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RASSEGNA STAMPA

FEBBRAIO 2012

 
l'Umanité, 1.2.2012
La Fiat nie le droit à l’existence d’un syndicat

[...]
En fait, il y a un début de mobilisation. 20.000 signatures ont déjà été recueillies dans les usines du groupe par la fédération pour obtenir la résiliation de cet accord. Le 11 février, la Fiom organise une grande manifestation nationale à Rome. Les métallos ne seront pas les seuls présents. Car leur sort inquiète bien au-delà de leurs rangs. D’aucuns, à l’instar de l’intellectuel Paolo Flores d’Arcais, de l’écrivain Andrea Camilleri, du dramaturge Dario Fo et bien d’autres, y voient une attaque aux valeurs de la Constitution, dont le premier article dit: «L’Italie est une République démocratique fondée sur le travail.»
[...]
Gaël De Santis
 
 

Solo Libri.net, 1.2.2012
Le inchieste del commissario Collura - Andrea Camilleri

Il libro "Le inchieste del commissario Collura" (Roma, Libreria dell’Orso, 2002; Milano, Mondadori, 2007), che apparve in otto racconti nell’estate del 1988 sulla “Stampa”, manifesta la passione di Camilleri per il mare in lui nata sin dall’infanzia, dato che suo padre, dopo il crollo finanziario della famiglia, aveva svolto l’incarico di Ufficiale civile della capitaneria di porto. Per questo, il nostro scrittore è sempre vissuto, come egli stesso dice nell’intervista fattagli da Saverio Lodato, in compagnia di ufficiali di navi da guerra o mercantili. Bambino, li sentiva parlare di storie marinaresche, di tempeste, di luoghi esotici e di avventure che gli nutrivano la fantasia fino a coltivare il desiderio di frequentare l’Accademia di Livorno (proposito abbandonato, avendo ricevuto, giocando a sassate, un colpo all’occhio destro che gli causò un danno visivo).
La nascita del Commissario Collura
Come a voler compensare il senso di delusione, il suo interesse per il mare, oltre ad essere stato trasferito nell’indole di Montalbano, si ritrova adesso anche in un altro simpatico personaggio. Si tratta di Cecé Collura, protagonista del libro in questione che si muove al di fuori delle coordinate siciliane e in “una terra di nessuno” quale quella della “crociera”. Quando il quotidiano la “Stampa” gli aveva chiesto alcuni racconti, come egli stesso riferisce, aveva due nomi che gli frullavano in mente: “uno Montalbano e l’altro… Collura, cognomi tipicamente siciliani…”. Per un atto di omaggio a Vasquez Montalban optò per il primo,
“Ma ora”, precisa, “dovendo scrivere dei racconti mi venne in mente di trovare un personaggio fisso. E subito è stato come una sorta di risarcimento nei confronti del commissario Collura (…). La seconda cosa che mi venne in mente (…), era quella di avere le possibilità di fare delle indagini all’interno di un luogo esattamente delimitato. E’ un po’ il giochetto che fa spesso Agatha Christie quando sceglie l’Orient Express o un aereo per le sue storie. E quindi scelsi una nave da crociera perché offre una possibilità enorme di incontri con persone diversissime tra di loro. Nacque così il commissario di bordo. Il commissario di bordo non è un vero e proprio poliziotto: … è soprattutto quello che si occupa del buon andamento dei croceristi, della crociera stessa e del personale di bordo, ma non è un investigatore. Allora mi venne in mente di farne un poliziotto momentaneamente a riposo che ha una certa deformazione professionale anche quando si trova a svolgere un compito che poliziesco vero e proprio non è”.
L’identikit di Collura è quello del commissario di polizia che, nel corso di una convalescenza di sei mesi per essere rimasto ferito in un conflitto a fuoco, si imbarca con quella funzione, concedendosi una vacanza. Collabora con lui un vice commissario, la cui funzione narrativa è quella di spalleggiarlo nelle indagini: una serie di gustosi “gialli” senza delitti, però.
Montalbano e Collura: due commissari a confrontoTanti i tratti che accomunano Collura a Montalbano! Due poliziotti che si conoscono e che hanno le medesime qualità dello sbirro: l’osservazione e il ragionamento, innanzitutto, ma anche il bisogno di raccontarsi le vicende al fine di risolvere così il caso. Viaggiando anch’egli per mare, il lettore da parte sua scoprirà che questi racconti, piacevoli, sorprendenti e a volte inquietanti, mettono a contatto con un piccolo mondo di desideri, il più delle volte perversi, dove in definitiva tutto si riduce a “finzione”.
Federico Guastella
 
 

Medeu, 2.2.2012
"Il diavolo certamente" di Andrea Camilleri
Sebbene dimezzata, nel libro dell'autore girgentano, la Bestia alza la cresta e morde ancora con furore satanico

La saggezza. La saggezza!!! Quella popolare ovviamente.. è ben circostanziata, analiticamente soppesata quando sussulta vibrante piena di circospezione suggellando l'affermazione che il diavolo fa le pentole non i coperchi. La manchevolezza della fabbricazione consente agli spifferi mefistotelici di incunearsi - se non di testa almeno per un pezzo di coda - nelle vicende umane, anche le più banali, quali un compleanno tondo che si presta a inquietanti bilanci, un furto intentato da un topo d'appartamento che si mostra sensibile e premuroso, un prepensionamento che manda all'aria le poche irrinunciabili certezze, l'incauto avvicinamento alla vecchia ex- fiamma che conturba il cielo fisso quasi sereno di una vita circonfusa da glorie e vacuità, l'accidiosa conquista dell'amante dell'amica- in una sorta di compedio da Commedia Umana della Malasorte.
Il diavolo certamente può sembrare un patteggiamento con il Maligno in quanto posizionato sull'ultimo gradino (il più alto o il più basso) della grandiosa scala di volumi - tutti benedetti, fortunati e tradotti in molte parti del mondo -dell'ottantasettenne autore girgentano.
Sebbene dimezzata la Bestia - trentatre racconti di tre pagine ciascuno - alza la cresta e morde ancora con furore satanico sempre alle prese con diverse fenomenologie di esistenze e destini umani.
Il mostro che azzanna, per quanto abbia denti gialli dalla collera per le accresciute virtù, avanza denudando le prede, smascherando le loro miserie piccole e borghesi: vanità, insolenze, inganni si infilzeranno sulle corna che ne spalancherà la porta.
Odette Miceli
 
 

La Stampa, 3.2.2012
Elzeviro
Caselli contro i nemici della giustizia

Dici giustizia e si materializza l'immagine di una guerra totale, condotta con profusione di mezzi (talora anche illeciti): la guerra combattuta negli ultimi anni dal governo italiano contro le procure, con il disegno di mortificare e asservire la magistratura. E' la tesi su cui Gian Carlo Caselli, procuratore capo a Torino, ha costruito il suo nuovo libro: Assalto alla giustizia (Melampo, pp. 154, e16), che viene dopo altri pamphlet, scritti in collaborazione con colleghi come Antonio Ingroia e Livio Pepino, e un testo sulla Costituzione, con l'ex presidente Scalfaro. Apre il volume una prefazione firmata da Andrea Camilleri, il padre di Montalbano: con il sarcasmo di cui e' maestro confronta l'idea di giustizia dei grandi filosofi, da Aristotele a Hume, con gli stravolgimenti via via proposti nell'epoca berlusconiana e con il declassamento delle leggi a uso personale. Non esita a parlare di «doloroso, pericolosissimo, infame scempio della giustizia». Al tempo stesso, pero', porta in primo piano il rigore e la passione, la lucidita' e l'intelligenza, con cui il procuratore reagisce alle aggressioni «in nome della sua dignita' d'uomo e di magistrato». […] Alla fine il lettore fa i conti con due immagini: da un lato l'arroganza degli avversari dei giudici, documentata da Caselli in una collezione di citazioni, fra cui primeggia una di Berlusconi del marzo 2006: «La magistratura e' una malattia della nostra democrazia». Dall'altra tutti quei magistrati che non abdicano al loro compito e, per dirla ancora con Camilleri, continuano a difendere la traballante diligenza della giustizia dall'assalto dei fuorilegge.
Alberto Papuzzi
 
 

Corriere della Sera, 4.2.2012
In arrivo. Nella nuova serie in onda su Raiuno il personaggio avrà il volto di Michele Riondino: temo il confronto con Zingaretti
Il giovane Montalbano
In tv il commissario a vent'anni: "Non amava la polizia"

Roma. La camminata è la stessa. Anche la passione per le lunghe nuotate e la buona cucina. Ma al giovane Montalbano non piacciono i poliziotti.
È imminente la messa in onda del prequel su Raiuno del più famoso e amato commissario della tv: «Il giovane Montalbano», con Michele Riondino protagonista, per la regia di Gianluca Tavarelli (fine febbraio). Ambientata nella Sicilia dei primi anni Novanta, tratta dai racconti di Andrea Camilleri e co-prodotta da Rai Fiction e Palomar, la miniserie in 6 puntate ricostruisce il celebre personaggio attraverso le sue avventure da ragazzo: i difficili rapporti familiari, i primi amori, gli anni dell'università, le manifestazioni studentesche, poi l'ingresso nelle forze dell'ordine. «Salvo da giovane ha un pessimo rapporto con il padre che, dopo la morte della madre, lo ha praticamente abbandonato per rifarsi una vita e una famiglia altrove - anticipa Riondino -. Un abbandono che gli sarà difficile metabolizzare anche in seguito».
Iscritto alla facoltà di giurisprudenza, vive le lotte studentesche degli anni Ottanta: «È il periodo del Sacco di Palermo - continua -. Montalbano aderisce alle manifestazioni di sinistra e, pur schierandosi sempre dalla parte della giustizia, non ama gli sbirri. Finirà per diventare un poliziotto anche lui, solo perché nella Sicilia di quegli anni, della cementificazione selvaggia, della connivenza tra politici locali e criminalità, è costretto a fare una radicale scelta di campo per combattere la mafia».
Un carattere spinoso, a volte scontroso, ma sempre pronto all'ironia: «Ho cercato accuratamente di evitare l'idea dell'eroe senza macchia e senza paura», avverte Riondino, che è rimasto stupefatto quando gli hanno proposto questo personaggio: «Ero un po' scettico sul progetto, soprattutto intimorito dalla popolarità del personaggio: il confronto con Luca Zingaretti sarebbe stato inevitabile e temevo che il pubblico si sarebbe aspettato da me un certo tipo di poliziotto, già troppo caratterizzato». Alla fine, però, è stato proprio lo scrittore a convincerlo: «Camilleri mi mette a disagio perché per me è un guru. Parlare con lui è stato fondamentale. Mi ha raccontato il giovane Salvo Montavano, me lo ha descritto nei minimi dettagli. Inoltre conoscevo già tanti aneddoti sulla realtà siciliana di quel periodo avendo interpretato spettacoli teatrali sulla mafia con Emma Dante. I racconti di Camilleri ricordano più i romanzi di Sciascia che la Piovra». A rincuorarlo è stato pure Zingaretti: «Non potevo non parlare con lui. Mi ha tranquillizzato, confessandomi che lui, all'inizio, aveva vissuto i medesimi timori: Montalbano fa questo effetto». Lo ha fatto anche al regista Tavarelli: «Abbiamo dovuto confrontarci con una corazzata. Ma l'input è stato quello di evitare un clone di ciò che il pubblico già conosce. Chi ama Montalbano ritroverà tutti gli elementi, ma in una chiave originale».
Siamo a Vigata, vent'anni prima. Montalbano ha appena comprato la sua casa in riva al mare e c'è già Livia con lui, interpretata da Sarah Felberbaum: «La loro storia nasce sulle ceneri di una relazione precedente di Salvo con un'altra donna - spiega Riondino -, la classica brava ragazza che vuole mettere su famiglia, che cerca una sistemazione, che insomma incarna lo stereotipo della moglie... Una tipologia che fa storcere il naso al nostro, allergico a stabili rapporti di coppia, e infatti scappa. Perché diciamo la verità, nella vita privata è un disastro. Timido, introverso, soprattutto nei rapporti amorosi». Livia è diversa: è lei a fare «l'uomo», la decisionista che prende in mano la situazione, che sa stargli vicino senza fargli pesare il suo bisogno di autonomia e di libertà. Salvo ne è subito attratto.
Non solo amore, però: il commissario si inoltra ben presto nella selva dei casi polizieschi da risolvere, sempre affiancato dalla squadra di poliziotti di Vigata. «Proprio perché molto giovane, il mio Salvo ha un carattere ostinato, che spesso lo porta all'errore. A volte è persino ottuso, perché nella soluzione di un giallo insiste a seguire una pista che non porta da nessuna parte. Non è particolarmente umile. Anzi, non di rado è prepotente, usa il suo peso, è arrogante, si compiace del ruolo che ha, non fa nulla per nasconderlo».
Ma non sarà che la Palomar, come accadde per il «giovane Superman», abbia varato questo progetto proprio per cavalcare l'onda di un successo annunciato? È categorico il produttore Carlo Degli Esposti: «No. Semmai è un esperimento, suggerito da Camilleri stesso, che sentiva il bisogno di descrivere a ritroso il suo personaggio. E la scommessa è di dividere il pubblico, tra chi preferisce il "classico Montalbano", di cui abbiamo appena iniziato le riprese di altri episodi, e il "giovane Montalbano", aggiungendo uno spicchio alla sua personalità».
Di Montalbano in Montalbano, è prevista anche una seconda serie con Riondino? «No, grazie - è perentorio l'attore -. Non mi hanno proposto nulla del genere e credo sia difficile immaginare un seguito del prequel. Se di esperimento si tratta, è bene che rimanga isolato».
 
 
Lo scrittore
Camilleri: completarlo era una mia esigenza

Si sentiva proprio la necessità di un Montalbano in versione giovanile? Andrea Camilleri risponde: «Un giorno mi è venuta voglia di completare la figura del commissario: un’esigenza mia personale e anche narrativa. Ho avuto così l’idea di farlo cominciare non già da commissario, ma da vicecommissario, dunque da giovane, cioè uno che ha appena vinto il concorso. Gli ho costruito un passato che fosse coerente con certe sue caratteristiche da adulto. Sono convinto, infatti, che la nostra esistenza sia in realtà non dico determinata, ma molto condizionata da quelli che sono stati i nostri primi anni, i primi contatti col mondo esterno, l’esercizio dei primi affetti. E questo credo sia fondamentale nella costruzione di un personaggio». Non si rischia un’overdose montalbanesca? Camilleri è tranquillo: «Vista la qualità del prodotto… Il giovane Montalbano mi appassiona e mi incuriosisce perché, anche se sono un vecchio, sono capace di appassionarmi».

Emilia Costantini
 
 

Giornale di Brescia, 4.2.2012
Racconti
Con Camilleri il diavolo all'improvviso
Il diavolo, certamente, Andrea Camilleri, Mondadori 171 pagine, euro 10

Diavolo, Belzebù, Satana, Lucifero, la Bestia, chiamatelo come volete. Quante volte nella vostra vita vi è capitato di pensare: «Qui qualcuno ci ha messo il suo perfido zampino». Molte? Bene, Andrea Camilleri ha scritto 33 racconti da 3 pagine per mostrarci come la vita quotidiana (anche quella di ognuno di noi) possa subire brusche inversioni di rotta per l'«intervento» del Principe delle tenebre. Camilleri ovviamente ci lascia ampio spazio per decidere se condividere o meno. Storie che diventano l'occasione per una riflessione sulle sorti umane, sui rapporti interpersonali, su come il nostro mentire per apparire quello che non siamo (ma vorremmo essere) sveli alla fine il nostro «io» più intimo. E, forse, la nostra idea di felicità.
Attenzione: 33 racconti da 3 pagine «fa» 333, ovvero la metà del diabolico 666, «perché è meglio avere a che fare con mezzo diavolo che con uno intero» precisa Camilleri stesso in una nota conclusiva. Il risultato dell'opera è ampiamente all'altezza delle aspettative. Un impianto narrativo, consentiteci il facile gioco di parole, diabolico. Aprono e chiudono la serie di racconti due apologhi filosofici che fanno da filo conduttore al percorso tra le umane sorti. Individuare la propria storia preferita è impresa ardua e quasi impossibile (di nuovo: diabolica?). Ci proviamo. La numero 5, l'incipit: «Tonino, dodicenne, detesta la nonna paterna Esilia nella cui casa è costretto a vivere da tre anni assieme al papà e alla mamma». Un vero e proprio esempio di genialità narrativa.
Certo, alcuni racconti sono un poco prevedibili. Ma provate voi a scrivere 33 racconti, svelando fin da subito il trucco (ovvero che in poche paginette troverete un colpo di scena) e mettere in scena sempre l'«incredibile». Camilleri ci riesce con ampio margine. Sempre per stuzzicarvi la curiosità, il racconto con protagonista Filippo Greco, e su come riesce ad ottenere la cattedra di Filosofia morale, è praticamente un piccolo trattato sul malcostume nel nostro Paese, soprattutto su come (a volte?) si fa carriera. Gli attacchi dei vari racconti andrebbero studiati da chi si crede uno scrittore. Perché se la stella polare è Kafka con l'inizio del «Processo» («Qualcuno doveva aver diffamato Josef K., perché, senza che avesse fatto nulla, una mattina venne arrestato») leggendo l'opera di Camilleri troverete «competitori» che non temono il confronto.
Esempio: «Hazrel, giovane, bello e ricco, faceva vita dissoluta, quando, giunto al trentesimo anno, venne sfiorato dalla divinità». E questo? «Homer, sicario rinomato per l'infallibilità della mira e per la scrupolosità nel lavoro, venne assoldato per uccidere un bambino di dieci anni».
Probabilmente quello dal finale più inaspettato e straordinario.
Ovviamente... diabolico.
Francesco Alberti
 
 

Il Sole 24 Ore, 5.2.2012
Posacenere

I genitori di più figli dovrebbero fare molta attenzione a non manifestare mai una qualsiasi preferenza nei riguardi dell’uno o dell’altro.
I bambini ci guardano era il titolo di un bel film di De Sica. E si guardano anche tra di loro. Sono convinto che certe liti violente che in età adulta scoppiano tra fratelli-coltelli trovino origine nei piccoli traumi subiti nell’infanzia a opera di genitori inconsapevoli. Due fratelli siciliani, una volta adulti, non si rivolsero più la parola. Uno dei due, ormai novantenne, in punto di morte chiamò l’altro, minore di due anni, e finalmente fecero la pace. Si chiesero allora le ragioni della loro rottura, ma non ne vennero a capo. Poi, il morente, disse: «Forsi pirchì la mamà dava cchiù caramelli a tia?».
Andrea Camilleri
 
 

5.2.2012
Il giovane Montalbano

Sarah Felberbaum e Michele Riondino sul set de Il giovane Montalbano (Foto dal sito della Palomar)

Secondo nostre fonti, gli episodi del "prequel" del commissario Montalbano andranno in onda a partire dall'1 Marzo.
 
 

Blog a puntate, 5.2.2012
Il giovane Montalbano in arrivo su Rai Uno a fine febbraio
Cliccare qui per il video

Se seguite RaiUno vi sarete accorti che sulla rete hanno iniziato a partire i promo della nuova serie tv Il giovane Montalbano (uno di questi apre il post), la cui messa in onda era inizialmente prevista per la primavera. A quanto pare ci sarà un’anticipazione e potremo gustarci queste sei nuove puntate già a partire da fine febbraio.
[…]
Daniela
 
 

La Lettrice Rampante, 5.2.2012
Il diavolo, certamente - Andrea Camilleri

Io non amo molto Andrea Camilleri. Ho provato solo una volta a leggere un romanzo con protagonista Montalbano e ammetto, con mia somma vergogna, di non aver capito quasi niente del suo linguaggio dialettale. E non amo nemmeno molto i racconti, soprattutto se estremamente brevi, perché non mi danno il tempo di affezionarmi ai personaggi e di farmi catturare dalla storia che subito finiscono.
Quindi il mix racconti estremamenti brevi di Camilleri sicuramente non era dei migliori auspici.
Eppure, questa volta mi devo ricredere.
I racconti sono veramente corti, a volte eccessivamente, ma riescono comunque a dire qualcosa e a fare in qualche modo riflettere. Il diavolo è il filo che unisce questi 33 racconti, un diavolo fatto persona, un diavolo che si immerge nella quotidianità, in gesti che forse tutti avremmo potuto compiere una volta o l'altra.
Ci sono diversi racconti che parlano di adulterio (troppi, forse... ma c'è veramente tutta sta gente che tradisce la moglie/il marito?), racconti che parlano di crisi economica e di cosa si è disposti a fare o a non fare pur di uscirne. Racconti che parlano di violenza. Racconti che parlano di suicidi, racconti che finiscono con una punizione o una vendetta, racconti che ti fanno aprire gli occhi e racconti che ti riportano nel passato, racconti che svelano verità mai pensate e che ti buttano nello sconforto.
Tutti collegati da un filo conduttore "diabolico", un dolore più o meno forte che il protagonista di ognuna di queste brevi storie prova o provoca.
E alcuni sono a mio avviso veramente geniali: il secondo, ad esempio, ha evidenziato l'inellutabilità di certi comportamenti sbagliati, come se fosse il destino a obbligarci a compierli. Il numero 29 unisce amore, tradimento e cibo. Il quindicesimo e il trentesimo, pur abbastanza prevedibili, ti immergono in uno di quei classici gialli, trasmettendoti lo stesso senso di attesa e di stupore, il tutto compresso in tre o quattro pagine. Per non parlare dell'ultimo.
Insomma, Camilleri mi ha stupito. E sebbene non avessi nessuna intenzione di leggere questo libro (che mi è stato prestato senza che potessi rifiutarmi), sono contenta di potermi ricredere.
Questo però non vuol dire che ora proverò a leggere altri Montalbano, sia chiaro.
Elisa
 
 

La Provincia di Lecco, 6.2.2012
Silvestri: "Con De Sfroos andrei d'accordo sul rock"

Daniele Silvestri approda domani al Teatro Sociale di Como non con un normale concerto, se si può definire normale l'attività di uno dei più arguti ed estrosi cantautori italiani, ma con uno spettacolo fatto e finito, "E la fine arriva in coda", condiviso con l'amico e collega Pino Marino. In attesa della prima, che si terrà proprio sul Lario il prossimo 7 febbraio, una chiacchierata telefonica con l'artista per anticipare alcuni aspetti di questa inedita formula.
[...]
Nell'album "Scotch", del resto, le collaborazioni sono numerosissime e sembra che vi siate proprio divertiti. Penso a Gino Paoli e al suo intervento ne "La chatta" o a Camilleri. Qualche aneddoto?
[...] Camilleri è difficilissimo da raggiungere perché è pieno di impegni: non penso che passi il tempo ascoltando la mia musica, ma i suoi nipoti sì! Devo ringraziare anche loro se si è prestato al gioco.
[...]
Alessio Brunialti
 
 

Corriere della Sera, 7.2.2012
Cinema e Tv
Il commissario Montalbano
Serie Tv - Rai uno - 21:10

Arriva su Rai Uno il prequel di Montalbano, che ci racconterà come era il personaggio da giovane, prima di essere il commissario che oggi conosciamo. Finalmente scopriremo come era Montalbano prima di arrivare a Vigata, e come ha conosciuto non solo i suoi colleghi Fazio, Augello e Catarella, ma anche Livia, per la quale poi lascia la sua fidanzata Mery. Salvo Montalbano avrà il volto del giovane Michele Riondino.
 
 

Il Tirreno, 7.2.2012
Massimo il "barrista" e la cricca del BarLume meglio di Montalbano
“La carta più alta”, ultimo lavoro del pisano Marco Malvaldi in testa alle classifiche. E presto diventerà una fiction

L’umorismo toscano di Marco Malvaldi, col suo ultimo romanzo giallo, è in testa alla classifica dei libri italiani più venduti. Appena uscito in libreria, “La carta più alta”, edito da Sellerio, si è piazzato al secondo posto e sabato scorso, Malvaldi ha sorpassato uno scrittore di razza e mietitore di successi come Andrea Camilleri per piazzarsi in testa al podio. Come se non bastasse, il commissario Montalbano - che ha spopolato in tv con share da capogiro grazie anche alla faccia di Luca Zingaretti - sarà sostituito da Massimo “il barrista” affiancato dalla sua cricca di anziani investigatori e impiccioni. Infatti, è stato di recente firmato un contratto (con la stessa società che ha portato in tv il protagonista di Camilleri) per fare le fiction dei gialli di Malvaldi. Che, gira voce, dovrebbero andare in prima serata su Rai Uno.
[...]
Giovanni Parlato
 
 

El País, 8.2.2012
El País espía Barcelona negra
El misterio de la eterna juventud
Tercer reporte de Carlos Zanón en la cita literaria barcelonesa.
¿Por qué esa obsesión por jubilar a los autores antes de tiempo?
¿Por qué las fotos de los autores en los libros non son las más recientes?

Esta tarde hemos tenido una charla bajo el título de ¿Y después de Camilleri qué? Al parecer los comisarios Ricciardi de Maurizio de Giovanni y el comisario Fusco de Marco Malvadi vienen a jubilar a Montalbano. Siempre he pensado cómo debe sentar en casa de, por ejemplo, Camilleri este tipo de debates. Aún no estás muerto y además eres siciliano. Deberían irse con cuidado especialmente con esto último.
[...]
Carlos Zanón
 
 

La Sicilia, 8.2.2012
Scandurra
Il vino simbolo di gioia e di eternità

Concetto Scandurra dice di non essere né un etnologo né un antropologo, ma è, senza dubbio, un cultore della materia dato che, utilizzando una discreta bibliografia e riportando, a volte, anche integralmente, testi di poeti che hanno raccontato la storia del vino nella cultura e nella tradizione popolare siciliana, è riuscito a dedicargli un volume, «In vino veritas», Morrone Editore, la cui lettura scorre proprio come un calice di vino buono, perché tratta della bevanda paradisiaca prima che fosse sottoposta alla legge del consumo e della sofisticazione.
[...]
Scandurra sembra condurre il lettore in un percorso senza fine, tanto da arrivare al Montalbano di Camilleri, nelle cui mense, il vino è la presenza più costante e, più genuina.
[...]
Andrea Bisicchia
 
 

l’Unità, 9.2.2012
Intervista a Nino Frassica
"Io, maresciallo dei Carabinieri per Camilleri"
Il popolare attore è nel cast del primo film ispirato a un romanzo del “papà” del commissario Montalbano: “La scomparsa di Patò”
”Confrontarsi con lui è una grande esperienza culturale e umana”

«Come mi trovo nelle vesti di critico letterario per l’Unità? Guardi è una veste davvero inedita, la trovo originale e mi piace». Così il famoso comico Nino Frassica inizia il dialogo con «l’Unità» e discute di cinema, letteratura e teatro.
Frassica è uno dei protagonisti del primo film che porta al cinema un romanzo di Andrea Camilleri. Stiamo parlando de La scomparsa di Patò, opera narrativa che il regista Rocco Mortelliti ha trasposto cinematograficamente. Ed è un’opera che rispetta la lingua originale del romanzo di Camilleri.
Non a caso, Rocco Mortelliti ha puntato su Frassica (che nel film interpreta il maresciallo dei carabinieri Paolo Giummàro) per transcodificare la lingua letteraria di Camilleri nel cinema. «Un ruolo fondamentale l’ha avuto la sceneggiatura, che rispetta linguisticamente e letterariamente il romanzo La scomparsa di Patò. - spiega il popolare artista -. La sceneggiatura è stata scritta da Rocco Mortelliti, da Andrea Camilleri e Maurizio Nichetti. Credo che questa sinergia abbia dato un valore aggiunto al film. Da attore, ho seguito la sceneggiatura con estrema cura, con attenzione, con passione. Essendo un siciliano, conoscendo la provincia siciliana, mi è venuto facile interpretare questo ruolo».
La lingua di Camilleri è un’invenzione, un misto di italiano e siciliano, ma anche una reinvenzione del dialetto. Lei che gioca con i linguaggi, che idea si è fatto dello stile del creatore di Salvo Montalbano?
«Mi lasci dire innanzitutto che ho solo qualche decennio in meno del maestro, ed ho vissuto per trent’anni in Sicilia. Dunque, conosco bene questo mondo. Mi trovo a mio agio con questa dimensione culturale. Debbo però aggiungere che il dialetto di Camilleri non è quello odierno che si parla in Sicilia, in quello del maestro vi sono termini italianizzati, altri reinventati, ed altri ancora inventati di sana pianta. Quello di Camilleri è un dialetto colorato, inventato, ma è legato ai suoni, è onomatopeico. È un linguaggio intessuto di sicilianità ma nello stesso tempo molto comprensibile».
Camilleri riprende termini di antichi dialetti siciliani e li reinventa, ma costruisce anche neologismi. Ma il tutto è sempre inserito in una struttura del linguaggio chiara e piena di ritmo…
«Il segreto sta nel ritmo dei suoni prodotti dalle parole. Quando nel mio ruolo di comico ho inventato la parola “Scasazza” (nella trasmissione di Arbore Quelli della notte), si capiva immediatamente dal suono che il riferimento era ad un paese scombinato, un luogo che non esiste ma che fa riferimento in maniera paradossale e grottesca a cose che possono essere reali. Un’altra mia invenzione, la parola “mappazza,” è entrata nel linguaggio comune. Ed ancora, mi sono divertito con la confusione tra singolare e plurale, il punto è che un linguaggio funziona se riesce ad attrarre l’attenzione di chi ascolta, legge, guarda la tv. Camilleri è un maestro nel raccontare, nello scrivere, nel comunicare. Sa divertire e nel contempo fa riflettere».
Nel film Frassica è un maresciallo dei carabinieri…
«Il maresciallo indaga sulla scomparsa di Patò, assieme al delegato di pubblica sicurezza Bellavia. I due all’inizio si scontrano, ma poi alla rivalità subentra l’amicizia. Il maresciallo vive nel paese, conosce i problemi del territorio, ha un rapporto molto umano con le persone. Questo lo porta a compiere scelte coraggiose assieme a Bellavia».
Che idea si è fatto della figura di Patò?
«Patò è un personaggio moderno, un campione di inciuci, che cerca di fare inciuci mantenendo la legalità. Quando non può più rimanere nella legalità scompare. Oppure lo fanno scomparire? Questo è il grande dubbio di buona parte del film».
In questo film, tratto dal romanzo di Camilleri, vi sono sullo sfondo anche Pirandello e Sciascia. Qual è il suo rapporto con questi giganti della storia culturale italiana ed europea?
«Siamo figli dei loro testi. Per chi come me viene dal teatro, Pirandello è un punto di riferimento assoluto. La lezione culturale e morale di Sciascia è fortemente attuale. I loro testi sono delle letture necessarie sul piano culturale e civile».
Il dialogo con Camilleri?
«Non è mai venuto sul set, ma era sempre presente. Lo chiamavamo al telefono, dialogavamo, ci dava consigli. Ci seguiva da Roma, era con noi. Confrontarsi con un maestro come Camilleri è una grande esperienza culturale ed umana. Vorrei aggiungere che il regista Mortelliti è riuscito con il film a dare il senso vero del romanzo di Camilleri».
 
 
Il regista: "Sono rimasto fedele al suo stile"

Per la prima volta sul grande schermo giunge un film tratto da un libro di Andrea Camilleri. Uscirà nelle sale il 24 febbraio. Le opere dello scrittore siculo-romano sono state trasposte in tv, in teatro, sono diventate persino opere liriche, ma nessuno aveva ancora realizzato un film. Il regista Mortelliti con tenacia e determinazione c'è riuscito, restando fedele allo spirito originario del romanzo. E soprattutto nel trasferire sul grande schermo con naturalezza e armonia quel linguaggio inventato, misto di italiano e dialetto, che Camilleri ha inventato nei suoi romanzi.
La storia racconta la misteriosa scomparsa di Patò, avvenuta durante la rappresentazione sacra della Passione di Cristo, popolarmente detta il Mortorio, il venerdì santo del 1890. Il ragioniere Patò, funzionario di una banca locale di Vigàta che interpreta la parte di Giuda, scompare nella botola del palcoscenico, come previsto dal Mortorio. Il punto è che poi non ricompare.
PIRANDELLO E SCIASCIA
Romanzo e film hanno sullo sfondo Pirandello e Sciascia. Mortelliti, ispirandosi a Sciascia, affronta temi civili e sociali, pirandellianamente invece si confronta con la pluralità delle identità. E lo fa con un ritmo narrativo efficace e coinvolgente. Rispetto alle fiction di Montalbano, comunque di buon livello, Mortelliti va oltre.
Racconta: «Camilleri è il mio maestro, con lui ho capito cosa voleva dire il teatro. Ho trasposto tante sue opere letterarie in opere teatrali, ma l'emozione che ho provato con questo film è indescrivibile». E aggiunge: «Di questo film ho parlato lungamente con l'industriale Antonello Montante, che mi ha dato importanti suggerimenti. E lo vorrei ringraziare dalle pagine de "l'Unità", che grande spazio ha dato e dà alla battaglia di etica e legalità condotta da lui e dal presidente di Confìndustria Sicilia, Ivan Lo Bello». Infine, conclude: «Il Comune di Ceprano dove sono nato, ha indetto un concorso nelle scuole ispirato alla legalità ed alla giustizia. Lo spunto è dato dal romanzo di Camilleri e dal mio film. Credo sia importante che i ragazzi, possano esprimere le loro idea su questi argomenti. È un impegno di civiltà».

Salvo Fallica
 
 

Televisionando, 9.2.2012
Il Giovane Montalbano su RaiUno dal 1° marzo (contro il GF); il promo promette bene (video)

Dopo Sanremo 2012, RaiUno si prepara ad accogliere un nuovo grande evento tv, questa volta fictional: all’inizio di marzo, infatti, debutterà Il Giovane Montalbano, prequel del fortunato ciclo di trasposizioni dei romanzi di Andrea Camilleri portato al successo da una sceneggiatura pregevole e da un cast di qualità capitanato da Luca Zingaretti. Prodotto dalla Palomar, il prequel mostra da subito un grande pregio: si serve delle stesse location della ‘serie maggiore’, elemento imprescindibile non solo per non spezzare il filo ‘emotivo e narrativo’ che lega il pubblico tv al Montalbano maturo, ma anche per garantire che non si tratta di una mera operazione commerciale.
Sei le puntate previste per Il Giovane Montalbano: La prima indagine di Montalbano, Capodanno, Ritorno alle origini, Ferito a morte, Il terzo segreto e Sette lunedì i titoli scelti (o meglio tratti direttamente dai racconti trasposti) per il ciclo di film tv da 100? ciascuno che dovrebbe andare in onda da giovedì 1° marzo 2012. Una collocazione diversa da quella solitamente riservata al commissario, in onda per lo più al lunedì, ma che potrebbe manifestare da un lato l’intenzione della fiction Rai di restare padrona assoluta dell’Auditel del giovedì sera, dopo i successi di Don Matteo e Che Dio ci Aiuti, e soprattutto di dare fastidio al Grande Fratello 12 (al giovedì dal 23 febbraio) dopo aver ‘massacrato’ il GF l’anno scorso con il ciclo ‘regolare’ de Il Commissario Montalbano.
Già in onda i promo, che a dire il vero promettono davvero bene. Se i fedelissimi fans del ‘maturo’ commissario temevano di trovarsi di fronte a un ‘mistificatore’, beh potranno rassicurarsi: da quel che si vede, Il Giovane Montalbano promette di seguire ‘fedelmente’ la crescita professionale, emotiva, sentimentale del testardo, ma sveglio Salvo, come del resto hanno fatto soprattutto i primi cicli traspositivi dei romanzi di Camilleri.
Gli inizi, come spesso capita, non sono facili: accudito come un figlio dal commissario Libero Sanfilippo, la ‘carriera’ di Montalbano prende il via in quel di Mascalippa, piccolo centro dell’interno montuoso della Sicilia, che sembra aver dimenticato di irradiare quelle valli del suo caldo e luminoso sole. Una sofferenza per il vicecommissario Montalbano, che sogna il mare e il suo profumo e che ottiene un ‘commissariato’ tutto suo grazie all’intervento – non richiesto – della sua fidanzata. Livia è ‘alle porte’ e assume qui il volto angelico di Sarah Felberbaum, ma almeno all’inizio, il cuore di ‘Salvuccio’ appartiene a una bella mora di nome Mery (Katia Greco).
I protagonisti sono evidentemente ‘costretti’ a cambiare: ve lo immaginate uno Zingaretti truccato da ventenne? Già abbiamo avuto un sussulto nel vederlo travestito da frate ciociaro. Se i ‘puristi’ aspettano al varco Michele Riondino nei panni del commissario, sarà però interessante vedere come sono da giovani Mimì Augello (qui interpretato da Alessio Vassallo), il (pre) ispettore Fazio (Beniamino Marcone) e capire come si inserisce nella storia il personaggio del padre di Fazio (Andrea Tidona), inedito nei racconti di Camilleri, ma già narrativamente introdotto nell’episodio La Danza del Gabbiano. Nel cast anche Adriano Chiaramida, già visto ne La Voce del Violino nel ruolo del capo della Mobile, il commissario Panzacchi, e Fabrizio Pizzuto nel ruolo di Giorgio Cumella, compagno di scuola che il commissario rincontra ne La Luna di Carta ormai direttore di banca [In effetti Pizzuto interpreta Catarella, NdCFC].
I luoghi di Montalbano restano gli stessi: la piazza, il commissariato, la chiesa, la stessa casa di Marinella – sogno realizzato del giovane commissario – fanno capolino in questa nuova fiction, che s’impegna così a ‘restituire’ al pubblico le atmosfere che hanno reso capolavori i romanzi e il film tv di Montalbano.
La continuità è tutta nelle mani della produzione, la Palomar, e nella sceneggiatura curata dal gruppo storico, ‘supervisionato’ dallo stesso Camilleri e composto da Francesco Bruni, Salvatore De Mola, Chiara Laudani e Leonardo Marini. Cambia la regia: Gianluca Maria Tavarelli prende il posto di Alberto Sironi, fedele invece al ‘maturo’ Montalbano, che tornerà (si spera presto) sul set per il nuovo ciclo di quattro appuntamenti che dovrebbe arrivare su RaiUno nel 2013. Nel frattempo diamoci ai ‘giovani’…
Giorgia Iovane
 
 

La Sicilia, 9.2.2012
«Zoppette solo sulla scena Nella vita belle gnocche»
La scena. «Facciamo un vero duo e l'autore ha scritto un altro testo per noi»

Catania.Se avvertite un languorino per un teatro autentico e speciale, non potete rinunciare a gustarvi «Sugo finto». Sorelle sulla scena e ormai anche nella vita, Alessandra Costanzo e Paola Tiziana Cruciani, trasmettono incontrandole una ventata salutare di simpatia e umanità, qualità che associate al talento indiscusso le rendono uniche.
[…]
Alessandra Costanzo prossimamente su Raiuno sarà Adelina ne «Il giovane Montalbano» tratto da Andrea Camilleri per la regia di G.M. Tavarelli.
[…]
Francesca Motta
 
 

Il Tirreno, 9.2.2012
I vecchietti di Malvaldi sbarcano in tv, il produttore: “Avranno successo”
A comprare i diritti è Carlo Degli Esposti che ha portato al successo tv la serie sul commissario Montalbano

La fiction potrebbe aver trovato il nuovo Montalbano. Finiranno in tv e magari anche al cinema come collezione di film, gli arzilli vecchietti impiccioni di Marco Malvaldi, il giovane chimico-romanziere di Pisa che sforna gialli intriganti da vertici di classifica. Malvaldi, classe 1974, ricercatore di Chimica Bioorganica dell’università di Pisa, è una scoperta letteraria di Sellerio, così come Andrea Camilleri ma le coincidenze, casa editrice-saga-bestseller, non finiscono qui perchè a comprare i diritti è Carlo Degli Esposti, artefice con la sua società Palomar proprio del successo tv del commissario Montalbano interpretato da Luca Zingaretti.
[…]
«Nella saga di Camilleri c’è Vigata, in quella di Malvaldi l’altrettanto immaginaria ma realissima Pineta sul litorale toscano - dice Degli Esposti -. Là la Sicilia a regalare atmosfere e profumi, qui una toscanità dall’umore popolare e iconoclasta».
[…]
 
 

9.2.2012
Montalbano in Tv

Il primo episodio de "Il giovane Montalbano" andrà in onda giovedì 23 febbraio.
Le riprese della nuova serie del "Commissario Montalbano" inizieranno il 2 aprile.
 
 

AGI, 9.2.2012
Rai1: Da giovedi' 23 febbraio Il giovane Montalbano

Roma - Sta arrivando ed e' grande la curiosita'. Da giovedi' 23 febbraio, in prima serata, arriva su Rai1 "Il giovane Montalbano", la nuova serie in 6 film, per svelare tutto quello che avremmo sempre voluto sapere sul commissario piu' famoso d'Italia.
Prodotto da Rai Fiction e Palomar, Il giovane Montalbano attinge ancora una volta ai racconti di Andrea Camilleri.
La serie, ambientata all'inizio degli anni Novanta, racconta come si e' formato il mondo di Montalbano cosi' come lo conosciamo ora e del quale fanno naturalmente parte Catarella, Fazio, Augello, Livia. Una proposta del tutto inedita per la televisione italiana: quella di un prequel che si avvale del grande e rinnovato successo del commissario Montalbano.
A vestire i panni del giovane Salvo, Michele Riondino, tra gli attori di punta del cinema italiano. A dirigere la nuova fiction Gianluca Tavarelli. Nel cast, Sarah Felberbaum nel ruolo di Livia, insieme ad Alessio Vassallo, Andrea Tidona, Fabrizio Pizzuto, Beniamino Marcone, Adriano Chiaramida. Andrea Camilleri firma il soggetto insieme a Francesco Bruni.
La nuova serie prendera' il via con l'episodio dal titolo "La prima indagine di Montalbano".
 
