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RASSEGNA STAMPA

APRILE 2010

 
Adnkronos, 1.4.2010
Teatro: tutto Camilleri a Roma, 2 spettacoli un incontro e una 'Camilleriana'

Roma - Andrea Camilleri a tutto tondo al Valle di Roma: due spettacoli, un incontro e una Camilleriana. L'occasione del cinquantesimo compleanno del Teatro Stabile di Catania rinnova l'antico amore di Andrea Camilleri per la scena, poco nota agli stessi camilleriani: prima allievo e docente di regia dell'Accademia d'Arte Drammatica di Roma, quindi infaticabile regista - primo nel 1958 a mettere in scena in Italia Finale di partita di Beckett -, lo scrittore agrigentino presenta al Teatro Valle, con lo Stabile di Catania, Il Birrario Di Preston (8 - 25 aprile 2010), rifacimento teatrale di uno dei suoi piu' fortunati romanzi, riadattato per l'occasione dallo stesso autore - qui drammaturgo di se stesso - con il regista Giuseppe Dipasquale, direttore dello Stabile etneo. Questa nuova edizione dello storico allestimento di dieci anni fa, nella quale un abile lavoro di intarsio conserva la scomposizione temporale originaria del romanzo, si presenta rinnovata anche nel cast, nella musica e nelle scenografie, in cui il magmatico pastiche linguistico dell'autore siciliano, straripante di visioni tragicomiche e affabulatorie, rivive in questa emblematica cronaca postunitaria, feroce divertissement sulla tirannia del potere e sulla storia del nostro paese.
 
 

La Repubblica (ed. di Roma), 1.4.2010
Camilleri e l'amore per il palcoscenico
al Valle il mondo dell'autore siciliano

Lo Stabile di Catania porta nella capitale “Il birraio di Preston” (8 - 25 aprile) e un'intera serata (14 aprile) in compagnia dell'opera letteraria e teatrale dello scrittore agrigentino. Poi il 19 aprile un altro appuntamento, ad ingresso libero, per una conversazione tra il creatore di Montalbano e Gaetano Savatteri

Il Valle celebra il Camilleri autore teatrale con uno spettacolo, un incontro e un'intera serata in compagnia dell'opera letteraria e teatrale dello scrittore siciliano che in occasione del cinquantesimo compleanno del Teatro Stabile di Catania rinnova l'antico amore per la scena, un aspetto poco noto agli stessi cultori della gesta del commissario Montalbano. Prima allievo e docente di regia dell'Accademia d'Arte Drammatica di Roma, quindi infaticabile regista, Andrea Camilleri è stato il primo nel 1958 a mettere in scena in Italia Finale di partita di Beckett.
Ora lo scrittore agrigentino presenta al Teatro Valle, con lo Stabile di Catania, Il birraio di Preston (8 - 25 aprile), rifacimento teatrale di uno dei suoi più fortunati romanzi, riadattato per l'occasione dallo stesso autore, qui drammaturgo di se stesso, con il regista Giuseppe Dipasquale, direttore dello Stabile etneo. Questa nuova edizione dello storico allestimento di dieci anni fa, si presenta rinnovata anche nel cast, nella musica e nelle scenografie.
Un affondo nel mondo del creatore di Montalbano sarà poi offerto dalla Camilleriana (14 aprile - ore 20,45), un'intera serata in compagnia dell'opera letteraria e teatrale dello scrittore siciliano, in cui le sue pagine più emblematiche - da Un filo di fumo a La stagione della caccia, dalla Concessione del telefono alle Inchieste del Commissario Collura - saranno lette dagli attori della compagnia dello Stabile di Catania, in scena con Il birraio di Preston. Infine, a chiudere questo denso calendario in omaggio allo scrittore sarà Camilleri - Savatteri (19 aprile - ore 18,30), serata a ingresso libero che vede Andrea Camilleri scegliere un autore di Racalmuto a lui affine per eredità e temperamento, Gaetano Savatteri, per dare vita a una serrata e divertita conversazione sul mondo camilleriano e sul topos della sicilianità, intesa anche nella sua forte valenza teatrale.
Su un altro versante, il Teatro Stabile di Catania, propone l'allestimento di Come spiegare la storia del comunismo ai malati di mente (27 aprile - 9 maggio), del drammaturgo romeno Matei Visniec, esule in Francia dopo la fuga dal regime di Ceausescu. La tragicomica pièce di Visniec - che ha inaugurato la rassegna Te.St dello Stabile etneo, incentrata sulla drammaturgia di innovazione - si rivela una potente allegoria della follia insita in ogni forma di totalitarismo, in cui il già labile confine tra normalità e malattia produce un ulteriore paradossale apologo sulle derive del potere.
 
 

ANSA, 2.4.2010
Tv: ascolti, Santoro da record
Battuti i Ris Roma su Canale 5 e Montalbano su Raiuno

Roma - Con 5 milioni 159 mila spettatori e il 21,88% Annozero di Michele Santoro e' tornato in onda a livelli record di ascolti. La puntata, dopo la pausa forzata pre elettorale, ha nettamente vinto la serata. Su Canale 5 i Ris Roma hanno avuto 4.227.000 (16,44%) nel primo episodio e 3.999.000 (17,58%) nel secondo; su Raiuno la replica del Commissario Montalbano, L'odore della notte, ha avuto 3.943.000 (16,07%).
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Il Gazzettino, 2.4.2010

La divisa si sarà anche consumata a forza di infilarla e sfilarla tra un set e l’altro, ma Nino Frassica la protegge con cura. Che appartenga al suo comprensivo maresciallo Cecchini di "Don Matteo" o al carabiniere Giummaro de "La scomparsa di Patò" oppure alla guardia "veneziana" in affannosa rincorsa del misterioso Johnny Depp in "The Tourist", l’uniforme dell’uomo di legge si addice all’attore siciliano.
[…]
Anche in "La scomparsa di Patò" insegue qualcuno...
«Cerchiamo tutti Patò! Da siciliano, lavorare in un film tratto da un romanzo di Camilleri è incredibile. Camilleri stesso lo è, c’è tutto un universo dietro quella voce roca e quella sigaretta. Cercando Patò, il mio maresciallo incontra una presepe di piccoli personaggi che raccontano un mondo».
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Agrigentonotizie.it, 3.4.2010
Il foyer del teatro Pirandello dedicato a Pippo Montalbano

Agrigento. Giorno 8 aprile, alle 19.30, presso il teatro Pirandello di Agrigento, avrà luogo l’intitolazione ufficiale del foyer a Pippo Montalbano, attore agrigentino venuto a mancare un anno fa.
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Un serata emozionante, nella quale ancora una volta il grande Pippo rivivrà tra coloro che lo amano e lo stimano.
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Inoltre le testimonianze di Michele Guardì, Michele Placido, Andrea Tidona, Giulio Base, Murray Abraham e Andrea Camilleri.
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Giornale di Brescia, 3.4.2010
Camilleri gioca col nipote del Negus

Chi ama - e magari talvolta rimpiange - il Camilleri de «La Concessione del telefono» e de «La scomparsa di Patò», quello che costruisce un intero romanzo allineando lettere e documenti, ritagli di giornale e scampoli di conversazione, si divertirà non poco con questo nipote del Negus. L'autore garantisce che lo spunto è storicamente fondato: dalla ricerca «I Signori dello zolfo» di Michele Curcuruto emerge che tra il 1929 e il 1932, alla Regia Scuola Mineraria di Caltanisetta studiò il Principe Brhana Sillassié, nipote del Negus Ailé Sellassié. La sua presenza in quell'angolo di Sicilia non passò inosservata, anche perché il giovane, alto ed elegante, amava la bella vita.
E tanto basta perché Camilleri imbastisca uno dei suoi «pezzi» d'antologia.
Il libro prende le mosse dalla lettera ufficiale che il Ministero degli Esteri invia al direttore della Regia Scuola Mineraria per preparare il terreno all'arrivo del nuovo allievo. Si tratta di un principe, quindi la prestigiosa scuola ne dovrebbe andare fiera. Ma «benché principe è pur sempre negro», fa notare una successiva lettera del Ministero degli Interni. In Etiopia ci si inginocchierà pure, per rivolgersi al principe, ma in Sicilia un negro rischia d'essere preso a calci in culo e a sputi in faccia, se va bene. Quindi - si raccomandano i Dicasteri romani - che tutti, autorità civili e religiose di ogni ordine e grado, si diano da fare perché il nuovo arrivato sia accolto nel migliore dei modi. E sia assecondato in ogni sua esigenza, perché la questione sta a cuore «a Lui». È il Duce in persona che punta sul giovane nobile africano perché diventi indiretto ambasciatore, presso il potente zio Negus, a favore della politica espansionistica italiana. Ognuno per la sua parte si prodighi affinché il ragazzo scriva una lettera dai toni entusiasti sull'italica benevolenza. La strada del Duce alla conquista di un'altro tratto della sponda africana sarà così spianata. Questa l'alta strategia romana. Che si infrange però contro la ben più abile furbizia del principe. Il quale, scoperto che può alzare la posta a piacimento, diventa incontenibile nelle pretese. E non solo materiali. Nell'assecondare i progetti di Mussolini, ognuno cerca a modo sua di far fronte agli «appetiti» dell'aitante giovane. E lo studentello, che arriva a Vigàta con abiti sdruciti e pochi indumenti intimi raccolti in una federa, mette in crisi l'equilibrio della severa scuola, infiamma i cuori di qualche ragazza, si beffa di solerti funzionari e tronfi gerarchi, e fa fallire le mire colonialistiche di un'Italia ingenuamente convinta d'avere irresistibili abilità politiche e diplomatiche.
L'incalzante scambio di lettere ufficiali ed ufficiose travolge Ministeri e Prefettura, Questura e Comando dei Regi Carabinieri, Vescovado e Circolo dei nobili, in un crescente intreccio di orgogliosa stupidità. Non tutti, per la verità, cadono nel tranello. In questa esilarante frenesia di compiacere, fanno eccezione il distacco e l'ironia del questore di Motelusa e del commissario di Vigàta, unici a cogliere l'infida furbizia del giovane africano, a prenderne le misure e alla fine, a cavarsela.
Camilleri aggiunge un'altra perla alla sua collana di romanzi storici. Riconquista la freschezza delle origini. E si diverte assieme al suo lettore, inserendo qua e là qualche frecciata polemica d'attualità. Difficile non cogliere, in alcuni passaggi, l'eco del «furbismo» che accompagna la politica filolibica berlusconiana. L'Italia non è cambiata, spera sempre d'avere un posto al sole con qualche scambio di favori.
Claudio Baroni
 
 

Il Denaro, 3.4.2010
Storie del primo Novecento
La classifica dei testi più venduti in Campania in questa settimana (in base al sondaggio svolto alla Feltrinelli di piazza dei Martiri, alla Fnac del Vomero, e alla Libreria Guida a Portalba) vede ai primi posti Il nipote del Negus di Andrea Camilleri e Due di Irène Némirovsky. Benché ambientati entrambi nel primo Novecento, i due romanzi si muovono su registri molto differenti: una vicenda dai risvolti satirici per il papà del commissario Montalbano, atmosfere sentimentali e psicologiche nel libro della scrittrice russa che trovò la morte nei campi di concentramento.

Le consuetudini di un rampollo capriccioso
Ritorno alle origini per Andrea Camilleri, che entra in classifica con Il nipote del Negus, romanzo storico ambientato in piena epoca fascista. Accantonati temporaneamente delitti e indagini poliziesche, il papà del commissario Montalbano sceglie stavolta di raccontare una vicenda in cui, come egli stesso spiega, l'estro dello scrittore si ispira alla realtà rielaborandola con fantasia: "In questo romanzo prendo spunto da un fatto realmente accaduto. Negli anni Trenta a Caltanissetta, prima della guerra d'Etiopia, venne a studiare nella scuola mineraria il nipote del Negus, ovviamente spesato dalla sua Corte. Si trattava di un principe di sangue reale, un personaggio interessante, originale". Adottando un registro farsesco che ricorda quello de Il birraio di Preston, Camilleri mette in ridicolo costumi e consuetudini di un rampollo baldo e capriccioso dinanzi al quale, sebbene per mera convenienza, persino il Duce si piega. Ne risulta una comicità piacevole e leggera che si risolve in satira. Il vero pezzo forte del libro (disponibile anche in formato audio) è però il linguaggio: un italiano che nelle voci dei personaggi si tinge di caratterizzazioni dialettali che lo rendono familiare al di là delle appartenenze geografiche dei lettori.
[…]
Anna Petrazzuolo
 
 

Gazzetta del Sud, 3.4.2010
Gastronomia di qualità apprezzata a... teatro con un menu speciale
E' in arrivo "Il timballo del Gattopardo"

Non si dice niente di nuovo allorché sulle scene teatrali si parla di cibi più o meno succulenti e dei loro derivati. E non si parla di cose originali quando tra le pagine di un romanzo o di un racconto affiorano particolari gastronomici da far venire l'acquolina in bocca ai lettori.
Così, nel corso di uno spettacolo, parlare di gusti fascinosi e di piatti irresistibilmente profumati potrebbe anche far sembrare di voler evocare faccende non originali; ma la pièce teatrale proposta adesso rompe ogni reticenza e trasporta gli spettatori in una dimensione diversa mescolando i profumi irresistibili promananti da testi come I Vicerè di De Roberto ed altri ancora, mescolati dalla verve di un regista di grande talento: Giancarlo Sammartano.
Gastronomia d'alto, altissimo livello si mescola quindi alla bontà delle vicende narrate, dalle quali, lungo la storia della letteratura e del teatro, fanno capolino De Roberto, Verga, Brancati e altri autori di sangue siciliano, tra i quali Camilleri.
[…]
Michele La Spina
 
 

l'Unità, 4.4.2010
Chef Camilleri
L’impero scricchiola. Cavaliere faccia il monaco e si guardi dagli amici
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 4.4.2010
L’altra Palermo
Una canzone rumena per la città del futuro

[…]
È un piccolo capolavoro “Lume Lume” di Nino Vetri (lo ammette subito Andrea Camilleri, nella nota introduttiva).
[…]
Salvatore Ferlita
 
 

L'Arena, 4.4.2010
Camilleri, l'Italia era fascista- Pancia in dentro, petto in fuori
In libreria. Nel«Nipote del Negus» (Sellerio) la tragicomica vicenda tra il nipote di Ailé Selassié e il regime
Al principe abissino, gran frequentatore di case di tolleranza in Sicilia, le autorità in orbace chiedevano una lettera di elogio al duce. Si ritrovarono sbeffeggiati e derisi

Anche quest'ultimo libro di Camilleri, «Il nipote del Negus» (Sellerio, 2010) nasce da una storia vera, che, come in tanti altri racconti (si pensi soltanto ai romanzi nati dall'inchiesta sulle condizioni sociali ed economiche della Sicilia, 1875-1876), nel legare invenzione e verità storica, fa emergere il senso o meglio il tragico non senso delle vicende, in cui noi italiani, ma i siciliani ancora di più, da sempre ci troviamo invischiati. Negli anni 1929-32 venne a Caltanissetta il Principe Brhané Sillasié, nipote del Negus Ailé Sellassié. Aveva diciott'anni e doveva iscriversi alla Scuola Mineraria per aver il diploma che gli sarebbe servito poi al suo paese. Alto, elegante, nerissimo, sempre alla ricerca di qualche donna compiacente e magari anche di qualche fanciulla, in mancanza di meglio accanito visitatore di bordelli, amava la bella vita e spendeva e spandeva, sicché i soldi del suo governo e anche quelli che gli anticipava il fascismo non gli bastavano mai. Dopo aver conquistato la Somalia, per Mussolini rimaneva ancora aperto il contenzioso con l'Etiopia su questioni varie, soprattutto di confini. Sembrava al Duce che il Principe etiope che studiava in Italia potesse essere un buon tramite per le relazioni diplomatiche con il Negus. Il centro del racconto, ma c'è molto altro di divertente, è quindi una lettera che le autorità vogliono fargli scrivere al Negus: una lettera piena di elogi dell'Italia fascista e del suo capo. Servirà a migliorare i rapporti diplomatici e a fare bella figura con «i selvaggi». Così più o meno la pensava Mussolini. Ma le cose andranno diversamente.
Sta di fatto che la lettera diventa una metafora dell'arroganza del potere mistificatore, che ottiene il consenso con il controllo dell'informazione e con la falsità. Il fascismo arrogante cerca di sfruttare la situazione, ma si ingarbuglia in una serie di beffe predisposte dall'incorreggibile principe etiope, tra l'altro molto aiutato dalla fortuna. Bhrané Selassié si fa dare soldi e li spende alla locale casa di tolleranza, seduce una virginea fanciulla e fugge poi con una ragazza, unanimemente ritenuta brutta perché «pare una negra» (vox populi!), più vecchia di lui, ma furba quanto è necessario. Il federale, il questore di Montelusa, il Ministro, il direttore del collegio minerario….è una sfilata di autorità, un balletto, una tregenda, in cui il potere appare sempre ottuso, tronfio, inadeguato e incapace. Ciascuno di questi papaveri si manifesta attraverso documenti ufficiali: lettere del ministro, del prefetto, del commissario di polizia, della curia vescovile e resoconti, che potrebbero essere stenografati, di colloqui di vari personaggi di minor conto, «fascisticamente» parlando. Si aggiungano alcuni articoli del periodico locale, «Il giornale dell'isola» o del settimanale della Federazione Fascista di Montelusa, «All'armi siam fascisti». In questo vortice di documenti, chiacchere, rivelazioni e bugie c'è un buco scuro e indecifrabile ed è lui, il principe abissino, perché il protagonista del racconto è sempre alluso e mai compare direttamente in scena. Tutti ne parlano, ma siamo sicuri che esiste? Gli effetti sono di una comicità feroce e irresistibile. Qui, come in altri racconti di Camilleri, si pensi a «Senza titolo» e a «La presa di Macallé», che hanno per oggetto il periodo fascista in Sicilia, l'effetto è quello di una farsa tragica e ridicola, solo che il dramma altrove è più nero, più orrendo, mentre nella storia del principe abissino si affaccia lo schema della burla, uno schema antico che è quello del villano che ne sa di più del padrone, del selvaggio, o almeno di chi è creduto tale, che si prende la rivincita su chi si crede potente e civile. E se qualcuno avesse dei dubbi sull'attualità di una storia come questa, Camilleri si affretta a fugarli dichiarando in un'intervista: «Ho vissuto il fascismo,e ho cercato di restituire ai lettori quell'atmosfera di potere arrogante. Purtroppo si tratta di una malattia che ritorna». Per la prima volta il volume è accompagnatola un audio libro, dove Camilleri racconta la storia con la sua voce: meglio di così!
Paola Azzolini
 
 

Corriere di Como, 4.4.2010
Inquietante analogia con Montalbano
“Le ali della sfinge”, romanzo di Andrea Camilleri

«In genere il personaggio principale nasce sempre non dalla mia fantasia ma da un fatto di cronaca, o da qualcosa che ho letto. Dopo di che, io lo modifico. Ma l’input è quello. La realtà».
Andrea Camilleri spiegava così, alcuni anni fa, in un’intervista rilasciata a un grande quotidiano nazionale, la genesi dei suoi amatissimi gialli, diventati ormai qualcosa di più che un caso letterario.
L’architettura romanzesca delle inchieste di Salvo Montalbano ha le sue fondamenta nella cronaca. Articoli di giornale, servizi televisivi, inchieste. Che lo scrittore siciliano annota diligentemente per poi costruirvi i suoi straordinari racconti.
Fin qui nulla di anormale. Il punto è che qualche volta la fantasia diventa realtà. Con tratti di verosomiglianza impressionanti. Chiunque abbia letto una delle ultime indagini del commissario di Vigata - Le ali della sfinge, pubblicato nel 2006 da Sellerio - avrà sicuramente avvertito una sottile inquietudine di fronte alle similitudini con il caso della donna senza nome ripescata venerdì nelle acque di Laglio.
La giovane del romanzo, ritrovata nuda su una spiaggia, aveva un corpo da modella, un tatuaggio sulla spalla ed era stata uccisa con una revolverata in faccia.
La vittima di Laglio è stata sgozzata, non aveva quasi nulla addosso ed era molto bella. Almeno così dice chi ha potuto osservarne da vicino la figura. Oltre a questo, l’unico segno in grado di identificare la morta sono due tatuaggi.
[…]
Dario Campione
 
 

Il Foglio, 5.4.2010
Manuale di conversazione. Come fare bella figura in salotto senza necessariamente sapere quel che si dice.
Libri

[…]
- Apprezzare Camilleri, ma solo per i romanzi storici, non per quelli con Montalbano
[…]
Andrea Ballarini
 
 

Avvenire, 6.4.2010
Se i romanzieri non tollerano più la critica

Nell’ultimo romanzo, «Il nipote del Negus» (Sellerio), Camilleri gioca coi suoi critici e, mentre li abbiglia e li traveste, in qualche modo, per metafora, pure li giudica. Non altro mi pare il motivo per cui, a un certo punto, ci si imbatte nell’«agente Pedullà» e nel «Ferroni rag. Giovanni». Ma anche in alcuni «mercanti di bestiame», delinquenti con «qualche precedente di poco conto», tra i quali si contano «Bonura Santo Giuseppe» («per offese») e «Onofri Minimo» («per appropriazione indebita»). Io, che minimo (nonostante il nome) effettivamente sono, ho sempre avuto e continuo ad avere non poche perplessità sullo scrittore siciliano (a fronte della simpatia che invece nutro per l’uomo), specie quello di Montalbano.
Ora Camilleri regola i conti: e lo fa con intelligente e gustosa ironia. Il fatto è, però, che l’atto di ribellione del narratore nei confronti dei suoi critici sta diventando un costume diffuso, non sempre riconducibile, per altro, ai modi civili e spassosi del giallista più famoso d’Italia.
[…]
Massimo Onofri
 
 

Circolo dei lettori - Biblioteca Villa Leopardi - Roma, 6.4.2010
Andrea Camilleri scrittore. storie di un commissario a misura d’uomo e… di siciliano!
Andrea Camilleri, Racconti di Montalbano, Mondadori, 2009 [ * ]
Marcello Sorgi, La testa ci fa dire. Dialogo con Andrea Camilleri, Sellerio, 2000 [ * ]
Andrea Camilleri, La prima indagine di Montalbano, Mondadori, 2005 [ * ]

