home page




RASSEGNA STAMPA

MAGGIO 2008

 
La Repubblica, 4.5.2008
Il lbro
Contromano ai carri armati
"La volata di Calò" di Gaetano Savatteri, edito da Sellerio (124 pagine, 12 euro) sarà in lilbreria l'8 maggio
Il libro racconta la storia di Calogero Montante e delle sue biciclette ed è corredato da uno scritto di Andrea Camilleri, parzialmente riportato in questa pagina

Da più di quindici giorni non sapevamo nulla di mio padre, rimasto a Porto Empedocle. Mia madre stava quasi impazzendo. Dopo lo sbarco alleato avevo visto passare dei marinai in ritirata e a qualcuno di loro avevo domandato notizie. Mi avevano concordemente risposto che Porto Empedocle era stata del tutto distrutta dai violenti bombardamenti e che i morti erano tantissimi. Non resistetti oltre. Chiesi in prestito a mia zia Concettina la bicicletta che teneva in casa e partii con un mio cugino, Alfredo, di qualche anno più piccolo di me, e anche lui mancante di notizie dei suoi famigliari. Alfredo aveva una sua bicicletta, se l´era portata appresso quando era venuto a trovarci prima dello sbarco. Era una bicicletta di gran marca, costosa, della quale andava fiero. La mia, invece, era una Montante.
Che il viaggio, una cinquantina di chilometri, sarebbe stato perlomeno assai difficile, lo capimmo da subito, direi quasi dal primo centinaio di metri. Il fondo stradale non esisteva più. Non solo buche e avvallamenti, ma si camminava su uno strato composto da pezzetti di lamiera, da viti, da ruote schiacciate dai carri armati, da vetri rotti, da pezzi di fucili, da schegge di vario tipo, i resti insomma dei camion e dei mezzi italiani e tedeschi colpiti durante la ritirata e le cui carcasse bruciate giacevano ai lati della strada.
Ad Alfredo la prima foratura capitò fatti sì e no due chilometri. Ci colse un leggero scoramento. «Se la strada è tutta così, non arriveremo mai». Fatta la riparazione, ripartimmo. Ma il peggio venne da lì a poco. All´improvviso ci trovammo davanti un muro, fatto da jeep e carri armati che procedevano affiancati in senso opposto al nostro e non lasciavano varco nemmeno per uno spillo. Io, che marciavo in testa, pensavo che in qualche modo mi avrebbero lasciato passare, ma quelli non si spostarono e io, per non finire stritolato da un carro armato, mi gettai fuori strada, persi l´equilibrio e rotolai per qualche metro con tutta la bicicletta. Alfredo ebbe la stessa sorte. Solo che, al contrario di me, aveva di nuovo bucato. Perdemmo altro tempo. Poi, essendo la colonna militare diventata un pochino meno fitta, rimontammo in sella. Senonché, di tratto in tratto, la colonna tornava a infittirsi e noi venivamo regolarmente gettati fuori strada.
A un quarto circa del percorso, Alfredo forò per la terza volta. E io decisi di abbandonarlo al suo destino, visto che la mia bicicletta procedeva imperterrita, salda, forte, non subiva forature, la catena rimaneva sempre ben ferma al suo posto, i raggi nelle cadute non si rompevano, il manubrio non si piegava di un millimetro, una vera meraviglia. Ripresi, da solo, il mio viaggio. E ogni tanto le parlavo, alla bicicletta, carezzandole la canna come se fosse la criniera di un cavallo: «Dai, brava, continua così».
Ogni tanto mi fermavo, un po´ per la stanchezza e un po´ per guardare meglio qualcosa che mi colpiva. Per esempio, a un tratto mi venne di traversare un paesaggio che mi sembrò un´immagine dell´inferno dantesco. Decine e decine di alberi troncati, arsi, anneriti dal fuoco, le stoppie diventate macchie scure sulla terra uniformemente bruciata, non un filo d´erba, niente più che fosse vivo. Era il teatro di uno scontro tra carri armati, cinque o sei dei nostri erano ancora lì, sventrati, combusti e dalla torretta aperta di uno di essi pendeva il corpo di un carrista che non aveva fatto in tempo a saltar giù. La giubba, rovesciata, gli nascondeva la faccia. Dalla tasca gli era caduto un pacchetto di lettere. Lo raccolsi, ripromettendomi di farlo avere, in un modo o nell´altro, ai suoi. Vicino agli altri carri armati, altri cadaveri. C´era un odore insopportabile, si era quasi alla fine di luglio e il sole arrostiva uomini, animali, piante.
Ripresi a correre, e via via che procedevo, mi andavo spogliando e gettavo via tutto, pantaloni, camicia, canottiera. Rimasi letteralmente in mutande e coi sandali ai piedi. Lo facevo per il caldo, certo, ma sentivo di farlo anche per un´altra ragione che sul momento mi sfuggiva. Era dentro di me, quella ragione, e non riuscivo a tirarla fuori. E sentivo che, più che l´ansia per la sorte di mio padre, era quell´oscuro motivo che mi dava la forza di continuare a pedalare, malgrado la stanchezza più psicologica che fisica, malgrado la sete. Già, perché la borraccia era vuota da un pezzo e aveva seguito la sorte dei miei indumenti. Mi ero fermato solo una volta a domandare da bere a un contadino e poi non avevo voluto più perdere tempo. Fu quasi alle porte di Agrigento che vidi scritto sul muro di una casupola, a caratteri cubitali, con della vernice verde: «W la libertà». E allora di colpo capii la vera ragione per la quale mi ero spogliato strada facendo. Oggi può sembrare retorica ma allora non lo era per niente. Sentivo di dovermi presentare nudo davanti a una realtà nuova, e tanto attesa, come per una seconda nascita. Se avessi potuto, avrei gettato via anche la vecchia pelle.
Appena dentro Agrigento, scorsi un mio parente, lo chiamai. Non credo che ci fossimo reciprocamente simpatici, ma un attimo dopo ci abbracciavamo come fratelli superstiti di un naufragio. «Hai notizie di mio padre?» domandai, mentre il cuore mi si fermava in attesa della risposta. «Sì, ieri pomeriggio sono andato a Porto e l´ho visto». Mi sentii diventare di ricotta. Le gambe non mi reggevano, tutti i fasci muscolari mi si erano allentati, non avevo più forze. Rimontai e dopo pochi metri, senza una ragione plausibile, caddi sul selciato. Fu la prima caduta che mi fece male, tra le tante di quel viaggio. Proseguii a piedi fino alla Passeggiata, dalla quale si vedeva il mare. Solo che il mare non c´era più. Era stato sostituito da un ammasso di acciaio e ferro, da centinaia di navi affiancate fino a perdersi all´orizzonte, erano in attesa del loro turno per scaricare i rifornimenti bellici per l´esercito alleato. Restai esterrefatto. Un tale, che mi stava in silenzio accanto, a un tratto commentò: «Si potrebbe arrivare a piedi in Tunisia».
Per fortuna la strada che da Agrigento portava al mio paese era quasi tutta in discesa, così potei farcela. Il corso però non potei percorrerlo in bici, dovetti smontare. Vi passavano centinaia e centinaia di anfibi che portavano gli armamenti dalle navi ai depositi e uscendo dal mare per trasformarsi da barconi in camion, lasciavano cadere l´acqua che avevano nelle chiglie, sicché mezzo metro di fanghiglia copriva le basole. Sulla facciata di una casa c´era un cartello enorme con sopra scritto: «Chi trova bombi - od altri ogeti inexplosivi - non tocare le! - ma portare le - al commando». I miei paesani si chiedevano perplessi: «Ma se non le possiamo toccare, come facciamo a portarle al comando?».
Trovai mio padre in Capitaneria. Gli americani l´avevano nominato "Master harbor", comandante civile del porto, e non poteva lasciare il suo lavoro. Mi diressi verso casa, avevo l´assoluta necessità di lavarmi, di distendermi su di un letto. Ma dal portone di casa si partiva e procedeva lungo le scale un´ordinata fila di soldati americani ognuno munito di sapone e asciugamano: avevano scoperto che il mio appartamento era uno dei pochi muniti di vasca da bagno e doccia e lo stavano adoperando. Spiegai chi ero (quasi tutti erano figli di siciliani emigrati negli Usa e parlavano il dialetto) e mi cedettero immediatamente il primo posto nella fila. I
n casa non c´era un mobile, uno specchio, una sedia, un libro, niente, mio padre mi spiegò dopo che approfittando dei bombardamenti che avevano preceduto lo sbarco gli sciacalli si erano portati via tutto. Per dormire, si era procurato una branda militare e ne trovò un´altra per me. Su quella branda ho fatto, per la stanchezza e le emozioni, uno dei sonni più profondi della mia vita.
Andrea Camilleri
 
 

La Repubblica, 4.5.2008
Il racconto
Camilleri, una gita in bici nella Sicilia che brucia
Autunno 1943. Il destino di due ragazzi siciliani si incrocia sulle strade isolane devastate dal sole e dalle battaglie Calogero Montante fabbrica biciclette, Andrea Camilleri ne usa una per ritrovare il padre. Ora un libro Sellerio, "La volata di Calò", e il Giro d´Italia che parte da Palermo riportano a galla questa storia perduta

Fino all´ultima curva e fino all´ultima rampa è aspra. Anche cattiva, vicino alla cima. Il paese è dietro la collina, ancora nascosto da rocce aguzze e di un bianco color del sale. Per raggiungere Serradifalco la strada è uno strappo verso l´alto, un muro. Venendo dal bivio di Case Vecchie - dopo la lunga discesa che parte dal feudo di Polizzello («da Polizzello si difende la Sicilia», gridavano i contadini al tempo dell´occupazione delle terre) - la collina è proprio di fronte. È lì che comincia la salita.
«Per farla ci vuole la gamba», si dicono fra loro e nel loro gergo i corridori quando infilano uno dopo l´altro il primo tornante. Ed è solo quando passano dall´altra parte, dondolando in piedi sui pedali, che lentamente dimenticano la fatica e lentamente cambia anche il paesaggio. Contrada dopo contrada, campo dopo campo. Un pianoro, le prime case alla periferia di Serradifalco, le prime vigne di Canicattì, e poi Racalmuto e poi Grotte fino ai peschi di Castrofilippo. A Favara già si sente l´odore del mare. Ancora una scarpata, ancora una fatica e c´è Agrigento con i suoi palazzi in bilico sull´argilla. Da Serradifalco sono cinquantacinque chilometri. Gli stessi cinquantacinque chilometri lungo i quali, più di mezzo secolo fa, su una bicicletta si incrociarono due vite. Quella di Andrea Camilleri e quella di Calogero Montante.
Il primo era un ragazzo siciliano di diciassette anni che sarebbe diventato un famoso scrittore. Il secondo, appena un po´ più grande, aveva un altro sogno. È sua la prima bicicletta montata, pezzo dopo pezzo, in un´officina in Sicilia. Ed è con una di quelle, che Andrea Camilleri ha percorso i cinquantacinque chilometri più lunghi della sua esistenza. Le loro storie lontane sono ricordate da Gaetano Savatteri in un racconto per la Sellerio che sarà in libreria giovedì 8 maggio: “La volata di Calò”. E celebrate dal Giro d´Italia, che quest´anno parte dall´isola e dedica l´ultima parte della sua seconda tappa - proprio quei cinquantacinque chilometri della Cefalù-Agrigento di domenica 11 maggio - all´autore del commissario Montalbano e al primo ambasciatore del ciclismo in Sicilia.
Un salto indietro negli anni. È l´estate del 1943, la notte fra il 9 e il 10 luglio gli Alleati sbarcano a Gela. In quei mesi tutti abbandonano la costa e si rifugiano nell´entroterra. Per sfuggire ai bombardamenti anche Andrea Camilleri trova riparo con la madre, le zie e i nonni a Serradifalco, un piccolo paesino fra le campagne di Caltanissetta. Da quindici giorni non ha notizie di suo padre, "comandato" alla Capitaneria di Porto Empedocle. Vuole vederlo, vuole tornare nella sua casa in riva al mare. Sua zia Concettina gli presta una bicicletta. Ci monta su e, sulla strada occupata dai camion americani che arrancano fra la polvere in senso contrario, arriva fino alle porte di Agrigento. È una bici Montante quella che lo porta dal padre, progettata da Calogero - Calò - che nell´estate del ‘43 è ancora sul fronte jugoslavo. Destini che si attraversano a distanza, due giovani siciliani che non si incontreranno mai. È la trama del libro di Savatteri: una bici, la guerra, la Sicilia.
La vicenda è tutta ambientata dentro i confini dove passerà quella tappa del Giro, l´isola delle zolfare «che avevano nomi terribili e suggestivi», Rabbione, Giulfo, Stincone, Apaforte, Marici, Dragaito, «un presepe infernale gravido di fumi, di aria irrespirabile, di sotterranea violenza, di carrettieri prepotenti, picconieri ubriachi, carusi piegati e piagati, soprastanti mafiosi», la Sicilia più interna e dolorosa. È fra quelle colline arse intorno a Serradifalco che all´inizio dell´altro secolo nasce Calò, Calogero Montante.
Sono settantuno i Montante di Serradifalco che vengono registrati dagli ufficiali della dogana di Ellis Island, tutti parenti vicini e lontani della sua famiglia, tutti emigrati in cerca di fortuna «all´America». Ma i genitori di Calò sono possidenti, hanno terre, non conoscono quella disperazione che spinge gli altri a imbarcarsi sui bastimenti. Il ragazzo cresce nell´officina di uno zio, il fabbro. Sono gli anni dei primi Giri d´Italia. Binda. Guerra. Girardengo. Le loro imprese sportive arrivano con le cronache della Gazzetta dello Sport anche in Sicilia, fino a Serradifalco. Nell´officina dello zio, Calò fantastica su una bicicletta. Sua, tutta sua. Ricorderà poco prima della morte: «Era un sogno che mi portavo dietro fin da bambino. Erano tempi duri, la bicicletta era un mezzo di trasporto per pochi facoltosi. Una bici da corsa poi… Ma la mia passione era troppo forte, così mi costruii la mia prima bici Montante per correre la mia prima corsa».
Il marchio ha la data del 1926. La leggendaria Bianchi c´è da più di quarant´anni, dal 1885. Edoardo Bianchi già collabora con l´organizzazione del Giro d´Italia, è uno dei fornitori ufficiali della Real Casa Savoia. Ma Serradifalco non è Milano, la Sicilia delle pirrere, le zolfare, non è la Lombardia fra le due grandi guerre. È una terra assolata e dimenticata, dominata da campieri e dissanguata da agrari e conti e baroni. È lontana, primitiva, di una spaventosa povertà. In quella Sicilia Calogero Montante apre la sua fabbrica. In via Dante, a Serradifalco. Comincia dai telai.
Tanti telai. Bici da corsa e da passeggio, da uomo e da donna. Ha le sue biciclette Calò e vuole anche una scuderia, una sua squadra. Da una sartoria di Caltanissetta si fa confezionare le maglie, color ocra con banda centrale rossa e blu. Otto corridori. Uno è lui. Ancora un suo ricordo: «Le strade non erano come adesso, il fondo era in terra battuta, sterrato, con il rischio sempre di bucare e cadere. A volte rimanevamo fuori per giorni, ci spingevamo fino ad Agrigento portando con noi solo il necessario: una mantellina per la pioggia, un ricambio di scarpe e la biancheria. Per mangiare ci portavamo del pane e la frutta che trovavamo nei campi, i fichi d´India... Dormivamo sotto le stelle, abbracciati alla nostra bicicletta».
È il 1930, la prima volta del Giro d´Italia in Sicilia. Prima tappa Messina-Catania, seconda tappa Catania-Palermo, terza tappa Palermo-Messina. Binda non c´è. Gli offrono 22.500 lire per farlo restare a casa, troppo forte per gli altri corridori. È una delusione per Calò. Ma la sua volata continua. «Gira per l´Italia e gira sempre... Va spesso a Milano, per contattare aziende che producono fanalini o cercare il costruttore delle dinamo», scrive Savatteri ricostruendo i primi passi dell´avventura imprenditoriale di Calogero Montante. La passione e gli affari. Le prime commesse fuori dalla Sicilia, i primi appalti, i primi soldi. Le bici con il marchio Cicli Montante sono scelte da alcuni comandi della Polizia di Stato e dai Carabinieri. Per l´Arma Calò ne produce due modelli. Uno per la truppa, l´altro per gli ufficiali. Le prime pesano sedici chili e costano 450 lire, le altre 30 lire in più e sono elegantemente rifinite e a «gomma piena». La bici da corsa «fatta tutta» nel centro della Sicilia costa quasi mille lire. È il 1940.
Poi scoppia la guerra. La fame, le famiglie divise. Le bombe. Il ritorno di Calò in paese e la lenta ricostruzione, più lenta che nel resto d´Italia. Nel 1956 la Cicli Montante è un´«industria». E non produce più soltanto bici. L´azienda è grande, non è più come l´officina dello zio fabbro. A Serradifalco progettano e vendono in ogni angolo d´Italia ammortizzatori per veicoli. Un miracolo, in quella Sicilia. Nel 2000 Calò muore, a novantadue anni. Senza avere mai conosciuto l´altro siciliano, quello che con la sua bicicletta un giorno era in fuga, solo verso Agrigento.
Attilio Bolzoni
 