 

ABC, 10.2.2012
Libros / BCNegra 2012
La negra herencia de Andrea Camilleri
Maurizio de Giovanni y Marco Malvaldi se postulan como grandes sucesores del escritor siciliano

El día que BCNegra se presentó en sociedad, su ideólogo, Paco Caramasa, subrayó que uno de sus grandes deseos sería poder contar algún año con la presencia de Andrea Camilleri. «Eso significaría que, además de estar, está bien», subrayó el librero negrocriminal.
Y es precisamente ese querer a toda costa que el padre de Salvo Montalbano esté presente, aunque sea de manera indirecta, lo que ha llevado a BCNegra a formularse una de las grandes preguntas de la narrativa italiana contemporánea. «Y después de Camilleri, ¿qué?», como podía leerse en el programa. O, dicho de otro modo, ¿hay vida más allá de las audaces creaciones del escritor siciliano?
«Camilleri no necesita herederos porque está en plena forma. Si estuviese aquí seguro que me diría un par de cosas y, como buen siciliano, me echaría un mal de ojo», bromea Maurizio de Giovanni (Nápoles, 1958), autor de «La primavera del comisario Ricciardi» (Lumen) y creador de uno de los personajes más intrigantes y llamativos de la novela negra contemporánea.
«Quería crear un personaje que estuviese obligado a sentir compasión, que estuviese obligado a enfrentarse al dolor», explica de Giovanni sobre un comisario cuyo don —o, mejor dicho, maldición— es el de ver a los muertos y cargar con sus lamentos. «El dolor de los demás anida en él y, a diferencia de Carvalho o Montalbano, no disfruta de la vida», explica.
[...]
En el extremo opuesto, el de la soledad Toscana y la carcajeante sombra de P. G. Wodehouse, se sitúa Marco Malvaldi (Pisa, 1974), químico de formación que empezó a escribir por aburrimiento —«el departamento de química es lo más parecido a una cárcel bulgara», asegura— y cuya primera novela, «La brisca de cinco», ya ha despachado más de 250.000 ejemplares.
«Para mí ya fue un éxito que Sellerio, la misma editorial que publica a Camilleri, publicase el libro», relativiza Malvaldi sobre una pintoresca y jocosa novela en la investigación corre a cargo de una cuadrilla de jubilados de Pineta, un pueblo imaginario de la costad de Livorno.
Es así como Maldavi eleva el cotilleo a la categoría de método de investigación y convierte el humor en auténtico parachoques. «Cuando las cosas no te van bien, el humor es el antídoto más eficaz, apunta un autor que tampoco duda a la hora de alabar al maestro Camilleri. «Los escritores italianos de novela negra le deben mucho, ya que puso de moda un género que estaba abandonado —explica—. Ahora hay un “boom” y un resdescubrimiento».
David Morán
 
 

TVblog.it, 11.2.2012
Il giovane Montalbano, dal 23 febbraio su Raiuno (foto)
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Il 23 febbraio alle 21:10, su Raiuno, debutterà “Il giovane Montalbano”, la fiction molto attesa in quanto si tratta della serie prequel de “Il commissario Montalbano”. Anche in questo caso, le storie che saranno raccontate nei sei episodi in onda ogni giovedì (si scontrerà contro la nuova collocazione del “Grande Fratello 12”) saranno tratte dai romanzi di Andrea Camilleri, che ha scritto la serie con Francesco Bruni, autore già al lavoro per la serie madre.
Ad interpretare il Commissario interpretato, nella sua versione adulta, da Luca Zingaretti, ci sarà Michele Riondino, già in numerose produzioni televisive (come, ad esempio, tre stagioni di “Distretto di polizia”), a cui toccherà far appassionare il pubblico così come ha fatto (e fa ancora) il suo collega.
“Il giovane Montalbano” sarà quindi un prequel, come detto, e racconterà le esperienze del protagonista che lo hanno portato a diventare quel Commissario testardo e capace che conosciamo. Seguiremo, quindi, il suo primo incarico in un paesino montano, prima dell’arrivo a Vigàta, che già conosceva perchè ci aveva vissuto da piccolo. Ma oltre alle prime indagini, la giovinezza di Montalbano è segnata anche da amicizie ed amori, legati ovviamente al suo futuro.
Oltre al protagonista, infatti, la serie ci mostrerà delle versioni giovani di Augello (Alessio Vassallo), di cui Montalbano non sarà subito amico, e di Livia (Sarah Felberbaum), che conquisterà subito il giovane commissario, ai tempi alle prese con un relazione a distanza. Il tutto sullo sfondo della Sicilia (e dell’Italia) dei primi anni Novanta, in un vero e proprio affresco che dipinge nuove aspetti dei protagonisti della fiction più vista.
“Il giovane Montalbano” è una co-produzione Raifiction-Palomar, per la regia di Gianluca Maria Tavarelli. Raiuno spera di bissare il successo della serie originale e, viste le firme dietro questo nuovo progetto, le premesse per ottenere una nuova fiction dagli ascolti record ci sono tutte.
Paolino
 
 

DaringToDo, 11.2.2012
Il Giovane Montalbano, dieci giorni al via / Foto

Ci siamo da giovedì 23 febbraio il pubblico di Raiuno ritroverà Montalbano, il fiore all’occhiello di casa Rai, la serie italiana dei record, la più venduta all’estero, e che tanto per intenderci godrà dell’onore della prima serata anche sulla BBC. Un volto, quello di Luca Zingaretti, che però non rivedremo, dato che, come ormai noto, la serie è un prequel che narra le avventure del giovane Montalbano, le sue prime indagini.
Riuscirà il giovane e talentuoso Michele Riondino a sostenere la sfida con il maturo Zingaretti? Riondino, che darà il volto al giovane poliziotto, ammette d’aver avuto qualche difficoltà ad assumersi la responsabilità di confrontarsi col personaggio, poi le discussioni con Andrea Camilleri e la lettura dei romanzi avrebbero operato la persuasione. Il Montalbano giovane è un poliziotto alquanto arrogante, incline all’errore, testardo, la capacità investigativa è già brillante. Avrà però molti più capelli, e la barba.
I collaboratori fidati del Montalbano commissario: Fazio, Mimì Augello e Catarella faranno anch’essi la loro comparsa, così come Livia, la fidanzata storica, con la quale Salvo Montalbano inizia la sua relazione proprio in gioventù. Nella nuova serie è impersonata da Sarah Felberbaum. Nel cast anche Alessio Vassallo, Andrea Tidona, Fabrizio Pizzuto, Beniamino Marcone, Adriano Chiaramida. Andrea Camilleri firma il soggetto insieme a Francesco Bruni. La regia è di Gianluca Tavarelli per la Palomar di Carlo Degli Esposti.
Le sei puntate sono ambientate all’inizio degli anni Novanta, raccontano quindi come si è formato il mondo di Montalbano: dal suo primo incarico nel paese di montagna di Mascalippa, al trasferimento a Vigàta, dove aveva già vissuto qualche tempo da ragazzo. Un difficile rapporto col padre, gli inizi della sua amicizia con Mimì Augello, il colpo di fulmine con Livia - che segue la relazione a distanza con Mery -. Montalbano non è qui solo un giovane che diventa uomo, è anche un commissario alle prime armi che dimostra la sua abilità nel risolvere casi intricati, a dipanare le trame raffinate costruite da Camilleri, e lo fa già con metodi non sempre ortodossi. Immutata è l’atmosfera.
“La prima indagine di Montalbano” è il titolo del primo episodio, tratto dal racconto contenuto nella raccolta omonima cui si aggiunge “Cinquanta paia di scarpe chiodate” contenuto nella raccolta “Un mese con Montalbano”, entrambe edite da Mondadori.
Autunno 1990, Salvo Montalbano è un giovane vicecommissario in servizio a Mascalippa, uno sperduto paese di montagna della Sicilia più segreta. Il suo superiore è Libero Sanfilippo, commissario saggio ed esperto, che gli insegna come muoversi nelle indagini più intricate. Il carattere di Montalbano, insofferente alle regole e attento più all’umanità delle persone che alle apparenze, si manifesta già in questo suo periodo di apprendistato: nell’indagine sull’omicidio di Casio Alletto, un mezzo delinquente con precedenti per furto di bestiame, Montalbano sa che il colpevole non può essere il pastore Tano Borruso, l’unico in paese a possedere un paio di scarponi chiodati simili a quelli usati per uccidere l’Alletto. Lo sa perché crede di conoscere gli uomini, e Tano Borruso non è un assassino.
Nella stessa puntata si assisterà al trasferimento di Montalbano a Vigata (dove vive ancora suo padre), alla storia d’amore con Mary, insegnante a Catania che lo raggiunge solo nel week end e che vorrebbe sposarlo. Ed entrano in scena di comprimari di sempre: Carmine Fazio, un esperto agente che gli è di grande aiuto e Agatino Catarella, un poliziotto rimasto orfano, dall’animo semplice. Catarella si rivela subito grato al commissario che, sorvolando su certi suoi problemi con la comprensione dei nomi, lo prende sotto la sua protezione e gli assegna il delicato compito di centralinista del commissariato. In poco tempo, Montalbano è riuscito a risolvere il caso dell’omicidio Alletto a Mascalippa, scagionando il pastore Borruso e trovando il colpevole, e al tempo stesso ha avuto il suo battesimo del fuoco a Vigata: sventa il piano di una ragazza, Viola, che voleva punire il malvivente che l’aveva violentata, ma al tempo stesso fa in modo di arrestare il responsabile della violenza. Nasce così il Montalbano che il pubblico più ama, e che tutti speriamo di ritrovare.
 
 

RagusaNews, 11.2.2012
Appuntamenti
Il Giovane Montalbano in onda dal 23 febbraio su Rai Uno
La protagonista femminile sarà Katia Greco

Roma - L’attrice siciliana Katia Greco sarà la protagonista femminile delle prime due puntate della nuova serie tv, in onda in prima serata su Rai Uno dal 23 febbraio, de “Il giovane Montalbano”. La fiction è incentrata sulle vicende di un Montalbano giovane, con le sue prime indagini, anche queste tratte dai racconti di Andrea Camilleri. Nel “prequel”, prodotto sempre dalla Palomar, per Rai Fiction, si racconta il commissario vent'anni prima, cosa faceva Salvo Montalbano prima di essere quello che oggi tutti conosciamo. Avrà un aspetto mediterraneo, con barba e folti capelli ricci, un giovane coraggioso e solitario, che fa pratica in un piccolo commissariato di montagna. Il commissario più famoso di Italia, avrà il volto di Michele Riondino. Attore tarantino che si è fatto conoscere in film come Fortapàsc, Il passato è una terra straniera, Dieci inverni, Noi credevamo. Ed ecco che nella storia spunta anche il primo amore del giovane Montalbano, negli anni del suo apprendistato in polizia, prima della storica Livia si intende. Il suo nome è Mary, una bella ragazza siciliana che insegna latino, che ama la buona tavola, con la testa sulle spalle, e che vorrebbe sposarlo. Mary è una donna dalla «bellezza raccolta, come segreta», scrive Andrea Camilleri nel racconto “La prima indagine di Montalbano”. Mary avrà il volto di Katia Greco, giovane attrice siciliana che già abbiamo visto in Distretto di polizia 9, Ris 4, Noi due, Crimini Bianchi e Il capo dei capi. Katia Greco, nei panni di Mary cercherà di aiutare Salvo, contando su autorevoli agganci al ministero dell'Interno, per farlo nominare commissario a Vigàta, dove lo accompagna per prendere possesso del suo nuovo ufficio e della sua nuova casa. Montalbano, nonostante sia fidanzato con Mary, è irresistibilmente attratto da un'altra donna, la genovese Livia, che sarà interpretata da Sarah Felbelbaum (La figlia di Elisa, Caterina e le sue figlie, Maschi contro femmine, Il gioellino). Livia è destinata a diventare l'eterna fidanzata di Montalbano e si capirà perché lui continua a tenerla a distanza. Insomma, il nostro commissiario, oltre alle sue indagini, avrà anche il suo bel da fare in campo sentimentale.
 
 

Il Sole 24 Ore, 12.2.2012
Posacenere

Gli scrittori convinti che con il loro libro cambieranno la natura dell’uomo, i politici che si ritengono capaci con le loro idee di dare un diverso assetto sociale al mondo, i filosofi che stimano i loro pensieri in grado di dare una risposta alle domande assolute è bene che tengano sempre in mente queste parole di Montaigne che non attenuo dalla loro crudezza originaria: «anche se sali sul più alto degli alberi, sempre il culo fai vedere». Voler volare alto è proposito assai rischioso, se non si squagliano le ali come accadde a Icaro facendolo precipitare al suolo, è molto probabile che si precipiti nel ridicolo. Meglio, molto meglio, stare sempre coi piedi per terra e tentare d’alzarsi facendo saltini di volta in volta sempre più elevati.
Andrea Camilleri
 
 

Il Club de La Lettura, 12.2.2012
Raccolta. Il padre del commissario Montalbano si mette in gioco con 33 racconti da 3 pagine alla ricerca del dettaglio satanico che può cambiare una vita. Ma non sempre lo trova
Camilleri, un diavolo di scrittore


Perché mi piace
Perfetta letteratura twitterizzante che ricorda il maestro Félix Féneon

Dopo aver dato dieci in pagella sulla «Lettura» al libro di Andrea Camilleri, Il diavolo, certamente, ho ricevuto una cortese mail: «Egregio e tanto caro, pur essendo un suo fedele lettore ed estimatore che la segue sempre e ovunque («Corriere», «Sette», «la Lettura») con grande piacere, questa volta proprio non mi trova d'accordo! E se questo volumetto del grande Maestro Camilleri fosse stato edito dal gruppo Rcs avrei potuto anche giustificarla (ordini di scuderia, promotion, company-path o che altro?!?) in un certo senso, umanamente e commercialmente, ma poiché è della Mondadori...».
La lettera continua: «Mi creda, le scrive un bibliomane-filo-fago incallito, roba da 110-130 libri all'anno, fan da sempre di Camilleri, tuttavia questa volta mi sembra che abbia raggiunto il bottom, il Nostro: raccontini triti e ritriti, all'80% sex-oriented, strani per un quasi 87enne. Alcuni famosi autori, bestseller, sono talmente famosi, fonte di reddito comunque per le grandi Editrici che anche quando "floppano" vanno in testa alle classifiche e fanno vendere!». Si prosegue con una svolta gialla, complottistica: «E poi sorge spontaneo il dubbio (ormai comune a molti lettori per alcuni ultimi libri del M° Camilleri), sarà farina del suo sacco? Che ci sia dietro un ghost-writer? Insomma, no, non ci sto. Con infinita stima, Fabrizio Bianucci, Milano».
Gentilissimo Bianucci, come potrei prendermela davanti a una lettera cosi garbata! E poi lei ha ragione ed è l’ora, finalmente, di dire la verita. Camilleri ha un ghost-writer. Si tratta di una statua ottocentesca di San Calogero, il patrono di Porto Empedocle, la sua citta, che campeggia nella stanza dove lo scrittore lavora. E mi tocca darle ragione ancora quando lei accenna agli ordini di scuderia impartiti dalla Rcs ai giornalisti del «Corriere». Qualche tempo fa, per esempio, mi fu intimato dalla Rizzoli libri di stroncare, sempre sulla «Lettura» (non le sarà sfuggito, vista la sua fedeltà di lettore), l’ultima fatica di Carofiglio (edita dalla stessa Rizzoli). Cosa che io (in nome della company-path) ho prontamente e diligentemente eseguito.
Mi dispiace, invece, non poterle proprio dare ragione su Il diavolo, certamente, anche perché lei fornisce scarsi elementi di critica e dice soltanto due cose. La prima è che si tratta di «raccontini triti e ritriti». La parola «triti» mi ha fatto tornare in mente, per associazione automatica, i versi bellissimi di Montale: «La vita è questo scialo / di triti fatti, vano / più che crudele». E così ho scoperto perché Il diavolo, certamente mi è tanto piaciuto. Perché la morale ultima del libro é perfettamente racchiusa nelle parole di Montale. Una morale sconfortante ma, temo, assai vera.
La seconda critica che lei muove alle storie di Camilleri é che sarebbero per l’80% sex-oriented. Cosa, quest’ultima, che, secondo lei, non si confà a un signore di quasi 87 anni. Qui entriamo nel delicato e scivoloso terreno della privacy e delle eventuali performance sessuali del Maestro. Non vorrei peccare di indiscrezione, ma direi che anche se in Italia di recente sono stati messi dal governo chiari limiti alla previdenza, non mi pare che ne siano stati messi altrettanti e altrettali alla Provvidenza. E poi, avendo San Calogero come protettore, chissà...
Giunto al bottom della mia risposta, voglio dirle che Il diavolo, certamente mi è particolarmente caro anche perché è un perfetto esempio di «scrittura breve» (genere difficilissimo), di letteratura twitterizzante. Mi ha ricordato, per sveltezza, concisione e telegrafia di stile, quei capolavori che sono i romanzi in tre righe di Félix Féneon. Me ne faccia citare uno che amo alla follia: «Madame Olympe Fraisse sostiene che nella foresta di Bordezac, nel Gard, un fauno avrebbe inflitto ripetuti oltraggi ai suoi 66 anni». Non la trova divina questa Lady Chatterley vintage? O le sembra anche lei troppo sex-oriented?
Antonio D'Orrico


Perché non mi piace
Personaggi-figurine e troppi cliché: tentazioni facili da respingere

Dicevano i Padri del deserto che i diavoli si affollano intorno alla cella di un eremita mentre ai cancelli della città sta di guardia un solo demone, per giunta addormentato. Sarà per questo che nei tempi nostri la letteratura satanica non gode di buona salute: il Tentatore ha vita troppo facile, non trova più quegli ostacoli senza i quali non si dà buon intreccio romanzesco. Oggi le mille pagine del Doktor Faustus di Mann si esaurirebbero in un paio di battute: «Mi venderebbe la sua anima?». «Certo, offro diverse formule di rateizzazione». Ma già che il diavolo, come si dice, si annida nei dettagli, eccolo rispuntare nelle fascette editoriali, nei risvolti, nelle quarte di copertina. Non fa più le pentole, solo i coperchi: cacciato dai grandi ruoli di antagonista, tutto quel che può fare è tentarci a comprare libri che non lo meritano.
È il caso di Il diavolo, certamente, la raccolta di racconti sataneggianti di Andrea Camilleri, che l’astuto Tentatore, nel risvolto, ci presenta come «un assoluto gioiello» e «un perfetto marchingegno a orologeria». Ovvio, direte voi: l’editore deve vendere il libro. Eppure ancora nel 1956, quando Einaudi pubblicò nei Gettoni Minuetto all’inferno di Elémire Zolla, Elio Vittorini, che dirigeva la collana, poté scrivere nel risvolto: «Non so, francamente, cosa valga questo romanzo "satanico"». I demoni del marketing editoriale avevano vita più difficile.
Il diavolo, certamente è composto di «33 racconti di 3 pagine ciascuno: 333», dice ancora il risvolto, con una certa disinvoltura aritmetica (a occhio e croce noi avremmo detto 99). Ma bando ai calcoli, è questione di cabala: 333 è la metà di 666, che è il numero della Bestia nell’Apocalisse, e «non si discute sul fatto che mezzo diavolo sia meglio di uno intero». E sia. Tutto sta a intendersi su quale sia il filo rosso che tiene insieme questi «racconti dal numero di battute incredibilmente congruente» (?). Per la gran parte sono faccende di corna, un tipo di tentazione per la quale i demoni del nostro tempo russano profondamente. C’è poi qualche storia d’ambizione, professionale o spirituale, e qualche vicenda in cui l’eroe deve resistere alle lusinghe del potere o salvarsi l’anima dalle forme più sottili di prostituzione morale. Ma al di là dei temi, la costante dei racconti è la loro ossatura. Potremmo riassumerli così: lo stereotipo A incontra lo stereotipo B, i due si scambiano frasi stereotipate per poi cacciarsi in avventure inverosimili (non fantastiche: banalmente inverosimili). Un esempio? Noioso padre di famiglia ritrova per vie paranormali ex amante con cui ha vissuto «travolgente passione carnale». Segue dialogo: «"Sono spaventata", disse Anna ansante, come sull’orlo di un abisso. "Anch’io". (...) "Vogliamo vederci?" domandò. "Ora dobbiamo" rispose Anna». Fine.
I cliché fanno festa ad ogni pagina. Com’è il rancio? Ottimo e abbondante. Com’è il giudice, per Camilleri? «Un cinquantenne scapolo, meticoloso, ordinato», ovviamente con qualche piccola mania. E l’investigatore di polizia? «Quarantenne, scapolo, atletico, decisamente un bell’uomo». Personaggi-figurina che nuotano in un mare di frasi fatte, a segno che il demone dello stile dormiva come un sasso: la passione è sempre travolgente, la vitalità prorompente, l’inquietudine irrefrenabile, coppie fisse che il più tenace dei diavoli non saprebbe spingere all’adulterio. Quando stiamo per mollare il libro, il Tentatore del risvolto gioca un’ultima carta: abbassa la guardia critica, ci sussurra, e ridi con questi «racconti irresistibilmente divertenti». Le anime deboli sul cammino della perfezione si rassicurino: non sarà difficile resistere. Il meglio che si trova è un Monsignore che, per via del correttore automatico del computer, scrive «pene» al posto di «pane». La nostra anima è salva.
Guido Vitiello
 
 

Messaggero Veneto, 12.2.2012
Maschi, donne e guai: quando Belzebù ci mette lo zampino

Con il Diavolo, Andrea Camilleri ha fatto più di un patto. Innanzitutto per le sue longevità e prolificità d’autore, qualcuno potrebbe dire che è egli stesso il Diavolo. Ma volendo scendere di categoria, e presto vedremo perché, è storicamente accertato che il padre di Montalbano ha avuto con l’Aldilà e il suo più temibile antagonista numerosi rapporti. In parte con La setta degli angeli, il suo più recente romanzo per Sellerio che è stato come al solito un best-seller, di più con L’arte della divinazione aveva disseminato tracce infernali utili al suo commissario, e ancora prima nel 2005 nel racconto Il diavolo che tentò se stesso, pubblicato da Donzelli, in cui parlava di un povero demonio d'aria, Bacab, che per non smentirsi mirò alto: tentò di indurre in tentazione addirittura la pronipote della monaca di Monza. Con Belzebù dunque Camilleri ha una dimestichezza consolidata, ma ora l’ottuagenario scrittore ha provato a superare stesso. Intanto a partire dal titolo: Il Diavolo, certamente, scritto per Mondadori (169 pagine, 10,00 euro), e da settimane in testa alle classifiche, ma poi nei modi, nei contenuti, nei numeri carichi di simbologia. L’opera, che inaugura la collana Libellule, si compone onomatopeicamente di racconti flash: sono trentatré di tre pagine, il che si può leggere come 333 che si badi bene è la metà di 666, il numero di Satana. Camilleri avrà voluto dire che egli si accontenta di esserne solo la metà per non accendere troppo le fiamme o la circostanza è solo un caso? Di sicuro nelle 33 microstorie il Diavolo si fa strada con tutta la sua perfidia, con una carica dirompente che non fa sconti a uomini e donne che improvvisamente si scoprono vittime dei suoi scherzi quando non della propria presunzione, improntitudine, imbecillità. È un Camilleri in forma smagliante quello di questi racconti acidissimi, pieni di corna e guai finanziari, compleanni che si prestano a inquietanti bilanci; furti anche se a opera di ladri sensibili e premurosi; prepensionamenti che fanno appunto mandare al diavolo le poche certezze che uno ha, mogli astutissime nell’uso delle alcove e così via raccontando. Ovunque il Diavolo ci mette lo zampino, soffia e ti frega contrariamente alla massima di Cervantes per cui «l’uomo è di fuoco e la donna di stoppa», oppure perché stando a Victor Hugo «Dio s’è fatto uomo e il diavolo s’è fatto donna». In questi testi infatti gli uomini di Camilleri escono mediamente malconci, mentre l’altra metà del cielo appare decisamente assatanata. Qui lo scrittore è amarissimamente ironico, tutto l’opposto di quando costruisce le fortunatissime storie del suo commissario. In ogni caso è presentissimo sui molti versanti editoriali e non solo. Uscirà nelle sale cinematografiche italiane il 24 febbraio La scomparsa di Patò, il film diretto da Rocco Mortelliti e tratto dal romanzo omonimo, episodio questo che sfata un tabù: quello che le storie di Camilleri fossero buone solo per la televisione. Secondo lo scrittore la causa di tanta assenza è l’indisponibilità dei produttori perennemente allarmati dai costi. Perché ci aveva messo lo zampino il maligno o esattamente per il contrario? Chi può dirlo? Come sostiene l’etnologo Antonino Buttitta, «il vero giallo non sono le trame dei suoi racconti, ma l’ordito umano e culturale che occultano». Dunque l’interrogativo non avrà mai una risposta e la cosa non è nemmeno così importante. Lo sarà invece a metà marzo [in effetti il 1° marzo, NdCFC] l’uscita in libreria di un attesissimo lavoro di Gianni Bonina per Sellerio, Tutto Camilleri dalla A alla Z. Questo libro racconta proprio la vita, le trame dei suoi più di 60 libri, le ascendenze letterarie, l’interpretazione critica. Con in più la voce dello scrittore in una intervista che è essa stessa un racconto. Un’autentica enciclopedia di Camilleri, destinata «a chi lo segue, a chi non lo segue ma vuole conoscerlo, a chi aspetta un motivo per farlo e a quanti si rifiutano di leggerlo ma ne parlano». Infine, per rassicurare i fedelissimi di Montalbano, va detto che Andrea Camilleri ha già consegnato ad Antonio Sellerio due (ma forse anche tre) nuove avventure del commissario, e anche un altro romanzo storico-civile, una storia della banda Sacco, cinque fratelli siciliani la cui missione era far fuori i mafiosi. Una specie di vendicatori, di giustizieri solitari, negli anni del prefetto Mori.
Sergio Buonadonna
 
 

La Sicilia, 12.2.2012
Approda al cinema «La scomparsa di Patò»
Il dna di Camilleri nelle immagini di Mortelliti

Letteratura, teatro, tv, cinema e persino le fiabe, il successo di Andrea Camilleri non conosce frontiere, ed è multimediale. L'uscita nelle sale (il 24 febbraio) del film «La scomparsa di Patò», e la pubblicazione su «La Sicilia» di questi inediti (dialoghi tratti dalla sceneggiatura filmica scritta da Andrea Camilleri, dal regista Rocco Mortelliti e da Maurizio Nichetti), è l'occasione per approfondire la scrittura letteraria ed i linguaggi culturali di un fenomeno che da anni ha superato i confini europei. Dalla Germania al Giappone, dalla Francia agli States, dall'Australia al Medio Oriente, non vi è luogo che resista al fascino della sua narrazione, che sia estrinsecata nella forma letteraria od in quella della fiction. La fiction che fa impazzire gli europei del Nord, che poi non di rado si trasformano in turisti alla ricerca dei meravigliosi luoghi del sud est siciliano, oppure i giapponesi che si incuriosiscono per i libri incentrati su Salvo Montalbano. Camilleri ci ha raccontato: «Continuamente mi arrivano libri dall'estero, conservo una copia per ogni romanzo pubblicato in un paese estero. Quello che mi fa riflettere ed incuriosire è pensare a come i giapponesi traducono la mia scrittura. E come i lettori giapponesi percepiscano quel linguaggio. Mi diverte anche vedere il nome di Salvo Montalbano scritto in giapponese». E chissà come avranno tradotto i famosi «cabasisi», oppure «me ne stracatafotto»? Il fatto è che lo stile ironico, il linguaggio vivace e dinamico di Camilleri piace anche nell'estremo Oriente. E qui siamo al nodo centrale, uno dei segreti del successo camilleriano è proprio la scrittura, anzi la lingua. La lingua inventata da Camilleri, che è una mistione attenta ed equilibrata di italiano e termini dialettali. Insomma è un impasto, mai casuale, che un grande artigiano della scrittura qual è Camilleri crea e sforna. L'altro segreto è che la struttura della prosa è dinamica e comprensibile, per cui anche il termine più complesso o il neologismo è facile da interpretare nella lettura grazie al contesto. Inoltre per imprimere ritmo alla narrazione, Camilleri struttura i capitoli dei romanzi, in particolare quelli su Montalbano, con la stessa lunghezza. Poi con maestria dà loro un ritmo armonico nei vari snodi. Vi è la sapienza del regista teatrale, ma anche il conoscitore dei segreti della comunicazione televisiva. Il regista Mortelliti, che più volte ha trasposto opere di Camilleri in teatro, ha riproposto sul grande schermo la vera lingua del suo maestro. Questo film ha una duplice novità: non solo è la prima volta che un romanzo di Camilleri diventa opera cinematografica, ma è anche coraggioso sul piano del linguaggio. Mentre quello della fiction, tecnicamente e comunicativamente molto efficace, smussa gli effetti del linguaggio camilleriano, lo inquadra in uno schema televisivo e più rassicurante, Mortelliti ne fa esplodere gli effetti musicali. Vedendo il film in anteprima ci si accorge che la scrittura di Camilleri rivive sul grande schermo, i suoni sono forti e chiari, i termini arcaici da lui riproposti o reinventati, le parole nuove create dalla sua fantasia si traducono in immagini sceniche. E non è solo per la scelta azzeccata dei luoghi dell'Agrigentino, l'efficacia delle luci e delle inquadrature, è anche per la scelta degli attori. Nino Frassica nel ruolo del maresciallo Giummàro, che indaga sulla scomparsa di Patò (un personaggio non più rintracciabile dopo una rappresentazione sacra del Venerdì Santo nella Vigàta del 1890) dimostra una profondità da attore che non ha mai potuto finora esprimere. La sua recitazione è fondamentale nella traduzione della lingua di Camilleri, così come è straordinaria la prova di Guia Jelo. Ed in questa scelta vi è la volontà di portare la tradizione teatrale al cinema. Mortelliti ha colto il dna di Camilleri.
Salvo Fallica
 
 

RB Magazine, 12.2.2012
Katia Greco: “Il ruolo di Mary nel Giovane Montalbano mi rispecchia moltissimo”
Intervista a Katia Greco

Sarà lei ad interpretare Mary, la prima fidanzata del commissario più famoso della tv, creato dalla penna dello scrittore Andrea Camilleri. Stiamo parlando dell’attrice Katia Greco, che nella serie è un’insegnante di latino, nonché primo amore di Salvo Montalbano, ne “Il giovane Montalbano”, per la regia di Gianluca Maria Tavarelli, in onda su Rai 1 dal 23 febbraio 2012.
Katia Greco, attrice di origine siciliana, ha già lavorato assiduamente per la tv nelle serie “Distretto di polizia 9” di Alberto Ferrari, “Ris 4” di Pier Belloni, nel film tv “Noi due”, “Crimini bianchi” di Alberto Ferrari e “Il capo dei capi”, diretto da Enzo Monteleone e Alexis Sweet. Ne “Il giovane Montalbano” non sarà soltanto la prima fidanzata del Commissario. Avrà infatti un ruolo importante, quello di sostenere Salvo, contando su autorevoli agganci al Ministero dell’Interno, per farlo diventare Commissario, appunto, a Vigata. Lo accompagnerà poi a prendere possesso del suo nuovo ufficio e della sua nuova casa. Ma questa relazione avrà breve durata. Montalbano infatti perderà la testa per un’altra donna, Livia (interpretata da Sarah Felberbaum), anche se questo amore sarà lungo e tormentato.
E così, mentre vedremo Montalbano alle prese con le sue prime indagini, tra nuove esperienze e vissuti personali non propriamente felici, verrà raccontato anche l’incontro con la giovane Mary, una donna dalla bellezza e dal fascino raccolto e segreto. E’ proprio durante l’apprendistato in polizia che il nostro protagonista, interpretato dall’attore Michele Riondino (noto per le sue parti nei film “Fortapàsc”, “Il passato è una terra straniera”, “Dieci inverni”, “Noi credevamo”) incontra la ragazza, qualche anno prima della storica Livia.
Parlami del tuo personaggio ne “Il giovane Montalbano”.
Io interpreto Mary, la prima fidanzata del Commissario. Sono un’insegnante di latino siciliana, che crede nei valori della famiglia e dell’amore, che ama la buona cucina. Sogno di sposare Salvo Montalbano. Insomma, sono la classica donna sicula. Anche se, ad un certo punto, questo rapporto si romperà e subentrerà Livia, il mio ruolo sarà determinante per il Commissario. Intercederò per lui e per il suo trasferimento a Vigata, attraverso una raccomandazione con uno zio al Ministero degli Interni. Il Commissario fa il suo apprendistato a Mascalippa in montagna e si sente perso: sogna il mare. Quando ottiene il trasferimento a Vigata rinasce.
Come sei entrata nel personaggio? Come ti sei preparata?
Il ruolo di Mary mi rispecchia moltissimo, anche io amo la buona cucina e credo nell’amore. Quindi non ho dovuto fare particolari sforzi. Mi sono sentita naturalmente vicina a lei perché credo negli stessi valori. Ho cercato di leggere questo personaggio e di renderlo al meglio tirando fuori, appunto, i miei lati simili.
Che tipo di donna sei? Ti senti vicina anche alla dinamica amorosa di Mary?
Ho una personalità forte e romantica, sensibile ed emotiva. Di certo, la fine dei rapporti è sempre una grande sofferenza. Non è facile voltare pagina, ma anche io mi sarei comportata esattamente come lei.
Hai dovuto sostenere un provino? E come ti sei trovata sul set?
Sì, ho sostenuto un incontro con il regista. Fortunatamente, un solo provino è stato decisivo e non ci sono stati altri callback. Poi, sul set è andato tutto bene. La mia stima per Michele Riondino era già precedente, poi si è rafforzata ancora di più sul set. E’ davvero un attore professionale, non ha mai fatto la prima donna, anzi ha ascoltato sempre gli altri e ha preso in considerazione molti dei miei suggerimenti, durante le scene insieme.
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Ivana Calò
 
 

ANSA, 13.2.2012
Cinema: Registi italiani a Festival Dublino

Dublino - L’Italia sarà presente al decimo Festival Cinematografico di Dublino in programma dal 16 al 27 febbraio, con Blow-up (Michelangelo Antonioni), Apartment in Athens (Ruggero Dipaola), Terraferma (Emanuele Crialese), Il gioiellino (Andrea Molaioli), Una vita tranquilla (Claudio Cupellini), e La scomparsa di Patò (Rocco Mortelliti). Dipaola, Cupellini e Mortelliti saranno presenti in sala durante la proiezione del loro film e a colloquio con il pubblico irlandese subito dopo. [...]
 
 

Sunday Times Culture, 13.2.2012
BBC Four’s Saturday night subtitled thriller slot was a safe haven, until the arrival of this stinky Italian import
Inspector Montalbano
BBC Four

Until Saturday I had cherished a couple of tentative theories for the success of BBC Four’s Saturday night subtitled thriller slot. The first was the subtitles themselves: however bad the actors’ diction, however foreground the background music, you never miss a word. The second was the slot: a meaty two hours of cerebration punctuated by gore was for a certain type a safe haven on a night dominated by shiny floors.
BBC Four’s new Saturday-night import from Italy, a replacement (as if) for Borgen, blew both theories apart. Neither subtitles (Italians speak so fast they sometimes went too fast to read anyhow) nor slot could save Inspector Montalbano. Admittedly, it was not helped by the decision to show the very first film, made in 1999 to 1988 production values and in a print so bleached it looked as if had been bootlegged from a showing at Cinema Paradiso. But even making those allowances, how little there was to admire.
Montalbano, the Sicilian gumshoe, enjoys a successful life in Britain in translations of Andrea Camilleri’s novels. Here, however, he is played by Luca Zingaretti, whose balding good looks are undermined by facial expressions that remind one mainly of Iain Duncan Smith. Zingaretti’s acting runs to slapping his forehead violently, to indicate he has forgotten something, but it would be hard to warm to Montalbano even if he were well played. He is a sarcastic misogynist with an Italian male’s indiscriminate sentimentality towards children and Clouseau tendencies when it comes to technology.
In The Snack Thief, Montalbano was accompanied by moustachioed and therefore comical jobworths, relics from the silent movie era, exotic Tunisian women, always ushered in by stock Arabian Nights music, and a blonde girlfriend, played by an actress who obliged by not ticking the no-nudity clause on her contract. The plot was so elaborate it required two separate sit-me-down scenes of explanation at the end. BBC Four has, in fact, already shown a couple of episodes of this fishy stinker, and to deservedly little fanfare. Slamming ten of them into our beloved Saturday-night slot could seriously harm the brand.
Andrew Billen
 
 

Europa, 14.2.2012
La teledipendente
Montalbano, sì questa è la Bbc

Si può essere italianissimi e pure esportabili? Pare di sì, basta fare le cose per bene. Così l’ispettore Montalbano sbarca sulla Bbc. Già nel 2008 vennero mandati in onda alcuni episodi della serie, Gita a Tindari (Excurtion to Tindari) e Gli arancini di Montalbano (Montalbano’s Croquettes; eh sì si perde sempre qualcosa nella traduzione), successivamente replicati. Dall’11 febbraio si aggiunge The snack Thief (Il ladro di merendine) e poi dal 18 The voice of the Violin (La Voce del violino). Gli episodi vanno in onda in italiano con sottotitoli su Bbc4, canale di nicchia dedicato a show e fiction di qualità, una sorta di mix tra Rai4 e Rai5.
Quel che colpisce della messa in onda di Montalbano è anche l’espansione on-line proposta per rilanciare “l’esperienza Italia”. Si tratta del video-corso online interattivo dal titolo La mappa misteriosa: ci ritroviamo così a Bologna, alla ricerca dei misteriosi ingredienti di una ricetta, e intanto impariamo un po’ di italiano.
Naturalmente, ci sono altri corsi di lingua sul sito, dal francese al cinese. Poi uno dice che siamo esterofili. Volevamo bullarci del fatto che sì, pure noi esportiamo roba buona, poi ci è preso un colpo a vedere cosa realizzano intorno alla questa roba buona quelli della Bbc. Quasi quasi, paghiamo pure i 64 euro all’anno per avere su Ipad il meglio delle loro produzioni, altro che canone. Visto quel che poi ci propina Raiuno: domenica sera andava in onda una sorta di telenovela brasiliana spacciata come ricostruzione storica in prima serata, con tanto di briganti versione romanzo Harmony. No, non è la Bbc.
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Stefania Carini
 
 

MicroMega, 14.2.2012
Dal 14 febbraio in edicola “MANI PULITE 1992/2012 - la rivoluzione della legalità e i suoi nemici”

Vent’anni fa aveva inizio quella «rivoluzione della legalità» che fu l’inchiesta Mani Pulite. Per ricordare quegli anni eccezionali, MicroMega ripubblica, nella serie «I Classici», il volume intitolato «Resistere, resistere, resistere!» (fuori abbonamento) che uscì nel gennaio 2002: il fascicolo della rivista che più ha venduto in assoluto, cinque ristampe in due mesi, centomila copie.
«Lo straordinario bilancio a più voci sulla vicenda di Mani Pulite realizzato dieci anni fa», spiega il direttore nell’editoriale di presentazione, «può costituire oggi uno strumento indispensabile per una nuova generazione di lettori. Che all’epoca erano bambini, che sono cresciuti nella menzogna sistematica e nella manipolazione spudorata del monopolio mediatico berlusconiano, che nel migliore dei casi hanno sentito ripetere come una verità ovvia e acclarata le geremiadi sugli ‘eccessi’ della magistratura contro i politici».
Un «bilancio a più voci» fatto dai protagonisti del pool e da alcuni tra i maggiori nomi della cultura italiana, di allora come di oggi. Dialoghi straordinari, dal grande valore di «documento storico»: Antonio Tabucchi e Francesco Saverio Borrelli, Carlo Lucarelli e Antonio Di Pietro, Andrea Camilleri e Carla Del Ponte, Gianfranco Bettin, Omid Firouszi e Gherardo Colombo, Giuliano Ferrara e Piercamillo Davigo. E poi le attualissime analisi di Paolo Flores d’Arcais, Guido Rossi e Marco Travaglio, e una dettagliatissima cronologia a cura di Paolo Biondani.
Un volume che avrebbe potuto essere scritto oggi, perché «a vent’anni da Mani Pulite, resta più che mai il duplice dovere di ristabilire la verità storica e di impegnarsi per quella ‘rivoluzione della legalità’ che – sola – può far rinascere l’Italia».
“MANI PULITE 1992/2012 - la rivoluzione della legalità e i suoi nemici”. Il sommario del volume in edicola e libreria dal 14 febbraio
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DIALOGO 3
Andrea Camilleri / Carla Del Ponte – La realtà oltre la fantasia
Tra stupore e indignazione, un dialogo sui misfatti di Tangentopoli e sull’impegno dei magistrati di Milano per ripristinare la legalità, tra il ‘papà’ del commissario Montalbano e il magistrato svizzero che l’Onu ha incaricato di indagare sui ‘crimini contro l’umanità’.
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Fiction Italiane, 14.2.2012
Il giovane Montalbano: Michele Riondino è Salvo: “Introverso, timido, riservato, anche un po’ insolente”

Michele Riondino parla de Il giovane Montalbano in un’intervista rilasciata a Tv Sorrisi e Canzoni: l’attore, che interpreterà la versione giovane del personaggio nato dalla penna di Andrea Camilleri ed interpretato magistralmente da Luca Zingaretti, definisce il giovane Salvo:
Introverso, timido, riservato, anche un po’ insolente nel rapporto con gli altri, forse per mascherare le sue debolezze. A volte abusa un po’ del suo ruolo, ma solo per darsi un tono. Odia le gerchie, ma fa parte della piramide. Insomma, vive un po’ in contraddizione.
Riondino non teme il confronto con Zingaretti e si fida dello spettatore:
Spero che il pubblico trovi delle similitudini e degli elementi di coerenza. In quel caso vorrà dire che sono stato bravo quanto Luca o che la scrittura di Camilleri e davvero magica.
Il giovane Montalbano non si limiterà a mostrare le storie giovanili dei personaggi che abbiamo imparato ad amare nel tempo, ma proverà ad usare un linguaggio differente:
un siciliano più estremo del solito e più attinente ai romanzi.
Diego Odello
 
 

Everyeye, 14.2.2012
Beniamino Marcone è il 'giovane Fazio' in Il giovane Montalbano

Beniamino Marcone, diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia e visto al cinema nei film Feisbum!, Febbre da fieno e 20 sigarette, è tra gli interpreti de Il giovane Montalbano, la serie in 6 puntate diretta da Gianluca Maria Tavarelli (prodotta da Rai Fiction e Palomar, in onda su Raiuno a partire da giovedì 23 febbraio), che svelerà "tutto quello che avremmo sempre voluto sapere sul commissario più famoso d'Italia e non abbiamo mai osato chiedere".
Ambientata all'inizio degli anni Novanta, la serie racconta in che modo si è formato il mondo di Montalbano così come lo conosciamo: un mondo del quale fanno parte, naturalmente, i personaggi creati da Andrea Camilleri ed entrati - come il protagonista Salvo Montalbano - nel cuore prima dei lettori e poi dei telespettatori.
Beniamino Marcone interpreta il giovane ispettore Giuseppe Fazio, al fianco di Montalbano nelle indagini del commissariato di Vigata.
Dopo Il giovane Montalbano, l'attore tornerà sul piccolo schermo con I Cesaroni 5, che lo vedrà tra i protagonisti.
Marco Lucio Papaleo
 
 

La Sicilia, 14.2.2012
Se n'è andato Filippo Jelo, protagonista di Catania che fu

Catania. E' morto a 87 anni appena compiuti Filippo Maria Jelo di Lentini. Era un personaggio catanese conosciutissimo.
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Padre della nota attrice Guia Jelo, [...] Filippo Jelo aveva una bella figura e una passionaccia anche per il teatro e il cinema. Aveva interpretato recentemente due film assieme a Guia, figlia unica di Filippo e di Giovanna Marraro, «Casa Eden» in cui impersonifica un politico, e «La scomparsa di Patò» dove fa un prete mattoide, il testo è di Camilleri e la regìa di Rocco Mortelliti, film in prossima uscita nelle sale.
[...]
Tony Zermo
 
 

il manifesto, 15.2.2012
Mille per Mille, aggiornamenti
Mille per mille fa un milione. Di euro. La sottoscrizione lanciata venerdì si affianca alla richiesta di comprare il giornale in edicola. Insieme possiamo fare molto e meglio. Ci spronate a migliorare. Ma ora la parola decisiva spetta a Monti.

I dati per la sottoscrizione sono: bonifico bancario c/o Banca Sella, Iban IT18U0326803200052879687660; c/c postale 708016. Entrambi intestati a «il manifesto coop. ed. a r.l.», Via A. Bargoni 8, 00153, Roma. 
Questi sono i lettori che hanno già risposto al nostro appello:
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Andrea Camilleri 
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La Sicilia, 15.2.2012
Alessio Vassallo accanto al giovane Montalbano
Dal 23 su Raiuno nella serie ispirata a Camilleri. «Me la godrò in poltrona. Mi vedrete poi protagonista de "La moglie del sarto" con Maria Grazia Cucinotta»

Roma. Palermitano, ventotto anni, formatosi all'Accademia Silvio D'Amico di Roma, Alessio Vassallo, come altri attori, è diventato un volto noto grazie alla tv, alle serie «Agrodolce», «Squadra Antimafia 2», «Capri 2», ha recitato di recente anche nel tv movie «Edda Ciano e il comunista» ma ha partecipato anche a lavori per il grande schermo («Viola di mare», «I baci mai dati» ed ha già una vasta esperienza teatrale. E' insomma un attore emergente.
Tra pochi giorni, giovedì 23 febbraio, lo vedremo su Raiuno nella serie televisiva di sei puntate «Il giovane Montalbano» tratto dai racconti di Andrea Camilleri, nella quale vestirà i panni di Mimì Augello, il fido collaboratore e amico del commissario di Vigata.
E' stato difficile interpretare Mimì?
«E' stato molto impegnativo, inoltre questo ruolo è molto diverso da quelli che ho interpretato finora. Il regista Gianluca Tavarelli ha visto in me qualcosa che neanche io avrei immaginato, lascio a voi scoprire cosa».
Michele Riondino, che sarà Montalbano da giovane, in una recente intervista ha dichiarato la sua perplessità iniziale ad accettare per l'inevitabile confronto con Luca Zingaretti, anche lei ha avuto dubbi?
«Nessun dubbio. Premetto che Il giovane Montalbano non farà da prequel al Commissario Montalbano televisivo ma al protagonista dei romanzi di Camilleri; ogni comparazione a Zingaretti e agli altri sarà fuori luogo».
Con questa fiction il pubblico del commissario Montalbano farà un tuffo nel passato esplorando la vita e gli esordi dell'investigatore e dei suoi compagni di avventura. Com'era da giovane Mimì Augello?
«Un tombeur de femmes d'altri tempi, un corteggiatore in via d'estinzione nella società moderna. Oltre ad essere un coraggioso e valido vice-commissario. Per dirla con una canzone di Julio Iglesias era "Un pirata ed un signore"».
Avete girato per circa sei mesi in Sicilia, un lungo periodo di lavoro nella sua terra, quanto si sente legato alle sue radici?
«Ho scoperto una parte della Sicilia che non conoscevo come Marina di Ragusa. Spesso noi siciliani ci armiamo di bagagli per andare a fare le vacanza in paesi sperduti e non conosciamo le meraviglie nostrane. Sono molto legato alla mia terra e alla mia città Palermo».
[...]
Katya Marletta
 
 

Fandango Incontro
Venerdì 17 febbraio 18.00
19 LUGLIO 1992 di Cetta Brancato
"È, sì, un poema che rende omaggio a un sacrificio, ma è, a mio parere, soprattutto un inno a quello che Merleau-Ponty chiamava "l'unico eroe tragico possibile dei giorni nostri". Andrea Camilleri

Presentano il libro: Andrea Camilleri, Marzia Sabella
Modera Onofrio Dispenza
Sarà presente l'autrice.
 
 

The Globalist Syndication, 18.2.2012
Camilleri, quando la mafia abbattè le nostre Due Torri
L'uccisione di Falcone e Borsellino, pilastri dell'antimafia. Lo scoramento, il terrore, confessa lo scrittore che svela l'umanità del suo Montalbano.

