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RASSEGNA STAMPA

LUGLIO 2012

 
Il Sole 24 Ore, 1.7.2012
Posacenere

Achille Campanile sosteneva che i refusi non andavano corretti perché, tra l’altro, avrebbero potuto paradossalmente fare la fortuna di un libro. E citava il caso di uno storico che intitolò un suo ponderoso volume specialistico «La caduta di un regno», e che invece, uscito col titolo sbagliato «La caduta di un ragno», divenne quasi un bestseller. A un giovane autore diciannovenne capitò d’aver pubblicato il suo primo racconto su uno dei due principali quotidiani siciliani. Terminava con queste parole: «Strinse la donna a sé e si allungò sul letto». Venne invece stampato così: «Strinse la donna a sé e si allungò sull’etto». Il primo impulso del giovane scrittore fu di suicidarsi, poi gli venne da ridere.
Andrea Camilleri
 
 

Wake Up News, 1.7.2012
“Una lama di luce” il nuovo caso del commissario Montalbano

Una tentata rapina. Un presunta violenza carnale, che forse nasconde molto di più di quello che si vede in superficie. Un casolare abbandonato e utilizzato come deposito provvisorio di armi e due custodi tunisini, che forse sanno più di quanto non riesca a trasparire dagli occhi astuti e dalle mani levigate. Tutto questo costringe il commissario Montalbano a lasciarsi coinvolgere in una doppia indagine parallela, una ufficiale, l’altra condotta sott’acqua e lontano dagli occhi del “signori e questori” Bonetti Alderighi.
Ma non è questo a turbare i pensieri del protagonista: l’erede di Maigret sta invecchiando nella solitudine dell’amata casa della Marinella. Una volta semplice rifugio e luogo di riflessione, ora sempre più covo di un uomo che si avvia a superare la mezza età senza una presenza costante a fianco, che riempia le lunghe notti spesso insonni, trascinate tra whisky, sigarette e incubi angoscianti che talvolta si rivelano sogni premonitori di una tragedia imminente.
Livia è solo una voce distante, a Boccadasse, comune di Genova. Montalbano, tra una litigata e l’altra attraverso la cornetta del telefono, riflette sul loro rapporto e sulle proprie responsabilità nell’aver deciso di stare lontani e nel non aver mai voluto condividere nulla di più con lei, anche quando ne avrebbe avuto l’occasione. E’ di umore “nivuro” il commissario, diventato sempre più volubile nel corso degli anni e condizionato dai cambiamenti del tempo che spesso, nella narrazione di Andrea Camilleri, segue di pari passo l’andamento della storia e il colore dell’animo del suo protagonista. Che ora si sente solo e vicino ad invecchiare.
In tutto questo turbinio di foschi pensieri si inserisce Marian: bella, colta, decisa. Il commissario sembra vivere un’altra giovinezza: in lei riscopre quello che con Livia sembra aver perso da anni. La passione che tutto travolge, la comprensione, la delicatezza. Si rende conto che da anni non vive con la fidanzata quello che sta provando ora con questa brillante e passionale gallerista. Ma quando Livia sembra cogliere questo distacco e stare male, Montalbano verrà colto da atroci dubbi, dall’eterna paura di scegliere che lo porterà a temporeggiare fino alla fine, nella sua vigliaccheria tutta umana in cui ognuno dei lettori potrà trovare spazio per una facile identificazione. Sarà “una lama di luce” che, dopo aver abbagliato lo sguardo del protagonista su un sentiero di campagna, squarcerà definitivamente il velo sulle indecisioni, sprofondando Montalbano in un inaspettato quanto risolutivo abisso di dolore.
Andrea Camilleri regala un Montalbano sempre più umano, sempre più vicino al lettore nel modo di vivere dolore e piacere, noia e passione, apatia ed emozioni. L’autore alterna, con la consueta maestria, momenti di buio e mal di vivere ad attimi di assoluta gioia, nelle scene d’amore con Marian, passando attraverso le ormai abituali parentesi gastronomiche dei pranzi da Enzo o delle cene preparate dalla domestica Adelina. In questo mondo ormai famigliare, popolato anche dagli esperti collaboratori Fazio e Augello e dal teneramente confusionario Catarella, inserisce un’indagine dove tutto ciò che sembra chiaro, in realtà sottende una verità diversa, spesso solo intuibile. Ci vorranno tutta la pazienza e l’intuito del commissario Montalbano per districare una complicata matassa.
Un altro piccolo capolavoro del Maestro Camilleri, geniale come sempre nell’alternare il giallo puro al romanzo di formazione e a caratterizzare personaggi a tinte forti, mai banali. Una vera lama di luce nella narrativa italiana.
Daniele Leone
 
 

Gli Amanti dei Libri, 1.7.2012
Novità in uscita nella settimana dal 2 al 7 Luglio 2012

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THRILLER, GIALLI E NOIR
Quest’estate in un campo nudista in Murcia qualcuno deve morire. Ma chi? È quello che vuole scoprire Juanito Pérez Pérez, quarantenne, timido, divorziato, anonimo rappresentante di un’industria farmaceutica, che cela un’altra identità: è il Numero 3, killer al servizio di una società di sicari, che non si è mai posto domande sulla sua professione. Fino a oggi. Perché in quel campo nudisti lui è in vacanza con i figli. E con sua grande sorpresa, incontra anche la sua ex moglie e il nuovo fidanzato, il giudice Baltasar. Per la prima volta Juanito si trova letteralmente nudo, di fronte alla vita e di fronte alla morte di cui per anni è stato portatore. Ma non è solo: con la bella Jolanda riscopre l’amore ritrova la passione per la vita attraverso un percorso tra arte, poesia, letteratura e buona cucina, guidato dal professor Andrés Camilleri, uno strano vecchio che assomiglia così tanto a un certo scrittore…
“Nuda è la morte” di Carlos Salem. Dal 5 luglio in libreria. Marco Tropea editore.
[…]
 
 

Exibart, 2.7.2012
Un giallo di nome Persico
È una storia drammatica ma anche appassionante, quella in cui si è cimentato Andrea Camilleri: scrivere una biografia di Edoardo Persico. Forse, come dice Guido Incerti che ce ne propone la lettura, “il più grande critico italiano di architettura contemporanea del secolo scorso”. Un testo a metà tra storia e fiction

Dopo Sciascia e Vittorini anche Andrea Camilleri si cimenta sulla figura di Edoardo Persico.
Skira ha infatti recentemente pubblicato, nella sua collana dedicata alla narrativa, Dentro il Labirinto, un libello nel quale la vita, e la morte, di Persico, probabilmente il più grande critico italiano d'architettura contemporanea del secolo scorso, viene raccontata seguendo un fil rouge che si snoda tra la verità di scritti accademici e giornalisti e la finzione del romanzo.
Camilleri, sfoderando l'istinto del suo commissario Montalbano, ne indaga infatti la vita partendo da alcuni disegni raffiguranti il volto di Persico, cadavere, eseguiti alcuni giorni dopo la sua morte avvenuta, per alcuni in circostanze misteriose, per altri a causa di uno stato di salute estremamente precario, quando il critico aveva solo 36 anni.
La narrazione prosegue incalzante e su uno sfondo disegnato dall'arte, l'editoria, l'architettura e la storia italiana, dominata in quel periodo dal fascismo, va a concentrarsi sulla nascita del suo pensiero e sull'uomo. Un uomo, Edoardo Persico, dalla personalità ambigua che alterna tratti di tristezza e inadeguatezza profonda a carisma, genialità e capacità di lettura della realtà intorno a lui smisurate, figlie di una mente totalmente immersa nella cultura. Il tutto seguendo un peregrinare che va dalla natia Napoli, alla Torino di Piero Gobetti a Milano, e forse alla Mosca comunista, in un periodo tra il 1918 e il 1936, anno della morte del critico.
Camilleri, ammettendo di non voler scrivere una biografia scientifica e lavorando nell'ultima parte del libro di pura immaginazione, svincola la figura del critico dal solo peso della storia – la quale sembra mostrare in alcuni momenti alcune lacune – per inserirla in un percorso diverso.
Quello di saggio narrativo. Sebbene quest'ultimo chiudendosi con una completa bibliografia non nasconde come Camilleri, nonostante tutte le licenze, non abbia resistito alla tentazione di vestire, anche se per poco, la maglia dello storico.
L'appassionante romanzo di Camilleri non può essere degnamente concluso se non dopo aver letto la ristampa che, sempre Skira, dedica a quattro tra i più importanti scritti di Persico, ripubblicati con il titolo del più famoso di essi: Profezia dell'architettura.
Quattro scritti che, oltre a delineare la volontà di riscoperta di Edoardo Persico, vedono tra di essi uno degli articoli di critica architettonica tra più lucidi e originali di sempre, in quanto  finalizzato, in quel periodo di estremi nazionalismi, a discutere del carattere di una architettura e di una cultura europea.
 
 

gonews, 2.7.2012
Venti righe - un libro
'La setta degli angeli', intrighi e suspance nell'avvincente romanzo di Andrea Camilleri
Lo scrittore siciliano nelle pagine finali del testo puntualizza il rapporto tra invenzione e realtà che caratterizza la sua opera

Proseguono gli appuntamenti con i consigli di lettura di "Venti righe, un libro".
Questa settimana proponiamo il testo di Andrea Camilleri, edito da Sellerio Palermo e intitolato "La setta degli angeli".
Andrea Camilleri non ha bisogno di presentazioni. Siciliano, nato a Porto Empedocle nel 1925, fa della Sicilia il "set" per l'ambientazione di tutti i suoi romanzi. Il suo esordio nella narrativa risale al 1978. Da allora ha scritto moltissimi testi, gran parte dei quali hanno scalato le classifiche italiane.
Proponiamo ora "La setta degli angeli". Spazio alla trama.
Un fatto accaduto in un paese della Sicilia all’inizio del Novecento acquista notorietà nazionale al punto da coinvolgere esponenti politici e religiosi tra i quali Filippo Turati e Don Luigi Sturzo. A darne notizia è lo stesso Camilleri nelle tre paginette alla fine del testo, dove puntualizza il rapporto tra invenzione e realtà.
Al circolo degli scrittori viene rigettata la domanda di ammissione presentata da Matteo Teresi, il cui profilo di giornalista anticlericale che difende i morti di fame, viene scoperto via via dal lettore attraverso situazioni e dialoghi. Per questo il parroco tuona contro il “giornalucolo” di un avvocato dove “si irride al matrimonio e alla verginità”. Tante le microstorie intrecciate in un ampio affresco che, tra il grottesco e il gusto erotico, si susseguono dopo la diffusione della notizia dell’epidemia di colera. Additato come untore è proprio Matteo Teresi. L’agitazione popolare, sostenuta da un sacerdote, non si fa attendere. Nel frattempo, il capitano Eugenio Montagnet, piemontese, è incaricato della tutela dell’ordine pubblico messo in pericolo dai saccheggi. Il militare si mostra integerrimo nel condurre l’inchiesta su chi ha diffuso per primo la falsa notizia dell’arrivo del colera e sul prete responsabile della rivolta contro Teresi.
D’ora in poi la narrazione viene incentrata sulla scoperta della vera epidemia: non causata dal colera, ma da un patto scellerato. L’andamento non dà tregua al lettore che resta sempre più coinvolto sia nei ragionamenti di Teresi sia nella sua indagine, svolta dapprima in parallelo a quella del capitano per poi sintonizzarsi con lui in una stretta alleanza.
Non anticipiamo altro.
Ritmo serrato, dialoghi impeccabili (in dialetto siciliano, tratto distintivo degli scritti di Camilleri), un'ironia amara che sfiora la vicenda inventata ma "vera" della Sicilia di inizio '900 dove il sacro è coperto dalla meschinità degli uomini e il "profano" avvocato Teresi si ricopre di sacro attraverso la passione con cui difende i "povirazzi" del paese che non hanno i soldi per combattere le ingiustizie e i soprusi dei nobili.
Uno dei migliori romanzi di Camilleri.
Sara Nonni
 
 

La Sicilia, 2.7.2012
Dalla letteratura alla fiction, al disegno
Montalbano ora conquista anche i fumetti