 

Gazzetta dello Sport, 5.5.2008
«Giro certificato e di gran livello Fiorello canterà»
Il direttore Zomegnan: «Tutti col passaporto biologico. E la sigla tv è dello showman»

[...]
Che Giro si aspetta?
«Sarà un antipasto di quello del 2009, il Giro del Centenario. Non è solo sport, è un fatto sociale, di cultura. E penso allo scrittore Andrea Camilleri, che arriverà in carovana nella sua Agrigento. E' un Giro di qualità. La sigla di tutte le trasmissioni tv sarà cantata da Fiorello: viene dall' inno della Montante cicli, squadra siciliana degli anni Trenta, le parole sono state riviste proprio da Camilleri». [In effetti si tratta di una rivisitazione di un testo di Camilleri da parte di Fiorello, NdCFC]
[...]
Luca Gialanella
 
 

Università "La Sapienza" - Biblioteca del Dip. di Informatica e Sistemistica "Antonio Ruberti", 6.5.2008
Facoltà di Ingegneria - Via Eudossiana, 18 - Roma
INCONTRI AL CHIOSTRO - Sala del Chiostro - ore 11
Presentazione del libro "La mente animale" di Enrico Alleva
Interverranno: Paolo Mauri, Elisabetta Visalberghi, Andrea Camilleri

Nel corso dell’incontro, a cui parteciperanno oltre all’autore anche lo scrittore Andrea Camilleri, il giornalista Paolo Mauri e l’etologa Elisabetta Visalberghi, si illustreranno i vantaggi derivanti da una migliore conoscenza del mondo animale da parte dell’uomo. In particolare si rifletterà sui rapporti e le relazioni che l’uomo stabilisce con gli altri animali e con i suoi simili.
 
 

Blogosfere Cultura, 6.5.2008
I (bassi) redditi della cultura: tra vip, calciatori e politici spuntano Benigni, Eco, Camilleri e pochi altri

La discussa lista dei ricchi d'Italia circola senza controllo online dopo che il sito dell'Agenzia delle entrate ha reso pubblici i redditi di italiani vip e non, con buona pace di Visco che si trova ora la centro di una bufera mediatica.
Ma tra vallette e veline, calciatori, figli della televisione, politici, industriali e relativa progenie c'é spazio anche per artisti, scrittori, uomini e donne di cultura? Spazio ce n'é, ma poco.
[...]
Per incontrare uno che di scrittura (ma non solo) vive dobbiamo scendere a quota euro 1.492.453: qui troviamo Andrea Camilleri che alla carta aggiunge proventi televisivi, teatrali e cinematografici. Difficili rientrare in quella lista sospinti dai soli libri.
[...]
Elisa
 
 

Marseilleveyre
6 mai 2008 : 10e Fête de l'Europe à Marseilleveyre
Théâtre italien. "Il ladro di merendine", 1ère internationale italien
Un'indagine del commissario Montalbano - Un polar à l'italienne
Une enquête du commissaire Montalbano
Le voleur de goûter
Fiction policière d'après l'œuvre d'Andrea Camilleri
Les élèves de 1ère internationale italien ont travaillé sur ce livre dans le cadre du projet trilingue "le roman noir méditerranéen" encadrés par Dominique Pascal Toupet
 
 

Il Gazzettino, 7.5.2008

Trieste. Debutta questa sera, alle 20.30, al Politeama Rossetti del capoluogo regionale, dove resterà in scena fino a domenica prossima, "La concessione del telefono", lo spettacolo tratto dall'omonimo romanzo di Andrea Camilleri che chiuderà nel segno della comicità la stagione Prosa dello Stabile regionale. Prodotto dal Teatro Stabile dei Catania, lo spettacolo si avvale di due grandi protagonisti, Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina, che assicurano alla piéce acutezza e ironia. La regia è di Giuseppe Dipasquale, che ha firmato - assieme ad Andrea Camilleri - anche la riduzione teatrale del testo.
Capita a tutti, almeno un paio di volte nella vita, di sentirsi impotenti e desolati, prigionieri delle "carte" e degli assurdi itinerari della burocrazia. Per ottenere il più semplice degli interventi, ecco la necessità di una dettagliata documentazione, che si gonfia a colpi di atti notarili, autocertificazioni, richieste scritte e bollate, istanze e attestati. Proviamo a immaginare quali dovevano essere i gorghi burocratici in cui ci si perdeva nel mondo della Sicilia umbertina, immobilizzata da un'amministrazione vacua e ridondante, il cui unico scopo era forse quello di permettere il mantenimento di antichi "status" e di piccoli e grandi poteri personali. È proprio a questa realtà che fa riferimento il bravissimo Andrea Camilleri. Nel microcosmo fantasioso della cittadina di Vigàta, che racchiude tutto un immaginario di caratteri e situazioni siciliane, e che fa da sfondo a ogni opera narrativa del romanziere di Porto Empedocle, si ambienta dunque la vicenda di Filippo Genuardi, uomo egoista e inetto, vano e svagato, che vive alle spalle del ricco suocero, e non soddisfatto di questo già colpevole sfruttamento, si è anche infatuato della seconda e giovane moglie di lui, diventandone l'amante.
 
 

Gazzetta del Sud, 8.5.2008
Il direttore generale della Rai presenta il nuovo canale sportivo che esordirà in coincidenza col Giro d'Italia
Cappon: il digitale terrestre rivoluzionerà i palinsesti

Roma. L'avvento del digitale segnerà una svolta epocale nella definizione dei palinsesti televisivi Rai, e lo sport sarà da subito un terreno di verifica, una sorta di banco di prova immediato.
Lo ha detto il direttore generale della Rai, Claudio Cappon, in occasione della presentazione ufficiale di Raisport Più, il nuovo canale digitale terrestre della testata Raisport che esordirà nel fine settimana con la 91. edizione del Giro d'Italia di ciclismo che prenderà il via da Palermo.
[…]
Intanto, per il prossimo Giro d'Italia ci sarà una copertura Rai senza precedenti grazie anche alla partenza in contemporanea con la corsa, sabato, di Raisport Più. Domenica, alla prima tappa del giro, Andrea Camilleri, che è autore della sigla del giro cantata da Fiorello, sarà in collegamento in diretta.
[…]
Renato Urbinati
 
 

Giornale di Sicilia, 8.5.2008
Lo showman canterà la sigla Rai, il testo rivisitato dallo scrittore
Fiorello e Camilleri, tandem in musica
Ecco l’inno che accompagnerà i “girini”

Palermo. Il Giro ammalia tutti. Gente comune, protagonisti del palcoscenico, uomini di cultura. Il Giro non è solo corsa, è un mondo magico che unisce e contagia di passione. È per questo he due grandi siciliani hanno voluto offrire il loro contributo alla corsa rosa. Fiorello regalerà la sua voce nella sigla di tutte le trasmissioni Rai dedicate al Giro, mentre le parole della canzone sono state rivisitate da Andrea Camilleri e ripercorreranno la passione per la bici.
[…]
Cristina Matano
 
 

Gazzetta dello Sport, 9.5.2008
La storia
La volata siciliana di Camilleri

Era la notte di guerra tra il 9 e il 10 luglio del 1943. Il mare del Sud siciliano divenne nero. Uomini allo sbaraglio e mezzi anfibi corazzati lo coprirono di paura e di spe­ranza: la notte dello sbarco. Da qui comin­cia la favola di un ragazzo e di una bici: l'ho incontrata, grazie a una gentile Antonella, raggiungendo il Giro in Sicilia, alla vigilia della partenza da Palermo.
Il ragazzo oggi ha 83 anni. Si chiama Andrea Camilleri, scrittore alluvionale, fantasioso, originalissimo con un linguaggio impastato di musicalità agrigentina, fumatore impenitente. La bicicletta è una Montante: si fabbricava in Sicilia già nel 1920. Artefice di quell'avanguardia un uomo di genio e coraggio: Calogero Montante. Il nipote, Antonello, oggi è vicepresidente della Confindustria siciliana.
Andrea Camilleri aveva lasciato la sua Porto Empedocle, pericolosa zona di frontiera marina, e viveva da sfollato con la mamma e il resto della famiglia nelle campagne di Serradifalco. Ma il padre Giuseppe, funzionario della dogana, era rimasto al suo posto in zona di operazioni. La guerra aveva fretta, l'avanzata degli Alleati fu rapida. Ho vissuto da ragazzino, anch'io in Sicilia, la confusione di un fronte nemico che avanza. Ci sono momenti in cui non sai da quale parte ti trovi. Camilleri aveva 17 anni e un grande, irresistibile desiderio: rivedere il padre.
Equi entra in scena la regina della favola, la sicilianissima bicicletta di Calogero Montante. Andrea la ebbe in prestito e si lanciò nell'avventura temeraria: da Serradifalco a Porto Empedocle lungo 50 chilometri di strade che non erano strade, ma sentieri di guerra spesso minati, dirupi, fossati. Se la bici l'avesse tradito, lui sarebbe stato un disperso. E invece la prodigiosa nonnina a due ruote resistette eroicamente e gli consenti di riabbracciare il padre.
Per dirle grazie a 65 anni di distanza, Andrea Camilleri ha scritto per Sellerio un libro a quattro mani: le sue e quelle di un amico giornalista Gaetano Savatteri, sicilianissimo anche lui. Il "gioiellino" s'intitola: "La volata di Calò", dove Calò sta per Calogero: il nome di Montante, padre della bicicletta e di questa favola che si tinge di rosa. Il vecchio Camilleri, ammantato di fumo, pedala ancora: per tenere vivi i suoi giorni, per il piacere della scrittura, per quella volata romantica di gioventù e anche per il Giro che è tornato in Sicilia. Domani adunata a Palermo: io ci arrivo passando per un'avvincente Svizzera isolana: le Madonie. Vi si celebra ogni anno un rito di solidarietà. La buona Italia si trova dovunque.
Candido Cannavò
 
 

Ciclismo-oggi, 9.5.2008
Giro d’Italia: Lo Bello, tappa Palermo fa marketing territorio

Caltanissetta - “Non ci sono parole per ringraziare gli organizzatori del Giro d’Italia per avere riportato in Sicilia, una classica del ciclismo italiano”. Lo ha detto il presidente di Confindustria Sicilia. Ivan Lo Bello alla vigilia della prima tappa che parte domani da Palermo. “Per la corsa della liberta’ , cosi’ come l’ha definita lo scrittore Andrea Camilleri, si esalta anche la figura di Calogero Montante, non soltanto pioniere del ciclismo in Sicilia, ma anche primo costruttore di biciclette nell’Isola. E ottanta anni fa -aggiunge Lo Bello- non era un’impresa facile, e’ stato il frutto di tanti sacrifici e laboriosita’, soprattutto in un entroterra storicamente disagiato qual era e qual e’, Serradifalco”. La tappa di domenica, la Cefalu’ - Agrigento. riservera’ un omaggio sia a Calogero Montante che ad Andrea Camilleri. Gli organizzatori del Giro, infatti, hanno deciso di fissare un traguardo volante, proprio a Serradifalco, il paese in provincia di Caltanissetta che diede i natali a Montante. “Non c’e’ dubbio -ha proseguito il presidente di Confindustria Sicilia- che il Giro e’ un’importantissima azione di marketing e promozione dell’intero territorio, territorio, dove gli imprenditori hanno reagito con fermezza al malcostume del passato di fronte a qualsiasi tipo di difficolta’. Vorrei anche dire un grazie a Camilleri -ha proseguito Lo Bello- per aver scritto un capitolo del libro ‘La volata di Calo’, di Gaetano Savatteri edito da Sellerio. Il testo ha una forte valenza didattica e vorrei che entrasse nelle scuole della Sicilia e nelle Universita’. Una corsa verso la liberta’ -conclude Lo Bello- che gli imprenditori siciliani hanno gia’ cominciato nove mesi fa”.
(AGI)
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 9.5.2008
Il reportage. Migliaia gli appassionati bardati come corridori in piazza per accogliere le squadre e il numero uno di Borgo Molara
La festa dei ciclisti della domenica
L´abbraccio al campione. E la bici trionfa anche in libreria

[…]
Anche la libreria Flaccovio si è adeguata mettendo in mostra una dueruote vintage assieme a una dozzina di copie del libro "La volata di Calò", scritto dal giornalista Gaetano Savatteri con un contributo dell´immancabile Camilleri.
[…]
Massimo Lorello
 