Per me, grande appassionato di lettura, scegliere nella rosa degli scrittori proposti al nostro circolo dalla organizzazione della manifestazione “Libri come” [ * ], è stato alquanto facile. Debbo, però, fare una breve premessa.
Da circa un anno o poco più sto aiutando una mia amica di infanzia ad accettare un malanno che la sta privando (al momento, purtroppo, l’ha quasi completamente privata) del senso più importante per chi ha piacere nella lettura: la vista. E la nostra amicizia – tema centrale di un piccolo libro di ricordi che sto scrivendo – mi fa soffrire quasi quanto soffre lei. Nelle mie visite di aiuto, la mia amica ha espresso il desiderio che le leggessi qualcosa, ed io, un po’ per la mia passione e un po’ per le mie origini siciliane, ho scelto di leggerle qualcuna delle storie di Andrea Camilleri sul commissario Montalbano. Sono stato agevolato dal recente acquisto del volume “Racconti di Montalbano”, apparso negli Oscar Mondadori, che contiene alcuni racconti già presenti in precedenti raccolte ( “La prima indagine di Montalbano”, ”Gli arancini di Montalbano” e “La paura di Montalbano”, quelle nelle quali ho trovato alcuni dei racconti riprodotti anche qui). Così, ho iniziato a leggerle le storie di questa raccolta, e la cosa la diverte ancora molto, alleviandole la pena di non vedere, e le permette quindi di servirsi di un lettore-amico per provare ancora il piacere dei racconti.
Ciò premesso, torno a quanto mi è stato chiesto dal coordinatore del nostro circolo di lettura: scegliere, in una vasta rosa di autori presenti alla rassegna, uno scrittore e scrivere qualcosa su una sua opera. La mia scelta è stata ovvia: lo scrittore di cui ho più letto – tra coloro che saranno a “Libri come” – è senz’altro Andrea Camilleri. E nell’opera di Camilleri, questi “Racconti di Montalbano” che sto tuttora leggendo (e rileggendo) mi appassionano particolarmente. Non voglio citarli tutti, ma soltanto scrivere sia delle doti del Commissario Montalbano, sia di uno dei racconti particolarmente affascinante e ricco: il suo titolo è “Sette lunedì”.
Voglio parlare ora dell’immagine che mi sono fatta del Camilleri scrittore, di cui conosco ed ho tra il 60 % e il 70 % delle opere. Camilleri è uno scrittore di cui ho sempre apprezzato il talento e la capacità di svolgere non solo il lavoro di scrittore, ma il “mestiere” per cui è più famoso: il regista di opere teatrali. E mi duole conoscere solo alcune delle opere da lui dirette per la televisione italiana: la più famosa è stata la serie delle storie del commissario Maigret, presa dai racconti di Georges Simenòn, e magistralmente interpretata da Gino Cervi nei panni del protagonista, e da Andreina Pagnani in quelli della “signora Maigret”. Ricordo che gli attori erano senz’altro grandissimi, ma la regia di Camilleri è ancora oggi un mito di cui all’epoca non mi resi del tutto conto, e che – forse – ho apprezzato di più ora che conosco il Camilleri scrittore. Ho citato questo “mestiere” – del quale penso che lo stesso Andrea andrà orgoglioso – perché, secondo me, la sua bravura nello scrivere ha origine da quel mestiere.
A questa immagine ha contribuito un libro-intervista di Marcello Sorgi, all’epoca (1999-2000) direttore del quotidiano “LA STAMPA”. Il libro, redatto in forma di una divertente intervista, pubblicata dall’editrice Elvira Sellerio nella stessa collana (Memoria) in cui si pubblicano i libri di Camilleri, è intitolato “La testa ci fa dire”. In questo libro Sorgi pone a Camilleri domande su tutta la sua vita. L’ho riletto proprio a proposito di questo mio piccolo intervento ed ho trovato tutto quello che si può cercare sull’autore di Montalbano (e non solo), cioè su Camilleri prima uomo di teatro, poi scrittore. Mi si perdoni il dire di Camilleri “l’autore di Montalbano”: so che non è vero, ma desideravo dirlo.
Voglio quindi parlare un po’ del Camilleri autore di questo splendido Commissario di Polizia nostrano, che lo ha reso così famoso: il Commissario Montalbano, figura particolare che tutti – lettori e telespettatori – conoscono bene almeno per tre ragioni:
- è italiano e sicilianissimo (nome di battesimo Salvo, diminutivo di Salvatore);
- l’interpretazione televisiva del personaggio che ne ha dato e continua a dare Luca Zingaretti è sicuramente parte del mito di questo Commissario;
- ha le caratteristiche di un Commissario della Polizia Italiana: inoltre è, nel suo mestiere, estremamente umano, sempre pieno dei dubbi che tutti noi avremmo al suo posto, di fronte a casi di delitti inspiegabili e pieni di ombre.
Ma c’è secondo me un carattere, di questo commissario, che neppure la bravura di Luca Zingaretti ha saputo portare sullo schermo televisivo, e che emerge soltanto dalla lettura delle storie così come le racconta Camilleri. Qualcosa che rende le storie stesse divertenti, e ne fa uscire la figura di un Salvo Montalbano capace di scavalcare con semplicità le difficoltà che la soluzione dei casi via via gli presenta, per evitare “… il nirbùsu” (“il nervoso”, cioè l’inevitabile frustrazione che viene a tutti quando si brancola nel buio). Certo, nella trasposizione televisiva delle storie c’è un contorno che viene dai luoghi e dalla loro scelta, e questo dà colore alla storia stessa, distraendo da questo qualcosa. Ma – a coloro che amano leggere – continua a risultare migliore l’immagine che dei personaggi emerge nella nostra mente, ad opera della fantasia che ciascuno di noi possiede, ma soprattutto prodotta dalla bravura e dalla fantasia di chi scrive. Questo carattere – per quanto ho potuto individuarlo io – discende dal linguaggio che Camilleri usa nei suoi libri, in quelli di Montalbano in particolare, ma non solo. Di questo linguaggio è stato scritto tutto e il contrario di tutto. C’è chi ha detto che il dialetto non andava usato; c’è chi voleva le storie scritte unicamente in dialetto siciliano. Camilleri ha scelto di fondere dialetto siciliano e lingua italiana, e – sempre soggettivamente, secondo me – questa miscela produce molto bene l’immagine, netta e chiara, che la mente di chi legge si forma del personaggio.
Dopo aver riletto “La testa ci fa dire” (libro che mi sento di raccomandare a tutti coloro che amano leggere le storie del Commissario Montalbano, per conoscere molto più a fondo il pensiero dell’autore, da lui medesimo raccontato), ho compreso il perché di questo linguaggio ibrido. Camilleri dice chiaramente che – quando ha lasciato la Sicilia per lavorare a Roma – lui continuava a pensare in siciliano e solo dopo aver tradotto questi pensieri in italiano usava la lingua patria. Penso che questo sia fondamentale per capire la genesi del linguaggio delle storie di Montalbano: molto del dialetto viene fuori nei pensieri del Commissario, o nelle tirate di un personaggio come Catarella. Io vado un mese all’anno in Sicilia, essendo i miei originari di Patti (provincia di Messina), e mi succede, seguendo proprio lo stesso filo di cui parla Camilleri, dopo qualche giorno di ambientamento, di tradurre i miei pensieri italiani in siciliano, per riuscire a dialogare con i Pattesi. Facevo questo, inconsciamente, già a 10 – 12 anni, con grande timore di mia madre, che pensava che – al ritorno a Roma – avrei continuato a parlare in dialetto.
E va soprattutto sottolineata la caratterizzazione dei personaggi, nella quale Camilleri si dimostra davvero un maestro. Montalbano stesso, Fazio, Augello, Catarella escono dalle storie di prepotenza, quasi visibili a chi legge.
Dicevo prima di “Sette lunedì”, una storia che ha forse un notevole grado di “suspénse”, per il fatto che l‘assassino si limita ad uccidere (sempre di lunedì) un animale, lasciando sul luogo del delitto un pezzetto di carta con una scritta che parlava di “contrazione”. Frasi del tipo: «Comincio a contrarmi», «continuo a contrarmi», e così via. Non voglio raccontare la storia, ma solo cogliere tutto lo sgomento che il Commissario Montalbano prova di fronte a questo strano comportamento del mattatore di animali.
Gli indizi raccolti dal Commissario, assieme ai suoi bravi e provvidenziali collaboratori Augello e Fazio, lo portano dapprima a capire che – tramite queste uccisioni di animali – il misterioso assassino cerca di comunicare qualcosa. Indagando prima sulle iniziali degli animali e non giungendo a capo di nulla, il Commissario si concentra sulle iniziali dei padroni degli animali uccisi e riesce a ricostruire una frase. “ecco Dio”. Gli animali uccisi fino alla lettera i della seconda parola (Dio) erano sei, via via sempre più grandi: il commissario, incerto sulla mossa finale dell’assassino e deciso a smascherarlo prima del settimo delitto, organizza di radunare in un cinema tutti coloro che, in paese, avevano il cognome che iniziava con la “O”, per evitare delitti su persone anziché su animali. Ma la tensione che pervade Montalbano, nell’ansia di prendere il colpevole prima che esso compia il delitto finale (configurabile come una strage, non di animali ma di persone) è resa benissimo dalla lettura della parte finale della storia. E questo fatto emerge proprio, a mio avviso, dal particolare linguaggio con cui Camilleri dipinge il suo personaggio.
Voglio soffermarmi ancora su questo linguaggio. Io – di solito – leggo senza voce, solo con gli occhi e quindi non sento neppure la mia voce. Nel caso della lettura alla mia amica, invece, Camilleri e le sue storie di Montalbano le ho lette a voce alta, ed ho potuto verificare l’effetto del linguaggio di Camilleri sulla mia amica. Con lei abbiamo passato assieme tutta la vita, fin dai miei sette anni (lei ne aveva cinque), e quindi conosco molto bene le sue espressioni. E l’effetto del linguaggio di Camilleri è davvero divertente, anche se ho faticato non poco per cercare di rendere quel linguaggio divertente oltre le sue caratteristiche. Il mix che Camilleri fa di italiano e siciliano è realmente qualcosa di particolare, quando lo si legge a voce alta. E la mia lettura a voce è estemporanea, perché – come ho detto – di solito leggo con gli occhi e non con la voce. Non sono affatto d’accordo con i detrattori di questa scelta, che secondo me costituisce l’origine di gran parte del successo dell’autore di Montalbano.
Torno a ”Sette lunedì”, per raccontare il finale della storia, ed aggiungere qualche considerazione sul motivo della mia scelta, tra le tante che potevo fare. Con una manovra che doveva evitare la strage preconizzata, il commissario Montalbano raduna in un cinema tutte le persone il cui cognome iniziava per “O”. Guarda caso, dal gruppo dei convocati manca una persona, che a Montalbano risulta essere proprio il possibile sospettato. Alla fine di una concitata ricerca, Montalbano rintraccia la tomba di famiglia di questo signore la cui parte inferiore risultava carica di dinamite, alla vigilia del giorno dei morti!. Tornati di corsa al cinema ove erano state radunate le potenziali vittime della strage, Montalbano trova l’indiziato e, con un abile stratagemma, riesce a catturarlo impedendo una strage, anch’essa a base di dinamite.
Ho scelto questo racconto, che fa parte delle raccolte “Racconti di Montalbano” e “La prima indagine di Montalbano”, entrambe pubblicate da Mondadori, perché è particolarmente espressivo circa il linguaggio e quello che ho detto sul come tale linguaggio riesca a trasmettere al lettore i sentimenti che prendono Montalbano nel corso del suo lavoro. Sempre a mio giudizio, trovo che il linguaggio che Camilleri utilizza nelle sue storie è davvero un significativo contributo al successo librario delle storie stesse.
Lavinio Ricciardi
 
 

Libri su libri, 7.4.2010
Il nipote del Negus di Andrea Camilleri è al Top!

E al primo posto delle top ten del Corriere della Sera, categoria “libri” e “narrativa italiana”, ecco a voi, ancora una volta, Andrea Camilleri con Il nipote del negus, edito da Sellerio in libreria dal 25 Marzo.
Se a qualcuno fossero venute a noia le storie di Montalbano, Camilleri corre in aiuto e rinfresca la sua produzione letteraria con un libro sicuramente originale, permeato della sua immancabile ironia.
Camilleri stavolta si ispira ad una storia vera, l’iscrizione del nipote del negus (il principe d’Etiopia negli anni ’30) alla Regia scuola Mineraria di Vigàta, per affrontare fatti e misfatti della guerra d’Etiopia.
Non può non essere sarcastico, il nostro autore siciliano preferito, e non si può non sorridere quando immagina le conversazioni tra Mussolini ed il principino “colorato”, riverito da tutti per la paura di essere scomodati dalla propria poltrona.
In un paese in cui il razzismo non è fantasia ma solida realtà, la riverenza e deferenza con cui è trattato il giovane nero sembra paradossale, anzi lo è. E Camilleri lo descrive attraverso una immaginaria corrispondenza di lettere, di documenti e cronaca che, a ben guardare, non fanno altro che evidenziare l’insulsaggine dei valori osannati, e la diffusa cretineria di un popolo sottomesso a tali valori.
E nonostante metta in evidenza difetti e scemenze, riesce a farci ridere, Camilleri. Ci racconta la storia, ne svela gli anfratti, ne esalta la stupidità e ci fa ridere.
Come potrebbe non essere al primo posto?
Lorenza
 
 

Corriere della Sera, 7.4.2010
Teleraccomando
Per distrarsi. Montalbano: non stanca mai

Dai tre milioni e mezzo, ai cinque milioni: tanti sono i telespettatori che continuano a seguire le repliche del commissario Montalbano. Non è strano, anzi, è più che comprensibile: è molto gradevole rivedere una fiction girata bene, dove si raccontano belle storie (scritte da Camilleri), interpretata da un cast di livello. Non ci si stanca mai. E poi, diciamo la verità: per noi amanti del commissario «prima maniera»- quello integerrimo, fedele, rigoroso -è bello rivederlo così, senza quelle distrazioni dell’ultima serie...
Il commissario Montalbano. Raiuno, ore 21.10
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RagusaNews.com, 7.4.2010
Volete fare la comparsa nel Commissario Montalbano?
Sarete famosi

Ragusa - Domani, giovedì 8 aprile, dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 19 nei locali di via Ercolano 26 a Ragusa si terranno i provini per i nuovi episodi della fiction tv "Il commissario Montalbano". A darne notizia è l'Anteas - Banca del tempo di Ragusa che si sta occupando dei casting insieme al Cori Group Casting di Catania. Possono partecipare uomini e donne dai 18 ai 70 anni.
 
 

La Repubblica (ed. di Roma), 8.4.2010
Il teatro di Camilleri con il Birraio di Preston e altre storie in scena

Chissà se, azzardando un parallelo col pirandellismo, un giorno o l'altro potremo disegnare il profilo, almeno di massima, di un "camillerismo". Forse, in merito, non sarà del tutto estraneo un ragionamento di contenuti che Andrea Camilleri medesimo andò avanzando anni fa per un suo testo-pamphlet: «Qualcuno potrebbe domandarmi perché mi ostino a pistiare e ripistiare sempre nello stesso mortaio, tirando in ballo, quasi in fotocopia, i soliti funzionari... Rinvio a una citazione da una paginetta de I vecchi e i giovani di Pirandello, un riferimento alla "povera isola, trattata come terra di conquista", e ai "poveri isolani trattati come barbari che bisognava incivilire"». Ecco il tema degli umiliati e offesi, ecco la logica fissa delle arroganze che colonizzano gli onesti (e i semplici) di spirito, ecco la denuncia costante di una faziosità del potere di cui il "camillerismo" è sempre una spia narrativa e teatrale che mette amaramente in guardia. E adesso a farci capire un po' meglio questa dimensione dell'etica tradotta in romanzo recitabile, questa facoltà di far teatro munendo di continui dialoghi la letteratura, sarà un'impresa che monograficamente è un omaggio alla scrittura drammatizzabile e alla dialettica da commedia umana di Camilleri, cui si lega il destino realizzatore dello Stabile di Catania. Da oggi al 9 maggio l'Eti ha strutturato una messa a fuoco di Camilleri in joint venture, appunto, col teatro pubblico catanese. C'è la programmazione, al Valle, da oggi al 25, de Il birraio di Preston, spettacolo tratto dall'omonimo romanzo camilleriano, con adattamento teatrale suo e del regista Giuseppe Dipasquale, con Pino Micol, Giulio Brogi, Mariella Lo Giudice, Gian Paolo Poddighe e un'ampia distribuzione dello Stabile siciliano. Mercoledì 14 è prevista una Camilleriana con gli stessi attori del Birraio alle prese con vari passaggi di opere dell'autore di Porto Empedocle. Lunedì 19 s'annuncia Camilleri.
Rodolfo Di Giammarco
 
 

TV Sorrisi e Canzoni, 8.4.2010
Auditel di mercoledì 7 aprile: Montalbano in replica vince la serata, l’Isola dei famosi al 19%

Il film-tv «La gita a Tindari», della serie «Il Commissario Montalbano», è stato visto da 5.140.000 spettatori, pari al 19.21% di share. La fiction con Luca Zingaretti, al quarto passaggio su Raiuno, ha vinto la serata contro la settima puntata dell’«Isola dei famosi» (Raidue).
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El País, 8.4.2010
Recomanem...

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LLIBRE Andrea Camilleri
Fora dubtes ja: el comissari Salvo Montalbano és un alter ego descarat d'Andrea Camilleri. I com a mostra, la darrera entrega, La pista de sorra (Edicions 62; La pista de arena, a Salamandra). Com que l'autor, a mesura que s'acosta als 90, ja va com una moto contra la Mafia, el seu detectiu també. Per això estan a punt de sucarrimar-li la casa (al detectiu, de moment). Això li passa per ficar el nas en els negocis (bruts, és clar) de les curses de cavalls i la mà a una bella amazona...
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Il festival del racconto / Premio Chiara, 9.4.2010
Premio Chiara alla carriera a Andrea Camilleri
Questa la motivazione
“Il Premio Chiara alla Carriera viene conferito ad Andrea Camilleri, per avere sedotto l’intero pianeta con la grazia inarrivabile delle sue storie, quintessenza di una Sicilia verissima e inventata”
Sabato 1 maggio 2010 ore 18, Luino, Teatro Sociale, Via XXV Aprile, 13
conducono Luca Crovi, Mauro Novelli
interventi
Dario Galli, Presidente Provincia di Varese
Andrea Pellicini, Sindaco di Luino
Ettore Mocchetti, Direttore AD
Il Premio Chiara alla Carriera è sostenuto da AD la rivista del Gruppo Condè Nast per la quale Piero Chiara inventò nel primo numero la rubrica “La casa, la vita”, ancor oggi viva.
Amici di Piero Chiara
Viale Belforte 45 – 21100 Varese – tel. 0332 335525 fax 0332 335501
www.premiochiara.it e www.ilfestivaldelracconto.it
e-mail: amicichiara@premiochiara.it

 
 

Varese News, 9.4.2010
Luino
Premio Chiara alla carriera a Andrea Camilleri
L'autore siciliano sarà presente a Palazzo Verbania sabato 1° maggio: è premiato "per avere sedotto l’intero pianeta con la grazia inarrivabile delle sue storie, quintessenza di una Sicilia verissima e inventata”

[…]
"Siamo veramente onorati e contenti - dichiara Bambi Lazzati, Direttore Artistico del Premio Chiara - che Andrea Camilleri abbia accettato il conferimento del Premio Chiara alla Carriera.
Sarà con noi sabato 1 maggio a Luino alle 18.00 per una grande festa in suo onore".
[…]
 
 

La Stampa, 9.4.2010
Recensioni
Cartesio Camilleri gioca coi critici. E l'orchestra li spenna

«Nell'ultimo romanzo, Il nipote del Negus (Sellerio), Camilleri gioca coi suoi critici e, mentre li abbiglia e li traveste, in qualche modo, per metafora, pure li giudica. Non altro mi pare il motivo per cui, a un certo punto, ci si imbatte nell'agente Pedulla' e nel Ferroni rag. Giovanni. Ma anche in alcuni ''mercanti di bestiame", delinquenti con ''qualche precedente di poco conto'', tra i quali si contano Bonura Santo Giuseppe (''per offese'') e ''Onofri Minimo'' ("per appropriazione indebita")». Lo scrive Onofri (Massimo, il critico letterario appunto) su Avvenire, che riconosce a Camilleri - autore da lui non particolarmente amato - la «intelligente e gustosa ironia» con cui «regola i conti». Pero', aggiunge, sta diventando una regola: sempre piu' spesso gli scrittori rispondono alle recensioni, liquidandole anziche' discuterle. Per Onofri, questo atteggiamento da' a pensare. Non sara' lo specchio di una societa' (non solo letteraria) dove la critica suscita solo «nervosismo e impazienza», come un irritante inutile disturbo? La pista e' interessante. Montalbano gia' indaga. Anche Isabella Santacroce e' andata giu' durissima con Renato Barilli, il critico che l'aveva all'inizio idolatrata e ora e' piuttosto freddino. Ha inondato la rete, dal suo Blog a Facebook, con una garbata letterina che comincia cosi': «Gentile Renato Barilli, io penso lei sia un venduto». Ma in fondo, a Barilli, Onofri e tutti gli altri e' andata bene. E' dell'altro giorno la notizia che il tribunale di Roma ha condannato, ormai in appello, il critico musicale Alfredo Gasponi e il quotidiano Il Messaggero a pagare tre milioni di euro per un pezzo in cui si riportavano frasi del maestro Sawallisch, direttore dell'orchestra di Santa Cecilia, molto severe nei confronti del complesso musicale. Era il lontano 96, ma la giustizia, lenta e implacabile, ha fatto il suo corso. «Non sanno suonare», titolo' il giornale. Gli 80 professori fecero causa. Ora, se lo desiderano, possono concedersi una lautissima vacanza. Meritata?
Mario Baudino
 
 

Agrigento Notizie, 9.4.2010
Una serata nel ricordo di Pippo Montalbano

Emozionante commemorazione ieri sera al teatro Pirandello di Agrigento in ricordo del compianto attore agrigentino Pippo Montalbano.
[…]
Gli ospiti assenti non sono mancati, comunque, all’appuntamento: Michele Guardì con una telefonata in diretta, Andrea Camilleri, Michele Placido, Andrea Tidona, Giulio Base e l’attore americano Murray Abraham, premio oscar per “Amadeus”, con il quale Montalbano ha stretto un singolare e unico rapporto di amicizia, hanno dato il proprio contributo con un breve filmato, ricordando l’uomo-artista Pippo Montalbano.
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Manuela Cumbo
 
 

La Sicilia, 9.4.2010
Tutti in coda da... Montalbano
In tanti si sono presentati per i provini per comparse nella fiction

Code, sorrisi, fotografie, moduli da compilare. Un ordinario giorno di provino-mania. In tanti, ieri mattina, alla Anteas - Banca del Tempo di Ragusa, si sono presentati per i provini delle comparse per "Il Commissario Montalbano", provini curati da Cori Group Casting di Catania. In questi giorni sono iniziate le riprese dei nuovi quattro episodi nati ancora una volta dalla penna di Andrea Camilleri, il padre del commissario più famoso d'Italia, interpreto da Luca Zingaretti e diretto dal regista Alberto Sironi. Aspiranti comparse, e attori ed attrici che hanno già avuto qualche esperienza, si sono messi in coda per passare sotto lo sguardo attento del responsabile del casting, Renato Cori e di altri collaboratori, tra cui Alfio Arcidiacono che si è occupato di organizzare l'ingresso in sala di coloro che dovevano fare il rapido provino.
Dai 18 ai 70 anni. Biondi, castani, uomini donne, di tutte le altezze e di tutte le taglie. In cerca di ogni tipologia di persone. Facce nuove da inserire in un cast. La fiction tv torna ad avere come set le belle terre e le dorate spiagge del ragusano, da Santa Croce Camerina a Sampieri, da Ibla a Scicli. E davvero ogni tipologia di persona si è presentata ieri in via Ercolano. Uomini e donne di ogni età, dalle differenti corporature e dalle molteplici aspettative. Gente alla prima esperienza, che non aveva mai partecipato ad un casting, gente che aveva già provato e che non era stata mai chiamata, ma anche gente che invece ha già più volte fatto da comparsa in differenti serie, da " Il capo dei capi" ad "Onore e rispetto" fino allo stesso "Montalbano". Si sono alternate, tra la mattina ed il pomeriggio, lunghissime file a momenti di più calma. Più e meno giovani, dopo aver compilato uno specifico modulo, hanno atteso il proprio turno per mettersi in posa e, dopo lo scatto di una foto, per attendere l'esito, sperando di essere contattati. Nei mesi scorsi ma anche di recente, i componenti della troupe della Palomar, la società che produce assieme alla Rai l'intera fiction, ha visitato alcune location per girare nei prossimi giorni. Tra questi anche il convento della Croce di Scicli, "luogo d'invincibile meraviglia", come ha detto lo scenografo Luciano Ricceri. Scicli è stata riconfermata come set, assieme ad altre realtà.
Carmelo Saccone
 
 

10.4.2010

Andrea Camilleri torna a Tutti i colori del giallo, la trasmissione condotta da Luca Crovi in onda tutti i sabati e le domeniche dalle 13:00 alle 13:30 su Rai Radiodue.
Lo special sarà registrato martedì 27 aprile 2010. Camilleri interverrà in collegamento telefonico; in studio Mauro Novelli e il Camilleri Fans Club.
 