Questa volta è ufficiale, il commissario Salvo Montalbano sarà protagonista di una storia con il mitico Topolino. La notizia che era trapelata da tempo, è stata confermata dall'inventore del poliziotto più celebre della penisola italica. Eh sì, Andrea Camilleri ha spiegato che vi sarà una versione a fumetti di Montalbano. Ormai quello del commissario è un successo che non ha limiti e confini geografici e di genere. Dalla letteratura alla fiction, ai new media. Solo Camilleri supera la sua creatura, perché ha successo anche a teatro, cinema e radio. Ma sul piano geografico, il successo multimediale di Montalbano è inarrestabile, dall'Italia agli States, dalla Germania all'Irlanda, dal Nord Europa al Medio Oriente. E così mentre le puntate su Montalbano hanno conquistato anche la prestigiosa BBC, pare che giungano richieste per la fiction anche dalla lontana Australia. Insomma, un affermazione progressiva che si espande in tutti i continenti. E con il linguaggio siculo-italico camilleriano che tradotto nelle diverse lingue straniere riesce a far sorridere i rigorosi teutonici, i giapponesi, gli arabi, gli anglosassoni, gli ispanici e ci fermiamo qui, per ragioni di spazio. Ovviamente dinanzi ad un successo planetario, poteva non esserci lo sguardo intelligente ed acuto della Walt Disney? Così da tempo è stato contattato lo scrittore siculo-romano. Che ormai è abituato ad essere chiamato dalle più prestigiose istituzioni culturali del mondo, riceve continuamente inviti a partecipare ad eventi, presentazioni. E son così tanti che potrebbe fare il giro del mondo più volte solo con convegni e dibattiti fra università e circoli culturali. Non vi è iniziativa editoriale originale che non gli venga proposta, e quanti no deve dire, altrimenti non troverebbe più il tempo per scrivere. Ma vi chiederete, ma che ci fa Montalbano con Topolino? E poi in quale contesto si svolge la storia? Come è noto Salvo Montalbano non è propenso a spostarsi dalla terra sicula, a maggior ragione se gli dicono di spostarsi negli States. Lui proprio non li sopporta i metodi dei poliziotti all'americana, anche se nell'ultimo periodo qualche azione all'americana l'ha fatta per dimostrare a se stesso che l'età crescente non gli pesa. Ed allora? Come faranno ad omaggiare Montalbano e Camilleri con questo fumetto? L'incipit della storia nasce da un viaggio in Sicilia che vede protagonisti Topolino e Minnie. In buona sostanza, durante la gita sicula Minnie scompare, e trovandosi a "Vigatta" Topolino non può che imbattersi nel commissario Salvo Topalbano. La storia non dovrebbe essere più lunga di 40 pagine. Il mondo disneyniano e quello montalbaniano si incontrano, ma i personaggi non si fondono, mantengono la loro autonomia da quanto trapela in maniera autorevole.
Salvo Fallica
 
 

TG24, 2.7.2012
Ceprano
“La scomparsa di Patò” Trionfa al Festival di Toronto

Trionfo all’Italian Contemporary Film Festival per “La scomparsa di Patò”, il giallo tratto dal romanzo di Andrea Camilleri, messo in scena dal regista Rocco Mortelliti, premiato come miglior film durante la cerimonia che si è tenuta ieri, 1 luglio, presso il TIFF Bell Light box di Toronto. Mortelliti, celebre regista, originario di Ceprano, acclamato dal pubblico canadese e dalla comunità italiana, ha ritirato l’ambito riconoscimento, per questa pellicola, ambientata in una Sicilia del 1890, apprezzata per il forte valore culturale in cui Patò, rappresenta l’emblema dell’Italia contemporanea. Onore e lode a tutti gli interpreti, al maestro Camilleri ed al genio del regista ciociaro, Rocco Mortelliti.
Fabiola Felci
 
 

Dimmidipiu.it, 2.7.2012
Il film del ciociaro Mortelliti vince il Festival di Toronto

"La scomparsa di Patò", il film diretto dal regista cepranese Rocco Mortelliti, ha vinto (nella foto) il primo premio all'Italian Contemporary Film Festival, la manifestazione terminata ieri a Toronto. Grande entusiasmo in sala: alla proiezione hanno presenziato decine e decine di emigrati ciociari, ad iniziare proprio dalla comunità cepranese, numerosa sia a Toronto che nel resto del Canada.
Il film di Mortelliti, tratto dall'omonimo romanzo di Andrea Camilleri, ha sbaragliato la folta concorrenza di film italiani. E dunque tutta per Rocco è stata la cerimonia finale al TIFF Bell Light box di Toronto. La giuria canadese è stata fortemente impressionata dal contenuto del film, ambientato nella Sicilia di fine '800, dove la scomparsa di un ragioniere (Patò per l'appunto, interpretato da Neri Marcorè) muove le indagini del delegato di Polizia e del maresciallo dei carabinieri (interpretati rispettivamente da Maurizio Casagrande e Nino Frassica), dapprima rivali ma poi assolutamente complici, non solo dal punto di vista investigativo: uno spaccato delle miserie umane, e di come le cose andavano (cioè non andavano) già in quell'Italia. Pubblico appassionato e coinvolto anche dalle altre splendide recitazioni del film, da Alessandra Mortelliti - figlia di Rocco e dunque altro sangue cepranese nelle vene artistiche - deliziosa moglie del ragionier Patò - al cameo offerto da Flavio Bucci, senza dimenticare Roberto Herlitzka, Simona Marchini, Alessia Cardella, Manlio Dovi', Franco Costanzo, Gilberto Idonea, Pippo Crapanzano. Suggestive anche le musiche, di Paola Ghigo, docente al Conservatorio di Frosinone.
Igor Traboni
 
 

ANSA, 3.7.2012
Festival Spoleto: Riondino naziskin debutta alla regia
'Per un anno solo teatro, ma se Montalbano chiama non dico no'

''Dopo Montalbano mi sono detto: 'basta, ora torno al teatro'''. A confessarlo all'ANSA, un po' a sorpresa, e' Michele Riondino, uno dei volti piu' richiesti dal nostro cinema e protagonista della serie tv ispirata alle vicende giovanili del commissario creato da Andrea Camilleri, che il 13 e 14 luglio debuttera' al 55/o Festival dei due mondi di Spoleto protagonista e per la prima volta regista de 'La vertigine del drago'. ''Quando lasci il palcoscenico per un po' - spiega Riondino - ma vai a vedere spettacoli degli altri, ti ritrovi a chiederti: 'saro' ancora in grado di farlo?' Il palcoscenico e' il campo dove misurare l'eta' effettiva, l'energia che hai ancora da spendere. Cosi' ho deciso di dedicare un anno solo al teatro. Come mi sono ritrovato? Con qualche anno in piu' rispetto a quando ho cominciato, ma meno di quel che temevo''.
Scritto da Alessandra Mortelliti, che ne e' protagonista insieme a Riondino, 'La vertigine del drago' portera' a Spoleto le agghiaccianti parole di Hitler e della teoria nazionalsocialista, per raccontare l'incontro forzato tra due personaggi borderline: Francesco, naziskin alle prime armi, e Mariana, zingara zoppa ed epilettica. Durante un agguato a un campo rom, il primo rimane ferito e per mettersi in salvo prende in ostaggio la ragazza, rimanendo costretto con lei tra le quattro mura di un garage, in attesa di una telefonata dell'Ordine che gli dia indicazioni sul da farsi.
''Sono due personaggi all'antitesi, che pero' mostrano un mondo interiore diverso dal gruppo di appartenenza - prosegue Riondino - Nel testo ci sono riferimenti all'estrema destra, ma piu' che ai gruppi recentemente scesi in politica in Europa, penso agli pseudofascisti di Casa Pound. Oltre alla teoria di Hitler (le cui parole aprono lo spettacolo ndr), abbiamo infatti anche citazioni da Ezra Pound, come l'impegno a fare piu' che a non fare. L'idea, pero', era di affrontare due stereotipi opposti e vedere come si evolvono. Finche' sei insieme agli 'altri' ti senti forte. Loro invece si scopriranno entrambi infelici, soli, traditi dalla vita''.
A supervisionare il testo e' stato Andrea Camilleri, nonno della Mortelliti e papa' del commissario Montalbano. ''Si, si puo' dire che ora abbiamo fatto amicizia - dice sorridendo Riondino - Anche se da parte mia c'e' ancora molto imbarazzo e lui per questo mi prende molto in giro. Quando lo incontro in verita' parlo poco, ascoltarlo e' sempre una grande lezione. L'ultima volta abbiamo discusso sul concetto di 'pubblico'''. E anche se in autunno noi lo vedremo molto al cinema, tra 'Acciaio', dal romanzo di Silvia Avallone, e 'La bella addormentata' di Marco Bellocchio, Riondino sara' ancora in teatro, con un altro debutto: 'Siamosolonoi', il 31 ottobre al Teatro della Tosse di Genova, piece che ''nulla ha a che vedere con la canzone di Vasco Rossi''.
Realizzato con il Circo Boerdeaux, collettivo nato ai tempi in cui studiava all'Accademia Silvio d'Amico, e interpretato con Maria Sole Mansutti, il nuovo spettacolo ''e' la storia della crescita di un ragazzo - spiega - Il passaggio tra l'infanzia e l'inizio dell'adolescenza, il dover lasciare tutti i giochi, diventano metafora dei vari abbandoni della vita. Protagonisti, due personaggi in una cucina, non a caso, sovradimensionata''. Ancora per un po' dunque, come promesso, ''solo teatro. Anche per togliersi un po' dai riflettori, non occupare troppo il campo''. Ma se il giovane Montalbano chiamasse ancora? ''Ci sono possibilita' - conclude Riondino - Se Camilleri pensa a una storia, come ha detto, beh, io non mi tiro indietro''.
Daniela Giammusso
 
 

CulturaSpettacolo.it, 3.7.2012
Recensione del libro “Una lama di luce” di Andrea Camilleri (Sellerio)

La vicenda dell’ultimo romanzo di Andrea Camilleri, “Una lama di luce”, è articolata come non mai sul sovrapporsi del piano professionale e di quello sentimentale e umano, i cui chiaroscuri condizionano in modo sempre più cogente l’esistenza del suo protagonista, sempre più incline alla malinconia della solitudine, dell’età che avanza, dei rendiconti non sempre all’attivo. Una sorta di sogno premonitore non a caso gli ha messo davanti agli occhi della fantasia, quasi immagine chiave del rebus esistenziale, una bara abbandonata in una landa deserta. Ma Montalbano non è certo uomo da abbandonarsi a sterili elucubrazioni filosofiche o a inerti ripiegamenti su se stesso. E’ uomo d’azione, di cui nel commissariato di Vigata non mancano certo le ragioni e le occasioni. C’è un’indagine per rapina, un’altra per traffico d’armi e c’è un movimento sospetto di opere d’arte. Ma c’è anche il farsi strada prorompente di una passione amorosa che sembra eclissare ogni altro interesse e minaccia di distruggere il lungo legame con Livia. Montalbano non sa risolversi: delle due donne l’una è il presente con la sua carica di desiderio e di infuocate promesse, l’altra è il passato con il suo peso di incomprensioni ma anche di ricordi, di tenerezze, di piccoli e grandi eventi condivisi. A decidere sarà la sorte, che ancora una volta si diverte ad intrecciare la vita reale e professionale a quella più intima dei sentimenti.
La conclusione del romanzo è all’insegna di quell’umanità profonda che solo i più grandi autori di gialli sanno unire al gusto per la ricerca poliziesca. Come Georges Simenon, Camilleri non vuole solo proporre al lettore un ben articolato rebus da risolvere né vuole stupirlo con strepitosi colpi di scena. C’è in ogni suo romanzo un piccolo mondo con i suoi drammi e le sue farse che s’inscrive nel più grande mondo, scrutato con la pensosa ironia dell’autore, che non pretende di disegnare facili metafore della vita, ma ce ne rende il gusto dolceamaro, così vicino all’esperienza di ciascuno.
Sergio Palumbo
 
 

BOLcafè, 3.7.2012
Liste
I Montalbano delle altre nazioni (ovvero: a ciascuno il suo commissario)