"La mia prima impressione fu di terrore. Ascoltare in tv il giudice Antonino Caponnetto dire "Basta, é finita!" fu agghiacciante. Se si arrendeva lui, capo del pool antimafia del Palazzo di Giustizia di Palermo...Fu terribile!".
Andrea Camilleri in libreria. L'incontro sul volume di un atto unico che ha come titolo "19 luglio 1992" porta a parlare di mafia, dell'estate nella quale, uno dietro l'altro, vennero uccisi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
"La mafia aveva abbattuto le 2 torri", Andrea Camilleri lo dice per dare il senso di quel duplice attacco mafioso alla Sicilia, alla democrazia nel nostro Paese, ma aggiunge: "Ma con quelle due stragi la mafia era anche andata oltre, le era sfuggito il senso della misura. Non aveva valutato bene i contraccolpi di quella strategia. E infatti, subito dopo crebbe il consenso attorno ai magistrati, un po’ come é stato all'indomani di Tangentopoli, proprio venti anni fa. Dopo le stragi é arrivato Caselli, c'é stata la sconfitta di Riina e della sua linea stragista, il fallimento della trattativa tra Stato e mafia, il prevalere di Provenzano e della linea di Binnu....Via, via fino ai nostri giorni, al dissolvimento della Cupola".
E dopo la Cupola? Camilleri tace un attimo, poi...:"Intanto il primato ora é della 'Ndrangheta e - come diceva Leonardo Sciascia - la palma si é spostata al Nord. Le famiglie mafiose si sono dissolte, ora tutto é nelle mani dell' "Ufficio studi" della mafia, fatto di colletti bianchi che si muovono nella finanza internazionale..."
All'incontro con Camilleri c'é un magistrato donna della DDA di Palermo. Si passa dal lavoro del giudice a quello del commissario Montalbano. Il discorso cade sul fascino dell'interrogatorio. Al magistrato piace l'approccio di Montalbano con l'indagato, a Camilleri il lavoro del magistrato donna che gli sta accanto.
"A proposito dell'interrogatorio - dice Camilleri - mi ha veramente catturato il racconto che ha fatto Ingroia di come Paolo Borsellino portava avanti l'interrogatorio. Lo ha ricostruito minuto per minuto, nei minimi dettagli: la sigaretta, le pause...E Falcone...Lui spesso ricorreva al dialetto. Una volta - racconta Camilleri - Falcone interrogò un certo Giuseppe Li Greci, chiamato Pinu u Cunciaru, perché conciava le pelli. Falcone avviando l'interrogatorio, lo chiamò direttamente col soprannome...L'indagato s'incupì e disse a Falcone:"Mi Giuseppe Li Greci e voglio essere interrogato in italiano". Come se l'indagato portato a dialogare in dialetto col giudice, temesse una caduta della sua"difesa immunitaria".
Falcone, Borsellino, ma anche gli eroi dei nostri tempi, quelli che fanno semplicemente il loro dovere.
"A me colpì molto quell'uomo che, senza volerlo, nel giorno che ucciserò il giudice Livatino diventò testimone chiave del delitto. In Sicilia per lavoro si trovò in quel tratto di strada, vide e parlò, trovo naturale parlare. Gli si stravolse la vita, si infilò in un mare di guai, poteva andare per la sua strada,"tirare dritto", e invece..."
Venti anni dopo quella terribile estate, cosa é cambiato? "La mia opinione sui siciliani? In noi i mutamenti avvengono. E'retorica, é una leggenda quella che vuole questa terra irredimibile. Sono abbastanza vecchio per valutare i mutamenti intervenuti, per esserne testimone. La nostra é storia di rivolta. Mutamenti veri, che avvengono nel Dna e sono dunque irreversibili".
Prima di scappare fuori per una sigaretta c'é tempo per parlare della magia del grande amore di Camilleri, il teatro:"Vi spiego, vi faccio un esempio: é una sera di primavera, sono a Roma, vado al Teatro Valle per vedere "Le tre sorelle" di Cecov. Entro, mi guardo attorno, le voci, il mormorio, poi il buio. Si apre il sipario, in sala cala il silenzio, sul palco ecco la Russia, Mosca al mattino...Ecco, improvvisamente siamo tutti a Mosca e 100 anni fa. In un breve spazio temporale ci ritroviamo 100 anni fa e a Mosca. Questo é il teatro".
"Ora amuninni a fumari!", e Camilleri va in strada.
Onofrio Dispensa
 
 

18.2.2012
La scomparsa di Patò

Lunedì 20 febbraio si terrà a Roma la conferenza stampa di presentazione del film diretto da Rocco Mortelliti tratto dal romanzo di Andrea Camilleri. Camilleri sarà presente.
Il film sarà presentato in anteprima, alla presenza del cast, mercoledì 22 febbraio alle 21:00 a Palermo (cinema Imperia) e giovedì 23 febbraio alle 21:00 a Frosinone (Multisala Sisto).
 
 

La Repubblica - D, 18.2.2012
Le avventure di uno spettatore inquieto
Dove sta Patò?
Camilleri. L'indagine diventa film

Per la prima volta arriva nei cinema un film tratto da un romanzo di Andrea Camillen, La scomparsa di Patò. La regia è di Rocco Mortelliti, che ha scritto la sceneggiatura insieme a Maurizio Nichetti con la collaborazione dello scrittore siciliano.
Domanda: come mai nessuno ci aveva pensalo prima? Difficile, se non impossibile, trovare uno scrittore più popolare di Camilleri, le cui storie, tra l'altro, sembrano naturalmente predisposte a essere trasferite in immagini, come ha già ampiamente dimostrato il suo Montalbano tv. E si riconferma ora, in un contesto tutt'affatto diverso, sul grande schermo.
La scomparsa di Patà, uno dei romanzi più originali di Camilleri, nasce da una suggestione offertagli da Leonardo Sciascia, il quale, in A ciascuno il suo, sintetizza in 10 righe la misteriosa vicenda di un funzionano di banca, Antonio Patò, che come ogni anno interpreta la parte di Giuda nel Mortorio, la sacra rappresentazione della Passione di Cristo. Stavolta però, dopo essere caduto nella botola sottostante il palco - come vuole il canovaccio teatrale - l'uomo scompare.
«Murì Patò o s'ammucciò?», scrivo immediatamente qualcuno sui muri della cittadina di Vigàta. E proprio attorno alla domanda («Patò e morto o si e nascosto?») si sviluppa il dossier fantastico montato da Camilleri, in un intreccio labirintico di finti articoli di giornale, rapporti di Pubblica sicurezza o Carabinieri, missive di uomini potenti, lettere anonime, informative riservate, dispacci a mano. La storia è ambientata nel 1890, in una piccola realtà siciliana.
Ma l'intento del regista (e prima di lui dello scrittore) è ben più ambizioso. L'indagine attorno alla misteriosa scomparsa di Patò diventa pretesto per offrire uno spaccato dei vizi italici al di là della contingenza storica e della latitudine geografica. Personaggio in apparenza irreprensibile, tutto casa, chiesa e lavoro, Patò si rivela un vero mascalzone, capace di infinocchiare in un colpo solo la moglie, gli amici più cari e i peggiori mafiosi della zona. E non si tratta di una mosca bianca: tutto i1 mondo intorno a lui è bacato, le autorità esercitano un costante scaricabarile di responsabilità, l'ipocrisia sociale regna sovrana, le forze dell’ordine si combattono anziché cooperare, la politica si intreccia con gli affari più loschi. Nessuna ha intenzione di cercare, tantomeno di trovare la verità.
A dirla tutta, il delegato di polizia e il maresciallo dei carabinieri, finalmente uniti nell'indagine, sanno come sono andate le cose. Ma rendendosi conto di esser stati abbandonati dai loro superiori, rinunciano anche loro a dire il vero e ripiegano sulla favoletta che tutti, in paese, vogliono sentirsi raccontare: cadendo nella botola, il povero Patò ha sbattuto la testa, ha perso la memoria e da allora ha cominciato a girovagare per le campagne, fino a quando, preso dalla fame e dallo sfinimento, è morto.
Bravo il regista, e prima ancora bravo lo scrittore a scegliere il timbro giusto per raccontare questa storia popolare. Il tono d'indole leggera e comica, l'uso ripetuto dei siparietti, la presenza di un marchese cantante che si esibisce in arie liriche per una mamma in perenne adorazione, fanno venire in mente l'operetta. Ma non è questa la definizione più feroce dell'Italia, un paese da operetta?
Franco Marcoaldi
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 18.2.2012
I versi, l’impegno civile, il futurismo, il carcere e l’amicizia con Guttuso
Un saggio racconta il più popolare poeta dialettale siciliano
Bagheria felix
Buttitta e gli anni Venti una vita spericolata nel paese degli artisti

Poeta, bottegaio, capopopolo, contastorie, partigiano, comunista, futurista, giramondo, amico di spie fasciste e di anarchici bombaroli.
Ignazio Buttita, matrioska della poesia. Intorno al poeta di Aspra negli anni è sorta una diffusa mitologia, spesso da lui stesso alimentata. Ora Salvatore Di Marco ne "Gli occhi del mondo. Saggi su Ignazio Buttitta" (Coppola editore, 220 pagine, 18 euro), prova a separare il vero dal falso, le suggestioni dalla cronaca.
[…]
Di Marco polemizza, infine, con Camilleri reo di avere affermato che Buttitta è la "costruzione" di due concomitanze: l'affermazione del neorealismo e la conoscenza di grandi personaggi, come Pasolini, Levi, Quasimodo, che ne avrebbero influenzato il percorso. E ci mette il carico insinuando che il poeta «ha espresso in gettoni i contenuti marxisti», come se la sua poesia civica fosse frutto di un calcolo. L'autore controbatte, dicendo che il poeta, nato rabdomante di parole, la sua direzione l'ha trovata da solo; i suo versi giovanili ne sono prova. Anche se le frequentazioni di quei personaggi gli hanno dilatato la mente. Ne ha fatta di strada quel ragazzino che finite le elementari all'alba del Novecento, sembra zavorrato da una vita di lavoro. La poesia però gli mette presto le ali per svolazzare nel mondo.
Tano Gullo
 
 

Il Sole 24 Ore, 19.2.2012
Posacenere

Vivere in assoluto la contemporaneità lo possono i giovani che portano sulle loro spalle un fardello leggero d’anni e di passato. Un esempio terra terra: quando Mary Quant fece la bella pensata della minigonna, essa venne subito adottata dalle ventenni. Ci furono anche cinquantenni che l’indossarono, ma erano ridicole. Io ho sentito a me contemporanei la radio, il boogie-woogie, l’atomica e la ritrovata democrazia nel mio Paese. Tutte cose che oggi sono storia. Già la televisione mi sembrò appartenere alle generazioni successive. Questo non significa che non apprezzi la contemporaneità dei diciottenni d’oggi, ma entusiasmarmene come loro mi è impossibile, sarebbe come se indossassi la minigonna.
Andrea Camilleri
 
 

La Repubblica (ed. di Roma), 19.2.2012
Appuntamenti
La ricerca in cerca di aiuto

Alle 18 nella Sala Teatro dell' Ospedale Santo Spirito convegno dal tema "Conversazione sulla cattiveria" con Andrea Camilleri e Ugo Gregoretti. Serata di beneficenza a favore della prevenzione e la ricerca sulle malattie del cuore. Via dei Penitenzieri 10.
 
 

Il Messaggero (Frosinone), 19.2.2012
Giovedì la prima al Multisala Sisto
Gli intrighi di Patò nel film di Mortelliti

C'è una fetta importante di Ciociaria nel primo film tratto da un romanzo dello scrittore Andrea Camilleri. Un romanzo, «La scomparsa di Patò», di cui molti critici hanno apprezzata l'attualità visto che, in qualche modo, ricalca il «caso Ruby» e le pressioni che i funzionari della Questura devono subire, per ordine dei superiori, che, a loro volta li ricevono da parte di un membro del Governo.
La storia è ambientata nel 1890, ma gli intrighi sono molto simili a quelli dei giorni nostri. La regia è affidata a Rocco Mortelliti, origini di Ceprano, genero dello stesso Camilleri, che ha scelto di ambientare il film a Naro, in provincia di Agrigento. Protagonista è Patò (interpretato da Neri Marcoré) un potente che ama le donne, ma che si trova sempre nel mirino della magistratura. Ad indagare su di lui un funzionario di pubblica sicurezza (interpretato da Maurizio Casagrande) avvertito dalla moglie di Patò (Alessandra Mortelliti, figlia del regista) e un maresciallo dei carabinieri (Nino Frassica).
Il film è stato girato in sei settimane e la colonna sonora è affidata ad una grande pianista, Paola Ghigo, professoressa presso il Conservatorio di Frosinone. Dunque, alla veneranda età di 85 anni, Andrea Camilleri, da sempre grande estimatore della Ciociaria, si tuffa nel cinema affiancato, appunto, dal genero (il regista Mortelliti) e dalla nipote Alessandra. Il creatore del commissario Montalbano, con questo film, dimostra che di energia da vendere ancora ne ha, e tanta, visto che dopo il successo della fiction su Raiuno, con una prolificità invidiabile, può permettersi di esordire nel cinema. «Forse i registi temono il confronto con Montalbano che, ormai, è una sorta di condanna - ha confessato Camilleri -. Ma con Rocco Mortelliti è stato tutto diverso».
Ebbene, la «prima» del film è prevista per giovedì alle 21 presso il Multisala Sisto, al «Fornaci Village» di Frosinone, dove saranno presenti tutti i protagonisti: da Rocco Mortelliti alla figlia Alessandra, da Nino Frassica a Maurizio Casagrande. Tutti, sin dalle ore 20, saranno a disposizione degli spettatori per domande o curiosità sul film.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 19.2.2012
Montalbano e Augello rivali in amore

Un viaggio a ritroso nel tempo per raccontare la gioventù del commissario più famoso della tv, sullo sfondo del mare e dei paesaggi siciliani. È pronta a partire, giovedì in prima serata su RaiUno, "Il giovane Montalbano", la fiction girata da Gianluca Tavarelli e ispirata ad alcuni racconti di Andrea Camilleri, che firma il soggetto e la sceneggiatura insieme a Francesco Bruni. Ambientata negli anni Novanta, la fiction prodotta da Rai fiction con la Palomar schiera un cast prevalentemente siciliano accanto al protagonista Michele Riondino. Sei puntate, tutte di giovedì sera fino al 29 marzo, per raccontare la giovinezza e il difficile rapporto col padre (Adriano Chiaramida), il colpo di fulmine per Livia (qui Sarah Felberbaum), l'amicizia col braccio destro e compagno d'avventure Mimì Augello (Alessio Vassallo), tra le incursioni del fidato quanto imbranato Catarella (Fabrizio Pizzuto) e le indagini al fianco di Fazio (Beniamino Marcone). Il palermitano Alessio Vassallo viene da fiction di successo come "Squadra antimafia", "Edda Ciano e il comunista", e dall'ultimo film di Roberta Torre "I baci mai dati". E nella Vigàta immaginaria sarà coprotagonista, sempre a tu per tu con Riondino-Montalbano. "Il mio personaggio arriva solo alla terza puntata, insieme a Livia - racconta Vassallo - perché la fiction introduce a scaglioni alcuni ruoli, per lasciare la curiosità. Il mio Augello è quello che sembra rimasto più indietro nel tempo: capelli lisci, baciamano, un look da tombeur de femmes alla Mastroianni. E quando arriva al commissariato, è una specie di vulcano, spiazza anche Montalbano. E con lui il rapporto non sarà sempre idilliaco, anche perché all' inizio Livia piace anche a me...". Donne a parte, le discussioni più accese saranno, come sempre, sulle indagini: "Il pubblico scoprirà soprattutto com'è nata la loro grande amicizia - continua l'attore - e per me è stata l'occasione per svelare il mio lato comico, dopo tanti ruoli drammatici". Percorso inverso, per un altro palermitano Cristiano Pasca, che avrà un ruolo chiave nella prima puntata, che manco a dirlo, s'intitola "La prima indagine di Montalbano", ed è tratta dall'omonimo racconto. "Per la prima volta faccio la parte di un cattivo - dice il fondatore de Le Malerbe, che sarà anche nella terza serie de "L'onore e il rispetto" - è stato emozionante recitare i testi di Camilleri: nella prima puntata, girata a Sperlinga, Riondino mi interroga in una tavernaccia dove minaccio uno della mia banda". Il resto guardatelo in tv.
Laura Nobile
 
 

La Sicilia, 19.2.2012
Non c'è odore di zolfo ma tante corna
«Il diavolo, certamente» è il nuovo libro di trentatré racconti di Andrea Camilleri scritti in un italiano medio, senza sorprese e privo di coloriture locali

Andrea Camilleri, visto il successo ininterrotto dei suoi libri che sforna a getto continuo, deve avere una coscienza pacificata. Ed è uno stato d'animo umanamente comprensibile. Come potrebbe essere diversamente, se ogni suo sospiro, ogni sua parola sono accolti con grande favore dal pubblico? Per non dire della folla di scrittori alla Camilleri che ne imitano lo stile, pasticciando italiano e dialetto siciliano, e spacciano per originale una letteratura di seconda mano. Ricco, riverito, caposcuola suo malgrado, non si può pretendere che lo scrittore non guardi alle cose del mondo con una certa bonomia. E' per questo che, anche quando si cimenta con il tema di Satana, ci offre un diavoletto addomesticato, borghese,tutt' al più dispettoso, capace di scoperchiare le pentole e capovolgere i destini. La lingua che usa è un italiano medio, senza sorprese e privo di coloriture locali.
Non c'è un grande odore di zolfo, sebbene ci siano tantissime corna, nei racconti del «Diavolo, certamente», (pp. 171, euro 10) il volume che inaugura la colla delle Libellule di Mondadori. Sono trentatré racconti, ciascuno di tre pagine: 333 non il demoniaco 666, «perché - afferma Camilleri nella breve nota finale - è meglio avere a che fare con un mezzo diavolo che con uno intero».
Il titolo, per ammissione dello stesso scrittore, è debitore del titolo italiano di un film di Robert Bresson «Il diavolo probabilmente». Le somiglianze si fermano qua, perché lo scrittore il film non l'ha mai visto. Ma evidentemente quel titolo, così suggestivo, gli è rimasto in testa ed ha ispirato i racconti.
Il diavoletto dimezzato di Camilleri non si affanna a provocare grandi tragedie, è un personaggio malizioso da commedia borghese dalle porte girevoli. Si prende gioco della vita, ne tesse le trame per divertirsi a disfarle. Alimenta perfidie, odi, amori. Fa sì che si miri ad un bersaglio e se ne colpisca un altro. Già nel primo racconto vengono rovesciate le intenzioni. Il caso e la mancanza d'ironia fanno sì che un articolo, destinato a demolire un filosofo rivale, sia invece accolto come un pubblico riconoscimento e spiani al bersaglio la strada verso il premio Nobel. Il mondo di questi racconti è popolato di rivalità tra colleghi d'ufficio, industriali pentiti che decidono di fare del bene per accaparrarsi la benevolenza del Padreterno, bimbi che con i loro semplici ragionamenti mettono in crisi la dottrina cristiana, e altri che con perfetta perfidia da adulti tendono trappole mortali alle nonne, non mancano i casi fortunosi, gli equivoci mortali e i contrattempi maligni. Ma soprattutto il diavoletto immaginato da Camilleri è un perfetto mezzano, le corna che porta in testa diventano motore dei racconti. Nello scrittore siciliano di Porto Empedocle il sesso è una fissazione costante, anche se trattato con leggerezza e ironia. In questo senso s'inscrive nella tradizione catanese di Brancati e Patti.
In questi racconti i tradimenti abbondano. Il sesso è attrazione, passione, ma spesso strumento per fare carriera. Così c'è lo scrittore che deve il suo piccolo successo alla moglie che s'immola, o il fedifrago la cui posizione sociale dipende dalla ricchezza della moglie. Il modello d'uomo che riscuote la simpatia dell'autore è questo: «E così Dario, dopo una vita intemerata, si trova ad avere due amanti».
Il libro si legge velocemente, anche per la meccanicità della trama e della scrittura. Dopo i primi racconti capisci la chiave del prodotto seriale: sai che la sorpresa arriverà nelle ultime righe, e spesso riesci anche ad immaginarla in anticipo. Entri per così dire nella testa del diavoletto, che è poi quella stessa dell'autore, e sai che di un tipetto del genere non c'è da aver timore, perché è assolutamente prevedibile.
Salvatore Scalia
 
 

La Repubblica, 20.2.2012
Da una conversazione con lo scrittore, gli esordi del celebre commissario
Nell'infanzia dell'autore le radici del carattere difficile del suo personaggio
Andrea Camilleri. Quanto mi assomiglia il giovane Montalbano
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La prima indagine di Montalbano nasce da una mia esigenza personale, una esigenza narrativa naturalmente, che via via che procedevo nella scrittura dei romanzi di Montalbano, diventava sempre più pressante.
Mi sono chiesto: «A parte quello che già sappiamo di lui, prima, Montalbano, com'era? Suo padre e sua madre com'erano? Dov'è cresciuto? Com'era la sua vita prima di diventare commissario?».
Questo tipo di domande che nascevano dentro di me mi hanno spinto ad immaginare un "giovane Montalbano".
Ho pensato ad un ragazzo che ha appena vinto il concorso, che è vice-commissario in un paesino di montagna, Mascalippa, un ambiente che non sente suo in cui si trova a fare un mestiere nuovo. Da lì verrà trasferito a Vigata come commissario e ritornerà nel luogo dell'infanzia e soprattutto in un posto sul mare, dove ci sono i sapori e i profumi della sua infanzia. Montalbano è nato a Catania ed è stato bambino in un luogo di mare; si addormentava o con il rumore del mare o con l'aria di mare. L' allontanamento da questa atmosfera, lo spostamento a Mascalippa in un ambiente a lui estraneo, rappresenta una delle ragioni del successivo radicamento di Montalbano a Vigata.
E in questo c'è una mia esperienza personale: la prima volta che da bambino mi spostai dal mio paese con mio padre andai all'interno della Sicilia, a Caltanissetta, la sera arrivati nell'albergo in cui avevamo preso una stanza (ero molto piccolo e dormivo con lui) mio padre si accorse che non riuscivo a prendere sonno: «Perché non dormi?» - mi chiese.
«C'è qualche cosa che mi manca...» risposi io.
«Vabbè - continuò lui - ti manca la mamma ma già domani torniamo a casa e la troverai».
In realtà, ora lo so, a me mancava il rumore del mare.
Da casa mia io potevo sentirlo, soprattutto d'inverno, ed era con quel rumore che quasi mi cullava, che io riuscivo ad addormentarmi. Lo realizzai più tardi, nel corso degli anni, e questa sensazione l'ho trasferita a Montalbano.
Nel personaggio del giovane Montalbano, il mio tentativo è stato quello di dargli un passato che fosse coerente con certe sue caratteristiche di adulto. E siccome in realtà Montalbano adulto è un uomo solo, ho fatto in modo che le origini di questa solitudine nascessero anche dalla sua condizione infantile: Montalbano non solo non ha la madre, ma ha anche un padre (che in questa serie conosceremo) col quale però non ha quel rapporto che avrebbe avuto sicuramente con la madre. Tra i due c'è come uno schermo, fatto di timidezza reciproca, forse di pudore: di tante cose che vorrebbero dirsi ma che non riescono a dire...
Anche in questo c'è una similitudine con la mia esperienza personale. Io conosco la solitudine di Montalbano bambino, che è molto simile alla mia solitudine di figlio unico.
Mi ricordo di aver molto patito il non avere né fratelli né sorelle; certo, avevo i compagni di scuola o gli amici con i quali giocare, ma avrei voluto qualcuno con cui crescere: avere una sorella era il mio sogno. Credo che il mio grande amore per le donne nasca proprio dalla ricerca di quella sorella mai avuta. Ero piccolissimo, avevo cinque o sei anni e mi disperavo di essere figlio unico; invidiavo (io che non ho mai nutrito sentimenti di invidia) i miei compagni di scuola che avevano sorelle; tanto che mia madre mi comprò una bambola enorme a grandezza umana... Meraviglia! Divenne la mia confidente. Non lo dissi a nessuno che avevo questa bambola perché chissà cosa avrebbero detto di me i miei compagni se avessero saputo che io avevo una bambola con la quale parlavo, oltretutto. Ma in realtà l'ho avuta.
Ecco, molte di queste cose le ho trasferite nella memoria di Montalbano bambino e si ritrovano nel carattere del giovane Montalbano.
La fortuna di questo giovane vice-commissario quando inizia la sua professione in un ambiente che non sente come suo, è quella di avere un superiore, il commissario Sanfilippo, che è una figura di tutto rispetto, è lui che gli insegna il mestiere e che, in qualche modo, finisce con il rappresentare un sostituto del ruolo paterno.
Quando poi verrà trasferito a Vigata, non avrà più un superiore, il superiore sarà lui.
Lì però avrà un'altra fortuna, l'incontro con Carmine Fazio (il padre del più noto Giuseppe Fazio). Fazio padre è un uomo che rappresenta l'esperienza, il buon senso, ma è anche accondiscendente nei suoi confronti.
Spesso si trova costretto a richiamarlo alle regole del gioco che, Montalbano, irruento com'è, tenderebbe a non rispettare. In breve tempo questa figura per lui diventa fondamentale.
Il personaggio di Fazio padre è simile a quei vecchi marescialli dei Carabinieri di una volta che in paese conoscevano tutti e di tutti sapevano vita morte e miracoli, uno di quegli uomini che rappresentano l'autorità, soprattutto morale, piuttosto che la divisa.
Un'altra importante novità è l'incontro con Livia e il loro successivo innamoramento, che trovo sia uno dei punti più belli della serie. Qui il rapporto è ancora bellissimo e ci sono le radici di quello che nonostante la distanza e certe anomalie, è un rapporto che abbiamo visto (nel Montalbano classico) durare nel tempo.
Come tutti i rapporti ovviamente ha subito dei logoramenti negli anni. Ho riflettuto sul perché.
Secondo me, per qualcosa di opposto a ciò per cui in genere le coppie si allontanano: le coppie si logorano per troppa convivenza, qui il logoramento è dovuto alla mancanza di convivenza. In una coppia la convivenza permette di risolvere qualsiasi cosa nel bene o nel male, di non portarsela appresso, di chiuderla dentro un cerchio temporale preciso. Non vivendo assieme, abitando in luoghi lontani, ogni incontro è bello, ma dopo poche ore, tutto il non detto ha il sopravvento e le punte rimangono belle puntute, non smussate. E questa distanza fisica, nonostante il grande affetto, provoca logoramento.
Una volta definii Livia come "il grande bacino di Venere"; per Montalbano Livia è tutto. È stata l'amante e ora non lo è più, ma lo è stata, è la moglie che non è però potrebbe esserlo, è la madre perché Livia è l'unica donna in grado di dirgli delle cose che altre donne non sono in grado di dirgli. Certe reazioni di Montalbano anche eccessive nei riguardi di Livia sono dovute anche a un rapporto di questo tipo.
Ed è in questa serie che si pongono le basi di tutto questo.
Le differenze tra il Montalbano giovane e quello adulto ci sono e si vedono: una cosa è essere giovani, una cosa è avere 50 anni. Così l'impulsività che è innata in Montalbano, il tendenziale non rispetto per le regole, è assai più evidente in Montalbano giovane; non che nel Montalbano adulto si perda, non è che nasce incendiario e muore pompiere. Rimane sempre incendiario, solo "criptato".
Però, ciò che conta, è che la capacità raziocinante del suo cervello non ha subito variazioni con l'età; è subentrata solo un po' di prudenza. Nelle indagini, Montalbano giovane è più veloce del Montalbano adulto; la maturità l'ha portato, prima di formulare un'accusa, ad esserne profondamente convinto, mentre al giovane basta esserne convinto al 70%.
Ma l'essenziale e fondamentale caratteristica in entrambi è di avere un cervello speculativo.
L'impressione che ho avuto dei sei episodi è ottima. Il racconto tiene dalla prima all'ultima inquadratura. E quando ho visto l'inizio mi sono quasi commosso... questo paese di montagna e le rampe da salire eccetera... era proprio quello che avevo in mente quando scrivendo di Montalbano giovane l'avevo portato lì...
Andrea Camilleri
 
 

Hollywood Party, 20.2.2012
La comparsa di Andrea Camilleri a Hollywood Party.

Lunedi' importante per Hollywood Party. Nel giorno in cui si saluta il gradito ritorno ai nostri microfoni di David Grieco, una delle voci storiche dalla trasmissione, un'altra voce importante verra' diffusa nell'aere dalla nostra rete. Andrea Camilleri ci terra' infatti compagnia parlandoci de La scomparsa di Pato', il film tratto dal suo romanzo omonimo pubblicato nel 2000. Insieme a noi anche il regista Rocco Mortelliti.
Ascoltateci e, quando sara' il momento, scaricateci!
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La Gazzetta dello Sport TV, 20.2.2012
Camilleri al cinema con "La scomparsa di Patò"
Lo scrittore: "Montalbano giovane? Promosso"
Tiziana Bottazzo
Cliccare qui per il video
 
 

Ticinonline, 20.2.2012
Italia
Camilleri: "La mafia si sta mangiando anche mezzo nord"

Roma - Per Andrea Camilleri "vale sempre la pena di continuare a lottare contro la mafia, non ci si può arrendere. Molto spesso è mancata la volontà di combatterla, come è mancata la volontà di combattere l'evasione fiscale. E senza buona volontà si espande come un cancro. Per quanto un ex ministro dell'interno si affannasse in tv a dire che non è vero, la mafia si sta mangiando mezzo nord come s'è mangiata mezza Sicilia".
Lo scrittore italiano si è espresso così durante la presentazione, oggi a Roma, di "La scomparsa di Patò" di Rocco Mortelliti, con Neri Marcoré e Nino Frassica, il primo lungometraggio tratto da un suo romanzo.
"Sulla mafia la penso come Falcone, è fatta da persone e come tutte le cose è destinata a finire - ha aggiunto Camilleri-. Se c'è la buona volontà di combatterla, non è che scompare, ma può essere condotta nei limiti".
 
 

Adnkronos, 20.2.2012
Mafia: Camilleri, spesso in lotta a criminalita' e' mancata volonta' politica

Roma - "Lottare contro la mafia vale sempre la pena. Spesso, pero', e' mancata la volonta' politica di combatterla, come e' mancata la volonta' politica di combattere l'evasione fiscale. Se ci si mette sulla buona strada, la si puo' battere". Cosi' Andrea Camilleri durante la presentazione del film 'La scomparsa di Pato'', tratto dal suo libro omonimo, in uscita venerdi' nelle sale.
"La mafia -ha aggiunto Camilleri- non e' fatta da padreterni, ma di uomini. E quindi, come diceva il giudice Falcone, e' destinata a finire come tutti i fenomeni terreni. Basta avere la buona volonta': se non c'e', la mafia si espande come un cancro. Io ho speranza nel rinnovamento degli italiani grazie al quale la mafia progressivamente dovrebbe indebolirsi", ha concluso lo scrittore siciliano.
 
 

ANSA, 20.2.2012
Camilleri, imbroglioni oggi non scappano
Esce 24 febbraio La scomparsa di Pato', primo film da sue opere

Roma - La differenza ''fra imbroglioni come Pato' del passato e quelli di oggi e' evidente, basta aprire un giornale. Oggi scappano, stanno in mezzo ai piedi tutti i giorni''. Lo ha detto Andrea Camilleri parlando de La scomparsa di Pato' di Rocco Mortelliti con Neri Marcore', Nino Frassica e Maurizio Casagrande, il primo film che porta al cinema un romanzo dello scrittore. La pellicola aveva debuttato nel 2010 al Festival di Roma e uscira' il 24 febbraio in 30 sale distribuita da Emme Cinematografica.
 
 

TMNews, 20.2.2012
Cinema/ Primo film da Camilleri, dal 24 "La scomparsa di Patò"
Lo scrittore: in pellicola "supponenza e la stupidità del potere"

Roma - Arriverà nei cinema il 24 febbraio il primo film tratto da un romanzo di Andrea Camilleri, "La scomparsa di Patò", diretto da Rocco Mortelliti e interpretato da Neri Marcorè, Nino Frassica e Maurizio Casagrande. Lo scrittore alla presentazione del film ha sottolineato di non essere intervenuto nella stesura della sceneggiatura, esattamente come non interviene da anni in quella del Montalbano televisivo: "Ho fatto solo due richieste. - ha ammesso lo scrittore - Volevo che emergesse la stupidità e la supponenza del potere quando vuole che un fatto sia visto con i suoi occhi, e volevo che fossero forniti allo spettatore, come al lettore del mio romanzo, degli strumenti, dei documenti, per capire perché un uomo ad un certo punto della sua vita vuole scomparire. Nella sceneggiatura c'erano entrambi, non mi rimaneva che augurare buon lavoro".
Il romanzo di Camilleri, ambientato nella Sicilia del 1890, racconta le indagini sulla misteriosa scomparsa di un direttore di banca. Alla domanda su chi siano i Patò di oggi, Camilleri ha risposto: "Ce ne sono, ma quelli di ieri scomparivano per sempre, quelli di oggi invece fanno imbrogli ma non scompaiono, e ce li ritroviamo ancora ogni giorno sui giornali". L'interprete di Patò, Neri Marcorè, ha aggiunto: "Oggi i Patò fanno i politici o guidano le navi da crociera. E purtroppo si fa sempre fatica a trovare le loro responsabilità".
 
 

Adnkronos, 20.2.2012
Cinema: Camilleri, 'La scomparsa di Pato'' amore a prima vista per Mortelliti

Roma - "Quando usci' il libro Rocco se ne innamoro' immediatamente. E mi disse lo voglio fare al cinema. Io gli risposi: fallo se ne hai la possibilita'. Quindi da parte sua fu un innamoramento a prima vista. Guardate che io ci ho messo mano pochissimo. Cosi' come metto mano pochissimo nelle altre sceneggiature". E' con queste parole che Andrea Camilleri, il papa' di Salvo Montalbano, ha presentato oggi a Roma il film 'La scomparsa di Pato'' che approda sul grande schermo da venerdi' prossimo. Tratto dall'omonimo romanzo dello scrittore siciliano pubblicato da Mondadori nel 2000, il film si avvale della regia di Rocco Mortelliti ed e' interpretato nel ruolo di Pato' da Neri Marcore'.
Ad essere rappresentato e' un quadro sorprendente della Sicilia di fine secolo, ma anche dell'Italia intera. Vizi, virtu', piccole e grandi invidie che macchiano la vita di una citta' di provincia, Vigata, nella Sicilia rurale del 1890. E su tutto il destino di Antonio Pato', il direttore della sede locale della banca Trinacria, inghiottito dal nulla senza lasciare tracce.
Prodotto da '13 Dicembre' in collaborazione con Rai Cinema, il film, per la regia di Rocco Mortelliti, e' interpretato da un cast di tutto rispetto che comprende Nino Frassica, Maurizio Casagrande, Simona Marchini e Roberto Herlitzka. La sceneggiatura, scritta da Rocco Mortelliti, Maurizio Nichetti e Camilleri, ricostruisce in chiave cinematografica la scomparsa di Pato', avvenuta durante il 'Mortorio', cioe' la Passione di Cristo, cui la citta' di Vigata da' vita durante il Venerdi' Santo, del 1890.
 
 

Adnkronos, 20.2.2012
Cinema: Camilleri, 'La scomparsa di Pato'' amore a prima vista per Mortelliti (2)

"La sceneggiatura - spiega Camilleri- risponde alle due esigenze principali del libro: evidenziare in qualche modo come mai un uomo intende scomparire. L'altra cosa che mi importava moltissimo era la supponenza, la stupidita' del potere che vuole a tutti i costi che su un certo fatto venga fatta chiarezza. E queste due esigenze nella sceneggiatura del film sono rispettate: nei dialoghi, nell'ambientazione, nell'atmosfera".
"Nel film - afferma invece il regista - mi sono voluto prendere una licenza: nel romanzo, infatti, ad indagare sono due siciliani, mentre io ho voluto che uno dei due arrivasse da Nord. Perche' il suo sguardo fosse quello dello spettatore distaccato, e ci facesse entrare da fuori nel mondo siciliano". L'agente di Pubblica Sicurezza Ernesto Bellavia arriva infatti da Napoli. Ma questa non e' l'unica licenza che Mortelliti si e' preso dall'originale. L'altra, piu' rilevante, liberta' "e' che faccio vedere dove e' andato a vivere Pato', mentre il libro non lo dimostra", racconta.
Al centro del film, dunque, spicca lo strano destino di Antonio Pato'. Il direttore banca, che interpreta la parte di Giuda nella Passione del Venerdi' Santo, alla fine della rappresentazione scompare. Un mistero sul quale indagano la Stazione dei Reali Carabinieri, con il maresciallo Paolo Giummaro (che nel film ha il volto di Frassica) e proprio Bellavia della delegazione di Pubblica Sicurezza di Vigata (Maurizio Casagrande).
 
 

Adnkronos, 20.2.2012
Cinema: Camilleri, 'La scomparsa di Pato'' amore a prima vista per Mortelliti (3)

La pellicola rappresenta una figura, quella di Pato', molto meridionale e italiana. Il protagonista ha, per certi versi, i tratti dell'eterno farabutto. "Per trovarne uno oggi -ironizza Camilleri- basta aprire la pagina di un giornale. In realta', non scompaiono come non scompare l'imbroglio".
I Pato' di oggi, d'altra parte "guidano le navi, sono in politica. Pato' riusci' a scappare: la differenza e' che allora non c'era internet e si poteva fuggire. Ora pero', non si puo' piu' scappare. E quando uno ci prova arriva 'Chi l'ha visto'", dice Marcore'.
Un film, quello che debuttera' venerdi', che richiama molto le atmosfere siciliane nelle quali Nino Frassica si e' trovato perfettamente a suo agio. "Interpretare un siciliano -ha spiegato l'attore- e' stato facile e bello. Finalmente, d'altra parte, ho recitato in dialetto. E anche Marcore' si e' calato bene nei panni di un siciliano. In ogni caso, quando avevamo qualche difficolta' nell'interpretazione e nella sceneggiatura, chiamavamo al telefono Camilleri che ci dava subito l'aiuto necessario".
 
 

Coming soon, 20.2.2012
Presentato a Roma La scomparsa di Patò

Si è tenuta al ristorante Alfredo di piazza Augusto Imperatore, le cui pareti sono tappezzate da foto di divi e reali dagli anni Venti a oggi (e ci sono proprio tutti, da Hitchcok a Orson Welles, alle prese con le mitiche fettuccine) l'affollatissima conferenza stampa del film di Rocco Mortelliti La scomparsa di Patò. Un film suo malgrado al centro di un piccolo caso: presentato due anni fa al festival di Roma e tratto da un bel romanzo di Andrea Camilleri (scritto nel 2000 e con un milione di copie vendute), riesce a trovare solo oggi la via della distribuzione, in sole 30 copie. Il film è una fedele e divertente trasposizione del libro, ad opera dello stesso Camilleri, del regista Rocco Mortelliti e di Maurizio Nichetti, ai quali è toccato il compito di tradurre in azione e dialoghi tutto quello che sulla pagina viene narrato attraverso rapporti ufficiali, lettere e articoli di giornale.
E la prima domanda, a cui ha risposto proprio il brillantissimo autore di Montalbano, Andrea Camilleri, è stata proprio sulla sceneggiatura: “Quando uscì il libro Rocco se ne innamorò subito e mi disse che voleva portarlo al cinema. Io gli dissi di farlo, se ne aveva la possibilità. Io ci ho messo mano pochissimo, così come metto poco mano nelle altre sceneggiature per la tv. I buoni sceneggiatori sono i traduttori delle mie parole in immagini. L'autore farebbe magari delle scelte diverse e probabilmente sbagliate. A me è arrivata la sceneggiatura già pronta che soddisfaceva in pieno le due esigenze principali del libro. Il racconto nella sua forma di romanzo è strutturato come una sorta di dossier, l'autore consegna al lettore una gran quantità di documenti e gli dice “fatti il tuo romanzo”. E Mortelliti ha fatto il suo film. Era importante evidenziare in qualche modo il perché e il percome un uomo intende scomparire. Il romanzo nasce da 3 righe di Leonardo Sciascia a conclusione di "A ciascuno il suo".
E chi nella propria vita non ha avuto almeno una volta una gran voglia di scomparire? Patò è un finissimo farabutto e ci riesce fregando persino la mafia. Poi mi interessava la supponenza e la stupidità del potere che vuole che un certo fatto sia visto solo attraverso i suoi occhi, e quando due poveracci che indagano si trovano a rischio di perdere il loro lavoro, se ne escono con un escamotage che solo l'intelligenza e la furberia meridionali sanno tirare fuori al momento opportuno. E tutto questo era nella sceneggiatura”.
Rocco Mortelliti , che ci racconta delle molte prove fatte prima di girare il film, per trovare il giusto tono, aggiunge qualcosa sui cambiamenti operati in fase di sceneggiatura: “mi piaceva tantissimo il linguaggio, che ho conservato inalterato. Le uniche licenze sono state che il poliziotto venisse “dal nord”, cioè da Napoli, e rappresentasse lo spettatore che a volte non capisce, e quella di chiudere il cerchio facendo vedere dove è andato effettivamente Patò”. Nichetti ci racconterà in seguito della sua grande passione per un lavoro che l'ha coinvolto come se fosse suo, e ci ricorda “la storia che, anche se ambientata in Sicilia a fine Ottocento, racconta in realtà l'Italia di sempre, ferma e immobile. Non ci ricordano niente le telefonate in pretura da parte del potere?”.
Qualcuno cita Hitchcock tra i padri della storia di Patò, che risponde “Uno scrittore è figlio di tanti padri e anche di tanti film. Può darsi che ci sia l'ironia di Alfred Hitchcock, ma è stato un processo inconscio”.
Patò è un eterno farabutto e una figura molto italiana. Avete un'idea dei Patò di oggi? Camilleri risponde lapidario: “Basta aprire i giornali. La differenza tra ieri e oggi è che loro fanno l'imbroglio e non scompaiono”. E Neri Marcoré, che nel film interpreta il ragioniere scomparso, aggiunge: “Allora non c'era internet e se volevi sparire potevi farlo in santa pace anche se eri a 30 km di distanza, oggi ti ritroverebbero immediatamente”.
L'attore dichiara il proprio entusiasmo per il ruolo, non senza prima essersi concesso una battuta: “Sono contento che La scomparsa di Patò riappaia e che non si sia “demorso”, se è questo il passato prossimo di demordere. L'accettazione del ruolo è stata immediata, c'erano tutte le premesse per fare un lavoro tranquillo e divertente. Interpretare Patò era interessante anche perché è l'emblema dell'italiano contemporaneo, qua si fa sempre fatica a trovare i responsabili di qualcosa e le responsabilità vengono continuamente palleggiate. Inoltre interpretare i farabutti è più divertente”.
La coppia inedita del film, composta da un carabiniere e un poliziotto costretti a lavorare insieme e destinati a diventare amici dopo le diffidenze iniziali, è interpretata con molta alchimia da Nino Frassica e Maurizio Casagrande. Dice Frassica: “io mi sono trovato benissimo perchè veniamo entrambi dalla scuola del teatro popolare e dialettale, conosco il carattere di questo personaggio e finalmente ho potuto recitare anche in dialetto e risultare più vero. A volte noi siciliani sentiamo alcuni attori che recitano in un finto dialetto e li odiamo. Nella sceneggiatura non c'è stato da inventare niente, c'era già tutto, e poi se ci veniva qualche dubbio, visto che l'autore era vivente, era facile e comodo chiamarlo per chiarimenti. Pensate se fosse stato Shakespeare!”.
Il bravissimo Casagrande confessa di essersi particolarmente divertito, “venendo io da Napoli, in genere faccio personaggi che gli altri guardano con una punta di superiorità. Una volta tanto ho potuto fare io quello che viene “dal Nord”, da una Napoli più colta e industrializzata e che, all'inizio distaccato, finisce per immergersi in questa realtà che vista da dentro diventa piena di spessore e con una serie di personaggi molto gradevoli che esprimono una Sicilia anche più profonda di quella di oggi”. A Casagrande chiediamo poi se la scena della scrittura del rapporto a 4 mani, non fosse una strizzata d'occhio alle famose lettere di Totò e Peppino e Benigni e Troisi. “Ormai fa parte del repertorio della coppia comica, e non citare Totò è come parlare della lingua italiana senza parlar di Dante. E quando ci si siede per scrivere qualcosa che si ha ben chiaro nella testa, le parole sono importanti perché restano, ed è difficile sceglierle. Per questo è una scena che si presta alla comicità”.
Camilleri poi esprime parole di lode per Guia Jelo, che fa un bel cammeo nel ruolo di una prostituta che parla un dialetto arcaico velocissimo: “L'ho trovato un vero arricchimento del romanzo e del film, una sorta di grammelot. Lei tira fuori un personaggio straordinario e mi è dispiaciuto non averci pensato io. Per questo l'autore è meglio che si faccia da parte e lasci fare agli altri”.
Quanto ai ruoli cammeo (uno molto bello tocca anche a Roberto Herlitzka) Frassica chiude con una battuta: “le parole sono importanti. Ora si sono inventati questa cosa, perché se ti dicono “vieni a fare un cammeo?” dici subito di sì, ma se ti dicono “faresti una comparsata?” rispondi “ma neanche mi muovo”. Stessa cosa se ti chiedono di fare un'opera prima. Ovvio che diciamo tutti di sì. Ma se ci dicessero “quello non ha neanche fatto un film, vuoi lavorarci?” risponderemmo “e che, son matto?”.
Daniela Catelli
 
 