 

Il Gazzettino, 9.5.2008
TEATRO Lo Stabile di Catania chiude la Stagione di prosa del Rossetti di Trieste con una commedia di Andrea Camilleri
Un telefono svela la polverosa burocrazia
Eccellenti protagonisti Francesco Paolantoni, Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina

Trieste. Siamo nella Sicilia post unitaria di fine Ottocento, a Vigàta, luogo ideale e letterario dove sono ambientati tutti i romanzi di Camilleri. Con "La concessione del telefono", adattato per il teatro dallo stesso autore con il regista Giuseppe Dipasquale, si chiude la stagione di prosa del Teatro Rossetti, aprendo il sipario su quella che, con tocco tragicomico, potrebbe essere una metafora odierna: la rete di connivenze che affliggono l'isola, oppressa da Stato, Chiesta e mafia. Ma anche il socialismo che non ha abbastanza coraggio contro i benpensanti da strapaese. E insomma siamo a Vigàta, si diceva, dove un siciliano qualsiasi, Filippo Genuardi (Francesco Paolantoni) fa regolare richiesta per installare una linea telefonica privata. Formula però la domanda all'indirizzo sbagliato, al prefetto Marascianno anziché alle Poste. Da qui una girandola di grotteschi equivoci che giungeranno a coinvolgere tutto il paese, finanche a scomodare Chiesa, apparati statali e non ultimo don Calogero (Tuccio Musumeci), mafioso del luogo. A poco a poco emerge che Filippo è solo innamorato della giovane moglie del suocero e il telefono serviva a contattarla con più agio. L'affresco invece, eccezionalmente dipinto dallo Stabile di Catania, ci fa precipitare nella maestosa scenografia di Antonio Fiorentino, tra chili di libri ispessiti dalla burocrazia, cartacce e polvere dove, tra i tanti passaparola, il povero Pippo finirà per risvegliare il fantasma del socialismo. L'istrionismo, il geniale talento di Pattavina sfoggia l'interpretazione di ben sette personaggi. Non da meno l'umorismo del don Lollò di Tuccio Musumeci e il medley siciliano, italiano demodè e linguaggio onomatopeico di Paolantoni. Ma tante le scene degne di nota, dal sesso pruriginoso della coppia protagonista, lei (Alessandra Costanzo), emula della Laurito nella descrizione delle "pervertite unioni alla socialista", per non dire sodomia. O ancora i dialoghi tra Filippo e Gegè, il mastino professionista di Franz Cantalupo. Applausi a tutta la compagnia.
Mary Barbara Tolusso
 
 

La Stampa, 9.5.2008
Sul «Secolo d’Italia»
«Caro Alemanno tutti ma Costanzo no»

Il direttore Flavia Perina del «Secolo d’Italia», organo di Alleanza Nazionale, dà il via libera al neo sindaco di Roma Gianni Alemanno a chiamare anche uomini di sinistra per migliorare la Capitale. E fa i nomi: Venditti, Sandra Milo, i Vanzina, Claudio Amendola, Mario Capanna. Per la «direttora» andrebbero bene anche Gianni Borgna, Renato Nicolini, Roberto Saviano; Serena Dandini, Corrado Guzzanti, Rino [Forse Andrea?, NdCFC] Camilleri. Addirittura Massimiliano Fuksas. Insomma, chiunque meno uno: Maurizio Costanzo che aveva confidato: «Se Alemanno mi chiedesse di occuparmi di qualcosa direi di sì».
 
 

Micromega, 10.5.2008
Contro la Chiesa gerarchica di Ruini e Ratzinger
Un 8 per mille democratico
Firma e diffondi l'appello

"Di fronte all’offensiva clericale volta a limitare irrinunciabili libertà e diritti civili degli individui (che andrebbero invece decisamente ampliati), e alla subalternità e passività dello Stato nelle sue istituzioni parlamentari e governative, benché non credenti in alcuna religione, in occasione della dichiarazione dei redditi invitiamo tutti i cittadini democratici a devolvere l’otto per mille alla Chiesa Evangelica Valdese che le libertà e i diritti civili degli individui ha sempre rispettato e anzi promosso, e che si è impegnata ad utilizzare i proventi dell’otto per mille esclusivamente in opere di beneficenza e non a scopo di culto o di sostegno per i ministri e le opere della propria confessione religiosa."
Tra i primi firmatari: Umberto Eco, Margherita Hack, Vasco Rossi, Andrea Camilleri, Dario Fo, Michele Santoro, Bernardo Bertolucci, Mario Monicelli, Oliviero Toscani, Lella Costa, don Enzo Mazzi, Simone Cristicchi, Giorgio Bocca, Ferzan Ozpetek, Paolo Flores d’Arcais...
Cliccare qui per leggere la smentita di Andrea Camilleri
 
 

Il Giornale, 10.5.2008
Guardate Klöden: è il numero 28 e (per noi) vincerà il Giro d'Italia
Grande ciclismo: la corsa rosa scatta oggi da Palermo con la cronosquadre e il tedesco da battere. E la Sicilia scopre la bicicletta

Palermo capitale. Le locandine alle edicole e i dibattiti sui taxi friggono argomenti. Palermo con i suoi ministri appena nominati. Palermo, purtroppo, con il suo raggelante scandalo Marcelletti. Palermo con l'uomo-mercato Amauri. E Palermo che dà la prima poppata al neonato Giro d'Italia. Succede tutto qui. La grande città della luce e dei colori, degli odori e dei rumori, si risveglia al centro della nazione e dell'attenzione. È un periodo così. Dagli enormi manifesti, il nuovo governatore Lombardo lancia il suo «grande grazie ad una grande Sicilia». Per strada, le gente cerca di prendere dimestichezza con questi strani aggeggi che solitamente non utilizza, singolari macchine su due ruote ad inquinamento zero. La scoperta, a quanto pare, eccita più del previsto. C'è effettivamente un'accoglienza corposa e calorosa. La Sicilia sta cercando di ospitare questo avvenimento con adeguato orgoglio. Ci sta caricando sopra il meglio di sé. Dei propri figli più illustri. Fiorello canta la sigla. Camilleri è tutto un fiorire di ricordi romantici. Cannavò non ne parliamo: il Giro in Sicilia è un Capodanno personale. Notata soltanto la latitanza di Pippo Baudo, ma in effetti la sua popolarità è decisamente in calo.
[…]
Cristiano Gatti
 
 

Spigoli&Culture – Spigolature, 10.5.2008
Un Montalbano brechtiano?
Andrea Camilleri, “Il campo del vasaio”, Palermo, Sellerio, 2008, pp. 280, € 12,00

Ne Il campo del vasaio, ad iniziare da Camilleri che cita se stesso (il racconto Ipotesi sulla scomparsa di Antonio Patò cui si riferisce Montalbano è presente nel recentissimo Camilleri A., Gocce di Sicilia, Edizioni dell’Altana, Roma, 2008) per terminare ai promemoria, fondamentali al percorso di indagine del commissario, dei quali è reso partecipe il Lettore, è un dato di fatto che “la scrittura” viene resa protagonista, dimostrando quanto gli espedienti espressivi e stilistici, stratagemmi e piani astuti, alterino equilibri consueti di rapporti ed espressioni.
Esempio ne sia il sotterfugio di Mimì Augello che pone in discussione i più comuni sensi di lealtà ed amicizia, e non a caso Montalbano e Augello scelgono «la littra», la lettera quale mezzo di comunicazione, proclamando ai colleghi, oltre che a se stessi, il loro disagio. Inoltre, lo stratagemma della lettera anonima fatta ricopiare da Montalbano ad Adelina, la lettera di Sinagra che non ha mai passato lo stretto, la corrispondenza di Montalbano con Macannuco («È ‘na littra che serve a quello che deve servire, e basta», p.266), per non sottolineare la quantità di riferimenti intertestuali dalla Bibbia a Machiavelli. Solo per accennarne, tenendo presente il profondo rapporto di interdipendenza culturale della scrittura di Camilleri con qualsiasi forma di espressione artistica: «Montalbano s’arricordava d’aviri viduto qualichi cosa di simile in una pittura celebre. Bruegel? Bosch?Ma non era momento di pinsari all’arte», p. 25; «Dio, o chi ne faciva le veci, qua si stava addimostrando decisamente un pittore naïf», p. 52.
A proposito di quest’ultimo riferimento, un ulteriore spunto di lettura trasversale. Pantocratica o meno la concezione di Camilleri, quella frase «Dio, o chi ne faciva le veci» è da mettersi in relazione con l’altra, interrogativa e polemica, posta a Montalbano da Livia, «Ma tu ti credi Dio?» (p.272): la risposta definitiva, trovata spesso fra le righe dei testi di Camilleri, è «sulo il poviro puparo di ‘na mischina opira dei pupi». Infatti Montalbano è regista/commediografo, a Vigata e al commissariato, nel privato e nel pubblico, quasi un originale teorico di teatro. Leggere nelle pagine de Il campo del vasaio, il riferimento agli scacchi «Aviva accomenzato ‘na partita a scacchi e aviva fatto la prima mossa (per la virità, l’aviva fatta fari a Mimì, jocatore ignaro)» (p. 233), mi ha riportato alla mente il dramma Vita di Galileo di Bertolt Brecht nel quale la metafora “nuovo metodo di gioco” significa “consapevolezza di una trasformazione in progress” che non può essere ostacolata. Così, ho abbozzato il parallelismo tra il commissario Montalbano che intenzionalmente ripudia metodi consoni, leggi e correttezza per salvare il collega e lo scienziato Galileo che si rende estremo portavoce del proprio pensiero abiurando la propria dottrina e salvando la vita a se stesso e ai suoi allievi. Anche nel dramma Vita di Galileo vi è un tradimento (presunto tale dai seguaci) ed una diversa maniera, per fini sociopolitici, di fare teatro, definita “epica”.
Mai come altrove (vedi categoria Correlazioni, qui a fianco) ne Il campo del vasaio, Montalbano si rende conto «che doviva festeggiare il successo del tiatro» (p. 74), un mezzo infallibile, il “fare teatro”, ora per alleviare situazioni con i superiori (leggi questore), ora per indurre a confessione, ora per il “miglior” (forse è meglio dire, “giusto”, o “più accettabile”, oppure “meno pericoloso”?) esito della faccenda. Proprio come in questo caso.
Un mezzo, il “fare teatro”, che presuppone attore e spettatore, entrambe le figure, a volte, inconsapevoli (il donnaiolo Mimì Augello), sospettosi (il bravo Fazio), ben calati nella parte per ponderata scelta (Montalbano). Sempre considerando quanto l’essere spettatore e l’essere attore siano facce della medesima medaglia.
Se alla richiesta di spiegazioni da parte di Fazio, Montalbano risponde elusivo «Forse un giorno o te lo dirò io o lo capirai tu stesso», alla curiosità dei Lettori Camilleri offre senza veli la sorpresa, le remore, le contraddizioni, il dolore, le paure, gli alibi del commissario nell’affrontare la situazione drammatica in cui si trova Mimì. Teatro nel teatro, dunque, verrebbe da sospettare. La sequenza degli accadimenti (Augello tradisce la moglie Beba, l’amico Montalbano, la propria “divisa”) è lineare, in crescendo, tanto che il sentimento ha il sopravvento: Montalbano è spettatore passivo dell’avvolgente finzione di Dolores («fimmina che pariva una lioparda nìvura», p. 135, ha saputo avviluppare nel proprio fascinoso abbraccio Augello), ne è suggestionato, dolorosamente partecipe della scivolata da cui l’amico probabilmente non saprà rialzarsi. Ed è forse in questo primo tipo di teatro, per così dire drammatico, per il quale sembra già abilmente disegnato un esito tragico (la mafia non può tollerare ulteriormente….), la radice del secondo tipo. Il primo è espresso dall’angosciata reazione psicofisica di Montalbano sempre più consapevole della portata del caso, una reazione che potrebbe sembrare esagerata, sicuramente enfatizzata, tuttavia semplicemente umana quando in gioco vi siano valori quali vita, amore, amicizia e lealtà.
Camilleri rende predominante l’altro tipo di teatro, vale a dire il teatro narrativo (che non coinvolge lo spettatore passivo/Montalbano nell’azione a tutti i costi subissandolo di sentimenti ed indebolendone le capacità critiche), facendo prevalere la forza del ragionamento scaturito dall’osservazione attiva: «La scena che aviva in mente doviva arrisultare perfetta, senza ‘na parola di cchiù o di meno» (p. 221). La realtà dei fatti è osservata, studiata, indagata (come l’uomo stesso), giudicata, e pertanto, una volta usciti dal teatro rappresentato (la trappola ordita da Dolores e dall’amante macellaio ai danni di Mimì Augello), suscettibile di modifiche.
Una sorta di teatro epico alla Bertolt Brecht, scrivevo più sopra, poiché la portata del messaggio sociologico ne Il campo del vasaio è forte: la dinamica di una realtà quale “la mafia”, le interazioni tra essa e le istituzioni nonchè gli aspetti dei comportamenti umani in relazione alle situazioni che ne scaturiscono, sono affrescati con colori nitidi - «Non può essiri che dintra di tia la linea di demarcazione tra liggi e non liggi si sta faceno ogni jorno meno visibile?» (p. 14).
L’attenzione critica dello spettatore per Bertolt Brecht doveva essere stimolata nei modi più diversi, attraverso l’uscita in scena di cartelli, proiezioni corte, continui cambi di scena, una scenografia mai realistica, luci particolari, interpretazioni “superficiali” mai passionali, stacchi musicali…insomma, una quantità di distrazioni che avrebbero dovuto allontanare lo spettatore dal desiderio/predisposizione di immedesimarsi nella rappresentazione. Una strategia straniante, quella di Bertolt Brecht, con l’intento di indurre il pubblico alla riflessione su temi ed argomenti reali/contingenti riflessi nel dramma rappresentato, che si può dire riproposta da Andrea Camilleri ne Il campo del vasaio attraverso scelte espressive dalle quali il Lettore viene invitato ad un “sentire” la realtà al di là degli schemi, a percepirne aspetti solitamente non captati, a suggerirne interpretazioni tutt’altro che convenzionali.
Si può trascrivere nel novero di tali scelte espressive rintracciabili ne Il campo del vasaio (in ambito letterario determinanti appunto l’effetto di straniamento): il sogno fatto da Montalbano con cui si apre la narrazione (pp. 9-12), e la conseguente tentata interpretazione da parte di un Montalbano sdoppiatosi («si trovò a raggiunare con l’altro Montalbano darrè alle palpebre», p.13); la scenografia, d’un tempo «Pensi che taliare quei monti a distanza, respirari quell’aria a distanza, possano ridarti l’ingenuità, il candore, l’entusiasmo dei tuoi primi anni in polizia? Ma via, cerca d’esseri serio, commissario, fatti pirsuaso che quello che hai perso è perso per sempri.» (p. 203), e quella attuale «Ah, quant’erano fitusi, quant’erano paludosi, quant’erano tradimentusi i paraggi del campo del vasaio!» (p. 202). E' paesaggio reale «‘u critaru», da dove proviene la creta da plasmare, e dunque metaforico, oltre che area palcoscenico dei tradimenti (il tradimento di Filippo Alfano, presunto tale, decenni prima da Sinagra che funge da diapason, di Dolores moglie di Giovanni Alfano, di Mimì -«l’aviva sospettato da sempri», p. 271-, di se stesso da Montalbano e di quello fatto subire a Fazio tenuto all’oscuro -«era la prima volta che gli diciva ‘na cosa col pinsero sigrito di farne un’altra»,p. 226-, di quello subìto dalla Signora Trippodo -«in nome della comune fede monarchica, arrispunnì», p. 210-). E soprattutto, le lettere che Montalbano si scrive.
E’, questa della lettera scritta a se stessi, una scelta espressivo/stilistica di Camilleri con cui si amplifica la portata dei ragionamenti mantenendo l’opportuna obiettività, essendo la lettera un mezzo di comunicazione che aiuta a mantenere la distanza, e con la quale, inoltre, si distoglie l’attenzione del Lettore costretto a cambiare mentalmente scena, a risvegliare i riflessi sopiti da alcune parti di narrazione lineare in modo da poter saltare tra i ragionamenti proposti, a smontare il corso degli eventi e di conseguenza a riassemblarlo con maggiore consapevolezza del messaggio extratestuale trasportato da ogni singolo accadimento.
Per chiudere, ringraziandoVi dell’attenzione.
Essere spettatore/essere attore, quasi quanto essere scrittore e lettore, un’altra manifestazione di “doppio” che affiora ne Il campo del vasaio (si legga il pezzo di chiusura volume Montalbano legge e…scrive, in cui Salvatore Silvano Nigro sottolinea «E’ come se inconsciamente volesse sottrarre la penna a Camilleri», p.280), tuttavia la letteratura, di tematica del doppio, da intendersi nelle sue accezioni di dissociazione e raddoppiamento della personalità, è talmente ricca (e gli agganci in Camilleri non mancano) che…coglierò l’occasione per un’altra recensione! (Questa, è fin troppo lunga, no!?)
Buona lettura.
Antonella Chinaglia
 