Senza voler generalizzare, a chi scrive di libri e scrittori può succedere che alla lunga capiti di lasciarsi andare a un certa pigrizia. Cessata la voglia di argomentare, si sostituisce la penna con la bacchetta magica e si dà sfoggio di trucchetti: uno di questi è la similitudine, utilizzatissimo incantesimo per cui Giorgio Scerbanenco diventa “il Simenon italiano”, Italo Svevo “il Proust dello Stivale”, giù giù fino a Franco Califano che prende le sembianze del “Prevert di Trastevere”. Insomma, per evitare lo sforzo di dire qualcosa su qualcuno si menziona qualcun altro presumendo che tutti sappiano chi è, o almeno fingano di saperlo. E non si dice nulla di Scerbanenco non dicendo nulla di Simenon.
Ora, sarà per il caldo, anch’io mi sento pigro e ho voglia di utilizzare il comodo trucchetto. Non su un autore però, ma su un personaggio: il commissario Montalbano, fortunatissimo protagonista dei gialli di Andrea Camilleri. Giriamo allora per l’Europa alla caccia di suoi omologhi, per somiglianza o opposizione. Al di là del risultato finale, un’occasione per conoscere una bella squadra di sbirri d’inchiostro.
Il Montalbano greco
Fra tutti quelli dell’elenco, Kostas Charitos di Petros Markaris è quello che assomiglia di più al collega italiano. Anche lui fa il commissario, alla Questura di Atene però, e indaga sotto il sole della capitale greca molto più trafficata e complessa della sonnolenta Vigata. Di se stesso dice: “non sono un Rambo, ma un greco complessato”, dimostrando un’ironia e una causticità di giudizio pari a quella di Montalbano. Sposato a una maga dei fornelli, non è raro cha faccia dei suoi pomodori ripieni unico scopo della giornata (anche in questo ricorda il nostro Salvo). Altra grande passione è la lettura dei vocabolari, nel suo piccolo appartamento ne ha uno scaffale pieno e vi si rifugia spesso per sfuggire alle preoccupazioni o alle sfuriate della moglie. Le indagini di Kostas Charitos sono raccontate in:
- Ultime della notte
- Difesa a zona
- Si è suicidato il Che
- I labirinti di Atene
- La lunga estate calda del commissario Charitos
- La balia
- Prestiti scaduti
- L’esattore
Il Montalbano francese
Come il personaggio di Camilleri, anche Jean-Baptiste Adamsberg di Fred Vargas ha una relazione sentimentale complicata con una fidanzata che va e viene da cui però ha avuto anche un figlio. Di professione commissario nel XIII arrondissement di Parigi, Adamsberg non sembra avere un proprio metodo investigativo, procede a tentoni, è disordinato, a disagio col ragionamento, ma sostenuto da un intuito quasi magico e dalla capacità di immedesimarsi negli altri. Il francese è un sognatore e un idealista senza retorica tanto da meritarsi il soprannome di “spalatore di nuvole”. Le indagini di Adamsberg sono raccontate, in ordine cronologico, ne:
- La trilogia di Adamsberg
- Scorre la Senna
- Sotto i venti di Nettuno
- Nei boschi eterni
- Un luogo incerto
- La cavalcata dei morti
Il Montalbano inglese
L’ispettore capo Endeavour Morse di Colin Dexter condivide con il nostro commissario la fortuna televisiva: la serie di film per la tv inglese è stata trasmessa per ben tredici anni. Anche l’ironia sembra accomunarli, tuttavia quella dell’inglese è più sottile e intellettuale, in perfetto stile british. L’ispettore Endeavour Morse è un poliziotto anomalo, gran bevitore, è un vero e proprio maestro d’erudizione sia letteraria sia musicale (sconfinata sembra essere la sua conoscenza di Richard Wagner). Le trame dei suoi casi dalla costruzione complessa hanno fatto del suo autore uno dei principali esponenti del poliziesco classico. In Italia purtroppo sono rimasti in catalogo solo tre titoli:
- Il mondo silenzioso di Nicholas Quinn
- Al momento della scomparsa la ragazza indossava
- L’ultima corsa per Woodstock
Il Montalbano spagnolo
La differenza più evidente rispetto al nostro commissario, è che l’ispettore della polizia di Barcellona, creato da Alicia Giménez-Bartlett, è una donna. Petra Delicado condivide forse con il nostro Salvo l’amore per la solitudine e l’allergia alla socialità e ai suoi riti. Per il resto appare molto più brusca, scontrosa e troppo preoccupata di nascondere le proprie sensibilità dietro una saracinesca di sarcasmo. Decisionista e risoluta, la Delicado ha una vita familiare non proprio tranquilla: è al terzo matrimonio e la sua casa è invasa dai figli di primo letto dell’ultimo marito. Collaboratore nelle indagini e spalla comica, è il viceispettore Fermin Garzón che a qualcuno potrà ricordare il fimminaro Mimì Augello. Le indagini di Petra Delicado sono raccontate in:
- Riti di morte
- Giorno da cani
- Messaggeri dell’oscurità
- Morti di carta
- Serpenti nel paradiso
- Un bastimento carico di riso
- Petra Delicado indaga ancora
Il Montalbano svedese
L’ambiente di Kurt Wallander è molto diverso da quello solare di Montalbano. Il commissario di polizia svedese, creato dallo scrittore Henning Mankell, vive vicino a Malmö e si muove in un mondo umbratile dalle atmosfere pensose e malinconiche. L’amletico poliziotto invecchia e si trasforma libro dopo libro, i rapporti con gli altri personaggi evolvono con lui: il padre, con cui ha un legame intenso seppur conflittuale, una moglie che lo ha lasciato ma da cui non riesce a separarsi e il difficile amore per Baiba, lo conducono in uno stato di opprimente isolamento da cui solo i casi su cui indaga sembrano sollevarlo. Atmosfere coinvolgenti e intrighi compositi raccontati (importante seguirne l’ordine) nei libri delle inchieste del commissario Wallander.
Il Montalbano belga
Si chiama Van In, è commissario aggiunto della Squadra Mobile Speciale di Bruges e non potrebbe mai intendersela con Montalbano. Pessimo carattere il personaggio creato dal giallista fiammingo Pieter Aspe: irascibile, imprevedibile, totalmente privo di senso della gerarchia, alla continua ricerca di una birra Duvel ghiacciata. Una vita disordinata e senza quattrini a cui vorrebbe dare una raddrizzata la compagna Hannelore Martens, sostituto procuratore. Ma lo sbirro ama troppo le belle donne e intrattiene pure una relazione clandestina con una prostituta. Un poco di buono insomma, un antieroe con un innato talento per risolvere i casi più intricati. Tutte le sue storie sono ambientate in una misteriosa e sinistra Bruges:
- La quarta forma di Satana
- Il quadrato della vendetta
- Caos a Bruges
- Le maschere della notte
Il Montalbano danese
Carl Mørk, il detective uscito dalla penna di Jussi Adler-Olsen, amplifica un tratto del carattere di Montalbano troppo spesso lasciato tra le righe: l’indolenza. Il poliziotto danese, ormai non più giovane, svogliato, burbero, polemico, è a capo della Sezione Q, un reparto che si occupa dei casi irrisolti e che sembra l’ideale per assecondare i suoi tempi distesi e il suo metodo investigativo sui generis. Tanto Montalbano è amato e stimato dai colleghi, quanto il danese ne è detestato. Ciò però che più lo distingue dal collega italiano è la stravaganza: stravaganti sono i suoi metodi; stravagante, e decisamente impegnativa, l’ex moglie; stravagante la sottile antipatia che lo caratterizza e decisamente inconsueto Assad, il fido aiutante siriano, con cui fatica a intendersi ma del cui spirito di osservazione non manca di servirsi. In Italia sono fin’ora stati pubblicati solo La donna in gabbia e Battuta di caccia.
Il Montalbano polacco
La sola cosa che accomuna Eberhard Mock, personaggio creato da Marek Krajewski, a Montalbano è la passione per il cibo. Stop. Poi, a parte che il capo della polizia criminale di Breslavia ama bere troppo, frequentare abitualmente prostitute e utilizzare metodi brutali ai limiti della legge, ciò che più lo differenzia dal personaggio di Camilleri è il fatto di essere morto intorno agli anni Sessanta. Le sue indagini sono quindi ambientate durante i primi decenni del Novecento. Originali noir storici dove i nazisti si comportano da gangster e l’eccessivo fatalismo Mock ci consegna un personaggio amorale davvero interessante. Per ora in italiano possiamo leggere:
- Morte a Breslavia
- La fine del mondo a Breslavia
- Fortezza Breslavia
Il Montalbano norvegese
Probabilmente non c’è poliziotto caratterialmente e geograficamente più distante da Montalbano del commissario Harry Hole, protagonista dei thriller polizieschi di Jo Nesbø. Alcolizzato, strafottente, violento, più impegnato a combattere i propri fantasmi interiori che i birbaccioni, abilissimo nell’uso della pistola di ordinanza che non esita a estrarre appena può andar per le spicce. Se Montalbano fatica a lasciare la Sicilia, Nesbo è perennemente in fuga da Oslo e da se stesso (lo troviamo di volta in volta in Austria, in Tailandia, in Cina) regalando così ai romanzi un surplus di ambientazioni esotiche. Uno sbirro che si lascia maltrattare dalla vita, da Rakel (altro amore complicato) e dai superiori che non lo cacciano solo grazie al suo acume investigativo. Pur così diverso, anche il rude norvegese è un personaggio di culto al pari del nostro siculo piedipiatti. È protagonista di una decina di libri, tra cui:
- Nemesi
- La stella del diavolo
- La ragazza senza volto
- L’uomo di neve
- Il leopardo
- Lo spettro (luglio 2012).
Se all’appello manca qualche “Montalbano” estero, acchiappatelo voi!
Andrea Tognasca
 
 

La Sicilia, 4.7.2012
Gli scrittori siciliani di cui parla li conosce o li ha conosciuti tutti
Gaspare Agnello, il critico letterario che ama definirsi «divulgatore»

Il libro per camminare ha bisogno di amici. Uno dei più grandi amici dei libri in Sicilia si chiama Gaspare Agnello, di settantotto anni.
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A Camilleri dice che ha «la linguazza longa» perché trasforma in un suo romanzo Sciascia, Bufalino e Consolo in tre pompieri.
[...]
Giovanna Giordano
 
 

The Crime Writers' Association, 5.7.2012
CWA International Dagger 2012 Winner
Andrea Camilleri "The Potter's Field"
translated by Stephen Sartarelli

The Potter’s Field by Andrea Camilleri, translated by Stephen Sartarelli and published by Mantle has been announced as the winner of the 2012 CWA International Dagger. The announcement was made this evening at the awards ceremony held at One Birdcage Walk in London.
The judges said ‘Camilleri’s Montalbano novels show just how much can be achieved with familiar materials when a writer conveys the sense of life in a recognizable place. He combines characters, plots, and reflections on Italy’s particular social and political problems, with wry—but never bitter—satire. In this novel the late-afternoon shadows lengthen; Montalbano is feeling his age.’
The Camilleri/Sartarelli team has previously been shortlisted three times for the International Dagger: in 2006 with Excursion to Tindari, in 2008 with The Patience of the Spider and in 2011 with The Wings of the Sphinx, but this is the first time they have won.
Synopsis: While Vigàta is wracked by storms, Inspector Salvo Montalbano is called to attend the discovery of a dismembered body in a field of clay. Bearing all the marks of an execution style killing, it seems clear that this is, once again, the work of the notorious local mafia. But who is the victim? Why was the body divided into 30 pieces? And what is the significance of the Potter’s Field? Working to decipher these clues, Montalbano must also confront the strange and difficult behaviour exhibited by his old colleague Mimi, and avoid the distraction of the enchanting Dolores Alfano – who seeks the inspector’s help in locating her missing husband. But like the Potter’s Field itself, Montalbano is on treacherous ground and only one thing is certain – nothing is quite as it seems …
Andrea Camilleri is one of Italy's most famous contemporary writers. His Montalbano series has been translated into nine languages and adapted for Italian television. Series 1 was screened on BBC Four in the spring of 2012. He lives in Rome. Website (in Italian): www.andreacamilleri.net
Stephen Sartarelli is an award-winning translator. He is also the author of three books of poetry, most recently The Open Vault. He lives in France.
This Dagger is a competition for crime, thriller, suspense or spy fiction novels which have been translated into English from their original language, for UK publication. The the other five books shortlisted for the Dagger this year were:
I will have Vengeance by Maurizio de Giovanni, translated by Anne Milano Appel (Hersilia Press)
Until Thy Wrath Be Past by Åsa Larsson, translated by Laurie Thompson (Quercus/Maclehose)
Trackers by Deon Meyer, translated by T K L Seegers (Hodder & Stoughton)
Phantom by Jo Nesbø, translated by Don Bartlett (Harvill Secker)
The Dark Valley by Valerio Varesi, translated by Joseph Farrell (Quercus/Maclehose)
Once again this year the judges were impressed by the high level of competence throughout the sub-genres by authors of fourteen nationalities. They remark an increasing use of narrative voices of dead characters to supply perspective on, as well as information, about, plots and backgrounds. This may be allied to a fashion for the supernatural, at least a kind of second sight, but it certainly shows that international crime writers are readers of international fiction.
[...]
 