Cinecittà News, 20.2.2012
Gli imbroglioni come Patò guidano le navi

Prima volta al cinema per un romanzo di Andrea Camilleri dopo tanta tv, complice il genero Rocco Mortelliti che firma La scomparsa di Patò, dall'omonimo romanzo del 2000, in sala il 24 febbraio con Emme cinematografica, a distanza di circa un anno e mezzo dalla sua presentazione al Festival di Roma 2010, nei giorni del caso Ruby. Un'uscita in contemporanea con la messa in onda, giovedì 23 febbraio, su RaiUno de Il giovane Montalbano - firmato da Gianluca Maria Tavarelli e interpretato da Michele Riondino - prequel televisivo in sei puntate del consolidato e campione di ascolti 'Il Commissario Montalbano", che comunque tornerà prossimamente con altri quattro episodi.
Al centro della vicenda de La scomparsa di Patò, ambientata nella famosa Vigata questa volta di fine '800, è l'improvvisa scomparsa del ragioniere bancario Antonio Patò (Neri Marcoré) durante la sacra rappresentazione della Passione di Cristo. Provano a sciogliere l'enigma, all'inizio ostacolandosi a vicenda, il maresciallo dei carabinieri (Nino Frassica) e il delegato di P.S. (Maurizio Casagrande). Ma la verità emersa scotta, meglio una versione di comodo che accontenta sia la moglie (Alessandra Mortelliti) sia il potente zio dello scomparso nonché sottosegretario di Stato al ministero dell'Interno.
La sceneggiatura del film è firmata dal regista, da Maurizio Nichetti e dall'anziano scrittore siciliano che dice di essere intervenuto solo con poche correzioni al testo già scritto perché soddisfaceva alcuni elementi principali del racconto. "Innanzitutto la struttura a mo' di dossier del libro, con una gran quantità di documenti in burocratese messi a disposizione del lettore perché ne tragga il suo romanzo, così come Rocco ne ha tratto il suo film. Poi - continua Camilleri - la stupidità e supponenza del potere che vuole che un certo fatto sia visto solo con i suoi occhi, mentre il carabiniere e il poliziotto, grazie alla loro intelligenza meridionale, riescono a inventarsi un escamotage per chiudere definitivamente le indagini sul caso".
Qualche piccolo cambiamento comunque il regista se l'è concesso nel film: il delegato di polizia da siciliano è diventato napoletano; e poi la messa in scena dell'ipotesi sulla scomparsa di Patò che il narratore invece lascia solo intuire.
Patò come l'eterno farabutto italiano che intasca soldi non suoi e tradisce la moglie? E i Patò di oggi chi sono? "Basta aprire il giornale, a differenza del mio Patò fanno l'imbroglio e non scompaiono, stanno in mezzo ai piedi tutti i giorni", risponde Camillleri. E Marcoré aggiunge "I Patò di ora guidano le navi e fanno politica. La vicenda raccontata da Camilleri è in fondo emblematica dell'Italia contemporanea dove si fa fatica a individuare i responsabili di una situazione".
Frassica e Casagrande si sono trovati a loro agio in personaggi con la loro stessa origine e hanno attinto alla loro esperienza di teatro popolare e dialettale.
E i loro personaggi ancora una volta offrono un divertente ritratto della tradizionale rivalità tra carabinieri e polizia. "Mi divertiva mettere in scena la loro continua competizione che finisce in un accordo. C'è chi mi chiede se ho avuto modo di frequentare personalmente alcuni di loro - racconta Camilleri - Ricordo solo che una volta sono stato scortato a Bologna da quattro carabinieri al comando di un maresciallo che con tono duro così mi rimproverò: 'Quando si decide a scrivere di noi'. Anche la Guardia di finanza mi ha chiesto di parlare di loro nei miei romanzi... In verità non ho mai avuto che fare direttamente con i carabinieri e i poliziotti, anche perché l'unica volta che sono stato arrestato risale al 1943 in Sicilia e fu ad opera dell'americana Military Police", conclude lo scrittore. "E picchia duro".
Stefano Stefanutto Rosa
 
 

Cinespettacolo, 20.2.2012
Patò, Camilleri e la Sicilia profonda
"La scomparsa di Patò" diventa un film di Rocco Mortelliti con la supervisione di Andrea Camilleri

Antonio Patò che fu Giuda nella rappresentazione del Mortorio a Vigata, anno 1890, e sparì subito dopo. Cadde nella botola impiccato per finta ma sparì davvero. A indagare su grappoli di perché e sottoboschi di misteri due poveracci che sembrano non raccapezzarsi ma poi capiscono. E non è detto che a quel punto il problema sia risolto. Da dove può arrivare questa storia al cinema se non dalla pagine di Andrea Camilleri, dato che siamo nella Sicilia profonda?
Eccolo il primo lungometraggio cinematografico dal grande vecchio, La scomparsa di Patò (prodotto da Donatella Palermo e grazie al fondamentale aiuto della Regione Siciliana), dal 24 nei cinema in 30 copie e il 22 in anteprima a Palermo.
Lo traduce Rocco Mortelliti, lo interpreta con Neri Marcorè, Nino Frassica e Maurizio Casagrande, Alessandra Mortelliti (“Lavorare con mio padre è stato particolare, direi ambivalente: da un lato la rilassatezza che solo tuo padre può darti, dall’altro le bacchettate più frequenti, a volte incalzanti. Lavorare con mio nonno Andrea è un grande onore. Mi fido molto del suo parere, è il mio consigliere in tutto ciò che faccio, soprattutto il teatro! Il mio personaggio mi è stato sin da subito molto antipatico perché non l’ho interpretato come avrei voluto, mi è stato imposto dal regista. Avrei voluto farlo più comico e sopra le righe”) e con Camilleri a collaborare ma in margine. O, almeno, così lui dice.
“Di mio - spiega infatti il papà del commissario Montalbano - ci ho messo ben poco, sono gli sceneggiatori i protagonisti. A me è arrivata in mano la sceneggiatura già pronta di Nichetti e Mortelliti e io non ho che fatto delle correzioni marginali, nulla di fondamentale. Del resto è giusto così, il regista deve farsi un suo film, ciò che conta è che resti il senso profondo”.
E il senso sta nella domanda sul perchè un uomo vuole scomparire. Come chiosa Camilleri: “Almeno una volta nella vita capita a tutti di dire o di pensare: io sparisco e voi ve la sbrigate da soli” . Ma non è solo questo, attorno alla domanda ruota, gravita, pesa la supponenza del potere che esige che tutto avvenga secondo le sue regole, sotto i suoi occhi e tra le sue mani ma tutto questo c’era già nei dialoghi, tra le pagine. “Che cosa avrebbe dovuto chiedermi in più? - aggiunge Camilleri- Il permesso?”.
Nessun permesso, anche perché tra quel passato e questo presente, tra quei farabutti e quelli di oggi sul suolo italico il passo è breve. Perché Patò è un farabutto di sempre. Dove è oggi? Dove sono i suoi colleghi?
“Basta aprire i giornali per trovare i Patò di oggi. La differenza tra quelli di allora e i farabutti di oggi è che i Patò di oggi fanno l’imbroglio e non scompaiono. La mafia , la camorra e tutto il resto c’è ancora, come l’evasione fiscale resta finché non si ha la volontà di combatterla. Non voglio dire che nulla cambia ma voglio sperare in un rinnovamento degli italiani. Perchè i farabutti, mafiosi o no, non sono padreterni, sono uomini come noi. Se tutti la vogliamo combattere, li facciamo sparire ma deve esserci la volontà che non c’è stata sino ad oggi”.
Effettivamente, aggiunge Marcorè (che è il Patò della situazione e cui è stato chiesto “la vuoi fare una scomparsata?” e che vorrebbe essere protagonista de La Bibbia), “oggi i Patò possono anche comandare le navi ma poi grazie a Internet sono sempre recuperabili. E’ una storia molto contemporanea e poi quando sei sicuro di testo e sceneggiatura vai in automatico. Ma interpretare Patò era interessante perché Patò, nonostante del secolo scorso, è un uomo contemporaneo. Almeno in Italia. Un politico tedesco si dimette per nulla, abbiamo visto. Qui è un verbo che non esiste. E, comunque, un farabutto è sempre divertente da interpretare”.
E si è divertita anche la coppia di poliziotti Frassica-Casagrande?
“Veniamo dalla stessa scuola e poi interpretare un siciliano, recitare nel mio dialetto, con una sceneggiatura già pronta e l’autore a portata di mano è stato un grande vantaggio per me. Solo Neri ha avuto problemi: impara subito i dialetti dei luoghi in cui va ed è riuscito a parlare in modo non falso, come spesso parlano al cinema i non siciliani” dice Frassica. E Casagrande: “Da napoletano sono abituato a personaggi che vengono visti dall’alto in basso, mentre stavolta venendo dalla Napoli di fine Ottocento, colta e più industrializzata della Sicilia di allora era l’opposto. E poi ho scoperto aspetti molto profondi della sicilianità”.
E la recitazione in dialetto ha aiutato anche Guia Jelo che ammette: “Sono stata felice da subito di fare questo film. E’ la seconda cosa che lavoro dalle pagine di Camilleri, dopo esser stata per la tv la protagonista de Il ladro di merendine. Ho chiesto il permesso al regista di velocizzare al massimo il mio monologo del film, l’ho stringato, utilizzando un dialetto antico che avevo sentito da mia nonna, qualcosa di molto ermetico, quasi kafkiano”. E poi dedica il tutto al padre appena scomparso: “Ci tengo molto, lui fa il prete nel film e io ci tengo a ricordarlo”. Ma a Guia ci tiene molto Camilleri, che ringrazia: “Se avessi pensato io a una cosa del genere, ad accelerare il monologo non mi sarebbe dispiaciuto. E dico viva l’attore che può dare sempre qualcosa di inaspettato”.
Silvia Di Paola
 
 

Film e dvd, 20.2.2012
“La scomparsa di Patò”: il nostro incontro con Andrea Camilleri e il cast del film

Dopo essere rimasto bloccato per oltre un anno per questioni legate ai diritti, questo venerdì uscirà finalmente nelle sale italiane La scomparsa di Patò, trasposizione dell’omonimo romanzo dello scrittore Andrea Camilleri. Il film, sceneggiato e diretto da Rocco Mortelliti, è un atipico giallo ambientato in Sicilia alla fine dell’Ottocento, e vede protagonista una bizzarra coppia di “detective”, interpretati da Nino Frassica e Maurizio Casagrande, impegnati a indagare sulla misteriosa sparizione del personaggio del titolo (impersonato da Neri Marcorè). Questa mattina, a Roma, in occasione dell’anteprima del film abbiamo incontrato Andrea Camilleri, il regista Rocco Mortelliti e il cast al completo, per parlare con loro de La scomparsa di Patò.
Come siete passati da un romanzo composto da rapporti di polizia "asettici" ad una trasposizione cinematografica ben più dinamica?
Andrea Camilleri: Quando uscì il libro, Rocco Mortelliti se ne innamorò immediatamente e mi disse che voleva portarlo al cinema. Da parte sua è stato una sorta di amore a prima vista; io ho messo mano ben poco alla sceneggiatura, perché se ci sono dei buoni sceneggiatori spetta a loro il compito di tradurre le parole in immagini. L’autore rischierebbe di compiere delle scelte sbagliate, quindi è meglio cedere il posto agli specialisti delle sceneggiature. Il lavoro di Maurizio Nichetti e di Mortelliti ha richiesto solo delle piccole correzioni marginali, in quanto nel complesso rispettava le esigenze principali del racconto. Il mio libro è strutturato come un dossier composto da una serie di documenti; era importante evidenziare perché un uomo voglia scomparire. Il romanzo è nato dalle righe finali del libro di Leonardo Sciascia A ciascuno il suo: "È scomparso come scomparve Patò quando, recitando il mortorio, cadde nel sottopalco e non riapparve mai più". L’altro elemento che mi interessava era la supponenza e la stupidità del potere, che vuole a tutti i costi imporre il proprio punto di vista; quando due poveracci subordinati si trovano a rischiare la loro carriera, se ne tirano fuori con un escamotage che solo un’intelligenza meridionale avrebbe potuto progettare. Tutto questo c’era già nella sceneggiatura; a me restava soltanto da dire "Buon lavoro, ragazzi!".
Rocco Mortelliti: Nel romanzo ad indagare sono due siciliani, mentre io ho preferito che il poliziotto fosse un napoletano, in quanto volevo che rappresentasse lo sguardo dello spettatore, uno sguardo "estraneo" rispetto alla Sicilia. Inoltre, a differenza del finale ambiguo del libro, io ho voluto chiudere la storia mostrando cosa è successo a Patò. Il film sta avendo un buon riscontro internazionale ed è stato acquistato anche negli Stati Uniti.
Come vi siete rapportati ai personaggi da voi interpretati?
Neri Marcorè: Innanzitutto sono molto contento che Patò sia "ricomparso", il film era stato presentato oltre un anno fa al Festival di Roma ma poi era sparito. Patò è l’emblema dell’italiano contemporaneo: qui in Italia si fa sempre fatica a trovare i responsabili di ogni situazione, basta sfogliare i giornali. Interpretare i farabutti è molto divertente, così come mi sono divertito con i miei compagni di set nella fredda Sicilia di febbraio.
Nino Frassica: Mi sono trovato benissimo a recitare con Maurizio Casagrande, noi due veniamo dalla stessa scuola teatrale. Conoscevo il carattere del mio personaggio, un uomo della Sicilia, inoltre ho potuto recitare in dialetto, risultando così più spontaneo. Neri Marcorè è bravissimo, ha imparato il dialetto e sembra un vero siciliano. Inoltre, Camilleri ci ha dato una mano perché per qualsiasi dubbio potevamo rivolgerci a lui.
Maurizio Casagrande: Mi sono divertito particolarmente a girare questo film: per una volta ho potuto interpretare il personaggio più "critico" e colto, il quale però si immerge in una realtà che, vista dall’interno, si rivela molto profonda e complessa.
Alessandra Mortelliti: Ho provato subito un forte senso di antipatia nei confronti del mio personaggio; avrei voluto buttarla sul comico, ma mio padre Rocco mi ha imposto di interpretarlo in maniera diversa.
Signor Camilleri, come mai spesso sceglie come protagonisti dei suoi libri dei membri delle forze dell’ordine?
Andrea Camilleri: Nel caso de La scomparsa di Patò, mi faceva piacere l’idea di partire dalla proverbiale rivalità fra polizia e carabinieri: una rivalità che esiste tutt’oggi. Nel libro, quando i due protagonisti firmano il loro primo rapporto, le loro firme sono lontanissime, mentre alla fine del romanzo le loro firme si intersecano l’una con l’altra: mi auguro che prima o poi si possa arrivare a un sodalizio fra questi due rami delle forze dell’ordine.
Stefano Lo Verme
 
 

Eco del cinema, 20.2.2012
Roma ospita la presentazione di “La scomparsa di Patò”, nella sale dal 24 febbraio
Il grande Camilleri in persona presente alla conferenza stampa romana

Presentato alla stampa nell’Hotel Alfredo di Piazza Augusto Imperatore a Roma, location che da sempre ha compenetrato la sua attività col mondo cinematografico, “La scomparsa di Patò” di Rocco Mortelliti, che arriva nelle sale a più di un anno dalla presentazione al Festival del Film di Roma 2010.
Prende la parola Camilleri per rispondere a chi chiedeva quale fosse stato il suo contributo all’iter realizzativo del film:”Quando uscì il libro Rocco se ne innamorò immediatamente, fu una sorta di amore a prima vista. Io ci ho messo mano pochissimo, così come metto mano poco nelle altre cose per la televisione. Se ci sono dei buoni sceneggiatori sono loro che rendono in immagini le mie parole. A me tra le mani è arrivata la sceneggiatura già pronta, che rispettava in pieno le esigenze fondamentali del libro”, cioè mostrare il perché un uomo decida di sparire, e evidenziare le dinamiche del potere, che impongono alle indagini la propria ottica.
Lo scrittore siciliano si dice più che sicuro che ciascuno di noi, almeno una volta nella vita, vorrebbe prendere il treno e … buonanotte ai suonatori. Ritiene poi importante che, quando la supponenza e la stupidità del potere, che vuole a tutti i costi che un fatto venga visto con i suoi occhi, i due rappresentanti della legge “se ne cavano fuori con un espediente che solo la fantasia meridionale poteva avere”.
Il racconto è strutturato come una sorta di dossier, che viene consegnato al lettore dicendogli ‘fai il tuo romanzo’, secondo il papà di Montalbano seguendo quest’invito Mortelliti ha fatto il suo film.
Mortelliti mostra grande gioia per la tanto sospirata uscita nelle sale della pellicola, e ringrazia Raitrade per essere riuscita a vendere in tutto il mondo questo film, che presto sarà al Festival di Dublino.
Il regista rivendica la sua fedeltà al testo, soprattutto nell’uso del linguaggio, dal dialetto al burocratese. “Ho ritenuto però nel film far si che i tutori della legge non fossero entrambi siciliani, per rendere le contrapposizioni ancor più marcate”.
Nino Frassica e Maurizio Casagrande interpretano rispettivamente un maresciallo dei Carabinieri e un delegato della Polizia. Frassica, sempre molto spiritoso racconta di come, venendo lui da un paese, gli sia stato facile inserirsi nei meccanismi del racconto: “Mi è piaciuto recitare in dialetto”, quello vero, non quello di cinema e tv, che spesso lo fa innervosire per quanto è artefatto. Non risparmia poi Marcorè, noto per imparare facilmente tutti i dialetti:”Appena arrivato in Sicilia è andato in giro per vedere come parlavano le persone, peccato che si è imbattuto in un pullman di bergamaschi, abbiamo buttato due giorni di riprese!” Aggiunge poi che è stato bello lavorare con Camilleri:”Se avevamo qualche dubbio potevamo chiamare l’autore vivente, sarebbe stato ben diverso se fosse stato un testo di Shakespire”.
Per Casagrande invece, abituato a ruoli di partenopeo mal visto, è stato interessante interpretare un personaggio del Nord, dice con un sorriso, “di una Napoli più colta, più industrializzata, che si immerge in una realtà profonda e piena di spessore”, affresco della Sicilia dell’epoca.
Alessandra Mortelliti, figlia del regista, interpreta la moglie dello scomparso Patò, e confessa che non ha avuto dal padre libertà interpretativa, avendo lei preferito dare un po’ più di humor al personaggio della donna:”Per questo ho provato una grande antipatia per questa donna, ho dovuto lavorare sul togliere, con pause e silenzi, ho seguito le indicazioni di Rocco, ho cercato di lavorare sulla gestualità del tempo, e sul dialetto, pensate che questa donna si è preferita vedova anziché cornuta”.
Parlando di progetti da realizzare Marcorè dice che vorrebbe essere il protagonista de ‘La Bibbia’, ma tra le risate generali gli si dice che quel De Laurentis è morto, al massimo ora potrebbero proporgli ‘Natale nel diluvio’ o ‘Natale in paradiso’.
Va da tutti un grande ringraziamento al signor Fiorito di Emme Cinematografica, distributore italiano che ha permesso al film di arrivare nelle sale.
Conclude Frassica con un commento sull’uso del linguaggio:”Un tempo quando ti dicevano se volevi fare una comparsata ti seccavi, oggi se ti propongono un cameo sei felice, per non parlare poi delle opere prime che tutti son ben contenti di fare, a quanto pare ben diverse dal fare un film con un regista sconosciuto che non ha ancora realizzato un film, col quale faremmo a meno di lavorare”.
Maria Grazia Bosu
 
 

Spettacoli 2.0, 20.2.2012
La scomparsa di Patò, il film: trailer, cast e trama della pellicola tratta dal libro di Camilleri
La scomparsa di Patò, film che segna la prima volta di Andrea Camilleri al cinema, esce nelle sale venerdi' 24 febbraio. Lo abbiamo visto in anteprima per voi

Andrea Camilleri: un nome che è diventato, a torto o a ragione, un faro all'interno della letteratura nazionale contemporanea (esportato in tutto il mondo, tra l'altro).
Le avventure del commissario Salvo Montalbano sono ormai conosciute praticamente da tutti, e almeno una volta i suoi lettori e gli spettatori della fiction tratta dai romanzi polizieschi a lui dedicati avranno provato a imitare quel divertente pastiche linguistico che è la parlata di Vigata.
Con grande trepidazione era quindi atteso il primo tentativo di sbarco cinematografico dello scrittore siciliano, ed eccolo arrivare questo venerdì nelle sale italiane, dopo essere stato presentato al Festival Internazionale del Film di Roma: La scomparsa di Patò, tratto dall'omonimo romanzo, diretto da Rocco Mortelliti, con Nino Frassica, Maurizio Casagrande, Neri Marcorè, Alessandra Mortelliti, Flavio Bucci, Gilberto Idonea, Manlio Dovì, Simona Marchini, Franco Costanzo e Roberto Herlitzka.
La trama, che riprende fedelmente l'intreccio dell'originale romanzo-dossier, si sviluppa attorno alla scomparsa di Antonio Patò, impiegato di banca nella Vigata del 1890, marito devoto, padre amorevole e apprezzato interprete di Giuda nella recita del Mortorio (la Passione di Cristo). Proprio durante lo spettacolo l'uomo scompare cadendo nella botola usata per metterne in scena l'impiccagione, e non viene più ritrovato dagli altri attori. Del caso si occupano il responsabile della Pubblica Sicurezza di Vigàta Ernesto Bellavia, proveniente dal Nord (ovvero Napoli) e i Reali Carabinieri nella persona del maresciallo Paolo Giummaro. Inizialmente in competizione, i due vengono costretti a unire le forze: conoscendosi meglio stabiliscono un rapporto di amicizia e, pur riuscendo a veire a capo della spettacolare sparizione, dovranno trovare una soluzione alternativa alla semplice e pura verità, un lusso che non è possibile permettersi...
Confezionato in maniera professionale, il film non è poi molto distante da quanto si può vedere in una normale puntata del Commissario Montalbano. Un buon prodotto televisivo, ma davvero non c'è molto altro. Ci si chiede infatti come mai il progetto sia arrivato sul grande schermo piuttosto che essere presentato come un evento catodico.
Tutto nella pellicola ha un'aura di aurea mediocratis. Le interpretazioni misurate e apprezzabili lasciano soddisfatto chi vuole godersi dei bravi attori (ma Nino Frassica normalizzato, privato dei suoi giochi di parole, è un personaggio come un altro); la musica, un misto manierato tra il noir e certi melodrammi morriconiani, è piacevole (ma la canzone finale, sulla scia di "Italia amore mio" cantata da Pupo e Emanuele Filiberto di Savoia, grida vendetta); la fotografia non presenta sussulti, se non per qualche bello scorcio paesaggistico e per un paio di sequenze notturne suggestive.
Dei romanzi di Camilleri rimangono in mente i personaggi, di solito: ma questa volta, purtroppo, i protagonisti del film sono figurine accessorie, più funzioni narrative che delle persone reali e concrete. La dimostrazione di ciò sta nel fatto che si capisce davvero quel mondo a parte che è la Sicilia solo quando la lingua inventata da Camilleri viene posta al centro dell'attenzione. E per un film tratto da un'opera letteraria questo dato è uno scacco non da poco.
Alessio Cappuccio
 
 

La Repubblica, 20.2.2012
In uscita
L'esordio di Camilleri sul grande schermo "Il mio eroe farabutto e il potere stupido"

A pochi giorni dal debutto televisivo del "Giovane Montalbano" lo scrittore presenta "La scomparsa di Patò", primo film tratto da un suo romanzo. Sottolinea l'attualità della sua storia d'epoca: "Solo che i Patò di oggi fanno l'imbroglio e nemmeno spariscono". Il protagonista Marcorè: "Oggi il mio personaggio guiderebbe una nave o farebbe il politico"

Roma - E' il primo romanzo di Andrea Camilleri a sbarcare sul grande schermo invece che sul piccolo, La scomparsa di Patò. E a rendere intrigante il debutto cinematografico dell'autore di bestseller più amato d'Italia, con questa storia sicliana d'epoca diretta da Rocco Mortelliti, c'è soprattutto il personaggio citato nel titolo, interpretato da Neri Marcoré: una sorta di Mattia Pascal furbetto, eterna maschera italiana di uomo che fa guai e poi si imbosca. "Un finissimo fababutto che riesce a fregare anche la mafia - lo descrive così lo scrittore, alla presentazione ufficiale del film - ancora adesso, nel nostro Paese, di Patò ce ne sono tanti: ma a differenza di allora, quelli di oggi fanno l'imbroglio e non scompaiono. Sono sempre lì...".
Un concetto, quello dell'attualità della vicenda attorno a cui ruotano sia il libro che la pellicola, specificato con chiarezza anche maggiore da Marcorè: "I Patò dei nostri tempi guidano le navi, fanno i politici, sono ovunque. Solo che all'epoca non c'era internet e si potevano nascondere già a trenta chilometri da casa, ora invece pure se vai su un atollo del Pacifico ti beccano: anche perché sicuramente arriva a cercarti una telecamera di Chi l'ha visto?". Nulla di tutto questo, naturalmente, nell'anno di grazia 1890, nella "solita" Vigata patria di Montalbano in cui è ambientato il film: l'irreprensibile ragioniere della banca locale sparisce all'improvviso, mentre veste i panni di Giuda nella rappresentazione del Venerdì Santo. La moglie devota - la interpreta Alessandra Mortelliti, attrice teatrale figlia del regista e nipote di Camilleri - è inconsolabile. A indagare, all'inizio in aperto contrasto poi in tandem, sono un carabiniere (Nino Frassica) e un poliziotto (Antonio Casagrande) che viene dal "Nord", cioè da Napoli: dipaneranno un'intricata matassa.
"L'ispirazione per la storia - racconta oggi lo scrittore - mì è venuta dalla ultime due righe di A ciascuno il suo di Sciascia, in cui si accenna alla scomparsa di un certo Patò dopo essere caduto dal sottopalco mentre recitava la Morteria (la passione di Cristo, ndr). Quanto alla trasposizione, come sempre quando si tratta delle mie opere preferisco farla fare agli sceneggiatori, più bravi di me a tradurre le mie parole in immagini. In questo caso, sono soddisfatto perché hanno mantenuto i due elementi principali del racconto. Primo: evidenziare il perché e per come un uomo scompare. Secondo: la supponenza e la stupidità del potere, che vuole che un certo fatto sia visto solo coi suoi occhi". Rocco Mortelliti, seduto accanto a lui, sottolinea anche altri due elementi. Uno di fedeltà: "Ho voluto mantenere quel linguaggio burocratese del libro, che a me piace moltissimo". E uno di discontinuità: "Sulla pagina il poliziotto e il carabiniere sono entrambi siciliani, io invece ho reso il poliziotto napoletano per introdurre un punto di vista esterno". Mentre sua figlia Alessandra commenta il lavoro con ben due componenti della sua famiglia: "Collaborare con mio padre è stato ambivalente: da un lato la rilassatezza, dall'altro le bacchettate frequenti e incalzanti. Poi mi fido molto del parere di mio nonno: è il mio consigliere su tutto cioè che faccio".
Marcorè, invece, non nasconde la sua soddisfazione per il fatto che la pellicola - presentata al Festival di Roma 2010, quindi quasi un anno e mezzo fa - sia riuscita ad arrivare nelle sale, dal prossimo week end, in trenta copie: "Sono contento che Patò, in questo senso, sia finalmente ricomparso. Girare il film è stato un lavoro tranquillo e divertente che ho accettato subito. E poi interpretare Patò è interessante perché rappresenta l'emblema dell'Italia contemporanea, in cui si fatica a trovare i responsabili di qualcosa: è una nostra tradizione. Per non parlare del fatto che interpretare farabutti è sempre piacevole". Poi l'attore - da domani sera al teatro Olimpico di Roma, assieme a Claudio Giòé, in uno spettacolo tratto da scritti di Gaber e Pasolini - scherza sul suo sogno nel cassetto cine-letterario: "Se dovessi scegliere l'adattamento di un libro, vorrei recitare la parte del protagonista della Bibbia...".
Ma il vero mattatore della presentazione del film è e resta lo scrittore. Giovedì 23 debutta su RaiUno il prequel Il Giovane Montalbano, di cui è entusiasta: "Una scommessa, ma sicuramente un prodotto della stessa qualità di quelli col personaggio adulto". E mentre altri quattro Montalbano "da grande" sono già in fase di progettazione, Camilleri esclude un passaggio al cinema del suo eroe più celebre: "In tv si trova a suo agio, sul grande schermo potrebbe sentirsi scomodo". Infine, un messaggio ottimistico su un argomento ben più serio, la mafia: "Lottare contro vale la pena, sempre. Il fatto è che molto spesso è mancata la volontà politica: tutto qui. Così come è mancata la volontà di contrastare l'evasione fiscale. Come diceva Falcone, la mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani avrà una fine. Certo, se non c'è la buona volontà di combatterle, mafia, camorra e 'ndrangheta si espandono come un cancro. Ha voglia l'ex ministro ad andare in tv a rettificare, a dire che non è vero (riferimento a Roberto Maroni ospite di Fazio e Saviano, ndr): la mafia si sta mangiando mezzo Nord. Ma la speranza di un rinnovamento degli uomini io ancora ce l'ho".
Claudia Morgoglione
 
 

Online-news, 20.2.2012
Camilleri lancia il giovane Montalbano

«Riondino è un bravissimo attore, su questo non c’è il minimo dubbio. Il lavoro collettivo ha una dignità pari al Montalbano che la gente è abituata a vedere e ad amare. È una scommessa perchè è in corso d’opera la realizzazione di altri quattro Montalbano». Andrea Camilleri è entusiasta. Lo scrittore siciliano ha commentato oggi la fiction “Il giovane Montalbano”, ispirata al suo racconto “La prima indagine di Montalbano” in onda da giovedì su RaiUno. Il maestro, che ha parlato oggi durante la presentazione del film “La scomparsa di Pato”, tratto dal suo libro omonimo, in uscita venerdì nelle sale, ha poi aggiunto: «Sono molto curioso di vedere come reagirà il pubblico di fronte a questo nuovo Montalbano».
 
 

Il Piccolo, 20.2.2012
Ecco il giovane Montalbano

Tutto quello che avreste voluto sapere sul commissario Montalbano… ma che non avevate mai sperato di scoprire con una nuova serie Tv targata Rai. Caso abbastanza anomalo, almeno in Italia, si è deciso di realizzare un nuovo prodotto dall’amatissima fiction che ha spopolato per 13 anni e 8 stagioni. «Il giovane Montalbano» debutta giovedì su RaiUno ed è un prequel della saga. La serie, diretta da Gianluca Maria Tavarelli, è ambientata agli inizi degli anni ’90 e racconta il formarsi del mondo di Montalbano così come lo conosciamo. Le storie dei 6 episodi sono tratte come sempre dai racconti di Andrea Camilleri (“La prima indagine di Montalbano”, “Ritorno alle origini”, “Sette lunedì” etc.) che ha lavorato anche sul soggetto e la sceneggiatura di questa serie e ne ha discusso con il nuovo protagonista, il trentenne Michele Riondino (avrà mai il carisma di uno Zingaretti?). Questo Montalbano non aveva ancora la terrazza sul mare a Vigata, la ventennale fidanzata Livia, era solo un poliziotto al primo incarico nel paesino di Mescalippa. Ci conquisterà?
Valentina Cordelli
 
 

La Tribuna di Treviso, 20.2.2012
Bjorn Larsson così il libro giallo ha ucciso il poeta

[...] «Scrivo gialli, è vero - sottolinea l'autore - ma grazie al successo mondiale che sta ottenendo il giallo svedese, la gente che si avvicina per parlarmi pensa che la trama dei romanzi sia quella che è in realtà la cronaca quotidiana della Svezia. Non è così. E' un'immagine falsata». Dell'Italia e della sua letteratura, Larsson è un ottimo conoscitore. «Questo non accade, per esempio, nei romanzi di Camilleri, dove Montalbano e l'ambiente in cui muove sono descritti con una dose di distaccata ironia, il che rende tutto finzione, non aderente alla realtà». [...]
Lieta Zanatta
 
 

Corriere della Sera, 20.2.2012
Manuali. Nuova edizione per il volume di Massimo Birattari. Tanti modelli per la lingua, ma mancano giovani e donne
«L'italiano è bello, così ci difendiamo dall' inglese»
Il libro: Massimo Birattari, «È più facile scrivere bene che scrivere male. Corso di sopravvivenza», Ponte alle Grazie editore, pp. 224, 16

Sarà vero che È più facile scrivere bene che scrivere male come enuncia fin dal titolo il libro (pubblicato da Ponte alle Grazie) che ci sta davanti? Certo è un titolo che incuriosisce: intanto perché il libro è l'edizione aggiornata di un manuale che ha avuto un notevole successo nel 2002, e poi perché non è dedicato a chi vuol essere scrittore, ma a chi per lavoro ha bisogno di scrivere in un italiano corretto, elegante e subito comprensibile, per esempio a chi deve stendere un verbale, un comunicato stampa, una relazione. L'autore, Massimo Birattari, è traduttore, consulente editoriale, curatore del corso di scrittura edito l'anno scorso in 24 volumi dal «Corriere della Sera». E si definisce anche ghost writer e copywriter, e lo fa - nel risvolto di copertina - senza usare le virgolette e neppure il corsivo, quasi che quelle parole inglesi siano ormai del tutto italiane. Cosa che, volendo, un poco stupisce il lettore (questo è «un libro da leggere, oltre che da consultare») in quanto agli otto capitoli fondamentali, che riguardano semplicità, chiarezza, precisione, leggerezza, ironia, eleganza, espressività, consapevolezza, si aggiunge un'Appendice intitolata «L'Italiese». Tratta, appunto, dell'«invasione delle truppe corazzate dell'inglese» a cui l'autore propone di contrapporre alcuni «esempi pratici di comportamento», pur senza arrivare all'«impraticabile purismo». «L'unico modo di "difendere" l'italiano - aggiunge - è dimostrare che è una lingua efficace ed espressiva». E lo fa con dovizia di bellissimi esempi scelti con grande attenzione. Esempi presi dai nostri più grandi: Galileo, tanto per cominciare, e poi Gadda, Meneghello, Campanile, Svevo, Montale, Ungaretti, Gianni Brera, Bianciardi, Tognazzi e Vianello, Primo Levi, Leopardi, Montanelli naturalmente... Di scrittori vivi e vegeti ci sono Arbasino, Camilleri e Sermonti; e poi Stefano Benni e Aldo Busi. Possibile che aggiornando il suo manuale l'autore non abbia trovato neanche un giovane che scriva bene se non proprio in maniera esemplare? E di donne? Neanche una! Non una riga delle nostre amate Morante, Ortese, Romano tanto per rimanere nell'aldilà. E neppure di Liala!
Giulia Borgese
 
 

YouTube, 21.2.2012
La scomparsa di Patò - Andrea Camilleri e il cast del film di Mortelliti
Estratto dalla conferenza stampa con Andrea Camilleri, Rocco Mortelliti, Maurizio Nichetti, Neri Marcorè, Nino Frassica.
sentieriselvaggi
 
 

ComingSoon, 21.2.2012
La scomparsa di Patò
Parlano i protagonisti del film
 
 

Effetto Notte, 21.2.2012, ore 24:20
La scomparsa di Patò

Esce nelle sale venerdì 24 febbraio il film diretto da Rocco Mortelliti e tratto dal romanzo di Andrea Camilleri. Nino Frassica, Neri Marcorè e Maurizio Casagrande vestono i panni dei protagonisti.
Sicilia fine ‘800. Antonio Patò (Neri Marcorè) è un ragioniere di banca che scompare il venerdì santo durante la messa in scena del “Mortorio”. Patò nei panni di Giuda viene impiccato, cade nella botola come previsto ma non riappare più. Subito dopo la rappresentazione cominciano le ricerche guidate dal delegato della Pubblica Sicurezza Ernesto Bellavia (Maurizio Casagrande) e dal maresciallo dei Reali Carabinieri Paolo Giummaro (Nino Frassica) . Per risolvere il caso i due entrano in competizione ostacolando le rispettive indagini. “Murì Patò o s’ammucciò (si nascose)?” Che fine avrà fatto Parò? Varie sono le ipotesi. Ne esce  fuori uno spaccato di vita della Sicilia del tempo, che non esita ad essere tanto distante da quello che succede in Italia anche oggi.
Ne parliamo ad Effetto Notte con il regista Rocco Mortelliti e con l’attore Nino Frassica.
 
 

Sky Tg24, 21.2.2012
Camilleri, la prima volta (al cinema) non si scorda mai
Esce nelle sale "La scomparsa di Patò", il film tratto dal libro dell'autore del commissario Montalbano. Che a SkyTG24 dice: "È la prima volta che capita ed è una forte emozione. Quando l'ho visto, me lo sono goduto come un normale spettatore"

“È la prima volta che capita ed è una forte emozione”. La prima volta non si scorda mai e sarà così anche per Andrea Camilleri, lo scrittore che ha inventato il commissario Montalbano e che adesso vede il suo libro “La scomparsa di Patò” trasformarsi in pellicola. Il film, di cui Camilleri è anche cosceneggiatore, aveva debuttato nel 2010 al Festival di Roma e uscirà il 24 febbraio in 30 sale, distribuita da Emme Cinematografica. Il romanzo dello scrittore siciliano era uscito invece nel 2000.
“E’ una forte emozione anche perché a me capita un fenomeno curioso che è quello di riuscire a estraniarmi dal fatto di essere io l’autore. Questo film, quando l’ho visto, me lo sono goduto come uno spettatore”, ha detto Camilleri a SkyTG24. Nel cast del film di Rocco Mortelliti ci sono anche Neri Marcore', Nino Frassica e Maurizio Casagrande.
 
 

Il Messaggero, 21.2.2012
Camilleri, imbrogli d’Italia
Amori, intrighi e conformismo nella Vigata fine '800
Francesco Alò
 
 

Libero, 21.2.2012
Il film “La scomparsa di Patò”
Camilleri da Montalbano alla Passione di Cristo
Annamaria Piacentini
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 21.2.2012
Il film. Domani anteprima all’Imperia: duecento posti riservati ai lettori di “Repubblica”
Esce “La scomparsa di Patò” Camilleri in versione cinema

Ma Patò è morto, si nasconde oppure spunta dove non l’avevamo mai visto, cioè al cinema? Eccolo qui, dalle pagine del libro al grande schermo, uno dei best seller di Andrea Camilleri, “La scomparsa di Patò”, adesso nella trasposizione cinematografica firmata da Rocco Mortelliti, che esce venerdì nelle sale e che mercoledì sarà proiettato in anteprima al cinema Imperia. Ai lettori di “Repubblica” sono riservati duecento posti: per prenotarsi bisogna inviare una mail all’indirizzo palermo@repubblica.it, oggi dalle 10 alle 18, specificando nome e cognome e scrivendo nell’oggetto “anteprima”: i primi cento lettori che si prenoteranno avranno diritto all’invito per due persone e troveranno il loro nominativo nella lista all’ingresso del cinema.
“La scomparsa di Patò” è il primo film tratto da un libro di Camilleri, dopo le tante fiction e gli spettacoli teatrali e persino lirici. Mortelliti, genero di Camilleri, ha chiamato Neri Marcorè nel ruolo di Patò, affiancandogli Nino Frassica nel ruolo di Paolo Giummaro, l’antagonista poi amico, coinvolto nell’inchiesta sulla scomparsa del ragionier Patò, del quale non si ha più notizia dopo che ha recitato le parte di Giuda nella rappresentazione del Venerdì Santo, a Vigàta.
Racconta il regista, che firma anche la sceneggiatura insieme allo stesso Camilleri e Maurizio Nichetti: «Il passaggio dal libro allo schermo ha avuto il conforto dello stesso autore, quindi tutto è stato più facile. La storia poi, nella narrazione legata al testo, aveva delle caratteristiche, come quella di non materializzare luoghi e volti: ma credo di essere riuscito a trovare delle soluzioni adatte a ricreare le atmosfere e i personaggi come ha detto del film lo stesso Camilleri». Il film è prodotto dalla catanese Donatella Palermo, che ha avuto il supporto di Bnl, Rai Cinema, Cinesicilia e Sicilia Film Commission Apq Sensi Contemporanei, e Ministero beni culturali.
Neri Marcorè racconta il suo approccio con il ragionier Patò: «Lavorare con una sceneggiatura così ben fatta ti dà forza e la possibilità di rilassarti e di poterti concentrare sul personaggio. Così Patò rivela progressivamente lo spirito che lo anima, e da timido impiegato di banca, piano piano, si mostrerà differente. E poi, basta con il mito del lavoro attoriale: mi sono concentrato su quello che c’era scritto nel testo, e come attore ho fatto aderire il mio personaggio al testo e alla realtà. Mi sono divertito tantissimo».
Nel cast c’è aria di famiglia, e Alessandra Mortelliti, figlia del regista e nipote di Camilleri, recita nella parte della signora Patò: «Lavorare con mio nonno per me è un grande onore. Mi fido molto del suo parere, è il mio consigliere in tutto ciò che faccio, soprattutto al teatro». Nel cast figurano anche Flavio Bucci, Gilberto Idonea, Roberto Herlizka, Simona Marchini, Guia Jelo, Manlio Dovì.
Punto forte della trasposizione, dice ancora Mortelliti, è l’adesione al “modo” della narrazione: «Ho lasciato il “burocratese” freddo e asciutto dei rapporti che si scambiano gli autori delle indagini, mi sembra il punto intorno al quale costruire la storia». E con Camilleri, supervisore occulto — ma non troppo — del passaggio al cinema, come è andata? Risponde Marcoré: «Era contento del buon lavoro, apprezzava con ironia e sensibilità. E anche nelle necessarie trasformazioni cinematografiche, nessun problema, anzi si divertiva a sorprendersi».
Paola Nicita
 
 

Giornale di Sicilia, 21.2.2012
Cinema. Esce venerdì nelle sale (anteprima domani a Palermo) il film di Rocco Mortelliti tratto dal romanzo storico dello scrittore siciliano
Patò e la Sicilia di Camilleri
Interpreti principali Neri Marcorè, Nino Frassica e Maurizio Casagrande oltre ad Alessandra Mortelliti, nipote dello scrittore: «I consigli del nonno sono preziosi, specialmente quando faccio teatro».

