mi sembra che sia riuscito a restituire le atmosfere dei libri di Varesi, la malinconia del personaggio, il senso di solitudine. Come Zingaretti, andando a Sud, ha saputo incarnare la sicilianità di Montalbano, un misto di anarchia e rigore morale. La serie dai romanzi di Camilleri è bella e coraggiosa, far parlare un poliziotto del G8 non è da tutti".
Silvia Fumarola
 
 

L'opinione, 6.10.2007
Info Tv
La parola all’editorialista de “La Stampa” Minzolini

4 ottobre 2007. Due giornalisti, due sindacalisti, due politici, uno scrittore, uno showman, un macellaio, il ranking si presenta variegato e con un ampio ventaglio di categorie.
[...]
E poi arrivano due noti personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo: lo scrittore siciliano Andrea Camilleri e il simpatico artista pugliese Renzo Arbore, che rispettivamente conquistano la settima e ottava posizione del ranking. Camilleri ai microfoni del Tg1 presenta il suo ultimo lavoro “Voi non sapete”, un libro sull’universo mafioso attraverso il lessico e il pensiero dell’ultimo grande boss, Bernardo Provenzano.
[...]
Claudia Bruno
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 6.10.2007
De Cataldo spiega il noir. "La Sciascia generation"
"Il Legal noir è nato in Sicilia"
Giancarlo De Cataldo in città parla di letteratura e legalità

Meglio l´aula di un tribunale che un laboratorio di scrittura: così la pensa Giancarlo De Cataldo, giudice di Corte d´Assise a Roma e autore del fortunatissimo "Romanzo criminale", da cui Michele Placido ha ricavato un film, e ora di "Nelle mani giuste" (Einaudi). È tale oggi l´interesse per le storie intorno ai processi, che la letteratura sembra sempre più morbosamente attratta dagli episodi giudiziari più intricati.
Di letteratura e legge il romanziere pugliese parlerà alle 19 nell´ex convento dei Teatini (facoltà di Legge), assieme a Piergiorgio Di Cara, commissario di polizia e autore di noir metropolitani, e a Christine Von Borries, pm cui si devono "Fuga di notizie" e "Una verità o l´altra".
È vero che i delitti, i testimoni, la malavita, gli avvocati e i processi sono destinati a diventare gli unici ingredienti del giallo di casa nostra?
«Detto così, sembra una sorta di apocalittica previsione, ma non siamo poi troppo lontani dalla verità: del resto, scrittori come Dickens, Balzac attingevano spesso ai palazzi di giustizia di allora. L´imperativo al quale gli scrittori di oggi sembrano voler ubbidire è questo: bisogna cercare le storie da raccontare nelle aule dei tribunali. In questo senso, la Sicilia occupa una posizione strategica, essendo quasi la culla di questo tipo di letteratura che guarda alla cronaca giudiziaria, ai misteri della legge, alle storture ad esse legate».
E qui viene in mente Leonardo Sciascia: la propensione illuministica che lo induce a fare luce nelle zone d´ombra della storia isolana, metafora di quella dell´Italia.
«Sciascia in quest´ambito è davvero qualcosa di imprescindibile. Grazie a lui è stato possibile riscoprire la Sicilia, partendo magari da un´inchiesta minima. C´è poi da dire che il discorso su Sciascia è sempre stato abbastanza scivoloso. Devo confessare che ci rimasi molto male ai tempi dei "professionisti dell´antimafia". Quello sì che era una distorsione dell´eccesso di razionalismo, di attitudine causidica, sempre fortemente invasivi in Sicilia. Anche le intelligenze migliori, in quell´occasione, si fecero cogliere in fallo. Sono sempre più convinto che il primo Sciascia sia il più valido: quello che illumina gli anfratti della storia isolana e nazionale, e non quello che si contorce sulla verità sin quasi a deformarla. Non ho amato "Il cavaliere e la morte", né "Porte aperte", che è l´elogio del giusnaturalismo. Per me occorre distinguere tra l´intellettuale lucido e l´illuminista al contrario, come lo definiva Moravia, che partiva da una zona di luce e verità, per approdare al mistero e all´irrazionale. Dove però Sciascia lascia cadere la maschera, allora ci si trova di fronte a pagine ancora straordinarie. Come quelle scritte, con grande lucidità, e a due mesi dal sequestro di Moro».
Gli scrittori delle ultime generazioni, presentano certi tratti sciasciani? Sono in qualche modo riconducibili allo scrittore di Racalmuto?
«Comincio dai cosiddetti giovani: penso ad esempio a Gaetano Savatteri. Lui sì che è sciasciano quando si interroga sulle possibili articolazioni della verità, sulle ambiguità di fondo, come ha fatto nel suo ultimo romanzo. C´è poi Piergiorgio Di Cara, che però mi sembra lo scrittore meno siciliano di tutti. La "dominanza siciliana" in lui si sente appena. E poi ci sono le prove interessanti del palermitano Giacomo Cacciatore e del catanese Ottavio Cappellani. Ma c´è soprattutto Andrea Camilleri, che io leggo come scrittore civile, sia quando scrive una storia ottocentesca, sia quando racconta un´avventura di Montalbano. Ma Camilleri, più che sciasciano, è pirandelliano».
La stessa propensione affabulatoria della letteratura ora interessa anche il cinema e la televisione: storie di mafia, i grandi processi, i sacrifici dei magistrati uccisi...
«Questo lo so bene, dal momento che ho firmato, come lei sa, la sceneggiatura del Borsellino televisivo. È vero: da un po´ di tempo in qua il grande e il piccolo schermo continuano a sciorinare storie del genere. Ma pensiamo per un attimo ai "Cento passi": ha avuto un impatto, quel film, sul nostro immaginario, pari a quello che ebbe il primo Sciascia. Funziona così: la Sicilia per un po´ si inabissa, sprofonda. Qualcuno però un bel giorno si sveglia, riemerge. Quando abbiamo cominciato a raccontare queste storie, lo abbiamo fatto dopo il deserto: andava fatto».
Al cinema e in tv Falcone e Borsellino sono presentissimi, nei romanzi invece latitano. Come mai?
«Le confesso che nel mio ultimo romanzo, "Nelle mani giuste", c´era un capitolo in cui interagivano proprio Falcone e Borsellino. Alla fine ho deciso di toglierlo, ho temuto che il mito potesse trasformarsi in busto di gesso: ecco, questo genere di cose vanno evitate. Ma non bisogna dimenticare che se il nostro Paese, così pieno di ombre, di minimalismi, ha avuto negli ultimi anni dei veri eroi, sono stati loro. Non è cosa da poco».
In ogni caso, al cinema come in letteratura, il rischio che si corre sempre più è quello della saturazione, del manierismo a tutti i costi.
«Il poliziotto ombroso, la prostituta affascinante, il killer schizzato: sono oramai delle costanti nei noir che si pubblicano. C´è però un antidoto: la qualità della scrittura».
Quali libri consiglierebbe a un lettore che vuole conoscere la Sicilia?
«Comincerei da "I vecchi e i giovani" di Pirandello. Poi gli suggerirei "Il giorno della civetta" di Sciascia: è ancora uno di quei libri che squarciano un velo. C´è "Il Gattopardo", che non amo particolarmente: mi fa letteralmente incazzare, ma non si può ignorarlo: il suo famoso inciso, perché tutto rimanga com´è bisogna che tutto cambi, è il tono culturale dei nostri ultimi anni. Di Camilleri sceglierei "La concessione del telefono", un libro che funziona come un film di Totò: non ci si stanca mai di rileggerlo».
Salvatore Ferlita
 
 

l'Unità, 8.10.2007
E Camilleri restò incantato dalla sirena

Mentre Montalbano si interroga sul suo futuro, Andrea Camilleri si distrae con un nuovo libro che è una favola per adulti e si confronta con il mito e con l’astrologia. Lo fa costruendo una narrazione eclettica nella quale il mito (la protagonista è una sirena) si intreccia con la storia, ed ancora con l’arte e con l’architettura. Il risultato è un racconto dai tratti poetici.
E’ noto che le favole vengono raccontate e tramandate, sono il frutto della storia della cultura popolare, di miti e tradizioni, di vita e di immaginazione. Ma chi la raccontò, a Camilleri, questa fiaba? Un contadino di nome “Minicu”, un uomo del popolo, che lavorava nella terra del nonno di Andrea. Stiamo parlando all’incirca degli anni Trenta del Novecento, quando Camilleri era solo un bambino. Lo scrittore ha recuperato quella storia incentrata su Maruzza Musumeci, e l’ha narrata, in un testo che sarà in libreria questa settimana [La pubblicazione è stata poi rinviata, NdCFC], pubblicato nella collana “La memoria”, da Sellerio. L’incipit è nella Vigàta del 1890, anzi del gennaio 1890. Il contadino Gnazio rientra dagli Stati Uniti dopo ben 25 anni di assenza. Era andato a lavorare là, come tanti, per necessità, per il bisogno di sopravvivere. Lui “sapeva solo arrimunnari gli alberi”: era cioè un “rimunnaturi”, un potatore, una figura ancora presente nei giardini degli agrumeti siculi, allora non del tutto spodestata dai moderni strumenti tecnologici. E sapeva così ben potare gli alberi, che era stato assunto nella grande, mitica, New York come giardiniere. Ma le disgrazie si sa, son sempre dietro l’angolo, l’operaio-contadino cade da un pino. Ma almeno i soldi dell’assicurazione gli consentono di tornare in Sicilia, a Vigàta con un piccolo gruzzolo, sufficiente a comprare un pezzo di terra tutto suo, che poi è il sogno di ogni contadino. “Se ne era innamorato subito Gnazio, perché al centro di quella terra, stretta tra cielo e mare, troneggiava un ulivo secolare, la gente diceva che aveva più di mille anni. La terra era rinata con le sue amorevoli cure, rivoltata e bagnata, popolata di animali, abbellita da una costruzione tirata su, pietra su pietra e ora a 45 anni Gnazio era desideroso di farsi una famiglia”.
La vecchia Pina, una figura a metà fra l’esperta di erbe e di guarigioni, s’incarica di trovargli la moglie. E che moglie gli trova: Maruzza Musumeci, molto bella, anzi “bella come il sole”, anche se ha voglie un po’ strane. Come quella che l’attanaglia, un desiderio irrefrenabile di acqua di mare. Ma come non adorarla questa Maruzza, con quella sua voce incantevole, una autentica melodia musicale. Eh sì, proprio una voce da sirena. Gnazio incontra Maruzza, e giungono le nozze e naturalmente i figli. “La famiglia di Gnazio e Maruzza cresce, prima nasce Cola, poi Resina, anche lei dalla voce ammaliante, poi Calorio e Ciccina, e cresce anche la casa…” E’ affascinante il modo in cui Camilleri delinea la storia, con una scrittura a tratti sognante, con ritratti da idillio, ma anche con una narrazione sorvegliata e ben ritmata che fa collimare romanzo e poesia. Splendida la figura di donna descritta, quasi una trasfigurazione della figura femminile. E come se dopo donne ritratte nella loro dimensione fisica e carnale - si pensi alle sensuali femmine de “La luna di carta” o del “Birrario di Preston”, o “La stagione della caccia”- Camilleri abbia voluto tratteggiare una figura metaforica, nella quale la sensualità si trasforma musicalmente in poesia. Qui lo scrittore dai tratti veristici-realistici, sempre venati però da una dissacrante ironia critica, punta verso nuove mete e giunge ad atmosfere surreali. Perché bisogna: «chiudere gli occhi “pi vidiri le cose fatate”, quelle che normalmente, con gli occhi aperti, non è possibile vedere».
Salvo Fallica
 
 

Adnkronos, 8.10.2007
Partecipano Claudio Magris, Stefano Benni, Alessandro Piperno e Carlo Lucarelli
Farnesina, oltre 1300 eventi per la VII Settimana della Lingua Italiana nel Mondo
Si conferma il trend positivo del più importante appuntamento internazionale di promozione del nostro idioma. Il tema scelto per l'edizione di quest'anno è il mare, ''uno degli elementi che ha più ispirato la nostra cultura e i nostri scrittori'', ha detto Intini per il quale ''conoscere la nostra lingua contribuisce ad amare la nostra cultura''

Roma - Hanno già superato quota 1.300 gli eventi organizzati in occasione della VII Settimana della Lingua Italiana nel Mondo "La lingua italiana e il mare".
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Non mancano i contributi video, tra cui "Il luogo, la memoria" dedicato alla Sicilia da Andrea Camilleri.
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Libertà, 8.10.2007
Serge Quadruppani: «Con il mio nuovo noir rifletto sulle trame oscure della nostra storia»

Ha scelto la libreria Fahrenheit 451 di Piacenza lo scrittore francese Serge Quadruppani per inaugurare il lungo giro di presentazioni del suo ultimo romanzo, "In fondo agli occhi del gatto", edito poche settimane fa in Italia nella collana Farfalle di Marsilio e già accolto da ottime critiche.
«Avevo un bellissimo ricordo della mia precedente visita a Piacenza, durante il festival di Carovane nel 2003 e mi ha fatto molto piacere tornare qui e rivedere alcune simpatiche persone conosciute in occasione di quella interessante manifestazione», ci ha raccontato Quadruppani il giorno dopo l'incontro in libreria, prima di prendere il treno che lo avrebbe portato a Bologna, per la seconda tappa del suo "tour" italiano.
Insieme a lui c'era Maruzza Loria, compagna di vita dello scrittore parigino nonché traduttrice dei suoi romanzi in Italia (fu questa giovane donna palermitana, ci aveva raccontato Quadruppani nel 2003, che gli fece conoscere Andrea Camilleri, di cui oggi egli è traduttore in Francia per le edizioni Métailié).
Per questo, l'incontro dell'altra sera si è soffermato, oltre che sulla trama del romanzo, cui accenneremo di seguito, sugli aspetti della sua traduzione in italiano e, più in generale, sul difficile e spesso sottovalutato mestiere del traduttore letterario, sulle cui spalle e sulla cui abilità poggia la fortuna dei romanzi di autori stranieri.
Quadruppani, infatti, oltre che autore di saggi e romanzi è curatore nel suo Paese di una importante collana pubblicata da Metailié dedicata al noir italiano e traduttore di diversi autori italiani, tra cui - oltre a Camilleri, che abbiamo già citato - Valerio Evangelisti, Massimo Carlotto, Giancarlo De Cataldo, Marcello Fois, Grazia Verasani e altri ancora.
Abilmente tradotto da Maruzza Loria e corredato di una entusiasta prefazione di Andrea Camilleri, l'ultimo noir di Quadruppani racconta la storia di Michel, cinquantenne disoccupato e sognatore, a cui vengono improvvisamente a mancare i soli due punti di riferimento della sua vita: l'amico di infanzia Paul e la gatta Jupon. Entrambi brutalmente ammazzati. E mentre degli sbirri assassini tentano di eliminare Michel e altri poliziotti provano a salvarlo, la vita del protagonista deraglia in direzione di Emile, reduce di guerre sporche e segrete, che attende un misterioso nemico barricato in un eremo di campagna.
Una storia tesa, quella raccontata da Quadruppani, per mezzo della quale l'autore riflette sulle trame oscure della nostra storia, con una forte denuncia sociale e politica: contro la politica antislamica del governo francese in Algeria, la compiacenza del governo italiano alla mafia, gli interessi europei alla mattanza in Sierra Leone e altri mali del nostro tempo.
Caterina Caravaggi
 