 

Spigoli&Culture – Spigolature, 10.5.2008
Trappole d’amore e di scrittura
Andrea Camilleri, “Il tailleur grigio”, Milano, Mondadori, 2008, pp. 141, € 13,20

Stile asciutto per il tailleur grigio, un testo in cui Camilleri ottiene la suspense sedimentando varie digressioni utili ad inquadrare il ménage della coppia in oggetto oltre che a dare spinta all’immaginazione del Lettore intrappolato tra la fàbula e l’intreccio.
«“la rinfrescata delle zone bianche”» (p. 47), cioè la definizione di una pratica amorosa di Adele (giovane seconda moglie), e Febo (funzionario di banca in pensione) nei primi anni di matrimonio, è una digressione, declinata al passato, in piena regola, un esempio di pausa descrittiva efficace nell’illuminare la sterilità del presente della vicenda che stenta a sopravvivere con la rendita della felicità del passato.
La tecnica narrativa, infatti, è quella consueta dei racconti lunghi di Camilleri, in quanto si innestano nella trama principale appropriate divagazioni che pongono in risalto il costante assestarsi delle reazioni di Febo alle differenze nel comportamento di Adele. Altre divagazioni, accendono faretti su aspetti apparentemente secondari della vicenda (ad esempio la rete di informazioni tessuta e sostenuta da Adele alle spalle del marito), aspetti sui quali ramificano gli abituali riferimenti relativi alla cronaca attuale -«Oggi tutta l’Italia vive sul prestito e le cambiali e quindi sarebbe un affare certo» (p. 63), a proposito del progetto finanziario proposto a Febo-, e alla scrittura (le tre lettere anonime; la lettera rivelatrice di Adele all’amica Gianna; il promemoria di Adele sul «foglietto appallottolato»).
Rimanda al futuro di Adele, post-Febo, si potrebbe dire, l’intreccio de il tailleur grigio, sorta di tragica indagine sui tradimenti di una donna verso la quale il marito si mostra ora indulgente ora sprezzante per lasciare sempre e comunque un varco aperto alla speranza nascosta nel cuore, come Camilleri stesso anticipa e posticipa risposte e fatti con la sua scrittura.
L’asse portante di questa fàbula in cui l’abito (la sovracopertina con L’amante di Gianni Maiotti non rende l’idea dato che tailleur è un completo giacca e gonna), è l’espressione meno amara di un particolare evento, non è scalfito minimamente: l’ordine logico e temporale di questa indagine sulla verità (infedeltà della moglie/tumore alla prostata) del protagonista, ha purtroppo un proprio timer naturale (età della donna/progressione della malattia), pur se la scrittura di Camilleri può leggersi ne il tailleur grigio quale enorme eufemismo.
Se inoltre il tempo biologico dell’essere umano è già programmato nel DNA la scansione temporale della fàbula, vale a dire il reale corso degli eventi non lascia scampo. Nulla è lasciato al caso, si potrebbe dire, nulla al libero arbitrio - «Un colpo in testa. E avrebbe definitivamente fottuto Adele»- tanto che il racconto stesso, attenuante per una realtà omicida, ad un certo punto, appare quale grande divagazione, un excursus dilatato, l’unico adatto alla fàbula eterna, il destino.
Mi viene da pensare che tanto quanto è palese chi sia investito del ruolo della vittima ne il tailleur grigio, allo stesso modo chiaramente voglia essere individuato quale sia il colpevole per Camilleri, ossia l’associazione di stampo estraniante, quell’insieme di supposizioni, certezze, immaginazioni, illusioni e disillusioni («Dove era andata a finire Barbie. Quante volte l’aveva, dintra du lui, chiamata accussì», p. 133), insomma l’insieme di pretesti, per non dire colpevoli alibi che attenuano la portata delle scelte («Per un attimo, fu assurdamente contento di essersi ammalato»), alibi che versano bustarelle alla speranza che ciò che sembra non sia. Oppure che il non-detto abbia altre parole, meno crude di quelle che potrebbero essere dette.
Ne il tailleur grigio, tuttavia, la comunicazione è fintamente negata, malgrado molte situazioni (i momenti in cui interagiscono Adele, Febo e Daniele, il nipote, oppure Febo ed i medici) alimentino nel Lettore la sensazione di incomunicabilità: la lettera rivelatrice non è imbustata, bensì lasciata incompiuta sulla scrivania quasi si desideri che venga rinvenuta e letta; il foglietto è semplicemente appallottolato, ancora leggibile, non irrimediabilmente strappato. Ciò nonostante, Camilleri privilegia il simbolico come veicolo primo di trasmissione, il tailleur grigio di Adele, già “macchiatosi” del sangue di un altro uomo amato, nella cui trappola amorosa senza dubbio, di nuovo - per «darle conforto?(…) darle molto comfort?» (p. 59)- qualcuno cadrà.
Anche il sogno premonitore è fonte d’informazione, insospettisce Febo, gli comunica una intuizione determinante, tale e quale a quella che rintracciamo nel sogno che apre la narrazione de Il campo del vasaio (A. Camilleri, Sellerio, 2008, pp. 9-16). A proposito, il Lettore attento troverà piacevolmente curioso sapere che due elementi fondamentali di altrettanti romanzi di Camilleri si ritrovino nel medesimo testo di una canzone di De Andrè. Infatti, sia il riferimento all’abito de il tailleur grigio (febbraio 2008), che all’omicidio de Il campo del vasaio (marzo 2008), si trovano nel testo di Se ti tagliassero a pezzetti, una delle otto canzoni (la settima) dell’album “Indiano” (datato 1981): “T’ho incrociata alla stazione/che inseguivi il tuo profumo/presa in trappola da un tailleur grigio fumo/i giornali in una mano e nell’altra il tuo destino…” (Canzoni di F. De Andrè-M. Bubola), recita il testo, per non parlare del titolo della canzone che descrive il delitto di mafia attorno al quale ruota appunto la nuova indagine di Montalbano ne Il campo del vasaio.
Siamo Lettori caduti nella fascinosa rete dell’intertestualità o nella trappola della “cooperativa” di Shakespeare di montaliana memoria (come qualche maligno inizia ad insinuare)? Mi piace pensare che l’intensa ed estesa produzione di De Andrè equivalga, per i posteri, alla produzione generosa di un Leonardo Da Vinci, sia che si tratti di memoria poetica, di citazione più o meno volontaria, o che si tratti di calco contenutistico oppure di affettuosa ripresa concettuale.
Buona lettura (e buon ascolto).
Antonella Chinaglia
 
 

Giro d'Italia, 11.5.2008
Seconda tappa - Cefalù-Agrigento
Tappa dedicata ad Andrea Camilleri e Calogero Montante, con un traguardo volante a loro intitolato a Serradifalco (CL) (dove è stata presente una rappresentanza del Camilleri Fans Club).
Andrea Camilleri è intervenuto in collegamento video con il "Processo alla tappa", su Rai Tre (cliccare qui per vedere l'intervento in trasmissione di Fiorello, caricato su YouTube da Mudduzzanu).
In serata, al giardino delle Fabbriche Chiaramontane (piazza San Francesco 1, Agrigento), è stato presentato il libro di Gaetano Savatteri La volata di Calò (Sellerio), con una testimonianza di Andrea Camilleri (che è intervenuto in collegamento telefonico); con l'Autore hanno conversato Alessandra Montante (figlia di Antonello Montante, Vicepresidente Confindustria Sicilia e nipote di "Calò") e Maddalena Bonaccorso (critico letterario e Socia del Camilleri Fans Club).
 
 

Gazzetta dello Sport, 11.5.2008
La corsa a casa Camilleri
"Pedalavo tra le bombe"

Nel luglio 1943 lo scrittore partì da Serradifalco alla ricerca del padre in sella alla sua Montante. "Le parlavo e l'accarezzavo"

Palermo. Oggi Serradifalco aspetta il Giro col suo bel nome armato. Serre del falco, costoni di roccia per il prodigio del vo­lo. Qui, sulla provinciale 122, nella casa dove Andrea Camille­ri fu sfollato durante la seconda guerra mondiale, c'è la mostra delle biciclette Montante. E' la bici che Camilleri cavalcò per andare a Porto Empedocle a cer­care papà, di cui non aveva più notizia dopo lo sbarco degli americani, avvenuto nella not­te tra il 9 e l0 luglio 1943.
Sangue Lo sbarco era stato cruento. Fu fatale a Lutz Long, rivale di Jesse Owens nel lungo ai Giochi di Berlino, morto dis­sanguato in un ospedale da campo britannico. Tra gli inva­sori c'era Harrison Dillard, che poi uguaglierà le 4 medaglie d'oro di Owens. La divisione Hermann Goering si era attesta­ta su una linea difensiva pro­prio a Serradifalco. La gente fu invitata a sfollare: «Si combatte­rà casa per casa», dissero a zia Concettina e zio Massimo, che scelsero di rimanere. Camilleri restò con loro. Sopportò le bom­be. Poi i tedeschi si ritirarono. E arrivarono gli americani. Camilleri andò alla ricerca di papà. "Chiesi in prestito a mia zia Con­cettina la bicicletta che teneva in casa e partii con un mio cugi­no, Alfredo», racconta Camilleri: 50 chilometri tra carrarmati, macerie, buche di mortaio. Alla terza foratura si lasciò alle spal­le Alfredo.
«Ripresi da solo il mio viaggio. E ogni tanto le parlavo, alla bicicletta, carezzandole la canna come se fosse la criniera di un cavallo: "Dai brava, continua così"», racconta lo scrittore. Ar­rivò al mare. «Solo che il mare non c'era più. Era stato sostitui­to da un ammasso di acciaio e ferro, da centinaia di navi af­fiancate fino a perdersi all'oriz­zonte…», scrive Camilleri, che si trovò minacciato, insieme ad un soldato, da un duello tra un aereo tedesco e uno america­no.
Foto «Anche il soldato si gettò a terra, ma, al contrario di me, a pancia all'aria. Scattava foto­grafie... ». Era Robert Capa, il più famoso fotografo di guerra. Poi Camilleri trovò papà. La sua anabasi entrò nel mito. Un libro, appena pubblicato, di Ga­etano Savatteri, “La volata di Ca­lò”, Sellerio, impreziosito da una scritto di Camilleri, la ricor­da. Nella mostra di Serradifal­co si ammirano le bici Montan­te. C'è anche la bici di Camille­ri. Il ricavato dei libri venduti oggi sarà devoluto all'Associa­zione Italiana della Sclerosi Multipla, che ha fatto suo il mot­to di Camilleri: "Una corsa per la libertà". Cento corridori, di­sabili e non, quel motto sulla maglia, anticipando il Giro, an­dranno dalla casa di Camilleri al traguardo. Lo scrittore sarà collegato da Roma col Processo alla Tappa. Una Kalòs, la bi­ci di quel viaggio; sarà donata al vincitore e alla maglia rosa. Il Giro affronta le gemme pre­ziose della storia.
Claudio Gregori
 
 

El País, 11.5.2008
Contador redescubre la pasión
REPORTAJE: Giro de Italia
Vande Velde, primer líder tras ganar el Slipstream la contrarreloj por equipos

Palermo . En el escaparate de la librería Flaccovio, en la esquina de la via Ruggero Settimo, la estrella es una bicicleta de hace más de 60 años cubierta de libros. La bici es una réplica de la Montante con la que Andrea Camilleri, el rey literario de Sicilia y toda Italia gracias al comisario Montalbano, recorrió 55 kilómetros de carreteras bombardeadas e invadidas por carros de combate norteamericanos en la Segunda Guerra Mundial; los libros son los propios de Camilleri.
[…]
Carlos Arribas
 
 

Alice Sport, 11.5.2008
Giro2008: Camilleri "Mi sono commosso"

Agrigento - Andrea Camilleri si e' commosso e lo si e' visto chiaramente nel dopo tappa, quando in collegamento da casa e' intervenuto al "Processo alla tappa". Oggi il Giro e' transitato in alcuni luoghi cari al popolarissimo scrittore, al quale -insieme a Montante- era dedicata la tappa in omaggio alla sua storia in bici del periodo della seconda guerra mondiale quando su una Montante percorse il tratto che da Serradifalco portava a Porto Empedocle. "Mi sono commosso -ha detto ai microfoni della Rai-, il mio paesaggio siciliano e' sempre lo stesso, ma ho invidiato a questi ragazzi due cose: l'eta', la giovinezza e la strada, che era asfaltata bellissima, quando l'ho fatta io era tutt'altra cosa". Camilleri ha anche aggiunto che "io non sono uno sportivo, mi interessano solo due cose sportive: il ciclismo e l'automobilismo, mi piacciono, sono i due sport che seguo". Infine, Camilleri si e' augurato che per la sua Sicilia si apra una stagione di mutamento inevitabile, in particolare sul fronte della lotta alla mafia.
(ITALPRESS)
 