Roma. Finalmente La scomparsa di Patò, tratto dall'omonimo romanzo di Andrea Camilleri, esce nelle sale cinematografiche dopo essere stato presentato allo scorso Festival del Film di Roma. Per la prima volta il papà di Montalbano si misura con il cinema. A mettere in piedi l'operazione ci ha pensato il genero, Rocco Mortelliti, che firma la regia del lungometraggio nelle sale dal 24 febbraio e in anteprima domani sera al cinema Imperia di Palermo (alle 21).
Che fine ha fatto Patò (Neri Marcoré)?, si domanderà lo spettatore per tutta la durata del film. Se lo chiedono anche il delegato della pubblica sicurezza Ernesto Bellavia (Maurizio Casagrande) e il maresciallo dei Carabinieri Paolo Giummaro (Nino Frassica). Siamo nel 1890, a Vigata: Patò, direttore della sede locale della Banca di Trinacria, durante la recita della Passione di Cristo (interpreta la parte di Giuda), finisce in una botola di scena e scompare senza lasciar traccia.
Cosa c'è dietro questo mistero? Una qualche irregolarità nella conduzione della banca? Una perdita di memoria improvvisa o lo zampino della mafia? Da Napoli arriva Bellavia che se la dovrà vedere con il «rivale» Giummaro, «polizia e carabinieri anche oggi sono rivali», commenta Camilleri, nella storia però risolveranno il caso lavorando l'uno a fianco all'altro dopo un incontro non proprio amichevole.
Nel cast c'è anche Alessandra Mortelliti, figlia di Rocco e di conseguenza nipote dello scrittore, «lavorare con lui è un grande onore, sono la sua più grande fan – racconta Alessandra che veste i panni della moglie di Patò -mi fido molto del suo parere, il nonno è il mio consigliere in tutto ciò che faccio, soprattutto riguardo il teatro».
Non era facile trasporre su pellicola uno dei romanzi storici di Camilleri, «non ho dovuto apportare modifiche alla sceneggiatura di Maurizio Nichetti e Rocco – spiega lo scrittore - c'era tutto quello che mi interessava: il fatto che Patò fosse descritto come un finissimo farabutto che la fa pure alla mafia e che venisse fuori la supponenza e la stupidità del potere». Un romanzo storico che però guarda all'oggi. «Basta aprire un giornale e di Patò ne troverete tanti, la differenza con il passato è che oggi chi imbroglia non scompare». «Patò è un emblema tutto italiano - aggiunge Marcoré – non trovare i responsabili fa parte della nostra tradizione, mentre in Germania un politico si dimette perché coinvolto in uno scandalo, da noi le responsabilità rimbalzano come se stessimo giocando una partita di pallavolo». C'è anche spazio per parlare di lotta contro la mafia: «Vale sempre la pena lottare - dichiara Camilleri - spesso manca la volontà politica, un po’ come la lotta contro l'evasione fiscale, la mafia è fatta di uomini, possiamo combatterla se stiamo uniti».
Infine non si può non accennare a Il giovane Montalbano, serie tv interpretato da Michele Riondino, che andrà inonda su Raiuno da giovedì 23 (la nuova serie prenderà il via con l'episodio dal titolo La prima indagine di Montalbano). «È stata una scommessa - dice Camilleri -. Riondino è bravissimo e sono curioso di come reagirà il pubblico. A mio avviso sono sei puntate che hanno la stessa dignità del Montalbano adulto».
Emanuele Bigi
 
 

Il Resto del Carlino / La Nazione / Il Giorno, 21.2.2012
Camilleri si fa in due i suoi eroi al cinema e in tv
Dal 24 nelle sale “La scomparsa di Patò” e dal 23 in tv con il prequel della fiction

Roma. Ancora una volta Andrea Camilleri ci conduce in quella cittadina sospesa tra realtà e fantasia che è la sua Vigata. Ma il commissario Montalbano e le sue indagini sono di là da venire. Siamo infatti nel 1890. E' il venerdì santo e nella piazza di Vigata si tiene il 'mortorio', vale a dire la rappresentazione popolare della passione di Cristo. Nel ruolo di Giuda, il ragioniere Antonio Patò, stimato direttore della sede locale della banca Trinacria. Giuda-Patò viene impiccato e finisce nella botola che lo fa precipitare nel sottopalco, ma da quel momento si perdono le sue tracce. 'Murì Patò o s'ammucciò (si nascose)?', la scritta che appare alcuni giorni dopo su un muro di Vigata.
Dopo tanti successi televisivi con 'La scomparsa di Patò', Andrea Camilleri approda per la prima volta al cinema con un film che fonde i toni del giallo e della commedia e conserva rispettoso le atmosfere e la lingua dell'omonimo romanzo. La regia è di Rocco Mortelliti; nel ruolo di Patò, Neri Marcorè, mentre a indagare sulla sua scomparsa sono il carabiniere Nino Frassica e il delegato della Pubblica sicurezza, Maurizio Casagrande.
Dal 24 febbraio nelle sale con 'La scomparsa di Patò', Camilleri sarà di nuovo anche in televisione, su Raiuno: da giovedì 23 febbraio, con i sei episodi de 'Il giovane Montalbano', protagonista Michele Riondino.
A ispirare il Camilleri cinematografico, il Leonardo Sciascia di 'A ciascuno il suo'. "Nelle ultime tre righe di quel romanzo - racconta Camilleri - Sciascia scrive: 'E' scomparso come scomparve Patò quando, recitando il mortorio, cadde nel sottopalco e non riapparve mai più'. Questo è stato l'input che mi ha fatto scrivere 'La scomparsa di Patò' ". E, appena uscito il libro, Mortelliti se ne è innamorato. "Fallo, gli ho detto, se ne hai la possibilità. Io ho messo mano pochissimo alla sceneggiatura - spiega Camilleri - così come metto pochissimo mano alle sceneggiature per la tv". E prosegue: "Quando ci sono dei bravi sceneggiatori, sono loro i traduttori delle mie parole in immagini. Ci sono autori gelosi del loro lavoro, che hanno paura di essere traditi. Io credo, invece, che il tradimento sia giusto. L'autore probabilmente farebbe altre scelte, ma forse sarebbero scelte sbagliate".
Quanto ai sei episodi de 'Il giovane Montalbano', tratto dal suo racconto 'La prima indagine di Montalbano', Camilleri si dice molto soddisfatto. "Bravissimo Riondino e tutti gli attori, al pari degli altri 'Montalbano'. E' una scommessa e sono curioso di vedere come reagirà il pubblico".
Beatrice Bertuccioli
 
 

La Repubblica, 21.2.2012
Camilleri e il giovane Montalbano: ''Così è nata la mia squadra ideale''

L'autore siciliano presenta "Il giovane Montalbano", la nuova serie tv diretta da Gianluca Maria Tavarelli in onda dal 23 febbraio su RaiUno. "Quando ho visto l'inizio mi sono quasi commosso" confessa Andrea Camilleri parlando delle caratteristiche del futuro commissario di Vigata (interpretato da Michele Riondino), ma si sofferma anche sul rapporto con gli altri personaggi che circondano da sempre Salvo Montalbano, sulla carta e sul piccolo schermo, a cominciare da Livia e i colleghi Fazio, Augello e Catarella, tutti più giovani di qualche decennio. "Come autore ho già formato la mia squadra ideale" conclude in questo video in esclusiva per Repubblica.it
 
 

ANSA, 21.2.2012
Pronto Riondino? Montalbano sono
Intervista all'attore oggi con barba e capell: 'Non saro' un clone di Luca Zingaretti'

"Ho cercato accuratamente di evitare l'idea dell'eroe senza paura e senza ombre. Spero che il pubblico apprezzi e soprattutto si lasci coinvolgere senza notare che a Montalbano sono cresciuti barba e capelli". Michele Riondino, classe 1979, originario di Taranto, sul set in questi giorni a Udine del film di Marco Bellocchio 'Bella addormentata' ispirato alla storia di Eluana Englaro, in una conversazione con l'ANSA parla della nuova e attesissima serie in sei film in onda in prima serata da giovedì 23 febbraio su Rai1. Prodotta da Rai Fiction e Palomar, attinge ancora una volta ai celebri racconti di Andrea Camilleri e lo vede nei panni del commissario reso celebre in tv da Luca Zingaretti da cui dice di aver avuto la "benedizione". Montalbano è il fiore all'occhiello Rai, fa ascolti ogni volta da finale di campionato di calcio, è riuscito a vincere le prime serate sempre, repliche comprese.
Ma i confronti saranno inevitabili. Operazione più unica che rara, la fiction va indietro nel tempo, nel prequel racconta il commissario vent'anni prima: chi era prima di arrivare a Vigata, aveva già quel carattere? Come ha conosciuto Fazio, Mimì Augello e Catarella? E Livia quando l'ha incontrata? Come ha scoperto la famosa casa di Marinella con la terrazza affacciata sul mare? Riondino, che presta il volto al giovane poliziotto, ammette d'aver avuto qualche difficoltà ad assumersi la responsabilità di confrontarsi col personaggio, anche se non teme confronti: "All'inizio non ero convinto affatto, mi sembrava un'operazione furba. Poi ho incontrato Camilleri che per me è sempre stato un guru anche a teatro e ho letto anche i romanzi che mi erano sfuggiti. E' stata anche la Sicilia raccontata in quel modo a conquistarmi. La immaginavo piena di colori, sapori, fascino. Così come mi era capitato con quei film che la raccontano e che tanto ho amato, solo per citarne uno Todo Modo di Elio Petri".
Detto questo Riondino tiene a far notare: "abbiamo dovuto confrontarci con una corazzata, è vero. Mi auguro però che il pubblico trovi delle similitudini e degli elementi di coerenza. Abbiamo voluto attenerci ancor di più ai racconti, con l'intenzione di evitare un clone del Montalbano interpretato dal sublime Zingaretti. Chi ama questo commissario potrà ritrovare tutti gli elementi, ma anche originale". Insomma, "un siciliano più estremo del solito e più attinente ai romanzi, insolente per necessità. Montalbano è timido, introverso e ha difficoltà a relazionarsi. Ma è un poliziotto dal fiuto raffinatissimo". L'attore, dalla bella faccia e dallo sguardo penetrante, sarà così un Montalbano solitario e appassionato, folgorato dalla bionda Livia (Sarah Felberbaum), così diversa dalla fidanzata Mery (Katia Greco) giovane insegnante che sogna l'altare. "Montalbano ama la bellezza, non passa all'azione, aspetta che sia la donna a farlo". Ma aggiunge: "Non ci limiteremo a mostrare le storie giovanili dei personaggì". E il regista Tavarelli spiega: "Qui raccontiamo un Montalbano 'figlio', sia nel difficile rapporto con il padre, rapporto che si nutre di silenzi imbarazzati, sia nel rapporto professionale che ha con il commissario del paese di montagna in cui si fa le ossa, da cui ha imparato tutto".
Riondino è sul set del film di Bellocchio 'La Bella Addormentata'. Tra i protagonisti anche Alba Rohrwacher, Toni Servillo e Piergiorgio Bellocchio. Del film l'attore confessa "di non poter rivelare nulla". Ma sulla vicenda di Eluana Englaro, che ha sollevato un acceso dibattito sul fine vita, suscitando polemiche che hanno investito anche la pellicola in lavorazione, osserva: "Io non sono credente, ma ho rispetto per chi ha il dono della fede. Sono stato educato in maniera cattolica, e quello che so è che Dio ci ha concesso il libero arbitrio". Riondino lo vedremo in ben tre film: Acciaio di Stefano Mordini tratto dal romanzo di Silvia Avallone, Henry di Alessandro Piva e gli Sfiorati di Matteo Rovere.
Nicoletta Tamberlich
 
 

Adnkronos, 21.2.2012
Riondino è Montalbano: ''Che responsabilità vestire i panni di Zingaretti''
Roma - Da giovedì per sei settimane su Rai1 'Il Giovane Montalbano', la nuova serie nata dalla penna di Camilleri, per la regia di Tavarelli. L’attore, al momento sul set del nuovo Bellocchio: ‘'Ci siamo concentrati su aspetti caratteriali e psicologici per distrarre il pubblico dal fatto che Salvo non è ancora pelato''

Roma - ''All'inizio ho vissuto una grande responsabilità nell'indossare i panni di Luca Zingaretti''. Lo racconta all'Adnkronos l'attore Michele Riondino che da giovedì, per sei settimane, sarà su Rai1 nella serie 'Il giovane Montalbano', una coproduzione Rai Fiction-Palomar firmata da Francesco Bruni e Andrea Camilleri, per la regia di Gianluca Maria Tavarelli (‘Paolo Borsellino’ ‘Le cose che restano’). Sei film per la televisione nei quali veste i panni del commissario ragazzo, che affronterà scelte di vita importanti prima di diventare il Salvo Montalbano che tutti conosciamo, interpretato da Zingaretti.
''Temevo fosse un progetto di quelli furbi -spiega Riondino- che vogliono strizzare l'occhio allo spettatore senza mostrare cambiamenti. E invece no -sottolinea il giovane attore- è stato un vero e proprio approfondimento del personaggio e quando l'ho capito, quella responsabilità che mi pesava prima si è trasformata in stimolo. Adesso siamo sicuri di avere dato il massimo'', afferma.
Riondino è attualmente impegnato sul set del nuovo film di Marco Bellocchio, di cui però non anticipa nulla. Preferisce parlare del personaggio che interpreta in tv: ''Ricalca quelli che saranno gli aspetti futuri del Montalbano più adulto -spiega- ma nel giovane questi tratti sono più accesi ed evidenti: se Montalbano senior è ottuso, Montalbano junior lo è forse un po' di più e si incaponisce nell'errore''.
Per la nuova serie ''abbiamo usato molto il romanzo di Camilleri -afferma Riondino - distanziandoci dal prodotto televisivo, anche se lo spartito è lo stesso. Il nostro lavoro si è concentrato sugli aspetti caratteriali e psicologici del personaggio, cercando di distrarre il pubblico dal fatto che Montalbano non è ancora pelato e di una certa età, ma ha 15 anni di meno. Per questo non si è lavorato sulla somiglianza fisica tra il Montalbano giovane e quello più anziano. E' stato come mettere in scena due 'Amleto' interpretati da attori diversi'', spiega.
Inoltre la nuova serie 'investe' su una lingua più marcata, un lavoro sul dialetto siciliano, chiarisce Riondino, ''più fedele al testo scritto di Camilleri. Un rischio che anche la Rai ha accettato di correre''. E il pugliese Riondino alle prese con il siciliano, come si è trovato? ''Io ho lavorato molto con palermitani e catanesi -afferma l'attore- ho diviso casa con diversi siciliani e in fondo mi sento un po' siciliano d'adozione. Ovviamente non è la mia lingua, ma sono riuscito a trovare una certa dose di istintività''.
Quanto ai prossimi impegni, oltre al set 'top secret' di Bellocchio, Riondino sta scrivendo a quattro mani uno spettacolo teatrale con Marco Andreoli e la sua compagnia 'Circo Bordeaux'. ''Si tratta di una favola nera con due personaggi principali che affronta il tema dell'abbandono, della crescita e del senso di responsabilità''. Lo spettacolo sarà a ottobre in teatro, quel teatro che Riondino definisce ''la mia palestra continua, dove mi misuro sempre sulla mie capacità motorie, sulla concentrazione e attenzione. Il cinema invece -conclude l'attore - è lo sfoggio della tecnica di recitazione. Tra i due non saprei qual è il mio preferito''.
 
 

Bollettino dall’Italia, 21.2.2012
«Il giovane Montalbano sono!»

La saga televisiva del commissario Montalbano (personaggio letterario inventato dall’Ente del Turismo di Ragusa) rischia di diventare una saga.
Dopo i 22 episodi (replicati circa 3500 volte) la Rai sta per mandare in onda… “Il giovane Montalbano” che, nonostante il titolo fuorviante, racconterà le avventure del giovane Montalbano.
A seguire:
Il bambino Montalbano: indagando nel torbido mondo degli asili, il piccolo Montalbano, di anni 5, riesce finalmente a scoprire chi ha rubato la marmellata smascherando l’inconsistenza investigativa di Johnny Bassotto, alias “Il giovane Rex” (spoiler! Il colpevole dei furti di marmellata si rivelerà essere il giovane Previti). Poi va in bagno coi compagni di classe a guardarsi i piccoli cabbasisi.
Montalbano nello spazio: Montalbano indaga sull’omicidio di un anziano puparo venusiano, mentre i cabbasisi gli fluttuano in assenza di gravità.
Montalbano contro Il Codice Da Vinci: il commissario indaga nel torbido mondo degli imitatori di Umberto Eco e scopre che Dan Brown non è il vero autore del best seller: il suo ghost writer è Catarella (il che spiega un sacco di cose).
Montalbano a Montalbano: sceneggiato dall’Ente del Turismo Pugliese, in questa serie il commissario Montalbano viene trasferito da Vigata a Montalbano (provincia di Brindisi) con tutti gli equivoci linguistici del caso. La parola “cabbasisi” viene sostituita con “pinnacoli“.
Il sosia di Montalbano: Miniserie in 5 episodi da mandare in estate, ché l’abbonato Rai è al mare, col cervello spappolato dall’afa e dai servizi del TG1 sull’afa, e non si accorge nemmeno che il protagonista non è il vero Zingaretti ma un caratterista che gli somiglia (grazie a questa trovata geniale la RAI risparmia circa 2 milioni di euro, da re-investire per pagare il Superospite di Sanremo 2013: Joseph Ratzinger).
Vacanze di Natale con Montabano: Diretto dai Fratelli Vanzina. Prodotto da De Laurentiis, che investe 75 milioni (di cui 65 solo per coprire di neve tutta la costa di Ragusa). La parola “cabbasisi” viene pronunciata 4.703 volte.
Montalbano contro Don Matteo 9: Per fare soldi, la Rai mette in campo i suoi gioielli. Grazie a una sceneggiatura che è un perfetto meccanismo a orologeria va in scena (in una Campobasso del 2099) l’epico scontro tra Montalbano e Don Matteo 9, che vuole vendicare Don Matteo 8, precedentemente ucciso da Montalbano a colpi di cabbasisi. Cameo di Pierfrancesco Favino nei ruoli di Montalbano, Don Matteo 9, Don Matteo 8, Catarella, Garibaldi, Padre Pio e Fausto Coppi.
Idee per spin off con protagonista Catarella:
Montalbano: Catarella colpisce ancora
Montalbano: il ritorno di Catarella
Montalbano: Catarella e il Fantasma formaggino
Montalbano: l’attacco dei cloni di Catarella
Montalbano: Catarella e la vendetta dei cabbasisi
Angelo Pannofino
 
 

22.2.2012
La Regina di Pomerania e altre storie di Vigàta
Il nuovo libro di Andrea Camilleri, edito da Sellerio, sarà in libreria il 15 marzo.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 22.2.2012
Camilleri al cinema debutta con "Patò"
La scomparsa di Patò, Cinema Imperia, via Emerico Amari. Inizio della proiezione ore 21

Camilleri al cinema per la prima volta. Dopo le fiction e le riduzioni teatrali, ecco la quarta dimensione dello scrittore pigliatutto con "La scomparsa di Patò", il film di Rocco Mortelliti tratto dall'omonimo romanzo che si proietta stasera alle 21 in anteprima al cinema Imperia di via Emerico Amari.
Ai lettori di "Repubblica" che si sono prenotati ieri via e-mail sono stati riservati duecento posti: entro le 20,40 potranno presentarsi all'entrata del cinema dove le loro generalità saranno segnate nella lista d'ingresso riservata ai lettori.
All'anteprima saranno presenti il regista, Rocco Mortelliti, e le attrici Alessandra Mortelliti, nel ruolo della moglie di Patò, e Guia Jelo, una prostituta.
"La scomparsa di Patò" racconta la misteriosa scomparsa del direttore della Banca di Trinacria, interpretato da Neri Marcorè, dopo la scena dell' impiccagione di Giuda nella rappresentazione del Venerdì santo a Vigàta, nel 1890: Patò non c' è più, nel suo camerino non ci sono i suoi vestiti. Le ipotesi si rincorrono: qualche irregolarità nella conduzione della banca? Una perdita di memoria dovuta alla caduta nella botola dopo l' impiccagione? Un complotto mafioso? Alla fine la verità emerge ma "brucia" nelle mani dei due investigatori.
Attraverso le indagini, gli interrogatori e una serie di flashback che danno vita a un caleidoscopo di personaggi, costumi e malcostumi estremamente attuali, viene fuori un quadro sorprendente e inaspettato della Sicilia e dell' Italia tutta. Nel cast ci sono anche Nino Frassica, nel ruolo di Paolo Giummaro, Roberto Herlitzka, Simona Marchini, Gilberto Idonea e Manlio Dovì.
 
 

La Sicilia, 22.2.2012
Michele Riondino il commissario trentenne: «Non volevo farlo»

Roma. Sarà difficile, per i milioni di fan del Commissario Montalbano-Luca Zingaretti non innamorarsi del giovane Montalbano-Michele Riondino. Semplicemente perché ha tutti i suoi tratti, le sue espressioni, le sue spigolature, adora la Sicilia, il mare, il pesce e nel suo complicato rapporto con il padre-Adriano Chiaramida nasconde i segreti di un carattere ombroso. Domani Raiuno trasmette il primo dei sei episodi della fiction «Il giovane Montalbano», scritta da Andrea Camilleri con Francesco Bruni, Salvatore De Mola, Chiara Laudani e Leonardo Marini, diretta da Gianluca Maria Tavarelli, prodotta da Carlo degli Esposti.
All'inizio di questa operazione che va indietro nel tempo e racconta gli inizi professionali e sentimentali del commissario trentenne in molti hanno storto il naso. A cominciare dal regista. «Dubbi ne abbiamo avuti sia io che Riondino - confessa Tavarelli - Entrambi avevamo lo stesso tipo di paura e perplessità, dissipate subito perché abbiamo capito che non era una semplice operazione commerciale, ma un'idea più letteraria, più vicina ai romanzi di Camilleri e al vero personaggio Montalbano».
Anche Michele Riondino ammette di averci pensato bene prima di accettare. «Quando mi hanno proposto il ruolo non volevo accettare - spiega l'attore pugliese, per tanti anni nel cast di "Distretto di polizia" ora sul set del film di Marco Bellocchio "Bella addormentata" ispirato alla storia di Eluana Englaro - Mi sembrava un'operazione furba mi hanno convinto Andrea Camilleri e il regista. E' stata anche la Sicilia raccontata in quel modo a conquistarmi. La immaginavo piena di colori, sapori, fascino».
E' nel rapporto con il padre che lo spettatore potrà finalmente capire i tanti lati oscuri del carattere di Salvo. Racconta Adriano Chiaramida, l'attore siciliano che dà il volto al genitore: «Il padre di Montalbano è una figura trasversale nei sei episodi, c'è un rapporto abbastanza teso tra padre e figlio per qualcosa che è accaduto nel passato. C'è una scena tra padre e figlio che si svolge al cimitero, di fronte alla lapide della madre di Montalbano, morta troppo presto, che il regista stesso ha voluto allungare per la sua intensità».
Il padre come figura chiave per capire il figlio? «Questo genitore non è un farabutto - continua Chiaramida - Si è lasciato andare dopo la morte della moglie, abbandonando il figlio a se stesso. Me nel corso dei sei episodi tenterà di farsi perdonare».
Nel cast della serie figurano anche Andrea Tidona, Beniamino Marcone, Fabrizio Pizzuto, Alessio Vassallo, Sarah Felberbaum, nel ruolo della giovane Livia e Katia Greco, prima fidanzata del commissario. «Mary è siciliana come me - sottolinea la Greco - È la tipica mediterranea, passionale, amante della buona tavola, gelosa. Con Montalbano instaura un rapporto profondo, ma lei punta a fare una famiglia, lo vuole incastrare». Ed è qui che entra in gioco l'algida Livia. «Una donna autonoma che sta bene con se stessa - racconta la Felberbaum - Ha la sua vita a Genova, hanno i loro spazi. Certo vent'anni dopo le cose cambiano. Ma in questa serie tutto deve accadere». Tratto distintivo di questo giovane Montalbano sono i sentimenti. Più che sulle indagini, che ovviamente non mancheranno, la fiction punta sui sentimenti, sia nei confronti delle donne che della famiglia. Spiega il regista: «Oltre ai gialli e agli intrighi, si vedrà un lato emotivo molto più forte: vedremo il sentimento passionale che Salvo ha verso la prima fidanzata e la sofferenza per la fine di un amore, con la sensazione di essere inadatto ad amare una donna. Nello stesso tempo assisteremo alla nascita dell'amore con Livia. E ci sarà anche il profondo rapporto con il padre. Tutte cose che i conoscitori di Montalbano non sapevano».
La Sicilia - Ragusa, Siracusa e Agrigento - anche per gli interni, resta sempre al centro di tutto. Ammette Tavarelli: «Senza la Siclia Montalbano non potrebbe esistere. Salvo è la Sicilia, è quel mondo. La Sicilia è l'altra vera grande protagonista». Dopo il romano Luca Zingaretti, si è scelto Riondino, un attore pugliese. Montalbano ancora una volta non è un vero siciliano. «Riondino però è un uomo del Sud - conclude il regista - Intorno a sé ha tutti attori siciliani, è stato un lavoro al 99% siciliano».
Tiziana Leone
 
 

La Gazzetta del Mezzogiorno, 22.2.2012
Montalbano sono... E vengo dalla Puglia

Il giovane Montalbano è l’attore tarantino Michele Riondino, protagonista della nuova serie tv tratta dai celebri racconti di Andrea Camilleri, che Raiuno manderà in onda per sei puntate, in prima serata, a partire da domani con la regia di Gianluca Tavarelli. Prodotto da Raifction e Palomar, il prequel è ambientato all’inizio degli anni Novanta e racconta come si è formato il mondo di Montalbano così come lo conosciamo, partendo proprio dall’episodio La prima indagine di Montalbano, avvenuta nel paese di montagna di Mascalippa, prima del trasferimento del noto commissario a Vigata.
«L’impressione che ho avuto vedendo i sei episodi è ottima – dichiara Andrea Camilleri - e il racconto tiene dalla prima all’ultima inquadratura. Quando ho visto l’inizio mi sono quasi commosso di fronte a questo paese di montagna, con le rampe da salire: era quello che avevo in mente quando scrivendo di Montalbano giovane l’ave vo portato lì». E all’apprezzamento per il pregevole risultato della fiction, lo scrittore aggiunge quello per Michele Riondino, reputandolo «un bravissimo attore, che ben s’è inserito in un lavoro collettivo di pari dignità al classico Montalbano».
Allora, Riondino è contento dell’apprezzamento di Camilleri? «Sono onorato, felice. Finora la serie non l’ha vista nessuno, solo lui ha visionato le sei puntate riferendomi che sono riuscito a sorprenderlo e questo per me è stato un autentico regalo».
Interpretando ha sentito su di sé l’ingombrante eredità di Montalbano adulto? «Una grande responsabilità, che all’inizio è coincisa anche la difficoltà di calarmi nel ruolo finora sostenuto da un attore, come Luca Zingaretti, amato dal pubblico. Veramente all’inizio non volevo accettare, perché mi sembrava un’operazione furba, non mi piaceva l’ipotesi di far parte di un progetto già ben consolidato; ma parlando con tutti, dal regista ai produttori allo stesso Camilleri, ho avuto la convinzione che si trattava di un’esperienza da fare, con volontà e decisione».
Come si è trovato a recitare sulla scrittura di Andrea Camilleri? «È una scrittura molto descrittiva, le cui parole contengono già le immagini da evocare, precisa, puntuale. Mi ha molto aiutato nel lavoro di ricostruzione del mio ruolo, perché io come attore sono uno che ricerca nel passato del personaggio e questo è un intero progetto volto al passato».
[…]
Osvaldo Scorrano
 
 

La Stampa, 22.2.2012
Intervista
"Io e il mio Montalbano diversi da Zingaretti"
Michele Riondino nei panni del commissario da giovane

Milano. Tenetevi forte, o voi che siete nel numero degli oltre 10 milioni di italiani che non si perdono una puntata (neppure in replica) del Commissario Montalbano. Sta per arrivarne uno nuovo, Il giovane Montalbano , miniserie in onda da domani su Rai1, dove Luca Zingaretti lascia il posto a Michele Riondino. Rivoluzione epocale? Cambio generazionale e prepensionamento di Zingaretti? No, prequel. Con il Montalbano giovane che potrebbe (il condizionale è d’obbligo) alternarsi a quello "classico", in via di preparazione visto che stanno per iniziare le riprese di una nuova stagione. Nella serie diretta dal torinese Gianluca Maria Tavarelli (suoi i biopic tv su Borsellino e Moro e la fiction Le cose che restano), vedremo Montalbano nel momento in cui, a inizio anni 90, promosso commissario, dal paese di Mascalippa viene trasferito a Vigata dove conoscerà gli altrettanto giovani Augello, Fazio, Catarella, il giornalista Zito, Livia.
Volto non ancora consumato dalla notorietà, 33 anni a breve, con tanto teatro e non pochi film all’attivo per lo più in ruoli non da protagonista, spesso interprete di personaggi "contro", odiosetti o maledetti ( Il passato è una terra straniera , gli inediti Gli sfiorati e Henry), per tre anni nel cast di Distretto di polizia , al commissario più amato dagli italiani Michele Riondino è arrivato con l’imprimatur di Camilleri stesso. «Carlo Degli Esposti, il produttore, mi ha visto in Noi credevamo di Martone: cercava una specie di Che Guevara riccio, un poliziotto con barba e capelli lunghi, secondo i dettami di Camilleri. Anche a lui, quindi andavo bene».
E lei amava Montalbano?
«Non sono un fan della fiction, che ho visto dopo essere stato scelto. Ma sono un lettore e uno studioso di Camilleri: tanti anni fa ho fatto uno spettacolo sulla mafia, Cani di bancata di Emma Dante, che conteneva suoi scritti».
Aspetto a parte, quanto sarà diverso il suo commissario?
«I tratti dell’età adulta li troverete tutti. Ma acuiti dalla giovinezza. Ribelle con i superiori, di cui detesta l’arroganza, con i suoi sottoposti non è meglio. Come poliziotto già da 10 e lode, ma umanamente appena sufficiente».
Camilleri nei suoi romanzi tiene a margine la mafia, ma gli anni 90 della serie sono quelli delle stragi e di Riina.
«In Camilleri la mafia è trattata in modo diverso da come siamo abituati, quasi una metafora. Nel senso che lui non mostra la mafia che spara, ma quella che è entrata in profondità nei comportamenti della gente, quella che - come mi ha spiegato lui stesso per "convincerti" non ha bisogno di sparare».
[…]
Montalbano a un attore può cambiare la carriera, se non la vita.
«Ci tengo a restare uno normale. Spero che non mi capiti quanto accaduto a Zingaretti. Ma sono solo 6 puntate. E il pubblico ha memoria breve. Perciò all’inizio ho avuto dubbi. Ma Tavarelli e Camilleri che teneva tanto a sviscerare gli inizi della sua creatura, mi hanno convinto.
Adriana Marmiroli
 
 

35MM.it, 22.2.2012
Katia Greco, così faccio innamorare Montalbano
L'attrice siciliana è Mary, la prima fidanzata di un giovanissimo Montalbano che nella nuova serie targata Rai ha il volto di Michele Riondino.

Chi era Montalbano prima di diventare il leggendario personaggio che tutti conosciamo grazie alla penna di Andrea Camilleri prima e alla fiction tv poi? Ce lo racconta "Il giovane Montalbano", fiction in onda su Rai Uno che ripercorrerà le vicende del celebre commissario all’inizio della sua carriera: il tormentato rapporto con il padre e l’incontro con la storica fidanzata, Livia. E ancora prima la relazione con la bellissima insegnante di latino che gli farà scoprire l’amore, Mary, interpretata dall’attrice siciliana Katia Greco che così ci parla del suo personaggio.
Nella fiction interpreti il primo amore del commissario. Ci puoi dire qualcosa di più sul tuo personaggio?
Mary è la classica ragazza del sud, sanguigna, determinata, passionale. Da brava siciliana crede nei valori della famiglia e ama la buona tavola. Con Montalbano vorrebbe iniziare una relazione che va verso una convivenza, un rapporto più stretto. È una donna gelosa e legata alle tradizioni mentre Montalbano ama molto la sua indipendenza, per questo alla lunga tra loro non funzionerà.
Come sei stata scelta per il ruolo di Mary?
Ho fatto un primo incontro con il regista e poi un provino. Sono stata scelta subito senza avere bisogno di fare il cosiddetto callback. Credo che sia Gianluca Tavarelli (il regista, ndr) che i produttori mi abbiano giudicata perfetta per la parte, del resto se devo essere sincera penso che il ruolo di Mary mi si addica alla perfezione.
Siamo abituati a conoscere Salvo Montalbano come un uomo tutto d’un pezzo... com’è invece il commissario di cui ti innamori tu nella fiction?
Non ho letto per intero la sceneggiatura, ma da quanto ho capito nelle due puntate che ho girato c’è senza dubbio una continuità molto forte con il Montalbano adulto. Anche da giovane Salvo è determinato e sicuro di sé, soprattutto nel suo lavoro: risolve i casi grazie alle qualità che il grande pubblico già conosce. Montalbano, anche da giovane, è uno che si lascia guidare dall’istinto, che cerca di capire le persone che ha davanti, refrattario alle regole, un po’ anarchico ma dallo spiccato lato umano. Direi che sì, per i lati salienti del carattere c’è una grande continuità.
“Il commissario Montalbano” è il fiore all’occhiello della produzione Rai. Hai sentito responsabilità particolari? Come ti sei trovata con il resto del cast?
Sinceramente non ho avvertito nessuna pressione, anzi ho affrontato quest’impegno con molta serenità. Certo ero consapevole che per “Il giovane Montalbano” c’era una grande attesa, però è anche vero che il personaggio di Mary è una novità e il fatto di non dovermi adeguare a un’aspettativa precisa del pubblico mi ha fatto sentire più libera. Sono stata anche fortunata perché l’atmosfera sul set era fantastica, sia con il cast tecnico che con quello artistico mi sono trovata magnificamente, mi hanno fatto sentire subito a mio agio.
Com’è stato lavorare con Michele Riondino, un attore giovane ma già molto affermato sul grande schermo?
È stato un ottimo compagno di lavoro, un’esperienza gratificante, anche perché Riondino è un attore che stimavo anche prima di lavorarci insieme. Conoscerlo sul set mi ha dato la possibilità di scoprire un professionista serio e impeccabile, ma anche una persona umanamente bella. Il rapporto con lui è stato subito ottimo, ci scambiavamo molti consigli e impressioni… per la verità ero più io a chiederli a lui, che si è sempre dimostrato molto disponibile.
Cosa ti aspetti dal futuro? Il cinema è il tuo sogno nel cassetto?
Per adesso non posso dirti molto: ho fatto dei provini ma sono ancora in attesa di una risposta. Non nego che il cinema mi interessa, e molto. Sono già stata lì lì per lavorarci, ho fatto tanti provini e spesso sono arrivata alle selezioni finali, però poi non è mai capitato. Spero arrivi presto la grande opportunità. Il mio sogno sarebbe quello di fare non solo del cinema, ma del buon cinema, lavorare con un grande regista.
Un grande regista come…
Da buona siciliana dico Tornatore, un po’ perché è conterraneo un po’ perché è Tornatore. Poi beh, ci sarebbe Salvatores, e anche un certo Bertolucci….
Antonio Piccirilli
 
 

Wuz, 22.2.2012
Il giovane Montalbano: successo annunciato per la fiction Rai dal volto nuovo

Nuovo volto, ovviamente, per tutti i protagonisti della serie più amata dagli italiani: il commissario Montalbano. E sì, perché se anziché proseguire cronologicamente come d'abitudine, si torna al passato con alcune puntate prequel non può essere Zingaretti a impersonare quel poliziotto agli esordi, così come gli altri attori (che devono dimostrare almeno vent'anni di meno) devono cambiare.
Un rischio? Una sfida, certamente. Ci saranno i delusi, non mancheranno critiche, ma una cosa è certa Andrea Camilleri è un novello Re Mida: tutto ciò che tocca si trasforma in oro e in gradimento.
"Si può essere sbirri di nascita, avere nel sangue l'istinto della caccia, come lo chiama Dashiell Hammet, e contemporaneamente coltivare buone, talvolta raffinate letture? Salvo Montalbano lo era e, se qualcuno gli rivolgeva stupito la domanda, non rispondeva."
Si parte su RAI UNO giovedì 23 febbraio con la prima puntata intitolata LA PRIMA INDAGINE.
La storia è tratta dai racconti di Andrea Camilleri La prima indagine di Montalbano contenuto nell'omonima raccolta e Cinquanta paia di scarpe chiodate contenuto nella raccolta Un mese con Montalbano.
A questa prima puntata seguiranno, ogni giovedì sera: CAPODANNO, Ritorno alle origini, Ferito a morte, Il terzo segreto, Sette lunedì.
RIASSUNTO de LA PRIMA INDAGINE
Ecco la Sinossi della puntata presentata dalla RAI.
Nell’autunno del 1990, Salvo Montalbano è un giovane vicecommissario in servizio a Mascalippa, uno sperduto paese di montagna della Sicilia più segreta. Il suo superiore è Libero Sanfilippo, un commissario saggio ed esperto, che gli insegna come muoversi nelle indagini più intricate. Ma il carattere di Montalbano, insofferente alle regole e attento più all'umanità delle persone che alle apparenze, si manifesta già in questo suo periodo di apprendistato, come nell’indagine sull’omicidio di Casio Alletto, un mezzo delinquente con precedenti per furto di bestiame.
Il giovane vicecommissario è fidanzato con Mery, un'insegnante che lavora a Catania e che lo raggiunge per il fine settimana.
Salvo le vuole molto bene, ma è a disagio quando la ragazza vorrebbe dare alla loro relazione l'aspetto di un matrimonio, o perlomeno di una convivenza. Ed è proprio Mery che, grazie a uno zio che lavora al ministero, rivela a Salvo la sua prossima destinazione: commissario capo a Vigàta.
Per Montalbano si tratta di un ritorno, dal momento che proprio a Vigàta, città di mare in provincia di Montelusa, il giovane commissario ha passato l'infanzia dopo la morte della madre. E a Vigàta vive ancora il padre di Montalbano, con cui Salvo non sembra avere un buon rapporto. Però Vigàta è sul mare, e questo è sufficiente per riempire di gioia l'animo del commissario.
Lì vede anche una casa sul mare che gli piacerebbe affittare, ma Mery lo dissuade: chissà quanto costerà. Montalbano ci lascia il cuore, in quella casa, e per il momento si adatta nella foresteria del nuovo commissariato. Qui fa la conoscenza di Carmine Fazio, un esperto agente che gli è di grande aiuto e trova quella famiglia che forse non ha mai avuto. E trova anche un fratello minore di cui il questore gli chiede di occuparsi: Agatino Catarella, un poliziotto rimasto orfano, dall’animo semplice. Catarella si rivela subito estremamente grato al commissario che, sorvolando su certi suoi problemi con la comprensione dei nomi, lo prende sotto la sua protezione e gli assegna il delicato di centralinista del commissariato.
In poco tempo, Montalbano è riuscito a risolvere il caso dell’omicidio Alletto a Mascalippa, scagionando il pastore Borruso e trovando il colpevole, e al tempo stesso ha avuto il suo battesimo del fuoco a Vigàta: sventa il piano di una ragazza, Viola, che voleva punire il malvivente che l’aveva violentata, ma al tempo stesso fa in modo di arrestare il responsabile della violenza.
È nato il Montalbano che conosciamo: il poliziotto capace di inventarsi mille modi, non sempre ortodossi, per assicurare alla giustizia i colpevoli.
Cast artistico
MICHELE RIONDINO - Salvo Montalbano
ANDREA TIDONA - Carmine Fazio
KATIA GRECO - Mery
VALENTINA D’AGOSTINO - Viola Monaco
ADRIANO CHIARAMIDA - Il padre di Montalbano
PIETRO DE SILVA - Oriani
FABRIZIO PIZZUTO - Catarella
PIERLUIGI MISASI - Torrisi
RENATO LENZI - Gaetano Borruso
ALESSIO PIAZZA - Paternò
MAURILIO LETO - Gallo
CARMELO GALATI - Nicolò Zito
MASSIMO DE ROSSI - Il questore Alabiso
ORAZIO ALBA - Nini Brucculeri
PIERPAOLO SPOLLON - Spagnol
CRISTIANO PASCA - Stefano Botta
CARLO FERRERI - Lo Cascio
con GIANFELICE IMPARATO - Commissario Sanfilippo
Cast tecnico
regia - GIANLUCA MARIA TAVARELLI
soggetto - FRANCESCO BRUNI e ANDREA CAMILLERI
sceneggiature - FRANCESCO BRUNI, ANDREA CAMILLERI, SALVATORE DE MOLA, CHIARA LAUDANI, LEONARDO MARINI
fotografia - LORENZO ADORISIO
montaggio - ALESSANDRO HEFFLER
musiche composte, orchestrate e dirette da ANDREA GUERRA   
produttore esecutivo GIANFRANCO BARBAGALLO
una co-produzione RAI FICTION - PALOMAR
prodotto da CARLO DEGLI ESPOSTI e NORA BARBIERI con MAX GUSBERTI
distribuzione internazionale RAI TRADE
 
 

22.2.2012
È morto Enzo Sellerio
Il Camilleri Fans Club è vicino ad Antonio e Olivia.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 22.2.2012
Addio a Enzo Sellerio editore e fotografo della storia
Aveva 88 anni. Nel 1969 aveva fondato insieme alla moglie Elvira Giorgianni la celebre casa editrice

I suoi scatti sono nella storia della fotografia. Una passione che Enzo Sellerio 88 anni, scomparso oggi, ha coniugato con il mestiere' di editore. Porta infatti il suo nome l'azienda che era gestita dall'ex moglie Elvira Giorgianni, scomparsa due anni fa. Lui si dedicava parallelamente alla pubblicazione di libri d'arte e di immagini. Sellerio, padre italiano e madre russa, arriva nel giro della fotografia che conta a 36 anni. Un po' tardi' come inizio anagrafico. Ma vi entra dalla porta giusta perche' le sue foto vengono pubblicate dalla sofisticata rivista zurighese di tendenza Du.
''Il mio nome su quel giornale mi ha aiutato'', raccontava. E aggiungeva: ''penso che un fotografo che sia realmente tale non puo' essere che uno scrittore che si esprime per immagini''. E ancora: ''e' il collegamento tra la percezione e la memoria, quello che fa la differenza fra l'essere e il non essere fotografo, fra il guardare e il vedere. Di lui Vincenzo Consolo scrisse: ''la fotografia di Sellerio, come ogni vera arte non e' naturalistica, ma e' allusiva e metaforica''.
Verso i quarant'anni si trasferisce in America. Ma poi ritorna presto in Sicilia dove, pur avendo girato il mondo, realizza i servizi che lo rendono piu' celebre e ai quali teneva maggiormente. Documenta ad esempio l'esperienza di Danilo Dolci, racconta attraverso le sue immagini i paesi dell'Etna e naturalmente Palermo. Celebri i suoi scatti. Come quei fotogrammi che ritraggono alcuni ragazzini del quartiere della Kalsa che giocano a formare un plotone di esecuzione fucilando per finta un loro coetaneo. O il vecchio curvo che porta il suo asinello a vedere la portaerei americana. O ancora gli emigranti in partenza dalla stazione ferroviaria. O il riposo del giovanissimo suonatore di tromba seduto su un gradino.
Sellerio era anche critico nei confronti della citta' e delle brutture che a volte racchiudeva. ''Palermo e' senza scheletro. - aveva detto in un'intervista - Come faccia a camminare non lo so. In questo senso e' un luogo miracolato. Se tornassi a fotografare, per divertimento farei un servizio sulla maledizione dei normanni. Guardi che cosa hanno combinato. A Monreale con due statue di bronzo alte quattro metri hanno rovinato il portico del duomo. La sala Duca di Montalto a Palazzo dei Normanni (attuale sede del parlamento siciliano,) e' un luogo che per come e' stato restaurato sara' molto apprezzato dagli ortopedici perche' li' cadere e' molto facile''. Alla fotografia si dedica quando gia' era assistente all'universita'. Un incarico che tiene per poco tempo. Una perdita per l'Ateneo. Un acquisto per l'arte fotografica.
 
 

Il giovane Montalbano
Dal 23 febbraio su Rai1

Salvo Montalbano è ormai uno di noi. Seguiamo da anni le sue avventure, partecipiamo alle sue indagini come fossimo parte del commissariato di Vigàta, e pensiamo di sapere tutto di lui, come se fosse un componente della nostra famiglia. Ma non è così.
Montalbano non è stato sempre il responsabile del commissariato di Vigàta. Non ha sempre abitato nella splendida casa in riva al mare di Marinella. Non è sempre stato l’amico fraterno di Augello. E soprattutto non è sempre stato il fidanzato di Livia. Fa impressione pensarlo, proprio perché di lui crediamo di sapere tutto, come di una persona di famiglia. Ma proprio come una persona di famiglia, anche Montalbano può ancora riservarci qualche interessante sorpresa.
Perché il Montalbano che conosciamo e che amiamo è, come tutti, il risultato di una serie di esperienze vissute nel periodo più delicato della vita: la giovinezza. Un periodo in cui si impara a essere quello che si è, in cui si capisce di chi ci si può fidare e di chi temere anche il minimo contatto. In cui si impara ad amare e a odiare, in cui si comprende il modo di agire delle persone, e, nel caso di un poliziotto, in cui si comincia a capire la mentalità dei criminali.
Questa serie, ambientata all’inizio degli anni Novanta, racconta quindi come si è formato il mondo di Montalbano come lo conosciamo: dal suo primo incarico nel paese di montagna di Mascalippa, al trasferimento a Vigàta, dove Montalbano aveva già vissuto qualche tempo da ragazzo. Approfondiremo il difficile rapporto del commissario col padre, scopriremo gli inizi della sua amicizia con Augello, assisteremo al colpo di fulmine con Livia - che segue la relazione a distanza con Mery - e allo sbocciare della loro complicata relazione, insomma, capiremo come e perché Montalbano è diventato quel personaggio così vero e completo che tutti conosciamo e amiamo.
Ma in questa serie Montalbano non è solo un giovane che diventa uomo, è anche un commissario che già alle prime armi dimostra la sua abilità nel risolvere casi intricati, costruiti a partire da alcuni racconti di Camilleri, in cui lo spettatore ritroverà le atmosfere e i procedimenti investigativi a cui è abituato.
E non poteva certo mancare, nella costruzione del mondo di Montalbano, il fidato Catarella, l’agente tenero e imbranato che non azzecca un cognome neanche per sbaglio. Il suo rapporto speciale con l’amato commissario è noto e rappresenta una spina dorsale della narrativa camilleriana. Ma perché Montalbano e Catarella sono così legati? E come mai il commissario sopporta con rassegnazione gli strafalcioni del centralinista?
A queste e altre domande i 6 film daranno una risposta, per far sì che gli spettatori italiani conoscano il loro amatissimo commissario “pirsonalmente di pirsona”.
 