 

Il Messaggero, 8.10.2007
Libreria “Il Seme”. A colloquio con Lucia Re

Alla libreria ”Il Seme”, in via Monte Zebio 3, a due passi dal palazzo della Rai di viale Mazzini, è facile incontrare personaggi dello spettacolo, come De Gregori, ma soprattutto scrittori fra i quali Camilleri, De Cataldo e Lodoli, che apprezzano il clima caldo e familiare di questo piccolo negozio. Per renderlo tale la titolare, Lucia Re, vi ha portato anche la scrivania del padre. La libreria esiste da trent’anni, partorita dalla grande passione per i libri di Lucia Re, che l’ha anche spinta nel 2001 a creare - insieme con il marito e con il figlio, Rodolfo e Lorenzo Ribaldi - una casa editrice specializzata in letteratura spagnola, portoghese e chicana, ”La nuova frontiera”. ”Il Seme” è una libreria generalista, con un’attenzione particolare alla scrittura femminile e ai titoli delle piccole e medie case editrici. «Fra gli autori più venduti in questo momento - spiega Lucia Re - oltre a Ken Follett (”Mondo senza fine”, Mondadori), a Rizzo e Stella (”La casta”, Rizzoli) e Camilleri (”La pista di sabbia”, Sellerio), figurano anche la scrittrice francese Fred Vargas con il giallo ”L’uomo dai cerchi azzurri” (Einaudi) e la vincitrice del Campiello Mariolina Venezia con ”Mille anni che sto qui” (Einaudi)».
Oliviero La Stella
 
 

Agrigento notizie, 9.10.2007
"Voi non sapete" esce il nuovo libro di Camilleri

Andrea Camilleri svela l'universo della mafia attraverso 60 voci di un 'dizionario' particolare, costruito sulla base del lessico e del pensiero del boss di Cosa Nostra, Bernardo Provenzano. Si intitola ''Voi non sapete'' il nuovo libro di Camilleri, edito da Mondadori con il sottotitolo ''Gli amici, i nemici, la mafia, il mondo nei pizzini di Bernardo Provenzano''.
Il titolo "Voi non sapete" e' la frase che Provenzano pronuncio' al momento dell'arresto. Ai poliziotti che lo avevano scovato nella sua ''tana'' il superboss disse allusivamente: ''Voi non sapete che cosa state facendo''. Per Camilleri si tratta della prima incursione nel mondo mafioso. Lo scrittore ha esaminato per quasi un anno decine di ''pizzini'', ovvero i piccoli pezzi di carta che permettevano a Provenzano, dalla latitanza, di comunicare con familiari e fidati picciotti, per ricercarne le parole piu' usate ed anche quelle piu' allusive.
La mafia spiegata da Camilleri e' un atto d'accusa senza sconti contro chiunque ancora finga di non sapere, il ritratto di un criminale che per piu' di quarant'anni ha tenuto in scacco le istituzioni e costruito il proprio mito. E al tempo stesso, Camilleri racconta passo per passo l'appassionante sfida che ha portato i magistrati della Procura di Palermo e la polizia a catturare l'ultimo grande boss dopo 43 anni di latitanza. Tutti i diritti derivanti dalle vendite di questo libro saranno devoluti dallo scrittore alla Fondazione per i caduti di mafia della Polizia di Stato, di cui egli stesso ha promosso la costituzione.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 9.10.2007
L'iniziativa
La Fondazione del Bds promuove libri nei paesi arabi e intesta una biblioteca ad Amari

È stato siglato a Roma un protocollo d´intesa fra la Fondazione Banco di Sicilia, presieduta da Giovanni Puglisi, e i ministeri degli Esteri e dei Beni culturali. Fra gli scopi del protocollo, lo scambio di informazioni su iniziative italiane all´estero, la promozione delle pubblicazioni della Fondazione nella rete degli istituti di cultura italiani nel mondo e nelle Università. Un primo intervento di questo accordo è la nascita, con la collaborazione dell´Istituto Italiano di Cultura del Cairo, di una biblioteca intestata a Michele Amari e l´avvio del "progetto Michele Amari", che prevede la traduzione in lingua araba di 14 opere di autori del Novecento.
I libri tradotti verranno distribuiti in Egitto e negli altri Paesi arabofoni. Questi i testi che verranno pubblicati in lingua araba: "Silvinia" di Bonaviri, "Il bell´Antonio" di Brancati, "La diceria dell´untore" di Bufalino, "La concessione del telefono" di Camilleri, "Il sorriso dell´ignoto marinaio" di Consolo, "La lunga vita di Marianna Ucrìa" di Dacia Maraini, "L´isola di Arturo" di Elsa Morante, "Gli indifferenti" di Moravia, "Uno, nessuno, centomila" di Pirandello, "Cronaca familiare" di Pratolini, "Il giorno della civetta" di Sciascia, "La testa perduta di Damasceno Monteiro" di Tabucchi, "Le libere donne di Magliano" di Tobino, "I Malavoglia" di Verga.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 9.10.2007
Il cartellone. Il "Palermo teatro festival" al via venerdì con Ghezzi
Lynch, Rubini e Rava al Nuovo Montevergini

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Il 3 novembre, e in replica il 4, "Requiem per Chris" di Andrea Camilleri, per una mise en espace in prima nazionale che vedrà protagonisti l'attore Sergio Rubini e il jazzista Enrico Rava.
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Laura Nobile
 
 

La Stampa (ed. di Biella), 9.10.2007
La grande stagione del Civico di Vercelli
Cartellone. Leo Gullotta, Milva, Vanessa Incontrada, Massimo Lopez e il concerto degli Avion Travel: quattro filoni e quattro «Emozioni» diverse

Il calendario definitivo della stagione di prosa e concerti al Teatro Civico è stato presentato. Quattro i filoni che caratterizzano il cartellone con inizio a novembre e chiusura in maggio. Per informazioni: 0161-255544.
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Emozione protagonista
Il filone del teatro classico e dei grandi interpreti.
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«La concessione del telefono» di Andrea Camilleri e Giuseppe Di Pasquale con Angelo Tosto (21 aprile).
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AGI, 9.10.2007
Immigrati: naufragi Canale Sicilia, UNHCR premia soccorritori

Palermo - Il premio “Per Mare - al coraggio di chi salva vite umane”, indetto dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), in collaborazione con il Comando Generale del corpo delle capitanerie di Porto, e’ stato assegnato al capitano e all’equipaggio del motopeschereccio mazarese “Ofelia I”. Il riconoscimento che sara’ consegnato venerdi’ alle 17.30 nell’aula consiliare di Mazara del Vallo (Trapani), sponsorizzato da Banca Nuova, e’ assegnato ogni anno a chi, spesso a rischio della propria vita, aiuta migranti e richiedenti asilo in difficolta’ in mare.
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La giuria, presieduta da Andrea Camilleri, ha assegnato, oltre al primo premio, riservato all’”Ofelia I”, altri due riconoscimenti ai comandanti e agli equipaggi dei motopescherecci “Salvatore De Ceglia” e “Anadro”.
 
 

La Repubblica / Radio Capital, 10.10.2007
Libri, "Voi non sapete" ve lo spiega Camilleri
I pizzini di Andrea Camilleri
Esce "Voi non sapete"". La mafia raccontata con i biglietti del boss Bernardo Provenzano.
L'intervista di Simona Bolognesi
 
 

Il Tempo, 10.10.2007
La stagione. L'inaugurazione il 20 ottobre con Baliani
Il teatro del Lido cala i suoi assi
Ottanta eventi compongono il cartellone del Teatro del Lido di Ostia, non a caso definito «un mare di teatro», in cui si fondono prosa, letteratura, danza e musica. Prima esperienza di «teatro di cintura» a Roma e ormai giunto alla quarta stagione, questo spazio sta maturando progressivamente e accoglie nel suo programma nomi prestigiosi.

[...]
Nell'ambito della rassegna «Tra teatro e letteratura» si potranno poi incontrare Erri De Luca, Paola Pitagora che legge Alda Merini, Mariangela Gulatieri, Valerio Magrelli, Andrea Camilleri ed Edoardo Sanguineti.
Tiberia de Matteis
 
 

Italia sera, 10.10.2007
Al Teatro Stabile del Giallo (Via Al Sesto Miglio, 78 - Roma)
Ironia, complicità e suspence con “La Signora Omicidi”

[...]
Il cartellone dello Stabile continuerà poi con un inedito di Camilleri ed il suo Commissario Montalbano dal titolo “La luna di carta” (in scena dal 16 novembre al 6 gennaio) [...]. Per prenotazioni si può telefonare al 06/33.26.27.99.
Matteo Carmenini
 
 

Le Figaro, 11.10.2007
Montalbano au triple galop
Avec succès, Andrea Camilleri remet en selle son commissaire fétiche et la Sicile de son coeur.

À 82 ans, Andrea Camilleri reste un auteur prolifique. Son dernier roman, «La pista di sabbia» (La Piste de sable), paru le 7 juin dernier chez l’éditeur palermitain Sellerio et déjà vendu à 650 000 exemplaires, nous fait entrer dans l’univers cruel et secret des courses clandestines de chevaux en Sicile.
C’est le douzième ouvrage qui met en scène son personnage légendaire, le commissaire Salvo Montalbano, un policier de 56 ans aimant la bonne chère et animé de brillantes intuitions lui permettant de déjouer les intrigues les plus compliquées. Un matin, le commissaire découvre sur une plage un cheval qui agonise après avoir été mutilé à coups de barres de fer. Quelque temps plus tard, une femme dénonce à la police le vol de son pur-sang. L’enquête le porte dans un monde où s’entrecroisent mafieux, parieurs et belles amazones.
L’intrigue est serrée, l’écriture légère et poétique, les descriptions sont précises. On sent le souffle du vent marin, l’odeur chaude des écuries, le fumet des poissons frits que sert au commissaire sa fidèle Adelina et qui annonce, après tant de cruautés et de douleurs, le retour à la vie. Camilleri aime, décrit et défend avec passion sa Sicile dont il connaît tout. Il s’exprime dans une langue où se mêlent intimement italien et dialecte. Langue intraduisible, mais qu’on décrypte en faisant appel à l’imagination. Venu au roman à 57 ans sur le conseil pressant de Leonardo Sciascia, cet écrivain hors norme, fortement engagé dans la lutte contre la Mafia, affirme ne pas comprendre les raisons de son succès littéraire. Dans une interview, il l’attribue à l’âge, qui exalte le rôle de la mémoire, «un filtre merveilleux» qui donne «une plus grande lucidité, un plus grand détachement»: «Le temps réussit à tout adoucir.»
Richard Heuzé
 
 

Bresciaoggi, 11.10.2007
Il lutto. Si e’ spento ieri all’eta’ di 60 anni. Fino all’ultimo ha dedicato le sue forze e le sue idee agli incontri letterari e al teatro, le passioni di una vita
La cultura bresciana piange Antonio Sabatucci

Brescia ha perso uno dei suoi operatori culturali più bravi e originali, una delle sue intelligenze più vive e creative.
[...]
L’ultima, amatissima creatura di Sabatucci, in ciò coinvolto e spronato dal sindaco Paolo Corsini, sono i «Pomeriggi in San Barnaba». C’è il filone degli incontri di tema teologico, con la rivisitazione delle figure della Bibbia e del Vangelo. Ci sono gli incontri con i grandi del giornalismo e della letteratura. A Ninni riesce il colpo da maestro di far incontrare e dialogare sul palco di San Barnaba due grandi del giallo mediterraneo come Andrea Camilleri e Manuel Vasquez Montalban: i media nazionali gremiscono la sala, Ninni si gusta due maestri che ama molto.
[...]
Massimo Tedeschi
 
 

Radiotelevisione svizzera di lingua italiana - RTSI - Rete Due - venerdì 12 ottobre, ore 23:45
Lunario notturno

Il collegamento con Prime Luci e Colpo di scena si evince dal primo titolo di Lunario notturno “Il mio debito con Simenon” di Andrea Camilleri, 82 anni il 6 settembre, considerato lo scrittore più letto in Italia in questi ultimi anni.
Il "debito con Simenon" e alcuni segreti riguardanti il commissario Montalbano sono alcuni argomenti degli articoli pubblicati da Camilleri sui quotidiani tra il 1997 e il 1999, perfettamente bilanciati tra ironia e capacità di riflettere e di far riflettere. Andrea Camilleri racconta e si racconta in Lunario Notturno con la consueta straordinaria capacità affabulatoria e le voci di Augusto di Bono e Riccardo Merli. Pagine scelte da “Racconti Quotidiani” Libreria dell’Orso 2002 e “Un mese con Montalbano” Mondadori 1998.
 