 

Corriere della Sera, 10.4.2010
Visioni d'Italia 1861-2011 - Il Paese di oggi nei luoghi della memoria - 9. Porto Empedocle
La mafia, Montalbano e il sogno dell'Enel
La «Vigata» del commissario è, nella realtà, una città difficile e con un passato di sangue. Ma la decadenza è stata fermata. E si spera nel rigassificatore

Nella banda di scavezzacolli di Andrea Camilleri c'era Buttice che «era grassissimo e lento» e «sulla testa si metteva uno scolapasta fornito di sottogola» e poi Zicari che era invece magrissimo e «si tingeva di bianco con una pietra di gesso i capelli e la faccia e si calava dentro una montagnola di sale dove, dimenandosi come un serpente, riusciva ad affondare fino al collo» finché si vedevano solo gli occhi e da lì «emergeva all' improvviso, fiondava, colpiva inesorabile, riscompariva dentro il sale».
Settant'anni e un milione di sigarette dopo, lo scrittore riconosce a fatica in Porto Empedocle l'amatissimo paese della sua infanzia. Come fatica a riconoscerlo Alfonso Bugea che nel libro “Oltre il muro della mafia” ha scritto: «Come tanti empedoclini ho sentito le urla di dolore e lo strazio dei parenti delle vittime di mafia, ho visto il bagliore della violenza sfiorarmi. Ho visto i miei coetanei dilaniati dal piombo assassino: alcuni erano diventati mafiosi e sono morti sbriciolati dalla faida, altri hanno perso la vita per un tragico errore, per essersi trovati nel posto sbagliato, nel momento sbagliato. Ma entrambi sono stati sacrificati sotto lo stesso cielo, accomunati dallo stesso, infausto, destino».
Ha l'alito pesante, la mafia di questa terra agrigentina. Qui, dove mosse i primi passi quel Vito Cascio Ferro indicato come l'assassino del leggendario Joe Petrosino, hanno via via trovato rifugio Totò Riina, Bernardo Provenzano e Giovanni Brusca. Qui è stato tenuto prigioniero il piccolo Giuseppe Di Matteo, sciolto nell'acido dopo una prigionia durante la quale era così convinto che i suoi carcerieri lo proteggessero dalle cosche nemiche che li chiamava «marescià» e «brigadiere». Qui si è scatenata una guerra con decine di morti tra cui Giuseppe Settecasi, che dopo esser stato ucciso fu portato alla famiglia e «vestito e messo su un letto al centro della casa e quando arrivarono i carabinieri quello tutto sembrava tranne che un morto ammazzato».
Qui l'essere o non essere un sicario può dipendere dal caso. Come capitò a Giulio Albanese, che era così grasso ma così grasso che lo chiamavano «Panzachiatta» e il giorno del suo battesimo di fuoco, mandato ad ammazzare un tizio quasi davanti alla chiesa della Matrice, sul più bello che doveva smontare col fucile a pompa si incastrò con la pancia negli spazi angusti della A112 e fu così che capì di non essere fatto per diventare assassino e finì per pentirsi e vuotare il sacco. Qui la stazione dei carabinieri, avamposto dello Stato in terre ostili, è un appartamento al primo piano d'una palazzina scrostata. Sopra un deposito di prodotti alimentari. Niente porta blindata. Né sistema d'allarme. Né telecamere. Se scatta un'emergenza, i militari devono scendere di corsa le scale, uscire allo scoperto, salire in macchina e sperare di non trovarsi imbottigliati nei vicoli.
Sono 14 anni che devono avere la caserma nuova: quattordici. L'edificio, messo a disposizione dal comune, doveva essere ristrutturato dal demanio. Progetto fatto. Soldi mai visti. Lavori mai iniziati. Finché il nuovo sindaco Calogero «Lillo» Firetto, eletto con una lista civica «di salute pubblica, di destra e di sinistra», ha preteso la restituzione del manufatto. La nuova caserma, adesso, la sta facendo a spese sue Salvatore Moncada, il re dell'energia eolica che alla testa del gruppo «Moncada Energy» nel maggio di tre anni fa, sfidando tra le altre le ire di Vittorio Sgarbi, ha rilevato gli spazi ingombri di cadaveri cementizi dell'ex Montedison, uno dei simboli del fallimento dell' industrializzazione del Sud. Dice che no, non è stato facile farsi carico della cosa. Che certo, tira un'aria nuova «ma costruire qui una caserma dei carabinieri significa dire ad alta voce "io sto da questa parte qua"...»
«Quando ero ragazzo - scrive Camilleri nella prefazione al libro di Bugea - di contribuire a combattere la mafia assieme alle forze dell'ordine non passava per la testa a nessuna persona "perbene". Le persone perbene, o meglio "civili" come si usava dire allora, la mafia semplicemente la ignoravano. Di mafia non se ne doveva parlare a casa, se per caso sotto alle tue finestre avveniva un omicidio di mafia, si chiudevano bene le finestre. Nominare la mafia in famiglia era come parlare di diarrea durante un pranzo di gala». Qualcosa, certo, è cambiato. E lo stesso creatore del commissario Montalbano (la cui statua di bronzo, appoggiata a un lampione, si incontra sul corso insieme con quella dell'altra gloria locale, Pirandello) ha voluto sbilanciarsi riconoscendo che «la lenta decadenza non solo è stata fermata, ma una magica operazione di restauro sta facendo scomparire le rughe, le crepe, i danni del tempo, dell' incuria e della trascuratezza». Simbolo di questa «rinascita», la Torre di Carlo V, «rimessa a nuovo, liberata dalle casupole che l' assediavano, e destinata a diventare il Museo del mare».
Che la Torre, imponente, riassuma la storia di quello che un tempo era chiamato il Molo di Girgenti è vero. Basti leggere quella «chicca» camilleriana (gli estratti sono nella pagina seguente) che è “La strage dimenticata” sul massacro dei galeotti che il comandante del bastione-penitenziario temeva si unissero alle rivolte antiborboniche del 1848. E non c'è dubbio che il restauro del maniero, con quello dell'elegante palazzo municipale e del teatro, sia una tappa centrale del recupero di questa cittadina che insieme con i paesi dei dintorni, come la Comitini di «Ciaula scopre la luna» e del «Vitalizio», fornì a Pirandello prima e a Camilleri poi storie irresistibili.
[…]
E mentre il porto dà qualche segnale di ripresa insieme con la crescita della Moncada, gli occhi sono puntati lì, sul rigassificatore. «Perché insistere sull'industrializzazione e non puntare invece sul recupero della spiaggia e sul turismo?», attaccano gli avversari come il leader di Legambiente Peppe Arnone o il sindaco destrorso di Agrigento Marco Zambuto, che contro il progetto ha scatenato un referendum (93,8% di no ma con 6.800 cittadini votanti su 48 mila) e un ricorso al Tar atteso la settimana prossima. «Perché Porto Empedocle è nato come porto e quella è la sua vocazione - risponde Firetto -. L'avevamo cercata, un'alternativa. Appena il grande imprenditore internazionale del turismo ha visto il posto ha detto: no, il recupero ambientale, qui, è impossibile».
Anche Camilleri, tirandosi addosso mille fulmini, si è detto d'accordo.
[…]
Sergio Rizzo, Gian Antonio Stella
 
 
Visioni d'Italia 1861-2011 - Il Paese di oggi nei luoghi della memoria
Rivolta nei sotterranei della torre in Borgata Molo. Le 114 vittime sepolte in una spiaggia fuori mano
La strage degli ergastolani «Ammazzati come i tonni»
I moti siciliani del 1848 contro la tirannia di re Ferdinando
Ecco alcuni estratti del libro «La strage dimenticata» (Sellerio) dove Andrea Camilleri, traendo spunto dalle cronache di Baldassare Marullo e dai racconti della nonna Carolina, ricostruisce l'eccidio di 114 detenuti nell'antica Torre della Borgata Molo, vecchio nome di Porto Empedocle, soppressi nel 1848 nel timore che si unissero ai rivoltosi anti-borbonici.

Il nove gennaio 1848 i muri di Palermo furono tappezzati da un proclama che principiava così: «Siciliani! Il tempo delle preghiere inutilmente passò! Inutili le proteste, le suppliche, le pacifiche dimostrazioni. Ferdinando tutto ha sprezzato. E noi, popolo creato libero ridotto fra catene e nella miseria, tarderemo ancora a riconquistare i legittimi diritti? All'armi, figli della Sicilia! La forza di tutti è onnipossente: l'unirsi dei popoli è la caduta dei re. L'alba del 12 gennaio 1848 segnerà l'epoca gloriosa della universale rigenerazione». In queste parole due cose impressionano, una delle quali sommamente. La prima è che un'insurrezione sia annunciata non solo pubblicamente ma addirittura con tre giorni d'anticipo, segno - come spesso avviene - non tanto d'incoscienza o di inarrestabile «geometrica potenza» degli insorgenti quanto di imbecille sordità dei tutori del momentaneo ordine costituito. La seconda, quella che ci fa restare del tutto intronati, è che l'insurrezione sia poi scoppiata davvero e - a Palermo! - alla data stabilita. (...)
Se al manifesto di Francesco Bagnasco sia De Majo sia gli alti comandi borbonici non avevano dato orecchio, meno che mai glielo poteva dare il maggiore Emanuele Sarzana che comandava il presidio della Torre alla Borgata Molo. Lì tutto appariva tranquillo, il botto non si era sentito. Scrisse Marullo: «Nessun fuoco di odii animava i buoni e pacifici cittadini. Avevano essi sentito parlare di libertà, ma di questa dea fascinante non intuirono che il mistero del nuovo: essi onesti, laboriosi, ossequienti alle leggi, nulla seppero della tirannide, la quale non li aveva notati e, perciò, non li aveva investiti». Può darsi, ma la Borgata Molo era un paese di mare, ed è risaputo che ogni buon marinaio, prima di alzare la vela, deve calcolare esattamente da che parte tira il vento e sapere se quel vento tiene. Però c'erano, in paese, almeno duecento persone che della «dea fascinante» avevano preciso concetto, e questa «dea» non aveva «il mistero del nuovo», anzi, aveva tutto di vecchio e di conosciuto: la famiglia non più vista da anni, le facce degli amici quasi dimenticate, il ritmo di una camminata fatta in campagna senza la palla al piede, l'odore di una femmina. E loro dall'occhio della tirannide erano stati sì notati, o almeno di questo erano certamente convinti, perché è risaputo che ogni carcerato è pronto a proclamarsi vittima innocente delle macchinazioni del potere.
La quarantottesca rivolta degli abitanti della Borgata inizialmente - sempre secondo Marullo - «non si ridusse che allo scampanellare del tempio e un vociare incomposto di abbasso e di evviva a perdersi tra la collina e il mare». È vero, ma bastò perché una squadra di forzati, quella che era addetta ai lavori agricoli, sopraffatte le guardie, si desse alla fuga. La notizia arrivò in un attimo in paese e fece sprofondare nel terrore i notabili e i commercianti, che si barricarono in casa. (...)
Allora, visto che si cominciava a sentire feto di bruciato, pure Sarzana si inserrò nella Torre con i suoi soldati e con gli ergastolani, sicuramente maledicendo il giorno in cui, trecent'anni prima, era stata decisa l'abolizione del ponte levatoio. (...) La mattina dopo, visto che degli ergastolani scappati in paese non era rimasto manco l'ombra, la vita nella Borgata tornò ad essere normale, con Sarzana sempre intanato dentro la Torre. Ma il giorno 25 arrivò la notizia che De Majo se ne era andato dal palazzo reale di Palermo e che De Sauget con i suoi cinquemila soldati stava faticosamente ritirandosi su Messina. (...) Sicché a rappresentare il regno borbonico in Sicilia rimanevano il forte di Castellammare, la Cittadella di Messina, la Torre della Borgata Molo, e qualche altra fortificazione sparsa, che praticamente non erano in condizioni di svolgere un'azione comune, ammesso che ne avessero sentito la voglia. I borbonici rimasti in Sicilia erano in sostanza degli assediati. E a rendere concreto l'assedio, al tramonto del giorno 25, una folla di un centinaio di persone si spinge, vociando, sotto le mura della Torre. È sbagliato credere che gli abitanti marinari della Borgata avessero deciso che il vento della rivoluzione teneva: in mezzo a quella gente i borgatanti veri e propri saranno stati una trentina, la maggior parte dei quali «saccaroli», vale a dire trasportatori di sacchi, quelli che in paese svolgevano il lavoro più duro ed erano i meno pagati. «In quei giorni erano arrivati molti forastieri» contava mia nonna. E si spiega: parenti e amici avevano avuto tutto il tempo di correre dai loro paesi alla Borgata per organizzare la liberazione dei forzati, e molti di questi forestieri, approfittando dell'ammaino generale, erano arrivati armati. (...)
Quando i carcerati sentono le voci da fuori, eccitatissimi, non sapendo precisamente quello che sta succedendo ma comprendendo che comunque sia qualcosa si muove a loro favore, si mettono a fare un tirribìlio di voci e rumori. Di fronte a questa situazione, Sarzana, contrariamente a quanto pensa Marullo, non perdette la testa né fece ciò che fece mosso da cieca rabbia. Capì subito infatti che se tutti gli uomini gli servivano per parare il pericolo esterno, bisognava che a sorvegliare i carcerati non restasse manco un soldato. Ordinò quindi che a botte, a colpi di calcio di fucile, a catenate, tutti i forzati sparsi per la Torre fossero obbligati a calarsi nella fossa comune. (...)
Una volta al sicuro gli ergastolani, Sarzana comandò ai soldati di salire sulla terrazza, attraverso la scala che era dentro il cilindro, e di isolare poi la scala stessa con le due chiusure, quella superiore e quella inferiore, per evitare di essere attaccato alle spalle se, per caso, i galeotti fossero riusciti a scardinare la grata della fossa comune. (...) A questo punto dalla folla comincia a partire qualche colpo di fucile e per i soldati dare la risposta si presenta subito difficile: la Torre non ha mai avuto merli dietro cui ripararsi, sparare dalla terrazza significa perciò alzarsi in piedi ed esporsi per qualche secondo al fuoco avversario protetti solo a metà dalla balaustrata che corre torno torno. La sparatoria, che non può ottenere apprezzabili risultati da una parte e dall'altra, si allunga nel tempo fiaccamente. Quanto basta però perché i forzati nella fossa vengano a trovarsi completamente senz'aria. (...)
Contrariamente ai tonni che muoiono in uno spaventoso silenzio, i forzati fanno voci da disperati. Sarzana a un certo punto sente che il registro di quelle urla è cambiato e manda due soldati a vedere cosa sta succedendo. I soldati glielo riferiscono e gli dicono magari che la grata rischia di cedere sotto la pressione dei carcerati letteralmente impazziti per la mancanza d'aria. Perciò il maggiore capisce di non avere più via d'uscita: farli uscire ora come ora dalla fossa è uguale a liberare cento gatti inferociti da dentro un sacco all'interno di una stanza, il minimo che possono fare è saltargli agli occhi; lasciare aperta la presa d' aria non si può nemmeno, con la grata che sta per cedere. L'unica è alleggerire la pressione che contro di questa i forzati esercitano: dà ordine, allora, di lanciare tre petardi nella fossa e di isolare nuovamente, subito dopo, la scala. (...)
Il botto dei tre petardi sparati all'interno raggiunge gli assedianti i quali, poco dopo, sentono progressivamente affievolirsi le voci degli ergastolani. Dalla folla allora non sparano più, tutti si rendono conto che qualcosa di grave deve essere accaduto e questo, invece di aizzare la violenza, la tramuta in una sorta di sudata perplessità. Manco i soldati dalla terrazza tirano più colpi. «La popolazione - scrive Marullo - fatta per ansia muta, intuisce, si smarrisce e si dirada silenziosa a occultare tra le atterrite famiglie, il tormento angoscioso della propria anima, in cui la sospettata sciagura gravava già col rimorso di una colpa inconsapevolmente commessa!». (...) Continuando nella sua esposizione, Marullo afferma che il giorno dopo (...) «Carri carichi di uccisi, buttati alla rinfusa, l'uno sull' altro - teste e gambe penzoloni - le carni violacee, sanguinolenti ancora, lacerate dalle schegge delle bombe, passano per l'unica via del paese, per trovare sepoltura su la lontana spiaggia, come se responsabili essi fossero della loro morte violenta e, perciò, dovesse essere loro negata la pace nel cimitero del paese! Carri molti passarono così, tra il profondo cordoglio della nostra gente, che nel proprio cuore non trovò che una prece pietosa per le vittime infelici». (...) Secondo (...) altra versione, più credibile, il trasporto di alcuni morti solamente ci fu sì, ma molti giorni dopo. Coincide però il luogo del seppellimento: la spiaggia proprio sotto il Caos, il posto dove nascerà Pirandello. Per indicare che lì c' erano dei morti, ci misero una croce di legno e per questo la località, che prima era anonima, da allora in poi si chiamò «'a crucidda».
Andrea Camilleri
 
 

Il Messaggero, 10.4.2010
Valle. La monografia
Il “Birraio” di Camilleri, spasso alla siciliana

Noto soprattutto come autore di romanzi, Andrea Camilleri allievo dell’Accademia d’Arte Drammatica di Roma, quindi docente presso lo stesso istituto ha sempre stabilito tra teatro e scrittura un rapporto di scambio creativo fra ingegno e fantasia.
Basti pensare agli ultimi lavori, quello pirandelliano con Mitipretese (Festa di famiglia) o quello shakespeariano con Troppu trafficu ppi nenti (ovvero: Molto rumore per nulla). Tratta dall’omonimo romanzo, e adattata dallo stesso Camilleri con il regista e direttore dello Stabile di Catania, Giuseppe Di Pasquale, la pièce narra un fatto “accaduto” nel paese, Vigàta, ben noto ai fan di Montalbano. All’indomani dell’Unità d’Italia il prefetto, un melomane toscano, decide di inaugurare il nuovo teatro del paese con un’opera lirica, ma, anziché scegliere un titolo del celebre conterraneo Vincenzo Bellini, opta per un lavoro di tal Luigi Ricci, ovvero Il birraio di Preston.
La scelta scatena la reazione indignata dei vigatesi. Da un’accesa contestazione si passa all’incendio del teatro, con il carico di simboli che questa escalation di violenza si porta appresso.
Il cast, già applaudito nelle piazze italiane, è capitanato dai bravi Pino Micol e Giulio Brogi. Con loro in palcoscenico anche Mariella Lo Giudice e Gian Paolo Poddighe.
Repliche fino al 25 aprile.
P. Pol.
 
 

l'Unità, 11.4.2010
Chef Camilleri
A proposito di ladri, nemmeno Robin Hood mi stava simpatico. E il Vaticano non può dir niente
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

Corriere della Sera, 11.4.2010
L’omaggio. Camilleri e la “maratona” al Valle di Roma: spettacoli e incontri dedicati allo scrittore
"Il teatro mi festeggia ma non sono un drammaturgo"

Roma - Al Teatro Valle va in scena la «Camilleriana», un per­corso di spettacoli, mise en espa­ce, dibattiti col pubblico dedicati al celebre creatore del Commissa­rio Montalbano. «Ma per favore non la chiami celebrazione! Mi sa un po' di mortifero!», scherza lo scrittore agrigentino dall'alto dei suoi 85 anni in frenetica atti­vità.
Fino al 25 aprile si replica Ill birraio di Preston, rifacimento teatrale di uno dei suoi più fortuna­ti romanzi, riadattato dall'auto­re, qui drammaturgo di se stes­so, con Giuseppe Dipasquale, an­che regista della messinscena. Il 14 aprile, un'intera serata in com­pagnia delle sue opere, una caval­cata tra le pagine più emblemati­che lette da vari attori: da Un filo di fumo a La stagione della cac­cia, dalla Concessione del telefono alle Inchieste del Commissa­rio Collura. Il 19 aprile, un pome­riggio a ingresso gratuito che ve­de Andrea Camilleri scegliere un autore di Racalmuto a lui affine, Gaetano Savatteri, per dare vita insieme a una divertente chiac­chierata con il pubblico in sala sul mondo camilleriano e sul to­pos della sicilianità. Insomma, un viaggio guidato, un omaggio a un grande scrittore, prodotto interamente dallo Stabile di Cata­nia, che quest'anno celebra i suoi cinquant'anni di attività.
«Nasco come regista teatrale, . ma non ho mai saputo scrivere per il teatro: mi sono sempre pa­ralizzato all'atto primo, scena pri­ma», avverte Camilleri, che tutta­via ha riscosso successi anche in palcoscenico con l'adattamento di suoi romanzi. «Forse perché ho fatto tanto teatro come regista, forse perché ne ho un timo­re reverenziale, ma come dram­maturgo la penna mi si blocca». E pensare che è nato nella stessa terra di Luigi Pirandello: «Sì, ma anche lui preferiva scrivere ro­manzi. Era costretto a fare teatro per guadagnare più soldi». Dun­que, si sente più sciolto come romanziere? «Sì, il rapporto con la parola scritta è solitario, assolu­to. Non ci sono intermediari, che invece esistono in teatro: gli atto­ri, il regista, il costumista... Sono abituato alla mia autonomia cui non rinuncio, mentre temo di non fornire materiale adatto alla "mediazione". E in fondo mi pro­curo un danno da solo, perché i personaggi appiattiti sulla pagina, grazie al teatro si alzano, camminano, parlano, prendono vita».
Che ne pensa Dipasquale? Una convivenza difficile con Camilleri in scena? «Con lui si lavora ma­gnificamente: è rispettoso dei ruoli, non interviene mai, non esi­ge una "sua" interpretazione. Ma è difficile drammatizzare i suoi romanzi, data la loro ricca complessità: è un cantore moderno». Precisa lo scrittore: «Non esigo perché il "tradimento" da parte di chi interpreta è necessario».
Ma Camilleri si sente più grati­ficato dal successo che ha nelle librerie, in tv o in palcoscenico? «È. volgare ammetterlo, ma mentre il teatro resta in ambito locale, i miei romanzi sono tradotti in 33 lingue, presto 34 con quella cine­se. Persino la tv rincorre il roman­zo: Montalbano viene trasmesso da molte emittenti straniere e tempo fa mi ha telefonato una ra­gazza che voleva venirmi a trova­re per preparare una tesi sulle mie opere letterarie. Le ho detto che poteva raggiungermi anche subito, ma lei mi ha risposto: "So­no a Wellington!". Confesso che non sapevo dove sta questa cit­tà… ho scoperto che è in Nuova Zelanda!» .
Emilia Costantini
 
 

La Sicilia, 11.4.2010
Il «fenomeno» in 3 pagine del Corriere della Sera

Il Corriere della Sera ha dedicato ieri tre intere pagine con grafici, disegni, foto e commenti al «fenomeno Porto Empedocle».
Affidando a firme di primo piano tra le quali Gian Antonio Stella, Sergio Rizzo (quelli de «La Casta», ndr) e anche Andrea Camilleri, l'inchiesta, il Corsera ha voluto porre all'attenzione nazionale la rinascita di un paese per anni abbandonato. Quasi un romanzo «a sei mani» iniziato con «flash» sulla mattanza di mafia degli anni 80 e 90, passando attraverso il presente delle opere incompiute, l'attività di rilancio svolta dall'attuale amministrazione comunale retta dal sindaco Calogero Firetto e una fredda ma favorevole analisi sull'imminente avvio dei lavori di costruzione del rigassificatore.
Il tocco di classe a questo lavoro di alto impatto mediatico è stato dato dalla pagina dedicata interamente alla pubblicazione di un corposo stralcio de «La strage dimenticata» di Camilleri. Quasi un pretesto per parlare della Torre di Carlo V fresca di restauro quasi ultimato, simbolo di un paese - anzi di una città - meritevole di tre pagine sul Corriere della Sera.
«E' un premio, una gratificazione per quanto si sta facendo» ha commentato il sindaco Firetto.
f.d.m.
 