 

SupraUponti, 5.7.2012
Col "Sommo" Camilleri, tutti insieme appassionatamente


(foto di Gaspare Lo Presti - Camilleri Fans Club)

Tutti insieme appassionatamente con il "Sommo" Andrea Camilleri per la foto ricordo (da sinistra Antonio Conoscenti, lo "Zio" Filippo Lupo "U Presidenti", Mario Prestigiovanni, Samuele e Marcello Castiglia, Antonietta Guarcello, il "Sommo", Silvana Giambelluca, Maria Enza Cucco, Matilde Conoscenti, la "zia" Sandra Guarcello). La foto si riferisce alla "udienza privata" che lo "zio" Filippo è riuscito ad organizzare a casa del più grande scrittore siciliano contemporaneo, regalando così ad un gruppetto di "increduli" castelbuonesi fortissime ed indescrivibili emozioni. Tra una mezza sigaretta e l'altra ci ha allietato con simpatici ricordi relativi agli inizi della sua carriera, quando era un perfetto sconosciuto, come se ci conoscessimo da anni, e nel frattempo noi approfittavamo della ghiotta occasione per farci autografare questo o quell'altro libro storico o del commissario Montalbano. Naturalmente, non siamo andati via prima di aver "calato 'u carricu da undici": strappargli la promessa di venire a Castelbuono.
L'occasione ufficiale è stata, sabato 9 giugno, quella dell'inaugurazione della restaurata torre Carlo V al paese di Porto Empedocle-Vigata nella cui fossa comune furono uccisi dalla polizia borbonica ben 114 "servi di pena" nella notte tra il 25 ed il 26 gennaio 1848. Da questi tristi eventi Camilleri trasse il romanzo storico "La strage dimenticata".
Samuele Castiglia
 
 

Vanity Fair, 5.7.2012
Michele Riondino: «Basta con gli spiegoni in Tv»
Per la televisione sogna un pubblico diverso («più attento e interattivo»). Intanto, il volto del Giovane Montalbano sarà protagonista della Vertigine del drago, in scena al Festival dei due mondi di Spoleto dal 13 luglio, di cui è regista e interprete. Con la supervisione drammaturgica di un certo Camilleri

Della Vertigine del drago, scritto da Alessandra Mortelliti con la supervisione drammaturgica di Andrea Camilleri e in scena al Festival dei due mondi di Spoleto dal 13 luglio, lui è il regista e il protagonista maschile. Michele Riondino, 33 anni, è stato (e probabilmente tornerà a essere, in una seconda serie di cui in questi giorni Camilleri sta scrivendo i soggetti) Il giovane Montalbano televisivo. Lì ha conosciuto la Mortelliti, «una ragazza molto simpatica, umile. Ma per un pezzo non ho saputo chi fosse suo nonno».
Lei con Camilleri in che rapporto è, adesso?
«Ottimo. Ci vediamo di rado, ma quando succede facciamo grandi chiacchierate».
Su che cosa?
«L’ultima riguardava la forza mediatica della Tv rispetto alla letteratura o anche al cinema. E poi il pubblico che ci piacerebbe, ossia uno spettatore attento, che interagisce, non il tipo a cui ti rivolgi solo con gli “spiegoni”, insomma dicendogli esattamente tutto quello che deve capire».
La forza mediatica lei l’ha sperimentata con Il giovane Montalbano...
«Sì, anche se pure lì abbiamo cercato di fare qualcosa di inaspettato, come usare il dialetto per costringere lo spettatore a stare più vigile».
Luca Zingaretti le ha detto qualcosa del suo Montalbano?
«Prima di girare, mi aveva detto di non preoccuparmi troppo del “peso” del personaggio».
Il successo Tv ha cambiato la sua vita?
«No, non per il momento. Certo, intorno a me vedo attegiamenti e attenzioni particolari. Ma continuo per la mia strada».
E quindi fa teatro.
«La vertigine del drago è la prima regia che firmo da solo».
Camilleri assisterà alle prove?
«Se vuole, ben venga».
Il suo è un personaggio difficile, uno skinhead ferito. Si farà rasare la testa per interpretarlo?
«Non posso, ho altri lavori in corso».
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Marina Cappa
 
 

Sanremo News, 5.7.2012
'Nei Castelli della Valle d'estate', un nutrito programma d'eventi dell'associazione 'Oltre il Cristallo'
Le proposte della 'Cine Rassegna Itinerante' si svolgeranno a Dolceacqua, Apricale ed Isolabona

[…]
1 agosto - Castello di Isolabona: LA SCOMPARSA DI PATO', dal mystery di Camilleri - regia di R. Mortellitti;
[…]
Biglietti: 5 euro (4 euro per i soci), concerto 7 euro.
Le proiezioni inizieranno alle ore 21.30 ed in caso di pioggia tutti gli spettacoli verranno dislocati in aree limitrofe al coperto
C. S.
 
 

ANSA, 6.7.2012
Premi: Camilleri vince l'International Dagger

Palermo - Andrea Camilleri e' il vincitore dell'edizione 2012 dell'ambito premio 'Crime Writers' Association International Dagger', con 'Il campo del vasaio' (Sellerio). L'annuncio e' stato fatto al One Birdcage Walk di Londra. ''E' un riconoscimento straordinario - dichiara Antonio Sellerio - che conferma la grandezza di uno scrittore unico al mondo''. Premiando Camilleri, che in Italia domina le classifiche con il suo ultimo romanzo con Montalbano 'Una lama di luce', la giuria dell'International Dagger ha dichiarato ''che i romanzi di Montalbano dimostrano quanto si possa ottenere quando uno scrittore riesce a rendere il senso della vita in un luogo reale e riconoscibile. Camilleri mescola personaggi, trame e riflessioni sulle questioni politiche e sociali italiane con una satira beffarda - mai amara. In questo romanzo si allungano le ombre della sera; Montalbano inizia a sentire l'eta'''. Andrea Camilleri era gia' entrato nella shortlist dell'International Dagger altre tre volte: nel 2006 con La gita a Tindari, nel 2008 con La pazienza del ragno e nel 2011 con Le ali della sfinge. I libri di Camilleri sono tradotti in oltre 35 paesi. Attualmente, per quanto riguarda le edizioni Sellerio, sono state vendute in Italia oltre 16 milioni di copie. Una lama di luce, l'ultimo romanzo di Montalbano, e' il diciannovesimo della serie.
 
 

The Guardian, 6.7.2012
Andrea Camilleri: a life in writing
'In many crime novels, the events seem detached from the context. I deliberately decided to smuggle in a critical commentary on my times'
Andrea Camilleri won the 2012 CWA International Dagger (for translated crime) for The Potter's Field, translated by Stephen Sartarelli. Camilleri talks to Mark Lawson in Front Row, BBC Radio 4, Monday 9 July, 7.15pm.

When we talk about a writer being "famous", the term is often loosely used: many winners of the Nobel Prize for Literature and the stars of literary magazines would achieve little name recognition in high streets. But, in Italy, it rapidly becomes clear, Andrea Camilleri is seriously well-known.
In a café near the Vatican, preparing for our interview, I have on the table a stack of the English editions of his series of novels – most recently, The Potter's Field – about the Sicilian detective Salvo Montalbano. Customers and waiters, recognising the name on the covers but not the design or titles, swoop to pick up the books and whoop "Camilleri!" or "Montalbano!", wanting to know the reason for this immersion in one of Italy's most celebrated writers, who is also a media celebrity from his political punditry on television. He is so recognisable that a TV comedian, Fiorelli [Così nell’originale, NdCFC], does a popular impression of him. When I tell one woman that I have come to interview the author, she adopts a bad-news face and says: "Oh, no! Wrong place! He lives in Sicily!"
In fact, Camilleri comes from Sicily – he was born in Porto Empedocle in 1925 – and on the day we meet is about to go home for the summer, but he mainly lives and works in an apartment on a high floor of a mansion block in a wealthy section of Rome, close to the headquarters of RAI, the Italian broadcaster for whom he long worked and which now produces a top-rating Montalbano TV series (screened by BBC4 in Britain). This series has extended the renown of the character and his creator; the increasing impact of the books outside Italy was also recognised last week when Camilleri received the International Dagger, the highest foreign honour of the British Crime Writers Association.
The living room of his home in Rome has books neatly shelved from floor to ceiling. Lighting one of many cigarettes – the suppleness of his mind and body at 86 defy medical opinion on the risks of chain-smoking – Camilleri indicates a central bookshelf, explaining that this contains "my most important authors". Here are the complete works of James Joyce, Georges Simenon and two fellow Sicilians: Leonardo Sciascia (1921-1989), a pioneer of Italian crime writing with books including The Day of the Owl, and Luigi Pirandello (1867-1936), whose plays, including Six Characters in Search of an Author, Camilleri directed during a long career in theatre, and whose short stories influence his prose fiction.
Sciascia was a close friend and remains a posthumous inspiration. "I call him the electrician Sciascia. What I mean is that, when I feel like my batteries are low, I take up a book by Leonardo, I open it, I read two pages and my batteries are recharged." Pointing to the many volumes of Pirandello, the writer explains that there is a statue of the 1934 Nobel laureate in Porto Empedocle. Recently, the authorities decided to place nearby an image of Inspector Montalbano, as part of a tribute to Camilleri that also included the extraordinary step of officially adding to the town's name the word "Vigàta", the fictional location of his cop.
Laughing throatily, the writer explains: "Pirandello, in his statue, has his finger pointing like this …" – he makes his hand into a child's pretend gun. "And, because of where the Montalbano statue is, it's as if he's pointing and saying: 'What are you doing here?'"
Until he was almost 70, Camilleri was a minor historical novelist who was better known as a director of Pirandello. He was an author in search of a character, and that character turned out to be Montalbano. When a protagonist becomes a phenomenon, I am always interested in whether the novelist remembers the exact moment of conception. Camilleri does: "I know exactly when he arrived. In 1994, I was stuck on a historical novel called The Brewer of Preston. I couldn't organise it the way I wanted, I had not found the key to structure it, and then decided that the best solution was to set it aside and write something else. And then I said to myself: what can I write? The way I used to write novels was to start with the very first thing that struck me about a subject. It was not methodical: the first thing I wrote would never be the first chapter, maybe it would become the fourth or fifth chapter. Then I said: but you can write a novel from first to last chapter with a perfect order of logic. I saw the form of the thriller as a cage that does not allow you to escape. And so I began to write the first Montalbano novel – The Shape of Water."
Originally, the central detective was called simply The Commissioner, but Camilleri was conscious of being influenced by the Spanish writer Manuel Vázquez Montalbán, who wrote a series about the investigator Pepe Carvalho, and so he baptised his new character in gratitude; serendipitously, Montalbano is a common Sicilian surname. Camilleri felt finished with the story after a second novel, The Terracotta Dog, but, he explains, "I kept receiving calls from my publisher bombarding me with 'Oh no, you must give me another Montalbano' – and that's how the story of Montalbano started."
Part of the success of the series has come from their popularity as summer reads, and the books may be responsible for boosting restaurant profits in holiday resorts because a signature characteristic of Montalbano is his love of food. Called to the discovery of a corpse in The Potter's Field, the policeman breaks off to ravish a picnic consisting of "a loaf, a whole tumazzo cheese and a flask of wine".
"I don't think of him as greedy," explains Camilleri. "It's the same in the books of Simenon where Maigret is a man who loves good food. I think it is a sort of unconscious revenge of vitality, an affirmation of being alive in the face of continuous death. Maybe eating subconsciously expresses the pleasure of feeling alive. A life-force."
One of the pleasures of the books for English language readers, since the sequence began to appear in 2005 in Stephen Sartarelli's elegant translations, is the way they chart Italian history over the last two decades: the transition from the lira to the euro, the fluctuations in the methods and impact of the mafia, the turbulent government of Silvio Berlusconi. Had Camilleri consciously set out to use the crime novel for social commentary? "Yes, that was always my aim. In many crime novels, the events seem completely detached from the economic, political and social context in which they occur. It brings me back to the example of Maigret again. There's very little sense of the history of France in the Maigret books. There is no social fact or an event that allows the story to be dated. In my books, I deliberately decided to smuggle into a detective novel a critical commentary on my times. This also allowed me to show the progression and evolution in the character of Montalbano."
In recent episodes, Montalbano has been dyspeptic about the Berlusconi years. In August Heat, he turns a Dante quote about Italy's being "a ship without a helmsman" into a reflection on the country's having, in the media magnate turned prime minister, "a helmsman it could do without". The Paper Moon contains a paragraph-long rant about Berlusconi's rise.
When these sections are quoted, Camilleri responds: "Well, look … I am proud to be one of the first signatories of the manifesto written by the Italian philosopher Norberto Bobbio, when Berlusconi decided to get into politics. In that manifesto, we were imploring Italians not to vote for him. So my anti-Berlusconism is long-established, and unfortunately we were right. Because the damage Berlusconi did was not always visible during his office, but you can see it now. These are problems that the current government of technicians has gone some way to address." In another of the recent novels, the detective complains about the external influences on the Italian state: the nation serves two masters, he complains – America and the Roman Catholic Church.
"Ah. Be careful with the dates of the books," Camilleri warns. "Montalbano novels are often published two or three years after I have written the book. That particular novel was written at the time of President Bush calling on Italy to give a hand to help America in her wars; it was the time of Tony Blair. But that the church has enormous influence on politics and Italian life is indisputable. I mean to say that our state is secular, but often forgets to be."
Whereas Berlusconi and Bush have come and gone as targets in the books, the mafia has, like the Vatican, been a constant background presence. The Potter's Field opens with the detective suffering a nightmare that the mob has formed a government and is now running Italy officially rather than surreptitiously. Camilleri's determined opposition to Cosa Nostra is motivated partly by birthplace (Sicily is the motherland of the mobs) and partly by reading: his hero Sciascia wrote, in The Day of The Owl, the first anti-mafia novel, and the Montalbano books are dedicated to the same purpose.
"An amazing thing happens in Italy," Camilleri says. "That we have MPs and senators involved with the mafia. They continue to be called honourable when they are not at all. It's not far from that to taking over power. At least until some time ago – because things are fortunately changing – Montalbano's nightmare had a good chance of turning into reality. I went harder on this subject in the books than has been reflected in the TV adaptations. It was like giving a warning to my readers."
He is angered by what he sees as Hollywood's glamorisation and mythologising of the mafia – the books feature sarcastic asides about The Godfather – and aims to counter this with more realistic and critical depictions. So has he ever feared the reaction of the gangsters? "The mafia is not interested in the novels. The mafia's cultural attention extends to newspapers and TV – they are not interested in fiction. The mob gave no trouble to Sciascia when he wrote The Day of the Owl. They judge works of fantasy as irrelevant." During the next question, he grabs the arm of the interpreter, Carlo Catalogna, and says: "I also wanted to add that the mafia kills journalists and not novelists."
Apart from the mafia, another major Sicilian influence on the books is linguistic. In a manner that Sartarelli's English translations capture through use of cockney and other dialects, the Montalbano novels are written in a combination of traditional Italian and the Sicilian tongue.
"Yes," Camilleri explains, "I studied when Sicilians use the dialect and when the national language. The dialect is always confidential, a non-institutional relationship, intimate, a friendly atmosphere. The use of Italian language creates an immediate officialness, a distance. Italian is used to make law, to suggest intimidation, power, distance, emphasis."
In a telling illustration, he recalls the anti-mafia magistrate Giovanni Falcone conducting an interrogation of a mobster known as "Joe the tanner". When Falcone began to address him in Sicilian with the words "I would like to ask you …", the gangster stopped him and insisted on speaking only in Italian rather then their shared native language.
Camilleri's detective novels are notable for dealing, in a deceptively jokey and congenial tone, with dark concerns. "Humour is important to me," he acknowledges. "I don't use it only in crime novels but in my novels in other genres. The soldier who fights the battle does not know what is the strategy of the supreme command, but a writer must know the strategy of his novel. And humour and irony are part of my strategy."
Beneath the jokes, one of the recurrent concerns of the books is what it means to be a good Italian policeman. It is an assumption of British and American justice that cops remain politically neutral, supporting governments of whatever colour, but Montalbano worries that the political extremities in Italy – encompassing communist, fascist and Berlusconi administrations – may call for moral resistance and a questioning of orders.
He expands on this theme: "The elements of a good policeman in Italy today are, first: to be deaf to political pressures – this is a serious situation that is often a handicap to police operations. Second: sometimes refusing to obey an order is a virtue, not a sin. Third: loyalty to your vocation and to those virtues that made you a policemen."
It seemed to me that some Pirandellian techniques of theatre – such as games with structure and texts within texts – can be detected in the Montalbano books. "Yes. The theatre taught me a lot about dialogue. When I am writing a novel, if a new character enters, I first of all write the conversation he has with another character and then describe him physically. That certainly comes from my theatre experience. But it was my TV experience that taught me the art of writing a detective story. I was the producer for Italian TV of 30 episodes of Inspector Maigret and worked closely with Diego Fabbri, the screenwriter. Fabbri used to buy five copies of the same novel. And you know in a novel, there's storyline A that starts and stops, then storyline B that starts and stops, then C when the storyline picks up on A again. And so on. He tore the pages and put all the storylines in a row, then – as if playing cards – shuffled them into a different order and wrote new link scenes. Years later, when I was writing a mystery novel, all this came back to me."
In common with his creator, Montalbano is an avid reader of detective fiction. Developments in plots remind him of a particular detail in a Maigret story; in The Track of Sand, the cop interrupts an investigation to buy an armful of Swedish crime novels, including Henning Mankell's Wallander books. Looking around Camilleri's shelves as we talk, they seem to contain almost every major crime series, including a complete set of Ian Rankin's Rebus books in Italian translation.
Rankin, I mention, has recently announced that he is bringing back Rebus from retirement, having missed him, just as Conan Doyle had to save Sherlock Holmes from his watery death at the Reichenbach Falls, when readers protested at his demise. There have so far been 19 Montalbano novels, of which 13 have appeared in English to date. So has Camilleri given any thought to how and when the series might end?
"I finished him off five years ago. That's to say, the final novel in the series of Montalbano is already written and deposited at the publishing house. When I get fed up with him or am not able to write any more, I'll tell the publisher: publish that book. Sherlock Holmes was recovered …" – with his cigarette-free hand, he mimes the detective being pulled from the water – "but it will not be possible to recover Montalbano. In that last book, he's really finished."
Mark Lawson
 