 

Il Giornale, 12.10.2007
Paolo Nori non racconta Bologna ma lo fa molto bene (sintassi a parte)

Paolo Nori se non ci fosse bisognerebbe inventarlo. Chi altri avrebbe il coraggio di definire il proprio libro un fallimento? L’autore stesso ci fa sapere, nella nota finale di "Siam poi gente delicata" (Laterza, pagg. 155, euro 9), che il sottotitolo doveva essere «Fallimento di una guida della città di Bologna». Poi in Laterza hanno pensato che una simile definizione avrebbe respinto i lettori e il sottotitolo è cambiato in «Bologna Parma, novanta chilometri». Peccato, perché Nori aveva visto giusto. "Siam poi gente delicata" come guida di Bologna è un disastro. Intendiamoci: non che Nori dia informazioni sbagliate. Non dice che il piatto tipico petroniano sono le orecchiette con le cime di rape o che il massimo scrittore bolognese è Andrea Camilleri. No, niente di tutto questo. Semplicemente, riguardo a Bologna, non dice nulla.
[...]
Camillo Langone
 
 

La Sicilia, 14.10.2007
Ecco il cartellone del Pirandello
Agrigento
Otto gli appuntamenti. Si comincia con Nicola Piovani il 22 novembre. Chiude Carlo Giuffrè

«Il teatro Pirandello sarà un luogo dove fare attività e cultura teatrale, aperto alle compagnie e ai gruppi di teatro sperimentale». Con queste parole, ieri, il sindaco Zambuto ha aperto la conferenza di presentazione della stagione teatrale 2007-2008.
[...]
Dal 28 febbraio al 2 marzo Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina in «La concessione del telefono» dal romanzo di Andrea Camilleri.
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Rita Baio
 
 

Liberazione, 14.10.2007
«Al Sud io non lavoro, sto in vacanza»
Intervista alla regista teatrale Emma Dante, autrice acclamata per la messa in scena

[...]
Quali sono i padri e i fratelli siciliani che l'hanno accompagnata nel suo percorso d'artista?
Sciascia, Camilleri, ma soprattutto Ciprì e Maresco, che hanno saputo scovare e scavare come nessun altro la malattia del Sud.
[...]
Katia Ippaso
 
 

Emilianet, 15.10.2007
Modena
Sulle tracce del noir italiano a Soliera
Dal 16 ottobre all'8 novembre, una rassegna di letteratura, cinema e teatro

Soliera (MO) - Martedì 16 ottobre prenderà avvio la terza edizione de "Le tracce del nero", rassegna promossa dalla Biblioteca Campori di Soliera che prevede sei appuntamenti fra letteratura, cinema e teatro dedicati al genere noir. Domani alle 21, presso i locali della Biblioteca, sarà lo scrittore e saggista Massimo Carloni, autore del giallo "Backstage", pubblicato lo scorso anno da Einaudi, ad inaugurare la rassegna con una lezione-conferenza dal titolo "Il noir italiano da Gadda a Camilleri".
[...] alle avventure del commissario Montalbano.
 
 

LILA, 17.10.2007
Message in a Bottle – 20 messaggi D.O.C. per i 20 anni della LILA

La LILA (Lega Italiana per la Lotta contro l’AIDS), per festeggiare il ventennale della sua nascita, ha progettato l’iniziativa "Message in a Bottle – 20 messaggi D.O.C. per i 20 anni della LILA". Verranno messe all'asta su Ebay 20 bottiglie con all’interno un messaggio di un personaggio famoso. Il messaggio, manoscritto ed autografato su un normalissimo foglio A4, consisterà in un proprio contributo a tema libero, una citazione da un libro caro, una canzone, un disegno, uno spartito, un bacio impresso col rossetto...
Hanno già aderito Andrea Camilleri, Marco Paolini, Eugenio Finardi, Neffa, Caparezza, Mario Venuti, Laura Pausini, Nek, Tiziano Ferro.
L'asta partirà il 5 novembre e durerà una settimana.
Per info: tel. +39.011.4310922  / Fax +39.011.5217552 / lila@lila.it / www.lila.it.
 
 

Le Guide di Dada.Net, 18.10.2007
La V edizione del Pisa Book Festival (26-28 ottobre 2007)
Gli eventi in programma

[...]
Domenica 28 ottobre si aprirà alle ore 10,00 con il seminario a cura del Pisa Book Festival "Sette giallisti per un  giallo. Come (forse) si scrive un romanzo giallo".
Alle ore 12,00 la proiezione del documentario a cura della Minimum Fax "A quattro mani", che mette faccia a faccia due maestri della letteratura di genere, Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli. Introdurranno l’editore Marco Cassini e il regista Matteo Raffaelli.
[...]
Lidia [Comunicato stampa]
 
 

Il Mattino, 19.10.2007
«Francesca da Rimini» di Petito su Raidue
Camilleri dirige i Giuffré

Raidue trasmette dopo la mezzanotte (l’inizio è previsto per le 24.15 nell’ambito di «Palcoscenico») un prezioso esempio di teatro comico: «Francesca da Rimini», sottotitolo «tragedia a vapore», del grande Antonio Petito. Protagonisti i fratelli Aldo e Carlo Giuffré che in questo spettacolo ci regalano una delle loro prove più straordinarie. Una vera pagina storica di televisione che risale al 1979, per la regia di Andrea Camilleri, oggi celebre scrittore grazie
 
 

Barbera Editore, 20.10.2007
Comunicato stampa
"Il carico da 11. Le carte di Andrea Camilleri", in libreria il 25 ottobre
Esce il 25 ottobre, nella collana Planet, “Il carico da undici”, di Gianni Bonina: l’opera più completa e aggiornata sul lavoro di Andrea Camilleri, un saggio fondamentale corredato di un’imponente intervista a tutto campo e delle sinossi dei suoi 47 titoli, comprese le uscite di settembre-ottobre 2007.

Spesso accusato di “eccesso di successo”, Andrea Camilleri è un gigante della letteratura contemporanea. Ed è anche un fenomeno mediatico, oltre che letterario. Ma, mai prima d’ora, gli è stato dedicato un testo approfondito, completo, aggiornato come “Il carico da undici, di Gianni Bonina, che uscirà per Barbera Editore il 25 ottobre, nella collana di varia Planet”.
Il libro, che anche nella veste grafica si propone come un volume definitivo, un vero testo da biblioteca, si divide in tre parti. La prima è un vasto saggio critico, sintesi di anni di studio e recensioni grazie a cui Gianni Bonina, direttore di Stilos, siciliano come Camilleri, è divenuto, fra i critici italiani, il più profondo studioso delle opere camilleriane. La seconda parte contiene invece un’intervista di oltre 200 pagine, in cui Camilleri, ispirato e provocato dalle domande di Bonina, percorre un excursus autobiografico e critico sulla sua intera opera. Ma gli aspetti letterari diventano spesso l’occasione per incursioni nell’attualità, nella politica, nella storia: si parla di mafia, di questione meridionale, di sinistra, di discriminazioni politiche. E spesso emergono vivaci spunti di autoritratto, con dettagli autobiografici inediti. Di grande interesse sono anche le pagine dedicate ai romanzi in uscita nel 2007, “Voi non sapete” e “Maruzza Musumeci”, di cui “Il carico da undici” anticipa trama e dettagli. La terza parte del libro è un omaggio ai lettori e agli studiosi di Camilleri: vi si trovano le sinossi complete di tutti i 47 libri (comprese le due ultime uscite) dello scrittore empedoclino.
“Sa perché mi sto sottoponendo alla fatica di quest’intervista? Perché lei i miei libri, quando li ha recensiti, ho capito che li aveva letti da cima a fondo. E su qualcuno ha espresso anche molte riserve.” Così Andrea Camilleri a Gianni Bonina; e non deve essere stata una fatica di poco conto sostenere un’intervista lunga, complessa, articolata e profonda come quella concessa a Bonina. Lo scambio è avvenuto per e-mail, al telefono e di persona. Le domande, che quasi sempre partono dall’analisi di alcuni aspetti delle opere, o da dettagli del sistema e della tecnica di scrittura, finiscono per portare Camilleri su temi che hanno a che fare con i ricordi, la formazione culturale, le tante esperienze lavorative e artistiche, l’evoluzione della mafia e il suo rapporto col potere oggi. Non sempre l’intervista scorre tranquilla: spesso vi sono momenti di discussione accesa, talvolta di contrasto fra l’intervistato e l’intervistatore. Ma alla fine il risultato è un ritratto a tutto tondo, da cui emerge il profilo competo di Camilleri uomo, intellettuale e scrittore siciliano.
”Il carico da undici. Le carte di Andrea Camilleri”, di Gianni Bonina, Barbera Editore, 620 pagg., prezzo euro 15,90, ISBN 88-7899-162-7. In libreria il 25 ottobre 2007.
 
 

La Repubblica, 20.10.2007
Il libro. Presentiamo alcuni brani di "Il carico da undici. Le carte di Andrea Camilleri", libro intervista di Gianni Bonina (Barbera editore, pagg.618, euro 15.90) in uscita in questi giorni
Andrea Camilleri
L´infanzia, la letteratura, la mafia, la politica, il suo rapporto con la Sicilia e la genesi del personaggio da lui creato che gli ha regalato un successo sorprendente raggiunto improvvisamente dopo i settant´anni.
Ricordi e confessioni del "padre" del commissario Montalbano