 

RIFF – Roma Independent Film Festival, 11.4.2010
“Il gioco” by Adriano Giannini
Italy, 2009, 35mm - Color - 16'
domenica 11 - Nuovo Cinema Aquila -sala 1 - ore 20.00

Tratto da una novella di Andrea Camilleri intitolata Il gioco della mosca, Il gioco è il cortometraggio di Adriano Giannini al suo primo lavoro come sceneggiatore e regista che è stato presentato Fuori Concorso alla nona edizione del RIFF. Lo spunto di Giannini viene da una dichiarazione dello scrittore siciliano secondo cui la meditazione attuata durante il gioco della mosca ha definito il destino di molti tra cui il suo che a furia di raccontarsi storie vere o inventate in attesa di vedere la mosca, è diventato regista e scrittore.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 11.4.2010
"Questa terra di eccellenze si risvegli dall'elettroshock"

[…]
Nel 1963, per una serie di coincidenze, mi ritrovai a partecipare all'inaugurazione del Teatro Stabile di Catania, a soli 17 anni, come interprete di "Questa sera si recita a soggetto" di Pirandello, al fianco di Ave Ninchi e Turi Ferro. Facevo la parte di uno dei sottotenenti. Mi chiamavano Gullottino per quanto ero piccolo, un soprannome che m'è rimasto. Sono restato dieci anni allo Stabile: una scuola straordinaria, nella quale ho incontrato personaggi come Mario Giusti, Turi Ferro, Salvo Randone, Pippo Fava, un Andrea Camilleri giovanissimo. Una scuola che mi ha forgiato anche sul piano civile, della dignità, della disciplina in questo lavoro».
[…]
Mario Di Caro
 
 

Sicilia 24 ore, 12.4.2010
Andrea Camilleri primo firmatario di un appello per le biblioteche siciliane

Il governo regionale, nella bozza di ripartizione in capitoli del bilancio di previsione per l’anno 2010,  pubblicata ad inizio 2010,  ha previsto pesantissimi tagli per il settore delle Biblioteche, che hanno praticamente azzerato i fondi già irrisori previsti negli anni precedenti. Tale circostanza ha suscitato l’allarme dell’AIB (Associazione Italiana Biblioteche), di cui si è ampiamente parlato in un articolo precedente.
Nell’approssimarsi della discussione all’ARS della legge di Bilancio e della successiva approvazione definitiva, che dovrà avvenire entro il prossimo 30 aprile pena lo scioglimento dell’Assemblea e il commissariamento della Regione Sicilia, l’AIB  ha predisposto un appello – sottoposto a buona parte degli intellettuali siciliani per l’adesione e del quale Andrea Camilleri ha accettato di essere il primo firmatario – rivolto ai parlamentari e al governo regionali «affinché ritornino sulle loro decisioni, non penalizzando ulteriormente le biblioteche siciliane, ma sostenendole con un piano straordinario di interventi per la modernizzazione di questi preziosi istituti, che preveda innanzitutto la necessaria legge per la riorganizzazione e lo sviluppo del settore, che ancora manca in Sicilia».
«Le biblioteche pubbliche costituiscono ovunque nel mondo un istituto fondamentale, un servizio pubblico essenziale per la crescita democratica dei cittadini, per garantire a tutti il libero accesso alla informazione e alla conoscenza.
Come stabilisce il Manifesto UNESCO per le biblioteche pubbliche, la partecipazione costruttiva e lo sviluppo della democrazia dipendono da un’istruzione soddisfacente e da un accesso libero e senza limitazioni alla conoscenza, al pensiero, alla cultura e all’informazione. Le biblioteche sono una condizione essenziale per l’apprendimento permanente, l’indipendenza nelle decisioni, lo sviluppo culturale dell’individuo e dei gruppi sociali.
Un’amministrazione che negasse questi diritti, tagliando servizi pubblici essenziali come la biblioteca e la scuola, non sarebbe idonea a governare un paese civile.»
Purtroppo pare che il governo regionale non sia particolarmente disposto a tornare sui propri passi, neanche per interventi che non necessiterebbero di stanziamenti aggiuntivi come il mantenimento degli attuali servizi per i beni bibliografici presso le Soprintendenze.
Ci chiediamo pertanto se tale accanimento nei confronti delle biblioteche e della cultura in generale sia casuale o voluto.
 
 

Adnkronos, 12.4.2010
Tv: Belen Rodriguez nei nuovi episodi di 'Montalbano'

Roma - Iniziano questa settimana le riprese di 4 nuovi episodi della serie televisiva 'Montalbano' con Luca Zingaretti. Ma la novita', come rivela 'Tv Sorrisi e Canzoni' in edicola domani, e' che al fianco dello schivo commissario ci sara' Belen Rodriguez. Le trattative, rivela il settimanale, sono ancora in corso, ma pare proprio che la showgirl argentina interpretera' la parte di una bella spagnola. Altre guest star sarebbero Isabella Ragonese e Ana Caterina Morariu. E Luca Zingaretti? Anche se l'attore romano ha piu' volte "minacciato" di abbandonare il suo personaggio, alla fine lo riprende sempre e sempre volentieri, tanto che dice: "Non posso piu' farne a meno. Ma credo che, senza peccare di superbia, anche il commissario non puo' piu' fare a meno di me". I quattro nuovi episodi sono tratti da altrettanti romanzi di Camilleri e sono: "L'eta' del dubbio", "La danza del gabbiano", "Il campo del vasaio" e "La caccia al tesoro". Si inizia a girare in Sicilia, ma poi il set si spostera' a Roma. Il costo di ogni episodio si aggira intorno ai tre milioni di euro.
 
 

Affaritaliani.it, 12.4.2010
In&Out/ Crozza riappare in tv... alla Fiorello

[…]
OUT: Luca Zingaretti. Il suo commissario Montalbano era un esempio di fiction televisiva di qualità, ben fatta, senza inutili orpelli e sensazionalismi ma non per questo noiosa (anzi). Ora, nella nuova serie di quattro episodi di cui iniziano in questi giorni le riprese, debutta nientemeno che Belen Rodruiguez, "prezzemolina" del piccolo schermo. Capiamo le esigenze di Auditel in un momento in cui la tv continua a perdere ascolti, ma la caduta di stile è evidente...
 
 

La Stampa, 12.4.2010
Nuovi Montalbano, arriva Belen
Al via le riprese dei nuovi episodi.

Roma. [...]
«Stiamo trattando - conferma all’agenzia Ansa il produttore Carlo Degli Esposti della Palomar -. Le trattative sono ancora in corso: per la Rodriguez ci potrebbe essere il ruolo di una bella spagnola nell’Età del dubbio che è uno dei nuovi quattro gialli».
[...]
Per mercoledì è attesa la replica del Gatto e il cardellino.
 
 

Corriere della Sera, 12.4.2010
Scrittori
Gunnar Staalesen, l'hard boiled che viene dal Nord

Il Grand Tour di Gunnar Staalesen, «papà» del giallo nordico parte da Milano. [...] «Apprezzo la vostra letteratura», dice il 64enne scrittore norvegese. «Sia quella di duemila anni fa, a scuola ho studiato gli autori latini; che quella di oggi: Dario Fo, Moravia». Giallisti? «Camilleri e Fruttero & Lucentini». [...]
Severino Colombo
 
 

Il Velino, 13.4.2010
RaiTrade, il made in Italy conquista anche Iran e Apple

Cannes - [...] Ottimi riscontri pure per [...] il Commissario Montalbano (dopo essere stato confermato con i nuovi quattro episodi nei 50 paesi dove è già conosciuto - tra questi figurano le nazioni più svariate dal Kazachistan alla Colombia - il personaggio nato dalla penna di Andrea Camilleri comincia a parlare anche giapponese e tra qualche giorno sarà proiettato all'Istituto Italiano di cultura a Tokyo). [...]
onp
 
 

Corriere del Mezzogiorno, 13.4.2010
L'incontro
Intellettuali e conformismo: una guerra civile strisciante che si combatte in Italia
Pierluigi Battista parla del suo ultimo libro dedicato agli oscurantismi: una denuncia della «deriva» in cui viviamo

Bari - Parte da una riflessione di lungo periodo sul rapporto tra politica e cultura il libro «I conformisti» di Pierluigi Battista, dedicato ai nuovi oscurantismi intellettuali italiani e presentato questa sera a Bari dall’autore.
[…]
A parte Camus e Sartre, ci fa qualche esempio di intellettuali italiani in cui ha riconosciuto tratti conformistici?
«Attraverso la formula della lettera aperta, nel libro mi sono rivolto a due intellettuali italiani contemporanei, criticandoli per aver assunto in qualche caso atteggiamenti conformistici. Uno è Andrea Camilleri, un grande scrittore, autore di libri di successo e certamente sensibile ai problemi dell’Italia di oggi, ma al quale è capitato, un paio di anni fa in un liceo romano, tra il tripudio degli studenti, di dire testualmente "Mariastella Gelmini non è un essere umano".
[…]
Felice Blasi
 
 

Teatro Valle, Roma, 14.4.2010
Camilleriana
Ore 20,45

“Ho avuto una frequentazione quarantennale o quasi di Shakespeare, di Cechov, e questo ha influito sicuramente sulla mia scrittura, perché se hai ricevuto tante e tali lezioni e poi non scrivi in un certo modo sei proprio un idiota…”, così Andrea Camilleri sul teatro. E, con un evento interamente dedicato, il teatro rende doveroso omaggio a questo autore che ha tramutato il linguaggio dei contadini in lingua letteraria viscerale e raffinata, che ha fatto della Sicilia la metafora di quell’universo nel quale noi tutti viviamo, che si pone come sintesi e, nello stesso tempo linea di fuga della nostra tradizione letteraria.
La Camilleriana è una cavalcata nell’opera dell’autore, un viaggio a Vigata dalla porta del tempo: da UN FILO DI FUMO a LA STAGIONE DELLA CACCIA, da LA CONCESSIONE DEL TELEFONO a LA MOSSA DEL CAVALLO, da IL RE DI GIRGENTI a LE INCHIESTE DEL COMMISSARIO COLLURA. La Sicilia di Camilleri è una elaborazione storica del lutto con il quale è stata narrata finora questa splendida terra, attraverso il riso e l’ironia. In un esempio sublime e divertito di narrazione dei caratteri, la Sicilia, il suo mondo, i suoi personaggi vengono ammantati, attraverso la lingua camilleriana, da una luce solare, vivida di colori e ricca di sfumature. Non più la Sicilia delle madri, del dolore, della eterna dominazione straniera, ma quella del germe del paradosso siciliano: vivere della disdetta della propria natura e, in più, riderci sopra. Non più la terra delle lacrime che piange sulla sua inconsolabile tragedia, ma una Sicilia ironica e distaccata, che riconosce di essere essa stessa causa del suo male, e di rintracciarne i germi in una prassi naturale al paradosso. Ciò non significa disconoscere il movente di un lutto legittimo e storico, ma, finalmente, non lamentarne più astrattamente la mancata soluzione. Con i personaggi di Camilleri spariscono di colpo gli adagi del mondo offeso, del siamo come dei e via discorrendo. Come se, sullo specifico tema Sicilia, si fosse compiuta - grazie anche a scrittori come Vittorini e Tomasi di Lampedusa - una catarsi che, per corso naturale, ha illuminato il lato comico di quell’atteggiamento.
 
 

Il Fatto Quotidiano, 14.4.2010
Pd, Camilleri: 'Così si suicidano'
Persa anche Mantova ai ballottaggi, Bersani parla di "correzioni".

Nel fumoso studio di Andrea Camilleri oggi si parla del Pd un po’ in cenere. "Io non appartengo al Pd. Posso, quando sono disperato davanti alla scheda, al massimo votarlo. Come si dice a Firenze: il Pd tiene l’anima coi denti. È più di là che di qua. Dalla parte avversa invece c’è molta aggressività. Come la polizia quando si mette lo scudo antisommossa, abbassa le visiere e attacca alla cieca. Da quest’altra parte non c’è che una flebile resistenza. Chi sta appena dietro la prima linea, sembra dire: trovate un accordo, invece che farvi menare".
Accordo tra chi e chi?
L’accordo si fa in Parlamento. Lo sostiene Bersani e pure la Costituzione. Ma noi non siamo nei termini costituzionali, siamo dentro una democrazia finta. La maggioranza in Parlamento va avanti a voti di fiducia e decreti, mettendo a tacere l’opposizione.
L’opposizione parlamentare è un’utopia?
Sì. L’unica possibilità è che l’opposizione si faccia anche fuori. Esattamente come la Lega.
Politica sul territorio?
L’astrazione in politica non esiste. In politica esiste questa casa, questa via, la casa accanto e la via accanto. Una volta c’erano le sezioni con gli attivisti. Eravamo sfottuti noi del Pci che avevamo sezioni e agit-prop. Era quello che teneva in piedi il partito. Il mio amico Leonardo Sciascia disse una volta che c’erano due parrocchie: quella del Pci e quella vera. Ecco, una ha continuato a esistere. L’altra è scomparsa. A Raiperunanotte hanno parlato i centenari, Dorfles e Monicelli. E le cose più giuste, che hanno atterrito i cinquantenni, le ha dette Monicelli parlando di rivoluzione. E sconvolgendo Giovanni Floris che ha cercato subito di metterci una pezza.
Cosa vuol dire rivoluzione?
Nessuno di noi è così cretino da pensare che sia 'bandiera rossa e scendiamo tutti in piazza'. Monicelli vuol dire che se non si hanno idee rivoluzionarie rispetto al contesto politico attuale, con questa gente non andiamo da nessuna parte. Come disse un altro regista. In politica non si può essere un uomo buono per tutte le stagioni. Ci sono stagioni buone per ogni uomo politico.
Parliamo di D’Alema?
D’Alema è come il fantasma dell’opera: non si sa mai che fa nel sottopalco. Si è detto che Bersani è una creatura di D’Alema. Magari.
E invece che cos’è?
Uno che non tiene conto delle sollecitazioni che gli arrivano. Dai 49 senatori, da Prodi. E allora? Il marxismo prendeva atto della realtà e agiva di conseguenza. Oggi nessuno è marxista perché è un marchio d’infamia e nessuno tiene conto della realtà.
Se Bersani fosse un personaggio letterario?
Sarebbe Rubè di Peppe Antonio Borgese: non sapendo che cosa fare, a un certo punto viene travolto dai cavalli della polizia tentando di mediare tra destra e sinistra. Non gli auguro certo questo destino.
Soluzioni, allora.
Ci vuole uno slancio di utopia. Finché questi - come diceva Guicciardini - restano ancorati al particulare, alle poltrone, si muore soffocati. Stanno dentro un pallone, non sono più sulla terra. Non sanno, anche se lo dicono, cosa sono i problemi reali. Ma proclamarlo non basta, perché dall’altra parte c’è un muro. Allora devi trovare i modi per vincere e poi occuparti delle cose vere.
Ecco, il lessico del Pd sembra un po’ altrove. Bersani dal Messaggero: "È possibile rafforzare sia gli elementi di pluralità che i presidi dell’unità". Ma che vuol dire?
È un segno, sono bloccati nel tempo. 'Ce l’ho duro' è un modo di comunicare. Volgare, populista, ma se la gente vuole questo non puoi parlare con 'i presidi dell’unità'.
Bersani ha brindato al risultato delle Regionali.
Quando ero piccolo si studiavano i detti di Fra Galdino. Me ne ricordo uno. Due contadini zappano, ad un certo punto uno si china e s’inzecca un ramo nell’occhio. E dice: meno male. E l’altro: perché meno male? Perché se il ramo era forcelluto, di occhi me ne cavava due. Per favore, lo racconti a Bersani.
Cosa pensa delle "riforme condivise"?
Vizio antico. La Bicamerale mica l’ho inventata io. Però un pregio ce l’ha avuto: ha sdoganato Fini.
È una fortuna?
Gesù mio, sì. A me non frega niente se le sue posizioni sono frutto di una tattica. Ci fa vedere una destra europea che si può rispettare. Davanti a un guastatore continuo della Costituzione come Berlusconi, chi difende i principi ha la mia solidarietà. Anche se oscilla.
A proposito di baluardi: e Napolitano?
È lui che dovrebbe reclamare più potere, non Berlusconi. Se gli capita una legge che non gli va giù gliela possono rimandare così com’è e lui la deve firmare.
Il rinvio, in alcuni casi, avrebbe potuto essere un messaggio politico.
Io avrei fatto come lui: Napolitano sa che se ora piove, tra poco grandinerà.
Hanno fatto la Padania. Cosa ne pensa un siciliano?
Sono segni di scricchiolamento della nazione Italia. La crisi ha accelerato il processo di padanizzazione. Hanno pensato: qui c’è la ricchezza, teniamocela, pensiamo ai cazzi nostri. Vedo lo spettro di un Sud sempre più povero.
Il Pd ha fatto passi falsi anche a Sud. Come la candidatura di De Luca.
Quelli del Pd sono come i lemuri che a un certo punto dell’anno s’inquadrano tutti e si buttano a mare. Ma dico: fatevi visitare. Mettetevi in analisi.
A Enna si parla di una candidatura di Crisafulli, che fu coinvolto in un’inchiesta di mafia.
Sì, lì vince. Però...
Però cosa?
Se Berlusconi lo si combatte su questo campo, a criminale criminale e mezzo, noi siamo perdenti perché non ce l’abbiamo una disponibilità umana così importante. Per uno di loro ne dovremmo trovare uno e mezzo. Ma con tutta la buona volontà noi possiamo avere cose da poco e comunque perdiamo.
Si è prospettata, con Saviano, una soluzione “esterna alla politica” per il Pd. Cosa ne pensa?
Non si può andare avanti con la politica tradizionale se dall’altra parte vince chi fa una politica non tradizionale. Allora chi ci metti davanti? Un Papa straniero? Catone il censore rispondeva sempre a tutto delenda Carthago. Se politicamente non si elimina Berlusconi, io dico sempre delenda Carthago. La soluzione giudiziaria mi fa paura come quello che gli tira la statuetta.
Quale soluzione giudiziaria? Se ci sono reati vanno perseguiti.
Così il premier diventa un martire. La magistratura oggi fa il suo mestiere. Fino a Mani pulite, era un pilastro del governo. Ora che la magistratura ha trovato una sua autonomia, l’hanno buttata in politica. Come se prima non lo fosse. Mi piace di più sapere che da qui a tre anni Berlusconi avrà perso altri milioni di voti. Perché se li perde non li perde per "colpa" della sinistra, li perde perché la gente si sta rendendo conto.
Si renderanno conto che fino ad oggi si è occupato di materie che lo interessano, come la giustizia?
Certo. Ma quando mai si è occupato del Paese? Il 99 per cento delle leggi sono pro domo sua.
La patente a punti è stata una cosa buona.
Mussolini fece la battaglia contro le mosche.
Travaglio ha scritto sul Fatto di ieri ‘La legge è uguale per gli altri’.
Perfetto. È La fattoria degli animali. Nel momento in cui uno dice ‘non mi rompete le scatole, non mi processate adesso, ne parliamo tra un anno’ cade qualunque impalcatura. Propongo di levare il cartello ‘La legge è uguale per tutti’ dai tribunali: ci facciamo ridere dietro.
Ci crede al regime?
Sono stato uno dei primi a parlare di regime, nel ‘94 con Bobbio e Sylos Labini. Fui sputtanato e sbeffeggiato da tutti. Toh, c’è aria di regime. Ma davvero?
A cosa andiamo incontro?
Al sogno di Calderoli. Nel 2013 avrete un capo del governo leghista e Berlusconi presidente della Repubblica. Io a settembre faccio 85 anni. Auguri a voi.
Silvia Truzzi
 
 

Teatrionline, 14.4.2010
La favola e il sogno ne "Il Birraio di Preston" di Andrea Camilleri al Teatro Valle di Roma

Siamo nel paesino di Vigàta, Sicilia, nella seconda metà dell’Ottocento, dove il Prefetto Bortuzzi (fiorentino) decide di aprire la stagione del nuovo teatro civico con Il Birraio di Preston di Ricci, un melodramma in stile settecentesco di scarso valore artistico, già fischiato alla Scala di Milano. Nel paese tutti vorrebbero in scena un’opera del catanese Vincenzo Bellini, ma il Prefetto, usando la sua autorità imporrà il Birraio che scatenerà una serie di eventi violenti che coinvolgeranno la città fino all’incendio del teatro. E proprio sull’incendio del teatro, come flashback iniziale, si apre lo spettacolo, con gli attori che invadono la platea e che, oltre il sipario ancora calato e le luci accese, parlano a voce alta catalizzando l’attenzione del pubblico fino a far scemare l’iniziale brusio. Ma se si entra nello spettacolo gradualmente, si viene poi subito trascinati nella dimensione onirica, fiabesca e storica dell’allestimento. Vicenda per la verità piuttosto intricata e complicata in cui si muovono intrecciandosi, i numerosi personaggi (fra cui “prepotenti e uomini di rispetto), i monologhi e i litigi, l’amore e l’erotismo, i pettegolezzi e la politica, la comicità sardonica e farseschi momenti del coloratissimo loggione che contesta l’opera. Fino al beffardo finale. Insomma comicità e colorato affresco storico si (con)fondono nello spettacolo tratto da Il Birraio di Preston, da uno dei migliori romanzi di Camilleri, riadattato dallo stesso autore e dal regista Giuseppe Dipasquale e allestito dal Teatro Stabile di Catania che festeggia quest’anno il suo cinquantenario. Il linguaggio (un colorito siciliano italianizzato, ma anche il piemontese, il fiorentino e il romano) si unisce alle gustose e tipiche caratterizzazioni dei personaggi e alla modernità della vicenda, che, pur ambientata alla fine dell’ottocento non nasconde i punti di contatto con la contemporaneità. Lo spettacolo come ha dichiarato lo stesso Camilleri (che ha “resistito un bel po’ prima di accettare l’ipotesi di una riduzione per il teatro di questa mia opera letteraria”) propone una struttura drammaturgica che salvaguarda la “scomposizione temporale del romanzo, ma condotta in modo da localizzare scenicamente il tutto in un luogo che fosse ad un tempo un teatro e il luogo dell’azione del racconto”. L’ottima e (movimentata) regia di Dipasquale, che offre incontenibili spunti inediti, è ricca di sorprese e di sovrapposizioni in cui si alternano i diversi piani del racconto, dal sogno, al teatro, dalla realtà alla favola fino alla voce registrata di Camilleri che legge il romanzo o all’incipit della battute date da uno strepitoso Pino Micol nel ruolo dell’Autore. Proprio l’Autore, in tight ottocentesco, presenta i frammenti della vicenda, scomposti e discontinui, rivolgendosi al pubblico, spiegando la trama, introducendo i personaggi, entrando direttamente nei dialoghi, salvo poi tirarsene fuori. Interessante poi che i frammenti narrativi vengano portati sulla scena in successione di quadri in cui gli attori appaiono all’inizio come immobili statue per poi parlare. Attenzione: la forza dello spettacolo consiste nella sua dimensione onirica e paradossalmente comica al tempo stesso, strutturata nella complessità della vicenda. Belli i costumi ottocenteschi di Gemma Spina: l’idea è che tutti gli attori vestano infatti biancheria intima d’epoca su cui vanno indossati via via particolari, da giacche a cravatte, da scarpe a cappelli che riescono a denotare la folla dei personaggi con pochi determinanti elementi. D’effetto le scenografie di Antonio Fiorentino, non ricche, ma efficaci grazie anche ai fondali e alle continua sovrapposizioni di teli. Fondamentale anche l’apporto delle luci che disegnano la scena e scolpiscono i personaggi, tagliandoli sulla scena. Lo spettacolo porta sulla scena un nutrito gruppo di bravissimi attori d’esperienza, fra cui dobbiamo almeno citare in particolare Pino Micol, elegante e coinvolgente Autore, il grande Giulio Brogi, il serio e innamorato delegato Puglisi e l’emozionante Mariella Lo Giudice, che interpreta la romantica vedova che parla del suo amore con un allusivo linguaggio marinaresco. Uno spettacolo che mantiene intatto lo spirito ironico del romanzo e a tratti surreale restituendone almeno in parte la squisita letterarietà. Impossibile non correre ad acquistare il romanzo dopo aver visto lo spettacolo che rimane in scena fino al 25 aprile.
Fabiana Raponi
 
 

Circolo dei lettori - Biblioteca Villa Leopardi - Roma, 15.4.2010
Camilleri si ripete? No