 

BBC News, 9.7.2012
Andrea Camilleri reflects on the food-loving Sicilian detective Inspector Montalbano
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Duration: 9 minutes

Italian writer Andrea Camilleri, winner of this 2012's Crime Writers' Association International Dagger Award for the best crime novel translated into English, reflects on his famous creation - the food-loving Sicilian detective, Inspector Montalbano.
 
 

La Provincia di Cremona, 9.7.2012
Andrea Camilleri - 'Una lama di luce'

Montalbano questa volta fa i conti con un nemico inaspettato e tremendo: la solitudine. Una lama di luce è il nuovo capitolo della lunga e fortunatissima serie del commissario creato da Andrea Cammilleri. Al centro del romanzo ci sono gli sbarchi di Lampedusa, dove la situazione è diventata insostenibile, tanto che il ministro dell’Interno decide di recarsi personalmente sul posto facendo tappa a Vigata. E poi Montalbano conosce Maria Angela, affascinante gallerista d’arte che mette in crisi le certezze del poliziotto da sempre legato a Livia. Una rapina con stupro (e un misterioso omicidio) mescoleranno le carte facendo scoprire un impensabile intreccio fra traffici d’armi, sbarchi di tunisini e la criminalità di Vigata. Camilleri non delude le attese con un romanzo che rispetta lo stile e le ambientazioni dei precedenti successi da classifica.
 
 

Mondo del Gusto, 9.7.2012
Romagna
A Forlì (Forlì-Cesena) omaggio ad Andrea Camilleri con i piatti del commissario Montalbano
10/12/19/24/26 Luglio e 2 Agosto 2012 a Forlì (Forlì-Cesena)

In occasione delle serate di Autori sotto la Torre, nella centralissima Piazzetta della Misura, “Delizie in cucina” proporrà, in aggiunta al suo menù, un piatto sempre diverso tratto o ispirato dai romanzi di Andrea Camilleri.
L’iniziativa è iniziata giovedì scorso con l'antipasto di mare che Montalbano degusta nella trattoria di Calogero, tratto da "Il ladro di Merendine".
Chi ama Montalbano conosce il suo strettissimo rapporto con la cucina, o meglio: con l’arte della cucina, in particolare quella siciliana; nei romanzi di Camilleri il cibo acquista un valore emozionale ed affettivo molto forte: il commissario mangia spesso da solo, e non può avvenire che così.
Un uomo in conflitto con le proprie certezze, che lotta per renderle vere, non può che ritrovarsi da solo a tavola.
La cucina acquista uno spessore grazie a due personaggi: Adelina, la cameriera, e Calogero, il proprietario della trattoria omonima dove il commissario si reca ogni volta che può.
Mangiare in trattoria diventa il simbolo della sua solitudine e della ricerca di una comunicazione con il popolo, che i sapori della sua terra valorizza come tutti i buongustai.
In ricordo di ciascuna serata Delizie in cucina omaggerà i propri ospiti con un piccolo documento che conterrà il testo, tratto da uno o più romanzi di Camilleri contenete la citazione del piatto e la ricetta con tutti i consigli per provare a realizzarla anche nella propria cucina.
Domani, martedì 10 luglio toccherà a un vero e proprio simbolo della cucina camilleriana: dai fornelli di Delizie in Cucina uscirà la pasta con le sarde.
Il programma proseguirà poi giovedì 12 e 19, martedì 24 e giovedì 26 luglio, per terminare infine giovedì 2 Agosto.
Massimo Tommasini
 
 

La Repubblica - sera, 10.7.2012
Il personaggio
La maturità del giovane Montalbano

È diventato famoso per aver interpretato in tv il prequel sul commissario di Vigata Un ruoloche rischiava di divorarlo. Per liberarsene Michele Riondino ha scelto di tornare al palcoscenico Con la nipote di Camilleri

"Per me il teatro è il modo con cui misuro la mia età. Sul palcoscenico ti esprimi con il corpo. Devi essere allenato fisicamente. Butti lacrime e sangue. Ora ad esempio sto preparando La vertigine del drago e sono tesissimo, non mangio, non dormo, sono in uno stato di totale coinvolgimento fisico e mentale". È buffo sentir parlare Michele Riondino di età. Ha 33 anni ma ne dimostra dieci di meno. Con quella sua aria da ragazzino, gli occhi lucenti e malinconici, i capelli spettinati, ha conquistato il pubblico televisivo nei panni de Il giovane Montalbano, la serie in sei puntate di RaiUno dove si raccontano gli anni giovanili del personaggio inventato da Andrea Camilleri e portato al successo da Luca Zingaretti, svelandone alcuni misteri.
Ma Riondino fa soprattutto parte di quella nuova generazione di attori italiani che deve affrontare un sfida grande: dare aria e speranza alla cultura, al cinema, al teatro, alla tv in un momento difficile come quello che stiamo attraversando. Michele ha coraggio e idee chiare. Che nasconde dietro una timidezza e uno sguardo schivo e malinconico che si illumina all'improvviso, come se un cielo di stelle ci fosse caduto dentro, quando parla della recitazione, della politica, della necessità di lavorare seriamente su tutto.
Non ama i fronzoli e le chiacchiere inutili, lui che è stato abituato sin da ragazzino ad affrontare una vita difficile in una terra forte e aspra come la sua Puglia: dove il cielo è così azzurro da far male al cuore e il mare evoca tempeste antiche. È cresciuto nel quartiere più popolare di Taranto, suo padre era un operaio dell'Ilva come suo fratello Fabio. E lui da un destino già segnato voleva solo fuggire. "Non ho mai deciso di fare l'attore, la mia vera urgenza era andare via da Taranto. Ma quando avevo sedici anni mio padre, preoccupato perché non studiavo e mi facevo qualche canna di troppo, mi ha iscritto a un corso di teatro al Crest. Il regista Mauro Maggioni è stato il primo a farmi conoscere Beckett, a farmi fare cose completamente folli: andavamo per le strade a fare improvvisazioni con gli abitanti del quartiere.
La gente di Taranto vecchia sapeva che eravamo "i matti del Crest" e non ci prendeva in giro ma ci assecondava. E io, timidissimo, ho scoperto la dimensione del gioco. Dove nulla è serio, dove non c'è nulla di strutturato. Non c'è neanche il testo. Dopo un anno e mezzo di laboratorio ho deciso di prepararmi per l'accademia Silvio d'Amico. Ero convinto che non sarei mai entrato: qui al Sud si pensa che se non sei raccomandato in posti così non ti prendono". E invece... Da lì ha cominciato la sua carriera d'attore fatta di piccoli film originali come Dieci Inverni di Valerio Mieli, di spettacoli teatrali con Emma Dante, Marco Bellocchio, Marco Baliani, e fiction tv fino al grande successo del Giovane Montalbano.
"Con Montalbano ho rischiato tanto. Quando ho accettato sapevo che dovevo fare molto bene. Ma la paura è diventata uno stimolo. Ho accettato la sfida. Ho studiato il linguaggio di Camilleri, ho vissuto la Sicilia, letto tutto Sciascia. Con il regista, Gianluca Tavarelli, prima di girare siamo partiti per la Tailandia con i libri di Montalbano nella valigia. E quando abbiamo finito le sei puntate ci siamo resi conto che eravamo riusciti a fare quello che avevamo in mente". La sfida ora è non rimanere prigioniero del personaggio di Camilleri come è accaduto a Zingaretti. "È per questo che ho deciso di dedicarmi per un anno solo al teatro. Mi aiuta, mi disintossica, mi propone continue sfide".
La prossima è il debutto alla regia al Festival di Spoleto (13 e 14 luglio Auditorium della Stella) con La vertigine del drago uno spettacolo scritto da Alessandra Mortellitti, attrice e autrice, e - guarda un po' i corsi e ricorsi del destino - nipote di Andrea Camilleri. I protagonisti sono il naziskin Francesco e la zingara Mariana. Durante un assalto al campo rom con la sua banda Francesco viene ferito e per fuggire prende in ostaggio Mariana. Diventano due esclusi che vengono messi a bando perfino dai loro clan di appartenenza. "Curare la regia di questo spettacolo è un altro limite da superare.
Mi hanno insegnato che il teatro è necessità. E io ci credo. Quindi prendere in mano la necessità di un altro autore e farla vivere in scena non è stato facile. Per me non era un'urgenza raccontare i temi che propone La vertigine del drago. Però mi interessava il testo perché gioca con gli stereotipi e li smonta. Francesco, da idolo del gruppo diventa un reietto. Lo stesso è per la ragazza rom che desidera studiare, conoscere e avere una vita normale, e non viene capita dalla sua comunità. Lo spettacolo è costruito su questi due paradossi".
Ma a Riondino piace lavorare sui paradossi, sui personaggi difficili e complessi. Al cinema ha appena finito di girare con Marco Bellocchio La bella addormentata ispirato alla vicenda di Eluana Englaro. In autunno lo vedremmo in Acciaio, tratto dal romanzo di Silvia Avallone. E sempre a luglio, il 16 a Villa Pamphili a Roma porta in scena The Fool on the Hill dove veste i panni di Mark David Chapman l'assassino di John Lennon. "Io non amo giudicare i personaggi che interpreto. Mi piace mettermi nei loro panni. Entrare nella loro testa. Chapman era davvero pazzo. Sono convinto che lui stesso sia stato il primo a stupirsi di quello che ha fatto: uccidere il suo idolo, John Lennon. Ho scoperto i Beatles in ritardo perché da ragazzino avevo altri gusti musicali. Però la carriera da solista di John Lennon non mi piace".
E le sue battaglie politiche, il suo rapporto con Yoko Ono? "Oggi una coppia che facesse i Bed-In come loro sarebbe tacciata di fanatismo. Non è più tempo delle ideologie. Non conta più essere di destra o di sinistra visto che molte battaglie sono comuni agli schieramenti. È un momento molto strano. Vorrei davvero che si arrivasse al fondo del barile, che succedesse qualcosa di grosso". Forse qualcosa di epocale è già accaduto. La crisi economica non lo è? "La crisi non mi fa paura. Mi spaventa come si stanno mettendo le cose, perché gli stessi equilibri che hanno portato alla crisi si stanno riassestando. E politicamente non c'è l'ombra di una svolta. Quindi spero in un collasso generale. Vorrei far parte di una generazione che rompa gli schemi e dia un colpo di coda decisivo alla Storia".
Federica Lamberti Zanardi
 