Il mio primo romanzo
Ho cominciato a scrivere il mio primo romanzo un primo d´aprile. Ma non so onestamente dire se sia stato per caso o per causa.
Quando mi decisi, dopo molte esitazioni, a mandare il dattiloscritto a Nicolò Gallo, che mi onorava della sua amicizia, egli per tre mesi non mi diede più notizie di sé. Allora gli scrissi due righe dicendogli che, piuttosto che perdere la sua amicizia, preferivo liberarlo dall´obbligo di darmi un giudizio sul romanzo. Mi telefonò due giorni dopo, invitandomi ad andarlo a trovare. Mi ricevette nel suo studio. Sopra il tavolo c´era il mio romanzo e, accanto, un mucchio di foglietti. Mi disse subito che gli era piaciuto e che l´avrebbe fatto pubblicare da Mondadori nella collana che dirigeva con Vittorio Sereni. Ma non prima di due anni. Nel frattempo, potevo rimetterci mano.
«E come?», gli domandai. «Con più coraggio» mi rispose.
Insomma, voleva che spingessi più a fondo il mio linguaggio. I foglietti contenevano i suoi suggerimenti. Me li consegnò. Io mi ripromisi di tenerne conto, ma dato che avevo tanto tempo davanti a me, preferii rimandare l´inizio della revisione. Poi Nicolò morì. E io persi, oltre il grande amico, anche l´unico contatto che avevo con la Mondadori. Così, quando Lalli mi domandò di stampare il libro in cambio della pubblicità televisiva (perché nel frattempo Il corso delle cose, sceneggiato da Dante Troisi e Antonio Saguera, col titolo La mano sugli occhi era in lavorazione in tv), io ebbi, non so perché, ritegno a rivederlo seguendo i consigli di Nicolò. La revisione l´ho fatta molti anni dopo, in occasione dell´uscita con la Sellerio. Dalla comparazione tra l´edizione Lalli e l´edizione Sellerio è possibile capire perfettamente quello che da me voleva Nicolò. Persuasore occulto, appunto.
Questo mio primo romanzo sicuramente è un embrione della serie Montalbano, ma qui il maresciallo Corbo è un personaggio secondario, perché non si tratta di un giallo classico.
All´epoca non mi passava neanche per l´anticamera del cervello che un poliziotto o un carabiniere che fosse sarebbe potuto diventare il protagonista di un mio romanzo.
Il mio primo romanzo terminava suppergiù con queste parole: «Qua da noi si muore solo di corna». Intendevo dire che spesso e volentieri i delitti per mafia, interesse, vendetta, venivano ricondotti, per la buona pace di tutti, a una questione di corna. «Cherchez la femme». E la trovavano, la femmina, anche se non c´era mai stata. Qui invece la situazione è rovesciata. È un banale adulterio ma lo tramutano, lo «cangiano», in un fatto politico.
Ricordi
Un giorno che avevo diciott´anni, dissi a mio padre che volevo il porto d´armi, non per andare a caccia, ma per tenere addosso una pistola. Mio padre non batté ciglio.
Eravamo in campagna e mi disse di andare a prendere lo Smith Wesson che lo zio teneva nel cassetto del comodino.
Tornai col revolver. Lui lo prese e mi fece tirare fuori l´asino dalla stalla. «Vieni qua». Mi diede il revolver e indicandomi l´asino che era a una trentina di passi da noi, mi disse: «Sparagli e ammazzalo». Io lo guardai sbalordito.
«E perché?». «Perché ti devi esercitare. Un´arma da fuoco è fatta per ammazzare, no? E chi se la porta appresso dev´essere capace d´ammazzare. Perciò, esercitati». Alzai il braccio, lo riabbassai. «Non sono capace». Mi guardò occhi negli occhi. «Allora non la portare mai, la pistola.
Perché se ce l´hai in tasca e la tiri fuori e non hai il coraggio di sparare, l´altro che hai davanti t´infila in bocca la tua stessa pistola e ti spara. Ricordati sempre che una pistola in tasca è una cattiva consigliera». Me ne sono ricordato. È l´episodio che conclude “Il corso delle cose”. Perciò Montalbano preferisce ragionare piuttosto che sparare.
***
Nel 1945 mio padre fu trasferito a Enna e mia madre e io lo seguimmo. A Enna scoprii una bella biblioteca comunale, diretta dall´avvocato Fontanazza, uomo colto e spiritoso. A Enna faceva un freddo cane, ma la biblioteca era ben riscaldata. Non la frequentava nessuno, quindi l´avvocato e io passavamo intere mattinate a parlare di letteratura. Un giorno l´avvocato mi disse che in due stanze chiuse a chiave c´erano i lasciti di Lanza e di Savarese. Non erano stati ancora catalogati. Mi diede le chiavi delle stanze. Immaginate quello che ci trovai dentro? Ci passai due anni in quella biblioteca, ci andavo la mattina e il pomeriggio. C´erano collezioni complete di Lacerba, Letteratura, altre riviste, Il Lunario e tanta, tanta corrispondenza. Per non dire dei libri. Ho potuto così colmare molte mie lacune.
***
Mio padre era ispettore del lavoro portuale per tutti i porti della costa meridionale della Sicilia. Poi, dopo l´arrivo degli Alleati, divenne direttore provinciale dell´Ast (Azienda siciliana trasporti). Quindi: per un lungo periodo ebbe a che fare con centinaia di scaricatori del porto, poi con decine di autisti, meccanici, trasportatori, ecc. Con loro sapeva evidentemente come comportarsi e tenga presente che era un uomo di straordinario coraggio. Molti tratti di Montalbano gli appartengono. Gentile lo ammirava appunto per il coraggio dimostrato in una certa occasione (e il bello è che quell´episodio mi venne riferito da Gentile, non da mio padre). L´altro venne apposta a trovare mio padre morente perché moltissimi anni prima papà gli aveva regalato i soldi per andare in Usa. Non sapeva però che sarebbe diventato un mafioso.
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Arrivai a dare quasi tutti gli esami sotto la laurea. Ma c´era un´altra ragione che mi fece smettere, oltre al fatto che non volevo fare il professore, l´unica strada possibile. Succedeva che tutte le maggiori riviste letterarie italiane e i quotidiani nazionali mi pubblicavano. Io stavo a Porto Empedocle e pubblicavo poesie su Mercurio di Alba De Cespedes. Le mandavo e quella me le stampava. Ho pubblicato su Inventario, diretto da Eliot, dove in un numero apparve addirittura, con una mia poesia, un inedito di Dylan Thomas, allora vivente. Pubblicavo racconti di terza pagina tanto su L´Ora di Palermo quanto su L´Italia socialista di Roma.
Poi capitò che Ungaretti mi pubblicò le poesie nello Specchio di Mondadori (che allora era la più prestigiosa collana di poeti italiani) in un´Antologia dei poeti del Saint Vincent. E poi venne il premio "Libera stampa" a Lugano, con una giuria terribile: Gianfranco Contini, Giansiro Ferrata e via di questo passo. Nella rosa dei finalisti entrammo in dieci, tutti ventenni. I nomi vanno da Camilleri, che scompare per ricomparire molto più tardi, a Zanzotto, ma in mezzo ci sono Pasolini, Angelo Romanò, Padre Davide Maria Turoldo, Danilo Dolci.
La Sicilia
Entrando a far parte dell´Italia, la Sicilia si promuove da regione di scambio a dignità di regione di una nazione, che è tanto. Il prezzo che però paga materialmente è altissimo.
È assai più alto di quello dei lombardi per esempio. Nel momento in cui si va alla scelta tra annessione e federazione il novanta per cento dei siciliani dice annessione. È questa la grande aspirazione, un´aspirazione che ci nobilita.
Moralmente dobbiamo molto all´Italia, e l´Italia deve molto a noi dal punto di vista economico. Questa è la contraddizione che si crea al momento dell´Unità. Noi non possiamo ringraziare l´Italia solo a motivo di come socialmente ed economicamente si sono poi messe le cose.
Verga, Capuana, De Roberto, perché nascono dopo l´Unità? Perché è in quel momento che si sentono siciliani e pongono dunque la questione meridionale.
Io dico che sono un italiano, perché prima ancora di essere siciliano appartengo a una nazione che si chiama Italia alla quale tengo molto; dopodiché dico che sono nato in Sicilia, senza precisare «però sono nato in Sicilia».
Sono un italiano nato in Sicilia.
La mafia
Il mafioso vero è quello che non appare. Quelli che invece appaiono sono al massimo legali rappresentanti del mafioso vero. Oppure sono i guardiani dell´orto il cui vero proprietario non appare mai.
Il mafioso d´una volta era detto "galantuomo". Credo che anche allora tutti sapevano chi era mafioso e chi no, solo che il comportamento esteriore del mafioso era da "galantuomo", cioè di chi rispetta la Legge, l´Autorità, la Famiglia, tutte con le maiuscole. Il mafioso voleva rappresentarsi come un uomo d´ordine. Cosa c´era dunque di tanto strano che frequentasse altri uomini d´ordine che rappresentavano le Istituzioni?
Cerchiamo allora di fare capire la cosa alla coscienza nazionale anche se la coscienza nazionale si guarderà bene dal farsi capire da me. Le differenze tra mafia antica e nuova non sono sottili. Quella antica aveva un codice d´onore, delirante quanto si vuole, criminale quanto si vuole, ma codice. Un vecchio mafioso, dovendo ammazzare a uno che passeggiava sottobraccio alla moglie, avrebbe detto alla donna, prima di sparare: «Signora, si scosti». La mafia nuova non avrebbe aperto bocca e avrebbe ammazzato tutti e due. È chiaro questo semplice esempio alla coscienza nazionale?
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Io personalmente ho avuto come amico d´infanzia il figlio di un mafioso che poi prese il posto del padre. Da adulti, quando ci incontravamo, ci salutavamo con autentico affetto.
La politica
Anche se non amo parlarne, non venni assunto in Rai, dopo aver vinto un concorso pubblico, perché ero comunista. Ma è stato l´unico caso di discriminazione che mi è capitato.
Tre anni dopo però fu la Rai che mi chiamò per iniziare con me una certa collaborazione. Che durò trentacinque anni.
Ah, sì, ora che mi ricordo, subii una seconda discriminazione: non ottenni il permesso per potere entrare in una nostra fabbrica d´armi. Ma era il tempo della Guerra fredda. Ora che il mio partito è diventato un partito di potere, con tutte le inevitabili transazioni, m´interessa sempre di meno.
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Mi è stato offerto, già anziano, di candidarmi al Senato in un collegio non facile, ma nemmeno difficilissimo. Prima che rispondessi di no, dalle telefonate che ricevetti da esponenti politici locali di altri partiti, capii che avrei potuto ottenere un buon consenso. Ma dissi di no lo stesso: non sono un uomo politico, sono un cittadino che partecipa, come tanti altri, alla vita politica del suo paese.
Il commissario Montalbano
Dovevo per forza scegliere, dato che gli investigatori privati in Italia hanno campi limitati d´indagine, un investigatore istituzionale. O un poliziotto o un carabiniere. Scelsi un poliziotto perché mi sembrò potesse avere più libertà d´azione rispetto ai carabinieri i quali, essendo militari, devono obbedire a troppe rigide regole.
In sostanza, un poliziotto quando vuole capire le cose, le capisce; un carabiniere non ha scelta: non può voler capire o no. O capisce o non capisce.
La capacità investigativa di Montalbano è data dalla sua particolare forma mentis: un fatto qualsiasi, che forse non ha nulla a che vedere con l´indagine che si sta svolgendo, innesca fulminei rapporti e collegamenti, una sorta di reazione a catena che lo mette sulla strada giusta.
Un giorno mi portarono a casa una specie di grande quadro astratto, molto gradevole, fatto di puntini di vario colore. Non c´era una forma. Mi dissero di guardare fisso, mettendomi però a una certa distanza, i primi tre puntini che mi pareva potessero disegnare un triangolo. Mi misi a guardare e a un tratto tutto pigliò forma e m´apparvero la statua delle libertà e le due famose torri. Tutto si compose in un disegno perfetto. È il procedimento di Montalbano: dal dettaglio arrivare allo sguardo d´insieme.
***
Montalbano non è comunista, anche se un autorevole presidente della Commissione di vigilanza Rai ha dichiarato che «Montalbano trasuda comunismo». Montalbano, bene che vada, è quello che oggi si chiama un riformista.
L´ispettrice Anna afferma che Montalbano non è onesto, ma lo fa in un particolare e limitato contesto. Ora mi sento di poter affermare che tutti, come Montalbano, in certi particolari contesti, abbiamo rinunziato a un pochino (ma solo un pochino) della nostra onestà.
A me basta questo: che i lettori capiscano che Vigàta è teatro di forti presenze mafiose. Non intendo parlare di mafia - l´ho detto e lo ripeto - se non in forma marginale, nei miei romanzi. Farne i protagonisti di un romanzo anche scadente significa sempre e comunque nobilitarli. E io questo titolo non voglio concederglielo.
Il giudizio sul momento politico è una costante di Montalbano. Giudizio che naturalmente può non essere condiviso da una parte dei lettori. Uno di questi mi ha addirittura scritto che io non devo prestare le mie idee politiche a Montalbano perché il personaggio, ormai, appartiene a tutti. Ma quelle sono le idee di Montalbano, non le mie! Io non le condivido, le trovo troppo "centraliste"!
Ma volete mettere il rapimento di Abu Omar con i leggeri scarti alla legalità di Montalbano? Una cosa è il peccato mortale, almeno così ci è stato insegnato, e tutt´altra cosa è il peccato veniale.
La giustizia per Montalbano non è una fede nella quale si debba ciecamente credere. È un modo che l´uomo si è dato (e che nel corso dei secoli è andato via via cambiando) per regolare i rapporti fra esseri umani. La giustizia divina è tutt´altra cosa. Quindi Montalbano certe volte si discosta dal criterio comune di giustizia e capisce che lo sta facendo. Non si aspetta la folgore divina che l´incenerisca.
***
Una volta chiuso Montalbano, se sarà chiuso, non se ne parla neanche lontanamente di ricominciare una serie che abbia per protagonista un maresciallo che sia della Finanza, dei Carabinieri o della Forestale. Credo che la serie con Montalbano si chiuda e basta. E credo che si possa chiudere anche una serie che serie non è: quella dei romanzi storici e civili. Allora mi può chiedere: che farà dato che se non scrive non campa? Ci sono due strade: una porta a “Il medaglione”, che è un racconto d´occasione scritto per il calendario dei carabinieri e che Mondadori ha voluto pubblicare (e ci sono riusciti miracolosamente perché non riuscivo a capire come si potesse fare un volume da quell´esile raccontino), e un´altra arriva a “Il diavolo tentatore” uscito con Donzelli. Arrivato alla mia età, il verso di Palazzeschi, «Lasciatemi divertire», credo di volerlo fare mio e di scrivere cominciando a essere un po´ più libero per quel poco che riuscirò a scrivere.
© 2007 Lorenzo Barbera Editore Srl
 
 

Festival di letteratura "Cieli letterari" - Premio letterario "Cielo d'Alcamo", 18-21.10.2007
Ad Alcamo (TP) la prima edizione del festival di letteratura Cieli letterari.
Domenica 21 ottobre alle ore 20:00, al Teatro Cielo d’Alcamo, serata di premiazione e consegna del Premio Letterario “Cielo d’Alcamo” alla Casa Editrice Sellerio. Intervento in video con lettura di passi del Contrasto di Cielo d’Alcamo di Andrea Camilleri.
 
 

La Provincia di Lecco, 20.10.2007
Camilleri e i pizzini di Provenzano

Nel rigoglio della sua produzione narrativa quasi mai, per esplicita scelta, lo scrittore siciliano Andrea Camilleri, inventore del commissario Montalbano, ha toccato il tema della mafia. Ma quando sono stati resi pubblici i «pizzini» di Bernardo Provenzano, il boss dei boss arrestato dopo 43 anni di latitanza, è stato subito chiaro che, per la loro stessa natura, quei testi costituivano per Camilleri un'opportunità di riflessione imperdibile. Ne è nato il libro «Voi non sapete», con il significativo sottotitolo di «Gli amici, i nemici, la mafia, il mondo nei pizzini di Bernardo Provenzano» (Mondadori editore, pagine 212, euro 17), sul quale cade la scelta del comico Henry Zaffa, noto per la sua partecipazione alla trasmissione «Zelig Off». «Si tratta di una sorta di dizionario che, voce per voce, ci svela l'alfabeto con cui Provenzano ha parlato per lunghi anni alla sua organizzazione - spiega Zaffa - e ne smonta gli ingranaggi per mostrarci che, sotto la superficie di parole apparentemente comuni, può celarsi la feroce banalità del male». Il libro parte dalla A di Affari e si conclude con la V del titolo «Voi Non Sapete», ispirato dalla frase che Provenzano pronunciò quando gli agenti lo arrestarono: «Voi non sapete quello che state facendo». Il tutto con il consueto sapore narrativo, che caratterizza lo scrittore siciliano, miscelato ad amara onestà, cerimoniosa ferocia e acre ironia.
 
 

Il Gazzettino, 21.10.2007

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Andrea Camilleri prova a spiegarci la mafia. Con l'ironia e la più brillante tradizione siciliana, svelando così che i codici e i rituali mafiosi, se a prima vista fanno sorridere, nascondono una malvagità e una pianificazione dei poteri da far rabbrividire. Il libro "Voi non sapete. Gli amici, i nemici, la mafia, il mondo dei pizzini di Bernardo Provenzano" (Mondadori) regala il piacere della lettura, dato da un sempre acuto e fluido Camilleri, ma trasmette anche un senso di disagio e di inquietudine verso il futuro del mondo.
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Lorenza Stroppa
 
 

Il Mattino, 21.10.2007
Un segnale positivo per gli artisti nel ricordo di un geniale architetto

Domani, nell’aula magna del Cotugno, bookcrossing collettivo (ore 9,30-13,30), nell’ambito della manifestazione «Piovono libri in ospedale», un mese di iniziative di diffusione del libro promosso dal ministero per i Beni Culturali. Giuseppe Morelli e Alfonso Bottone autori della Storia dell’ospedale Domenico Cotugno di Napoli presenteranno il volume con un videointervento di Andrea Camilleri, autore della prefazione al testo.
[...]
 
 

Apcom, 23.10.2007
TV/ "La compagnia del libro", Camilleri ospite prima puntata
Il programma di Saverio Simonelli da domani su Sat2000

Roma - Con Andrea Camilleri ospite apre domani la prima puntata de "La Compagnia del Libro", il nuovo programma culturale di Sat2000, il canale 801 di Sky, condotto da Saverio Simonelli e in onda dalle 23.25.
Lo scrittore siciliano presenterà il suo nuovo atteso libro e parlerà del rapporto tra letteratura e impegno politico, in seguito agli interventi dei Premi Nobel Pamuk e Lessing. Ospiti del programma anche Lucio Caracciolo, esperto di politica internazionale e direttore di "Limes" e Giampaolo Pansa.
Il programma, registrato in una storica libreria del quartiere romano di Testaccio, darà spazio anche ai nuovi talenti esordienti e alle loro difficoltà di trovare una strada nell'ostico ambiente dell'editoria italiana. Ad intervenire sulla questione Mario Desiati, ex-esordiente di successo, divenuto oggi uno scrittore affermato.
 