Questa nuova opera di Andrea Camilleri, che esce per i tipi di Sellerio, in due edizioni, una destinata ai lettori e l’altra corredata di audiolibro (5 CD) in cui l’opera è letta dalla viva voce dell’autore, è davvero una chicca.
La forma, come scrive l’autore in una nota, ripete la soluzione adottata per quel capolavoro che è stato per tutti noi stimatori dell’”Empedoclese”, “La concessione del Telefono” (Sellerio, La Memoria, 1998).
L’opera (Il nipote del Negus, ed. Sellerio, La memoria, 2010), simile al predecessore solo nella forma, è ispirata ad una vicenda reale, come sono tutte le opere di Camilleri. Si suddivide in parti (macrocapitoli), alcune composte da insiemi di fascicoli – detti, con termine tipico, carpette – in cui sono raccolte corrispondenze tra autorità, che chiamerei documenti burocratici, alternate da altre parti, dette Frammenti di parlate, che invece contengono ipotetici discorsi tra i paesani, in dialetto. La storia è ambientata nella zona prediletta da Camilleri per le storie del Commissario Montalbano, cioè nei paesi di Vigata e Montelusa (che in realtà corrispondono a Scicli – località del ragusano – e Ragusa). Siamo negli anni ’30.
Mentre nelle Carpette, Camilleri è abile saggista delle tipiche maniere in uso nella burocrazia del tempo, non molto diverse da quelle in uso oggi, a parte lo stile linguistico, nei Frammenti di parlate le cose sono condotte diversamente: salta subito agli occhi del lettore la saggezza popolare e l’aspetto caratteristico del giudicare del popolino, poco avvezzo al rispetto di forme o di tradizioni classiche della cultura.
Il libro è delizioso, sotto entrambi gli aspetti – linguaggio dei burocrati e folklore popolare del luogo. In questo, dopo aver sorriso notevolmente alle vicende descritte nell’analogo romanzo predecessore, il lettore si trova immerso in una vicenda estremamente variopinta, intessuta delle opinioni del tempo riguardo le persone di colore e le loro prerogative. La vicenda del fidanzamento del protagonista ne è il coronamento: c’è tutta la società dell’epoca nella sua conduzione e sembra quasi di ricordare alcuni passaggi de “Il gattopardo” di Tomasi. Spero di non aver esagerato, da buon amante delle tradizioni siciliane…
L’alternarsi di Carpette e Frammenti di parlate consente al lettore una discreta ginnastica mentale tra le vicende del nipote famoso e le preoccupazioni dei vari “burocrati” (prefetto, questore, vescovo, ecc.), per cui si segue la vicenda facendo continui passaggi da un ambiente all’altro. Trovo che proprio questa “scenografia” del romanzo denota quella formidabile caratteristica di Camilleri che fa tornare lo “scrittore” alla sceneggiatura e regia teatrale, rendendolo unico. Pirandello, suo compaesano, ne sarebbe orgoglioso… ma, fatti i necessari passaggi, penso che lo sarebbe anche Scarpetta, di altra tradizione, regionalmente parlando…
Come al solito, non voglio raccontare il romanzo: me ne vorrebbero tutti i lettori che l’hanno già letto e – soprattutto – quelli che debbono ancora leggerlo. Mi piace dire invece che trovo questo romanzo più divertente e movimentato de “La Concessione del telefono”, e che fa gustare, ancor più di quello, l’aspetto folkloristico della tradizione popolare e del modo di pensare siciliani.
Lavinio Ricciardi
 
 

TV Sorrisi e Canzoni, 15.4.2010
Auditel di mercoledì 14 aprile: Montalbano vince la serata in valori assoluti, ma «L’Isola dei famosi» lo supera in share

«Il gatto e il cardellino», film-tv della serie «Il commissario Montalbano», è stato visto da 5.347.000 spettatori, pari al 19.86% di share. Al suo 4° passaggio su Raiuno, la fiction con Luca Zingaretti ha superato in valori assoluti (ma non in share) l’ottava puntata de «L’isola dei famosi» (Raidue) che ha ottenuto una media di 4.775.000 spettatori (21.52%).
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Panorama, 15.4.2010
L'accademia della fuffa

Il sopravvalutare di uomini e cose nel costume nazionale è il tic rivelatore della nostra stanchezza culturale. Certo, sopravvalutare è anche una deriva del familismo, altrimenti non vedremmo mai uno come Umberto Bossi portarsi dietro, nei vertici politici perfino, la sua «trota», quel ragazzone di Renzo, suo figlio. Evidentemente lo sopravvaluta, ahinoi, per affetto.
Ma il sopravvalutare dei sopravvalutati, un vero e proprio olimpo di mammasantissima del pensiero dominante, è una pratica dell'autoritarismo conformista. «Tanto per cominciare» così spiega Pierluigi Battista, editorialista del "Corriere della sera", autore di "I conformisti, l'estinzione degli intellettuali" (edizioni Rizzoli, 221 pagine, 18 euro), «con tutto questo disseminare di piedistalli si ottunde lo spirito critico. Per accedere alla cerchia ristretta dei sopravvalutati bisogna fare gli straordinari. Non basta più scrivere buoni libri ed essere bravi romanzieri.
Uno come Andrea Camilleri, per esempio, deve poi timbrare il cartellino e andare anche alla manifestazione con "Micromega" sotto al braccio e così, automaticamente, passa dalla condizione di grande scrittore a quella di maître- à-penser».
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Pietrangelo Buttafuoco
 
 

Adnkronos, 16.4.2010
Premi: 'Elsa Morante Ragazzi', vincono Capriolo Gatti e Rinaldi

Roma - ''No'' di Paola Capriolo (edizioni El), ''L'eco della frottola'' di Fabrizio Gatti (Rizzoli) e ''Pianoforte'' di Patrizia Rinaldi, (edizioni Sinnos) sono i tre libri vincitori dell'edizione 2010 del Premio ''Elsa Morante-Ragazzi''. Lo ha annunciato la giuria del premio presieduta da Dacia Maraini e composta da Andrea Camilleri, Francesco Cevasco, Enzo Colimoro, Maurizio Costanzo, Chiara Gamberale, Emanuele Trevi, Teresa Triscari e Tjuna Notarbartolo (direttore della manifestazione).
 
 

BlogSicilia, 16.4.2010
L’ascesa di Morgana, da PC – Panelle e Crocché al Commissario Montalbano

Ragusa. L’abbiamo conosciuta nel primo casting di PC – Panelle e Crocché, all’Antica Focacceria San Francesco. Si è subito fatta notare e di certo non potevamo farcela scappare…
Si tratta naturalmente di Morgana Gargiulo, che nella web sitcom ha interpretato il ruolo di Ramona, con successo… considerato che è arrivata la chiamata persino dal Commissario Montalbano.
Proprio così! Vedremo Morgana nei panni dell’amante di un boss mafioso in un’altra indagine del famosissimo personaggio creato da Andrea Camilleri, interpretato magistralmente da Luca Zingaretti.
La palermitana ha raccontato a BlogSicilia che “è stato bellissimo aver lavorato con dei veri professionisti e conoscere di persona chi guardavo in televisione. Splendido avere trucco, parrucche, abiti… un’autista! Proprio come una star!”
 
 

Adnkronos, 17.4.2010
Teatro: conversazioni siciliane con Andrea Camilleri al Valle di Roma

Roma - Conversazioni siciliane al Teatro Valle di Roma. Dopodomani alle 18.30 Andrea Camilleri sceglie uno scrittore di Racalmuto a lui affine per eredita' e temperamento, Gaetano Savatteri, per dare vita a una serrata e divertita conversazione sul topos della sicilianita', nella sua forte, identitaria valenza culturale. Autore noir legato a un profondo magistero sciasciano - da L'attentatuni a La congiura dei loquaci, fino al piu' recente I ragazzi di Regalpetra, tutti editi da Sellerio -, Savatteri dal 1980 ospita sul suo piccolo periodico di Racalmuto, Malgrado tutto, l'intera tradizione letteraria siciliana, dallo stesso Sciascia a Gesualdo Bufalino, da Vincenzo Consolo a Giuseppe Bonaviri, Matteo Collura e, appunto, Andrea Camilleri.
I colori dell'isola, la sua vampa stordente, i profumi inconfondibili, la ritualita', la tellurica vitalita', l'ancestrale omerta', la famigghia potente e claustrofobica, l'intreccio della Storia e delle storie, tra leggenda e mistero: questa e' la terra siciliana, la comune matrice culturale e umana di Camilleri e Savatteri, che riempie le loro pagine, capace di affascinare e inquietare, con ironia e senso del paradosso, i loro lettori affezionati. Con questo incontro si completa l'omaggio che il Valle ha dedicato al cantore di Vigata, inserito nella monografia del Teatro Stabile di Catania.
 
 

SiciliaToday, 17.4.2010
Settimana della Cultura, il Teatro Stabile di Catania propone “conversazioni siciliane” con Camilleri e fiabe popolari

Catania – Prima tappa: una caustica riflessione sulla sicilianità con Andrea Camilleri. Seconda tappa: un’innovativa incursione nella tradizione isolana delle fiabe popolari. Sono i due appuntamenti che il Teatro Stabile di Catania programma per la Settimana della Cultura, con il patrocinio della Regione Siciliana–Assessorato ai Beni Culturali, Ambientali e Pubblica Istruzione.
Lunedì 19 aprile al Palazzo della Cultura, in collaborazione con il Comune di Catania-Assessorato alla Cultura, avrà luogo alle 18,30 il collegamento video con il Teatro Valle di Roma per assistere in diretta a “Conversazioni siciliane” con Andrea Camilleri e Gaetano Savatteri. Andrea Camilleri sceglie lo scrittore e giornalista di Racalmuto, a lui affine per temperamento ed eredità culturale, per dare vita a una serrata e divertita conversazione sul topos della sicilianità, nella sua forte, identitaria valenza culturale.
Il pomeriggio culturale s’inserisce infatti nell’ambito dell’omaggio che il Teatro Valle tributa in questa settimane al cantore della sicilianità per eccellenza, autore di tanti e importanti romanzi nati dai suoi personali studi sulla storia della Sicilia e traslati da una lingua che è reinvenzione del dialetto e recupero di parole contadine.
All’incontro parteciperà anche Giuseppe Dipasquale, direttore dello Stabile etneo, legato a Camilleri da un lungo sodalizio artistico. Per l’occasione, il palcoscenico romano mette infatti in scena “Il birraio di Preston”, migliore “novità teatrale” all’ultima edizione del Premi Eti, dal romanzo omonimo adattato dall’autore insieme a Giuseppe Dipasquale, che cura anche la regia. Interpreti principali Pino Micol, Giulio Brogi, Mariella Lo Giudice, Gian Paolo Poddighe.
Alla programmazione dello spettacolo si sono aggiunte altre due iniziative: “Camilleriana”, una serata evento interamente “dedicata” all’autore attraverso un’ampia cavalcata nella sua vasta produzione, e appunto la brillante conversazione siciliana che verrà proposta in collegamento anche al pubblico catanese.
[…]
 
 

l'Unità, 18.4.2010
Chef Camilleri
Non solo Prodi. Il popolo delle primarie trovi soluzioni
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

Il Messaggero, 18.4.2010
Serata speciale con tutti gli attori del “Birraio”
Camilleriana
La monografia dedicata allo scrittore fino al 25 aprile

Vigàta, il mitico paese siciliano creato da Andrea Camilleri, sulla carta geografica della Sicilia non compare. Lo scrittore di Porto Empedocle lo ha inventato: per sé, per Montalbano, per un mondo di avventure degno del realismo magico latino-americano. Ma i posti, i tipi, i suoni, le natura che circonda Vigata, sono vivi e veri. Basta passare dalle pagine dei romanzi alle strade che, sotto Siracusa, tirando a sinistra, vanno verso Ragusa e la sua Marina. A Punta Secca, ovvero Marinella, vive Salvo Montalbano, nella bella casa con terrazza che affaccia sul mare. Nei campi crescono i fichi d’India, assieme ai sogni febbrili della gente. E le vampe d’agosto non perdonano nessuno. Ti guardi intorno, respiri, e capisci come la Sicilia continui ad alimentare, tanti secoli dopo Omero, il vero e il falso, il verisimile, l’iperbolico. Capisci perché la monografia dedicata dall’Eti a Camilleri (al Valle di Roma, fino al 25), faccia ogni sera il pieno, con allegria. In scena c’è Il birraio di Preston, spettacolo che lo Stabile di Catania, nel cinquantenario della sua fondazione, ha recentemente riallestito, a dieci anni dalla prima edizione. Siamo a Vigata, ovviamente, nel lontano 1874. Il prefetto Bortuzzi, “straniero” di Firenze, si incaponisce a voler inaugurare la locale stagione lirica con un’opera sconosciuta, Il birraio di Preston, appunto, di un certo Ricci. E si scatenano le reazioni del paese. Nessuno è d’accordo, a partire dal signor Questore per arrivare al più accidioso frequentatore del Circolo, contando militari, mafiosi, operai, trafficanti, ragazze, donne maritate, uomini soli. Il no è compatto, trasversale, interclassista. Carica di allarme, stizze segrete, humour, impagabili siparietti, l’universo minimo di Vigata. Gli attori (Pino Micol, Giulio Brogi, Mariella Lo Giudice, Fulvio D’Angelo e gli altri) hanno tutti modo di brillare, grazie alla regia fluida e divertita di Giuseppe Dipasquale, a suo tempo co-autore, con Camilleri, dell’adattamento teatrale dell’opera.
Della monografia ha fatto parte la Camilleriana (incursione a tutto campo nella letteratura di Don Andrea). Domani, infine, Camilleri incontrerà (Conversazioni siciliane) Gaetano Savatteri, collega e conterraneo con il quale si confronterà su temi e figure di Sicilia, ma anche su lingua e linguaggio, sapienze e follie, creatività e produttività.
 
 

Teatro Valle, Roma, 19.4.2010
Camilleri > Savatteri - Conversazioni sicilianeana
Ore 18.30

Andrea Camilleri sceglie un giovane scrittore di Racalmuto a lui affine per temperamento ed eredità culturale, Gaetano Savatteri, per dare vita a una serrata e divertita conversazione sul topos della sicilianità, nella sua forte, identitaria valenza culturale.
Autore noir legato a un profondo magistero sciasciano – da L’attentatuni a La congiura dei loquaci, fino al più recente I ragazzi di Regalpetra, tutti editi da Sellerio –, Savatteri dal 1980 ospita sul suo piccolo periodico di Racalmuto, Malgrado tutto, l’intera tradizione letteraria siciliana, dallo stesso Sciascia a Gesualdo Bufalino, da Vincenzo Consolo a Giuseppe Bonaviri, Matteo Collura e, appunto, Andrea Camilleri.
Ingresso libero fino ad esaurimento posti disponibili
 
 

La Sicilia, 19.4.2010
Teatro Stabile al Valle di Roma
Collegamento video oggi fra la capitale e Catania

Roma. Bagno di folla al Valle di Roma per Andrea Camilleri festeggiato nell'ambito della monografia dell'Ente Teatrale Italiano, in programma fino al 9 maggio, dedicata al cinquantenario dello Stabile di Catania (oggi a Catania ore 18,30 al Palazzo della cultura collegamento video con il Teatro Valle per «Conversazioni siciliane», incontro con Andrea camilleri e Gaetano Savatteri, partecipa Giuseppe Dipasquale).
Tra una rappresentazione e l'altra de "Il birraio di Preston", in scena già da diverso tempo ma nuovo per il pubblico della Capitale, l'omaggio allo scrittore siciliano con una serata denominata camilleriana, evento etichettato come manifestazione per il "Cantore della sicilianità". Non poteva non esserci il tutto esaurito data la popolarità dell'agrigentino. Anche se Camilleri si schernisce dichiarando di non essere un vero drammaturgo ma un riadattatore di alcuni racconti letterari. La serata è stata squisitamente teatrale, incontro con un autore che con il teatro ha una grande dimestichezza. La camilleriana è consistita in una cavalcata di opere redatte per la scena, lette o interpretate con piglio istrionico da una quindicina di attori schierati a semicerchio, mentre una serie di immagini fotografiche e televisive scorrevano sullo sfondo. La rappresentazione è stata affidata ai componenti della compagnia del "Birraio di Preston", fra i quali gli attori Pino Micol, Giulio Brogi, Mariella Lo Giudice, Fulvio d'Angelo, più la partecipazione straordinaria di Massimo Ghini: il tutto a cura del regista Giuseppe Dipasquale che ha realizzato un collage incalzante, ben articolato, molto efficace. «Ho avuto una frequentazione quarantennale o quasi di Shakespeare, di Cechov e di altri grandi autori - ha rilevato Camilleri nel tornare sull'argomento - e questo ha sicuramente influito sulla mia scrittura perché se hai ricevuto tante e tali lezioni e poi non scrivi in un certo modo sei proprio un idiota». Camilleri ha ridimensionato il suo apporto precisando: «Alcuni dei pezzi che avete ascoltato non sono miei. "Molto rumore per nulla", da me volto in lingua siciliana con il titolo "Troppu trafficu ppi nenti" è di Shakespeare. Pure "La cattura", ultima interpretazione del grande Turi Ferro, non è mia: appartiene a un racconto di Pirandello da me ridotto per la scena». Gli altri brani scelti appartengono a titoli ben noti: «Un filo di fumo», «La stagione della caccia», «La concessione del telefono», «La mossa del cavallo», «Il re di Girgenti», «Le inchieste del commissario Collura». Si è avuta cosi una visione della Sicilia fatta di riso e di ironia assai diversa dal filone luttuoso che si ricava da certe sue vicende della cronaca. La si può definire esempio sublime e divertito di narrazione che si distingue per i caratteri serviti da una lingua vivace, carica di colori e di solarità. Attraverso le pagine di uno scrittore come Camilleri il pubblico ha potuto assistere al rendiconto culturale di una regione, l'aspirazione che essa ha di tirarsi fuori dagli stereotipi. Non più la Sicilia solo del dolore bensì una Sicilia capace di sorridere su se stessa. Un teatro, a conti fatti, che antepone al tradizionale sperimentalismo linguistico di camilleri una miriade di espedienti comunicativi, indispensabili ad uno scrittore che da sempre, nella sua carriera, come regista e insegnante dell'Accademia d'Arte Drammatica ha respirato teatro. Occorreva una serata del genere per riaffermare la doppia personalità di uno scrittore che non deve tutto esclusivamente al suo grande successo letterario.
Ettore Zocaro
 
 

Teatro Ambasciatori, Catania, 19.4.2010
80 anni in Sicilia. Festa di compleanno per Nino Milazzo
Ore 20:00

Interverrà fra gli altri anche Andrea Camilleri, con un saluto "a distanza". La serata è organizzata dal Teatro Stabile di Catania nell'ambito di Librinscena.
 
 

VareseNotizie, 19.4.2010
Serata speciale con tutti gli attori del “Birraio”
A Camilleri il Premio Chiara alla Carriera

Luino- C'è grande attesa a Luino per la consegna, sabato 1 maggio, alle 18, a Palazzo Verbania, del Premio Chiara alla Carriera. Andrà allo scrittore siciliano Andrea Camilleri. Per la prima volta in 22 anni di vita della prestigiosa manifestazione, sarà la cittadina rivierasca che ha dato i natali proprio allo scrittore Piero Chiara, a cui è dedicato il premio, ad ospitare l'importante evento.
LA CERIMONIA
Alla cerimonia, oltre a tutto il comitato dell'associazione "Amici di Piero Chiara", sarà presente il presidente della Provincia di Varese Dario Galli, il neo sindaco di Luino Andrea Pellicini ed Ettore Mocchetti direttore della rivista Ad. A presentare la serata saranno Luca Crovi, critico rock e conduttore radiofonico, e Mauro Novelli, insegnante di Letteratura italiana contemporanea all'università Statale di Milano. Il comitato organizzatore, diretto da Bambi Lazzati, ha motivato con queste parole la scelta di conferire allo scrittore Camilleri il Premio Chiara alla Carriera: "per avere sedotto l'intero pianeta con la grazia inarrivabile delle sue storie, quintessenza di una Sicilia verissima e inventata".
GRANDE FERMENTO A LUINO
E così a Luino, da giorni, c'è grande fermento. "Siamo veramente onorati e contenti - dice Bambi Lazzati - che Andrea Camilleri abbia accettato il conferimento di questo premio. Sarà con noi sabato 1 maggio per una grande festa in suo onore. E' davvero un motivo di soddisfazione essere riusciti ad organizzare l'evento proprio a Luino, in un luogo così affascinante e suggestivo. E' uno dei fattori che ha spinto Camilleri ad essere presente all'evento".
I PRECEDENTI
In precedenza questo ambito premio è stato assegnato ad altri nomi illustri della letteratura italiana come Giuseppe Pontiggia, Giovanni Pozzi, Claudio Magris, Luigi Meneghello, Giorgio Orelli, Raffaele La Capria, Mario Rigoni Stern, Alberto Arbasino, Luigi Malerba, Dante Isella e Carlo Fruttero. Il primo maggio toccherà a Camilleri che riceverà il prestigioso riconoscimento nella cittadina rivierasca.
 
 

Corriere di Ragusa.it, 19.4.2010
Comiso: tutto pronto per la nuova serie del «Commissario»
I comisani di Montalbano, la prima volta di Antonio Cilenti
Sul set anche Giueppe Pagano, Mario Incardona, Biagio Guastella e Giuseppe Bellassai. Attesa per Belen Rodriguez

Ciak si gira! Da lunedì mattina il set del commissario Montalbano ha cominciato le riprese dal castello di Donnafugata per il primo episodio che si intitola «Il campo del vasaio». Per questa nuova serie televisiva che da tempo continua a riscuotere successi ovunque, alcuni personaggi di Comiso e Santa Croce. Non sono attori professionisti, ma persone selezionate dal vissuto comune.
Uno in particolare, Antonio Cilenti di Comiso, pur non avendo mai avuto manie cinematografiche, è la seconda volta che viene scelto per il suo "fisique du role". La prima volta Cilenti, ha lavorato sul set de "Il capo dei capi", accanto ad un altro famoso attore di Comiso, Biagio Barone, che interpretava Pio LaTorre. E non bisogna dimenticare anche il famosissimo Biagio Pelligra, nato a Comiso ma residente a Roma, protagonista di numerosi film negli anni ’70 e di tante sceneggiati televisivi, compreso le prime serie di Montalbano. In questa nuova serie, purtroppo, Biagio Pelligra non ci sarà.
Nella fiction televisiva di Montalbano, interpreterà il boss. Cilenti sarà spalleggiato da Giuseppe Pagano, nuovo volto televisivo residente a Santa Croce camerina. Nella serie precedente, il celeberrimo commissario si era già avvalso della presenza di alcuni «attori per caso» di Comiso: Mario Incardona, dipendente pubblico, Biagio Guastella marasciallo dei carabinieri in pensione, Giuseppe Bellassai pensionato. Ma, inutile dirlo, l’attesa maggiore è per Belen Rodriguez che dovrebbe arrivare in provincia nei primi di maggio.
Laura Incremona
 
 

La Sicilia, 20.4.2010
In videoconferenza l'incontro promosso dallo Stabile con Andrea Camilleri
I sentimenti, la «cifra» della sicilianità

«Sono favorevole al Ponte sullo Stretto, anche se mi preoccupa un poco la notizia che la Sicilia si allontana dalla costa calabra di qualche millimetro ogni decennio e col passare del tempo il ponte sarebbe un pericolo…». Così si è espresso Andrea Camilleri ieri sera al teatro Valle di Roma, dove andava in scena il suo famosissimo Birraio di Preston (allestimento del nostro Teatro Stabile), nel corso di una serata introdotta da Giuseppe Dipasquale, direttore artistico dello Stabile di Catania e coautore, con lui di memorabili messinscene, con significative riflessioni ("Uno dei meriti principali di Camilleri è stato di avere mostrato una Sicilia che non si piange addosso, ma che ha voglia di fare"). C'era anche l'assessore regionale Gaetano Armao, che si cura della identità regionale; a intervistare lo scrittore il giornalista Gaetano Savatteri. Il pubblico romano molto folto e attento ha seguito con interesse: in video conferenza, dal Palazzo della Cultura, altrettanto uditorio ha seguito la conversazione tra letteratura, teatro e note di costume inquadrate dall'assessore alla Cultura, Fabio Fatuzzo.
Camilleri ha condensato una saggezza che si è venuta sedimentando nella sua memoria fin dai primissimi anni («Avevo meno di 3 anni, quando mio nonno mi faceva il gioco del "ti vedo e non ti vedo", metafora della fragilità dell'essere…») e soprattutto ha passato in rassegna i miti della Sicilia, facendone scoprire l'antichità classica, anzi universale. Il linguaggio affettuoso che si esprime nel dialetto, di contro a quello legale che sceglie la dicitura sorvegliata ha creato quell'impasto di parole e di forme che rende il suo stile originalissimo e ammirato anche da chi è molto lontano dalla nostra espressione linguistica.
Si è parlato anche di temi scottanti: Mafia? «Una volta era una organizzazione protettiva, che assicurava l'ordine». E il concorso esterno in atti mafiosi? «Sciocchezze. O si è compiuto un reato o no. Se il concorso esterno significa che si sono avuti contatti con una persona poi risultata malavitosa tutti possono essere inquisiti per avere parlato con qualcuno che ha combinato qualcosa».
Insomma bisogna badare alla sostanza e non alla forma. Anzi bisogna guardare ai sentimenti che per i Siciliani sono l'essenziale. E ha fatto degli esempi illuminanti per il pubblico capitolino: anche la parola più offensiva può essere considerata un vezzeggiativo gradevole ("curnutazzo" è il monello al quale vogliamo bene), o diventare la molla di un odio omicida. Conoscere la Sicilia non è facile se si procede con spirito geometrico: bisogna riconoscere le allusioni sottili dei Siciliani. Molti Italiani hanno capito la civiltà siciliana attraverso le sue pagine: «12 milioni di copie vendute. Posso dire anche io di essere stato eletto dal popolo».
Sembra una battuta di spirito. Lo spirito c'è, ma la battuta è vera.
Sergio Sciacca
 