 

TV blog.it, 23.2.2012
Il giovane Montalbano: su Raiuno il prequel della serie record d'ascolti

Prima di diventare il commissario che tutti amano, com’era Montalbano? Una domanda alla quale ha risposto Andrea Camilleri, creatore del celebre personaggio, con alcune raccolte di racconti usciti negli anni scorsi e che ora Raiuno porta sul piccolo schermo con “Il giovane Montalbano”, fiction composta da sei film-tv (già definiti “evento”) prodotti da Rai Fiction e Palomar.
Si tratta, in altre parole, di un prequel dell’ormai celebre serie tv tratta dai racconti dello scrittore siciliano e che da anni è la fiction italiana più vista. Camilleri, nei suoi racconti, ha voluto narrare come abbia fatto Montalbano a diventare il bravo poliziotto che oggi conosciamo, cosa lo ha portato a Vigàta, come ha conosciuto i suoi colleghi nonchè l’amore della sua vita, Livia.
Nascono così, dalla penna dello stesso Camilleri e Francesco Bruni (già al lavoro sulla serie madre), con la regia di Gianluca Maria Tavarelli. sei puntate in cui lo stile resta sempre quello a tratti intenso ed a tratti ironico con cui il pubblico ha conosciuto Montalbano, portando però il protagonista nel 1990, anno in cui inizia la sua avventura a Vigàta.
Tutte le storie che vedremo, quindi, sono tratte da racconti che Camilleri ha pubblicato fin dalla fine degli anni Novanta (“Un mese con Montalbano“, che contiene alcuni di queste storie è del 1998, mentre “La prima indagine di Montalbano” è del 2004). Si tratta di “La prima indagine di Montalbano”, “Capodanno”, “Ritorno alle origini”, “Ferito a morte”, “Il terzo segreto” e “Sette lunedì”.
Ovviamente, se cambia la collocazione temporale in cui si trovano i personaggi, cambiano anche i loro interpreti. E così, ad interpretare Salvo Montalbano non c’è Luca Zingaretti, ma Michele Riondino (”Fortapàsc”, “Distretto di polizia”), che darà al protagonista un tono in parte rinnovato rispetto al commissario che siamo abituati a vedere (oltre a dei folti ricci: Montalbano, evidentemente, non è calvo da sempre…).
Il primo incarico di Montalbano, infatti, si svolge a Mascalippa, paese delle montagne siciliane, che il protagonista non gradisce a causa della lontananza con il mare. Il suo superiore, notandone la sofferenza, riesce quindi a trasferirlo a Vigàta, città di mare che Salvo conosce perchè ci ha passato l’infanzia con il padre (Adriano Chiaramida) dopo la scomparsa della madre. Sebbene con suo padre, Montalbano non abbia buoni rapporti, è entusiasta di poter rivedere il mare e cambiare località.
Nel corso delle prime puntate, inoltre, tra un’indagine e l’altra, si formerà la squadra nota a tutti: se il primo che incontreremo sarà l’immancabile Catarella (Fabrizio Pizzuto), che Montalbano prende sotto la sua ala facendolo diventare centralinista del commissariato (e che già allora non azzecca un cognome), per vedere gli altri personaggi dovremo aspettare.
L’abilità degli autori è stata infatti quella di introdurre gradualmente Fazio (Beniamino Marcone), all’epoca allo studio per diventare ispettore, il Dottor Pasquano (Giuseppe Santostefano), con cui Montalbano si punzecchia da subito, e Nicolò (Carmelo Galati), giornalista che seguirà il protagonista nelle indagini. Per vedere Augello (Alessio Vassallo) dovremo aspettare il terzo episodio, nel quale arriverà anche Livia (Sarah Felberbaum), che sarà inizialmente contesa da Augello e da Montalbano, da poco single dopo la relazione con l’insegnante Mary (Katia Greco), che vedremo nei primi due episodi e la cui presenza servirà a capire meglio quanto il protagonista già ai tempi fosse in cerca di qualcuno che rispettasse i propri spazi.
Il giovane commissario, infatti, mostra già alcune caratteristiche del personaggio “adulto”: talentuoso nel suo lavoro, nel quale si butta senza sosta, ma schivo e diffidente con le persone, complice il cattivo rapporto col padre. Il commissariato servirà sicuramente a dargli la spinta per diventare più attento agli altri, ma il percorso che lo aspetta sarà lungo ed avrà bisogno anche delle indagini per essere sviluppato.
Attraverso ogni caso, infatti, Montalbano crescerà ed imparerà qualcosa su sè stesso, prendendo decisioni che lo segneranno e determineranno la sua evoluzione. Avverrà fin dal primo episodio, quando la nomina a commissario capo gli assegnerà nuove responsabilità, alle quali prima non era abituato, ma anche nuovi sogni, come quello di potersi permettere quella casa sul mare diventata poi il suo rifugio sicuro.
“Il giovane Montalbano” ha, dunque, tutte le premesse per essere seguito tanto quanto la serie originale, puntando su cast promettente, storie garantite dalla penna di Camilleri, e lo stesso clima con cui i personaggi si sono già fatti conoscere in passato. Raiuno, insomma, potrebbe aver trovato un’altra fiction dagli ascolti d’oro.
Paolino
 
 

TV blog.it, 23.2.2012
Il giovane Montalbano, i personaggi (al confronto con le versioni "adulte")

Quanto sono simili i personaggi de “Il giovane Montalbano”, la fiction in onda da stasera alle 21:10 su Raiuno, rispetto agli “originali” de “Il commissario Montalbano”? Fisicamente, come potete vedere dalla gallery (a sinistra l’attore della nuova serie, a destra quello “storico”), la produzione in alcuni casi ha azzeccato il confronto, mentre in altri ha preferito attenersi alla versione letteraria di Andrea Camilleri.
Oltre a questo, però, i personaggi che vedremo da stasera sono diversi anche nel carattere: la fiction racconta infatti come Montalbano & Co. siano diventati quelli che conosciamo oggi, mostrandoci la nascita di alcuni atteggiamenti e da dove derivano. Scopriamo insieme, allora, i personaggi principali de “Il giovane Montalbano”.
Salvo Montalbano (Michele Riondino)
Il protagonista della fiction, dopo aver lavorato nel commissariato di Mascalippa, paesino montano della Sicilia, riesce ad ottenere il trasferimento a Vigàta, città di mare che conosce, avendoci passato l’infanzia. Ora, Montalbano può godersi meglio il proprio lavoro, grazie anche alla buona complicità che stabilisce da subito con la sua nuova squadra, fatta eccezione con il Dottor Pasquano (Giuseppe Santostefano), con cui non andrà del tutto d’accordo. Salvo (qui in un’inedita versione riccioluta, più fedele al Montalbano letterario che televisivo) risolve i casi che gli vengono assegnati mostrando tutto il suo talento e la passione per questo lavoro, che lo allontanano però, a volte, dal resto del mondo. Il che non gli dispiace: ha così una scusa per evitare il padre (Adriano Chiaramida), con cui non ha un buon rapporto. Ma quando arriverà Livia, sarà costretto ad uscire dal suo guscio… Nella serie originale è interpretato da Luca Zingaretti.
Agatino Catarella (Fabrizio Pizzuto)
E’ una delle prime persone con cui Montalbano lega. Orfano, è un poliziotto semplice, pronto ad aiutare il commissario, che gli affida l’incarico di occuparsi del centralino del commissariato. Catarella conquista subito la fiducia di Montalbano, che sopporta i suoi continui errori di pronuncia di ogni cognome, e sarà disposto anche a mettere a rischio la propria vita per il commissario. Nella serie originale è interpretato da Angelo Russo.
Mimì Augello (Alessio Vassallo)
Il nuovo vicecommissario di Vigàta arriva nel terzo episodio, mentre Montalbano sta superando la fine della sua storia con Mery. I due prima di diventare grandi amici, faticheranno a comunicare: già da giovane Augello conquista facilmente le donne, e mette gli occhi su una certa Livia, la quale interessa anche a Salvo. Mimì la corteggia spudoratamente, ma lei sembra essere interessata al commissario… Una curiosità: Vassallo è noto al pubblico anche per essere protagonista del celebre spot di una nota cioccolata. Nella serie originale è interpretato da Cesare Bocci.
Giuseppe Fazio (Beniamino Marcone)
Montalbano conosce Giuseppe, che ai tempi del prequel sta studiando per diventare ispettore, tramite il padre Carmine, agente in forza al commissariato che aiuterà il protagonista nelle prime mosse a Vigàta. Quando Carmine, per un malore, decide di andare in pensione, Montalbano è deluso, ma spera di trovare in Giuseppe un valido sostituto. Ma lui non è come il padre, e Salvo se ne renderà presto conto. Nella serie originale è interpretato da Peppino Mazzotta.
Livia Burlando (Sarah Felberbaum)
Arriva nel terzo episodio, quando Montalbano sta indagando sul rapimento lampo della figlia di una sua amica. Livia, che subito subisce il corteggiamento di Augello, si mostra interessata a Montalbano, che però è appena uscito dalla storia con Mery, che si era rivelata troppo asfissiante per lui. Livia riesce a dimostrargli, invece, che in una relazione è possibile continuare ad avere i propri spazi, e capisce che Salvo ha bisogno di molto tempo per sè e per il suo lavoro. Montalbano, però, approfitta di questa disponibilità, mettendo subito a rischio la relazione con la ragazza. Nella serie originale, è interpretata da Katharina Böhm.
Mery (Katia Greco)
E’ la fidanzata di Montalbano prima che si trasferisca a Vigàta. Insegnante di Catania, lo raggiunge nel fine settimana, anche se lei desidererebbe che la loro relazione si evolvesse almeno in una convivenza. Non appena affitta la casa sul mare che poi diventerà il suo rifugio di sempre, Mery inizia a personalizzarla, facendo intuire a Montalbano di volersi stabilire lì. Ma al commissario non va bene, nonostante voglia bene alla ragazza…
Paolino
 
 

DY’s News, 23.2.2012
Il giovane Montalbano
e il poco product placement di Vigata

Dopo che l'originale Salvo Montalbano si è fatto Priore sul Monte Saggio insieme a Fra Golino, Fra Grante, Fra Tek e Fra Stuono, la RAI ha mandato in onda ieri sera la prima puntata della fiction Il giovane Montalbano, prequel de Il Commissario Montalbano tratto dal racconto di Andrea Camilleri La prima indagine di Montalbano ed interpretato da Michele Riondino.
Salvo Montalbano, dopo aver risolto il suo ultimo caso da Vice Commissario nel paesino di montagna dove era stato assegnato, riceve la promozione a Commissario nel paese di Vigata.
Arrivato con la sua Uno Fiat (siamo negli anni '90) viene subito coinvolto come testimone in un processo che vede come imputato il discendente di una grossa famiglia mafiosa locale. Qui la sua attenzione viene attirata da una strana ragazza che ha una Beretta nella borsa. Dopo averla seguita ed arrestata decide di trattenerla per accertamenti scoprendo che la ragazza era stata incaricata di uccidere il magistrato Rosato su incarico proprio del discendente della grossa famiglia mafiosa.
Montalbano, ovviamente, comincia ad indagare scoprendo che le cose non sono esattamente così semplici.
Interessante come serie (così come del resto lo era la serie madre) con pochissimo product placement con le auto Fiat, Lancia e Alfa Romeo d'epoca, le pistole Beretta e una citazione della Montedison. Fra i classici, così come in romanzo criminale, sul tavolo del commissario compare il cubo di Rubik, uno dei sospettati viene fermato mentre gioca ad un flipper Williams Bally. Occasione sprecata invece per l'olio. Ben usato ma con marca praticamente difficilmente riconoscibile. Vedremo nelle prossime puntate
Max Renn II
 
 

Vanity Fair, 29.2.2012 (in edicola il 23.2.2012)
Cinema. Affari di famiglia
E se poi non piace al nonno?
Alessandra Mortelliti è la nipote di Camilleri e in un film interpreta un suo personaggio. Con un po’ di ansia.

Con “La scomparsa di Patò” ha un legame di sangue. Alessandra Mortelliti, 30 anni, non solo, infatti, recita accanto a Neri Marcorè nel film che esce al cinema il 24 Febbraio, ma ne è anche “parente”: il regista è suo padre, Rocco Mortelliti, e il romanzo da cui è tratta la pellicola è del nonno Andrea Camilleri, che l’ha pubblicato nel 2000 tra un Montalbano e l’altro. Presentato al Festival del Cinema di Roma nel 2010, il film esce solo adesso per “problemi di distribuzione”: “Dicevano che il dialetto siciliano non funziona al cinema, quando invece all’estero ha spopolato”, dice Alessandra Mortelliti, che interpreta una borghese di fine ‘800, “imperscrutabile e antipatica, che bada solo alle apparenze”.
La nipote di Camilleri in un film del genero di Camilleri: un caso di nepotismo?
”La gavetta l’ho fatta. E il nonno non voleva neanche che facessi l’attrice: una volta chiamò l’Accademia Silvio d’Amico e ordinò alla commissione di bocciarmi”.
Com’è papà sul set?
”Nevrastenico. Ti dice “ Che diamine fai”? con lo stesso tono di un padre che ti sgrida perché hai fatto tardi. Ma è di mio nonno che temo il giudizio”.
Che rapporto ha con lui?
”Da piccola ascoltavamo jazz insieme, lui mi teneva sulle gambe e io potevo dirgli di aver visto un unicorno con le ali rosa: lui mi credeva. Giocavamo sul suo letto, fingevo di vendere delle stoffe e il prodotto di punta era il suo foulard grigio perla. Ora ho solo paura di perderlo”.
Lavinia Farnese
 
 

Movieplayer.it, 23.2.2012
Frassica, maresciallo sui generis da Don Matteo alla Scomparsa di Patò
Dismessi, momentaneamente, i panni del maresciallo Cecchini, l'attore approda al cinema nella trasposizione del romanzo di Camilleri. L'incontenibile Nino ci racconta della sua esperienza sul set siciliano e accenna ai suoi nuovi progetti.

Nino Frassica deve essersi ormai affezionato alla divisa della Benemerita. Del resto i panni di Nino Cecchini, fedele compagno di Don Matteo, hanno donato all'interprete messinese una seconda giovinezza artistica, dopo la fama raggiunta negli anni Ottanta grazie alle trasmissioni surreali di Renzo Arbore. Adesso, dopo la comparsata sempre nel ruolo di brigadiere per la megaproduzione The Tourist (un cameo di cui va fiero nonostante le critiche della stampa nostrana), Frassica si tramuta di nuovo in un maresciallo sui generis per La scomparsa di Patò, adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo di Andrea Camilleri. Questa volta però l'ambientazione è d'epoca: siamo nella Vigata di fine Ottocento, e il maresciallo Giummàro deve cooperare di malavoglia con un delegato di polizia di origini napoletane (Maurizio Casagrande) per risolvere l'enigma della sparizione del ragioniere Patò (Neri Marcoré), dileguatosi misteriosamente durante la rappresentazione del Venerdì Santo. Il film, diretto da Rocco Mortelliti e sceneggiato da Maurizio Nichetti, dopo la presentazione di due anni fa al Festival di Roma esce finalmente nelle sale grazie all'etichetta indipendente Emme cinematografica. È l'occasione per chiacchierare con Frassica della genesi del progetto, della lavorazione svoltasi nei luoghi reali un cui è ambientato il racconto, e del suo contributo d'interprete in coppia con Casagrande; senza però dimenticare di accennare dei progetti futuri in cui è coinvolto l'incontenibile attore, che ama ormai dividersi tra fiction di successo, partecipazioni cinematografiche, conduzioni televisive e radiofoniche. Il tutto sempre con quella vena d'ironia surreale, al limite del grottesco e del demenziale, che è fin dagli esordi il marchio di fabbrica dell'inventiva e originale vis comica di Ninnì.
Cosa ti ha spinto ad accettare il ruolo del maresciallo dei carabinieri Giummàro, vero e proprio protagonista del film insieme al delegato della pubblica sicurezza Bellavia? Avevi già letto il libro di Camilleri?
Appena mi hanno fatto il nome di Andrea Camilleri ho detto subito di sì. Avrei accettato di fare qualunque cosa - anche una cosa che non c'entrava col cinema - in cui fosse coinvolto geniale autore de il Commissario Montalbano. In più, avevo già letto La scomparsa di Patò, e l'avevo trovato straordinario per il modo in cui mescola una grande varietà di lingue e dialetti, ma al tempo stesso molto difficile da trasporre al cinema. Devo dire, però, che sono rimasto davvero impressionato quando ho letto la sceneggiatura e ho visto come Maurizio Nichetti e Rocco Mortelliti sono riusciti a trasformare le pagine letterarie in immagini.
Durante la lavorazione del film avete potuto contare anche sul supporto di Andrea Camilleri?
Decisamente, ed è stata una fortuna poter lavorare a stretto contatto con l'autore del testo, anche se Camilleri non era fisicamente presente sul set, ma veniva puntualmente interrogato al telefono dal regista. Dato che la storia è ambientata nella Vigata di fine Ottocento, il contributo dello scrittore è stato fondamentale soprattutto per riuscire a mantenersi fedeli alla ricostruzione di quel periodo storico. Insomma, Camilleri è stato un faro che ci ha costantemente "illuminato" con la sua presenza. Io però sono stato avvantaggiato anche dal fatto di provenire dalla provincia siciliana, e dunque di conoscere in senso lato quel tipo di ambiente...
Vi è stato d'aiuto anche girare negli stessi luoghi in cui è ambientata la storia?
Certo. Le riprese sono state effettuate prevalentemente tra Porto Empedocle, Canicattì e soprattutto il piccolo comune agrigentino di Naro, dove è stata praticamente coinvolta tutta la popolazione. In questo modo si è riuscito a creare un ottimo clima sul set, nonostante girare fosse molto faticoso, perché le riprese hanno richiesto molta azione, e inoltre io e il mio collega delegato Bellavia siamo dovuti persino salire in groppa a dei cavalli!
Sebbene il personaggio centrale della storia sia quello di Patò, in realtà al centro del film c'è l'insolita coppia formata dal maresciallo Giummàro e dal delegato Bellavia. Sul set come è stato il rapporto con Maurizio Casagrande? Sembrate una coppia molto affiatata...
Un aspetto determinante del film è dato proprio dal particolare rapporto che si instaura tra questi due co-protagonisti, all'inizio ostili e diffidenti l'uno dell'altro, ma in seguito divenuti grandi amici. Era fondamentale, dunque, che nascesse un feeling particolare tra noi. Pur non avendo mai lavorato insieme a Casagrande ho sempre ammirato il suo talento e l'abilità nell'improvvisare e nel gestire i tempi comici; inoltre entrambi possediamo un background recitativo molto simile, che deriva dal teatro e dalla Commedia dell'arte. È stato quindi molto piacevole lavorare con lui, e devo dire che - parallelamente alla storia di amicizia tra Giummàro e Bellavia che si sviluppa nel film - si è sviluppata anche una forte intesa personale tra noi, perché Casagrande è una persona molto aperta ed è facile legare con lui.
Come avete lavorato con il regista?
Ancora prima di essere un autore di cinema e teatro, Rocco Mortelliti è anche (e soprattutto) un attore molto in gamba, e quindi sa perfettamente come dirigere gli interpreti. Tuttavia questo film ha rappresentato per lui un'autentica sfida, perché ha dovuto gestire la ricostruzione di un intero paese dell'epoca. Inoltre, molte scene hanno richiesto centinaia di comparse, tanto che certe volte più che un direttore di scena mi sembrava un domatore! Il risultato finale è stato ottimo, anche perché questo è un progetto su cui Mortelliti ha lavorato da parecchi anni, e che ha realizzato non soltanto con competenza, ma anche con passione e con il cuore.
Vedendo il film si ha l'impressione che ti sia stato lasciato molto spazio per improvvisare insieme a Casagrande...
Sì, ma c'è improvvisazione e improvvisazione. In questo caso non si è trattato di inventare i dialoghi di sana pianta partendo da un canovaccio, ma anzi abbiamo seguito scrupolosamente la sceneggiatura, a sua volta molto fedele al testo e al linguaggio originale. Quindi l'obiettivo è stato quello di rendere fresco il copione, imprimendo per ogni ciak una nuova vivacità alle battute originali.
[…]
Roberto Castrogiovanni
 
 

Panorama, 23.2.2012
“La Vucciria” di Andrea Camilleri
Skira, 67 pagine, 15 euro

Come la sfregatura di un fiammifero: La Vucciria si consuma rapidamente, per rapidi scorci abbozzati nello stile noto di Andrea Camilleri. Corpi, pesci e verdure dai colori accesi, dal «giallo delle banane al rosso dei pomodori e dei peperoni al rosa tenniro dei piscispata tranciati, al bianco lattigno delle ricotte all’arancione dell’aranci, e… il virdi cchiù virdi della cicoria», prendono carne, si animano per un attimo ed escono dal quadro famosissimo di Renato Guttuso, La Vucciria appunto, insaporendosi del mistilinguo siciliano, per raccontare una storia d’amore fatta di sguardi e sfregamenti tra i banchi straboccanti del mercato di Palermo. Tutto lì parla di eros. Ed è colpo di fulmine fra Anna e Antonello, due personaggi del quadro; ma la loro infatuazione è anche «ripetizione» (così s’intitolava il racconto scritto da Camilleri nel 2008 e ora riproposto in questo volumetto) di un analogo innamoramento nel Seicento buio dell’Inquisizione, suggellato con la condanna della «fimmina» a essere murata viva. E il cerino resta in mano al lettore.
GIUDIZIO: BUONO
Silvia Tomasi
 
 

Italian Institute of Culture Dublin
Jameson Dublin International Film Festival

Italian Institute of Culture is proud to support the following Italian films:
[...]
THE VANISHING OF PATO' (2010) by Rocco Mortelliti
Friday 24th at 6.10pm - Light House Cinema
Guests: Director Rocco Mortelliti and Actress Alessandra Mortelliti
[...]
 
 

La Sicilia, 24.2.2012
Prime TV
Tra i due Montalbano le differenze non sono solo fisiche

Sinceramente non so se sia necessario sapere come fossero prima, vent'anni prima, certi personaggi della letteratura (tranne che non spingano impellenti necessità di mercato). Non credo occorra sapere come era da giovanotto mastro Don Gesualdo, Maigret, don Chisciotte, Philip Marlowe oppure il Gattopardo. Vorremmo solo che continuassero a raccontare, così come sono, oltre la fine del libro, oltre l'ultima avventura. Ma forse perché quella è grande letteratura, quella che racchiude in sé presente, passato e futuro (nei lettori) dei personaggi. Oggi parliamo di Andrea Camilleri. Ritratto di commissario da cucciolo. Vent'anni prima il giovane Montalbano è testardo e poco dedito al sorriso. Anni Novanta in Sicilia: il vice-commissario Montalbano lavora tra montagne di Sicilia, si parla molto siciliano a valle, ma un vecchio pastore parla quasi in italiano. La colonna sonora ha sostituito il tango del futuro con una canzone in dialetto.
Certo, è divertente vedere il coro del commissariato di Vigata come era, e soprattutto pensare come diventerà. Ma il piacere si ferma qui. Per esempio, a prima vista Catarella delude, ha una esagerazione che con l'età diventerà caos spontaneo, naturale. Al narrare lineare, al servizio di personaggi e soprattutto dell'ambiente del vecchio regista (Sironi) si sostituisce il percorso nervoso del regista nuovo (Gianluca Maria Tavarelli). Perdiamo un po' dei colori - ma siamo alla prima puntata, ne riparleremo alla sesta - siciliani perché la macchina da presa si sente di più, il regista ha voglia di mostrarsi. Visto che il giovanotto ha adocchiato già la casa in riva al mare!
Scopriamo che Montalbano ha fatto le manifestazioni studentesche, ha preso qualche calcio nel posteriore e ha tentato di picchiare i poliziotti. Vuoi vedere che ce lo ritroviamo di sinistra? Sta di fatto che il commissarietto di Vigata ha la tendenza a guardare in basso, a girare lo sguardo non per nascondere ironia ma per un certo nervosismo che a Zingaretti non sfiorava nemmeno. Michele Riondino (giovane Montalbano) non ha il sorriso spontaneo che conquisterà con la vecchiaia, non ha lo sguardo di pietà per una umanità perdente. Dovranno maturare tanto in 6 puntate i personaggi de Il giovane Montalbano (Raiuno) perché così come sono sembrano vivere in una fiction qualsiasi.
Tra la falsa malinconia di quelli che sanno che tutto può avere inizio e la vera tristezza di quelli che credono che tutto è finito, c'è lo spazio ambiguo della melodia siciliana, poesia senza parole. Tutta da conquistare.
Filippo Arriva
 
 

Il salvagente, 24.2.2012
8 milioni di telespettatori, il giovane Montalbano fa grandi ascolti
Share del 28%. Non eguaglia Zingaretti ma convince. Il prequel da ieri sera su RaiUno.

Non eguaglia i record del Montalbano di Zingaretti, ma anche il prequel sul commissario, interpretato da Michele Riondino, colpisce l'Auditel: ieri sera su RaiUno erano sintonizzati quasi 8 milioni di telespettatori (7.749.000), con uno share del 28%.
Per la verità c'è stata una certa difficoltà per i fan di Camilleri ad abituarsi a un commissario giovane e dalle movenze ben diverse da quelle di Zingaretti, ma Riondino è apparso ben calato nella parte e certi "scatti" nel carattere gli hanno dato una certa somiglianza con il Montalbano a cui gli italiani si sono ormai abituati. Le altre 5 puntate potrebbero dare, quindi,  anche risultati migliori - dal punto di vista dello share - rispetto all'esordio.
 
 

Millecanali, 24.2.2012
Montalbano piace molto anche da giovane
Ottimo esordio per le avventure del ‘Giovane Montalbano’ su RaiUno: la share è stata del 28%. Santoro parla di Rai e Celentano e si aggiudica il 6.71.

Nell'autunno del 1990, Salvo Montalbano è un giovane vicecommissario in servizio a Mascalippa, sperduto paese di montagna della Sicilia più segreta. Il suo superiore è Libero Sanfilippo, un commissario saggio ed esperto, che gli insegna come muoversi nelle indagini più intricate. Poi arriva il trasferimento a Vigata, piccolo centro dove il giovane Montalbano ha trascorso l'infanzia.
Inizia così la nuova serie di Camilleri “Il giovane Montalbano”, che racconta gli inizi di carriera del commissario più famoso d'Italia e che vede un nuovo regista e un nuovo attore protagonista (con un nuovo cast). Un salto indietro nel tempo con un giovane e riccioluto Monatalbano (più fedele alla descrizione di Camilleri). Il protagonista è interpretato da Michele Riondino.
Produzione sempre Palomar, a dirigere non c'è in questo caso Alberto Sironi ma Gianluca Maria Tavarelli, regista di "Paolo Borsellino" e "Le cose che restano", che preferisce i primi piani e si sofferma di più sui personaggi. Le sceneggiature sono sempre quelle dei romanzi di Andrea Camilleri, da cui è tratta la serie televisiva. Invariata, invece, rimarrà la location, i luoghi tradizionali di Punta Secca, a Ragusa, Modica e Scicli, a cui si aggiungeranno però nuovi siti non ancora comparsi in scena: la sala del Consiglio Comunale di Santa Croce Camerina, lo studio del sindaco e un'abitazione del centro storico che si affaccia sulla piazza principale e che permetterà di inquadrare la Chiesa madre.
Rimane comunque la firma di Camilleri nelle sceneggiature che garantisce un buon prodotto, con personaggi ben delineati e caratterizzati, mentre regia, fotografia, location e dialoghi sono sempre buoni. Riondino non è caduto nella trappola di scimmiottare il Montalbano di Zingaretti e ha invece individuato alcuni punti e caratteristiche del “vecchio” commissario per costruirci una recitazione ed un personaggio che non si allontanassero dall'originale ma accentuassero alcuni tratti che ben si potevano adattare ad un giovane Montalbano.
Molto buono il risultato d'ascolto, con 7.749.000 telespettatori e uno share del 28%.
[…]
Elena Romanato
 
 

tiscali: opinioni, 24.2.2012
Il giovane Montalbano dimostra che la qualità della fiction italiana è possibile

La fiction Rai e Mediaset, che ha spazzato via la programmazione di grandi film cinematografici (assorbiti dal circuito satellitare) sulle reti generaliste, è afflitta da patologie di difficile cura. Soprattutto perché si mira a riempire, con la lunga serialità, il maggior numero di serate con il minor esborso finanziario. Quando si affronta il tema, di solito c’è sempre qualcuno che oppone il problema della liquidità, del budget, delle esigenze produttive. Ma non è solo questo il nodo. Penso invece che in Italia, per quanto concerne la fiction, sceneggiatori, registi e produttori siano caratterizzati da una sorta di accidia creativa, unita a condizionamenti culturali di natura oppressiva, che li conduce immancabilmente verso il melò, i gialli soft, le commediole, il biografico didascalico/agiografico.
Quanti “videosantini” di pontefici trapassati dovranno ancora ammannirci, prima di considerare esaudite le ambasce cristologiche di Ettore Bernabei e della sua potentissima Lux Vide? Qui non siamo neppure capaci di ipotizzare titoli ad alta tensione erotica o politicamente scorretti come Californication, Casalinghe disperate, Hung, Nip/Tuck, Six feet under; non parliamo poi del surreale Lost o del nerissimo American horror story, quest’ultimo in onda con la prima serie su Fox (Sky). Tanto per fare dei titoli. E allora balocchiamoci con Don Matteo, I Cesaroni, Provaci ancora prof, Un medico in famiglia. Rare eccezioni di gradevolezza variabile: Il commissario Manara, L’Ispettore Coliandro, Il tredicesimo apostolo.
Uno dei più clamorosi successi in termini di ascolti, coniugati ad un notevole livello qualitativo, rimane Il commissario Montalbano (Rai1), ultimo esempio riuscito della gloriosa tradizione dei teleromanzi italiani degli anni Cinquanta e Sessanta. Nati dalla tastiera del venerabile e prolifico Andrea Camilleri, i romanzi della serie sono stati trasposti felicemente per il piccolo schermo da Alberto Sironi. comprensibile, per il credito di cui gode il personaggio, confermato nelle numerose repliche , il sospetto nei confronti del Giovane Montalbano, da ieri sera sulla prima rete. Niente di più sbagliato, perché il regista Gianluca Maria Tavarelli – insieme agli sceneggiatori, tra cui lo stesso Camilleri – ha saputo innovare, scegliendo di aderire maggiormente ai primi racconti con il poliziotto siciliano. Stessa ambientazione, nella immaginaria Vigàta, uso più marcato del dialetto, considerando che ormai molti termini sono entrati nell’uso comune. Solo l’anagrafe dei personaggi ricorrenti (Fazio, Gallo, Catarella) risulta invertita: il commissario Montalbano è il più giovane di tutti. Lo interpreta il bravo Michele Riondino, tenebroso, dotato di un magnetismo in grado di dare dignità autonoma al personaggio, che finora aveva per tutti la faccia e la pelata di Luca Zingaretti, grandioso attore.
La solida tessitura narrativa rappresenta, come ovvio, una via d’uscita alla stanca coazione a ripetersi della fiction di casa nostra. E la letteratura, anche contemporanea, può dare nutrimento alla stremata produzione televisiva. Basta volerlo.
Mariano Sabatini
 
 

TVblog.it, 24.2.2012
Il giovane Montalbano evita lo spettro di Zingaretti e convince: cambia poco, rende molto

“Il giovane Montalbano”, la fiction in onda su Raiuno, dividerà il pubblico: ci saranno i riluttanti, che non tradirebbero mai Luca Zingaretti ed aspettano i nuovi episodi della serie originale; e poi i curiosi, che un’occhiata a questa versione de “Il commissario Montalbano” gliel’avranno data. A nostro parere, a guadagnarci sono i secondi.
Senza cadere in facili entusiasmi, la fiction non reinventa il mondo di Andrea Camilleri, ma lo adatta ad un contesto storico diverso da quello a cui siamo abituati. Si tratta di un nuovo inizio, certo, ma non per forza di uno snaturamento. Il trucco stava nel far apparire come “scontate” quelle novità che avrebbero potuto creare confusione nello spettatore.
A determinare la buona riuscita dell’esperimento ha contribuito la firma di Camilleri, vera e propria garanzia senza la quale un riadattamento di questo tipo sarebbe stato azzardato. Lo scrittore siciliano ha dimostrato nei suoi libri di avere bene in mente la mitologia del suo personaggio. Compito della versione televisiva, quindi, era semplicemente quello di seguire la stessa strada della serie originale, puntando anche in questo caso su un cast poco noto al grande pubblico, ma abbastanza sfacciato da reggere l’impatto con una produzione così attesa.
E’ stata quindi azzeccata la scelta di Michele Riondino, bravo nel reinterpretare Salvo Montalbano senza calcare troppo la recitazione sul lavoro di Luca Zingaretti, ma cercando piuttosto di trovare quei punti in comune per farlo entrare in sintonia col pubblico. E’ stato lui il protagonista di questa prima puntata, nella quale il resto della squadra (vediamo soprattutto Catarella) si fa in disparte per entrare nel corso degli episodi. Anche questa è stata una buona scelta, che permette di rendere più naturale la narrazione di un racconto che precede una storia e delle relazioni già note a tutti.
“Il giovane Montalbano” è quindi una non novità, ma non necessariamente nel senso negativo: gli elementi che hanno reso la fiction originale un cult apprezzato dal pubblico e dalla critica (la regia, la cura dei dettagli, la fotografia, le location, i dialoghi) restano anche qui, e sostengono le nuove vesti dei personaggi, assumendo nuova importanza. Se ci permettete il paragone culinario (che piacerebbe anche a Montalbano), è come se per cucinare un buon pesce si decidesse di seguire una ricetta alternativa, che mantenga però gli stessi sapori anche con qualche ingrediente diverso.
Tutto bene, quindi? Forse, perchè un’operazione di questo tipo, come abbiamo detto in partenza, creerà, per quanto ben realizzata, due fronde, che potrebbero intaccare la buona riuscita dell’iniziativa. Quanto questo influirà sul successo della serie, lo capiremo nei prossimi giorni. Intanto, per noi Montalbano è sempre Montalbano, anche da picciriddu.
Paolino
 
 

DaringToDo, 24.2.2012
Il giovane Montalbano, buono e vincente

Il paesaggio è quello della Sicilia di Camilleri più riconosciuta, sognata e amata dal grande pubblico, e Michele Riondino nei panni del giovane Montalbano, è bravo e convincente, la regia di Gianluca Maria Tavarelli, accurata, la colonna sonora di Franco Piersanti eccellente. La scrittura è quella di Camilleri e non si discute… e infatti Montalbano stravince la difficile serata del giovedì sera con 7milioni 749mila spettatori e uno share del 28 per cento. La concorrenza era forte: Isola dei Famosi su Rai 2, una puntata speciale di Centovetrine per Canale5; Le Iene su Italia Uno e la partita della Lazio su Retequattro, senza contare la prima puntata della fiction Medium su Rai3 e Santoro con Celentano sulla sua multipiattaforma. Alla fine il pubblico ha scelto…e ha scelto bene.
Negli Stati Uniti certa fiction televisiva ha da tempo raggiunto pari dignità del cinema. Le serie di Montalbano, sia questa sia quella storica, dimostrano che anche in Italia è possibile fare bene se non addirittura meglio. Ma occhio ai dettagli, abbiamo visto un rude pastore delle montagne interne della Sicilia con una smagliante dentatura “hollywoodiana”, certi errori lasciamoli fare agli americani.
 
 

Il sussidiario.net, 24.2.2012
Il giovane Montalbano/ Anticipazioni seconda puntata e riassunto prima. Salvo lascia Mery

[…]
Anticipazioni seconda puntata, giovedì 1 marzo 2012: trasferitosi a Vigata da due mesi, Salvo Montalbano vive provvisoriamente in un albergo in cui la notte di Capodanno viene commesso un delitto. Il commissario, che non vuole avere rapporti con il padre nonostante l'uomo lo cerchi e gli mandi regali, decide di affittare una villa sul mare. Questo causa la fine della sua storia d'amore con Mery, che aveva proposto a Salvo di andare a vivere con lei.
 
 

Dimmidipiu, 24.2.2012
Frassica e Casagrande infiammano Frosinone con "La scomparsa di Patò"
Al Fornaci Village di Frosinone è stato presentato ieri, in anteprima nazionale, "La scomparsa di Patò", tratto dal romanzo di Camilleri, con la regia di Rocco Mortelliti, presente insieme ad alcuni attori, compresi i protagonisti Nino Frassica e Maurizio Casagrande che abbiamo incontrato per voi...

Una grande serata di cinema, con tanta bella gente, ieri al Multisala Sisto di Frosinone per l'anteprima nazionale del film "La scomparsa di Patò", con la regia di Rocco Mortelliti, con Nino Frassica e Maurizio  Casagrande. E proprio il regista cepranese (non a caso erano presenti il sindaco Sorge, gli assessori Giannicchi e Gallina e un folto gruppo di amici e parenti arrivati da Ceprano, dove tra l'altro il Comune ha indetto un concorso per gli studenti sulla legalità, tema di fondo del film), e i due attori principali hanno deliziato la platea frusinate, presenziando alla prima. La proiezione in sala del film, tratto dall'omonimo romanzo di Andrea Camilleri, è stata preceduta da un'introduzione del regista, peraltro in partenza per Dublino dove rappresenterà l'Italia al Festival del cinema irlandese, e da divertenti flash dei vari attori. Che poco prima della... prima abbiamo incontrato, ad iniziare da un effervescente Nino Frassica, conteso tra foto-ricordo con i fans e le... leccornie del negozio di dolciumi del Multisala. Il ruolo di Frassica è quello di un maresciallo dei carabinieri, all'inizio in contrasto con il delegato della Ps (Casagrande) ma poi chiamato ad indagare anche lui sulla scomparsa di Patò, un ragioniere di banca che finisce nella botola scenica dopo il 'mortorio' (la rappresentazione in piazza del giovedì santo) e da lì sparisce per sempre. "Mi sono molto divertito a girare questo film – racconta Frassica -  E' una storia fantastica, così chiara nel suo linguaggio. Avevo sempre desiderato fare qualcosa di Camilleri e quando mi è stata offerta la parte ho detto subito di sì. La sceneggiatura (di Camilleri, Mortelliti e Nichetti, ndr) l'ho trovata fantastica, anche perché non era facile trasporre le pagine del libro al cinema. La regia di Rocco Mortelliti, poi, è stata straordinaria e per noi attori avere una guida del genere è molto importante. Lui è davvero bravo, ha tanto talento, si è lanciato in questa sfida e l'ha vinta, mettendoci cuore e passione. Il mio personaggio, poi, mi è piaciuto molto, perché si cala perfettamente in quella realtà (il film è ambientato nella Vigata del 1890, ndr)". Inevitabile chiedergli se preferisca Gubbio e il maresciallo Cecchini o Vigata e questo maresciallo Giummàro... "Be', anche per un fatto campanilistico, dovrei dire Vigata. Ma a Cecchini e a Gubbio resto affezionato, quel maresciallo mi ha dato tanto". E alle fiction Frassica, come lui stesso conferma, presto tornerà, mentre intanto conduce "Meno male che c'è Radio 2" con Simone Cristicchi. Anche Maurizio Casagrande è un vulcano di simpatia e disponibilità , tra l'altro ormai affezionato a Frosinone: "Sono venuto qui un mese e mezzo fa a presentare "Napoletans" e sono contento di tornarci per questo film. Anzi, siccome ho finito di girare il mio nuovo film "Una donna per la vita" che uscirà a breve, mi prenoto subito per presentarlo a Frosinone!". Veniamo intanto a La scomparsa di Patò e alla regia di Mortelliti: "Ci siamo molto divertiti a girare questo film. Io dico sempre che mi piace dividere il mondo in due razze: quelli con cui andrei a cena perché ti trovi bene, e quelli con cui non ci andresti mai. Ebbene, durante la lavorazione di questo film, siamo andati assieme a cena praticamente tutte le sere! E' un film  che dovrebbero vedere tutti, ma proprio tutti. Con Nino Frassica mi sono trovato benissimo, lui è eccezionale, è un grande personaggio di fiction tv e si è riuscito a calare molto bene nella realtà del cinema. Io di tv ne ho fatta di meno, ho fatto poco varietà e quindi mi sento più 'cinematografico'. E poi, quando incontri registi come Mortelliti, tutto funziona ancora meglio. Questo film, inoltre, è la dimostrazione che il cinema italiano gode di buona salute. Però i produttori dovrebbero crederci un po' di più, avere il coraggio di investire maggiori risorse. Perché oggi, anche e soprattutto in un momento così difficile per il nostro Paese, il cinema è un ottimo investimento".
Alla 'prima' frusinate hanno partecipato anche Franco Costanzo, Guya Jelo (per loro delle parti solo apparentemente minori e applausi a scena aperta per il cammeo dell'attrice siciliana) e una emozionatissima Alessandra Mortelliti, diretta dal papà nel ruolo – interpretato con passione – della moglie di Patò, a sua volta impersonato da Neri Marcorè (forse l'unico un po' ingessato nella parte), impossibilitato ad essere presente a Frosinone perché in scena al teatro Olimpico di Roma col suo spettacolo teatrale.
Igor Traboni
 
 

Il Tempo, 24.2.2012
“La scomparsa di Patò”
Dal romanzo un film sulla Sicilia umbertina

Sono un grande ammiratore di Andrea Camilleri. Leggo tutti i suoi testi, non solo quelli sontuosamente raccolti tempo fa ne "I Meridiani”, ma quelli che, dopo, è venuto via via pubblicando, sempre con straordinario successo, sia con le edizioni Sellerio sia, di recente, anche presso altri editori. Come, appunto, "La scomparsa di Patò", un romanzo sulla Sicilia umbertina, metà giallo, metà critica sociale in cifre d'epoca, accompagnato da magnifiche occasioni linguistiche, in siciliano e nell'italiano dei burocrati, che sanno offrire ad ogni svolta il godimento della letteratura intelligente. Da quel romanzo, il film di oggi, diretto da Rocco Mortelliti e sceneggiato, insieme con lui, non solo dallo stesso Camilleri, ma dall'abilissimo Maurizio Nichetti. Naturalmente, anche se certe occasioni linguistiche sono rimaste, sulla sociologia finisce quasi subito per prendere il sopravvento il giallo, come, del resto, annunciato anche dal titolo. Patò è un impiegato di banca, nell’ormai leggendaria Vigata che ogni anno, il Venerdì Santo, partecipa alla Sacra Rappresentazione, lì chiamata "Mortorio", rivestendo i panni di Giuda. Ecco però che, dopo aver recitato il suo suicidio per impiccagione, come dai Vangeli, non lo si trova più, e neanche i suoi vestiti e neanche i suoi abiti di scena. Cominciano le indagini portate avanti da un poliziotto e da un carabiniere all'inizio divisi dalla tradizionale rivalità fra le due istituzioni, più in là uniti dal comune impegno di risolvere quel caso misterioso e intricatissimo. Il film è soprattutto questa indagine; mescolando sempre con vivacità il giallo alla commedia portata spesso fino alle soglie di una scoperta ironia: sulle situazioni, sulle tante figure al centro e in secondo piano, su quei loro caratteri che spesso basta una faccia a rivelare con gustosissima attenzione per le psicologie. Altrettanto gustosa la trovala di proporre il resoconto dell'indagine, ad opera di chi finalmente ha scoperto la verità, come una rappresentazione in scena dei fatti proprio di fronte alla vedova di Patò, prima incredula poi indignata. Tanto che il finale ribalterà tutto. A cominciare proprio dalla verità... Le facce, ecco. Colorite con sottigliezza e con malizia quelle dei due indagatori, il carabiniere siciliano Nino Frassica e il poliziotto "continentale" Maurizio Casagrande, quella un po' di sfondo, di Neri Marcorè come Patò; ma anche tutte le altre, di prefetti, di questori, di ufficiali, di mafiosi e di villani. Uno spasso. Che fa accettare senza troppe difficoltà la parziale assenza degli splendidi giochi linguistici e polemici del testo originale.
Gian Luigi Rondi
 
 

Il Messaggero, 24.2.2012
Camilleri arriva al cinema. Era ora
La scomparsa di Patò
(F. Alò)
 
 

Il Fatto Quotidiano, 24.2.2012
Cinema. Da vedere
Giallo / Italia
La scomparsa di Patò
di Rocco Mortelliti, con Neri Marcorè, Nino Frassica

1890, la Vigata di Andrea Camilleri: è Venerdì Santo, e in piazza viene messo in scena il Mortorio, con l’integerrimo ragioniere Antonio Patò (Neri Marcorè) nella parte di Giuda. Impiccato da copione, cade in una botola, ma terminata la celebrazione non si trova. Qualche giorno dopo, un graffito: “Mur’ Patò o s’ammucciò (si nascose)?”. A indagare Pubblica Sicurezza (Maurizio Casagrande) e Reali Carabinieri (Frassica), mentre sulla scomparsa fioccano ipotesi: irregolarità bancarie, perdita di memoria o complotto mafioso? Dalla carta allo schermo, Mortelliti incrocia le abilità linguistiche e metalinguistiche (sovvertimento dell’istanza narrante, polifonia di dialetti e registri) del suocero Camilleri e s’inchina: la sua Scomparsa di Patò punta su scenografie, vis comica dei nemici-amici Frassica e Casagrande e sposa appieno il cotà giallo, puntando sull’indagine e la detection. Macchina da presa sul precipizio televisivo e briglia sciolta agli attori, la critica sociale di Camilleri finisce in panchina: un pareggio sofferto, e in casa…
(Fed. Pont.)
 
 

l’Unità, 24.2.2012
La scomparsa di Patò
Camilleri televisivo

Questo adattamento dell'omonimo romanzo di Andrea Camilleri risente in qualche modo di una impostazione televisiva, seppure c'è molta accuratezza enll'ambientazione e c'è molta attenzione alla recitazione degli attori, in un cast di nome ma non scontato.
Nino Frassica e Maurizio Casagrande (quest'ultimo tra i nostri migliori caratteristi) si contendono un'inchiesta che ha sconvolto la siciliana Vigata in quel del 1890: la scomparsa durante la scena del Mortorio del ragionier Patò.
D. Z.
 