 

Il denaro, 23.10.2007
Salerno / Agricoltura
Borsa verde: affari per 15 mln di euro
Affari per 15 milioni di euro alla Borsa Verde dei territori rurali europei, frutto di contrattazioni tra i trenta buyers italiani e stranieri e le oltre duecento aziende turistiche arrivate a Vallo della Lucania, da venerdì 19 a domenica 21 ottobre, non solo dal Cilento ma anche da Piemonte, Sicilia, Calabria, Basilicata e Spagna.

[...]
La Borsa Verde - come annunciato dallo scrittore Andrea Camilleri - diventerà protagonista di un capitolo sulla ruralità previsto nel suo prossimo romanzo in uscita a febbraio 2008.
[...]
Caterina La Bella
 
 

La Provincia di Lecco, 23.10.2007
Camilleri: «Vi svelo il "codice" della mafia»
In «Voi non sapete», in libreria da pochi giorni, lo scrittore siciliano analizza i "pizzini" di Provenzano in 43 anni di latitanza
Intanto Montalbano, il suo personaggio, indaga nei misteri omertosi: «Lo ritroverete in due libri. Per farlo morire c'è tempo»

«La mafia? Un tumore con tante metastasi». Andrea Camilleri, il padre del commissario Montalbano, messo da parte momentaneamente il suo famoso personaggio, da alcuni giorni è in libreria con una sorta di dizionario, "Voi non sapete" (Mondadori, pagine 200, 15 euro), in cui analizza «gli amici, i nemici, il mondo nei pizzini di Bernardo Provenzano». Obiettivo: spiegare il mito negativo che per 43 anni ha procurato l'insonnia a molti militari. Anche dalla clandestinità Provenzano continuò a dirigere affari e appalti con inflessibile rigore. Quando lo arrestarono, nel 2006, reagì alla sorpresa con un gesto di stizza e in modo che tutti i presenti lo sentissero disse: «Voi non sapete quello che state facendo». Che cosa intendeva dire il numero uno della mafia siciliana con la sua sibillina affermazione? «Una possibile spiegazione - dice Andrea Camilleri a La Provincia - è che Provenzano, a causa del suo arresto, temesse un ritorno della mafia alla strategia militare, alle bombe e alle stragi che lui aveva interrotto con la sua attività». Chi proteggeva Provenzano durante la latitanza? Disponeva anche di coperture politiche consistenti? Provenzano godeva di una vastissima rete di protezioni, ma a un certo punto, dei protettori, per forza di cose in quasi cinquant'anni, saranno anche morti. Che succedeva allora? Probabilmente prima di morire indicavano nel testamento il proseguo della protezione agli eredi. Può sembrare assurdo, ma il compito di proteggere Provenzano, secondo me è passato attraverso generazioni di famiglie. La trama che appare dall'analisi dei pizzini, è fitta di nomi di imprenditori, commercianti, medici, avvocati. E molti erano incensurati e insospettabili. In quanto ai politici, lui aveva più a che fare con assessori regionali e comunali, perché sono quelli poi che danno gli appalti, più di altri politici di maggiore potere. Il piccolo cabotaggio andava bene. Nei pizzini Provenzano ricorre spesso a frasi come «Preghiamo il Nostro buon Dio, che ci guidi, a fare opere Buone. E per tutti». Si tratta di vera religiosità o anche Dio era parte di un codice segreto? Credo che di religiosità ce ne sia pochissima, ma non sempre i suoi eccessivi riferimenti religiosi sono dei codici. La sua religiosità è una cosa che si avvicina più alla superstizione che a una autentica religione. È chiaro che se uno fosse veramente religioso, non continuerebbe nella latitanza a fare il capo della mafia. La sua è una malintesa religiosità. Come interpretare la sua lettura quasi maniacale della Bibbia? La lettura della Bibbia, non è una lettura usuale o abituale dei siciliani. Semmai leggono il Nuovo Testamento. È una cosa un po' stupefacente l'attaccamento di Provenzano alla Bibbia. Probabilmente nelle sue pagine cercava una giustificazione al suo operato e ispirazione per il suo modo di scrivere. Nel modo di scrivere dei mafiosi sono sempre celati dei codici? Non solo nel loro modo di scrivere, ma anche il loro modo di parlare è fatto in codice. C'è sempre un sottodiscorso nel loro discutere che è assai più importante del discorso primario, e contano molto anche i cenni. Se uno non li vede mentre parlano, magari non se ne rende conto, ma anche il modo di pausare, il guardasi omertoso contiene molti sottintesi. E ciò costruisce una tessitura sotto il discorso. Lei, ironicamente ha accennato ad una «mafia dal volto umano»: sarebbe davvero possibile una simile eventualità? No, nel modo più assoluto. La mafia, come dicevo, è veramente un tumore che non risparmia nessuno. È un parassita succhia sangue, un vampiro. Questi esseri non hanno mai un volto umano sotto qualsiasi forma si presentino. Quale era la differenza tra due capi potentissimi come Provenzano e Riina? Erano come due generali. Uno con la strategia dell'assalto frontale, l'altro esperto della tattica dell'aggiramento delle posizioni. Quello della tattica frontale si va a scontrare con lo Stato e quindi è destinato, in un certo senso a perdere, proprio per l'evidente povertà dei suoi mezzi. Invece, l'altro, il generale della tattica, della scomparsa nella giungla, della guerriglia eccetera, è destinato a durare assai di più nel tempo. Se Riina era un dittatore violento, Provenzano voleva apparire come un presidente democratico che prima di decidere si premurava di ascoltare tutte le parti in causa, Con i pizzini arrivava a chiunque. Ma era così estesa la sua rete di postini? Per far arrivare a destinazione i pizzini di Provenzano, c'era un distributore principale, che poi smistava a vari postini il compito di recapitarli alle diverse persone. Un'altra rete vastissima che però, per quante precauzioni avesse preso il buon Provenzano, la polizia finì con l'intercettare qualcuno di questi pizzini. Poi lo richiuse e lo fece continuare nel suo viaggio. Nessuna forma di comunicazione è sicura. Questo dizionario avrà un seguito? Io qui mi fermo. Considero questo libro una cosa eccezionale perché ho potuto basarmi su elementi concreti come i pizzini. Che fa Montalbano nel frattempo? Indaga anche lui sulla mafia? Montalbano continua le sue indagini che non hanno a che fare con la mafia. Nelle sue storie la mafia entra di sfuggita, c'è ma è in una posizione secondaria. Lui continua a lavorare e presto usciranno altri libri con Montalbano. Alt! Non me lo chieda. Sì, avevo deciso di farlo morire e la sua fine è già scritta, ma non è detto che sia pubblicata subito. A morire c'è sempre tempo.
Francesco Mannoni
 
 

Terni in rete, 23.10.2007
Voi non sapete
La mafia nei pizzini di Provenzano

Nel corso della sua lunga e prolifica carriera di narratore, Andrea Camilleri non aveva mai affrontato esplicitamente il tema della mafia; ma quando i famosi pizzini di Provenzano (i foglietti arrotolati e battuti a macchina nei quali dettava compiti criminali ai suoi) sono stati resi pubblici, lo scrittore siciliano si è subito reso conto che quegli scritti rappresentavano per lui una tentazione irresistibile, un’opportunità unica di riflessione sui tortuosi meccanismi mentali e antropologici dell’”essere mafioso”. Perché nei pizzini c’è tutto Provenzano: un personaggio che sembra davvero uscito dalla fantasia di uno scrittore, “u’ tratturi”, il “boss dei boss”, latitante per quarant’anni, durante i quali le sue uniche immagini pubbliche sono state una sbiadita foto segnaletica giovanile e le elaborazioni al computer fatte dagli esperti informatici della polizia.
Nella frase con cui accoglie il vice-questore che lo arresta (“Voi non sapete quello che state facendo”) è racchiuso il senso di una personalità assolutamente fuori dall’ordinario, interprete di un sistema costruito con ferocia metodica e spietata; ed i pizzini sono lo specchio di questa personalità, con i loro codici misteriosi, le loro allusioni, il tono a volte dimesso e a volte oracolare, gli strafalcioni grammaticali e linguistici, l’incredibile concezione della religione, dei rapporti familiari e sociali.
Questo libro è un dizionario che, voce per voce, svela l'alfabeto con cui il capo dei capi ha parlato alla sua organizzazione per mostrare come, sotto la superficie di parole apparentemente comuni, può celarsi la feroce banalità del male; e che i primi anticorpi che una società civile deve sviluppare contro la vischiosità mafiosa sono quelli di un linguaggio limpido, onesto e condiviso.
Da Ammazzare a Latitanza, da Corleonesità a Pizzino, da Famiglia a Visione, Camilleri ci fa entrare nell’universo mafioso attraverso le sessanta voci di questo dizionario del lessico e del pensiero di Bernardo Provenzano, definendo quel sistema primitivo che però regolava una sofisticata rete di sottopoteri.
Provenzano, da bravo "raggiuneri", annotava meticolosamente tutta la contabilità della mafia: omicidi e ricatti, affari legati agli appalti dei lavori edili, alle forniture sanitarie degli ospedali, all’importazione e alla lavorazione della droga. Era anche, a suo modo, un politico: costruiva nuovi equilibri nella grande famiglia mafiosa, cercava nuove alleanze, ripartiva territori e zone d’influenza per far accettare a tutti il suo nuovo corso, la cosiddetta “strategia dell’immersione”: allentare la tensione, entrare in una zona grigia nella quale si potesse, più e meglio di prima, fare affari e ritessere l’intreccio della trama criminale. La nuova parola d’ordine era che tutto si dovesse svolgere in immersione, sott’acqua, perché quell’enorme sommergibile che è la mafia doveva da allora in avanti navigare a quota periscopio. La mente di quel nuovo corso, dopo la mafia “militare” e stragista di Totò Riina, era la sua, quella di Bernardo Provenzano. E questo libro ci trasmette tutta l’efferatezza di cui quell’uomo è stato capace, lasciandoci addosso un senso di allarme e di disagio di fronte all’assurdità del mondo che ci viene descritto.
L.C.
 
 

La Voce, 23.10.2007
Sessanta voci del lessico e del dizionario di Provenzano
Voi non sapete
La mafia spiegata da Andrea Cammilleri [Sic!, NdCFC]

“Voi non sapete” s’intitola il viaggio nell’universo mafioso compiuto dallo scrittore siciliano Andrea Cammilleri che, attraverso i “pizzini” dello spodestato capo dei capi di “cosa nostra”, Bernardo Provenzano, realizza una sorta di dizionario ordinato per voci, spiegandoci le amicizie e le inimicizie, gli affari, gli affetti, l’organizzazione mentale e le fissazioni religiose di questo mondo.
L’idea del libro nasce da: “Voi non sapete quello che state facendo” le prime parole mormorate da Provenzano, l’11 aprile dell’anno scorso, all’indirizzo del vicequestore Renato Cortese che lo aveva scovato nella masseria di Montagna dei Cavalli, a Corleone, ponendo fine a una latitanza di 43 anni. Ma cosa si cela dietro queste?Preoccupazione per il futuro? Minaccia?
Cammilleri nel suo libro, non vuole risponder a questi leciti interrogativi ma proporre un dizionario che faccia comprendere, anche a chi non la vive direttamente, quali sono le fila affettive, economiche e mentali, che riescono a mantenere viva la mafia, nonché una latitanza così lunga.
Come afferma lo scrittore stesso : «Non me la sento proprio di parlare di mafia in un romanzo, provo un senso di rigetto. Certo, non potevo fingere che non ci fosse: così l’ho introdotta come un basso continuo, un fruscio di fondo. Ma farne la protagonista, mai»., il libro non ha come protagonista la mafia ma svela l’universo mafioso, da Affari a Latitanza, da Corleonesità a Politica, da Famiglia a Umiltà, attraverso le sessanta voci del lessico e del dizionario di Provenzano.
Comunque, questo capolavoro risulta un atto d'accusa senza sconti contro chiunque ancora finga di non sapere o di non “aver visto nulla”e ci spiega come l’omertà sia il grosso problema che ha permesso il realizzarsi dei 43 anni di latitanza del “Boss” Provenzale e non solo!
Claudia Logoluso
 
 

Sat2000, 24.10.2007
La compagnia del libro

[...]
Veniamo alle cose di casa nostra, sempre dal punto di vista dell’impegno. Siamo andati a prendere uno scrittore italiano, un grande giallista, un grande autore, autore anche di best seller, Andrea Camilleri, che ultimamente si è occupato anche di mafia nell’ambito della sua creatività.
Siamo andati a trovarlo a casa e abbiamo raccolto anche il suo parere su questo argomento.
"Vede, gli scrittori sempre impegnati sono, sempre!
E allora dov’è il problema? Bisogna vedere i modi dell’impegno: e qui entriamo veramente nel problema.
Vede, io ho 82 anni, quindi ho vissuto il periodo dell’engagement secondo Sartre, dove l’engagement era esclusivamente politico e direzionato, non è che era l’engagement dell’autore verso la società, che è quello valido: no, era l’engagement verso un partito. E quello non è valido, siamo perfettamente d’accordo.
Ma l’engagement verso un’idea che un autore porta in sé di una società ideale, be’, tutti ce l’hanno, da Dante a tutti quelli che ci possono passare per la testa, perché un autore non fa altro che succhiare linfa dalla società e dalla realtà che lo circondano e restituirla attraverso le sue opere."
[Nel seguito dell’intervista si è parlato di “Voi non sapete”, NdCFC]
[...]
Pierluigi Vito
 
 

Corriere della sera Magazine, 24.10.2007
Il carico da undici
di Gianni Bonina, Barbera editore