 

Corrierediragusa.it, 11.5.2008
Modica - La troupe della Palomar è tornata a girare in città
Modicano sono! Montalbano a Modica per "Vampa d´agosto"
Alle spalle della chiesa di San Giorgio e di altre suggestive zone

Il commissario Montalbano (al secolo l´attore Luca Zingaretti) ed un suo collega si aggirano per via Moncada. Siamo alle spalle della chiesa di S. Giorgio ed il regista Vittorio Sironi impartisce le ultime direttive per una delle scene del secondo episodio della serie che vede protagonista il commissario. Si tratta di “Vampa d’agosto”, le cui scene saranno concluse entro questa settimana.
Luca Zingaretti è ripreso mentre sotto balconi barocchi e portoni merlati si intrattiene a discutere di un caso delicato con un suo collega. Rispetto alle precedenti edizioni il centro storico della città ed alcuni suoi edifici in particolari la fanno da protagonista. Le location sono state scelte con molta cura ed hanno soddisfatto Sironi a cominciare da quella del palazzo degli studi. “Gli ambienti di questo bellissimo edificio – dice il regista – saranno le stanze del procuratore”.
Montalbano si muove anche sullo sfondo della chiesa di S. Giorgio, all’interno della società operaia di corso Umberto e nei vicoli e viuzze della città alta. In corso S. Giorgio è ambientata anche un inseguimento con incidente finale. La troupe chiuderà le riprese in Sicilia a metà del prossimo mese e registrerà presso gli studi di Roma da metà agosto. In autunno la programmazione dei nuovi quattro episodi tratti dagli ultimi racconti di Andrea Camilleri. [La programmazione è prevista per il 2009, NdCFC]
Duccio Gennaro
 
 

12.5.2008
Andrea Camilleri smentisce MicroMega
Dichiarazione di Andrea Camilleri al Camilleri Fans Club

Scopro con molta sorpresa, in un inserto pubblicitario di MicroMega apparso su Repubblica del 10 maggio 2008, che io sarei firmatario di un appello, assieme ad altri, per non versare l’otto per mille alla Chiesa di Ruini e Ratzinger.
Non sono mai stato interpellato in proposito.
Oltretutto, ritengo non democratico indicare a chi non si debba dare l’otto per mille, semmai solo a chi lo si deve dare.
Andrea Camilleri

 
 

Gazzetta dello Sport, 12.5.2008
Omaggio. Un bagno di folla a Serradifalco
A Loosli il traguardo dedicato a Camilleri
 
 

Giornale di Sicilia, 12.5.2008
Lo scrittore percorse in bici quelle strade da ragazzo per cercare il padre
Camilleri commosso per la “sua” tappa

Agrigento. Ha rivisto le sue strade in tv. I paesaggi, l'entusiasmo della gente, quella casa di Serradifalco nella quale soggiornò ospite di una zia, per sfuggire ai bombardamenti nel 1943. Andrea Camilleri, apprezzato romanziere agrigentino, "papà" del commissario Montalbano, ieri si è commosso dinanzi al video. La seconda tappa del Giro d'Italia, la Cefalù-Agrigento è stata dedicata a lui e a un altro siciliano, il nisseno calogero Montante, industriale di biciclette degli anni '30. In collegamento dalla sua casa romana, Camilleri ha raccontato tutte le sue emozioni. "Mi sarebbe piaciuto venire al Giro - ha esordito - ma l'età non me lo consente. Ho rivisto i miei luoghi, la casa di corso Garibaldi (dove era posizionato un traguardo volante, ndr) gli scenari sempre identici, purtroppo anche nelle brutture degli scheletri di palazzi mai finiti. Ho invidiato a questi corridori due sole cose, l'età e il poter correre su strade asfaltate".
Aveva 17 anni, Camilleri quando in sella a una Montante percorse i 55 chilometri che lo dividevano da Porto Empedocle, la sua città natale. Era un ragazzo alla ricerca disperata di suo padre del quale non si avevano più notizie. Prese la bici e partì con il cuore in gola, sfidando la guerra e percorrendo strade sterrate. "Non forai mai - ricorda - non si storse un raggio, non saltò la catena. Quella bicicletta mi diede subito l'impressione di solidità e di affidamento. Fu un'impresa, rimasi quasi nudo per il caldo che c'era". Ma arrivò a destinazione. E, a Porto Empedocle, trovò suo padre sano e salvo e, nuovamente in bici, tornò indietro.
Un libro appena pubblicato da Sellerio, "La volata di Calò", di Gaetano Savatteri ricorda questa storia e un modello di bici simile a quella usata da Camilleri, una Kalos, è stata ieri donata al vincitore della tappa Riccardo Riccò e alla nuova maglia rosa Pellizotti.
"Non sono mai stato uno sportivo - conclude lo scrittore - mi piacciono il ciclismo e l'automobilismo, ma pensate non ho neanche la patente... Ascoltavo il Giro alla radio. Ho seguito le imprese di Binda di Coppi e Bartali, ma mi sono fermato all'era Pantani".
Cristiana Matano
 
 

Agrigentonotizie.it, 12.5.2008
"La volata di Calò", Savatteri racconta Montante

E' il suggestivo scenario delle Fabbriche Chiaramontane di Piazza San Francesco, ad avere ospitato ieri sera l'incontro con il giornalista del Tg5 e ormai affermato scrittore Gaetano Savatteri per la prima presentazione della sua ultima fatica letteraria, "La volata di Calò”, biografia, scritta come un romanzo, dell'imprenditore Calogero Montante.
L'evento, organizzato dalla libreria Capalunga di Agrigento, ha riscosso buoni consensi di pubblico fra gli agrigentini. Punto di partenza nella scrittura del libro la ormai nota avventura che coinvolse oltre sessant'anni fa lo scrittore Andrea Camilleri, che in sella alla propria bici Montante raggiunse Porto Empedocle da Serradifalco. Ed è proprio lo scrittore empedoclino, intervenendo via telefono, ad inaugurare la presentazione del libro. Riferimento obbligato, data la giornata, la tappa del Giro d'Italia, dedicata proprio allo scrittore e alla sua impresa giovanile. "Devo dire che oggi guardando la corsa ho invidiato, oltre che la giovinezza, soprattutto la strada. Quando l'ho fatta io - ha detto Camilleri - era una cosa spaventosa. Quello che davvero mi ha commosso è stato vedere il paesaggio che, fatta eccezione per qualche scheletro di casa, è sempre quello di tanti anni fa”.
Ma al centro del testo di Savatteri c'è un personaggio, Calogero Montante, indissolubilmente legato alle sue biciclette. "La cosa che volevo capire su questa vicenda– racconta l'autore - era chi fosse questo 'pazzo' che si mise a costruire biciclette in quegli anni in un paese nel cuore della Sicilia. E lo definisco pazzo, ma di una follia coraggiosa, perchè tutti quelli giocano una scommessa che sembra fuori dalla tradizione, fuori dal pessimismo, sono quei pazzi che cambiano il mondo. Era bello raccontare di questo ragazzo nato nel 1908 in questo posto dal paesaggio lunare, brullo, desertico, un giovane proveniente da una famiglia benestante, che invece che investire i propri soldi in iniziative tradizionali, spinto da questa passione per la bici, costruisce la propria e inizia a costruirne per altri. E mi è sembrata una grande scommessa per l'epoca e anche per oggi. Se i Calò Montante fossero stati di più forse oggi saremmo al pari di regioni come il Veneto, il Piemonte, saremmo una Sicilia diversa”.
Ma Calò Montante non fu per Savatteri solo un imprenditore coraggioso e geniale, ma anche un eroe antimafia, di quella antimafia che non si impara leggendo le lapidi, ma che si impara da un piccolo imprenditore che faceva pagare le bici ai "Don” di turno. "Serradifalco – continua l'autore - sta dentro un triangolo della mappa criminale con paesi come Riesi,Villalba, Mussumeli in cui vivevano e dominavano famiglie di livello all'interno di Cosa nostra di quegli anni, come i Calò e i Vizzini. Ebbene, già il fatto di non aver cercato la protezione mafiosa in quegli anni mi è sembrato fosse abbastanza per far diventare la storia di Calogero Montante una storia di piccolo eroismo. La storia di chi arriva a tarda età, Montante è morto ultranovantenne nel 2000, cercando di essere dignitosamente onesto”.
Gioacchino Schicchi
 
 

Il Centro, 12.5.2008
Camilleri: «Chi vince il Giro? Coppi...»

[...]
Il processo alla tappa, al debutto, ha tutto lo spazio per entrare nei dettagli del finale di corsa, con i siciliani Visconti e Nibali attesi al successo, con il campione del mondo Bettini in difficoltà nei metri finali e con Riccò, Di Luca, Pellizotti, Rebellin impegnati in uno sprint senza fiato. Riccò vincitore di tappa, Pellizotti maglia rosa. Il processo, con tutto il rispetto per la letteratura, sceglie di partire subito con il collegamento con Andrea Camilleri, per rievocare un episodio dell’estate del ’43, quando da Serradifalco andò a Porto Empedocle alla ricerca di suo padre.  Una storia d’affetto filiale e di bicicletta, già nota perché raccontata da Camilleri.  Marino Bartoletti, opinionista del programma, chiede: «Professore, perché non viene a seguire il Giro?». Lapalissiana la risposta: «Per l’età». Camilleri, infatti, ha 83 anni. Fusco cerca di coinvogerlo nell’attualità del Giro chiedendogli un pronostico sul vincitore. Camilleri, con la nota ironia, risponde: «Coppi. Sono coerente con il mio tempo», dopo avere precisato che, comunque, ciclismo e automobilismo sono i suoi sport preferiti.
[...]
 
 

Il Giornale, 12.5.2008
E se Montalbano arrestasse Andrea Fusco?

Va bene, s'è capito. Nella calda estate del '43 lo scrittore Andrea Camilleri in Montalbano prese una bicicletta della zia e si precipitò da Serradifalco a Porto Empedocle per raggiungere il padre, di cui non aveva più notizie dopo lo sbarco degli americani. Indimenticabile esperienza e complimenti a lui che non l'ha più dimenticata. Però adesso cambiamo argomento. Da tre giorni, con il Giro in Sicilia, non si parla d'altro. Se da tutti quelli che una volta nella vita fanno una pedalata, fosse per raggiungere il padre o per scappare dalla moglie, dovessimo sorbirci questa polpetta, sai lo sfinimento. Invece il conduttore del Processo, Andrea Fusco, riesce ancora a costruirci sopra una puntata. Ampio spazio alla memoria lacrimevole. In scioltezza, ampio spazio al marchio della bicicletta rievocativa e al nuovo libro dello scrittore. Talento naturale. Tappa e maglia.
 
 

Corriere della Sera, 13.5.2008
A fil di rete
Tv imbattibile sulle gare in diretta

[...]
Purtroppo nel dopo-gara, a giochi fatti, spesso si insinua lo scolastico, quella stolida mania che assale alcuni cronisti saputelli e li trasforma in Bouvard e Pécuchet, i due celebri copisti inebriati dal passo più lungo della gamba. Bastava assistere al "Processo alla tappa" che aveva per ospite Andrea Camilleri, il professor Camilleri. Dio quante banalità sul povero Camilleri! Perché non lasciar parlare solo lo sport?
Aldo Grasso
 
 

Corriere della Sera, 13.5.2008
«Aborto, sì ai ritocchi Ferrara mi ha colpito»
Prestigiacomo: Silvio mi ha chiamato bimba? Ho litigato

Roma - «Sono la prima donna ad avere un ministero economico. E, a 41 anni, sono pure la veterana del governo. Poi dicono che Berlusconi ha una mentalità Anni 50».
[…]
Il Ponte di Messina? «La penso come Andrea Camilleri e Francesco Merlo: sono favorevole. Avrà un impatto ambientale; ma non necessariamente negativo». Il Ponte di Messina? «La penso come Andrea Camilleri e Francesco Merlo: sono favorevole. Avrà un impatto ambientale; ma non necessariamente negativo».
[…]
Aldo Cazzullo
 
 

Maremma news, 13.5.2008
Campagnatico e le sue realtà scolastiche al centro di Sipario Aperto
La puntata del talk show condotto da Carlo Sestini andrà in onda su Teletirreno e Maeremma Channel mercoledì 14 Maggio alle ore 21,10

[...]
A salire sul palco della Sala Liberty di Arcille sono state infatti due realtà quali la scuola elementare di Campagnatico e la media di Arcille. I bambini della scuola primaria hanno rappresentato due momenti tratti dall’ultimo loro lavoro “Ritmi, danze e colori” un mix di vari stili artistici; dal canto al ballo fino agli stornelli elaborati dalla maestre Gabriella Angeloni, Katia Gentili e Rosanna Semplici. Quelli più grandicelli delle medie si sono cimentati nella messa in scena di due spezzoni di “Montalbano e il IV Segreto” liberamente tratto dal romanzo di Andrea Camilleri ed epilogo di un lavoro compiuto sulla legalità da parte delle due insegnanti Bianca Cappellini e Daniela Corsini.
[...]
 
 

Sanità, 14.5.2008
Nelle cliniche private non si muore mai? - Andrea Camilleri
Lo scrittore Andrea Camilleri ha partecipato al FORUM PA offrendo il suo contributo durante il convegno "L'ospedale ospitale" organizzato da Azienda Ospedaliera Cotugno di Napoli. A conclusione dell'incontro ci ha spiegato il senso della sua partecipazione.
Cliccare qui per vedere il video
Maria Di Paolo e Chiara Buongiovanni
 
 

Adnkronos, 14.5.2008
''Al Sud forse mancano strutture adeguate ma ci sono grandi professionalità''
Lo scrittore siciliano è intervenuto al Forum PA a un incontro sul tema 'Ospedale ospitale'. ''A volte basta un termine, piuttosto che un altro, per rendere più umano il rapporto tra medico e paziente''. Sulla malasanità: ''I casi nel Meridione vengono enfatizzati''

Roma - ''Nel Sud Italia ci sono casi di malasanità come nel resto del Paese, solo che nel Meridione vengono enfatizzati''. Ne è convinto il noto scrittore siciliano Andrea Camilleri a margine di un incontro a cui ha partecipato oggi al Forum PA di Roma sul tema 'Ospedale ospitale'.
''Al Sud forse non ci sono strutture che garantiscono un'assistenza adeguata - spiega lo scrittore - ma le persone che lavorano in queste strutture sono molto preparate''. Camilleri parla per esperienza personale e racconta di aver avuto molti amici ricoverati in centri fatiscenti compensati ''dalla grande professionalità degli operatori e dal trattamento umano ricevuto dai pazienti''.
Ed è proprio l'umanità, secondo lo scrittore siciliano, la cosa che spesso manca nel rapporto medico-paziente e che invece dovrebbe tornare a essere fondamentale, soprattutto nella comuncazione. ''E' difficile spiegare come deve comunicare un medico con un paziente - ammette lo scrittore - ma se devo proprio dare un consiglio invito i camici bianchi a parlare nel modo più semplice''. E anche qui Camilleri racconta un aneddoto. ''Quando mia moglie fu ricoverata, qualche anno fa per un malore improvviso, le mie figlie chiesero agli infermieri novità sullo stato di salute della loro madre, ma si sentirono dare solo risposte generiche. Solo il primario ha pronunciato le parole giuste dicendo 'Vostra mamma sta bene, potete coccolarla'. A volte - sottolinea il papà di Montalbano - basta un termine, piuttosto che un altro, per rendere più umano il rapporto tra medico e paziente''.
 