 

La Repubblica, 24.2.2012
Prime film. Mystery
Cercando Patò ci s'imbatte nella solita fiction

Adattamento del romanzo omonimo di Andrea Camilleri, un mystery che si svolge alla fine dell'Ottocento nella cittadina immaginaria di Vigata, resa celebre dal commissario Montalbano. Durante la sacra rappresentazione pasquale del Mortorio svanisce misteriosamente Antonio Patò (Marcoré), bancario di intemerata onorabilità. Dietro c'è una macchinazione, su cui indagano assieme - loro malgrado - il delegato di polizia Bellavia (Casagrande) e il maresciallo dei carabinieri Giummaro (Frassica). Ormai suona banale tacciare un prodotto cinematografico di "linguaggio televisivo" (quasi come lo è definire un film teatrale); sono decenni che piccolo e grande schermo si scambiano favori, e non è per forza una colpa. Ci sono casi, però, in cui la sbrigativa definizione risulta inevitabile: quando i "tempi", le luci, il lavoro sugli attori rimandano in via diretta all'estetica del telefilm. Ciò non toglie che La scomparsa di Patò, presentato due anni fa al Festival di Roma, abbia una sua dignità e assembli un cast di simpatiche facce famigliari. E tuttavia, dal cinema, pretendiamo ancora qualcosa di più.
(r.n.)
 
 

La Stampa, 24.2.2012
Facce da cinema

L'espressione di ironia gentile, il tono accondiscendente, l'aria disponibile di chi e' pronto ad ascoltare, prima di giudicare. Neri Marcore' e' un gentiluomo della comicita', fa ridere senza eccedere, senza alzare la voce, senza premere mai il tasto della volgarita'. Lo aiuta l'aspetto da bravo ragazzo d'altri tempi, perche' e' alto, sottile, elegante, e sta benissimo in abiti da secolo scorso, pronto per fare il baciamano a signorine che per lui, inevitabilmente, non perderanno la testa. Sul grande schermo, dopo tanti anni di buona tv, Pupi Avati gli ha regalato la grande occasione nel Cuore altrove, dove s'innamorava (senza speranza) della non vedente Vanessa Incontrada, poi si e' divertito a trasformarlo nel bellimbusto traditore della Seconda notte di nozze. Due personaggi opposti, due prove perfette. Adesso, diretto da Rocco Mortelliti, Marcore' si cimenta con il Pato' di Andrea CAMILLERI, un «farabutto», spiega l'attore con uno dei suoi mezzi sorrisi, molto contemporaneo, nonostante l'inventore del commissario Montalbano abbia collocato la vicenda della sua «inspiegabile» sparizione nella Vigata del 1890: «Pato' e' l'emblema dell'italiano di oggi. Anche adesso, nel nostro Paese, si fa sempre fatica a trovare il responsabile».
Fulvia Caprara
 
 

La Sicilia, 24.2.2012
«La scomparsa di Patò» esordisce nei cinema

Agrigento. Vede finalmente la luce "La scomparsa di Patò", il film di Rocco Mortelliti girato tra Naro, Canicattì e Porto Empedocle, la cui uscita è stata piuttosto incerta fino alla fine.
Dopo la prima di mercoledì scorso al cinema "Imperia" di Palermo, infatti, la pellicola tratta dall'omonimo romanzo di Andrea Camilleri, uscirà oggi, 24 febbraio, nelle sale cinematografiche italiane.
Alla prima erano presenti tra gli altri, il regista Rocco Mortelliti ed il Sindaco di Naro Giuseppe Morello.
Tante sono state le comparse naresi che hanno preso parte alla proiezione e Rocco Mortelliti ha voluto ringraziare pubblicamente la cittadina barocca per l'ospitalità ricevuta e per la disponibilità con cui tutta la popolazione ha supportato la troupe che vi ha lavorato per quasi due mesi.
Naro, molto cara ad Andrea Camilleri, coi suoi monumenti, palazzi, chiese, vie e piazze ha rivelato grande idoneità a ricreare l'ambiente di fine Ottocento che fa da sfondo a "La scomparsa di Patò", forse più delle location del ragusano scelte per la serie del Commissario Montalbano.
A confermare questa tesi anche il fatto che questa cittadina è forse, tra le città sud-occidentali della Provincia di Agrigento, quella in cui più forte è la familiarità con la tradizione del "Mortorio", la rappresentazione teatrale itinerante della Passione di Cristo, scritta dal siciliano D'Orioles.
Ogni anno, infatti, nella settimana che precede la Pasqua, le compagnie teatrali locali mettono in scena per le strade e le piazze, le suggestive e appassionate recite del "Mortorio" che registrano sempre grande partecipazione di pubblico.
Ed è proprio con la rappresentazione del "Mortorio"che inizia il film di Mortelliti.
Le sale nelle quali il film debutterà in provincia di Agrigento sono il: Ciak di Agrigento, l'Odeon di Canicattì, il Mezzano di Porto Empedocle, la Badia di Sciacca, e il multisala Planet del Centro Commerciale di Castrofilippo. E' facile immaginare un grande successo di pubblico.
Teresa Monaca
 
 

Effetto Notte, 24.2.2012
Nino Frassica (La scomparsa di Patò)

Arriva sul grande schermo il primo film tratto da un romanzo di Andrea Camilleri, La scomparsa di Patò. La storia , ambientata nella Sicilia del 1890, segue le indagini di un maresciallo dei Carabinieri, Nino Frassica, attorno alla misteriosa scomparsa di un direttore di banca, Neri Marcorè, dalla vita apparentemente irreprensibile. Le immagini e le curiosità sul film dalle parole di Nino Frassica, protagonista del Faccia a Faccia nello studio di Effetto Notte.
 
 

AgrigentoOggi, 24.2.2012
Il Sindaco Morello: Naro è la vera Vigata. Qui è stato girato “La scomparsa di Patò”

“La scomparsa di Patò”, film tratto dall’omonimo romanzo di Andrea Camilleri, è stato proiettato in prima assoluta all’”Imperia” di Palermo, presenti, tra gli altri, il regista Rocco Mortelliti ed il sindaco di Naro, Giuseppe Morello.
Il film è stato girato, quasi del tutto, a Naro, che per l’occasione è diventata la “Vigata” camilleriana, e che ha ricevuto il tributo del regista Mortelliti, il quale ha voluto ringraziare la cittadina ed il suo sindaco Morello, per la disponibilità assicurata e l’ospitalità ricevuta durante le riprese, durate quasi due mesi.
Piena soddisfazione del sindaco Morello: “Sono stato invitato ad intervenire alla prima del film – ha dichiarato – e sono rimasto colpito dalle belle parole usate dal regista Mortelliti nei confronti dell’Amministrazione Comunale e dell’intera città di Naro. Speriamo adesso che, grazie a questo film, possano acquistare risalto sia le bellezze naturali sia, soprattutto, il centro storico ed i suoi maestosi monumenti barocchi e medioevali. Per il futuro turistico e culturale della città – ha concluso Giuseppe Morello – sarà un biglietto di presentazione legare Naro al film “La scomparsa di Patò” che è tratto da una delle opere belle e suggestive del grande scrittore Andrea Camilleri”.
Leonardo Guida
 
 

Doppioschermo, 24.2.2012
La scomparsa di Patò - Recensione
Nelle divise dei due protagonisti Nino Frassica e Maurizio Casagrande ricordano Franco e Ciccio: nella loro vivace opposizione giocano al gatto e alla volpe per tutta la durata e i loro buffi siparietti risultano garbati e convincenti.

E’ curioso, ma il nome di Andrea Camilleri, autore di romanzi gialli capace di stare sugli scaffali accanto a scrittori di genere come Agata Christie e di George Simenon, ha trovato la giusta popolarità in Italia passando attraverso il piccolo schermo: il volto bonario di Luca Zingaretti (che ha ceduto recentemente il testimone al giovane Michele Riondino) e una fiction capace di rendere giustizia alla Sicilia centro-meridionale sono riusciti a trasformare l’arguto commissario Montalbano in uno dei più popolari eroi senza tempo. Il pregio della scrittura di Camilleri è sempre stato quello di consegnare storie appartenenti al passato senza che i suoi lettori dovessero però agganciarle a un’epoca precisa. Ne La scomparsa di Patò, il primo adattamento dalla pagina al cinema di un'opera dello scrittore, ci riporta indietro nell’Ottocento e circoscrive la sua storia a Vigata, sempre nella parte più arsa dell’isola. I più nostalgici e gli affezionati lettori/spettatori forse non sentiranno la mancanza del commissario perché, sebbene il Patò (Neri Marcorè) del titolo sia il protagonista sulla cui improvvisa e misteriosa sparizione viene avviata l’indagine, puntuale come un orologio svizzero arriva la detection. Meno metodica e più approssimativa l’inchiesta viene infatti realizzata da una coppia maldestra e buffa che fa fatica a restare unita, un maresciallo dei carabinieri del posto e un delegato della pubblica sicurezza di Napoli.
Nelle divise del duo singolarmente assortito Nino Frassica e Maurizio Casagrande ricordano i Franco Franchi e Ciccio Ingrassia de La giara, uno degli episodi di Kaos dei fratelli Taviani. Nella loro vivace opposizione, l’uno meticoloso e d’un pezzo l’altro più superficiale e cordiale, i due simpatici personaggi giocano al gatto e alla volpe per tutta la durata, ma i loro buffi siparietti risultano garbati grazie all’interpretazione composta di Frassica-Casagrande. Lavorando spalla a spalla come Totò e Peppino, non a caso omaggiati nel film, con la loro performance gli attori riescono in parte a catturare l’attenzione dello spettatore e a distrarlo da certe debolezze della trasposizione.
La scomparsa di Patò porta in sala una storia interessante e ricca di rimandi colti e riflessioni su un’attualità italiana che pare essersi congelata nei secoli, come rivela la conclusione sconcertante e impietosa, inevitabilmente pirandelliana, ma la messa in scena di Rocco Mortelliti, che, con la complicità di Maurizio Nichetti opera un’interessante rilettura del romanzo originale, non presta fedeltà a quella modernità indiscutibile delle opere di Camilleri. Lo stile teatrale, ambiente da cui il regista appunto proviene, sfavorisce un equilibrio di toni, presente invece nelle pagine, muovendosi bruscamente da un provincialismo comico consumato nelle sagrestie a una satira politica annidata tra i ceti impiegatizi. Se la narrazione in questo modo fa fatica a convincere lo sguardo, sono più apprezzabili le trovate a cui fa ricorso il regista per immergere gli spettatori nelle indagini. Le soggettive dei testimoni e i flashback dei protagonisti ci permettono di penetrare nel vivo di un’inchiesta complessa che coinvolge un vasto repertorio umano, ma che potrebbe anche essere stato preso in prestito dall’opera dei pupi. O dalle maschere partenopee.
Angela Cinicolo
 
 

Dire Donna, 24.2.2012
La Scomparsa di Patò: recensione

La Scomparsa di Patò”, film diretto dal regista Rocco Mortelliti, è il primo adattamento cinematografico tratto da un romanzo di Andrea Camilleri; distribuito inizialmente in sole 30 sale con l’auspicio di aumentare la tiratura in corsa, prende il nome, così come le sue radici cartacee, dalle ultime frasi del giallo di Leonardo Sciascia “A ciascuno il suo”. Dalla Sicilia di fine Ottocento ai giorni nostri il passo è breve, almeno attraverso il racconto della scomparsa del Ragioniere Antonio Patò, portando sugli schermi un divertente quanto attuale spaccato dell’Italia intera.
Se il Patò del titolo è interpretato da Neri Marcoré, a proprio agio nel ruolo dell’integerrimo funzionario di banca siciliano che scompare nel nulla durante la recita del “Mortorio”, ovvero la Passione di Cristo, i veri protagonisti della vicenda s’incarnano nei corpi di Nino Frassica e Maurizio Casagrande. Rispettivamente maresciallo dei Reali Carabinieri e delegato della Pubblica Sicurezza in trasferta da Napoli, Frassica e Casagrande divertono e si divertono a suon di frecciatine tra “Armi”, rivedendo in chiave insolita anche il consueto conflitto tra Nord e Sud che, in questa occasione si gioca a poche centinaia di chilometri di distanza. Completano il cast Flavio Bucci, Gilberto Idonea, il grande Roberto Herlitzka nel ruolo del becchino e Simona Marchini nei panni della Principessa Sanjust.
Vigata, 1890. Durante il “Mortorio”, la recita della Passione di Cristo del Venerdì Santo, il Ragioniere Antonio Patò (Marcoré) impegnato nel ruolo di Giuda cade nell’apposta botola nel palco nel momento della simulazione dell’impiccagione accompagnato, come si conviene al suo ruolo, da urla e fischi da parte del pubblico. A fine spettacolo, però, l’uomo sembra essere scomparso nel nulla: né i vestiti né gli abiti di scena vengono ritrovati nei camerini e nessuno sembra averlo visto dal momento clou della rappresentazione. Mentre la moglie contrita si rivolge alla Pubblica Sicurezza per denunciare l’accaduto, sui muri del paese compare la scritta “Murì Patò o s’ammucciò (si nascose)?” insieme alle voci sulla sua sorte che, nel piccolo contesto di paese, diventano sempre più insistenti. Quando anche i Reali Carabinieri vengono chiamati in causa, il delegato della PS Ernesto Bellavia (Casagrande) è costretto a scontrarsi con il maresciallo Paolo Giummaro (Frassica), ansioso di poter partecipare per la prima volta a un’indagine al di fuori delle piccole scaramucce tra compaesani. Costretti a dover unire le forze a causa di ordini superiori, lo zio senatore del Regno di Patò, i due si troveranno a dover far luce su un complesso groviglio di situazioni inaspettate, portando alla luce usi e (mal)costumi dei più insospettabili.
Sceneggiato da Rocco Mortellitti, Maurizio Nichetti e Andrea Camilleri che, per sua stessa confessione, poco ha influito grazie alla perfetta armonia del testo, “La Scomparsa di Patò” esprime alla perfezione le atmosfere del libro dello scrittore agrigentino tanto da meritare l’attenzione, e molto di più, anche da parte di chi ha snobbato per anni la saga del Commissario Montalbano portato sul piccolo schermo dalle interpretazioni Luca Zingaretti prima e recentemente da Michele Riondino. Oltre alla comune ambientazione, la fittizia quanto immancabile Vigata, a governare la pellicola di Mortellitti è un trasporto ironico e accurato che difficilmente riesce a non coinvolgere gli spettatori.
Nonostante la complessità del racconto di Camilleri, fatto di piccole sfumature, voci e dialetti, il film porta abilmente sullo schermo i sapori e gli odori della Sicilia, giocando forse un po’ troppo con alcune scene dal tono boccaccesco, come l’amplesso consumato dai due giovani contadini sull’altare privato della Principessa Sanjust, che riescono comunque a conservare il tono divertente e spigliato della commedia. Interessante anche la scelta di far confluire all’interno della pellicola le testimonianze dei concittadini più illustri attraverso incursioni nei loro ambienti lavorativi, proprio come piccole parentesi all’interno della narrazione della vicenda. Da non perdere anche il brano che scorre sui titoli di coda, interpretato da Neri Marcoré e dal tenore Danilo Formaggia, il Marchese cantante della storia, scritto dallo stesso Mortelliti.
Senza voler svelare troppo della storia, da vivere passo passo accompagnati dalla verve comica dell’inedito duo Frassica – Casagrande che si dimostra perfetto nella burrascosa coppia alle prese con le indagini del fugace Marcoré che compare poco ma perfettamente a suo agio nei panni del trasformista Patò, è chiaro come dietro alle immagini ci sia un abile lavoro di cesello capace di tuffare chi guarda in una perfetta ambientazione dell’epoca che poi, a dirla tutta, tanto “epoca” non è. È così attuale e tangibile la narrazione da convincere anche i più scettici che dialetti e costumi a parte, l’Italia sia proprio quella attuale, quella dei politici dalle mani in pasta, delle pedine costrette ad assoggettarsi al potere costituito e dei furfanti che, almeno una volta, avevano il buon gusto di scomparire per lasciar dimenticare le proprie malefatte.
Chiara Console
 
 

Udine20.it, 24.2.2012
CINE20: recensioni ed uscite cinematografiche / homevideo dal 24/02/12
La scomparsa di Pato’ di Rocco Mortelliti

Un film dove l’unica nota d’interesse è l’essere stato scritto da Camilleri. A voi piace Camilleri? Io non ho mai letto niente di Camilleri, e quindi non posso neanche giudicarlo da questo punto di vista. Il trailer puzza televisione da tutte le parti e benché Neri Marcoré mi piaccia, non riesco a presagirne nulla di buono.
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Il Fatto Quotidiano, 24.2.2012
Quando gli scrittori sfornano sceneggiature

«Il più bel film? L’ Ulisse di Joyce, non ci sono santi ». Il “Financial Times” non apprezzerebbe la spocchia di Carmelo Bene, lamentando invece una sospetta promiscuità tra cinema e letteratura. In una recente inchiesta denuncia infatti la crisi dell’industria cinematografica che, a corto di soldi e di idee, ricorre sempre più spesso all’adattamento di bestseller piuttosto che produrre sceneggiature originali. La ricetta sembra funzionare, visto che agli Oscar, che saranno assegnati domenica, 6 soggetti dei 9 candidati a “Miglior Film” sono tratti da romanzi. Anche in Italia proliferano le trasposizioni su maxi-schermo di libri, siano di Premi Strega o di Moccia, di esordienti o di Camilleri.
[…]
Sandro Veronesi, il cui Caos Calmo è stato un film di Moretti e di cui sarà tra pochi giorni in sala Gli sfiorati, prosegue: «Hugo non scriveva forse per immagini? Rivendico il diritto di scrivere per immagini e dialoghi: è il cinema ad aver preso spunto dalla letteratura. Ma sono due linguaggi differenti: il primo lavora con i fotogrammi, la seconda con le parole. E queste, sul grande schermo, sono spesso sacrificate. Pensiamo a Camilleri: la sua specificità, la sua rivoluzione linguistica, l’invenzione del dialetto si perdono nella trasposizione. Poi ci sono geni che riescono a confezionare ottimi romanzi e trarne grandi film: Elia Kazan… In ogni caso, un film non può essere una semplice versione del libro, piuttosto una traduzione in un altro linguaggio».
[…]
Camilla Tagliabue
 
 

Le invasioni barbariche, 24.2.2012
Simonetta Agnello Hornby racconta il suo incontro con Andrea Camilleri
[Il brano va da 1.30’20” a 1.33’35”]
 
 

Lavika, 25.2.2012
La scomparsa di Patò: primo film tratto da un romanzo di Camilleri
Furbacchioni di ieri nati dalle ultime righe di “Ciascuno il suo” di Sciascia, cresciuto nella fantasia e nella penna di Andrea Camilleri per poi passare alla pellicola di Mortelliti

Una citazione di Sciascia, la fantasia di Camilleri, la voglia di fare di Mortelliti. Tre uomini che hanno dato vita al caso più misterioso e attuale del momento, “La scomparsa di Patò”.
Ha fatto oggi la sua apparizione nelle sale il nuovo film di Mortelliti, dove recita anche la figlia.
Il primo film al cinema tratto da un romanzo del grande Camilleri, nato da una citazione, plasmato da documenti, articoli di giornale, lettere ufficiali, la storia scorre e ci mostra una delle facciate di noi stessi, la furbizia.
Anno 1890, Vigata, Sicilia, ancora una volta la terra madre ospita città nate dalla fantasia ,che ricordano i borghi di Agrigento, Naro, Canicattì e varie località isolane, e che hanno fatto da cornice a questa storia.
Ragionier Antonio Patò, uomo onesto, irreprensibile, integerrimo, marito e padre amoroso, uomo dedicato al lavoro, la casa , la famiglia, uomo di chiesa, l’uomo perfetto che sparisce cadendo da una botola, quella che permetteva l’uscita di chi recitava la parte di Giuda Iscariota nel Mortorio.
Nessuno lo vede, nessuno sa, ma allora “Murì Patò o s’ammucciò?”, dubbio che attraversa tutta la cittadina, che abbia sbattuto la testa e non ricorda niente, che sia morto, che sia stato rapito, nessuna risposta o quasi, le indagini ci sveleranno la realtà dei fatti.
“Giuda murì / Patò spirì / Spirì Patò / Cu l’ammazzò? / Quantu patì? / E po’: pirchì / Patò spirò?”
A condurre le indagini saranno Nino Frassica, nel ruolo del comandante siciliano Paolo Giummaro, e Maurizio Casagrande, nel ruolo del delegato di pubblica sicurezza napoletano Ernesto Bellavia, da sempre nemici riescono in un cameratismo perfetto che li porterà a compiere ciò che non si dovrebbe.
Narrazione in flashback, dubbi su dubbi si accavallano si intrecciano e si risolvono mano a mano che la vicenda si snoda , ma quando tutti i nodi vengono al pettine bisogna dare un colpo di forbici, ed ecco qui che la verità viene rimpiazzata da un’altra verità, fasulla ma più accetta dai cari e dalla Signora Patò (Alessandra Mortelliti, figlia del registra e nipote di Camilleri), donna casa e chiesa innamorata delle sue bambole che custodisce gelosamente.
Nel ruolo del Ragionier Antonio Patò, Neri Marcorè, che gli dona vita e furbizia ogni singolo istante.
Innumerevoli i nomi del panorama siciliano, Guia Jelo che velocizza il proprio monologo recitato in dialetto antico, Manlio Dovì interpreta il ruolo del boss mafioso e tanti altri.
Una pellicola piena di sorprese inaspettate, tra cui il finale, mancante nel romanzo, presente nel film.
Furbizia, paura,preoccupazione, tanto umorismo e un pizzico di storia d’amore, questa la ricetta vincente usata da Mortelliti.
Patò un furbacchione di altri tempi, che fa comprendere quanto il potere, l’astuzia e la voglia di fare possano essere usate senza causare del male.
Maria Luisa Chiarenza
 
 

Europa, 25.2.2012
Gli altri film in sala
La scomparsa di Patò
di Rocco Mortelliti con Nino Frassica e Maurizio Casagrande

Il primo lungometraggio cinematografico tratto da un romanzo di Andrea Camilleri ci fa chiedere come mai non ce ne siano stati altri. Se infatti è vero che il Commissario Montalbano diretto da Sironi corrisponde allo spirito seriale delle avventure di Camilleri, è anche vero che l’autore siciliano, che ha esperienza di sceneggiatore e di regista, firma storie che si adattano bene ad essere realizzate per il cinema, restituendo loro quella complessità e potenza metaforica che la tv nega.
In questo caso la storia della sparizione di un ragioniere (Neri Marcorè) nella Vigata del 1890 dà il via ad un’indagine che mette contro benpensanti e progressisti, creando siparietti comici (mai superficiali) fra le ideologie e i personaggi, primi fra tutti gli strepitosi Frassica e Casagrande nei panni di un carabiniere siciliano e di un poliziotto «del nord» (giacché è napoletano...). E il linguaggio letterario di Camilleri, a metà fra il burocratese utilizzato dai rappresentanti della legge e il colorito dialetto siciliano, si presta sorprendentemente bene ad alimentare dialoghi spassosi.
Paola Casella
 
 

Europa, 25.2.2012
La teledipendente
La nuova fiction
Ci piace anche l’“altro” Montalbano

Riconciliarsi con la tv. E con la Rai. Il giovane Montalbano è riuscito anche in questo. Semplice (si fa per dire nella vostra tv): possiede idee visive e narrative come la serie madre. E funziona. È un Montalbano fuori dal suo ambiente (si trova all’inizio in montagna) e dal suo tempo (non è più il nostro presente ma il passato prossimo, gli anni Novanta, per la prima volta, o quasi, degnamente rappresentati). Ci è pure estraneo nelle fattezze, visto che al posto del calvo Zingaretti c’è il riccio Michele Riondino, molto bravo nel non scostarsi del tutto dal prototipo e nello stesso tempo nel regalare qualcosa di suo al personaggio. È un altro Montalbano in tanti sensi, eppure bastano poche inquadrature ed è subito lui, solo lui. Si deve muovere inizialmente tra verdi montagne e cieli grigi, schiacciato da ciò che non gli appartiene, eppure è già in nuce “Montalbano sono”.
Certo, soffre perché non può mangiare pesce, ma questa è solo la superficie delle cose. L’estraneità di Montalbano alla montagna e la sua appartenenza al mare sono idee narrative che si fanno visive, e viceversa. Quando cala a Vigata, infatti, lo schermo si apre colorandosi di arancio e azzurro. Ed è come se il racconto prendesse il respiro ampio che tutti conosciamo. Montalbano ha un suo modo di vedere le cose anche lassù, ma si invera – assume un orizzonte più vasto – nel luogo adatto a portare avanti il suo mondo interiore. Così la storia che già conosciamo può finalmente cominciare.
Il giovane Montalbano riesce a restituire l’essenza del personaggio. La visione è mista di affetto (vedere il proprio eroe immaginario ancora poco conscio di se stesso) e nostalgia (ripercorrere con la memoria quello che ancora non è). Così deve essere per un prequel che non vuole riscrivere il mito ma vivificarlo. Di solito queste operazioni riescono molto agli americani e agli inglesi, capaci di dilatare la linea narrativa inventandosi un prima, un dopo, un durante. Capaci cioè di creare un racconto così denso che diventa universo narrativo da esplorare in ogni suo anfratto.
Non è facile far funzionare un prequel, eppure ci siamo riusciti. Montalbano è infatti un personaggio denso perché romanzesco, letteralmente e metaforicamente. E Montalbano è un personaggio denso anche perché squisitamente seriale, vive cioè di ripetizioni e variazioni continue al pari di certi personaggi anglosassoni. Tanto che ne dovremmo avere di più: è talmente entrato nell’immaginario che può vivere di vita propria anche senza nuove avventure di carta. Perché tv e romanzi pari sono, in questo caso.
Il giovane Montalbano lascia allo spettatore il piacere di riconoscere quello che già conosce, di vedere nascere sotto i suoi occhi personaggi, tic, frasi che già ama.
È un piacere molto sottile e profondo, possibile solo con eroi seriali di grande levatura. E Montalbano lo è, tanto sulla carta quanto sul piccolo schermo.
[…]
Stefania Carini
 
 

La Repubblica, 25.2.2012
Montalbano giovane, sorvegliato speciale

Come si dirà "prequel" in dialetto siciliano? Si può vivere anche senza saperlo, ma Il giovane Montalbano (RaiUno) è a tutti gli effetti un prequel, ovvero le storie del commissario prese di peso e portate a vent'anni prima. E troviamo il nuovo nevrile Monty, Michele Riondino, coi riccioli e l'andatura dinoccolata, qualche difetto di gioventù e il carattere già abbozzato del tutto. C'è un peccato originale ed è la raccomandazione che, a malincuore, lui accetta per essere trasferito a Vigata: posto di gioventù e con menu a base di pesce, la qual cosa gli fa superare le remore, nonché triglie e sarde. Tutti erano al varco per questo tentativo spericolato: e gli autori, con Camilleri stesso a sovrintendere, sapevano di rischiare grosso. Quindi il lavoro è sorvegliatissimo e la mole di impegno, scelte, cautele è piuttosto visibile. Partenza col botto da otto milioni, meritati. Recitazione adeguata, molto dialetto in più, ma alla fine funziona e non era affatto scontato.
Antonio Dipollina
 
 

La Stampa, 25.2.2012
TV & TV
Il giovane e ottimo Montalbano

Una boccata d'aria, «Il giovane Montalbano». La buona televisione esiste. E può fare ascolti. La buona televisione, giovedì, non era Celentano che si difendeva a «Servizio pubblico», ma era il vero servizio pubblico che talvolta la Rai offre, magari con uno sceneggiato. Ottima produzione, Rai-Palomar, quasi otto milioni di spettatori, ottima regia, di Gianluca Tavarelli, ottimi interpreti. Questa è sempre stata una caratteristica delle fiction da Camilleri: la cura nella ricerca di protagonisti e comprimari. All'americana. Evidentemente non è impossibile. E il bell'amalgama, le professionalità precise, fanno la differenza. Confesso che avevo dubbi su Michele Riondino, così diverso, prima di tutto fisicamente, da Zingaretti, iconografia classica. Lui esile, quel moderno filo di barba, come poteva rappresentarci il commissario degli esordi? Ma appunto gli attori, se sono giusti, che fanno? Recitano. Così, anche per merito suo, eccoci precipitare nel mondo nascente di Montalbano, con le tante figurine che lo attorniamo in pieno delineamento, e l'ex fidanzata, e il padre di Fazio, e il Catarella delle origini. Bravo Riondino, con la sua Accademia d'arte drammatica nello zaino, ma davvero bravi tutti, in grado di passare agevolmente dal dialetto all'italiano: da notare Valentina D'Agostino, pure molto bella.
Alessandra Comazzi
 
 

Il Giornale, 25.2.2012
Montalbano è uno di noi Ma noi non siamo come lui
Boom di ascolti su Raiuno della nuova serie con il commissario "giovane". E il personaggio di Camilleri piace sempre più. Sia alle donne che agli uomini

È tornato Montalbano. Ha molti meno anni, ha molti più capelli, e del resto era difficile il contrario, ma nell’insieme è sempre lui: stesso commissariato, stesso carattere, stesse abitudini. A occhio, solo la fidanzata è differente: mora e riccia invece che bionda e liscia, sicula e non nordica, ma è anche vero che per le donne c’è sempre un parrucchiere, uno stilista o un nuovo lavoro nella strada che dalla giovinezza porta alla maturità... Per gli uomini, quelli come Salvo Montalbano, la moda è una parolaccia, il barbiere un optional, la professione una scelta di vita e anche se il tempo li cambia, essendo senza tempo non se ne accorgono.
Il giovane Montalbano è la nuova serie Rai (sei puntate, regia di Gian Luca Maria Tavarelli, debutto l’altra sera con il 27.99 di share pari a 7 milioni e 749mila telespettatori) che vede il trentenne Michele Riondino prendere il posto del cinquantenne Luca Zingaretti. Per quanto diversi, hanno la stessa fisicità e, passato il primo momento di spaesamento, una volta che il racconto è partito le due immagini finiscono per sovrapporsi e sembrare perfettamente conseguenti. Il «giovane» rimanda a ciò che poi sarà, il «vecchio» ha conservato ciò che è stato e insomma sono sempre quell’essere umano lì, solitario, un po’ scontroso, ribelle, misogino, infelice, perché così va il mondo e lui non lo può cambiare. Il merito va anche a una sceneggiatura che non ha buchi, a una ricostruzione d’interni e a una resa d’esterni esemplare, a una scelta intelligente dell’intero cast, a un lavoro di alto artigianato quale raramente è dato vedere nelle fiction nostrane.
Montalbano, si sa, è una creazione di Andrea Camilleri. Nei romanzi che lo hanno protagonista c’è un elemento linguistico molto forte e insistito, una sorta di dialetto siciliano reinventato, che personalmente non amo molto e che nella riduzione televisiva è stato sempre intelligentemente reso con parsimonia, favorendo così una caratterizzazione, ma evitando il macchiettismo. Al di là di ciò, il suo autore è un sapiente costruttore cinematografico di macchine narrative, ha il senso del dialogo e dei dettagli, e anche questo ha aiutato nel trasferire dalla pagina allo schermo il suo commissario. Sono milioni gli spettatori che non si perdono una puntata (nemmeno in replica) delle avventure di Montalbano ed è probabile che così sarà anche per questa miniserie. I grandi numeri, di per sé, non sono un indice di qualità e ci sono stati sceneggiati di successo che ancora gridano vendetta di fronte al buon gusto.
Montalbano però è un caso interessante perché mette insieme una serie di elementi su cui vale la pena soffermarsi.
Il primo è la Sicilia, che per gli italiani resta qualcosa di esotico, barbaro eppure per certi versi rassicurante. Non stiamo parlando della Sicilia vera, ma di quella che appunto ci appare sullo schermo, assonnata e assolata, passionale e atemporale, nobile e plebea, d’una bellezza indicibile di coste e di montagne, ricca di sapori e di odori. Vogliamo che sia così, sappiamo che non è così, ma non importa, si vive più di illusioni che di certezze. Il secondo è il tipo umano chiamato a raccontarla, Salvo Montalbano, appunto. Piace alle donne perché incarna una figura maschile che le donne stesse hanno contribuito ad affossare e di cui però sentono la mancanza: protettivo, cavalleresco, solido. Piace agli uomini perché ne riflette alcuni elementi ancestrali che la routine della vita ha finito con lo spazzare via: l’indipendenza, un certo gusto del rischio, il senso dell’onore e della parola data... Il terzo e ultimo elemento è una certa idea dell’Italia, più provinciale che metropolitana, più familista che statalista, fatta di rapporti umani solidi, di sostanza e non di spreco, di decoro e insieme di consapevolezza dei difetti altrui e di quelli propri, un Paese contraddittorio, ma a suo modo pacificato.
Da ragazzo, Montalbano è stato un contestatore, poi è entrato in polizia. Voleva e vorrebbe un mondo più giusto e nel suo piccolo si batte per questo. Qualche volta infrange le regole, ma conosce l’arte del compromesso, è tradizionale nei gusti, metodico e persino un po’ noioso e tuttavia con una «corda pazza» nella testa che può renderlo imprevedibile. Ama il mare, il sole, la buona tavola, detesta il freddo. Come si fa a non volergli bene? È quello che noi vorremmo essere e insieme è uno di noi.
Stenio Solinas
 
 

La Sicilia, 25.2.2012
Santa Croce. E' stato il programma tv più visto nella serata di giovedì
Fa centro il giovane Montalbano
E’ boom di ascolti anche stavolta
Schembari: «La fiction promuove al meglio il nostro territorio»
Riondino bissa il successo di Zingaretti con una fiction di qualità che ha tenuto incollati oltre 7,5 milioni di spettatori

Quasi otto milioni di telespettatori hanno seguito in prima serata su Raiuno la prima puntata de ''Il giovane Montalbano''. La fiction interpretata da Michele Riondino ha infatti ottenuto un ascolto di 7 milioni 749 mila spettatori con il 27.99 di share. La rete ammiraglia si aggiudica il prime time con 7 milioni 85 mila spettatori e il 23.67 di share. Insomma un nuovo successo con il "giovane" Montalbano che conquista i telespettatori come il "vecchio". E così in Rai è tornato il commissario più famoso d'Italia e gli ascolti sono tornati a salire.
Il giovane Montalbano dimostra che la qualità della fiction italiana è possibile e che va ricercata a tutti i costi visto che continua a confermarsi un nuovo clamoroso successo in termini di ascolti, coniugati ad un notevole livello qualitativo. E in qualche modo anche il confronto con la vecchia serie tv, quella dove Montalbano è interpretato da Luca Zingaretti, era inevitabile e dunque c'era molta attesa per la prima puntata della serie del giovane commissario nato dalla penna di Andrea Camilleri. I romanzi della serie sono stati trasposti felicemente per il piccolo schermo dal regista Alberto Sironi, ma anche il regista Gianluca Maria Tavarelli, insieme agli sceneggiatori, tra cui lo stesso Camilleri, ha saputo innovare, scegliendo di aderire maggiormente ai primi racconti con il poliziotto siciliano. Stessa ambientazione, nella immaginaria Vigàta, ovvero i principali scenari della provincia di Ragusa tra Ibla, Scicli, Santa Croce Camerina e l'immancabile casa di Punta Secca. E poi un uso più marcato del dialetto e i personaggi più ricorrenti, come Fazio, Gallo, Catarella, anche se il commissario Montalbano è il più giovane di tutti. L'interpretazione di Michele Riondino, l'estate scorsa tra i premiati sul palco del Taormina Film Festival, è molto magnetica, in parte tenebrosa, ma carica di espressività in grado di dare un'identità ben diversa al personaggio stesso che naturalmente nell'eccezione comune è, o meglio è stato, finora quello interpretato da Zingaretti e dalla sua pelata.
Tra gli attori presenti già nella prima puntata c'è anche l'attore modicano Andrea Tidona che interpreta, e con grandi doti di recitazione, il personaggio di Carmine Fazio, esperto agente che è di grande aiuto al giovane commissario e trova quella famiglia che forse non ha mai avuto. Ma trova anche un fratello minore di cui il questore gli chiede di occuparsi: Agatino Catarella interpretato in questa serie da Fabrizio Pizzuto e non dall'ormai famoso attore ragusano Angelo Russo. Catarella è il poliziotto rimasto orfano, dall'animo semplice ma si rivela subito estremamente grato al commissario che, sorvolando su certi suoi problemi con la comprensione dei nomi, lo prende sotto la sua protezione e gli assegna il "delicato" compito di centralinista del commissariato. Montalbano, giovane o vecchio che sia, torna dunque ad invadere i palinsesti televisivi che più sono graditi dai telespettatori e torna ad essere, come dimostrato di recente anche alla Bit di Milano, un eccezionale strumento di promozione del territorio. Ne è convinto anche Lucio Schembari, sindaco di Santa Croce Camerina, comune dove in parte si gira la fiction e dove si trova, a Punta Secca, la casa sulla spiaggia dove il commissario passa alcune ore della giornata quando non è impegnato nelle sue complicate indagini. "Santa Croce è andata ancora una volta in onda con le sue location, le sue ambientazioni, le luci della festa di San Giuseppe - dice il sindaco Schembari - e di questo siamo molto felici e soddisfatti e sicuramente siamo contenti che questa fiction continui di riflesso a promuovere il nostro territorio ottenendo tra l'altro ottimi ascolti".
Michele Barbagallo
 
 

La Sicilia, 25.2.2012
Santoro con Celentano solo al 6.7% di share
“Il Giovane Montalbano” sfiora gli 8 milioni
«Ma senza soldi per le puntate con Zingaretti»

"Servizio Pubblico", con la prima intervista ad Adriano Celentano dopo le polemiche di Sanremo, in onda su un network di tv locali, su Cielo e su Sky, si ferma a 1.688.000 spettatori con il 6,71% di share, quasi 8 milioni (7.749.000) e il 28% invece per "Il Giovane Montalbano", giovedì sera al debutto su Rai1. Per i gialli di Andrea Camilleri da molti anni trasformati in film per la tv di enorme successo si è trattato di un nuovo inizio. Era la prima di sei puntate. Ma quale futuro? «Il 2 aprile cominciamo le riprese dei 4 nuovi Montalbano con Zingaretti, "Il sorriso di Angelica" e "Il gioco degli specchi", oltre a due tratti dai racconti». Ma non erano già in cantiere? «Erano nel piano fiction 2011 ma i contratti con la Rai non sono ancora stati firmati. Confido che nelle prossime ore si possa raggiungere un accordo. Intanto contano i risultati: in un panorama di televisione così frammentata, Montalbano si conferma come un appuntamento da non perdere per una platea molto vasta».
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 25.2.2012
Palermo saluta Sellerio
"Intestiamogli il museo della fotografia"

Solitario, selettivo, di poche parole e quasi sempre pungenti, fotografo dell'intelligenza e intellettuale lucido, bello come Gary Cooper. Così gli amici, accendendo il sorriso tra le lacrime, con le citazioni dei suoi calembour e dei suoi motti irriverenti, hanno ricordato Enzo Sellerio nel giorno del suo addio a Palermo con un funerale laico, da lui chiesto. E che si è chiuso con la speranza di un "regalo": l'intestazione del futuro Museo della fotografia di Villino Favaloro. Chissà se Enzo Sellerio, outsider di una storica classe dirigente d'opposizione, ultimo di una scia di abbandoni che hanno decimato in questi anni il mondo della cultura e dell'intellighenzia di sinistra, avrebbe gradito la presenza di cinquecento persone stipate dentro e fuori il salone Amari dell'Istituto di Storia Patria. Nella prima fila, ad ascoltare, stringendosi forte, i due figli Olivia e Antonio. «Se avesse visto questa accoglienza, lui che sfuggiva chiunque tentasse di avvicinarlo, si sarebbe innervosito, avrebbe trovato una delle sue caustiche espressioni», ha detto nel suo intervento Gianni Puglisi, presidente della Società siciliana di piazza San Domenico, dove si sono svolti ieri i funerali di Enzo Sellerio, morto a 88 anni, un anno e mezzo dopo la moglie Elvira, un mese dopo lo scrittore Vincenzo Consolo, un anno e due mesi dopo il barone Francesco Agnello, presidente degli Amici della Musica. «È stato un uomo rinascimentale, emblematico. E come fotografo ha selezionato le gemme di questa terra - ha aggiunto Puglisi - Nella sua bara è racchiuso un archivio di immagini, ogni immagine è un capitolo della storia della Sicilia. Enzo aspettava il momento della rinascita di questa città. Non so se quel giorno è vicino, Enzo, ma quel giorno tu ci sarai». Prima, di mattina, l'ultimo ingresso nel portone di via Siracusa, per salutare la casa editrice Sellerio, il suo "ufficio", il concentrato della sua vita. Ci teneva molto, a questo passaggio nel luogo più amato. Poi l'arrivo in piazza San Domenico, tra gli applausi della gente e tantissimi fotografi. «Non sarò un tumorato di Dio»: questa battuta gli era nata parlando delle grandi conversioni in punto di morte, riferendosi a Renato Guttuso. Sellerio avrebbe gradito un funerale allo Steri, in quella Sala dei Baroni che era stata al centro di tante sue battaglie per chiederne l'apertura al pubblico. Ma è stato impossibile, per i familiari, avere quella sede, per i restauri in corso. La scelta è caduta sulla Storia Patria, la Casa dei grandi siciliani. In sala tantissimi docenti universitari, esponenti del mondo dell'informazione, della politica siciliana, ex comunisti come Gianni Parisi e Michele Figurelli, e poi Gioacchino Lanza Tomasi, Silvana Paladino, Janne Pasqualino. Ci sono anche i fotografi Melo Minnella e Giuseppe Leone, le due figlie di Camilleri, Carlo degli Esposti, produttore del Montalbano televisivo, lo scrittore Marco Malvaldi, uno degli ultimi cavalli di razza lanciato dalla Sellerio. Mancano invece rappresentanti del Comune e della Regione, non c'è nemmeno uno dei candidati alla carica di sindaco. In partenza per Londra, la scrittrice Simonetta Agnello Hornby, annuncia che illustrerà con le foto di Enzo Sellerio il suo prossimo libro "Il filo d' oro". «Un uomo con l'occhio vivace, intelligente. E modesto. L'ho incontrato una volta, forse due. Gli dissi che l'ammiravo moltissimo. E lui mi rispose: "niente, niente"». Sellerio avrebbe compiuto oggi 88 anni. «Il numero 88 corrisponde agli occhiali di Abramo. Gli sarebbero calzati a pennello, perché Enzo Sellerio era un saggio - dice il critico musicale Piero Violante, in un altro degli interventi, ricordando anche la vicenda dell'archivio fotografico siciliano, trasferito da Villino Favaloro a piazza Sturzo, in un locale da Sellerio ritenuto inadeguato - Se ne dolse moltissimo. Per questo Enzo non abitava più a Palermo ma a casa sua». Buttitta ricorda una disavventura sull'Etna in eruzione, quando Sellerio chiosò alla sua maniera: «Siamo stati sfortunati, se fossimo morti saremmo stati ricordati per sempre». «Avrei voluto dare anche a lui la laurea ad honorem, come a Vincenzo Consolo e a Bruno Caruso. L'Università non ha fatto in tempo», si dispiace l'italianista Natale Tedesco. Il critico d'arte Sergio Troisi, nel suo intervento, ha accostato Sellerio a Cechov perché i suoi scatti, come i racconti dello scrittore russo, lasciavano spazi di interpretazione aperti. La cerimonia si conclude con un ultimo annuncio. Lo fa Michele Di Dio, curatore del museo siciliano di Storia della fotografia. Annuncia che il museo sarà intitolato a Enzo Sellerio, la richiesta è già partita dai Beni culturali. «Tutti ricorderanno l'appello dei 50 intellettuali lanciato da Sellerio. Non appena i lavori di ristrutturazione saranno ultimati, entro due anni, il museo, che attualmente si trova nella sede del Centro per il catalogo, sarà trasferito nel Villino Favaloro di piazza Virgilio».
Antonella Romano
 
 

Il Sole 24 Ore, 26.2.2012
Posacenere

Se mi chiedessero quale atto di gentilezza m’abbia più toccato, non avrei esitazioni a rispondere. Venticinque anni fa, al Cairo per lavoro, mi mettono a disposizione una macchina con un autista che capisce l’italiano ma non lo parla. Due giorni prima del mio rientro in Italia, l’amico Kardash, in auto con me, m’invita a restare ancora qualche giorno. Gli rispondo che non posso, ho troppa nostalgia della mia prima nipotina che ha cinque anni. L’indomani mattina, salendo in macchina, trovo una bella bambina seduta nel sedile posteriore. Guardo interrogativo l’autista. Che mi sorride e dice stentatamente: «Questa figlia mia. Cinque anni. Io porto lei così tu tieni mano lei e passa nostalghia e resti ancora con noi».
Andrea Camilleri
 
 

La Sicilia, 26.2.2012
La scomparsa di Patò
Misteri, pregiudizi e falsità

Vigata, dopo annate e annate di Montalbano televisivo la conosciamo tutti e Andrea Camilleri, pure. Gli attori, poi, da Neri Marcorè a Nino Frassica, da Maurizio Casagrande a Guia Jelo sono ormai volti affettuosamente noti per spettatori volenterosi fruitori a tutto campo, cinema-tv-teatro. Peccato che non basti a rendere davvero cinematografica questa «Scomparsa di Patò», traduzione per lo schermo delle pagine di Camilleri per mano di Rocco Mortelliti. Non basta a «illuminare» questo lungometraggio che per la prima volta accompagna il grande vecchio sullo schermo. Non basta Antonio Patò che fu Giuda nella rappresentazione del Mortorio a Vigata, anno 1890, e sparì subito dopo, cadendo nella botola: impiccato per finta ma sparito per davvero. A indagare su grappoli di perché e sottoboschi di misteri due poveracci che sembrano non raccapezzarsi ma poi capiscono. E non è detto che a quel punto il problema sia risolto. Meglio, si risolve mettendo ogni tassello di pregiudizi e falsità al proprio posto in un passato cinico non meno di questo presente che stropicciamo come il peggiore dei tempi possibili. Avessimo visto in tv questo film, tutto sarebbe quadrato, imperativi ed estetica del mezzo inclusi, ma il cinema è un'altra cosa, un altro mondo, un'altra lingua. E vorremmo disperatamente che continuasse ad esserlo.
Silvia Di Paola
 
 

Famiglia Cristiana, 26.2.2012
La prima volta di Camilleri

Debuttare a 86 anni. Andrea Camilleri, una vita intera dedicata ai libri (da leggere, da tradurre, da scrivere) e alla Tv (suoi gli adattamenti delle commedie di Eduardo De Filippo e di serie quali Il commissario Maigret con Gino Cervi, Laura Storm con Lauretta Masiero, Il tenente Sheridan con Ubaldo Lay), aveva ancora una vetta da conquistare: il cinema. Strano a dirsi, visto che la cattedra di regia all’Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio D’Amico è stata sua per vent'anni. Ora il tabù è sfatato con l'uscita di La scomparsa di Patò, pellicola firmata da Rocco Mortelliti con un trio di bravi protagonisti: Nino Frassica nel ruolo del commissario dei carabinieri Giummaro, Maurizio Casagrande in quello del delegato di pubblica sicurezza Bellavia e Neri Marcorè nei panni ambigui del ragionier Patò. L'epoca è il 1890. Il luogo, manco a dirlo, Vigata.
A dispetto del successo in Tv del commissario Montalbano, il personaggio più celebre dei tanti creati dallo scrittore (17 romanzi e vari racconti diventati fiction con la bella faccia di Luca Zingaretti), nessuno degli altri libri di Camilleri era stato finora tradotto in film. Eppure, sono una quarantina di titoli.
"La cosa curiosa, a dir la verità, è un'altra" ammicca l'autore con la sua arguzia di patriarca. "I diritti dei miei romanzi sono stati acquistati da tempo, tutti quanti. Nessun produttore ha, però, poi dato un seguito sul set alle sue intenzioni. Il primo è stato Mortelliti. Anche se qualcuno parlerà di nepotismo".
- Solite maldicenze all'italiana?
"Rocco è mio genero. Meglio: è l'ex marito della mia figlia più grande. Siamo in ottimi rapporti, è uno di casa. Ci accomuna la passione per il teatro. Quando uscì La scomparsa di Patò, nel 2000, s'innamorò subito del libro. Disse che gli sarebbe piaciuto farne un film. Ci ha lavorato sopra anni. Un giorno è venuto dicendo che era pronto: ho messo tutto nelle sue mani. Ai miei tempi, ho lavorato con Eduardo: carattere spigolosissimo, tanto che in Rai nessuno voleva saperne. So bene che croce possa essere l'autore per il regista".
Camilleri ride divertito dietro le sopracciglia cespugliose. Ci accoglie nel salotto della sua bella casa romana, a un passo dagli storici studi radiofonici di via Asiago. Attorno a noi, scaffali che traboccano di libri dall'aria vissuta. Lui è accovacciato in poltrona, sornione come un gatto. Abbiamo appena visto La scomparsa di Patò e ti aspetti di veder sbucare all'improvviso uno dei suoi personaggi ottocenteschi. O, magari, Montalbano Zingaretti con un piatto di caponatina in mano.
- Camilleri, La scomparsa di Patò è un vero e proprio giallo in costume dal meccanismo a orologeria. Non teme però che il suo passo lento, teatrale, e l'assenza di effetti speciali possano risultare indigesti per lo spettatore?
"Mi rendo conto che si tratta di un film anomalo per gli standard di oggi. Eppure, al cinema non vanno solo i ragazzi ma anche le persone di una certa età. Il ritmo sincopato di tante pellicole non va bene per tutti. C'è chi alla fine ha dimenticato un flashback, un episodio, un personaggio. Qui la sfida è alla portata di tutti: provate a indovinare...".
- La morale di fondo di Patò è che l'Italia dell'ipocrisia, degli intrallazzi, è sempre la stessa. "Tutto cambia purchè nulla cambi", diceva il principe di Salina nel Gattopardo...
"Non scomodiamo certi paragoni. Vero è che il maresciallo e il delegato si toglieranno dagli impicci con una furbata all'italiana".
- Lei è sempre stato critico col Governo Berlusconi. Le pare che con Monti vada meglio?
"Come stile e credibilità, senz'altro. Il problema è eliminare i rifiuti tossici, ciò che Berlusconi ha creato, chi gli stava attorno".
Maurizio Turrioni
 
 

Superga Cinema, 26.2.2012
La Scomparsa di Patò – Rocco Mortelliti
Il Fu Antonio Patò
«Giuda murì Patò spirì, / spirì Patò, cu l'ammazzò? / Quantu patì e po': pirchì Patò spirò?»