Camilleri ha scritto 47 libri (finora, domattina il dato potrà già essere cambiato). Qui, anche con l'aiuto dello scrittore, ci sono tutti, classificati, commentati e riassunti.
Antonio D'Orrico
 
 

La Sicilia, 24.10.2007
Porto Empedocle-Barcellona, nuovo gemellaggio

Porto Empedocle. Barcellona e Porto Empedocle - Vigata gemellate nel nome di Andrea Camilleri e Vasquez Montalban. E' questo il frutto più succoso raccolto dalla delegazione empedoclina composta dal sindaco Calogero Firetto, dal presidente del Consiglio comunale Luigi Troja e dall'assessore al Turismo Edoardo Carmina durante la visita effettuata nei giorni scorsi nella capitale della Catalogna in Spagna.
Tenuta rigorosamente in segreto, la trasferta in terra iberica ha rappresentato un importante momento di confronto con gli amministratori comunali della metropoli nella quale cultura, arte, storia e sviluppo industriale attraverso lo sfruttamento delle risorse portuali coesistono splendidamente. Sfruttando come pretesto di lusso l'intensa «corrispondenza di letterari sensi» tra Camilleri e Montalban, il gruppo empedoclino ha incontrato tra gli altri anche il direttore dell'Istituto italiano di cultura Elio Traina, per mettere a punto le prossime iniziative.
[...]
Al termine della visita - si legge in una nota diffusa dal Comune - la delegazione è stata ricevuta in municipio dall'assessore Carreras, delegata alle relazioni internazionali, al fine di mettere nero su bianco gli accordi sugli scambi interculturali che sfocieranno nel 2008 nell'iniziativa «Un giorno con il commissario Montalbano», in seminari, conferenze e anche degustazioni di prodotti tipici dedicati a Camilleri.
Chiara Ippolito
 
 

Liberazione, 25.10.2007
Da oggi in libreria un saggio-intervista allo scrittore firmato da Gianni Bonina. Ne pubblichiamo uno stralcio nel quale il padre del famoso commissario parla della sua carriera letteraria, dei trascorsi teatrali, della Sicilia e della questione meridionale, del dialetto e della sua infanzia
«Sono schiacciato da Montalbano». Andrea Camilleri si racconta
Pubblichiamo uno stralcio dall'intervista ad Andrea Camilleri contenuta nel libro di Gianni Bonina "Il carico da undici" in uscita da oggi per Barbera Editore (pp. 620, euro 15,90). Il volume raccoglie anche un saggio dell'autore oltre alle trame di tutti i libri di Camilleri.

La questione meridionale
Entrando a far parte dell'Italia, la Sicilia si promuove da regione di scambio a dignità di regione di una nazione, che è tanto. Il prezzo che però paga materialmente è altissimo. E' assai più alto di quello dei lombardi per esempio. Nel momento in cui si va alla scelta tra annessione e federazione il novanta per cento dei siciliani dice annessione. E' questa la grande aspirazione, un'aspirazione che ci nobilita. Mentre moralmente dobbiamo molto all'Italia, l'Italia deve molto a noi dal punto di vista economico. Questa è la contraddizione che si crea al momento dell'Unità. Noi non possiamo ringraziare l'Italia solo a motivo di come socialmente ed economicamente si sono poi messe le cose. Paradossalmente sì. Verga, Capuana, De Roberto perché nascono dopo l'Unità? Perché è in quel momento che si sentono siciliani e pongono dunque la questione meridionale. La questione meridionale si pone non con i Borboni ma con l'Unità d'Italia. Ma tutta l'unificazione dell'Italia, non è stata voluta dall'alto?
Il dialetto
Questa faccenda del glossario (una novità che appare in “Filo di fumo”, ndr) mi alienò, per un certo periodo, l'amicizia di Stefano D'Arrigo. Avevo ceduto alle insistenze di Livio Garzanti mentre lui aveva saputo resistere a quelle di Vittorini. L'ho ristampato nell'edizione Sellerio perché mi divertiva, non certo perché lo ritenessi necessario. Nel frattempo il siciliano era diventato un dialetto comprensibile, anche grazie purtroppo all'orrendo dialetto parlato negli sceneggiati televisivi e nei film di quart'ordine. Annacquare il dialetto spiegandolo contestualmente in lingua, certe volte, moltissime, soprattutto agli inizi, mi è pesato troppo.
Montalbano
A Montalbano mancano, in “La forma dell'acqua”, (nel quale il personaggio compare per la prima volta, ndr) diverse sfumature del suo carattere parecchio complesso. Tra l'altro, ero rimasto non del tutto persuaso che il romanzo dovesse cominciare con un'alba vista con gli occhi degli altri e non con un'alba vista da Montalbano. Infatti, già in “Il cane di terracotta” l'alba è soggettiva, e lo sarà in tutti i romanzi della serie. La forma dell'acqua resterà unica eccezione. Fa differenza? Enorme. Perché da lì in poi ogni cosa è vista con gli occhi di Montalbano. E io, narratore, me ne posso stare a limarmi le unghie, come ha scritto Raffaele La Capria. [...] Dovevo per forza scegliere, dato che gli investigatori privati in Italia hanno campi limitati d'indagine, un investigatore istituzionale. O un poliziotto o un carabiniere. Scelsi un poliziotto perché mi sembrò potesse avere più libertà d'azione rispetto ai carabinieri i quali, essendo militari, devono obbedire a troppe rigide regole. In sostanza, un poliziotto, quando vuole capire le cose, le capisce; un carabiniere non ha scelta: non può voler capire o no. O capisce o non capisce.
[...] Un investigatore senza codici, giudici, Scientifica ecc, mi farebbe paura. Ma siamo così sicuri che Montalbano non tenga in nessun conto queste cose? E allora tutte le domande che fa a Pasquano, il medico legale? E al collega della Scientifica? Direi meglio che non ne fa una religione, e in questo senso è un eretico. Ma ce lo siamo scordati che Montalbano viene dal Sessantotto? Montalbano non è comunista, anche se un autorevole presidente della Commissione di vigilanza Rai ha dichiarato che «Montalbano trasuda comunismo». Montalbano, bene che vada, è quello che oggi si chiama un riformista. L'ispettrice Anna afferma che Montalbano non è onesto, ma lo fa in un particolare e limitato contesto. Ora mi sento di poter affermare che tutti, come Montalbano, in certi particolari contesti, abbiamo rinunziato a un pochino (ma solo un pochino) della nostra onestà. [...] La capacità investigativa di Montalbano è data dalla sua particolare forma mentis : un fatto qualsiasi, che forse non ha nulla a che vedere con l'indagine che sta svolgendo, innesca fulminei rapporti e collegamenti, una sorta di reazione a catena che lo mette sulla strada giusta.
La forma romanzo
Quando mi viene in mente un romanzo storico per prima cosa cerco, per linee generali, di organizzarne la fabula. E dopo mi fermo a lungo studiando tra me e me quale possa essere la struttura più giusta per quel racconto. Fino a quando non l'ho trovata non scrivo un rigo. Tra l'altro, non prendo mai appunti, faccio tutto a memoria. Per struttura intendo la forma. Epistolare? Dialogica? Tradizionale? Solo dialoghi senza però fare teatro vero e proprio? E l'autore? Interviene o no? Extradiegetico o no? Un misto di tutto questo? [...] Vede, io scrivo per la mia gioia di scrivere. Il giudizio è una cosa che mi interessa relativamente. Certo, fa piacere il giudizio positivo ma quello negativo non mi avvilisce. Ci si dimentica che io ho più che una quarantennale esperienza di teatro. Una volta la mattina compravo il giornale e trovavo la stroncatura e l'elogio insieme: questo mi ha reso un po' coriaceo. Non sono uno scrittore che dice «Oh Dio la critica», no. Ho troppi anni di regia alle spalle per non avere ricevuto stroncature ancora più severe di quelle che ricevo come scrittore, o elogi ancora più sperticati o seri. [...] Bisogna intendersi sul termine letteratura. Carlo Bo diceva valutando il mio lavoro che esiste letteratura di diversi livelli. Citando Simenon, diceva che scriveva gialli e che nessuno si sogna di negare che faceva letteratura. Sto rischiando di essere schiacciato da Montalbano, quando ho pure scritto per esempio “La mossa del cavallo”, che non è un libro di facile lettura. Allora rifacciamoci a Bo, il quale diceva che, nei riguardi della letteratura, l'atteggiamento di chi scrive non è lo stesso se è Graham Green, Simenon o Mauriac. Verissimo. Quindi io mi leggerei divertendomi come mi diverto con Maigret e mi leggerei con un'estrema attenzione se si trattasse del Testamento Donadieu. Quelli che sono i cattivi romanzi di letteratura uno semplicemente non li legge.
Mafia e istituzioni
Il mafioso d'una volta era detto «galantuomo». Credo che anche allora tutti sapevano chi era mafioso e chi no, solo che il comportamento esteriore del mafioso era da «galantuomo», cioè di chi rispetta la Legge, l'Autorità, la Famiglia, tutte con le maiuscole. Il mafioso voleva rappresentarsi come un uomo d'ordine. Cosa c'era dunque di tanto strano che frequentasse altri uomini d'ordine che rappresentavano le Istituzioni? Il diario di Franchetti, scritto durante il suo soggiorno in Sicilia con Sonnino per la nota inchiesta, riporta nomi e cognomi di alti funzionari dello Stato che con i mafiosi ci spartivano il pane.
L'Italia democristiana
Anche se non amo parlarne, non venni assunto in Rai, dopo aver vinto un concorso pubblico, perché ero comunista. Ma è stato l'unico caso di discriminazione che mi è capitato. Tre anni dopo però fu la Rai che mi chiamò per iniziare con me una certa collaborazione. Che durò trentacinque anni. Ah, sì, ora che mi ricordo, subii una seconda discriminazione: non ottenni il permesso per poter entrare in una nostra fabbrica d'armi. Ma era il tempo della Guerra fredda. Ora che il mio partito è diventato un partito di potere, con tutte le inevitabili transazioni, m'interessa sempre di meno.
Andrea Camilleri
 
 

Vanity Fair, 25.10.2007
Intervista ad Andrea Camilleri

Camilleri dichiara che in Sellerio hanno già tre Montalbano, due romanzi storici e un saggio, mentre la Mondadori ha un romanzo che uscirà a febbraio e si intitolerà "Il tailleur grigio".
L'articolo parte dalla pubblicazione del nuovo libro Mondadori “Voi non sapete” e spiega perché proprio adesso ha deciso di scrivere un libro "sulla mafia" cosa che fino ad oggi aveva sempre evitato, per non speculare (e infatti con i proventi dei diritti d'autore di questo libro e' stata creata una fondazione per i figli dei funzionari di polizia vittime di mafia).
Dice che la pubblicazione dei pizzini lo ha "intricato" in modo quasi ignobile (parole sue) e che aspetta l'arresto degli altri due latitanti storici Salvatore Lo Piccolo e Matteo Messina Denaro datosi che la Sicilia non è la foresta amazzonica.
Parla inoltre della situazione di oggi,del dopo "Provenzano", che le richieste di pizzo sono salite al 5/10% e lo Stato avrebbe dovuto prevederlo.
Si chiede quanti deputati, presidenti di regione sono indagati per collusione con la mafia? I partiti,dice, non hanno mai negato la candidatura ai collusi perché portano voti, fino a quando in Parlamento ci saranno i mafiosi la battaglia è persa, è inutile incitare la società civile a mobilitarsi.
(segnalazione di Marianna)
 
 

La Repubblica, 25.10.2007
Asor Rosa, Camilleri, Zanzotto, Rigoni Stern
Un appello per fermare gli scempi

«Salviamo l'Italia» si intitola un appel­lo promosso dalla Rete toscana dei Comitati per la difesa del territorio coordinata da Alberto Asor Rosa. Il testo è firmato, fra gli altri, da scrittori (Andrea Camilleri, Mario Rigoni Stern, Andrea Zanzotto), urbanisti (Edoardo Salzano, Vezio De Lucia, Paolo Berdini, Paolo Baldeschi, Alberto Magna­ghi, Bernardo Rossi Doria, Giorgio Pizziolo, Alberto Pizzati), architetti (Vieri Qui­lici), storici (Mario Torelli, Adriano Prosperi), storici dell'arte (Bruno Toscano, Bruno Zanardi), geografi (Francesco Vallerani), espo­nenti dell'ambientalismo e dei comitati (Ornella De Zor­do, Benedetta Origo, Carlo Ripa di Meana, Gaia Pallotti­no, Nino Criscenti).
Il paesaggio italiano, si leg­ge, è stato aggredito. Colpa «di una legislazione troppo permissiva, e delle carenze. e debolezze delle strutture di controllo dello Stato; ma soprattutto degli orientamenti espressi dal ceto politico, an­che da quello di centro-sini­stra». Per questo dalla Toscana parte l'invito ad allargare la rete dei comitati che difen­dono il territorio, i centri sto­rici. Occorre formare, si leg­ge, «una rete delle reti, capa­ce di essere interlocutore au­torevole dei poteri locali e centrali» e che fronteggi «una vera e propria emergenza nazionale». «Solo ri­partendo dal basso, solo di­fendendo il territorio in tutti suoi punti, solo unificando tutte le forze disponibili, so­ciali e intellettuali, si può pensare di affrontare e vincere questa battaglia di citta­dinanza e di democrazia».
 
 

LoSpettacolo, 26.10.2007
Rava e Rubini interpretano Camilleri
Al Teatro Nuovo Montevergini di Palermo il 3 e 4 novembre

Dopo una particolare anteprima all’insegna del cinema, con la partecipazione di David Lynch, ad aprire la stagione teatrale dellla terza edizione del Palermo Teatro Festival, il 3 e 4 novembre 2007, alle ore 21.15 al Teatro Nuovo Montevergini, saranno due grandi artisti, l’attore Sergio Rubini e il jazzista Enrico Rava, con il recital "Requiem per Chris".
I due portano in scena un inedito di Andrea Camilleri, una “storia siciliana” che si conclude in una New Orleans, segnata dalla catastrofe dell'uragano Katrina, che mantiene, nonostante la tragedia, il fascino della sua tradizione musicale. Rubini e Rava raccontano la storia di Chris Lambertine, personaggio fantastico che incarna le origini e la storia del jazz afro - americano. Uno strano viaggio nello spazio e nel tempo, dove la Sicilia fascista che attende l'imminente disastro della guerra a fianco della Germania, si intreccia con frammenti di storia del jazz delle origini di New Orleans per poi ritornare a viaggiare tra Palermo e Roma e concludersi su un tetto della città americana martoriata dall'uragano.
 