 

Italian innovation, 14.5.2008
Sanita': Umanizzare gli ospedali e' indispensabile per il benessere dei pazienti

[...]
“Una constatazione lapalissiana- è intervenuto lo scrittore e regista Andrea Camilleri- il medico sceglie di diventare medico, il paziente non sceglie di diventare malato”. Camilleri ha poi sottolineato la carenza di calore umano negli ospedali e l’incomunicabilità che spesso si crea tra il medico e il malato.
 
 

Reality & Show, 15.5.2008
Medicina generale, flop d'ascolti e Raiuno la sospende. Al suo posto Il Commissario Montalbano

[...]
Raiuno ha scelto allora di mandarla in archivio, sostituendola nei prossimi martedì con "Il Commissario Montalbano". Le storie nate dalla penna di Andrea Camilleri in replica renderebbero molto di più degli episodi inediti della serie tv prodotta da Grundy Italia per RaiFiction. Del resto l'ultima riproposizione di "Montalbano" andata in onda sull'ammiraglia Rai lo scorso 2 aprile raccolse il 21,24 per cento di share e 5 milioni 838 mila telespettatori, risultando anche il programma più seguito in quella serata.
[...]
Fabio Traversa
 
 

Trentino, 15.5.2008
Ritornano le folli notti di Pergine

Pergine. Dopo il successo della stagione 2007 di Pergine Spettacolo Aperto, con la prima notte bianca del Trentino, è stata presentata ieri mattina dall’intero staff di PSA presso il bar del teatro Santa Chiara l’edizione 2008 del Festival.
[...]
La “Città che Canta” avrà inizio giovedì 10 luglio ore 21.30 con lo spettacolo concerto Requiem per Chris di Andrea Camilleri. L’attore Sergio Rubini e il jazzista Enrico Rava portano in scena un soggetto inedito.
[...]
Alessandro Anderle
 
 

Il Venerdì, 16.5.2008
Il padre di Montalbano racconta il separatismo: “L’abbiamo inventato noi, delusi dall’unità d’Italia”. Ma l’esperienza è morta e sepolta. “Perché, comunque, i politici dell’isola hanno sempre trovato conveniente appoggiare il potere centrale”
Andrea Camilleri. L’autonomia in Sicilia c’è già dal ’46. E giudicate voi con quali risultati…
Raffaele Lombardo mi voleva candidare con l’MPA. Ma la mia sicilianità non si spinge fino a questo punto
La leghista di Lampedusa mi fa ridere con la sua xenofobia. Per farla eleggere hanno dovuto presentarla in Emilia

Roma. Andrea Camilleri, perché ha scelto di raccontare proprio la vi­cenda del separatista siciliano Antonio Canepa per “La storia siamo noi”?
«Perché mi pareva un momento storico impor­tante per la Sicilia, dal '43 al '45, e soprattutto volevo mettere in luce la figura quasi sconosciuta di un personaggio così affascinante».
Un rivoluzionario avven­turiero e misterioso.
«Un cavaliere delle cause perse che con dignità, corag­gio e convinzione seguiva un destino che lui stesso sapeva essere fallimentare. Mi diver­tiva molto anche l'enorme fin­zione che era stato capace di inscenare: lui, antifascista vi­scerale, era riuscito a diven­tare docente di Storia e dot­trina del fascismo all'Università di Catania. Si era mimetizzato come nean­che 007. Un'intelligenza straordinaria».
Le pare una figura di qualche attualità?
«Mi auguro proprio di no. E che non ci sia nem­meno la possibilità che possa tornare ad esserlo, tanto al Sud quanto al Nord».
Eppure di fucili imbracciati si continua a parlare.
«I leghisti vogliono la secessione, che equivale al separatismo. L'autonomia è un'altra cosa. È un patto con lo Stato».
L'autonomismo siciliano in cosa si dif­ferenzia?
«L'autonomia siciliana fu concessa, nel '46, proprio per evitare il separatismo. Non si è mai rea­lizzata davvero e non per l'imperfezione della legge quanto per quella dei politici siciliani. Ve­do altre regioni del Nord, come la Valle d'Aosta, che hanno uno statuto che prevede borse di studio, prezzi ridotti per la benzina, eccetera. In Si­cilia l'autonomia è servita solo per aumentare il numero di impiegati, ma non si è tradotta in nulla di con­creto. Se non nell'autorizzare le trivelle nel Val di Noto».
Autonomismo siciliano e secessionismo leghista so­no conciliabili?
«Assolutamente no. È solo un accordo elettorale. Gli obiettivi del presidente re­gionale Raffaele Lombardo non sono secessionisti: mira solo ad ampliare o attuare quanto finora non attuato».
Non vede una contraddizio­ne nel patto con la Lega di Bossi, che vuole liberare il Nord dalla za­vorra del Sud, e con il nazionalismo di An?
«Eccome no: profondissima. Ma il Movimento per l'autonomia siciliana è nato solo nell'ambito di una lotta di potere in seno all'Udc. Si è creato un suo spazio solo a scopo elettorale. Sono movimenti che cavalcano un sentimento e hanno un seguito. Ma l'unica vera leghista sici­liana l'hanno dovuta far eleggere in Emilia».
Angela Maraventano, la “pasionaria” di Lampedusa: l'ha conosciuta?
«No. Mi fa ridere. Anche perché incarna il peggior leghismo, quello xenofobo. Come se gli sbarchi dei clandestini impedissero davvero il libero esercizio del suo albergo».
E di Lombardo che cosa pensa?
«Non lo conosco. Due giorni prima della presen­tazione delle liste elettorali, mi ha chiesto di can­didarmi al Senato per lui. Pensavo che fosse uno scherzo. "Ma per caso conoscete le mie idee?" gli ho risposto. Mi hanno detto che mi vo­levano in nome della sicilianità, ma la mia sicilianità non si spinge fino a quel punto».
Cos'è questa sicilianità?
«Io non l'avverto. Amo la Sici­lia come un lombardo ama la Lombardia, e qui finisce. So­no contrario alla “similitudine”: speriamo che prima o poi 'sto Ponte sullo Stretto lo faccia­no, così finisce l'isolamento».
Proprio il motivo per cui l'Mpa di Lombardo ha scelto il centrodestra in­vece del centrosinistra: ma l'idea del Ponte non le suona incongruente con l'autonomismo?
«Sì, ma ci tengono così tanto... Io non sono con­trario per principio. Basta che anche l'ultimo dei centomila sismologi mi assicuri che il ponte può resistere. Ho notevoli dubbi visto quel che è suc­cesso a Messina nel 1908 e che ogni anno la Sici­lia si allontana di qualche millimetro dal continente, accontentando, in questo, Lombardo...».
Perché storicamente la Sicilia autonomista ha sempre appoggiato il potere centrale?
«La Sicilia ha avuto una vocazione unitaria espressa fin dal primo momento, quando scelse al 90 per cento l'annessione. Ma poi vi fu una grandissima delusione per come è stata realizzata l'unità d'Italia, come testimonia Pirandel­lo in “I vecchi e i giovani”. Da lì nacque la spinta se­paratista. Ma la Sicilia ha sempre voluto tene­re il piede in due staffe perché politicamente paga, come dimostrano le ultime elezioni».
Anche perché esistono due autonomismi siciliani: quello romantico di Canepa e quello economico dei gran­di proprietari terrieri.
«L'impulso di Canepa verso sinistra era perdente perché la maggioranza degli autono­misti erano agrari legati alla Dc e la loro autonomia non prevedeva riforme agrarie, ma solo uno statuto politico­amministrativo: quello che i “lumbard” chiamano “devolution”. Non c'era nulla di idealista».
Che ruolo ha giocato la mafia in questo?
«La mafia ha sempre avuto un peso fondamentale. Non vorrei infierire, ma anche l'ex presidente Salva­tore Cuffaro è stato condannato a cinque anni in primo grado per aver aiutato i mafiosi. Solo che non sapeva che fossero mafiosi, beato lui. Lo sa­pevo io stando a Roma, ma lui no».
Lei ha capito cos'è il federalismo fiscale?
«No».
La Sicilia, sulla carta, ce l'avrebbe da un pezzo.
«Sì, ma lo Stato non è così rispettoso delle sca­denze nel versare alla Sicilia quei soldi, provenienti dalle tasse, che le spetterebbero secondo gli accordi. E non so dove vadano poi a finire questi soldi, non vedo grandi opere siciliane».
Emilio Marrese
 
 

La Stampa, 16.5.2008
"Il tartufo? Un mistero da raccontare"

Cuneo. Doppio riconoscimento per Cetta Berardo, scrittrice e docente braidese ora trasferita a Manta, che con il suo libro «Tartufomania» ha conquistato il prestigioso premio dell’Accademia della Cucina italiana, intitolato a Orio Vergani. Il volume, edito da «Il Leone Verde», è entrato anche nella rosa dei cinque finalisti del premio Bancarella della cucina, che si terrà a Pontremoli nella prima settimana di ottobre.
[…]
Com’è nata l’idea di un testo dedicato al tartufo?
«Per gradi. Prima ho scritto del cioccolato, che è la mia passione, poi del caffè, che è la mia anima. Poi ho pensato al tartufo, che è afrodisiaco. Il prossimo libro sarà dedicato alla cucina del commissario Montalbano, perché nelle descrizioni che fa Camilleri ho visto rappresentato l’amore per il gusto. Andrò a trovarlo e incontrerò anche il Montalbano televisivo: Luca Zingaretti».
 
 

Che tempo che fa, 17.5.2008
Andrea Camilleri ospite di Fabio Fazio
Nel pubblico una rappresentanza del Camilleri Fans Club.
Clicca qui per il video - 1/3
Clicca qui per il video - 2/3
Clicca qui per il video - 3/3
 
 

El País, 17.5.2008
El paisaje moral de Andrea Camilleri
El escritor cierra el círculo que abrió en 1943 cuando utilizó una bicicleta Montante para buscar a su padre
En 'Il campo del vasaio', más sombrío que nunca, profundiza en esa descripción interna, fea, de la Sicilia que él vio transformarse

Sicilia es fea, sucia. Sus ciudades son el fruto de la especulación, de los manejos mafiosos, de la destrucción del patrimonio. El sol, la naturaleza, su luz cegadora sólo trae calor, un calor inaguantable para los habitantes de la isla, que huyen como pueden. Los coches invaden el territorio por carreteras malditas que conducen siempre lejos del destino deseado. El cielo, el escenario oscuro en el que se desarrollan tenebrosas tormentas que atormentan el sueño agitado, sudoroso, del comisario Montalbano. El mar no es más que una piscina en la que Salvo Montalbano deshace su melancolía dando brazadas todas las mañanas, o, también, una despensa, la cueva de la que surgen los pulpitos tiernísimos, los salmonetes que hacen llorar de gozo al protagonista de gran parte de las novelas de Camilleri, al hombre a través de cuyos ojos el escritor siciliano nos traza, línea a línea, el paisaje moral de su isla.
En la última entrega de las andanzas de Montalbano, Il campo del vasaio, el hallazgo de un cadáver despedazado en 30 trozos, como las monedas de la traición de Judas, en un gredal maligno, pútrido y pantanoso, un cementerio de arcilla, le sirve a un Camilleri-Montalbano más sombrío que nunca, más estupefacto y pesimista, para profundizar en esa descripción interna, fea, de la Sicilia que él vio transformarse desde el final de la Segunda Guerra Mundial, la alianza de la Iglesia, los terratenientes y la Mafia bajo el paraguas de la Democracia Cristiana, hasta convertirse en el campo de la traición. Sicilia, tan desmedida, como el pobre Catarella, bruto como un arado, sensible como una Magdalena, el último mono en la comisaría, tan tierna como él, también. Al final de la novela se sabe que lo que aparentaba ser un asesinato ritual de la Mafia no era más que una tapadera para un crimen pasional, para una historia de cuernos. Se cierra el círculo, entonces.
Un círculo que quizás se abrió en el mes de julio de 1943.
Andrea Camilleri tiene entonces 18 años
Carlos Arribas
 
 

Adnkronos, 17.5.2008
Teatro: Messina, al via il Festival dei Due Mari

Tindari - Il Festival del Teatro dei Due Mari, promosso dalla regione Sicilia, assessorato Beni culturali, ambientali e pubblica istruzione, dalla provincia di Messina e dall'amministrazione comunale di Patti, sara' inaugurato il 22 maggio con l'''Edipo'' di Seneca al Teatro Antico di Tindari.
[…]
Il Festival continuera' nel mese di giugno con […] ''Troppu trafficu ppi nenti'' di Andrea Camilleri e Giuseppe Di Pasquale, prodotto dal Teatro stabile di Catania.
[…]
 
 

Il Tirreno, 17.5.2008
Le creazioni di Teresa Rosalini

Pisa. Si inaugura oggi alle 17 alla chiesa di Santa Maria della Spina, in lungarno Gambacorti, la bella mostra della scultrice Teresa Rosalini dal titolo “Come due gocce d’acqua”.
[...]
Teresa Rosalini, artigiana, scenografa e costumista, dopo la laurea in storia dell’arte, apre un laboratorio di oreficeria. A partire dagli anni 90 si dedica prevalentemente alla pittura e alla scultura. Ha esposto in molte città italiane e all’estero. Fra i suoi progetti futuri le illustrazioni per una fiaba di Andrea Camilleri - insieme alla figlia del famoso scrittore Mariolina - tratta da "Maruzza Musumeci", edito da Sellerio.
 