 

Spigol@ture, 10.7.2012
Camilleri A., La Regina di Pomerania, 2012 – Racconti di magico realismo

Nella pubblicazione elettronica La voce del violino, dal romanzo omonimo di Andrea Camilleri, il finale viene introdotto dalla domanda dell'indiziato, "cosa posso fare per Lei", seguita dalla risposta del Commissario Montalbano, che all'incirca suona così: "Ascoltarmi. Perché vorrei contare una storia", e ne La luna di carta, quel «tentare di contare» (La luna di carta, p. 179) è già una testimonianza utile a comprendere: si tratta di due racconti/esempio nel senso di esemplificazione, fra tanti, che possono dimostrare l'essenza del raccontare e delle "storie" nella letteratura di Camilleri. Egli stesso ha dichiarato «amo rendere oralmente i miei testi. Scrivo ma è come se parlassi. Lo chiedo agli amici, alle persone vicine. (...) Ho bisogno di scorgere il giudizio nei loro volti, cerco la reazione immediata. Come fanno i cantastorie.» (Tutto Camilleri, pp. 97-98) Che Camilleri riesca a riprodurre con la felicità/facilità del racconto, tanto da riuscire a rendere significati ed atmosfere anche per coloro per i quali la traduzione nei lemmi sembri per taluni aspetti ostica, è un dato di fatto.
E d'accordo che l'ipotetico Lettore, al quale fosse regalato il libro La Regina di Pomerania e altre storie di Vigàta di quell'Andrea Camilleri, più noto autore delle indagini del Commissario Salvo Montalbano, rimarrebbe, nel caso si trattasse di un primo approccio, ammirato e stupefatto per la prolificità della scrittura, solamente scorrendo i diciannove titoli elencati sotto la dicitura DELLO STESSO AUTORE ad indicare quei testi proposti o riproposti da Sellerio editore Palermo.
Tuttavia, per quale motivo tale Lettore dovrebbe privilegiare Camilleri rispetto ad altri autori, italiani e non, decidendo di approfondire il casuale primo approccio scegliendo un altro titolo, da quell'elenco in cui, purtroppo, mancano le date di pubblicazione o di riedizione? Perchè non dovrebbe lasciarsi distrarre dall'altro elenco, LE INDAGINI DEL COMMISSARIO MONTALBANO, semplificandosi l'avvicinamento attraverso qualche DVD (la cui durata è in media di circa 100 minuti), delle indagini sceneggiate per la radiotelevisione italiana, piuttosto che sciropparsi centinaia di pagine del "cantacontare" di Camilleri?
Se fosse indispensabile un'unica risposta, potrebbe essere la seguente: poichè uno scrittore come Andrea Camilleri, come ogni grande scrittore, per sostanza e numero delle pubblicazioni, non è soltanto l'autore di un tot di opere, ma rappresenta anche una sicura apertura prospettica sulla letteratura. Uno scorcio unico e originale sulla panoramica dell'intera letteratura, italiana (ed estera), degli ultimi cinquant' anni, ricca di numerosi sviluppatori di trame narrative, tra i quali pochi hanno saputo esprimersi in una ricetta di scrittura personale, coronata da successo, all'interno della loro produzione. Una ricetta il cui ingrediente principale pare la vigile e razionale coerenza con cui Andrea Camilleri si é conquistato i Lettori introducendo nei romanzi, nei racconti, nelle indagini e nelle sceneggiature un grado variabile di leggibilità, pur mantenendosi costantemente in grado di relazionarsi con la cronaca e l'attualità. Dunque, non soltanto adatto al lettore implicito, quello ideale cui qualsiasi scrittore si rivolga nell'atto della scrittura, ma anche al Lettore con cui si desideri realmente comunicare, sapendosi modulare a seconda del messaggio che si voglia far recepire.
La cronistoria simbolica iniziata con gli otto racconti di Gran Circo Taddei prosegue con le divertite, affettuose, incantate zoommate di altrettanti testi ne La Regina di Pomerania, promettendo implicitamente al Lettore il medesimo progetto editoriale che vide le raccolte Un mese con Montalbano (Mondadori, 1998; trenta testi) e Gli arancini di Montalbano (Mondadori, 1999; venti testi), unite nella pubblicazione Natale con Montalbano (Mondadori, 2001, 2 voll.). Nella Nota, Camilleri scrive infatti «Così come nel primo volume, anche in questo secondo che raccoglie otto nuove storie di Vigàta» (p. 303), unendo non soltanto idealmente, due sillogi di otto racconti che, non a caso, portano quale sottotitolo "e altre storie di Vigàta". Accompagnando, di conseguenza, il Lettore ad approfondire la conoscenza della popolazione di personaggi narrativi senza tempo che (ri)vive eternamente grazie alla Sua generosità narrativa. In un luogo di fantasia e memoria, attraverso otto testi caricati artisticamente di forza emotiva nei quali gli accadimenti del quotidiano, sebbene immaginati, sono trasfigurati a tal punto da dare respiro ad un mondo reale, che tra sfide, fallimenti, frustrazioni, anomalie e scoperte, vive autonomamente. È il mondo di Vigàta.
Ci si potrebbe chiedere quanto vi sia di reale nei racconti mediolunghi -Romeo e Giulietta; I duellanti; Le scarpe nuove; La Regina di Pomerania; La lettera anonima; La seduta spiritica; L'uovo sbattuto; Di padre ignoto- de La Regina di Pomerania e altre storie di Vigàta, che possa essere stato convogliato dalla fantasia di Camilleri nel mondo vigatese. Ci si potrebbe chiedere anche quanto Camilleri sia riuscito a mantenersi equidistante dal prodotto della propria fantasia e dalla realtà, sia essa stata vissuta, letta, osservata o ascoltata (vedi Gran Circo Taddei).
In definitiva, porsi quegli interrogativi ai quali da sempre la critica tenta di dare una risposta vagliando la produzione di uno scrittore o, più in generale di un autore, e la biografia del medesimo. Gli esempi sono innumerevoli, Proust, Joyce, Tolstoj, non volendo citare italiani, per i quali la critica ancora litiga sulla definizione di romanziere (naturalista, verista, simbolista?), e nonostante possa sembrare ad alcuni prematuro incensare lo scrittore siciliano Andrea Camilleri, vi sono fattori che permettono di affiancarne il nome agli autori che dal XIX al XXI secolo hanno, attraverso i loro miti/racconti, aiutato l'essere umano nella comprensione o nella riscrittura della realtà scheggiata.
Innanzitutto, il fatto che abbia fornito originali resoconti e nuove combinazioni dei tasselli della realtà moderna e contemporanea (siciliana e non), ma soprattutto il fatto che per comunicare abbia inventato una lingua d'espressione di cui, nelle varie narrazioni, ha dettato alla fantasia del Lettore, il proprio dizionario sui generis; una lingua, sorta di fraseggio, con il quale Camilleri ha finito per fidelizzare sentimentalmente i propri Lettori in una intesa, sebbene allargata ed ampia, alla stregua dell'uso di un gergo familiare.
Impersonale quel tanto che serve, nei racconti, per essere il fabulatore per eccellenza, il nostro Andrea Camilleri, rivelando doti d'accoglienza delle storie, che si rivelano ancor più doti narrative nel momento in cui scelga di allontanarsi dal territorio del genere giallo. Nondimeno, capovolgendone la costruzione, il testo L'uovo sbattuto, a causa dell'excipit «Mirò alla gola che gli viniva offerta e sparò.» (p. 261), sarebbe degno, sicuramente, di figurare tra le indagini del Commissario Montalbano. Tuttavia, l'obbiettivo sembra essere la resa di quell'aura che pervade l'intero racconto e che guida il Lettore in un crescendo surreale alla chiusura: è possibile che sia quella scelta da Camilleri. Oppure, non può che essere quella scelta da Camilleri. Allo stesso modo, se in Di padre ignoto, alla base del comportamento di Binvinuto vi fosse stato il movente del ricatto, è probabile che il ritrovamento di un cadavere avrebbe sostituito «la fortuna d'attrovari a cinco patri putativi.» (p. 301). Ironico e sornione elogio dei buoni sentimenti.
Camilleri adopera punti di vista e sfodera possibilità che rendono la trama, tale e quale ad una rete semplice quanto invisibile, ordita con un procedimento di accumulo di dettagli, di cui il Lettore non avverte la presenza sino a quando vi si trova intrappolato, scoprendosi improvvisamente ad un finale inaspettato, sebbene imprevisto, probabile, almeno possibile: lo permettono i quadretti della realtà simbolica vigatese in cui i personaggi di Camilleri si muovono. Quanto conosciuto, con l'obbiettivo di creare, raccontandolo, «Un almanacco di cose vere» (Tutto Camilleri, p. 26). E curiosità, coincidenze, l'imperscrutabile e le truffe, come in Le scarpe nuove e La seduta spiritica, rendono grondanti di magico realismo i racconti.
Nella risposta data da Andrea Camilleri a Gianni Bonina che gli ha chiesto quale sia il suo rapporto con Porto Empedocle-Vigàta vi è molto per la critica assetata di biografia, oltre che per i Lettori nuovi o devoti che siano:«È un rapporto terribile perché si finisce col passare degli anni per essere dei superstiti involontari. Gli altri se ne vanno e le giovani generazioni non le conosco. Ma sono così, attaccato alla mia terra: vado giù per farmi solo una passeggiata al porto, come fa Montalbano, per sentire i vecchi odori che ancora rimangono, nonostante il kerosene. Ci sono ancora zone del porto che sanno di acqua stagnante, di corda bagnata, di nafta, di pescherecci. Mi pare tutto meraviglioso.» (Tutto Camilleri, p. 27). In ciò risulta estremamente empatico Camilleri, abile nel far condividere i punti di vista delle generazioni conosciute, degli altri (coetanei e non), che se ne sono andati non portandosi via cause/effetti di vicissitudini riproposte dalla Vita diabolicamente -de Il diavolo, certamente, vi è lo zampino- nonchè capace di rendere l'universalità dei repertori individuali in un dimensione atemporale che trascende, appena dopo averli fissati e avervi agganciato l'aneddoto, i singoli periodi storici, per sottolineare dell'umanità, vizi, virtù e tabù filtrandoli e resocontandoli nella Sua produzione.
Buona lettura!
Antonella Chinaglia
 