 

La Stampa, 26.10.2007
Le emozioni in scena sul palco della Saison
Teatro. Le relazioni umane sono il filo conduttore della rassegna 2007/08 I curatori: “Vogliamo offrire spunti di riflessione, ma anche far sorridere”

Aosta. A teatro si può volare come farfalle. L’immagine, utilizzata per la copertina della brochure della Saison culturelle, è anche l’obiettivo della sezione Teatro: far emozionare il pubblico, sottrarlo all’inquinamento tecnologico, farlo divertire, commuovere e riflettere. Seduti in poltrona si può raggiungere un confine che, nel teatro, è «come l’orizzonte - scrive Andrea Camilleri - per chi naviga nei mari d’Oceano: sempre presente, mai raggiungibile». E, non a caso, dello scrittore di Agrigento, noto solo a pochi come autore di teatro, andrà in scena ad aprile una versione teatrale, sua e di Giuseppe Dipasquale, della commedia degli equivoci «La concessione del telefono», sul potere della burocrazia.
[…]
Ursula Celesia
 
 

Gazzetta di Parma, 28.10.2007
Quei «pizzini» sembrano e-mail
In libreria Riina, Provenzano e la nuova criminalità siciliana, sempre più simile a un'industria moderna Quei «pizzini» sembrano e-mail La mafia secondo Camilleri, che all'argomento ha dedicato una sorta di dizionario

«La mafia? Un tumore con tante metastasi». Andrea Camilleri, il padre del commissario Montalbano, in una sorta di dizionario, «Voi non sapete» (Mondadori, pagine 200, Euro 15,00), analizza «gli amici, i nemici, il mondo nei pizzini di Bernardo Provenzano». L'uomo dei foglietti scritti a macchina con i quali emanava i suoi ordini del giorno con asfissiante regolarità, era un mediatore furbo, un «raggiuneri» meticoloso che annotava ogni entrata e ogni uscita. Provenzano ha portato la managerialità in «Cosa nostra». Poco importa che preferisse i «pizzini» alle e-mail: lo stile era quello del capitano d'industria. Perchè con lui la mafia è diventata una vera industria: i suoi rami più fiorenti, la droga, le estorsioni, gli appalti. E una moderna capacità di riciclare le immense fortune in altre, più insospettabili attività imprenditoriali, su e giù per lo Stivale. Latitante dal 1963, anche dalla clandestinità Provenzano continuava a dirigere affari e appalti. Quando lo arrestarono, reagì alla sorpresa con un gesto di stizza e in modo che tutti i presenti lo sentissero disse solennemente: «Voi non sapete quello che state facendo». Che cosa intendeva dire il numero uno della mafia siciliana con la sua sibillina affermazione? «Una possibile spiegazione - dice Andrea Camilleri - è che Provenzano, a causa del suo arresto, temesse un ritorno della mafia alla strategia militare, alle bombe e alle stragi che lui aveva interrotto con la sua attività».
[...]
Francesco Mannoni
 
 

Fahrenheit, 29.10.2007
Il libro del giorno
Andrea Camilleri, Voi non sapete, Mondadori
Cliccare qui per ascoltare la registrazione

Da siciliano sul siciliano più pericoloso della recente storia della mafia. Al libro numero 47 della sua infinita produzione letteraria, Andrea Camilleri piega le sue conoscenze per leggere il sistema pratico, e insieme simbolico, del comando amministrato da Bernardo Provenzano sugli uomini e sulle cose di mafia. Un dizionario, da "affari" a "visione", in cui a mancare è proprio la parola mafia che nei pizzini di Provenzano non è mai neppure allusa. I diritti d'autore del libro andranno alla Fondazione Andrea Camilleri e Funzionari di Polizia per i figli delle vittime del dovere. Mercoledì esce invece un nuovo romanzo, sempre dalle parti di Vigata ma senza il commissario Montalbano.
 
 

La Repubblica, 30.10.2007
A novembre in libreria quattro volumi di cucina "suggeriti" da protagonisti letterari
Si parte col maghetto per arrivare al marinaio di Pratt. In mezzo Nero Wolfe e Leopardi
Menu alla carta, le ricette d'autore da Harry Potter a Corto Maltese...

[...]
Che ogni grande detective in carta e inchiostro sia anche un buongustaio certamente non è vero, e dirlo è anzi "retorico", come rimprovera Marcello Fois. Con ogni probabilità, però, gli amanti del genere ricorderanno con maggior simpatia un Pepe Carvalho in giro tra un'indagine e l'altra con mille sporte per la coloratissima Boqueria di Barcellona e un commissario Montalbano che quasi si commuove davanti agli arancini della fidata governante Adelina. In ogni caso, prima di Carvalho e di Montalbano ci fu Nero Wolfe, investigatore sì, ma soprattutto coltivatore di rare orchidee e gastronomo raffinato ed esigente. Nel "Manuale di cucina di Nero Wolfe" (in uscita il 14 novembre da Sonzogno, prima edizione in Italia a più di trent'anni dall'originale) Rex Stout ha raccolto le tante ricette con cui ha letteralmente infarcito le vicende del suo personaggio, affidandone la presentazione al cuoco di casa Wolfe, Fritz Brenner.
I piatti, sempre molto ricercati e impegnativi quanto basta (qualche riserva, magari, sullo stufato di scoiattolo), sono introdotti da stralci dei romanzi di Stout, che in molti casi, come racconta nei ringraziamenti in apertura, li ha messi a punto di persona con l'aiuto di Sheila Hibben, grande critica gastronomica del New Yorker. Minuziosamente raggruppate in 15 categorie distinte per occasioni e artefici, le pietanze sono corredate da una serie di fotografie della New York anni Trenta e Cinquanta, in tono con la grafica vintage dell'intero volume.
[...]
Serena Daini
 
 

La Stampa, 31.10.2007
Anteprima
Maruzza Musumeci, il bacio della donna pesce
Anticipiamo uno stralcio del nuovo romanzo di Andrea Camilleri in uscita da Sellerio

Per un misi, ogni volta che la gnà Pina passava per la trazzera e vidiva a Gnazio, isava un vrazzo in aria e agitava il pollice e l’indice della mano a significari che ancora non aviva nenti a vista.
Po’, ’na sira, la vecchia arrivò, s’assittò sutta all’aulivo e inveci della solita tanticchia d’acqua spiò un bicchieri di vino.
«Stavota la cosa mi pare seria» disse.
Gnazio portò un sciasco intero con dù bicchieri. Vippiro ’n silenzio.
Appresso la gnà Pina ’nfilò ’na mano dintra alla pettorina e cavò un pezzo di cartoni rettangolare che però non fici vidiri a Gnazio.
«Quant’avi ’sta picciotta?».
«Trentatri».
«Beh, non si pò diri tanto picciotta. E com’è che ancora non...».
«Ve lo spiego appresso».
«Nascì a Vigàta?».
«Sì e no».
«Che significa sì e no? O è di Vigàta o nun è di Vigàta ».
«Nascì ’n mezzo al mari aperto».
Gnazio si sintì ’ntrunari.
«Spiegativi megliu».
«Sò matri s’attrovava nella varca di sò marito e dovitti sgravare accussì, alla picciliddra la lavaro con l’acqua di mari».
«Avi doti?».
«No. È povira. Ma avi ’n’autra cosa».
«Che è?».
«Ve lo dico appresso».
«Scusati, gnà Pina, ma se mi doviti diri tutto appresso, ora di che minchia parliamo?».
«Beh, vi pozzo intanto diri che sò patre, quanno lei aviva cinco anni, niscì con la varca, vinni ’na timpesta e non tornò cchiù. Sò mogliere morse l’anno appresso per il dolori di cori. Allura la picciliddra vinni pigliata ’n casa di sò ziu ’Ntonio, un frati di sò patre, che macari lui era piscaturi».
«Era?».
«Sì, pirchì macari lui annigò».
Alla larga da tutta ’sta genti di mari!
«Sintiti, gnà Pina...».
«Facitimi finiri. Allura la picciotta accomenzò a dari adenzia alla zia che era malata. E arrefutò di maritarisi fino a quanno la zia campò. Ecco pirchì è arrivata schetta a trentatrì anni».
«Ma ’sta zia è morta ora?».
«No, tri anni passati».
«Gnà Pina, attenta che a mia per fissa non mi ci pigliate».
«Non vi staio piglianno per fissa».
«E allura come me lo spiegate pirchì tempo tri anni la picciotta ancora non s’è fatta zita?».
«Pirchì, pirchì...».
«Me lo potiti diri almeno come si chiama?».
«Si chiama Maruzza Musumeci».
Il nomi gli piacì.
«Allura, gnà Pina, me lo dicite quello che state pirdenno tanto tempu a dirimi?».
La vecchia s’impacciò, scatarrò, sputò.
«Ecco, vi devo diri che lei si credi d’essiri ’na cosa che non è. Ma io ne canoscio a tante di pirsone che si cridino d’essiri ’n’autra cosa di quello che sunno. Pri sempio, l’accanoscite a don Sciaverio Catalanotti?».
«Quello che a Vigàta vinni scarpe?».
«Preciso. Che vi nni pari di testa?».
«A mia pare sano di testa».
«Lo sapite che si cridi d’essiri un aceddro?».
«Davero?».
«Davero. Me lo dissi a mia mentre che lo curavo di sciatica. E l’accanoscite a zù Filippo Capodicasa?».
«L’accanoscio. Gnà Pina, arrivamo alla ràdica. Pirchì ’sta picciotta non s’è ancora maritata?».
Prima d’arrispunniri, la vecchia si vippi un bicchieri di vino sano sano e doppo raprì novamenti la vucca.
«La voliti sintiri tutta?».
«’Nca certo!».
«Pirchì Maruzza pinsava che come fìmmina fagliava di una parti ’mportanti e perciò non era capace d’aviri a chiffare con un omo».
«Nenti ci capii. Voliti spiegarvi meglio?».
«Diciva che lei non teneva la natura, che era nasciuta diversa, che aviva sì le minne, ma che non teneva lo sticchio».
«Avà! Ma che mi vinite a contare!».
«Ve lo giuro».
«E pirchì diciva accussì?».
«Pirchì si cridiva d’essiri un pisci».
«Un pisci?!».
«Pisci pisci, no. ’Na sirena».
Gnazio si sintì pigliato dai turchi.
«’Na sirena di papore? Quelle che friscano ’n partenza e in arrivo?».
«Ma che minchiate dicite! Ca quali papore e papore! Non lo sapiti che è ’na sirena?».
«No».
«È una vestia marina. La parti di supra, fino al viddrico, è di fìmmina cu dù beddri minne, la parti di sutta è a cuda di pisci. Infatti la sirena non pò caminare, ma nata».
Andrea Camilleri

In libreria
Si intitola «Maruzza Musumeci» il nuovo, sorprendente romanzo di Andrea Camilleri in uscita da Sellerio (pp. 151, e10), di cui anticipiamo uno stralcio. Una favola sensuale di sirene bellissime e assassine, con echi (in greco) dell’Odissea e della Lighea di Tomasi di Lampedusa, che l’autore aveva sentito raccontare da piccolo e che qui rielabora liberamente, in una lingua siciliana più ostica del solito in quanto ripete gli arcaismi del «cunto» originario. È la storia, ambientata a Vigàta tra la fine dell’800 e la seconda guerra mondiale, di un emigrante tornato in Sicilia a 45 anni, deciso a sposarsi. E la «gnà Pina» gli trova una moglie un po’ particolare, una donna che (spiega la sensale) crede di essere una sirena. Ma che invece lo è davvero...
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 31.10.2007
Il libro. Esce oggi "Maruzza Musumeci" sul mito della donna-pesce
Camilleri cambia genere e va a nozze con la sirena
Esce per Sellerio "Maruzza Musumeci", il nuovo romanzo dell´autore di Montalbano che si lascia alle spalle gialli e tuffi nella storia per riprendere un mito caro alla letteratura siciliana
Le nozze con la donna-pesce così lo scrittore cambia genere