 

La Repubblica, 18.5.2008
Lessico e nuvole
Anagrammi d'autori

Per la serie di anagrammi di nomi d'autori, con legami all'opera degli stessi, Giorgio Cocco manda una buona manciata di esempi, fra cui scelgo:
[…]
Andrea Camilleri: la Sicilia è lo scenario di tutte le sue opere, quindi: Rime dell'arancia.
[…]
Stefano Bartezzaghi
 
 

La Repubblica, 19.5.2008
Si intitola "Icaro" il nuovo libro del cantautore emiliano appena uscito
I protagonisti sono un vecchio e un bambino, dei turisti italiani alle Mauritius
Guccini con le ali
Racconti che sembrano canzoni

[...]
Legge molto?
"Non faccio altro. Leggo di tutto. Al momento Camilleri, Lucarelli e un saggio sugli italiani in Cina dopo la rivolta dei Boxer".
[...]
Michele Smargiassi
 
 

Festival Letterature, 20.5.2008
La storia siamo noi

La serata inaugurale è affidata al progetto La storia siamo noi, in cui tredici scrittori di generazioni diverse raccontano l’Italia dal 1848 ad oggi: Giosuè Calaciura, Andrea Camilleri, Leonardo Colombati, Giancarlo Liviano D'Arcangelo, Mario Desiati, Antonio Franchini, Giuseppe Genna, Nicola Lagioia, Helena Janeczek, Laura Pariani, Sandra Petrignani, Laura Pugno, Antonio Scurati. I loro racconti fanno parte in un'antologia in uscita proprio in questi giorni presso l’editore Neri Pozza Bloom.
Sono previste immagini e l’intervento musicale della pianista Rita Marcotulli come accompagnamento alle letture.
NOTE. Orario di inizio: 21.00. In caso di pioggia la serata avrà luogo presso il Teatro Argentina, Largo di Torre Argentina 52
 
 

La Repubblica, 20.5.2008
Apre stasera il festival di Massenzio
Cliccare qui per vedere la puntata di Magazzini Einstein dedicata alla serata
Anticipazione / La storia assurda del professor Antonio Canepa che tentò di dare l'indipendenza alla sua isola e ci rimise la vita
Follie di Sicilia
Dalla seconda metà del '42 la vita quotidiana si va facendo sempre più difficile
Circolavano due opuscoli clandestini che riscuotevano un larghissimo successo
Occorreva molto denaro per mettere in piedi un Esercito Volontario
Andrea Camilleri
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 20.5.2008
Esce a giugno il nuovo romanzo storico dello scrittore ambientato tra la sua Vigata e Castelvetrano
Nino, la moglie e il casello
Camilleri racconta un mistero

Uscirà a giugno nella collana La Memoria della Sellerio il nuovo romanzo di Andrea Camilleri, "Il casellante" (140 pagine, 10 euro). Come in "Maruzza Musumeci", mito e storia si intrecciano anche in questo nuovo romanzo di Camilleri. Siamo in Sicilia, tra Vigàta e Castelvetrano negli ultimi anni del fascismo. Lungo la linea ferroviaria che collega i paesi della costa fare il casellante è un privilegio non da poco: una casa, il pozzo, uno stipendio sicuro, ma la zona, alla vigilia dello sbarco alleato, si va animando di un via vai di militari e i fascisti, quasi presagendo la fine imminente, si fanno più sfrontati.
A Nino Zarcuto, «trentino, beddro picciotto» rimasto privo di due dita per un incidente sul lavoro, è toccato un casello stretto tra la spiaggia e la linea ferrata. Si è sposato con Minica e aspettano, finalmente, un figlio. Il lavoro è poco e c´è tempo per l´orto, per andare ogni tanto in paese e Nino, appassionato di mandolino, può anche dilettarsi con l´amico Totò in qualche serenata improvvisata. Un giorno dei soldati iniziano dei lavori vicino al casello per approntare una linea di difesa dal mare. E mentre scavano a ridosso del pozzo provocano una frana. Nino, rimasto senz´acqua, deve correre ai ripari, ma scendendo nelle profondità della terra si imbatte in una grotta. Solida, asciutta, un rifugio perfetto. Un segreto da custodire gelosamente.
Poi una notte, mentre Nino è in carcere, colpevole di avere ridotto le canzoni fasciste a marce e mazurche con chitarra e mandolino, Minica viene aggredita e violentata, perde il bambino, la memoria, la ragione. Chi è stato? Uno dei militari di passaggio, o un amico che ha approfittato della sua assenza? Nino arriverà alla verità e alla vendetta, ma non riacquisterà la pace perché Minica ha perduto il senno. Vuole essere piantata come un albero, e come un albero generare: il suo corpo comincia a trasformarsi: i capelli in fronde leggere, le braccia verso il cielo come flessibili rami; il corpo si ricopre di corteccia; i piedi in radici.
Ma siamo già nel luglio ´43, viene l´ora di utilizzare il rifugio, sbarcano gli americani, i bombardamenti si susseguono. È dalla devastazione che Minica, novella Dafne, troverà la forza e le risorse per ricominciare a vivere.
 
 

La Voce, 21.5.2008
La Voce al Festival delle Letterature 2008
"La storia siamo noi" per l'apertura del Festival
Tredici scrittori in una sola serata

Esce in questi giorni, nella collana Bloom della casa editrice Neri Pozza, "La storia siamo noi", un'antologia che racconta l'Italia dal 1848 ad oggi. I quattordici scrittori italiani che hanno contribuito a questa raccolta di racconti inediti sono diversissimi per generazione, per provenienza e per stile, e tredici di loro hanno inaugurato ieri sera con le loro letture la settima edizione del Festival delle Letterature di Roma, che a causa della pioggia è stato costretto a spostarsi presso il Teatro Argentina invece che nella consueta cornice della Basilica di Massenzio.
Calaciura, Camilleri, Colombati, Desiati, Franchini, Genna, Janeczek, Lagioia, Liviano D'Arcangelo, Pariani, Petrignani, Pugno e Vassalli hanno raccontato la storia d'Italia dalle Cinque Giornate di Milano fino ai nostri giorni, passando per eventi epocali che spaziano dall'impresa dei Mille al Caso Moro, dal fascismo al caso Ustica. Il tutto senza l'aspetto storico o giornalistico al quale siamo stati abituati ascoltando la narrazione di tali eventi, ma con l'immedesimazione e la profondità che a volte solo la letteratura può offrire.
Ascoltando (per chi era presente ieri sera) o leggendo (per chi sfoglierà le pagine dell'antologia) questi racconti è possibile immedesimarsi nei ruoli di chi fu protagonista, e attraversare lo spirito dei tempi, le speranze e gli orrori con una nuova sensibilità, forse a volte difficile da offrire per i libri di storia o per gli articoli di un giornale. 
Valentina Ricci
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 21.5.2008
Storia di Antonio Canepa, riportata alla ribalta da Camilleri
Il rivoluzionario dell'autonomia
Reclutava volontari per l’esercito indipendentista e morì nel ’45 in un agguato a Randazzo dai contorni misteriosi

Con un tempismo encomiabile, anche perché la riflessione sull'autonomia ha assunto in questi giorni una grande attualità come ci dimostra la vittoria nella competizione elettorale di circa un mese fa di Raffaele Lombardo, Andrea Camilleri ha strappato all' oblio una figura emblematica di questa Sicilia così carica di contraddizioni ma anche di generose espressioni. Antonio Canepa è stato, infatti, un personaggio carico di contraddizioni ma, anche, un passionale generoso al limite dell'irresponsabilità.
Il separatismo, l'esaltante stagione vissuta da una minoranza che, in parte in buona fede, credeva nella nazione siciliana e, per questo motivo, sognava l'indipendenza isolana, ha avuto, infatti, in Antonio Canepa, il suo eroe ed il suo martire.
Il giovane professore di storia delle dottrine politiche, che apparteneva alla buona borghesia palermitana, all'apparenza timido e riservato fu infatti colui che interpretò in termini più estremi la scelta di contrapposizione allo Stato unitario, una scelta che, peraltro, sostanziò di contenuti e di istanze sociali maturate nel corso di studi approfonditi sulla storia dell'Isola e, soprattutto sulla vicenda risorgimentale.
La sua robusta formazione culturale di natura giuspubblicistica - si era laureato in giurisprudenza con il massimo dei voti con una tesi dal significativo titolo "Unità e pluralità degli ordinamenti giuridici" - lo spingeva naturalmente a delle riflessioni di alto profilo sul diritto naturale di libertà degli uomini e delle nazioni.
In Antonio Canepa, assurto ben presto agli onori dell'accademia dopo la pubblicazione del ponderoso studio sul "Sistema di dottrina del fascismo", convivevano due personalità che solo a tratti, e soprattutto nella vicenda siciliana, riuscivano a conciliarsi. Il pacifico ed appartato uomo di scienze, dedito allo studio e all'approfondimento, nascondeva infatti un'altra faccia, quella dell'uomo impegnato, del rivoluzionario che cerca nell'azione la sua piena realizzazione.
Già nel 1933, all'età di venticinque anni, passa all'azione: progetta infatti l'insurrezione della Repubblica di San Marino per attirare l'attenzione dell'opinione pubblica internazionale sul pericolo del totalitarismo fascista.
Il progetto, velleitario, viene scoperto e Antonio Canepa è arrestato insieme al gruppetto di giovani antifascisti che l'avevano seguito. Condannato per attività sovversiva, sconta, però, appena un anno di carcere sicuramente per l'intervento di potenti parenti e amici che tenevano alla sorte del giovane ardimentoso.
Dopo la scarcerazione Canepa diede l'impressione che il "suo spirto ribelle" si fosse placato tanto da far pensare che l'avventura di cui era stato protagonista fosse stata solo frutto di un colpo di testa giovanile.
Il suo percorso di vita rientra, dunque, in quella normalità borghese propria della condizione sociale nella quale viveva. Nel 1937, infatti, diviene professore di storia e dottrina del fascismo presso l'università di Catania e si avvia verso una luminosa carriera scientifica. Apparentemente quell'antico errore sembra essere solo una macchia da cancellare, ma, in realtà, è solo un'impressione perché, nel segreto del cuore, Antonio Canepa continua a coltivare la sua esaltazione rivoluzionaria.
Con il nome di battaglia di Mario Turri, infatti, organizza attività sovversive, una silenziosa resistenza al fascismo che si sostanzia in un'azione di indottrinamento soprattutto di giovani studenti che ne seguono i corsi. Ma, anche questo non gli può bastare, Canepa sogna l'azione.
Pare che, proprio in quegli anni, avesse preso contatti con l'intelligence inglese e che ne fosse divenuto agente.
Con la caduta del fascismo e l'occupazione tedesca del Paese, si sposta da Catania a Firenze per aggregarsi a gruppi partigiani e per partecipare ad azioni di sabotaggio contro gli occupanti. I tedeschi lo individuano e, consapevoli della sua pericolosità, mettono addirittura una taglia sulla sua testa.
Ritorna, quindi, in Sicilia: in quei giorni diffonde un testo, "La Sicilia ai siciliani", che diviene una sorta di Vangelo per i rivoluzionari separatisti. Ma è soprattutto l'azione che lo attrae: non è un caso che partecipi al sabotaggio dell'aeroporto di Gerbini utilizzato dalle forze armate tedesche.
Il rapporto con gli indipendentisti non fu tuttavia semplice o lineare, la sua visione politica progressiva lo rendeva sospetto alla maggioranza della leadership separatista che, com'è noto, aveva tendenze e vocazioni conservatrici. Il suo separatismo era soprattutto sociale, egli credeva in una vera e propria rivoluzione sociale dell'Isola, l'unica a suo giudizio in grado di sanare le contraddizioni del suo sviluppo storico.
Gli indipendentisti gli affidano l'organizzazione del braccio militare del separatismo, l'Evis, l'esercito volontario che ne avrebbe dovuto costituire il braccio armato. In questo ruolo si diede a reclutare, anche se con quel successo sperato, quadri per la nuova formazione militare, con l'aiuto del suo vice Concetto Gallo.
La costituzione di una forza armata preoccupò le autorità di Roma ed il governo Parri decise di usare il pugno di ferro contro gli indipendentisti.
Si procedette all'arresto dei capi separatisti ma, soprattutto si diedero ordini precisi per la repressione di ogni e qualsiasi iniziativa eversiva.
In questo contesto si iscrive quanto accadde il 17 giugno 1945 in una località presso Randazzo dove nel corso di uno scontro a fuoco, con un reparto dei carabinieri che gli avevano teso un'imboscata, Antonio Canepa perdeva la vita. Di questo oscuro episodio vi sono versioni differenti: Camilleri, da letterato e soprattutto da giallista, sposa quella dell'agguato e dell'assassinio premeditato. Anche in questo caso viene evocata la mano dei servizi segreti, non essendoci stata, come dichiararono i superstiti di quella vicenda, nessuna reazione da parte di quei giovani rivoluzionari sicilianisti poiché le loro armi erano nascoste e non erano stati in grado di recuperarle per difendersi.
Si concludeva in modo così tragico la vicenda terrena di un uomo carico di contraddizioni ma del quale non si può negare, come abbiamo detto in premessa, la generosità e il grande coraggio. Ci voleva proprio la penna di Camilleri per recuperare questa che, nonostante tutto, è una bella storia della nostra terra.
Pasquale Hamel
 
 

Il Velino, 21.5.2008
Ascolti tv: bene “Mogli a pezzi”, Montalbano non delude

[...]
Su RaiUno, “Il commissario Montalbano” si è confermato un cavallo di razza dei palinsesti. Soccorso in aiuto dell’ammiraglia Rai al posto di “Medicina generale”, serie tv sospesa, nell’ennesima replica della puntata “La gita a Tindari” la fiction con Luca Zingaretti ha raccolto un buon risultato: 4 milioni 829 mila telespettatori e il 19,37 per cento di share.
[...]
Ornella Petrucci
 
 

AATI / AAIS, Taormina, 22-25.5.2008
Si terrà a Taormina il Convegno congiunto di AATI e AAIS, le due associazioni accademiche nordamericane che si occupano di cultura italiana.
Jana Vizmuller-Zocco, Socia del Camilleri Fans Club, ha organizzato una sessione su Andrea Camilleri (22 maggio) che prevede i seguenti interventi:
Nunzio LaFauci, Universität Zürich – L’italiano e gli Italiani, col pretesto di Andrea Camilleri
Ellen McRae, University of Auckland, New Zealand – The Translation into English of the Dialectal Language in the Montalbano Series by Andrea Camilleri
Jana Vizmuller-Zocco, York University – Considerazioni metalinguistiche nei romanzi di Andrea Camilleri
Mark Chu, University College Cork, Ireland – Impegno da vendere: the Politics of Camilleri’s Montalbano
Interventi su Camilleri sono previsti anche all’interno di altre sessioni.
Jana Vizmuller-Zocco ha organizzato anche una sessione su I gialli regionali (23 maggio, fra gli autori trattati Santo Piazzese, Piero Soria, Eraldo Baldini, i giallisti sardi).
Nella sezione Special Events, il 23 maggio, incontro letterario su I nuovi linguaggi degli scrittori siciliani nella letteratura italiana con Pietrangelo Buttafuoco, Santo Piazzese, Sergio Claudio Perroni; annunciata anche la presenza di Andrea Camilleri, che però è stata smentita.
 