 

Rinascita, 20.4.2010
Lingua a canne mozze

“Focu granni” dicono i siciliani nella loro lingua espressiva quando vogliono significare un incendio di proporzioni devastanti o un avvenimento sconvolgente, o una baruffa di insolite conseguenze, o solo per il gusto dell’iperbole. Questo termine e il suo aggettivo potrebbero essere alla base e racchiudere in un’isola di significati il romanzo “Il birraio di Preston”, che è anche il titolo di una contestata opera lirica, di cui si parla nel lavoro e che, oltre ad essere protagonista di un grande equivoco, è alla base di morti ammazzati, di amanti bruciati nel momento più sconvolgente ed esaltante da vivere a due, di innesti politici, di carbonari disposti a tutto in una Sicilia scettica, ignorante, ironica e profondamente consapevole del suo ruolo di madre terra per i siciliani che ad essa attingono per costruirsi identità regionali inedite.
Come sempre quando l’autore è Andrea Camilleri, che di quella Sicilia, la più profonda, conserva tutti gli umori, gli accenti (persino nella cadenza lenta e armoniosa di un dialetto strascicato e sintetico), i ricordi di fatti di cronaca locali ma così clamorosi nella provincia sonnolenta da diventare universali, il puzzle, diventa mosaico.
I personaggi irrinunziabili, ognuno ben raccontato e compiuto in sé, vitalissimo, sono le tessere di un mosaico articolato e le azioni che li coinvolgono formano una trama strettissima alla quale è difficile metter le mani se si vogliono trasferire in un linguaggio drammaturgico. L’operazione è stata tentata con successo nella pièce omonima del romanzo, di scena oggi al Teatro Valle, nell’allestimento del Teatro Stabile Catania, tappa di una lunga tournèe. Per meglio chiarire il problema della trasposizione da un linguaggio, per forza di cose libero e evocatico come quello letterario, ad altro più coeso e stringato come quello di una commedia da palcoscenico, occorre dare una scorsa alla trama. I fatti si svolgono in un piccolo paese di Sicilia, che chiameremo Vigata, una invenzione che ha i crismi della verità geografica: le sue strade, le piazzette, la sabbia calda di sole e di luce mediterranea, il mare tutto la fanno somigliare a tante altre cittadine segnate con nomi differenti sulla carta geografica. Questa Vigata, in fondo, come la Macondo di Marquez, è un palcoscenico, una quinta per permettere una locazione spaziale ai personaggi, meglio alla coralità di un paesaggio umano sfaccettato, pieno di “caratteri”. Personaggi ai quali Camilleri dà vita con il suo realismo magico, una magia che è sulla stessa linea dello stupore del piccolo Gert, figlio dell’ingegnere tedesco, quando dalla finestra vede i bagliori dell’alba in piena notte ed è l’inizio del romanzo e del “focu granni”.
I fatti si svolgono nella seconda metà dell’’800, quando ci si trova nella necessità di inaugurare il ripristinato teatro civico “Re d’Italia”. L’occasione vede muoversi i padreterni locali, sui quali primeggia l’odioso prefetto di Montelusa, uno straniero, proveniente dalla Toscana, dalla parlata mozza come le canne delle lupare che si appropria dell’evento e impone di inaugurare con “Il birraio di Preston”, melodramma dello sconosciuto Luigi Ricci, operista napoletano, che era stato battezzato nel 1847 con assai tiepide accoglienze. (In scena si ascoltano brani dell’opera eseguiti dal soprano Maria Giovanna Lo Cicero e dal baritono Daniele Bartolini, sostenuti dalla Kunstliche Akademie Orchester New Poliphonia Chorus diretta da Carmen Failla).
L’odio verso Montelusa, frutto di antichi civici rancori accumulati nel tempo e resi più acidi dalla prossimità (4 chilometri) si riversa compatto verso l’opera scelta dal Prefetto Bortuzzi e attiva chiacchiere e maldicenze nei circoli fino a creare due fazioni accese, quella dei vigatesi, spinti da connaturata diffidenza verso tutto ciò che esce dai confini del territorio comunale, e dunque è straniero per forza di cose, e il Prefetto stesso e la sua longa manus, quel don Memè Ferraguto, uomo d’onore alleato sempre per personale tornaconto con l’autorità. Da questo incipit cominciano a prender forma i personaggi incastrati in un meccanismo perfetto. La scelta teatrale fatta da Giuseppe Dipasquale, anche regista dello spettacolo, con la collaborazione fattiva di Camilleri, che ha offerto la sua voce di io narrante preregistrata, è tutto un gioco continuo di rimandi fra l’attualità dei fatti narrati e il grande incendio causato da un acuto maldestro del soprano. Le scene di Antonio Fiorentino sono semplici, efficacissime, con i personaggi che si spostano alla ribalta per permettere a sipari di calare dall’alto, delimitando così le azioni e i dodici luoghi deputati. Bravissimi gli attori, vestiti da Gemma Spina, 16 attori in scena, alcuni fior di caratteristi, capeggiati da un brillante Pino Micol, interprete di otto ruoli.
F. A.
 
 

Il Giornale di Ragusa, 20.4.2010
Tutto pronto per il primo ciak
Salvo Montalbano torna a Punta Secca per altre quattro intriganti inchieste

Santa Croce - Com’era stato annunciato da qualche settimana, puntualmente, oggi, la Palomar ha installato i propri mezzi e camper a Punta Secca, la “Marinella” dello sceneggiato televisivo de “Il Commissario Montalbano”, dove il commissario più famoso d’Italia, interpretato magistralmente dall’attore Luca Zingaretti, ha la sua residenza.
Finalmente, il primo Ciak dentro la casa di Salvo Montalbano! Il commissario siciliano scaturito dalla fantasia dello scrittore Andrea Camilleri e portato in scena fin dal 1999 dal regista Alberto Sironi, per RAI Fiction, con gli episodi di quest’anno giunge a ventidue puntate.
“L’età del dubbio”, “La danza del gabbiano”, “Il campo del vasaio” e “La caccia al tesoro”, sono i titoli dei quattro episodi della nuova serie che andranno in onda in autunno. Intanto la RAI, sta trasmettendo, ogni lunedì, tutta l’antologia dei vecchi episodi, con ottimi ascolti.
Quest’anno la serie televisiva fa parlare di se ancor prima di essere trasmessa. Qualche settimana fa il settimanale TV Sorrisi e Canzoni rilevava i nomi degli attori protagonisti dei nuovi episodi, tra cui, Isabella Ragonese, lanciata da Paolo Virzì in “Tutta la vita davanti”, e Ana Caterina Morariu, di recente vista anche in “Intelligence”, al fianco di Raul Bova. Ma, il nome che più si vocifera, è quello di Belèn Rodriguez, un nome di spicco, poiché la bella brasiliana è in questo momento tra i volti più gettonati della televisione.
Abbiamo chiesto stamattina, agli addetti ai lavori, se è vera la notizia della sua partecipazione, alla nuova serie televisiva, ma tutti hanno tenuto la bocca cucita, ma i volti, al pronunciamento del suo nome, si sono illuminati.
Intanto, primi curiosi e fans, incominciano ad affollare Punta Secca, nella speranza di vedere e magari immortalare con una foto Luca Zingaretti o qualche altro attore principale. Si prevede la permanenza a “Marinella”, Punta Secca, di due settimane di riprese, alcune anche notturne.
Silvio Rizzo
 
 

ASCA, 20.4.2010
Ascolti Tv: en plein reti Rai, 'Montalbano' sempre il piu' visto

Roma - Ancora un successo su Raiuno per il ''Commissario Montalbano'' che ieri, lunedi' 19 aprile, e' risultato il piu' visto in prima serata con la replica dell'episodio ''La forma dell'acqua'' che ha totalizzato 5 milioni 412mila telespettatori, pari al 19.82 di share.
[...]
 
 

La Sicilia, 20.4.2010
La mostra di foto «Il paesaggio siciliano nel cinema»
Antonio Parrinello, viaggio fra i grandi «ciak» dell'Isola

«Tutto questo è stato fatto in grande silenzio, tanto da diventare quasi "invisibile", per fermare i momenti più importanti delle scene rispettando la "cadenza dei 24 fotogrammi al secondo delle macchina da presa"». È con questa riflessione impressa su un pannello bianco posto all'ingresso che il fotoreporter e fotografo di scena catanese Antonio Parrinello ha aperto la mostra di foto (visitabile fino al 9 maggio) «Il paesaggio siciliano nel cinema», inaugurata ieri mattina a Palazzo della Cultura, con il patrocinio dell'assessorato comunale alla Cultura, la fattiva collaborazione della stilista Marella Ferrera e il contributo di Strano Light Division e della rivista Aliante.
«Trenta foto che raccontano luoghi e scorci dell'Isola attraverso il cinema» ha spiegato l'artista catanese durante la presentazione della mostra.
[...]
Negli scatti di Antonio Parrinello anche immagini che raccontano film ancora in lavorazione. Fra queste anteprime fotografiche [...] «La scomparsa di Patò», tratto dal romanzo di Andrea camilleri e diretto da Rocco Mortelliti a Naro e nella Valle dei Templi (con Nino Frassica e Neri Marcorè).
[...]
Nunzio Casabianca
 
 

EsteriCult, 21.4.2010
Conferenza su Andrea Camilleri a Delhi
A. Portelli (Roma, La Sapienza), Metaliterature and the Crime Novel
4-6th March
University of Delhi, Arts Faculty, Room 22
“Improbable plots? Making sense of contemporary popular fiction”

Every year the University of Delhi organises an international seminar on matters related to literature and history.
This year Prof. Alessandro Portelli delivers a lecture (March,4th, 12.30 pm.) about the popular fiction in the works of Andrea Camilleri with a lecture on "Metaliterature and the crime novel: the Sicilian thrillers of Andrea Camilleri". Alessandro Portelli teaches American Literature at the University of Rome, "La Sapienza". Author of numerous books, essays and founder of some journals and magazines, he has been advisor to the mayor of Rome for the preservation and promotion of the city's historical memory, he is part of the board of the IRSIFAR (Roman Institute for the History of Italy from Fascism to the Resistance) and he organises public debates about democracy and the fight against Fascism.
carla64
 
 

Avui, 21.4.2010
A la tres
Si no saps què llegir

[...]
Seguint per "La pista de sorra" (Andrea Camilleri).
[...]
Carles Ribera
 
 

23.4.2010
Camilleri a Che tempo che fa

Domenica 2 maggio Andrea Camilleri sarà l'unico ospite di una puntata speciale della trasmissione di Fabio Fazio (in onda su Rai Tre alle 20:10).
 
 

Rgnews.it, 23.4.2010
Montalbano san. Il Commissario (e le bellezze della nostra terra) sbarcano a Tokyo

Il Festival del Cinema Italiano di Tokyo, che si svolgerà da 28 aprile al 4 maggio 2010, è arrivato al suo decimo anniversario. L’importante evento che ha luogo nella capitale nipponica durante la Golden Week (la più importante settimana di festività nazionali giapponesi) è diventato ormai un tradizionale appuntamento per il pubblico di appassionati del nostro paese e del nostro cinema. Quest’anno la selezione, effettuata da Asahi Shimbun e dall’Istituto Italiano di Cultura, comprende 12 film in prima visione giapponese e 2 omaggi a Marco Bellocchio e Giuseppe Piccioni. Il Festival, organizzato da Cinecittà Luce S.p.A. con Asahi Shimbun e Istituto Italiano di Cultura, gode dell’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana e del patrocinio di S.E. L’Ambasciatore d’Italia in Giappone.
[…]
Per celebrare questi primi dieci anni del nostro cinema contemporaneo nel Sol Levante, l’Istituto Italiano di Cultura, in accordo con l’Ambasciata d’Italia e in collaborazione con Cinecittà Luce e Rai Trade, ha inoltre programmato una serie di appuntamenti speciali a partire dal 20 aprile fino al 5 maggio, quando verrà presentata per la prima volta anche la fiction Rai Il Commissario Montalbano.
[…]
 
 

La Nuova Venezia, 23.4.2010
Appuntamenti

Camilleri. Oggi alle 16 allo Spazio Eventi della libreria Mondadori, per i Caffè Pedagogici, si discute della «poetica dello stupore» di Camilleri.
 
 

24.4.2010
Novità in libreria

Sarà in libreria a giugno La caccia al tesoro (Sellerio), il nuovo romanzo del commissario Montalbano.
Sarà in libreria a giugno Abecedario di Andrea Camilleri (DeriveApprodi), una video-intervista in 2 DVD (con un libro) a cura di Valentina Alferj e con la regia di Eugenio Cappuccio.
 
 

La Sicilia, 24.4.2010
Fiction televisiva
Montalbano, si gira a Punta Secca
Set praticamente blindato per l'«assedio» dei fan mentre cresce l'attesa per il prossimo arrivo dell'avvenente Belen Rodriguez

Gli iblei continuano ad affermarsi come affascinati scenari naturali, perfette scenografie dove ambientare gli episodi della fortunata serie televisiva Rai "Il commissario Montalbano". Tra la pietra calcarea tipica della provincia, le selvatiche campagne dove risalta il carrubo divenutone simbolo, fino ad arrivare alle serre che accompagnano lo sguardo verso spiagge dorate e uno splendido mare, continuano le riprese del commissario più conosciuto d'Italia. Dalla penna di Andrea Camilleri, il commissario Montalbano già da tempo è "arrivato" in provincia di Ragusa, legando il suo nome a luoghi che adesso respirano quelle ambientazioni. Da Punta Secca, frazione di Santa Croce, privilegiata dimora, dove Montalbano-Zingaretti rimane impresso nell'immaginario comune affacciato ad una terrazza sul mare con lo sguardo scrutatore su un orizzonte capace forse di suggerire la soluzione di un caso, al commissariato, prima a Scicli poi a Ibla, dove si intessono le trame che vedono spesso protagoniste le sontuose ville della zona.
Le cineprese continuano a seguire Zingaretti nelle sue avventure, spostando il set di volta in volta sui luoghi interessati. In questo periodo si sta girando a Punta Secca. Un set grande e complesso, che racchiude tutto il fascino e tutte le figure che compongono la grande macchina del cinema. Tra gli attori del cast dei nuovi quattro eipisodi c'è anche un'attrice caratterizzata da una ragusanità dirompente. Si tratta di Ornella Giusto, impegnata nelle riprese de "Il commissario Montalbano", come sempre con la splendida regia di Alberto Sironi. Il set a Punta Secca è praticamente blindato anche se qualche fan è riuscito a scattar delle foto e ad avvicinarsi ai propri beniamini, come il bravissimo attore Luca Zingaretti, sempre più ibleo d'adozione. Presto arriverà sul set anche la bella e brava Belen Rodriguez che avrà un ruolo importante all'interno di uno degli episodi. Il suo arrivo è previsto nei prossimi giorni.
Carmelo Saccone
 
 

25.4.2010
Il Camilleri Fans Club aderisce all'Appello di solidarietà ai lavoratori Italtel
 
 

l'Unità, 25.4.2010
Chef Camilleri
Squilla nel vuoto la tromba di Minzolini: come organo di partito è meglio Fede...
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

Gazzetta del Sud, 25.4.2010
Incontro di festa e di riflessione in libreria a Messina
Da Ciofalo per la "Giornata mondiale"

[…]
Francesco Bonardelli ha consigliato di non trascurare le biografie degli autori; esemplare, ha aggiunto, quella di Pirandello scritta da Camilleri.
[…]
Antonino Sarica
 
 

Apcom, 25.4.2010
Tv/ Domani su La7 Gad Lerner conduce 'L'Infedele'
Tra gli ospiti Dacia Maraini e Andrea Camilleri

Roma - Domani alle 21.10 su La7 andrà in onda una nuova puntata de 'L'Infedele' di Gad Lerner.
Argomento della trasmissione è 'Rinneghiamo Giuseppe Garibaldi? 150 anni dopo la spedizione dei Mille c'è chi vuole rimuoverne le statue dalle piazze in nome del federalismo. E pur di ottenerlo subito richiede la cacciata di Fini adombrando elezioni anticipate'.
Parteciperanno al programma Dacia Maraini, Sergio Luzzatto, Massimo Garavaglia, Fabio Granata, Daniele Marantelli e Carlo Salvioni. Inoltre, ci sarà un'intervista ad Andrea Camilleri.
 
 

L'Infedele, 26.4.2010
Garibaldi e la disunità d’Italia
Intervista ad Andrea Camilleri

Rinneghiamo Giuseppe Garibaldi? 150 anni dopo la spedizione dei Mille c'è chi vuole rimuoverne le statue dalle piazze in nome del federalismo. E pur di ottenerlo subito richiede la cacciata di Fini adombrando elezioni anticipate. Ospiti di Gad Lerner in questa puntata: Dacia Maraini, Sergio Luzzatto, Massimo Garavaglia, Fabio Granata, Daniele Marantelli e Carlo Salvioni. Con un'intervista ad Andrea Camilleri.
Federica Bocellari
 
 

La Sicilia, 26.4.2010
Catania. prossimo ciack
Luis Prieto dirige «Il tailleur grigio» ispirato a Camilleri
«La storia è bellissima e c'è una tensione noir incredibile»

Catania. Questa volta sarà un romanzo di Andrea Camilleri a prendere vita per il grande schermo tra gli scorci più suggestivi di Catania. Nella trasposizione cinematografica de "Il tailleur grigio", definito come il più francese dei suoi romanzi.
A dirigere la pellicola sarà Luis Prieto, spagnolo di origine e italiano di adozione, già regista di "Ho voglia di te" con Riccardo Scamarcio e di "Meno male che ci sei", commedia al femminile dolce e graffiante con Claudia Gerini e Guido Caprino. Anche gli attori protagonisti saranno spagnoli: stretta nel castigato tailleur grigio della bella e fatale Adele, Elsa Pataki, già nota al pubblico italiano per il ruolo della giovanissima amante di Carlo Verdone in "Manuale d'Amore 2" di Giovanni Veronesi, mentre il ruolo del marito più maturo sarà interpretato da Lluís Homar, protagonista accanto a Penelope Cruz dell'ultimo film di Pedro Almodovar, "Gli abbracci spezzati".
L'unico altro nome certo è quello di Alessandro Haber, ma nonostante il cast italo-spagnolo il film è una produzione tutta italiana, come ci ha spiegato la produttrice Mirka Viola, a Catania insieme al regista per inaugurare la mostra fotografica di Antonio Parrinello, "Il paesaggio siciliano nel cinema", e per completare i sopralluoghi per il film, con il supporto della Catania Film Commission, prima di iniziare le riprese a fine maggio.
«L'idea di produrre "Il tailleur grigio" di Camilleri è nata soprattutto perchè amiamo questo scrittore. Questo romanzo ci ha colpito per la sua storia, diversa dalle altre perchè è una storia d'amore, ma come sempre ricca di colpi di scena». Un entusiasmo che si rispecchia in tutto il progetto produttivo, giovane e indipendente, coadiuvato anche da Enzo Gallo della Angelika Film.
«Oggi è faticoso produrre in Italia» osserva Mirka. «Il cinema italiano soffre, come soffre tutta l'economia. Per questo ci riteniamo coraggiosi, perchè credere in un prodotto significa mettersi sul mercato e accettarne i rischi. Ed è ammirevole che le persone coinvolte abbiano accettato di lavorare con compensi ridotti».
Come è ammirevole la scelta di affidare il film ad un regista giovane.
«Crediamo molto nei giovani. Luis ci è piaciuto molto nelle sue regie precedenti e secondo noi aveva le caratteristiche giuste per dirigere il film. È nato subito un bel feeling».
Anche perchè - come lui stesso ci ha raccontato tra un piatto di norma ed un arancino - Luis Prieto è rimasto davvero affascinato dal personaggio intrigante e misterioso di Adele.
«Ho letto il romanzo e me ne sono innamorato. Ho subito pensato che era perfetto per realizzare un film. E poi... Camilleri...mi è sembrato un bel regalo caduto dal cielo. La storia è bellissima e c'è una tensione noir incredibile».
La sfida principale, infatti, sarà proprio ricostruire le atmosfere del romanzo, intorno a questa dark lady, elegante ed ambigua.
«Voglio raccontare la quotidianità di un rapporto tra un uomo maturo e una donna che, essendo una femme fatale, porta inquietudine alla storia con delle situazioni in cui non si sa mai cosa accadrà. Ho intenzione di lasciare lo spettatore sulle spine».
Quindi un'avventura professionale nuova per un regista che si è già cimentato con generi molto diversi. «È un bel cambiamento ma questa è la cosa che più mi ha attratto. Il mio primo film era giovanile, l'altro un dramma al femminile. Questo è un noir, un thriller un po' americano, un po' francese, però girato in Sicilia. È Camilleri insomma».
Ed è anche una bella occasione per scoprire la Sicilia, della quale il regista sembra aver già colto la vera essenza durante le poche ore trascorse in città.
"La Sicilia è anche molto spagnola e Catania mi sembra una città di grandi contrasti. Penso che lavorare in Sicilia ti dia tutto quello che vuoi. È geniale per girare».
Direttore della fotografia sarà Ennio Guarnieri che ha iniziato con Fellini, come fuochista per «La dolce vita».
Ornella Sgroi
 
 