Come Pinocchio che un bel giorno si sveglia accorgendosi di non essere più un burattino di legno ma un bimbo in carne e ossa, così Andrea Camilleri, autore di polizieschi e di romanzi storici, col suo nuovo libro da oggi in uscita, "Maruzza Musumeci" (Sellerio, 152 pagine, 10 euro), abbandona paradigmi indiziari e documenti per inoltrarsi nel sentiero tortuoso della letteratura fantastica.
Prima infatti che su questo suo nuovo romanzo, "Le metamorfosi" di Ovidio e di Apuleio, due delle fonti principali della letteratura italiana di tutti i tempi, hanno direttamente agito sul padre del commissario Montalbano, che, all´età di ottantadue anni, ha deciso ancora una volta di cambiare pelle. E dunque ci si imbatte ora nelle pagine di questo Camilleri metamorfico (di cui da poco ha visto la luce per i tipi di Mondadori "Voi non sapete", il libro sui "pizzini" di Bernardo Provenzano), in una sirena particolarissima, guarda caso in contrada Ninfa, nella solita Vigàta, tra il 1895 e il 1943. Sirena che ha alle spalle, come giustamente mette in rilievo Salvatore Silvano Nigro nella bandella di copertina, "La verità sul caso Motta" di Mario Soldati e "Lighea", il bellissimo racconto di Giuseppe Tomasi di Lampedusa in cui un giorno, all´ellenista Rosario La Ciura che declama i versi degli antichi poeti, appare dalle acque del mare di Sicilia una bellissima sirena, Lighea appunto, figlia di Calliope. Ma ci sarebbero anche il messinese Giovanni Alfredo Cesareo, che in alcune sue pagine descrive una sirena «mezza ignuda», «bella e severa come una dea greca di marmo» che sta su una conchiglia fiorita, e l´avanguardista Filippo Tommaso Marinetti, che però non fa emergere dalle acque la sua creatura, ma se la crea lui stesso per demiurgica volontà mediterranea, facendo il bagno a Capri.
Al centro della storia raccontata da Camilleri, del suo "cunto" (un "cunto" multiplo, dotato di forza genetica, un po´ come accade nelle "Mille e una notte") ci sta Gnazio Manisco, che torna nel suo paese originario, Vigàta, dopo venticinque anni trascorsi in America. Nel fazzoletto che gelosamente nasconde, c´è un bel gruzzolo di soldi coi quali vuole acquistare un po´ di terra e coltivarla: di piante e alberi se ne intende parecchio, avendo fatto il bracciante e il giardiniere. Gli si presenta un giorno l´occasione: le dieci salme di contrada Ninfa. Con due aggravanti, però: che il mare circonda quella lingua di terra da tre lati («Contrata Ninfa è diversa, nun è né terra né mari»; «I piscatori e i marinari dicino che contrata Ninfa galleggia supra il mari e che sutta c´è sulo acqua») e che il proprietario precedente, Cicco Alletto, è uscito di senno per avervi sentito un lamento. Gnazio Manisco ha infatti per l´acqua salata una vera e propria repulsione, una sorta di atavica paura, ma alla fine si decide: la terra è sua. La assaggia palmo a palmo («A ogni passo si calava, pigliava ‘na pizzicata di terra tra il pollice e l´indice e se la mittiva supra la lingua sintennone il sapore»), ne estirpa le erbacce, per piantarvi alberi, verdura e frutta. Passano gli anni nel frattempo, e Gnazio Manisco rimane scapolo. In America, nonostante le profferte di vicine e amiche eccessivamente premurose, non volle prender moglie: lui, anti-ulisside per antonomasia, aveva un´idea fissa in testa: tornare definitivamente in Sicilia.
Della presenza così vicina e minacciosa del mare, in contrada Ninfa, il protagonista del romanzo se ne fa pian piano una ragione, soprattutto quando conosce la Maruzza del titolo, che invece senz´acqua non può campare. Maruzza è una ragazza dalla bellezza ammaliante, ma ha una stranezza, che a Gnazio confida la gnà Pina, un´anziana donna «giarna comu la morti» e «sicca» che conosce le proprietà taumaturgiche delle erbe e che, all´uopo, combina matrimoni. Maruzza infatti si crede d´essere un pesce. «Un pisci?!» chiede Gnazio sbigottito: «Pisci pisci, no», risponde la gnà Pina. «´Na sirena». Gnazio non sa cosa sia una sirena, e allora la gnà Pina glielo spiega: «È una vestia marina. La parti di supra, fino al viddrico, è di femmina cu dù beddri minne, la parti di sutta è a cuda di pisci. Infatti la sirena non pò caminare, ma nata». A Maruzza basta abitare vicino al mare: nei giorni in cui pensa di essere sirena, si immerge nell´acqua salata, per una sorta di irresistibile pulsione biologica. Gnazio è titubante, non sa che fare: ma non appena la gnà Pina gli mostra la foto di Maruzza, le perplessità svaniscono d´un tratto. «La vogliu», dice senza mezzi termini.
Si predispone dunque tutto per l´incontro: lui rimane folgorato. La sua bellezza lo immobilizza in tutti i sensi, visto che Gnazio rimane immobile, sul ciglio della strada, in preda a una specie di colpo della strega. Saranno le conseguenze dello strapazzo per il duro lavoro dei campi, pensa lui: ma forse è il primo, inquietante, segnale di qualcosa di perturbante e diabolico.
A poco a poco, però, la situazione precipita: Maruzza si reca in casa di Gnazio in compagnia della nonna quasi centenaria: creatura sinistra e demoniaca, dalla voce sinuosa. La sua epifania dà la stura a tutta una congerie di fatti strani, anche se non inspiegabili. Sparizioni, morti sospette, allusioni inquietanti. Viene celebrato un matrimonio notturno che anticipa le nozze canoniche. Il rito che prende forma mette in confusione il povero Gnazio. Le sue preoccupazioni procurate dalla condotta poco ortodossa della moglie (che ciclicamente si immerge in due cisterne, ogni qual volta si sente sirena), sono mitigate da una irresistibile attrazione per la stessa Maruzza, il cui corpo, levigato come quello di una statua, lo mette sotto scacco.
Camilleri in certe occasioni fa parlare in greco antico Maruzza e sua nonna, e qua e là inserisce riferimenti, allusioni all´Odissea, in cui le sirene, com´è noto, vengono sconfitte dallo scaltro Ulisse, incatenato all´albero maestro. Hanno dunque da vendicarsi, queste creature terrestri e acquatiche insieme. E lo fanno, uccidendo prima un certo Aulissi Dimare, e poi facendone scomparire il figlio, colpevole di assomigliare troppo al padre: almeno così pare di capire. Si vendicano, dunque, le terribili sirene, ma sanno anche amare irresistibilmente, soprattutto se l´uomo in questione è Gnazio Manisco, che di ulissiaco non ha un bel niente.
La vita matrimoniale scorre via felice, corredata dalla nascita di tanti figli. Le stranezze non finiscono, certo, ma il protagonista del romanzo oramai non si impressiona più. Peccato però che gli eventi della storia, con l´avvento del Fascismo e la guerra, mettono in scacco la favola di Gnazio e Maruzza: una favola che fa incontrare terra, mare e cielo, e che assembla mitologia e astronomia, verità e finzione. Come spiega lo stesso Camilleri nella nota conclusiva, alla base di tutto ci sta la storia del contadino che sposa una sirena, raccontatagli quand´era bambino dal mezzadro del nonno. Quella favola, dunque, passata al setaccio di una lingua sempre più implicata nel dialetto, e di una fantasia sempre meno imbrigliabile, ha partorito questo romanzo, di certo il più struggente e poetico di Andrea Camilleri.
Salvatore Ferlita
 
 

Adnkronos, 31.10.2007
Scrittori: Andrea Camilleri, esce una favole per adulti con sirena

Roma - E' una favola per adulti, in cui la protagonista e' una sirena, il nuovo romanzo di Andrea Camilleri; una favola che attraversa un secolo e che si conclude nel 1943 alla morte del bracciante e muratore Gnazio Manisco, il protagonista maschile. Si intitola ''Maruzza Musumeci'' il libro in uscita dall'editore Sellerio (pagine 151, euro 10): e' una favola sensuale di sirene bellissime e assassine, con echi (in greco) dell'Odissea e della Lighea di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che l'autore delle avventure del commissario Montalbano aveva sentito raccontare da bambino e che in quest'opera rielabora liberamente, in una lingua siciliana piu' ostica del solito, in quanto ripete gli arcaismi del ''cunto'' originario.
E' la storia, ambientata a Vigata, tra la fine dell'800 e la seconda guerra mondiale, di un emigrante tornato in Sicilia a 45 anni, deciso a sposarsi. E la ''gna' Pina'' gli trova una moglie un po' particolare, una donna che (spiega la sensale) crede di essere una sirena. Ma che invece lo e' davvero. La storia comincia nel gennaio del 1890. Gnazio ritorna dall'America dopo 25 anni assenza. Ci era andato a lavorare giovane perche' in paese era rimasto solo. Sapeva solo 'arrimunnari' gli alberi, ma alla perfezione tanto da essere assunto a New York come giardiniere. Poi, una brutta caduta da un pino, i soldi dell'assicurazione e il ritorno a Viga'ta con un piccolo gruzzolo, sufficiente a comprare un pezzo di terra. Se ne era innamorato subito Gnazio, perche' al centro di quella terra, stretta tra cielo e mare, troneggiava un ulivo secolare, la gente diceva che aveva piu' di mille anni.
La terra era rinata con le sue amorevoli cure, rivoltata e bagnata, popolata di animali, abbellita da una costruzione tirata su pietra su pietra e ora a 45 anni Gnazio era desideroso di farsi una famiglia. E' l'esperta di erbe e guarigioni, la vecchia Pina, a trovargli una moglie: Maruzza Musumeci bella come il sole. Chi sa perche' quella ragazza non aveva mai trovato marito! Forse per certe sue stramberie? Per quella voglia irrefrenabile di acqua di mare, per quella lingua straniera che le fioriva in bocca? E poi la voce di Maruzza, una voce che era una melodia. Le nozze, poi i figli. La famiglia di Gnazio e Maruzza cresce, prima nasce Cola, poi Resina, anche lei dalla voce ammaliante, poi Calorio e Ciccina, e cresce anche la casa.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 31.10.2007
Il volume
"Il carico da undici" il fenomeno di Vigàta

È un libro enciclopedico, che solo un lettore fedele poteva approntare. Gianni Bonina, critico letterario e giornalista, ha scritto "Il carico da undici. Le carte di Andrea Camilleri" (Barbera Editore, 618 pagine, 16 euro), che prende in esame l´intera produzione narrativa dello scrittore empedoclino. Il volume consta di tre sezioni: un lungo saggio iniziale, un´intervista di oltre duecento e la sinossi dei 47 titoli di Camilleri. Viene fuori è una fenomenologia attenta dello scrittore.
 
 

Il Messaggero, 31.10.2007
Giallo italiano / Dalla prima gloriosa collana Mondadori alla stagione felice dei Camilleri e Lucarelli
Tutti i brividi del Belpaese
La "costruzione di un genere in una cultura che non lo conosceva, i suoi pionieri a volte dimenticati

Si può dire, è stato detto, che la questione del giallo italiano è come quella meridionale: non ha mai fine. Se ne cominciò a parlare negli anni Trenta quando la collana "I libri gialli Mondadori" ebbe un successo al di là di ogni aspettativa. Ma gli autori erano tutti stranieri: poteva una nazione come la nostra rinunziare a un po’ di storie di crimini e di sangue in versione autarchica?
Non poteva. Così si racimolarono un po’ di autori variamente incoraggiati, conteggiati(ogni sei gialli uno doveva essere nostrano), ma anche censurati (vietati i suicidi e gli assassini dovevano essere tutti rigorosamente stranieri, altrimenti niente visto si stampi). D’altro canto il giallo italiano, era «assurdo per ipotesi». Parola di Alberto Savino per il quale il genere, pura imitazione, portava addosso le pene di una condizione infelicissima per mancanza del romanticismo criminalesco del giallo anglosassone. Le città italiane non erano una degna cornice né la borghesia un degno ambiente. Dove erano i mostri della criminalità, dove i re dei delitti?
Nello stesso periodo Augusto De Angelis, creatore del commissario De Vincenti, teorizzava la dignità culturale del genere, «nel romanzo poliziesco – scriveva – tutto partecipa al movimento, al dinamismo contemporaneo, perfino i cadaveri , che sono i veri protagonisti dell’avventura». De Angelis fu una notevole eccezione per le novità che apportò al genere, con la tecnica narrativa (il poliziesco è «tutto azione, tesa, vibrante, frenetica, quanto più calcolata» teorizzava e metteva in pratica) e per la modernità della figura del commissario De Vincenzi, ragionatore, filosofo allo statu nascenti, persona di buone e impegnate letture, abilissimo nel calarsi nella psicologia dei suoi “pazienti”: criminali di ogni tipo, mariti non proprio irreprensibili e donne talvolta facili. Una nascita quella del giallo italiano che appare comunque alquanto forzata come era inevitabile (parola di Fruttero e Lucentini) essendo la nostra letteratura «esclusa dalla catena Dickens-Poe- Stevenson.» I giallisti erano portati a considerarsi o con le giuste rivendicazioni del genere o con le lamentele di categoria, sentendosi messi in un angolo: l’angolo dell’intrattenimento, un quasi ghetto. Vennero le eccezioni come il prodigioso Giorgio Scerbanenco con la sua capacità di fiutare «il male e il dolore, l’umiliazione e il dolore, il delitto e il castigo» in cui l’irresistibilità del mestiere è l’altra faccia di un incessante piacere fabulatorio. E vennero gli esempi “alti”: Gadda e Sciascia che adottò la risolitiva formula del giallo (riassunta da Auden: «il magico appagamento che è dato dall’illusione di essere dissociati dall’assassino») per raccontare i tanti misteri italiani, dalla mafia alla scomparsa dello scienziato Majorana.
Ci si può chiedere che cosa oggi penserebbe Savinio al cospetto di un’Italia a suo dire così provinciale e così refrattaria a essere rappresentata attraverso i suoi giallisti. A lui non sembrava adatta a essere terra di delitti e di misteri. Eppure, nei tanti fortunati anni Novanta del giallo italiano e nei primi del Duemila quando il genere con le sue varianti ha toccato l’apice della sua fortuna, il nostro Paese è stato preso di mira non solo da tanti autori italiani di successo, ma anche da scrittori stranieri, come Dibbon, Nab, Donna Leon, Harris. È stata la punta di un iceberg che si è costruito nel tempo, grazie a «forti glaciazioni e nevicate», come sostiene Luca Crovi nella sua appassionata e documentata storia del giallo nostrano capace di passare dai libri al cinema ai fumetti. E quella stagione felice è stata avviata negli anni Sessanta, sulla base dell’esempio televisivo che lanciava i suoi eroi da Sheridan al Maigret di Simenon, nella cui fattura era ben collocato (e mimetizzato) Camilleri. E così gli italiani hanno imparato a scrivere un giallo: non solo quelli one shot, ma anche quelli che hanno un personaggio ricorrente dentro le storie seriali. E sanno dove guardare, cioè in casa propria, e con occhio e penna propri. La lingua spiritosa e scoppiettante di Camilleri è la pista dove scorrono le inchieste del suo Montalbano, in una Sicilia che non smette di sorprenderci. Si potrebbe continuare con la Bologna del primo Lucarelli, quello di "Almost Blue", così distante dal suo stereotipo pacioso e edonistico con la dura e respingente Napoli di Ferrandino, con la Bari di Carofiglio, la Roma di De Cataldo.
Renato Minore
 
 

 


 
Last modified Saturday, July, 16, 2011