 

Vivi Enna, 23.5.2008
Enna: Paolo Taviani alla Kore

Enna. Un amore per la Sicilia quasi viscerale, quello dei fratelli Taviani; una Sicilia, seconda patria, dopo la Toscana, terra di ispirazione di molti film e tra questi quello su Salvatore Carnevale, il sindacalista ucciso dalla mafia. Il convegno “la Sicilia nel cinema d’autore: omaggio a Paolo e Vittorio Taviani”, organizzato dalla facoltà Dams dell’Università Kore, ha consentito di avere ad Enna Paolo Taviani, i presidenti e gli studiosi delle due più prestigiose associazioni di italianisti in America: l’AAIS e l’ AATI che, in collaborazione con Saint John's University e ad altre Accademie del Nord America, si occupano della promozione della cultura italiana nel mondo.
[...]
Ci sono dei punti d’incontro tra i fratelli Taviani ed Andrea Camilleri?
“Ammiro Andrea Camilleri, che ritengo un ottimo regista, invidio la sua capacità creativa, la sua invenzione del linguaggio, non so se c’è qualche punto in comune, probabilmente siamo vicini nell’amore verso la Sicilia, ma finisce tutto qui”.
[...]
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 24.5.2008
Vassalli e la Sicilia "Così diedi fastidio"

Sebastiano Vassalli venerdì a Palermo ha incontrato gli studenti della facoltà di Lettere per invito di Natale Tedesco e Domenica Perrone a conclusione del laboratorio "Incontro con gli scrittori".
[…]
Si dice che lei sia amico, o quanto meno stimi Andrea Camilleri. è la verità?
«Devo confessare che voglio bene a Camilleri, che non so se stia facendo molto bene alla letteratura, ma di sicuro sta facendo molto per la Sicilia. Per averla fatta conoscere, per averla raccontata agli italiani con quel suo modo lì. Una volta, quando Berlusconi presentò il progetto per la realizzazione del ponte di Messina, ho scritto sul "Corriere della Sera" che mentre si aspettava il ponte, Camilleri ne stava realizzando uno tutto suo, di carta. La cosa gli piacque e mi telefonò tutto contento: ne fui felice anch' io».
Salvatore Ferlita
 
 

Il Denaro, 24.5.2008
La Tv è un bazar inadatto a vendere libri

[...]
Normalmente, stando ad uno studio dell'Associazione Italiana Editori, le recesioni televisive non fanno vendere copie, e quello che conta davvero è il vecchio caro passaparola. Il tam-tam tra ma lettori. Ma ci sono esempi in controtendenza. Negli anni '80, in una puntata del Maurizio Costanzo Show, ad esempio, il conduttore scommise in diretta invitando tutti i telespettatori ad acquistare un libro di Camilleri e promettendo di restituire i soldi a coloro che, dopo averlo letto, ne fossero stati delusi. Nessuno richiese indietro nulla, e le vendite ebbero un notevole picco.
[...]
Flavio Pagano
 
 

Corriere Fiorentino, 26.5.2008
Pelù, i Baustelle e gli «Amici» alla Fortezza della musica

Dopo fiere, kermesse e mostre mercato dedicate ad artigianato, moda e fitness, dall'11 luglio al 3 agosto la Fortezza da Basso apre a 400mila persone trasformandosi in un luogo urbano dove ascoltare musica, leggere e dibattere su temi dell'attualità, mangiare e ballare.
[...]
NON SOLO MUSICA. [...] All'insegna della trasversalità la programmazione curata dalle librerie «Rinascita» e «Leggere per» della maxi-libreria. «Non è un caso – commentano i rispettivi responsabili Francesca Albano e Gennaro Capuano – che il nome scelto per lo spazio sia Librido. Accanto agli oltre 60mila volumi pubblicati da 250 medio- piccoli editori indipendenti vogliamo creare serate a tema (una su Napoli e una su Aldo Moro ad esempio) per discutere di temi sociali e culturali di attualità, mixando magari ospiti come il giovane Massimo Carlotto e Maurizio Braucci, (sceneggiatore di Gomorra di Saviano) a firme note come Camilleri ed Eugenio Scalfari».
Laura Antonini
 
 

La Repubblica, 26.5.2008
Caravaggio in un romanzo

[...]
Sono molti gli autori che hanno scelto Merisi come protagonista dei loro romanzi. Camilleri con "Il colore del sole" (Mondadori) finge di trovarne il diario di viaggio e di fuga.
[...]
Dario Pappalardo
 
 

Auditorium della Rai di Palermo, 28.5.2008
Camilleri c'è e non c'è mercoledì 28 maggio alla Rai
Mercoledì 28 maggio 2008 alle 21.00
Presentazione del film di André Buytaers Camilleri alla siciliana. Salvatore Ferlita parlerà del film e dello scrittore padre di Montalbano. L'iniziativa è della Rai e del Camilleri Fans Club

E’ con grande piacere che vi do comunicazione della proiezione del film su Andrea Camilleri realizzato dal regista belga André Buytaers. Non solo perché sono fra i lettori più accaniti e affezionati dello scrittore ma anche perché sono un estimatore delle sue battaglie civili espresse sempre con grande passione e senza riserve. Purtroppo Andrea Camilleri non potrà partecipare. Ma in qualche modo ci sarà. Lascio un po’ di suspense perché non voglio rivelarvi nulla sul contenuto del film e della serata. Spero di vedervi numerosi anche perché si tratta della prima visione del film. Qui di seguito potete trovare una sintesi dell’incontro fra il regista e Camilleri tratto dal sito del Camilleri Fans Club presieduto da Filippo Lupo. Spero di vedervi numerosi.
Salvatore Cusimano
Cliccare qui per ascoltare l'intervista ad Andrea Camilleri realizzata per l'occasione da Salvatore Cusimano (Direttore della sede Rai della Sicilia) e dal Camilleri Fans Club.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 28.5.2008
Auditorium Rai
Andrea Camilleri
La vita dello scrittore in un film
Per la prima volta viene proiettata l'opera del regista belga Buytaers dedicata alla Sicilia del padre di Montalbano

C'è una Sicilia intima, allo stesso tempo fantastica e reale, al centro del documentario "Camilleri alla siciliana" di André Buytaers che si presenta stasera alle 21 all'Auditorium della Rai in viale Strasburgo, a cura del Camilleri Fans Club. Il documentario, però, è anche la storia di un incontro, fatto di appuntamenti, di fax inviati fra Roma e Bruxelles e di chiacchierate sotto il sole della Sicilia. Protagonista indiscusso Andrea Camilleri con il suo mondo, i suoi luoghi e i suoi personaggi veri o nati dall'immaginazione. Si racconta così la storia della sua vita, il suo avvicinarsi al teatro e alla letteratura. E il contesto del lavoro alla Rai. Un percorso lungo e difficile per un ragazzo che proveniva dal cuore della Sicilia, nato e cresciuto in una famiglia borghese. Dalla realtà degli intrecci esistenziali, si passa poi alla descrizione dei personaggi che lo hanno reso famoso al grande pubblico. Il documentario gioca con l'alternarsi delle immagini della Sicilia e dei luoghi dello scrittore con le parole di Camilleri stesso intervistato a lungo nel suo studio romano.
Il tutto è stato realizzato grazie alla perseveranza del regista belga André Buytaers che dalla curiosità suscitata da un libro ha iniziato un percorso di ricerca sulla vita dello scrittore e sulla sua terra. Ma anche al tempo che Camilleri ottantenne ha dedicato a questa idea che lo ha fin da subito appassionato. «Non ci avevo mai pensato alla forma dell'acqua - scrive Buytaers in alcune note di regia - fino al giorno in cui ho ricevuto in regalo un piccolo libro blu della collezione "Fleuve noir", il titolo era "La forma dell'acqua". Sulla copertina c'erano una grande macchia rossa come il sangue e il ritratto tagliato in due di un uomo strano dai grandi occhiali rettangolari. Era l'autore, un vecchio siciliano dall'occhio malizioso: Andrea Camilleri. Ma è stato il sottotitolo a colpirmi più di tutto: "Così si vive e si muore in Sicilia". Subito, dalla prima pagina, sono entrato nell'universo del commissario Montalbano e ho avuto la certezza che ci sarei rimasto a lungo». Dopo il primo approccio, è cominciato il lavoro di selezione dei materiali per far emergere, come precisa il regista, «l'anima dello scrittore». Un'anima e una scrittura semplici e intelligenti, così come si annuncia il documentario, prodotto nel 2007, della durata di poco meno di un'ora. Prima della proiezione di "Camilleri alla siciliana" sarà mandata in onda un'intervista fatta per l'occasione ad Andrea Camilleri e a seguire, il regista Buytaers discuterà del documentario, in presenza del pubblico, con il critico Salvatore Ferlita.
"Camilleri alla siciliana" Auditorium Rai, in viale Strasburgo 19, ore 21. Ingresso libero fino a esaurimento posti. Informazioni allo 091 6908307
Claudia Brunetto
 
 

Gazzetta del Sud, 28.5.2008
Saggio letterario di Carmelo Aliberti
La "sicilianitudine" tra narrativa e poesia

Una "Letteratura siciliana contemporanea" (Pellegrini, pagg. 800, euro 40) che riesce a farsi leggere come un romanzo e che accompagna il lettore nei meandri della "sicilianitudine" appassionante e appassionata. L'autore infatti, percorre, con particolare attenzione e con uno scavo esaltante, tutta la linea della letteratura siciliana contemporanea a partire dal secondo Ottocento fino alla contemporaneità disvelando autori noti e meno noti e offrendo uno straordinario affresco storico-letterario.
Colpisce nelle linea tracciata da Carmelo Aliberti l'attenzione riservata a tutti gli scrittori e poeti della sicilianità: anche quelli poco conosciuti si pongono come tasselli importanti per leggere la letteratura siciliana nella sua interezza e ciascuno contribuisce a dilatare lo spazio e il tempo fino a toccare le sponde della contemporaneità che, nella narrativa in particolare, prende il nome di Andrea Camilleri.
 
 

Auditorium della Rai di Palermo, 29.5.2008
Camilleri e il finesettimana all'Auditorium

Un Andrea Camilleri a tutto campo quello visto ieri all'Auditorium della RAI nel bel documentario del regista belga André Buytaers "Camilleri alla siciliana". Un racconto per immagini della sua vita dall'infanzia e l'adolescenza fino alla maturità professionale e al successo di scrittore e una riflessione pacata, ironica, ma non per questo meno carica di passione civile dei mali che affliggono la terra tanto amata e fonte della sua ispirazione. La mafia innanzitutto, il racket del pizzo, la cattiva amministrazione, l'assenza di senso civico, la devastazione del territorio. Un documentario imperdibile che ieri è stato presentato in anteprima in Sicilia ed è stato programmato già in Francia. L'auspicio è che anche le televisioni italiane possono acquisirne i diritti e trasmetterlo magari, come immagina il Camilleri Fans Club e lo stesso regista in occasione di una "Serata Camilleri" da promuovere in occasione delle nuove fiction tratte dai romanzi che hanno come protagonista Montalbano.
[...]
Salvatore Cusimano
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 30.5.2008
La lettura. Storia dei decenni di ostracismo per il compositore illuminista
Il pericoloso Mozart nell'isola dei Borboni

”Mozart? Ci fu chi lo disse con disprezzo e chi con dolore, come per un tradimento, chi con stupore e chi con indignazione”. Così scrive Andrea Camilleri nel suo “Il birraio di Preston” riferendo, seppure in versione romanzata e con il suo gustoso intercalare, una cronaca della Sicilia ottocentesca e del suo rapporto col teatro, a proposito dell’opera che dà il titolo al libro.
L’opera di cui parla Camilleri sarebbe stata firmata da un certo Luigi Ricci e a avrebbe inaugurato la stagione del teatro di Caltanissetta. Quando si diffuse la voce che si trattava di un lavoro di chiara ispirazione mozartiana, nessuno fu disposto a sostenerne la rappresentazione, dicendo persino “già Mozart è quel mortorio che è, figuriamoci cosa deve essere la brutta copia di un bruto originale”.
[…]
Alessandra Sciortino
 
 

Anteprima, 5.2008
La signora n'pizzu

Di Andrea Camilleri, Nenè com'era n'tisu in famiglia, credo di saperne qualcosa di più di quanti oggi filosofeggiano sulla vita e sulla sua scrittura se non altro perché le nostre case, quella dei miei e quella dei genitori di Nenè, si fronteggiavano nella antica via La Porta di Porto Empedocle.
Per di più, destino volle che le proprietà di mia madre e quelle della madre di Nenè, in contrada Inficherna, stessero l'una accanto all'altra così che capitava, in più di un'occasione che donna Carmela Fragapane in Camilleri - signora esile dal tratto aristocratico che, per usare il vernacolo, se ne stava sempre n'pizzu - si fermava in periodo estivo proprio da noi a prendere il tè prima di entrare nella sua proprietà.
Proprio di lei, piuttosto che del suo famoso figlio, voglio ricordare qualcosa.
Di Nenè, che si trovava a Roma - una città che per noi gente di provincia appariva una sorta di miraggio - e che aveva fatto carriera, era proprio innamorata, ne raccontava mirabilie magari, ma bisogna essere clementi quando la forzatura è dettata dai moti del cuore, narrando fatti e vicende mille miglia lontani dal vero.
Parlare di Nenè le faceva perdere, almeno cosi la vedevo io, la sofferente rigidità che assumeva di fronte ad estranei e che quasi l'asfissiava. Accanto a lei, il corpulento marito che se ne stava seduto a gambe larghe, la osservava nervoso pronto a correggerne, ma lo faceva con garbo per non sottrarle il piacere del parlare, le esagerazioni più vistose.
Siccome Nenè, allora, non veniva spesso in paese, me lo immaginavo tale e quale lo descriveva la madre incurante di certi risolini di comari che, nei salotti, accompagnavano le esaltazioni materne.
A consolidare quelle mie immagini ci si mettevano pure i discorsi di don Riccardo Vadalà, già podestà fascista del mio paese e zio acquisito di Camilleri - in casa Fragapane e Camilleri erano tutti fascisti - amico fraterno di mio padre, peraltro antifascista e partigiano.
Poi col tempo, maturità rompe l'incanto, ridimensionai quelle storie e Nenè Camilleri mi apparve per quello che è al di là del successo del suo lavoro del quale la madre non era riuscita finché fu in vita a goderne quel tanto che l'avrebbe resa felice.
Pasquale Hamel
 
 

 


 
Last modified Tuesday, September, 23, 2014