Persinsala, 26.4.2010
Incontro con Andrea Camilleri

Lunedì 19 Aprile il Teatro Valle, in collaborazione con il Teatro Stabile di Catania, ha ospitato un incontro straordinario tra Andrea Camilleri e lo scrittore di Racalmuto Gaetano Savatteri, un dialogo tra due autentici siciliani per discorrere dell’essenza stessa della Sicilia, una sorta di vocabolario “del non detto” come amava dire Leonardo Sciascia, che caratterizza a pieno l’innata capacità chiaroscurale di quella terra a riflettere sulle proprie contraddizioni.
La grande disponibilità comunicativa di Camilleri, sapientemente stimolata dalle puntuali riflessioni di Savatteri, hanno permesso di entrare in un universo mitico per non dire mitologico, favolistico, affabulatore (come spesso Camilleri è stato additato), oltre che intuire una Sicilia arcaica ma attuale, prossima eppure lontanissima, che incarna il sogno di ogni scrittore, di ogni poeta, fin dai tempi più antichi. Una terra misteriosa ed enigmatica, solare e tetra, silente e teatrale, attraverso cui elaborare una nuova grammatica del vivere e del morire, dell’osare e dell’attendere, nella paziente definizione di un gioco dialettico audace e definitivo quantunque pronto a mettersi in discussione.
Ed è proprio in questa delicata osmosi tra sogno e realtà, cronaca e fascinazione, che il racconto di Camilleri prende forma, scandagliando i gangli più remoti della memoria, in un costante rinvio agli stupori giovanili, al rapporto geloso con la famiglia, con gli umori della propria terra, alla formazione di una coscienza politica e all’analisi attenta delle nuove forme comunicative, donandoci un patrimonio intellettuale immenso, su cui è impossibile non riflettere. Un percorso che non è prettamente biografico né bibliografico in senso stretto, ma una riflessione esistenziale che si intreccia con il vissuto, con le scelte pratiche di un uomo che ha sempre desiderato “entrar dentro le cose”, narrare ciò che vedeva, vittima di quello stesso realismo che influenzò autori come Sciascia, De Roberto, Tommasi di Lampedusa, Verga, Pirandello, Guttuso, cioè a dire, metà della cultura italiana.
“Sarà una conversazione molto particolare”, annuncia subito Savatteri, “in cui io lancerò delle parole chiave, per capire soprattutto se corrispondono a una Sicilia reale o per vedere se esiste una Sicilia immaginaria diversa da quella quotidiana. Se esiste cioè una Sicilia che vive nella letteratura e una che vive invece nella concretezza di tutti i giorni.“
Nasce da qui un continuo botta e risposta, autentico, genuino, lontano da qualsiasi formalismo, in cui Camilleri espone liberamente le sue idee, i suoi molteplici aneddoti, ispessendo ancor di più il fascino dell’uomo-scrittore alle prese con la sua immaginazione e con l’impegno appassionato nel narrare la sua terra senza distorsioni o filtri ideologici.
Dalla cucina della nonna Elvira, con il profumo dei famosi arancini, all’amicizia come viscerale atto d’amore (prendendo ad esempio quella tra Pirandello e Martoglio), dalla complessa costruzione del linguaggio narrativo come ibridazione di dialetti eterogenei, all’identità nella contrapposizione semiologica dei segni linguistici (particolarmente visibile in Pirandello e Sciascia), dalla denuncia dell’abusivismo edilizio come dimensione ex lege, al mito dello sbarco di Garibaldi e la lotta contro la resistenza borbonica (con tutte le sue contraddizioni, come il massacro dei contadini di Bronte da parte di Nino Bixio), dai dubbi geologici sulla sicurezza del ponte sullo stretto, alla genealogia quotidiana del fenomeno mafioso, ripudiando con ciò ogni compresso mondano, individuando in Gomorra di Saviano, la decisiva novità di raccontare la mafia senza lasciarsene infatuare, di lottare a viso aperto contro le sue ingiustizie nella speranza che “non diventi mai di moda”, è impossibile tenere conto della ricchezza espositiva ed analitica di Camilleri, nella sua avvolgente abilità ad autenticare ogni intervento con l’arma critica della saggezza e dell’esperienza, rimarcando con forza la centralità esistenziale della Sicilia, ma il suo essere piedistallo culturale, politico, filosofico, scientifico irremovibile su cui poggia l’intera penisola.
“Stavo vedendo un film in Sicilia all’aperto. Ad un certo punto, un maresciallo dei carabinieri stufo delle liti continue e furibonde nel paese, girandosi verso la carta dell’Italia enorme dietro di sé, copre con la mano la Sicilia fino a farla scomparire dalla geografia, sorridendo soddisfatto. Nell’attimo in cui fece questo movimento, un signore vicino a me, credo fosse un operaio, disse: “Attento che l’Italia scivola!”
A Savatteri incuriosito dal fatto incredibile che nella provincia di Agrigento (la stessa del Maestro, essendo nato a Porto Empedocle), nel raggio di poche centinaia di chilometri, sono nati alcuni degli intellettuali e delle personalità politiche, scientifiche ed artistiche tra le più importanti della storia italiana e mondiale, Camilleri risponde candidamente:
“Perché la povertà aiuta l’ingegno. Ad esempio, i grandi scrittori americani sono quelli del sud, nati e vissuti in condizioni disagiate. La ricchezza ottunde ma la povertà, il disagio economico aguzzano l’ingegno. Però, devo dire che la provincia di Agrigento aveva la più alta percentuale di pazzi d’Italia. Penso, che significhi qualcosa.“
Un successo misterioso come la sua Sicilia, vera ed autentica come le sue passioni, a cui lo stesso Camilleri stenta a credere, o forse, interpretandolo come l’ennesimo passaggio verso un’altra dimensione espressiva, attraverso cui ridefinire progressivamente i codici descrittivi della sua, della nostra terra, spiega:
“Se vi fosse una formula per il successo, io la venderei. Non c’è nessuna spiegazione possibile. Il primo che ci si arrovella sopra sono io. Io non ci credevo al successo. Avendo sempre reazioni ritardate, ho capito di essere uno scrittore la prima volta che tradussero i miei libri in gaelico. E tuttora rimango con questo stupore. I numeri in Italia sono davvero spaventosi. Con Sellerio ho venduto dodici milioni di copie. E lasciatemi dire, che sono uno scrittore eletto dal popolo. Posso aggiungere che il passaparola mi ha aiutato, seguendo personalmente la presentazione in più di ottanta librerie in sei mesi. Al principio il pubblico era dai sessant’anni in su. Poi nel giro di un anno, l’età dei miei lettori si è abbassata vertiginosamente. Appena posso, rispondo a tutti i miei lettori. Lo sento come un dovere, per ringraziarli di cuore per il voto datomi.”
Camilleri rappresenta in tutto e per tutto, la fonte inesauribile dell’autocoscienza siciliana, di una Sicilia che smette di piangersi addosso e che affronta concretamente, con coraggio e passione, i suoi annosi problemi, progettando un’altra Sicilia, in cui “qualsiasi azione rende di più del piangere” sottolinea Camilleri e aggiunge:
“Il piangere è una manifestazione che va riservata solo nei momenti nei quali perdiamo irrimediabilmente qualcosa. Ma finché non arriviamo a quel punto, è meglio non piangere.”
Claudio Vettraino
 
 

Persinsala, 26.4.2010
Il birraio di Preston
Al Teatro Valle di Roma, la compagnia del Teatro Stabile di Catania porta in scena Il birraio di Preston, tratto dall’omonimo romanzo di Andrea Camilleri, fino al 25 aprile.

Il birraio di Preston dimostra che Andrea Camilleri può vivere anche senza il suo fedele Montalbano.
Anzi, certifica il suo innato gusto all’ibridazione narrativa e psicologica dei personaggi, dei linguaggi e delle articolazioni dialettali, in un gioco grottesco e ricco di paradossi comici, equivoci, scambi d’identità, tipico della Commedia dell’Arte.
Ogni attore ha la sua maschera cucita addosso, da cui non può sottrarsi. A una trama spessa e intricata corrisponde una profonda lettura dialettica, in cui molteplici storie si intrecciano, dando l’impressione di trovarsi di fronte a un ginepraio umano e sociale, difficilmente dipanabile.
Animato dal suo ineludibile realismo, Camilleri parte da un preciso fatto di cronaca, e cioè l’inaugurazione della stagione lirica del piccolo paese siciliano di Vigata con la messinscena al Teatro Civico Re d’Italia, di Il birraio di Preston, melodramma sconosciuto di Luigi Ricci.
A volere la rappresentazione a tutti i costi è il prefetto fiorentino della città, Bortuzzi, che tenta di imporla a qualunque costo, non solo: «per elevare il grado intellettuale del paese», ma soprattutto per vedere soddisfatto un suo capriccio: sentire rispettata la sua piccola autorità, come diretta emanazione del potere centrale.
Naturalmente, sia i vigatesi che i circoli culturali del paese, si oppongono all’imposizione arbitraria di un’opera da tutti considerata minore e di scarso interesse, se non idiota riproduzione di arie e temi già affrontati da altri autori ben più meritevoli.
Ma il fatto di cronaca è solo il pretesto che serve a Camilleri per narrare a viso aperto i drammi e le contraddizioni della sua terra, la guerra civile che divide i cittadini, il potere politico ed economico che usano gli uni e gli altri per innescare e porre fine alle loro lotte intestine, la triste precarietà del lavoro e dell’arida sopravvivenza, gelosie e amori consumati in silenzio, mafie vere o presunte, omicidi teatrali e misteriosi, ideali da far trionfare a qualsiasi costo.
Il birraio di Preston sintetizza dunque tutta l’inesauribile vena letteraria di Camilleri, la sua capacità unica nel mescolare Commedia dell’Arte, cronaca giudiziaria, romanzo d’appendice, giallo, affresco storico, scontro ideale, amore e morte, onore e innocenza, eros ed ipocrisia, illuminazione e senso comune; nel tratteggiare un’affabulazione attenta a non scivolare nel mito, restando sempre fedele all’intima tragicità quotidiana alle prese con la complessa arte dell’arrangiarsi, con la lieve ma pressante speranza di raggiungere l’agognato posto al sole.
Vi è forse qualche ricordo personale di Camilleri fuso con importanti testimonianze di quella straordinaria tradizione orale che tramandava di generazione in generazione fatti accaduti che coinvolgevo intere popolazioni. Un tempo si lottava e si moriva per avallare o impedire una rappresentazione teatrale, in cui erano in gioco non solo le sorti del Regno, ma anche di chi si opponeva ai suoi dettami ideologici e culturali.
Camilleri vuole forse ribadire l’autonomia intellettuale e artistica della sua terra? Certamente sottolinea come ai siciliani non piaccia essere dominati, se non dalle loro stesse passioni viscerali.
Claudio Vettraino
 
 

GiulianovaNews, 26.4.2010
Teramo. La Stagione di Prosa 2009/2010 presenta: Il birraio di Preston

La Società della Musica e del Teatro “Primo Riccitelli” di Teramo chiude in bellezza la propria Stagione di Prosa, edizione  2009/2010, con lo spettacolo “Il birraio di Preston”, un allestimento di grande successo del Teatro Stabile di Catania che al fascino del racconto di Andrea Camilleri affianca l’avvincente regia di Giuseppe Dipasquale.
Verrà rappresentato domani sera, martedì 27 Aprile 2010, al Teatro Comunale di Teramo alle ore 21, con doppia replica mercoledì 28 Aprile, alle ore 17 e alle ore 21.
Siamo in un piccolo paese siciliano (che nella topografia camilleriana è il solito Vigàta) durante la seconda metà dell’Ottocento  dove c’è la necessità di inaugurare il nuovo teatro civico “Re d’Italia”. Il prefetto di Montelusa, paese distante qualche chilometro, ma odiato dagli abitanti di Vigàta perché più importante e sede della Prefettura, si intestardisce di inaugurare la stagione lirica con un melodramma di Ricci di scarso valore. In realtà nessuno vuole la rappresentazione di quell’opera, ma il Prefetto (un fiorentino cocciuto e ottuso interpretato da Gianpaolo Poddighe), obbliga addirittura a dimettersi ben due consigli di amministrazione del teatro pur di far passare quella che lui considera “una doverosa educazione dei vigatesi all’Arte, al Sublime”. I circoli culturali locali si disputano allora la decisione circa la scelta del titolo da rappresentare, ma il Prefetto, facendosi forte della sua autorità impone la propria volontà fino ad arrivare quasi ad una guerra civile tra le due fazioni. Tra i siciliani, visibilmente irritati dall’autorità esterna, si insinua il “bombarolo” mazziniano Nando Traquandi, venuto da Roma per creare scompiglio all’apertura della sala e tra mafiosi veri e presunti, brucianti storie d’amore e morti ammazzati per volontà e per accidente, si dipana una storia dalla perfetta architettura narrativa.
“Il birraio di Preston” è una tragi-commedia dai risvolti paradossali, una storia che svela fatti e personaggi che caratterizzano la Sicilia. Quella Sicilia che, nell’ottica di Camilleri, ha solo reminiscenze umane e letterarie che fanno parte del suo vissuto in cui più che sviscerare si tende a rappresentare. Un’isola dai luoghi comuni dove però eccelle l’arte affabulatoria di Camilleri in cui si racconta il già visto in maniera diversa, deformandone o esagerandone i contorni per ottenere una risata consolatoria su un benevolo umorismo. Un riso, quello di Camilleri, in cui c’è il piacere di ridere fino a trasformare la tragedia in commedia. Su questa scia si sviluppano l’azione e i fatti ben raccontati, in maniera concisa e incalzante, dalla regia di Dipasquale che affida a Pino Micol come pilastro portante del racconto il ruolo dell’autore ( sottolineato dalla voce rauca fuori campo di Camilleri) nel tessere le fila – con ironia e garbo – del racconto scenico. Oltre Micol , gli altri attori del cast interpretano ognuno vari ruoli con la particolarità che, a seconda della regione di appartenenza del personaggio, parlano vari dialetti presentandoci un arcobaleno di tradizioni, culture e suoni che caratterizzano l’Italia nella sua frammentazione.
 
 

Il Giornale di Ragusa.it, 26.4.2010
Un comisano ed un vittoriese faranno le "comparse"
I "volti" della nuova serie di Montalbano. Cilenti e La Terra ne "Il campo del vasaio"

Comiso - Un comisano ed un vittoriese nella nuova fiction del commissario Montalbano. Per loro non è la prima volta, il ruolo di "comparse" l'anno già avuto altre volte, in altri film "girati" in provincia di Ragusa. Per la nuova serie del celebre commissario, creato dalla penna di Andrea Camilleri ed affidato al volto di Luca Zingaretti, ci sarà, ancor a una volta, una piccola parte per Antonio Cilenti e Luca La Terra.
Dopo “I vicerè”, “Il capo dei capi” ed altre opere cinematografiche recenti, Antonio Cilenti reciterà al fianco del commissario Montalbano. Nel film “Il campo del vasaio”, le cui riprese sono iniziate da qualche giorno, Donnafugata e nel litorale ibleo, Cilenti avrà il ruolo del guardaspalle. Anche nella vita lui, talvolta, svolge mansioni da bodyguard.
Nel film di Montalbano, c’è anche Luca La Terra. Anche per lui un ruolo di personaggio negativo. Anche per lui, il ruolo di comparsa, non è nuovo. Avranno un ruolo di "personaggio negativo", come spesso accade loro. "Si vede che piaccio così, la mia faccia è adatta" scherza Cilenti. E La Terra aggiunge: "Il cinema è fatica, ma per noi è anche divertimento. Capita da tempo di essere chiamati, ho fatto vari film, anche con la Palomar. Sono contento e vado avanti".
Francesca Cabibbo
 
 

27.4.2010
Milano, 27 aprile 2010, da Luca
E' stato registrato lo special di Tutti i colori del giallo con Andrea Camilleri, al quale ha partecipato anche Carlo Lucarelli.
La trasmissione andrà in onda in due puntate, sabato 8 e domenica 9 maggio.

Essere invitata da Luca è sempre un avvenimento. Per il suo entusiasmo che ti contagia immediatamente e perchè da lui, nonostante gli ospiti siano sempre illustri, l’ambiente è sempre informale. Ergo, figurati se non mi precipito a Milano quando mi comunica che sarà una jam session Camilleri/Lucarelli, se pur telefonica. L’ottimismo comincia ad invadermi quando parto da casa, fino a Milano poco traffico e semafori verdi (da non credere!) e, botta di c… pazzesca, un parcheggio LIBERO proprio davanti alla Rai. Quasi in odore di santità, veleggio fino al quarto piano dove mi attendono Luca e Alberto, sorrisibacieabbracci e ci trasferiamo nello studio per la registrazione dove arriva ‘of course’ (di corsa) Mauro Novelli, guru della conoscenza camilleriana. Si comincia. Con mio grande piacere Luca mi dice che anche io porrò la mia domandina al Sommo, in qualità di rappresentante ufficiale del CFC (uauauau!). Viene chiamato per primo Carlo e Luca gli comunica che Camilleri non sa della sua presenza, infatti quando il Sommo risponde (voce cavernosa da sigaretta in bocca), si va per indovinelli per farglielo capire. Gustosissimo fuori onda che mi godo all’ennesima potenza soprattutto perché Andrea, finto tonto, non capisce chi sia l’altro ospite. Risate, baci e abbracci virtuali e si comincia.
Con un annuncio in anteprima: l’uscita del romanzo a quattro mani Camilleri/Lucarelli ‘Acqua in bocca’, storia che incrocierà, tra messaggi e lettere, i due grandi personaggi dei due scrittori: Salvo Montalbano e Grazia Negro e non solo… transiterà pure un certo Coliandro e tutta la squadra che lavora con Salvo, insomma, ci sarà da divertirsi.
Luca fa raccontare ai due come si siano conosciuti, anni fa, a Courmayeur durante un Noir Fest, dove Camilleri si presentò ai noiristi come ‘giovane scrittore’ suscitando l’ilarità generale oltre che lo stupore per la sua presenza. Andrea dice che è stato stimolato alla stesura di questo romanzo dalla curiosità per la scrittura di Carlo che dichiara quanto si siano punzecchiati a vicenda nello scrivere e scambiarsi i messaggi, provocandosi tramite i loro personaggi e scambiandosi i primi messaggi attraverso un cannolo siciliano, consegnato a Carlo solo due settimane dopo il suo arrivo (non oso pensarne la fragranza) e dei tortellini emilani. Parlando di Salvo, Luca e Mauro punzecchiano il Sommo e proposito dell’ultimo romanzo in uscita ‘La caccia a tesoro’ dove vediamo il nostro commissario alle prese con bambole di gomma gonfiabili che provocano svenimenti in Adelina e battute maliziose ad Ingrid, molto più scafata dell’imbarazzato Salvo. Tornando ad ‘Acqua in bocca’ si parla delle differenze tra i due personaggi: Salvo è il meditativo, la mente, Grazia quella che agisce, c’è molta armonia tra i due, armonia che, come dichiarano i due scrittori, non potrebbe certo sfociare in storia d’amore, in quanto l’amore è già scoppiato tra Andrea e Carlo, che si dichiarano apertamente tra le nostre risate, che proseguono quando Luca chiede ai due come abbiano reagito conoscendo i loro imitatori. Gustosissima la risposta di Carlo che ammette che quando ha conosciuto Fabio De Luigi e ha assistito alla sua trasformazione nel personaggio (cuscino per la pancia, rughe e quant’altro) ha pensato ‘ma davvero sono così brutto?’ mentre Andrea dichiara che Fiorello è stato davvero bravo nell’impostare la sua voce. Viene poi posta la domanda su chi abbia scelto il titolo del romanzo, che presenta un pesce rosso in copertina. Andrea dice che il titolo che aveva proposto lui è stato scartato e noi presi dalla curiosità glielo chiediamo, Luca in voce e Novelli ed io coi gesti: uno scoppio di risa accoglie la sua risposta: ‘Il pesce in bocca’! Dopo le bambole gonfiabili, mancava questo!
Tocca a me porre la domanda al Sommo, la trasposizione in film de ‘Il tailleur grigio’, trasposizione che non si sa ancora se sarà di Lavia o, come scritto in un articolo su ‘La Sicilia’, Luis Prieto. Andrea dichiara che aveva solo parlato con Lavia, di non essere a conoscenza del resto. E finalmente si arriva a parlare del premio Piero Chiara, conferito a Camilleri ‘per avere sedotto l’intero pianeta con la grazia inarrivabile delle sue storie, quintessenza di una Sicilia verissima ed inventata’ che sarà consegnato ‘di pirsona pirsonalmente’ ad Andrea il Primo Maggio a Luino, serata che due emozionatissimi Luca Crovi e Mauro Novelli avranno il piacere di condurre (ma come li invidio!) e alla quale mi dico ‘sono già lì’.
Cavoli, è già finito il tempo, è letteralmente volato, saluto sia Carlo sia Andrea e a microfoni spenti, passiamo ai commenti e all’aperitivo.
Sono contenta, è stato come sempre emozionante, qualcosa da ricordare con piacere. Mi dirigo verso casa, ripensando e sorridendo.
Grazie Luca. Anche di esistere :-)
Grazia
 
 

RadioMonteCarlo, 27.4.2010
Il TG delle celebrità
Andrea Camilleri: «Dico sì a un “Pd del Nord”»

«La nascita di un “Pd del Nord“ sarebbe un segno di vitalità. Da siciliano e vecchio comunista sono favorevole perché mi piace qualsiasi cosa porti una ventata di novità nel Pd che deve trovare una soluzione per uscire da questa stagnazione pre-letale». Così lo scrittore Andrea Camilleri, “papà” del commissario Montalbano, in un’intervista al settimanale “Diva e donna”: «Se gli operai votano Lega Nord, non è colpa loro, ma del centrosinistra che è chiuso in una sorta di mongolfiera che vola sopra le esigenze della gente: un’astrazione alla quale ha fatto da contrappeso la concretezza dei leghisti». Sulla serie tv “Il commissario Montalbano”, dice: «Il personaggio di Montalbano non morirà dopo Luca Zingaretti: si potrebbe anche pensare a un altro attore…». E sul possibile debutto di Belen Rodriguez, nei nuovi episodi: «Sinceramente non so chi sia. Ma finora produttore e regista non hanno fatto cattive scelte».
Roberto Alessi
 
 

El Cultural, 27.4.2010
Andrea Camilleri: "Montalbano me chantajea"
Llega a España La pista de arena, nueva entrega de la serie de su popular comisario, que el autor siciliano confiesa que da por terminada

Al otro lado del teléfono parece que a uno le está hablando el propio Vito Corleone. La voz mana de una caja de resonancia barnizada por el humo del tabaco y la senectud. La cadencia es morosa y el acento siciliano. Un castizo diría -llanamente- que acojona. Imposible no pensar en legendario Padrino interpretado por Marlon Brando. Pero la persona que responde desde su casa de Roma, amabílisimo a pesar del tono grave, es Andrea Camilleri (Porto Empedocle, Sicilia, 1925), el autor italiano que más libros vende (en los últimos años no ha sido raro encontrar cinco títulos suyos ocupando los cinco primeros puestos de la lista de más vendidos de su país) y alguien cuya biografía e intención vital está en las antípodas del célebre personaje de Coppola. Su obra narrativa, y en particular su saga del policía Montalbano, constituyen un sentido alegato contra la mafia. Eso sí, un alegato sutil. Su denuncia no es una embestida frontal contra el fenómeno mafioso, como la de Saviano en Gomorra, sino más reposada, casi insinuada: él cuenta cómo Montalbano va tirando del hilo de un caso cualquiera y al final, invariablemente, los largos tentáculos de la mafia saltan a escena. Ahora llega a España La pista de arena (Salamandra), la décimosexta entrega de la serie, en la que el popular comisario se ve inmerso en el oscuro mundo de las carreras clandestinas de caballos. Sus incondicionales deben paladear bien estos últimos montalbanos, porque el autor siciliano confiesa que da por cerrada la saga. “Él último lo he escrito hace poco. Ahora sólo quedan por salir los cuatro o cinco inéditos que tengo en la recámara”. Dicho queda.
Pregunta.- Ya en el 2000 expresaba su cansancio de Montalbano, más en concreto de su tremendo éxito, que le obligaba a pagar el peaje molesto de la popularidad. ¿Cómo ha sido la relación con su personaje más carismático?
Respuesta.- Bueno, como toda relación comenzó felizmente, pero ha habido momentos en que se iba deteriorando. A veces veo a Montalbano como a alguien que me chantajea, del que no me puedo liberar, porque aunque yo no escriba nuevas entregas de la serie, que ya va, más o menos, por las 20, se sigue reeditando continuamente. De hecho, como escritura, Montalbano para mí está terminado, porque no voy a escribir más aventuras suyas, aunque él seguirá vivo mucho tiempo, porque irán saliendo los cuatro o cinco inéditos que tengo guardados.
P.- ¿De qué títulos de la serie se siente más orgulloso?
R.- De El ladrón de meriendas y de Ardores de agosto. Estos son los que más me gustan.
P.- ¿Cuánto tiempo cree que aguantaría Montalbano en el cuerpo de policía italiano actual?
R.- No, no... él se habría marchado ya, o le habrían echado. Él aguanta ahí en la ficción, pero no lo haría en la realidad.
P.- ¿Le resultó a usted tan traumático como a Montalbano la necesidad de utilizar gafas?
R.- Es que él tiene pánico a envejecer. La verdad que no. ¿Sabe por qué? Porque yo llevo gafas desde cuando era casi un niño (risas).
P.- ¿Le gusta la estatua de Montalbano que han erigido en Porto Empedocle, su pueblo natal?
R.- Sí, me gusta mucho, porque no es el Montalbano televisivo interpretado por Luca Zingaretti, sino más parecido al Montalbano literario creado por mí, con pelo, bigote y una edad cercana, casi 60 años.
P.- ¿Le saluda cuando se cruza con él?
R.- No sólo yo, sino mucha gente. Es una estatua muy humana. Parece una persona que descansa un momento durante un paseo, apoyado en una farola. No está sobre un pedestal. Es del mismo escultor que hizo la de Sciascia en Racalmuto.
P.- Por cierto, hablando de Sciascia, acaba de publicar en Italia Il onerovole sicialano, en el que comenta sus intervenciones cuando participó en la comisión antimafia del Parlamento italiano. ¿Creía necesario reivindicar su figura?
R.- Sí, me parece justo hablar de una faceta de Sciascia menos conocida, su actividad propiamente política. Quería proponer de nuevo el estilo magistral de sus intervenciones parlamentarias, que deberían ser estudiadas hoy por todos lo diputados italianos porque la verdad carecen de toda noción de la escritura y el estilo. La verdad es que me gustaría distribuir este libro gratuitamente entre todos ellos.
P.- ¿Cree, como él, que Sicilia es el mundo?
R.- Bueno, todo el mundo no, pero sí una parte muy importante (risas).
P.- Reconoce que es un escritor sin fantasía, que es la realidad la que le inspira, pero ¿dónde busca o encuentra dentro de esta realidad sus historias?
R.- Todo lo que respecta a la serie de Montalbano está tomado de la crónica de sucesos de los periódicos, aunque yo lo cambio de un modo tal que luego es difícil identificar de qué hechos reales está tomada la historia.
P.- Cuando no le viene la inspiración, se escribe cartas a sí mismo. ¿Qué cosas se cuenta en estas cartas?
R.- No sólo me escribo cartas a mí mismo, también se las escribo a personas desconocidas o que me invento. Es que para mí la escritura debe ser un ejercicio cotidiano, como el que realiza el pianista, porque si no la mano se oxida, y eso es algo que no se puede permitir un escritor.
P.- Su escritura se funda en una reinvención del siciliano. ¿En qué consiste esta?
R.- Yo empleo una combinación del siciliano y el italiano. El primero me sirve más la descripción de emociones y sentimientos, mientras que el segundo lo empleo sobre todo para la descripción de objetos y conceptos.
P.- ¿Qué piensa del éxito de Liga Norte en las últimas elecciones regionales? ¿Es una verdadera amenaza para la unidad italiana?
R.- Sí, es una seria amenaza para la unidad italiana. El hecho de este triunfo se dé en la celebración del 150° de esta unidad me resulta especialmente triste y desagradable.
Alberto Ojeda
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 27.4.2010
Il set. Nel Ragusano le riprese di nuovi quattro episodi. Attesa per Belen Rodriguez
"Montalbano sono": si gira il blitz nella casa della moglie del boss