 

Vanity Fair, 11.7.2012
Vanity sono
Nonno, che ne pensi dei vampiri?
Da piccola Alessandra Mortelliti scriveva gialli: scontato, è la nipote di Camilleri. Meno scontato il fatto che non facesse leggere nulla al famoso antenato. Finché, un giorno…
Marina Cappa
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Lettera aperta ai parlamentari per una buona politica a difesa della Costituzione, 12.7.2012

Andrea Camilleri ha sottoscritto la Lettera aperta ai parlamentari per una buona politica a difesa della Costituzione.
La lettera è stata inviata agli Onorevoli Parlamentari della Repubblica e per conoscenza al Presidente della Repubblica, al Presidente della Corte Costituzionale e al Presidente del Consiglio dei Ministri.
Il testo completo della lettera e la possibilità di sottoscrivere l'iniziativa sono accessibili al seguente indirizzo:
http://www.petizionepubblica.it/?pi=buonapol
 
 

Agenzia Dire, 12.7.2012
Emilia Romagna
66 Giuristi-intellettuali: sulle riforme istituzionali finora solo pasticci

Bologna - La Costituzione italiana ancora una volta va difesa da "pasticci", "alchimie" e "scorciatoie istituzionali". A sostenerlo è il comitato "Salviamo la Costituzione" di Bologna, che ha inviato una lettera a tutti i parlamentari, al presidente della Repubblica, al numero uno della Corte costituzionale e al premier Mario Monti. In calce alla missiva 66 firme, tra cui quelle dell'ex rettore dell'Alma Mater, Pier Ugo Calzolari, il presidente del Tribunale di Bologna, Francesco Scutellari, il magistrato Claudio Nunziata, il giudice Pasquale Liccardo, il segretario provinciale della Cgil, Danilo Gruppi, il presidente dell'associazione vittime del 2 agosto 1980, Paolo Bolognesi, il numero uno dell'Arci Bologna, Stefano Brugnara, e gli scrittori Andrea Camilleri, Marcello Fois e Giorgio Tassinari.
Nella lettera si chiede di "rispettare la volontà popolare espressa con il referendum del 2006" e di dedicare l'ultimo scorcio di legislatura ai provvedimenti contro la crisi, alla nuova legge elettorale, alla riforma dei partiti e del loro finanziamento, alla legge sul conflitto di interessi. Di fatto, è l'ennesima bocciatura del pacchetto di riforme istituzionali in discussione in Senato, tra cui il semipresidenzialismo. La riduzione del numero di parlamentari è considerata "esigua", dall'idea di differenziare i due rami del Parlamento è nato "un pasticcio" e spaventa la "riduzione delle prerogative del Presidente della Repubblica e del Parlamento", dando maggiori poteri al premier. Allo stesso modo, fa paura l'introduzione nella Costituzione del pareggio di bilancio dello Stato. "Anche da parte della Ue c'è il tentativo di mettere mano alla nostra Costituzione- avverte Gruppi, oggi in conferenza stampa in Comune a Bologna- con l'introduzione del fiscal compact, che impone il pareggio di bilancio dello Stato". Un provvedimento che "anche i liberisti americani definiscono demenziale- attacca il numero uno della Cgil- perchè sancisce la fine della politica, trasformandola solo in una questione ragionieristica: è un colpo durissimo". Il presidente del comitato Salviamo la Costituzione, Alessandro Baldini, conferma: "Siamo molto preoccupati perchè si è rimessa in moto la voglia di modificare la Costituzione", ma ne è venuto fuori "un momento caotico e dunque pericoloso".
Per Luca Alessandrini, presidente dell'istituto Parri, occorre "evitare scorciatoie e alchimie normative" nel campo delle riforme istituzionali. "Certo bisogna sgombrare il campo da una legge iniqua- afferma- ma non sarà la nuova legge elettorale che può risolvere i problemi della politica". Così come "non è la semplificazione della legge sul lavoro o il pareggio di bilancio che risolverà il problema economico". La lettera è stata firmata anche dagli "operatori del diritto- segnala Liccardo- perchè in tempo di crisi la giustizia diventa il luogo della compensazione dei diritti. L'istituzione giudiziaria è fondamentale, non servono tagli lineari ma investimenti". In più, avverte Liccardo, "mai come in questo momento l'indipendenza dei pm è fondamentale".
 
 

Adnkronos, 12.7.2012
Teatro: domani a Spoleto debutto alla regia per Michele Riondino

Roma - Domani a Spoleto va in scena 'La Vertigine del Drago' di Alessandra Mortelliti, testo che segna il debutto alla regia di Michele Riondino. Interpretata dallo stesso Riondino e da Alessandra Mortelliti, la piece va in scena alle 21 all'Auditorium della Stella, nell'ambito del 55mo Festival dei Due Mondi (replica sabato sempre alle 21), con la supervisione del testo di Andrea Camilleri. La scenografia e i costumi sono di Biagio Fersini e il disegno luci di Luigi Biondi.
'La Vertigine del Drago' racconta di Francesco, naziskin alle prime armi, che incontra Mariana, zingara zoppa ed epilettica. Uomo fisicamente e verbalmente violento il personaggio maschile, che sembra non lasciare spazio alla pieta' e alla comprensione, donna apparentemente fragile, disadattata, sola, il personaggio femminile, insieme, nei loro tratti singolarmente goffi e a volte persino buffi, trovano velocemente spazio per un latente e insospettabile filo rosso, estratto dalle loro problematicita'. Durante un agguato ad un campo rom ad opera di un gruppo di neonazisti, Francesco rimane gravemente ferito e per riuscire a mettersi in salvo prende in ostaggio Mariana.
Tra le quattro mura di un angusto e squallido garage, nell'attesa della telefonata dell'Ordine che dia indicazioni sul da farsi, i due sono costretti ad una convivenza forzata. Si apre cosi' una finestra su un doppio livello di lettura: l'attualita' di una criminalita' tipica del nostro tempo, che fa da contrappunto ad una societa' oggi sempre piu' 'meticcia'; l'incontro di due personalita' per certi versi agli antipodi, ma vicini nelle criticita' delle loro persone, estremamente sole, arrabbiate, tradite dalla vita.
 
 

Festival dei 2 mondi, 13-14.7.2012
La vertigine del drago

 

di Alessandra Mortelliti
supervisione al testo Andrea Camilleri
con Michele Riondino e Alessandra Mortelliti
regia Michele Riondino
scenografia e costumi Biagio Fersini
disegno luci Luigi Biondi
trucco Eva Nestori
assistente ai costumi Sandra Astorino
direttore tecnico Daniele Torracca
organizzazione Annalisa Gariglio
ufficio stampa Claudia Scuderi
foto di scena Giacomo Cannata - Windmill Digital Design
una produzione Ass. Cult. Artisti Riuniti in associazione con Palomar e in collaborazione con 15 Lune Produzioni

Durante un agguato in un campo rom, Francesco, naziskin alle prime armi, rimane gravemente ferito. Per mettersi in salvo prende in ostaggio la zingara Mariana. In uno squallido garage, aspettando la telefonata dell'Ordine che dia indicazioni sul da farsi, i due sono costretti ad una convivenza forzata. Alla violenza fisica e verbale di lui - che sembra non lasciare spazio alla pietà e alla comprensione - e al suo continuo ricorso all'eroina per attenuare il dolore fisico, fa da contrappunto l'apparente debolezza di Mariana, ribelle e ballerina mancata, zoppa, epilettica. Due ragazzi della stessa età con niente in comune, senza prospettive, abbandonati dai loro stessi clan d'appartenenza, senza qualcuno che li cerchi o li aspetti.
 
 

La Repubblica (ed. di Bari), 13.7.2012
Trame

LA SCOMPARSA DI PATÒ Regia di R. Mortelliti (poliziesco, C) Nella Sicilia di fine '800 il ragioniere Antonio Patò scompare improvvisamente. Assassinio, suicidio, fuga volontaria? Sul caso, pestandosi i piedi, indagano poliziotti e carabinieri. Il primo romanzo di Camilleri ad arrivare al cinema.
 
 

Il Venerdì, 13.7.2012
Festa di piazza, con duplice delitto
Il siciliano Gian Mauro Costa ambienta un giallo nel mondo della canzone neomelodica, colonna sonora della mala di oggi. Una storia nella tradizione del noir di Sciascia e Camilleri

Gian Mauro Costa è uno scrittore fortunato. Ambienta il suo giallo, Festa di piazza (Sellerio, pp. 298, euro 14), nel mondo dei cantanti neomelodici e subito scatta un blitz e ne arrestano la star Tony Marciano. Così il suo libro entra nel pantheon dei gialli della "blu". Festa di piazza è la seconda avventura con Enzo Baiamonte protagonista (la prima era stata Il libro di legno). Costa, nel frattempo, ha rinsaldato l'amicizia con Santo Piazzese, autore di punta della casa madre, perfezionato i suoi riferimenti ad Andrea Camilleri, rielaborato i legami con il più nobile dei padri, Leonardo Sciascia. Tutto sul filo del noir, tradizione che caratterizza sin dalle origini (quando il nume era Sciascia) il catalogo dell'editrice Sellerio. Baiamonte, un Philip Marlowe da cassatine e pane con la milza, fa l'elettrotecnico. E serve all'autore per accendere le luminarie della storia. La sua donna, Rosa, è sarta. Spunto per confezionare a una Palermo minimalista e carveriana gli abiti della più smodata fantasticheria gogoliana: fantasmi che camminano tra i vivi, cimiteri che parlano come quinte di teatro, personaggi vaghi che nascondono dentro primitivi spiriti animali. Sciascia parlava di mafia in modo tale da farci incontrare, alla fine, solo la Sicilia. Camilleri non parla di mafia, ma ce la fa trovare (diffusa come l'abitudine) nella sua Vigata, metafora di tutte le Sicilie. Gian Mauro Costa non cancella la mafia e neppure la Sicilia, ma abbassa la fiammella per cucinare bocconi chagalliani, volatili e leggeri. Mischia quattro carabattole, come faceva una maestra del giornalismo, Giuliana Saladino, nelle inchieste dell'Ora che la resero famosa: mettendo in fila due cifre e un paio di storie riusciva a spedirti dalla terra del Gattopardo nella Russia di Lenin, tra fuochi accesi in campi di soldati e patate cotte nei bidoni dei vagabondi. Un senso di società ancestrali e valori primitivi. Costa usa le stesse cartucce. Sottrae, riduce, tritura, e ci offre la prima storia che ha come protagonista uno "scappato" (uno sconfitto della guerra di mafia degli anni '80, costretto ad andare in esilio negli Stati Uniti) che torna in Sicilia da cantante neomelodico. E ci rivela che la mala italiana (che stia al Nord o comandi Calabria, Puglia e Sicilia) ha un'unica colonna sonora. Si chiama "neomelodia napoletana". Sono i nostri corridos, quelli che in Messico esaltano le gesta dei narcos. Giro d'affari maxi, un pubblico immenso, il monopolio delle feste di borgata. Una moderna opera dei pupi criminale. In questo caso, è anche la scena di un delitto. Anzi, di due.
Piero Melati
 
 

Tuttoggi.info, 14.7.2012
Festival, Camilleri a Spoleto per La Vertigine del Drago, esordio alla regia del giovane Montalbano Michele Riondino
L'odio, la violenza e l'abbandono della periferia romana in scena nell'Auditorium della Stella di Spoleto