Sicilia. Vigata, 1890. È il Venerdì Santo e nella piazza del paese viene messo in scena il "Mortorio" ossia la Passione di Cristo e l’integerrimo ragioniere di banca Antonio Patò, interpreta la parte di Giuda. La rappresentazione giunge all'acme con l'impiccagione di Giuda/Patò che, accompagnato dagli improperi degli spettatori, cade nell’apposita botola. Finito lo spettacolo Patò sembra scomparso; nel suo camerino non si trovano né i suoi abiti né il costume di scena. Su un muro di Vigata compare una scritta "Murì Patò o s'ammucciò (si nascose)?". La Pubblica Sicurezza nella figura del delegato Ernesto Bellavia e i Reali Carabinieri nella figura del maresciallo Paolo Giummaro entrano in competizione e si ostacolano nelle indagini. Si insinuano ipotesi: una qualche irregolarità nella conduzione della banca? Una perdita di memoria dovuta alla caduta nella botola? Un qualche complotto mafioso? Che fine ha fatto Patò?
Andrea Camilleri è uno dei più geniali autori del panorama della scrittura d’intrattenimento europeo, se non addirittura mondiale. Forte di un grande seguito costituito negli anni, le sue opere e i suoi personaggi sono stati tradotti in ogni Media, dalla radio al videogioco, passando per il clamoroso successo del Commissario Montalbano (sia in televisione che ovviamente in letteratura). Presentato allo scorso Festival di Roma, “La scomparsa di Patò” si pone l’obiettivo di puntare la bandierina sull’ultimo territorio, non ancora “colonizzato” dallo scrittore siciliano: il cinema.
Il risultato di questo esordio è soddisfacente, grazie ad una produzione molto curata specialmente nelle scenografie e nei costumi ma che deficita per coraggio nella scelta dei protagonisti: a differenza dei volti che interpretano i ruoli secondari, i “detective” ante litteram sono interpretati da attori molto popolari e troppo incastrati nei ruoli che li hanno resi celebri; se vedere Daniel Radcliffe nuovamente nei panni di un maghetto può suscitare forti critiche o addirittura risultare vagamente patetico, ritrovare Nino Frassica nella divisa (seppur d’epoca) da Carabiniere, fa troppo pensare al suo personaggio in Don Matteo.
Il coraggio latita anche nelle scelte registiche, molto ingessate e televisive: non è la prima volta che Rocco Mortelliti, genero dello scrittore siciliano nonché suo allievo all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”, mette in scena lavori di Camilleri ma stavolta però è la prima sul grande schermo.
Non ci sentiamo, però, di stroncare in toto “La scomparsa di Patò” in quanto i lati interessanti sono, sulla bilancia, più pesanti di quelli negativi: oltre alla cura citata in precedenza, Neri Marcorè (Antonio Patò), notorio attore e personaggio televisivo sapientemente misurato, sfrutta le poche ma importanti sezioni del film in qui è protagonista. L’insieme è una buona detective story d’antan, infarcita di commedia. Per azzardare un parallelismo ardito potremmo paragonare i toni de “La Scomparsa di Patò” alle conseguenze del “Fu Mattia Pascal” di Luigi Pirandello insieme allo scontro sociale di “Benvenuti al Sud”, dove il Terrone è il Siciliano mentre il Meridionale è un Napoletano.
Per concludere bisogna dare atto dell’ottima trasposizione del romanzo che, anche su celluloide, conserva lo spirito di Camilleri non trascurando l’importante espediente del dialetto che aggiunge un tocco di esotico e nostalgico all’ambientazione.
Gli amanti di Andrea Camilleri non rimarranno troppo delusi da quest’opera che consacra lo scrittore siciliano un vero e proprio Re Mida.
Giovanni Villani
 
 

RagusaOggi, 26.2.2012
Lo sceneggiato Rai con la prima indagine del commissario trentenne è bello. Almeno finora.
Il giovane Montalbano. Verace, scaltro, bravo e sicilianissimo

Se la nuova serie di sceneggiati televisivi con protagonista il commissario creato da Andrea Camilleri dovesse avere anche solo la metà del successo avuto dalla serie con lo stesso poliziotto interpretato da Luca Zingaretti, sarebbe già un successone.
E la prima puntata parrebbe orientarsi in tal senso, con otto milioni di telespettatori. Certo, c’è da considerarsi l’effetto novità, la curiosità, anche del confronto. Ed è quello che ha spinto anche Hicsuntleones ad unirsi ad altri otto milioni di italiani per seguire le avventure di Salvo Montalbano. Come ha già scritto su queste stesse colonne il direttore Franco Portelli, almeno la prima puntata ha sortito un giudizio molto positivo, che Hicsuntleones ha condiviso e verificato parlandone con non pochi amici che avevano visto lo sceneggiato. Parrebbe essere piaciuto a tutti questo barbuto e capellone poliziotto alle prime armi, asciutto e quindi molto diverso da Zingaretti, che – tenuto anche conto della sua età – oltre ad aver perso i capelli ha anche qualche rotolino di grasso sul ventre. Ma le differenze – a nostro avviso – non sono tanto da riscontrarsi nel confronto tra i due attori, quanto nella impostazione generale del film, che appare immediatamente diverso (non migliore o peggiore) grazie ad alcune note caratteristiche. Se la prima è ovviamente la recitazione di un giovane barbuto dallo sguardo acutissimo e la parlata smaccatamente palermitana, la seconda è certamente quella netta percezione di trovarsi davanti ad un film fatto, pensato, diretto, realizzato in Sicilia. Paesaggi, inquadrature, colori e luce sono quelli della Sicilia vera, non da cartolina. Quando parla Zingaretti si percepisce benissimo (o almeno lo percepiamo noi siciliani) che si tratta di un italiano che parla il siciliano (tra l’altro quel siculo-italiano inventato da Camilleri). Anche Michele Riondino è italiano e non siciliano, ma quando dice “grandissimo cornutazzo” lo dice come lo direbbe un vero siciliano. La palermitana Valentina D’Agostino che ha interpretato la parte di Viola è semplicemente un mostro di bravura, oltre ad essere bellissima (se lo è senza trucco, con i capelli sporchi e disordinati, con addosso uno straccio e due vecchi scarponi maschili, immaginatela truccata, ben vestita e su due scarpe da femmina, sarà una vera e propria bomba). E poi c’è il modicano Andrea Tidona che è praticamente perfetto per essere Fazio Senior. Questo sceneggiato ha dato l’impressione di essere verace, di essere sincero, di essere una pietra siciliana piuttosto che una bella e lucida plastica italiana. Questo potrebbe però essere un’arma a doppio taglio. Intendo dire che questo suo essere più profondo e vero del commissario adulto e di certi suoi co-protagonisti renderà, ha anzi già reso, molto più vicino agli isolani il commissario di Vigata, potrebbe pericolosamente renderlo più ostico, e distante al resto dei compatrioti. Un prodotto artigianale non sempre è più apprezzato dell’omologo industriale.
Attendiamo le prossime puntate, ansiosi di vedere se Catarella rimarrà col volto di questo scuro attore che non raggiunge certo le vette del ragusano Russo, e soprattutto in attesa di capire come può essere successo che Salvo Montalbano abbia lasciato (ma potrebbe essere stato lasciato) una fidanzata sicula, quella Mary con un cespuglio di bellissimi e nerissimi capelli ricci e sensuale, e sperta, per mettersi con quel manico di scopa di Livia, gghiarna e antipaticissima continentale brava solo a scassare i cabbasisi.
Hicsuntleones
 
 

Vanity Fair, 27.2.2012
«Dovevo diventare operaio. E invece adesso faccio Montalbano»
Intervista a Michele Riondino, uno dei giovani attori del momento, protagonista del Giovane Montalbano e sul set di Bellocchio per un film sulla vita di Eluana Englaro

Prima cosa da fare: provate ad immaginarvi la scena. Con Michele Riondino che si ferma, si apparta un attimo, e risponde al telefono. È su un set cinematografico, sta girando un nuovo film, la regia è di Marco Bellocchio, e il tema trattato non è affatto semplice: la vita di Eluana Englaro. Dunque, torniamo a Riondino, con l’accento di Taranto che se lo concede solo quando è rilassato, “ma difficilmente lo sono”. Ecco, in questi giorni si parla tanto di lui, il boom di ascolti per la prima puntata del Giovane Montalbano, andata in onda giovedì scorso su Rai Uno (ce ne saranno altre cinque); un film in uscita nelle sale tra una settimana, Gli sfiorati di Matteo Rovere; e un altro ancora previsto per il 6 marzo, Henry di Alessandro Piva. Non è finita: sempre quest’anno, lo vedremo in Acciaio, di Stefano Mordini, tratto dal romanzo della Avallone.
[...]
Chiudiamo parlando di Montalbano: sente il peso del confronto con il suo predecessore?
«Non c’è confronto, Zingaretti è bravissimo, ed è stato amato da tutti. Io sto correndo un rischio, e ci ho messo tanto per darmi coraggio ed accettare la parte. Ora lo guarderò in tv, come state facendo voi. E vi assicuro che non passa un giorno che non penso come potevo migliorarmi».
Gabriella Greison
 
 

Il punto a Mezzogiorno, 27.2.2012
“Dalle parole al fotogramma”, un concorso sulla legalità ispirato ai film di Camilleri
Presentata nel Salone di Rappresentanza l’iniziativa per le scuole promossa dal Comune di Ceprano

Frosinone (Fr). Presentato nel Salone di rappresentanza della Provincia di Frosinone il Concorso letterario promosso dal Comune di Ceprano, “Dalle parole al fotogramma”, bandito in occasione della prima programmazione del film “La Scomparsa di Patò” dell’autore Andrea Camilleri.
Il Concorso ha come tema “La legalità come risorsa dello Stato contro i poteri forti che ne limitano la legittimità” ed è aperto agli studenti delle scuole medie superiori, in particolare ai frequentanti la quarta e quinta classe delle scuole superiori della provincia di Frosinone.
Il bando invita gli studenti a riflettere su una tematica di grandissima attualità come quella della legalità. Ogni istituto potrà inviare cinque elaborati che saranno esaminati da una giuria di tre soggetti esperti in materia. Il Presidente di Giuria sarà lo scrittore e poeta Andrea Camilleri. Gli altri due componenti saranno designati con provvedimento della Giunta Comunale di Ceprano.
Saranno premiati i migliori tre elaborati,. Ai vincitori verrà assegnata una borsa di studio in denaro dell’importo di € 250,00 al1°, di € 150,00 al 2° ed € 100,00 al terzo. La terzina vincente sarà scelta dallo scrittore Andrea Camilleri a suo giudizio insindacabile. I vincitori saranno proclamati il prossimo 30 marzo. Il bando è disponibile sul sito del comune di Ceprano: www.comune.ceprano.fr.it.
Presenti alla cerimonia di lancio del concorso, oltre ad una nutrita rappresentanza delle scuole superiori del territorio, il sindaco di Ceprano Giovanni Sorge, il presidente del Consiglio regionale del Lazio Mario Abbruzzese, l’assessore provinciale alla cultura Antonio Abbate e il suo omologo di Ceprano Lorella Giannicchi, nonché il consigliere comunale Anna Gallina. Ospite d’onore della manifestazione, il regista del film Rocco Mortelliti.
“Ottima iniziativa quella promossa dal Comune di Ceprano – ha dichiarato l’assessore Abbate – un progetto di alta valenza culturale e sociale in cui il cinema diventa strumento di pedagogia per favorire nei ragazzi la riflessione su una tematica di grande attualità e importanza come la legalità.
Educare a questo fondamentale principio civile i cittadini del futuro, gli studenti, è un compito primario delle istituzioni, farlo attraverso progetti in cui la cultura costituisce strumento centrale, è iniziativa ancor più lodevole. Per tale motivo ringrazio il Comune di Ceprano e la sua amministrazione, soprattutto, per aver voluto che fosse il prestigioso Salone della Provincia ad ospitare il lancio di questo importante concorso. Un grazie particolare al regista Rocco Mortelliti”.
 
 

Comune di Roma, 28.2.2012
Alla Casa dei Teatri “I Giganti della Montagna” di Pirandello

Roma – La Casa dei Teatri, nello storico Villino Corsini all’interno di Villa Pamphili, ospita domenica 4 marzo (ore 12) lo spettacolo “I Giganti della Montagna” di Luigi Pirandello, a cura di Giovanni Greco e Gianluca Riggi e con l'intervento video di Andrea Camilleri. Tra gli interpreti: Elena Baroglio, Flavio Ciancio, Camilla De Bartolomeo, Cecilia Delle Fratte, Simo El Idrissi, Elena Garrafa, Giulia Nicolai, Celine Quadra, Daniela Vitale e con Alessandra Mortelliti.
Lo spettacolo di domenica è preceduto da una tavola rotonda venerdì 2 marzo alle 11, sempre alla casa dei Teatri, con i protagonisti dello spettacolo in scena domenica. Saranno presenti: Andrea Camilleri in collegamento video, Giorgio De Vincenti e Marco Maria Gazzano, entrambi dell’Università di Roma 3, Claudio Vicentini dell’Università Orientale di Napoli e Claudio Zambianchi della Sapienza di Roma.
Per informazioni: Casa dei Teatri telefono 0645460693
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 28.2.2012
Il libro. Camilleri dall'A alla Z "Lasciatemi divertire"
Sellerio pubblica un saggio di Gianni Bonina che prende in esame ottanta titoli dell’autore e che, attraverso una lunga intervista rivela dettagli, curiosità e un desiderio: “Lasciatemi divertire, voglio essere libero”
Tutto su Camilleri
Tv, critica, successo lo scrittore dalla a alla zeta

Tremerebbero i polsi pure a Balzac di fronte a un lavoro simile: sono ben ottanta, infatti, le opere di Camilleri censite nel volume di Gianni Bonina, "Tutto Camilleri" (Sellerio, 828 pagine, 26 euro) che esce giovedì. Una summa enciclopedica della produzione camilleriana: a scorrere i titoli dei romanzi, delle raccolte di racconti, dei saggi, delle narrazioni brevi, si prova una strana vertigine. Una sorta di ubriacatura cartacea: si va da "Il corso delle cose", uscito per i tipi di Lalli nel 1978, per arrivare a "I fantasmi" (E-il mensile) del 2011: nel frattempo, va detto, è uscito qualcos'altro, mentre scalpita nella scuderia Sellerio la seconda raccolta delle storie vigatesi.
Un cantiere aperto senza posa, una sorta di macchina narrativa da guerra. Ogni opera è riassunta agilmente, in un compendio protocollare sino, quasi, all'inverosimile.
Ma ad arricchire questo curioso e imponente glossario, è la voce dell'autore, che pazientemente analizza una per una le sue opere: Bonina, nelle vesti dell'inquisitore mai sazio, pungola Camilleri, lo stimola, lo provoca sovente: mette il dito nella piaga di un'apparente incongruenza, costringe il padre del commissario Montalbano a ricapitolare storie e vicende, a dare conto e ragione dell'apparizione di un personaggio, dell'uscita di scena di un altro. Non s'è mai visto, a memoria di chi scrive, una competenza così monomaniacale da parte di chi ha assemblato il volume.
Ne viene fuori un possibile arcipelago di temi e argomenti, una carrellata di spunti e di indicazioni: una sorta di autobiografica e gigantesca glossa, un autocommento indotto. Una specie, per intenderci, di "Storia e cronistoria di Camilleri" sciorinate da se medesimo, sotto tortura: Gianni Bonina si trova perfettamente a suo agio nelle vesti del Torquemada di turno.
Proviamo dunque a isolare alcuni blocchi tematici.
Il divertimento. Andrea Camilleri comincia a scrivere il suo primo romanzo in un lontano giorno che cadeva il primo aprile. Il segno, indubbiamente, che si sarebbe divertito. Ma anche la spia di una beffa incipiente, della tirata allo sberleffo narrativo, della vocazione all'apocrifo. «Ho cominciato a scrivere il mio primo romanzo un primo d'aprile, è vero. Ma non so onestamente dire se sia stato per caso o per causa».
A proposito dei falsi letterari: «L'apocrifo, quando scrivo i cosiddetti romanzi storici, è per me indispensabile. Non è poi un divertissement. Ho detto che, prima di mettere mano a Il re di Girgenti, mi sono preparato tanti documenti apocrifi. Qualcuno l'ha pubblicato Silvano Nigro nel Meridiano non montalbaniano. È un mio modo di entrare dentro la storia da raccontare».
La sperimentazione. Camilleri è uno scrittore ramingo, mai pago del risultato raggiunto. Uno che si mette in discussione ogni volta, volendo osare sempre di più: «L'oltranza nasce dalla voglia di spingere a fondo il pedale e vedere se la macchina narrativa ce la fa a resistere o si scassa. È una delle mie ricerche sperimentali che purtroppo pochissimi notano. Qui ("La scomparsa di Patò", ndr ), al lettore, è chiesto il massimo della collaborazione. Forse la stessa che si chiede a uno spettatore di teatro». Per poi ribadire, più avanti: «Arrivato alla mia età, il verso di Palazzeschi, "Lasciatemi divertire", credo di volerlo fare mio e di scrivere cominciando a essere un po' più libero per quel poco che riuscirò a scrivere». E alla fine riaffermare: «Gli esperimenti continuo sempre a farli. Direi che ne vado facendo sempre di più negli ultimi tempi».
Scrittura e televisione. Qui Camilleri quasi perde le staffe. «Devo ripetere ancora una volta che quando scrivo un episodio di Montalbano non tengo affatto conto che ci sarà un adattamento televisivo? Le devo confessare che trovo questo tipo di domande realmente offensive per il mio lavoro di scrittore. Se quel romanzo finisce con una scena d'azione vuol dire che doveva, per ragioni esclusivamente narrative, finire così». E non è tutto: «Lei crede che quando scrivo un romanzo stia a fare il conteggio delle copie che riuscirò a vendere? E che i miei lettori, o la tv, condizionino la mia scrittura? Ma via! Io tengo presente solo ed esclusivamente le necessità del raccontare. Mi sono stancato di ripeterlo».
Montalbano e l'ossessione. «Con il "Cane di terracotta" pensavo di aver chiuso la questione Montalbano. Ma, oltre alla signora Sellerio, altri amici mi sollecitarono a continuare... Io veramente non avevo alcuna intenzione di diventare un giallista anche perché mi ritenevo assolutamente incapace di reggere la serialità di un personaggio».
Il teatro. Galeotta fu una commedia (con cui vinse il premio Firenze nel 1948), buttata però dal finestrino. «La commedia doveva certo avere delle qualità. Ma rileggendola non mi sembrò mia, m'apparve troppo suggestionata da "A porte chiuse" di Sartre. Così la buttai via. Si intitolava "Giudizio a mezzanotte"».
La critica. Rapporto, questo, problematico, ingarbugliato. «Non è mia abitudine regolare la scrittura di un romanzo secondo le critiche fatte ai romanzi precedenti. Lei pensa che esistano oggi critici in grado d'influire su uno scrittore? Lei pensa che siamo ancora ai tempi di Contini, De Robertis, Bo, Gallo, Ferrata? Ma via!». In realtà, poi, Camilleri in più occasioni si diverte a prendersi una piccola rivincita su chi ha espresso dubbi o riserve: come nel caso del "Nipote del negus", laddove ad esempio troviamo lo scrittore Cacopardo e il critico Massimo Onofri (che nel frattempo, nel libro è diventato "Minimo"). «Per carità - ammette Camilleri - non tocchiamo questo tasto. C'è stata un'azione legale contro di me e contro l'editore, veniva tra l'altro richiesto il sequestro del libro. Dichiaro, una volta per tutte, che non c'era nessuna intenzione diffamatoria verso nessuno. Perché riconoscersi a tutti i costi in un personaggio di fantasia? Avrei dovuto querelare Leonardo Sciascia per "Il Consiglio d'Egitto" dove c'è un losco frate Camilleri?».
A proposito di Sciascia. Lo scrittore di Racalmuto viene definito da Camilleri una specie di elettrauto, in grado offrire «solo materiale letterario e intellettuale». A proposito della sua lite con Guttuso, quando l'autore del " Giorno della civetta " chiamò il pittore a confermare quanto Berlinguer aveva detto a entrambi circa i legami delle Br con la Cecoslovacchia e Guttuso si schierò con Berlinguer negando il vero, dice: «Torno a ripetere quello che ho sempre sostenuto anche con Sciascia, litigandoci. Sbagliò lui, Sciascia, e per ben due volte. Il primo sbaglio lo commise rendendo pubbliche alcune riflessioni private di Berlinguer. Il secondo quando tirò in ballo Guttuso, mettendo l'amico in un gravissimo imbarazzo».
Il successo. Stratosferico, se si pensa al numero di copie vendute, alle traduzioni, ai premi vinti: «Non so spiegare niente del mio successo. Nel senso che rimane inspiegabile anche per me».
Salvatore Ferlita
 
 

Mauxa, 28.2.2012
Un aneddoto su Andrea Camilleri studente: tra scoperta e regalo pagine di grande letteratura
Un aneddoto su Andrea Camilleri, tutti ci siamo chiesti da dove nasca la sua passione irrecuperabile per le sigarette... l'occasione per provare a scoprirlo attraverso un suo racconto di infanzia.

Un aneddoto su Andrea Camilleri studente: tra scoperta e regalo pagine di grande letteratura. Uscito a gennaio il nuovo libro di Andrea Camilleri, Il Diavolo, certamente di cui il bell’articolo su Mauxa. Vale la pena di raccontare un aneddoto su uno degli autori italiani più amati dal pubblico. Se dovessi scegliere un’unica parola per definire cosa significa per me “letteratura” sarei molto combattuto tra “scoperta”, proprio per sottolineare lo stupore che si riceve sempre in cambio aprendo le pagine di un libro, e “regalo”, perché non c’è dubbio che il regalo migliore da fare a qualcuno resta sempre un buon libro. Leggere è una scoperta, soprattutto per gli studenti. Ricorderò sempre la prima volta che sono entrato “davvero” in libreria, non avevo un’idea precisa su cosa comprare, né alcun obbligo scolastico. Perché il primo passo da fare, entrando in libreria, è entrarci senza un foglietto in mano con appuntati sopra i compiti, che ne so le letture per l’estate o i libri di testo. Ma entrarci soltanto per essere sorpresi, perché lì c’era qualcosa di interessante e di sconosciuto. Molti insegnanti ci aiutano in questo e vorrei ricordarne uno speciale: il Prof. Cassesa. Chi lo conosce? (pochi immagino, e veniamo così al fatto che molte volte una scoperta diventa anche un grande regalo, perché se un libro piace lo consigliamo subito e poi inizia a spargersi la voce). Conosciamo tutti il regalo che ci ha fatto questo professore siciliano: se non fosse stato per lui il Commissario Montalbano non sarebbe mai esistito. In una sua intervista Andrea Camilleri racconta dei tempi in cui era ragazzo e più o meno, provo a portarla sulla carta, ci parla del suo professore, della sua scoperta…
“Il professore d'Italiano Cassesa ci disse che fatti i conti, con i soldi che gli dava lo Stato, lui non poteva farci più di sei lezioni all'anno. Commentando Dante ci stregò. Terminata l’ultima lezione, annunziò che non sarebbe andato avanti![…]”
Cioè, questo professore aveva trasmesso ai ragazzi il fascino della letteratura. Forse era un’anima dissoluta, un tabagista irrecuperabile. Dopo alcune lezioni sull’Inferno dantesco aveva deciso di interrompere il programma ministeriale. Finita l’estate, quei ragazzi siciliani, cotti dal sole, rapiti dai primi amori inquieti, non poterono che restare estasiati dall’ arrampicarsi fantastico della lingua, dalla storia del contrappasso secondo cui ogni errore terreno si tramutava in una sciagura rinnovata per l’eternità. Al termine di sei lezioni intense, capaci di accendere un entusiasmo per la lettura prima sconosciuto, il professor Cassesa arrivò con un mazzo di carte, lasciando gli studenti ancora una volta storditi dalla meraviglia, dicendo più o meno così:
“Da oggi siete liberi di dedicarvi ai più rinomati giochi di carte, teresina, briscola e via discorrendo, non farò più lezione; per quello che mi paga lo Stato italiano credo di aver fatto già più del dovuto!”
Con i suoi compagni Camilleri immaginò che quello fosse un sofisticato mezzo d’ insegnamento, un tranello ordito alle loro coscienze per invitarli a proseguire, bramosi di avventurarsi per esempio su canti di storie lussuriose, come lo sfortunato amore di Paolo e Francesca, di cui avevano solo assaporato la promettente anticipazione in chiusura della sua ultima lezione ministeriale. Per questo trascorsero due giorni esplorativi a scommettersi gli spiccioli della merenda in avventurosi tornei di briscola. Il terzo giorno si riunirono, tra i Bar e la scuola non ravvedevano più alcuna differenza; andarono in ambasciata dal professore. Camilleri apparteneva al manipolo di messaggeri, parlarono a nome della classe dicendo che avevano capito il suo stratagemma, che lui aveva alimentato a sufficienza il loro senso di colpa, caldamente lo invitarono a proseguire da dove aveva interrotto. Egli si scosse da un pisolino, ristoro necessario al recupero di indescrivibili peripezie notturne. Comunicò loro che restava in piedi la questione del compenso, perché avrebbero dovuto incentivarlo con una colletta mattutina, alimentando il suo deleterio vizio del fumo. In quel modo, con meno soldi in tasca si sarebbero alleggeriti gli studenti dalla tentazione di iniziare a fumare e avrebbero invogliato lui a congegnare lezioni all’altezza delle aspettative. Chiaramente il pacchetto di sigarette andava fatto trovare sulla cattedra la mattina, ma doveva essere di una marca stabilita, restava inteso che non sarebbero esistiti compiti a casa o interrogazioni di alcun genere. Dopo un conciliabolo di mezz’ora accettarono all’unanimità. Dal mattino successivo iniziò un anno straordinario, poiché alla fine ci ha regalato Camilleri per come lo conosciamo. Fu il suo anno da “Attimo fuggente”; Come Camilleri ricorda:
“[…]le sigarette erano orrende "Milit". Accettammo, pretendendo però che non si concedesse alcuna pausa fino alla fine dell'ora.”.
Così il Prof. Cassesa ha fatto un regalo a tutti noi, ci ha regalato Camilleri e Montalbano; ha regalato all’Italia che legge e che guarda la tv un sistema nuovo di interpretare la parola romanzo. (Solo Pirandello prima aveva provato a portare con successo il dialetto nei romanzi, una forma “italianizzata” di dialetto, cioè una lingua capace di mantenere i tratti di una regione, quasi il sapore di un modo di vivere, ma restando comprensibile a tutti). Bello sapere da dove inizia la passione per la letteratura e la famosa passione di Camilleri per le sigarette. La principale fonte di ispirazione di questa nota, tratta dall’intervista dei ragazzi di un famoso istituto medio superiore siciliano: (vigata) E’ davvero difficile resistere al fascino di Camilleri. Per chi volesse sfruttare lo slancio di questo momento, non deve assolutamente perdere l’occasione di cercare su Youtube le sue interviste, oppure sentirlo durante gli incontri che lo vedono protagonista. Così può davvero capire cosa significa letteratura! E magari convincersi che entrando in libreria la vita può cambiare proprio attraverso un buon libro… ecco i migliori suggerimenti on-line per alcuni titoli da leggere d’un fiato (scopri su Unilibro).
Diego Rossi
 
 

Wuz, 28.2.2012
Il Capodanno del giovane Montalbano: secondo episodio della nuova serie TV

Non ha fatto rimpiangere Luca Zingaretti il nuovo volto televisivo del commissario Montalbano, Michele Riondino.
Dopo pochi minuti lo spettatore era già entrato nella storia e quando il commissario mette per la prima volta piede nel suo abituale ufficio di Vigàta non ci sono stati più dubbi: la nuova versione non fa ripiangere la precedente, ma conviveranno nel migliore dei modi.
La prova del nove? La seconda puntata. E il parere dello stesso Camilleri. Ascoltatelo nell'intervista che vi proponiamo sulle immagini del telefilm!
Un Salvo Montalbano giovane ma già sicuro di sé, autorevole, forte con i potenti. Insomma, il Montalbano che Camilleri ha creato, con tutti i suoi pregi e i difetti, con la passione per la buona cucina e in particolare con il pesce, il dialogo difficile con il padre, il fidanzamento a distanza con una ragazza che pare già replicare il rapporto che seguirà con Livia, il legame stretto con Carmine Fazio che anticipa quello che lo legherà al figlio Giuseppe, l'amicizia intensa ma dura con il giornalista Nicolò Zito.
Per la seconda puntata della fiction, intitolata Capodanno, la storia è tratta da due racconti di Andrea Camilleri:
Capodanno, in Un mese con Montalbano
Meglio lo scuro in La paura di Montalbano
RIASSUNTO dell'episodio CAPODANNO
Ecco la sinossi della seconda puntata presentata dalla Rai
Sono già un paio di mesi che Montalbano è a Vigata.
Abita ancora in albergo, all’Hotel Pirandello, ed è qui che, proprio la notte di Capodanno, viene commesso un omicidio. Il 1991 quindi comincia pieno di lavoro per il giovane commissario, che si dimentica – o ha preferito evitare – di fare gli auguri al padre, che abita a Vigata ma con cui Salvo sembra non voler avere nulla a che fare.
Tanto che quando, qualche giorno dopo capodanno, il padre regala a Salvo una cassetta di bottiglie del vino prodotto nelle sue vigne, il giovane commissario lo regala ai componenti della sua squadra.
Per lui, al primo incarico di responsabilità, quel commissariato è ormai diventato una famiglia: oltre a Carmine Fazio e a Catarella ormai lo seguono e lo rispettano anche Gallo e Paternò, fedeli agenti; e una bella amicizia è nata col giornalista indipendente Nicolò Zito. Con il dottor Pasquano, il medico legale, invece, Montalbano non riesce a prendersi: i due non perdono occasione per discutere e punzecchiarsi. Ma l’impressione è che in fondo si divertano a prendersi continuamente in giro…
Ma Montalbano è anche un abile poliziotto, e risolve complicati delitti che subito mettono alla prova le sue capacità investigative e di comprensione degli esseri umani.
E proprio durante le indagini sull’omicidio avvenuto nell’albergo in cui provvisoriamente abita, Montalbano fa la conoscenza con Pasquale Cirrinciò, un giovane ladruncolo sorpreso a rubare in una casa sul mare a Marinella. Proprio la casa di cui Montalbano si è innamorato e in cui sogna di vivere.
Per fortuna, i proprietari non la usano e quindi volentieri decidono d’affittarla al giovane commissario.
Adelina, la madre di Pasquale, si offre di aiutare in casa, e Montalbano scopre con piacere che la donna è anche una cuoca sopraffina.
Tutto bene, dunque?
No, perché Mery è felice che Montalbano non abiti più in albergo, ma quando comincia a voler “personalizzare” la nuova casa, e prospetta l’ipotesi di andare a vivere con lui, Salvo si sente mancare l’aria. Anche se vuole molto bene a Mery, cerca di posticipare quel momento, ma la ragazza si rende conto che l’uomo che ama non sopporta l’idea di averla intorno.
I due così litigano e quella storia d’amore, che aveva resistito al freddo e alle montagne di Mascalippa, si scioglie al sole abbagliante di Vigata.
Montalbano si comporta come un giovane uomo di trent’anni alle prese con le prime vere difficoltà della vita. Ma mentre nel lavoro si dimostra maturo e capace, nei rapporti con le altre persone, soprattutto con le donne, emerge quel carattere aspro e solitario che solo la maturità riuscirà ad addolcire.
Per ora, Salvo Montalbano è un ragazzo alla ricerca di se stesso, e dell’amore.
Cast artistico
MICHELE RIONDINO - Salvo Montalbano
ANDREA TIDONA - Carmine Fazio
ADRIANO CHIARAMIDA - Il padre di Montalbano
ALESSANDRA MORTELLITI - Milena
BENIAMINO MARCONE - Giuseppe Fazio
KATIA GRECO - Mery
FABRIZIO PIZZUTO - Catarella
GIOIA SPAZIANI - Rosina Liotta Locastro
TONY PALAZZO - Gaspare Arnone
RORI QUATTROCCHI - Maestra di Vincenzo
LUCIA GUIZZARDI - Cicina Adorno
ALESSANDRO GIUGGIOLI - Munno
FRANCO SCIACCA - Don Luigi Barbera
ALESSIO PIAZZA - Paternò
MAURILIO LETO - Gallo
GIUSEPPE SANTOSTEFANO - Dottor Pasquano
CLELIA PISCITELLO - Teresa Sgrò
KETTY DI PORTO - Cristina Ferlito
CARMELO GALATI - Nicolò Zito
MASSIMO DE ROSSI - Il questore Alabiso
ALESSANDRA COSTANZO - Adelina
Cast tecnico
regia - GIANLUCA MARIA TAVARELLI
soggetto - FRANCESCO BRUNI e ANDREA CAMILLERI
sceneggiature - FRANCESCO BRUNI, ANDREA CAMILLERI, SALVATORE DE MOLA, CHIARA LAUDANI, LEONARDO MARINI
fotografia - LORENZO ADORISIO
montaggio - ALESSANDRO HEFFLER
musiche composte, orchestrate e dirette da ANDREA GUERRA  
produttore esecutivo GIANFRANCO BARBAGALLO
una co-produzione RAI FICTION - PALOMAR
prodotto da CARLO DEGLI ESPOSTI e NORA BARBIERI con MAX GUSBERTI
distribuzione internazionale RAI TRADE
 
 

La Sicilia, 28.2.2012
La promozione
«Montalbano? Il commissario ha fatto centro»

Ragusa ha fatto centro anche grazie al cinema e alla popolarità ottenuta per via della fiction del commissario Montalbano che si conferma il primo testimonial per l'area iblea. In ogni fiera turistica, ed è accaduto anche alla recente Bit di Milano, il connubio Montalbano-provincia di Ragusa si rivela particolarmente apprezzato dai visitatori. "E' stata una precisa scelta di comunicazione della Provincia regionale di Ragusa puntare sulla figura vincente del commissario di Camilleri - aggiunge l'assessore Castello - soprattutto per il fatto che la scorsa settimana è scattata in tv la fiction su ‘Montalbano Giovane' con Michele Riondino protagonista. Una fiction di qualità che ha fatto registrare numeri da record, per quanto concerne l'audience, e che ha messo in vetrina, ancora una volta, le bellezze paesaggistiche del nostro territorio. Meglio di così, insomma, non sarebbe potuto andare. E se si pensa che Rai Fiction e Palomar hanno già intenzione di girare altre quattro puntate del "vecchio Montalbano", si ha chiara la percezione di come possiamo senz'altro continuare a sperare in questo grande veicolo di promozione che è stato rappresentato, per il nostro territorio, dal serial televisivo che nel corso di tutti questi anni ha permesso di creare una nuova cultura in termini di apprezzamento del nostro territorio. Inoltre, alla luce del successo ottenuto dalle puntate del giovane Montalbano, sono certa che ci si darà da fare per programmare altre produzioni televisive in questo senso. Insomma, possiamo continuare a godere di luce riflessa. E questo ci responsabilizza a salvaguardare e a tutelare al meglio luoghi che fanno parte, ormai, di un patrimonio comune e che mettono in luce il fascino dei nostri monumenti e, soprattutto, quello dei nostri paesaggi".
 
 

28.2.2012
Laurea Honoris Causa ad Andrea Camilleri

L'Università La Sapienza di Roma ha conferito ad Andrea Camilleri la laurea Honoris Causa in Scienze Politiche.
La cerimonia si terrà il 16 marzo alle 11:30 nell'aula magna del Rettorato.
La laudatio sarà della dott.ssa Motta, coordinatrice della sezione studi europei.
La lectio magistralis di Camilleri si intitolerà "Uno scrittore italiano nato in Sicilia".
 
 

28.2.2012
Camilleri presenta "Malacrianza"

Giovedì 1º marzo, ore 18:00, presso la libreria Feltrinelli Colonna (Galleria Alberto Sordi, Roma), Andrea Camilleri presenta il libro di Giovanni Greco "Malacrianza" (Nutrimenti).
Letture del testo di Ninni Bruschetta e Alessandra Mortelliti.
 
 

La Sicilia, 29.2.2012
La carica dei 350 per il lavoro
La manifestazione della Cgil si è snodata dalla «Lanterna» al Municipio. Il sindaco rassicura

Porto Empedocle. Erano almeno 350, con bandiere rigorosamente «rosso Cgil», con striscioni anche commoventi, citando figli piccoli che non hanno il latte nel biberon. Non c'era una sola donna, dato questo dalle molteplici chiavi di lettura. Per il gentilsesso c'erano «solo» un'agente della polizia municipale in borghese e il segretario provinciale della Cgil, «in divisa» da segretario provinciale della Cgil. A dispetto del «deserto rosa» era dai tempi delle lotte contro le stragi di mafia che tanti empedoclini non scendevano in piazza per dire «esistiamo».
E lo hanno fatto su un problema «caldo» com'è la mafia: il lavoro. La manifestazione si è snodata, serenamente anche grazie alle forze dell'ordine presenti, da via Firenze, dove ha sede appunto la Camera del lavoro, attraversando l'altipiano Lanterna, scendendo lungo via Garibaldi, «solleticando» il mostro di cemento armato del parcheggio multipiano, bonificato dal Comune, ma inutilizzato. Dopo una sosta sotto la casa (disabitata) di Andrea Camilleri in via La Porta [Sic!, NdCFC], l'inbanderiato corteo si è infilato in uno dei vicoli che immette in via Roma, ai piedi del municipio.
[...]
Francesco Di Mare
 
 

La Sicilia, 29.2.2012
Nei luoghi di Bufalino e Montalbano

Ragusa. Alunni della scuola media "Luigi Pirandello" di Comiso ripercorrono i luoghi di Bufalino e Montalbano. "Si tratta di un itinerario progettuale - spiega il dirigente scolastico Sara Costanzo - finalizzato a far acquisire competenze sul campo della gestione delle informazioni relative alle caratteristiche del proprio territorio e del patrimonio culturale afferente, in prospettiva della promozione del prodotto turistico ecosostenibile. Si inserisce nel Pon 2007/2013 per un importo complessivo di 60.000 euro che si articola in sette progetti. In questo caso, il progetto è finalizzato a realizzare uno spot pubblicitario sui luoghi di Bufalino e Montalbano, i ragazzi, quindi, non solo conosceranno i due scrittori siciliani, ma avranno modo di meglio conoscere altresì il territorio in cui vivono".
Al progetto "I luoghi di Bufalino e Montalbano in uno spot" hanno aderito con molto entusiasmo una quarantina di alunni delle varie classi. "I ragazzi - commenta l'esperto di marketing e comunicazione Giuseppe Inghilterra - esploreranno il mondo della pubblicità, con i linguaggi, i personaggi, le professionalità specifiche, la tecnologia, l'evoluzione che da Carosello ad oggi c'è stata, per riuscire, alla fine del percorso, a crearne uno che sappia promuovere Comiso e il paesaggio degli iblei. La pubblicità è un mondo affascinante che occorre però conoscere e saper leggere, per fruire con consapevolezza delle sue opportunità, sollecita la creatività e l'immaginazione e sviluppa un sano spirito di iniziativa". "La lettura di brani tratti dalle opere dell'autore, per esempio, Museo d'ombre, sarà l'occasione per riscoprire tradizioni, antichi mestieri, personaggi scomparsi che animavano, un tempo, "il vario teatro" del nostro paese - dichiara il tutor d'aula Ivana Latino -. Sarà un viaggio lungo vie, piazze e quartieri di certo familiari ma che ora osserveranno con occhi nuovi, cercando di catturare quegli aspetti e quei visi adatti per confezionare uno spot che promuova, con il valore aggiunto di turismo ecosostenibile, un'area diventata famosa in tutto il mondo per le riprese della fiction del commissario Montalbano. Inoltre, la visione di trailers della produzione televisiva e, contestualmente, la lettura del testo di Camilleri permetterà ai ragazzi di confrontare la trasposizione di un brano scritto in immagini".
A. L.
 
 

 


 
Last modified Sunday, February, 09, 2014