Ragusa - Il sodalizio tra il commissario Montalbano e la provincia di Ragusa è a prova di Auditel. Un flirt collaudato che il regista Alberto Sironi non intende tradire peri nuovi quattro episodi. Il "nuovo" Montalbano non si accontenta più della sua casa di Marinella (in realtà la località marinara di Punta Secca, frazione di Santa Croce Camerina) che dà sulla spiaggia, ma il commissario farà anche capolino a Marzamemi e a Scoglitti. Il porto rifugio di Scoglitti, infatti, con i suoi pescherecci e i suoi pescatori farà da sfondo ad uno dei nuovi quattro episodi che si stanno girando in questi giorni: "La danza del gabbiano". Uno degli ultimi ciak è stato battuto in una villa rurale di Santa Croce col blitz di Montalbano nell'abitazione della moglie del boss Sinagra (interpretata dall'attrice catanese Ornella Giusto) che assiste impassibile alla perquisizione. Montalbano le rivela di essere stata tradita dal marito e la sua glaciale indifferenza nel dialogo col commissario ha una vampata d'orgoglio femminile quando sferza con lingua tagliente il marito, in una scena successiva.
Un altro posto di mare per l'episodio "L'età del dubbio": il set sarà a Marzamemi, spiaggia selvaggia, lontana dalla cementificazione.
«Questi due nuovi episodi - rivela Sironi che ha preso casa per i quattro mesi delle riprese a Marina di Ragusa - segnano il ritorno ad un Montalbano meno filosofo e più dinamico. Un commissario più dedito all'azione che al ragionamento. Un aspetto trascurato nell'ultima serie, perché il suo ideatore, Camilleri, aveva esaltato l'aspetto riflessivo della personalità di Montalbano».
Un'altra nuova location sarà il convento della Croce di Scicli. «Qui gireremo - spiega Sironi - gran parte dell'episodio "Il campo del vasaio". In questo episodio avrà un ruolo di primo piano Belen Rodriguez. Interpreterà il personaggio di una donna sudamericana, proprio per tenere fede alle sue vere origini». La presenza della Rodriguez, nelle vesti di una femme fatale, arricchisce un cast affiatato che non mancherà di far impennare lo share di ascolti nell'episodio più contorto partorito dalla penna di Camilleri. Alla base della storia vi è la ricostruzione che Montalbano fa di un delitto con l'aiuto del Vangelo e in particolare dell'episodio sacro che riguarda il tradimento di Giuda. Nella sceneggiatura Sironi ha pensato ad una rappresentazione sacra riguardante la passione di Cristo: «Abbiamo studiato e osservato varie rappresentazioni sacre messe in scena in provincia di Ragusa, ma la scelta alla fine è caduta su un dramma sacro più contenuto e aderente al Vangelo».
L'ultimo episodio adattato per il piccolo schermo sarà "La caccia al tesoro" che, insieme agli altri tre, sarà un nuovo omaggio al territorio ibleo.
Federica Molè
 
 

Il Brigante, 27.4.2010
Intervista ad Angelo Russo

Uno degli sceneggiati meglio riusciti della Rai, il “Commissario Montalbano” tratto dai romanzi polizieschi di Andrea Camilleri è quasi una costante del nostro teleschermo. Per noi si è fatto intervistare, Angelo Russo nelle vesti di “Catarella” ovvero il centralinista del commissariato di Vigata (luogo di fantasia dell’autore) che è solito storpiare i nomi.
Russo, con un’iniziale resistenza, non proprio tipica degli attori televisivi, si è poi aperto al dialogo dichiarandosi timido e asserisce dicendo: il silenzio è una cosa bella rimango cosi pulito come sono.
Ma perché parlando ti sporchi?
"No, ma posso essere frainteso."
Mah, se parli come “Catarella” il personaggio che interpreti, è facile.
"Ah certo."
Catarella è un figlio di Camilleri tu gli hai prestato il volto, ma anche un corpo…
"Sì. L’ho portato fuori, e credimi non e’ da tutti. Ho fatto tanti altri lavori, ma questo è quello che mi ha dato più notorietà."
Qual è stata la cosa del set che vi ha resi fieri?
"Il bene stare di Camilleri. Lui ci ha dato solamente due puntate le altre lo abbiamo convinto noi con la nostra bravura."
Ma è una cosa bellissima! Io mi sono letta tutta la serie, ma sul serio siete bravissimi, a parte la fedeltà della trama, le movenze e la sceneggiatura.
"Ti ringrazio."
La scena mitica è quella tratta da “Il giro di boa”, dove il commissario nuotando trova un cadavere, e tu durante l’indagine esordisci con la frase… il morto…
"Natante morente ma prima vivente. Sempre per la faccenda di storpiare i nomi, come il signor Latte con la S in funno….
Per dire a modo suo la realtà…cioè che il pregiudicato si era finto morto, cambiando identità ma qualcosa poi della “nuova vita “ era andato storto”"
Progetti futuri?
"Stiamo girando altri episodi."
Emilia Ferrara
 
 

ASCA, 27.4.2010
Ascolti Tv: Oltre 5 milioni per ''Montalbano'' su Raiuno

Roma - La serata televisiva di ieri, lunedi' 26 aprile, prevedeva su Raiuno un episodio del ''Commissario Montalbano'' ["La vampa d'agosto", NdCFC] che ha ottenuto 5 milioni 9 mila spettatori e uno share del 18.48.
[...]
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 27.4.2010
Gli asini e le mosche gli animali dei romanzi

Le carte degli scrittori siciliani sono affollate da animali di tutte le specie: a confermarlo è il volume "Animali della letteratura italiana" (Carocci, a cura di Gian Mario Anselmi e Gino Ruozzi, 288 pagine, 25 euro), da qualche giorno in libreria. Un'accurata mappatura che dà conto della presenza di belve e insetti, in un vertiginoso attraversamento di secoli e latitudini, fornendo delle preziose indicazioni a chi volesse ritagliare, dalla topografia letteraria italiana, una cartina "sub specie isolana". Certo, a farla da padrone, sono i soliti Verga e Pirandello, citatissimi in quasi tutti i saggi. Accanto ai quali però c'è un'ottima rappresentanza di altri autori siciliani, da De Roberto a Capuana, da Brancati a Quasimodo, da Sciascia a Camilleri: a venirne fuori, alla fine, è una ricca, anche se con certe lacune, campionatura degli animali che si muovono nei racconti, nei romanzi e anche nei versi, a volte a titolo di comparse fugaci, altre nelle vesti di protagonisti assoluti.
[...]
Salvatore Ferlita
 
 

La Repubblica, 28.4.2010
"Una mongolfiera"

”Il centrosinistra è chiuso in una mongolfiera che vola sopra le esigenze della gente”. Così Andrea Camilleri, lo scrittore che ha inventato Montalbano, in un’intervista a “Diva e donna” prende di mira l’”astrattezza” del Pd messa in contrapposizione con “la concretezza dei leghisti”.
 
 

Spigoli&Culture, 28.4.2010
Camilleri A., Il nipote del Negus. Letto da Andrea Camilleri, 2010 - Audiolibro
Sellerio, Palermo, 2010, Cofanetto con 5 CD e volumetto con scritti di Andrea Camilleri, € 19,00

Che questo audiolibro possa definirsi un’esperienza estetica, sembrerebbe una argomentazione complessa atta ad intimorire piuttosto che ad avvicinare il Lettore, se non si volesse, invece, come si vuole, sottolineare il valore comunicativo del testo in questione nella versione Letto da Andrea Camilleri.
Il “piacere” della lettura del libro Il nipote del Negus si rinnova in questa lettura integrale da parte dell’Autore, acquisendo un significato similare alla duplice accezione tedesca, sia nel senso di godimento/soddisfazione/diletto che nel senso di uso/fruizione.
In effetti, la facilità d’accesso al testo proposto da un audiolibro, da un lato fa diminuire le scusanti disponibili per i lettori meno disposti alla fatica della lettura indirizzandoli ad una ricezione semplificata, e dall’altro integra la piacevole esperienza del lettore appassionato. Il gesto volontario del voltare le pagine è sostituito dal continuum del raccontare; la scansione delle carpette e dei singoli titoli dei testi interni ad esse -telegrammi, lettere private, ritagli di giornali, corrispondenza ufficiale- è fornita da una voce avulsa che scansiona con tono amministrativo (non a caso voce femminile nel ruolo di segretaria) la percezione audio del testo. Aggiungerei percezione audiointerpretativa de Il nipote del Negus, in quanto gli apporti sonori (ad esempio, il ticchettio della macchina da scrivere) che si sommano alla lettura avvolgente di Andrea Camilleri sono ben dosati tanto da delineare il carattere delle contesto nell’immaginario dell’Ascoltatore/Lettore.
Il repertorio dei documenti, dal frammento di dialogo privato alla comunicazione burocratica, è registrato con il contributo originale dei toni della voce di Andrea Camilleri, tra l’ affabulatorio e il documentaristico, in una lettura integrale del proprio libro, in una interpretazione della propria scrittura, in un doppiaggio perfetto per quanto riguarda modi, tempi e pause, nonostante qualche variazione (voluta, casuale, chissà), come quella, tanto per portare un esempio, che il Lettore/Ascoltatore rileverà all’altezza di pagina 24, leggendo le prime righe della quale riscontrerà la mancanza nell’audio del riferimento al topos letterario «di Vigata».
Tra le righe dello scritto Scrivere e leggere ad alta voce, presente nel volumetto che accompagna i 5 CD nel cofanetto in oggetto, Camilleri rende partecipe il Lettore delle difficoltà incontrate nell’impegnarsi in una lettura ad alta voce con finalità di comunicazione al pubblico. Estremamente differente da una lettura ad alta voce finalizzata alla ricerca di quella musicalità intrinseca, per grammatica e sintassi della lingua adottata, alla creazione di un testo scritto.
Che Il nipote del Negus sia un’altra riuscitissima sceneggiatura, è fuor di dubbio. Come lo è il testo La concessione del telefono -ricordiamo, per similitudine, le lettere scritte dal commerciante al Prefetto per vedersi concesso un telefono privato, oppure la lettera di lamentela da parte del Prefetto al Questore per la storpiatura del cognome (errore ritenuto intenzionale come l’incidente del cane ne Il nipote del Negus)- cui Camilleri si riallaccia per tipologia narrativa, sperimentando traduzioni innovative del romanzo epistolare. La portata del mezzo comunicativo “lettera” viene ancor più a manifestarsi; altrettanto peso è dato al fattore autenticità/falsificazione dei documenti, regalatoci da Camilleri, similmente a quanto riscontrato ne La novella di Antonello da Palermo, ne Il colore del sole, ne Le pecore e il pastore, e ne La scomparsa di Patò soprattutto, stupenda collazione di testi (per il confronto costante e continuo di essi cui è chiamato il Lettore) e di collage grafico (imprescindibile per la tecnica camilleriana).
Camilleri legge Il nipote del Negus come se leggesse una favola, con voce calma e pacata e, a tal proposito come non può venire in mente quell’intervento sotto forma di favola fatto a Roma davanti all’allora Presidente del Consiglio, D’Alema? In quell’occasione Camilleri lesse un racconto favolato, o una favola raccontata -argomento, la burocrazia- ambientata in un Paese di nome Iliata (naturalmente le stesse lettere di Italia in ordine differente).
Il nipote del Negus, una bella favola camilleriana -del Camilleri «scrittore politicamente scorretto» come si è autodefinito in quanto critico e polemico pure nei riguardi della propria parte politica- che vale la pena d’essere ascoltata, gustandola CD dopo CD, anche perché da vera favola, sembra proprio che, a beffa riuscita sostenuta dal giochi delle apparenze e delle ipocrisie politiche, finisca bene.
Antonella Chinaglia
 
 

RepubblicaTv, 29.4.2010
Andrea Camilleri con Libera contro le mafie
Lo scrittore dei romanzi del commissario Montalbano nello spot dell'associazione di don Luigi Ciotti. Per la donazione del 5 per mille
 
 

BooksBlog.it, 29.4.2010
"Acqua in bocca": Camilleri e Lucarelli scrivono un romanzo per Minimum Fax

Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli hanno scritto un romanzo insieme. I due re delle spy stories all’italiana, simbolo dello strapotere del genere in Italia, usciranno tra maggio e giugno per Minimum Fax con un romanzo scritto a quattro mani. Si chiamerà “Acqua in bocca“, e per i cultori del genere credo che sarà una tentazione irresistibile vedere i due protagonisti di riferimento, il commissario Montalbano e l’ispettore Grazia Negro, collaborare alla risoluzione di un caso.
Sulla trama, per ora, non sono trapelate tante indiscrezioni. Si sa soltanto che i due incrociano le proprie strade sul delitto di una donna ritrovata con un pesciolino in bocca, e che sarà Grazia Negro a chiedere l’aiuto di Salvo Montalbano. Ma la trama viene influenzata dalle inchieste televisive di Lucarelli, ed ecco che nel romanzo vengono coinvolti i servizi segreti deviati. Mescolando fiction e realtà, il romanzo sarà infarcito di lettere, ritagli di giornale, verbali, “pizzini” che guideranno il lettore verso la risoluzione del caso.
Il progetto è nato quando i due scrittori si sono incontrati per girare un documentario prodotto dalla stessa Minimum Fax (e da Rai Tre, 2007) sul mestiere di scrivere, nel quale i due scrittori hanno rivelato i propri metodi e segreti di scrittura. Ne è uscito un documentario, “A quattro mani”, appunto, di cui potete vedere un estratto qui.
Juri Testa
 
 

Adnkronos, 30.4.2010
Tv: Camilleri, ho il 'ricatto' di Montalbano

Roma - ''Per me Montalbano era morto al secondo romanzo''. Andrea Camilleri, ospite unico di Fabio Fazio nella puntata di 'Che tempo che fa' in onda domenica prossima alle 20,10 su Raitre, rivela che la sua volonta' era quella di terminare la serie del commissario Montalbano dopo il secondo libro, ma che e' stato 'ricattato' dal suo editore: dopo 'Il cane di terracotta', ''per me era finita la serie. Poi Elvira Sellerio mi dice: 'quando mi mandi un altro Montalbano?' E io dico: 'Non ce n'e' piu' di Montalbano, Elvira'''. A questo punto l'editore - rivela Camilleri - spiega all'autore che la serie dedicata al commissario '''sta facendo vendere gli altri libri'. Questo e' il ricatto. Ogni volta che esce un Montalbano, tutti i romanzi miei di trent'anni fa si ristampano. Quindi io ho il ricatto di Montalbano''.
Lo scrittore siciliano - che ha pubblicato lo scorso 25 marzo il suo ultimo romanzo, 'Il nipote del Negus' - nello studio di 'Che tempo che fa' svela qualche anticipazione sul nuovo episodio della saga di Montalbano, che si intitolera' 'La caccia al tesoro', a partire dal fatto che il commissario ''rischia la pelle, per la prima e unica volta in vita sua. Agisce da fesso - sa, l'eta' - e rischia di lasciarci la pelle. Io mi diverto a metterlo li': 'se voglio t'ammazzo'''.
Rispondendo poi a una domanda di Fabio Fazio, Camilleri - che ritirera' domani a Luino (Varese) il Premio Chiara alla carriera 2010 - rivela anche che nel prossimo romanzo Montalbano, alla soglia dei sessant'anni, iniziera' ad avere una vita sessuale molto attiva: ''Comincia a considerare realmente che ogni lasciata e' persa e non ha tempo di recuperare piu'. E' stata una vita di una noiosa castita', che persino le lettrici mi scrivono chiedendomi 'ma quand'e' che mette un corno a 'sta Livia (fidanzata di Montalbano, ndr) che non ne possiamo piu'?'. E allora, poverino, si spara come si dice le ultime cartucce''.
 
 

La Repubblica, 30.4.2010
Belpaese
Festa del Mughetto

Per la prima volta nella storia delle commemorazioni a Portella della Ginestra, luogo simbolo delle manifestazioni dei Fasci Siciliani, vietato ai lavoratori durante il ventennio fascista e teatro, 63 anni fa, della prima strage di Stato, la Cgil avrà accanto l'Anpi. La lotta alla mafia, le istanze contadine, i partigiani, l'antifascismo, un messaggio di Maria Falcone, un racconto di Andrea Camilleri. Per gli amanti del politically correct in salsa governativa un Primo Maggio da monitorare. Dopo aver sistemato il 25 Aprile, cercando di rimuovere ogni riferimento alla Resistenza, adesso toccherà alla Festa del Lavoro. Non dite alla destra che in Francia celebrano con rami di mughetto. Altrimenti ecco pronto il nome alternativo: Festa del Mughetto.
Alessandra Longo
 
 

Panorama, 30.4.2010
Libri
Carlo Lucarelli e Andrea Camilleri scrivono un romanzo a quattro mani

Per la prima volta il commissario Montalbano e l’ispettrice Negro lavorano spalla a spalla sullo stesso omicidio nel romanzo "Acqua in bocca".
I fan dei fumetti di supereroi lo sanno bene: due personaggi possono funzionare alla grande da soli, ma combinare disastri quando messi insieme nella stessa avventura. Marvel e DC di crossover simili ne hanno provati a bizzeffe e quasi tutti hanno avuto risultati vomitevoli. Ma tra uno scivolone e l’altro è anche capitato che qualche coppia superasse la crisi del primo numero. Un destino che potrebbe toccare anche all’improbabile, inatteso sodalizio tra Salvo Montalbano e Grazia Negro.
"Acqua in bocca" (120 pagine, Minimum Fax), che non uscirà prima del prossimo 23 giugno, nasce dall’incontro tra Carlo Lucarelli e Andrea Camilleri in occasione delle riprese del documentario di Matteo Raffaelli "A quattro mani", che proprio Minimum Fax Media aveva prodotto chiedendo ai due maestri del giallo italiano di svelare i segreti del loro mestiere. Tre anni dopo i tempi sono maturi perché il commissario e l’ispettrice possano unire le forze per risolvere l’ennesimo, intricatissimo caso.
Il caso, naturalmente, è un omicidio. La vittima è stata trovata con un pesciolino in bocca, una situazione così insolita da spingere Grazia Negro a contattare il suo collega siciliano. Nasce così una originale narrazione orchestrata attorno alla corrispondenza tra i due lontani (in tutti i sensi) personaggi: pizzini, articoli di giornali, semplici lettere o rapporti d’indagine. Il tutto conficcato in un’ambientazione che prende molto dalla realtà non-narrativa, al punto che all’interno del romanzo compariranno le inchieste televisive dello stesso Lucarelli.
Forse sarà questa particolare architettura narrativa a salvare la neonata coppia Camilleri-Lucarelli dal rischio di finire anzitempo nei cassoni dei libri a metà prezzo, rei di aver dato alle stampe l’ennesima operazione commerciale puntualmente coordinata con l’apertura degli ombrelloni sulle spiagge.
Fabio Deotto
 
 

El Comercio, 30.4.2010
Andrea Camilleri exhibe su vitalidad literaria en “La pista de arena”

Madrid (EFE).- El escritor italiano Andrea Camilleri asegura que vive "en un país absurdo e irreal", pero a sus casi 85 años sigue dando muestras de una envidiable vitalidad literaria con "La pista de arena", una aventura del comisario Montalbano que acaba de publicarse en español.
"La situación en Italia es cada vez más confusa y deprimente", asegura Camilleri al otro lado del teléfono desde Roma, en una conversación con Efe en la que se lamenta de que toda la actividad política de su país gire alrededor de los problemas con la justicia del primer ministro, Silvio Berlusconi.
"Todas las leyes que se hacen en Italia tienen como objetivo evitar que Berlusconi se presente antes los jueces, y no se habla para nada del empleo, en un país en el que se están perdiendo millones de puestos de trabajo", argumenta el escritor siciliano.
Pero Camilleri, uno de los intelectuales más activos contra el Gobierno del primer ministro conservador, está lejos de caer en el desánimo y recurre a su "reserva interior" para seguir deleitando a sus numerosos lectores con historias como "La pista de arena" (Salamandra).
En esta novela, Montalbano deberá resolver la muerte de un caballo, que él mismo ha encontrado salvajemente sacrificado sobre la arena de la playa junto a su casa, a través de una investigación que le llevará al circuito de carreras clandestinas y en la que se topará con una peligrosa banda mafiosa.
Pero el entrañable comisario tendrá en esta historia más problemas con las mujeres que se van cruzando en su vida que con los criminales que quieren acabar con su existencia. Y es que, como explica Camilleri, "la situación personal de Montalbano prevalece en la novela sobre el contexto delictivo".
"La pista de arena" muestra a un Montalbano en plena madurez, pero el comisario no acepta demasiado bien el paso del tiempo. Algo habitual, por otro lado, en tantos otros hombres que ya han cumplido los cincuenta y que "tienen miedo de envejecer", explica su creador.
Eso sí, Camilleri le permite mantener sus dotes de seductor, de las que hace gala en la novela, porque -según afirma- "todavía hay esperanza para los hombres maduros". "Es más, tengo amigos que son mayores que Montalbano y que aún triunfan en ese campo", añade con humor el escritor.
Dieciséis años después de la aparición literaria de Montalbano, Camilleri sigue sin explicarse el éxito de este personaje, cuyas aventuras suman millones de ejemplares vendidos en Italia y otros países.
El escritor siciliano ya ha entregado a su editorial la que será la última novela de Montalbano, cuyo título provisional es "Riccardino", y que deberá ser publicada a la muerte del autor.
"Hace cinco años se me ocurrió una historia para terminar la serie de manera original. La escribí deprisa, por miedo al alzhéimer, y la envié a la editorial. Soy muy ordenado y no me hubiera gustado dejar inconclusa la saga de Montalbano. Ahora sé que hay un final", explicó Camilleri.
Pero los seguidores del comisario Montalbano pueden estar tranquilos, porque Camilleri no va a abandonar a su personaje. De hecho, el escritor ha anticipado a Efe que está trabajando ya en una nueva entrega de la serie.
En esta ocasión, la inspiración no le llegó a través de las páginas de sucesos de los periódicos, como es habitual, sino de la curiosidad que sintió el escritor al ver una lujosa goleta anclada en un puerto italiano.
Camilleri está acostumbrado a emplear la realidad como materia prima de su creación literaria, pero descarta convertir a Silvio Berlusconi en personaje de una próxima novela.
"Berlusconi es un personaje muy complejo y creo que yo no tengo la pluma adecuada para ello", responde el escritor cuando se le pregunta al respecto.
Añade el autor siciliano que espera que sean los jueces quienes finalmente escriban sobre el primer ministro italiano. En una sentencia.
Carlos Gosch
 
 

 


 
Last modified Tuesday, May, 12, 2020