C'era anche Andrea Camilleri ieri sera in prima fila all'Auditorium della Stella di Spoleto, ad assistere alla prima messa in scena del testo teatrale “La Vertigine del Drago”, scritto da Alessandra Mortelliti sotto la “supervisione” del grande scrittore siciliano e diretto dal “giovane Montalbano” Michele Riondino, al suo esordio alla regia teatrale.
Sono proprio la Mortelliti e Riondino i due personaggi che animano questo interessante spettacolo, capace in poco più di un'ora di grande ritmo di strappare al pubblico una lunga serie di risate e alcune lacrime. L'integrazione, l'emarginazione, la vita di periferia, l'isolamento. Sono questi gli scenari su cui si snoda “La Vertigine del Drago”, tutto interamente ambientato all'interno di uno squallido garage dei borghi più popolari e degradati di Roma.
Splendida la scenografia che immerge sin dalla prima scena lo spettatore in un ambiente noir carico di realismo. Un intelligente gioco di spazi, di luci e di ambienti, capace di trasformare una saracinesca e due pareti in un buio scantinato di cui lo spettatore riesce quasi a percepire l'umidità sul pavimento.
La vicenda – Lo spettacolo racconta la breve convivenza forzata di Francesco, naziskin non troppo spietato ben interpretato dallo stesso Riondino, e di Mariana,  imprevedibile 22enne Rom resa in modo davvero convincente dall'autrice Alessandra Mortelliti.
I due si trovano nel garage dopo che il giovane, scoperto ad appiccare un incendio in un campo rom della Capitale, è costretto a prenderla in ostaggio per guadagnarsi la fuga, durante la quale resta ferito da un colpo di arma da fuoco. La condizione di relativa fragilità dell'uomo che non riesce a fermare il sangue, insieme alla sensazione di abbandono di entrambi da parte dei propri gruppi di appartenenza, porta i due a confrontarsi, sebbene in un rapporto squilibrato e violento, e a scoprire poco alla volta di non essere alla fine dei conti tanto diversi.
Lo spettacolo - Lo spettacolo ha il merito non da poco di riuscire a rendere in scena in modo verosimile argomenti di grandissima attualità, che fanno ripensare alla vicenda del 2010 tornata alle cronache nei giorni scorsi del campo rom dato alle fiamme a Napoli dalla Camorra per tenere i figli degli “odiati zingari” lontani dai propri bambini. I due protagonisti riescono a portare in scena la realtà di abbandono, di solitudine, di difficoltà economica e occupazionale. Situazioni estreme che sono indicate come l'origine dell'odio contro il capro espiatorio, lo straniero, facile bersaglio a portata di mano per dare uno sfogo alla propria rabbia.
Il taglio scelto dall'autore è quello di un certo realismo mischiato a degli ingredienti di pura finzione scenica e narrativa, pensati per dare ritmo alla vicenda e affrontare l'argomento senza lasciarsi andare al troppo crudo. Belli anche gli intermezzi di luce e musica, utilizzati in scena per entrare nella personalità del naziskin, raccontando il suo rapporto con la droga, le delusioni della vita, ancora una volta l'abbandono.
In sala - Lo spettacolo è stato accolto positivamente dal pubblico e dallo stesso Camilleri, che ha abbondantemente applaudito il fortunato esordio di Riondino e dell'autrice. In sala, oltre al coautore del testo, sono intervenuti alla prima numerosi personaggi e amici dello scrittore siciliano, tra cui il conduttore televisivo Michele Mirabella, oggi protagonista di un incontro a palazzo Collicola.
Francesco de Augustinis
 
 

La Goccia, 14.7.2012
''La vertigine del drago'' incanta Spoleto con lo zampino di Camilleri

Il disagio sociale, la solitudine hanno comuni radici, basta individuarle, averne consapevolezza e anche ciò che sembra distinguere, collidere, porre in conflitto, si scioglie e svanisce. ''La vertigine del drago'' andata in scena ieri sera in prima al Festival dei 2mondi tutto frutto di Alessandra Mortelliti e Michele Riondino, dal testo alla regia, con una supervisione di Andrea Camilleri, compie questo piccolo miracolo.
Dunque, perfino un sentimento di gratitudine, un elemento di condivisione o qualcosa che somigli vagamente all'amore è possibile, perfino tra Francesco, il naziskin che resta ferito nel bruciare in campo rom e Mariana, zingara che nella fuga lui porta con se', sciancata, brutta, ballerina e medico mancata e pure epilettica. Ciò che separa è sovrastruttura, dati sottoculturali appiccicati dalla disoccupazione, dal degrado, dalle periferie mentali. Cosa distingue il fatiscente monolocale con serranda di Francesco dalla baracchetta di Mariana? Cosa la solitudine di Francesco tradito dai suoi e marito-padre fallito da quella della rom ribelle picchiata dal vecchio marito che - si scopre - nel tentativo di sbarazzarsene le spara finendo invece per colpire il neonazi? Perche', insomma, siamo tutti dalla stessa parte della barricata. ''Questo spettacolo - ha commentato Andrea Camilleri al termine - rivela due cose, ed è una novità: una attrice e un regista-attore. Che e' un buon risultato''. Belli anche il lavoro di luci e musicale per ''una vertigine che dura tutto lo spettacolo'' come dice una Alessandra Mortelliti soddisfatta dal 'sold out'. Produzione Ass.Cult.ASrtisti Riuniti con la Palomar,  ieri al gran completo. Si replica stasera all'Auditorium della Stella.
 
 

Spoletonline, 14.7.2012
Spoleto 55: Michele Riondino e La vertigine del drago tra successo e polemiche
Grande risposta di pubblico, ottimo esordio per l’attore-regista, criticato per la trama scontata e la scarsa acustica. Location inadatta. Presenti anche Andrea Camilleri, supervisore, e Michele Mirabella

E' arrivato anche il tanto atteso debutto di Michele Riondino al Festival dei due mondi di Spoleto; l'attore - per l'occasione anche regista - ha portato in scena all'Auditorium della Stella il suo lavoro "La vertigine del drago".
La storia è quella di Francesco (Michele Riondino, Il giovane Montalbano, Distretto di polizia), un naziskin alle prime armi che, durante un agguato in un campo rom, rimane gravemente ferito. Per mettersi in salvo prende in ostaggio la zingara Mariana (Alessandra Mortelliti, La scomparsa di Patò - nipote di Camilleri, ndr). In uno squallido garage, aspettando la telefonata dell'Ordine che dia indicazioni sul da farsi, i due sono costretti ad una forzata convivenza. Alla violenza fisica e verbale di lui - che sembra non lasciare spazio alla pietà e alla comprensione - e al suo continuo ricorso all'eroina per attenuare il dolore fisico, fa da contrappunto l?apparente debolezza di Mariana, ribelle e ballerina mancata, zoppa, epilettica. Due ragazzi della stessa età con niente in comune, senza prospettive, abbandonati dai loro stessi clan d?appartenenza, senza qualcuno che li cerchi o li aspetti.
Bella storia, per noi di Spoletonline, ottima anche l'organizzazione sinergica tra scenografia, costumi, disegno luci e trucco. Tutto molto realistico e accattivante.
Pubblico che fa registrare il tutto esaurito, nonostante l'Auditorium continui a non rendere giustizia agli sforzi di tutta la compagine che deve subire polemiche all'uscita: "Spettacolo dotato di una provocazione forte e lancinante ma scarso nell'audio" il commento generale degli spettatori uscenti delusi; "Non ho sentito niente, nonostante stessi in piedi, percepito solo troppo romanesco" aggiunge Michele Mirabella, il conduttore Rai di "Elisir" e "Cominciamo bene".
"Questo spettacolo non ti fa tornare a casa con lo stomaco contorto e la mente che dice: ‘dobbiamo reagire a qualcosa che sta accadendo', è la storia di due emarginati già vista, non c'è il "guizzo" in più, anzi troppo rude anche il linguaggio: forzato romanesco" - commenta al nostro taccuino il regista Stefano Alleva, (Elisa di Rivombrosa), ormai montefalchese d'adozione, in compagnia della moglie Ewa Spadlo.
Per fortuna, tutto si conclude con un bell'abbraccio tra Andrea Camilleri, supervisore del testo, e i protagonisti, diretti ad uno spuntino dopo la fatica.
Apprezzata anche la presenza di Francesca Inaudi (Distretto di polizia) venuta ad omaggiare e sostenere il collega Riondino.
Replica stasera sempre alle ore 21.00.
Manuele Fiori
 
 

Il Sole 24 Ore, 15.7.2012
Posacenere

Anni fa, m’invitarono a una cena all’Ambasciata polacca in onore della poetessa Wislawa Szymborska. Accettai di slancio. Troppo forte l’amore che nutrivo per la sua poesia. Eravamo una dozzina attorno al tavolo. Fu un incontro indimenticabile. Dopo cena, qualcuno disse alla poetessa che mia moglie e io avevamo appena festeggiato le nozze d’oro. Ci guardò, ci sorrise, si alzò dal divano, annunziò che avrebbe detto per noi due una poesia composta per una coppia d’amici che aveva come noi raggiunto le nozze d’oro. Il suo traduttore la rese in italiano. Era una poesia affettuosa e ironica a un tempo. Poi la poetessa si voltò verso me e mia moglie e disse: «L’affetto prendetevelo tutto voi, l’ironia lasciatela all’altra coppia».
Andrea Camilleri
 
 

la Lettura - Il Corriere della Sera, 15.7.2012
Orizzonti Mappe
Montalbano la vita e i delitti
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Personaggi, sentimenti, gusti culinari: evoluzione del commissario
Una miscela di lingua e carattere è diventata ricetta vincente
Sciascia + Simenon: Montalbano è

Come molte solitudini, anche quella di Salvo Montalbano nasce per intuito, culmina con la rabbia e finisce con una punta d’amarezza. Perché negli anni (precisamente dal 1994, quando uscì per Sellerio il primo romanzo con il celebre commissario siciliano) Andrea Camilleri è riuscito a cucire addosso al suo personaggio una malinconia sottintesa e per questo complessa, screziata di ironia, diluita in un carosello di personaggi forti, marcati, umorali. La sua «mappa geopolitica» evolutiva, qui illustrata, parte dalla prima inchiesta, , dove si ritrovano in embrione quasi tutti gli ingredienti della «ricetta Montalbano»: dai coprotagonisti (la fedele Adelina, la fidanzata Livia, il vice Mimì Augello) alla profondità «sciasciana» delle indagini. La riflessione quasi nichilista sull’impossibilità della verità e, comunque, sulla sua inadeguatezza; l’ineluttabilità di certi misteri (delitti che hanno «la forma dell’acqua», appunto) che si ritrova anche ne Il cane di terracotta, dove fa la sua comparsa l’agente Catarella e non a caso: l’evoluzione linguistica si fa strutturale. Ecco, negli anni Camilleri è riuscito a fare il salto idiomatico: dalle citazioni in siciliano è passato a una vera e propria architettura lessicale, originale e gustosa, che scava nella parola. Ne Il ladro di merendine è divertimento colto: «Si susì, andò in cucina, raprì il frigorifero, si scolò mezza bottiglia d’acqua aggilàta».
Forse è l’amore il tratto politico di Montalbano che mantiene una sua forma stabile, probabilmente perché la inima scossa provocherebbe terremoti violenti nella sua natura. Livia, adeguatamente e sapientemente lontana. Le tante donne che si accavallano tra le pieghe delle indagini ma che nella maggior parte dei casi restano tali: sfumature. La rabbia, quella no: quella, in Montalbano, cresce, si raffina, si arricchisce di toni grotteschi (come in L’odore della notte). Proprio come la sua passione culinaria, a cominciare dal «totem»: la pasta ’ncasciata, un visibilio.
Scorrendo le inchieste come in un unico romanzo vediamo che Montalbano negli anni impara a rappresentare la rabbia e il nirbusismo, a sfiorare la realtà (aumentano i riferimenti alla cronaca, come il cenno a Totò Riina ne Il campo del vasaio) a fondere linguaggio, gesti e sentimenti come un eroe maturo, consapevole. E, ovviamente, solo. Perché forse è questo che affiora alla fine, verso romanzi come La danza del gabbiano o Il gioco degli specchi. Meno attenzione all’assassino in quanto persona, più interesse verso il «sistema» in generale (tratto squisitamente simenoniano), l’apparato di cose che conduce al male. La vecchiaia di Montalbano è scritta su questo lungo collage di pagine.
Roberta Scorranese


Tributi
L’autore siciliano si ispirò a Vázquez Montalbán per il suo eroe
Ora un noir di Carlos Salem trasforma lui in un personaggio
«Ma il mio Camilleri è un killer»

«Tende la mano e si presenta: "Andrés Camilleri"». Siamo a pagina 62 di Nuda è la morte nel pieno di una festa nel villaggio naturista, originale scenario del romanzo di Carlos Salem, 53 anni, scrittore e giornalista argentino, che dal 1988 vive a Madrid. L’omaggio al papà di Montalbano - voluto, dichiarato e appassionato - chiude un cerchio: Camilleri aveva preso da Manuel Vázquez Montalbán, papà di Pepe Carvalho, il nome del suo protagonista.
«Sono arrivato a Camilleri partendo da Vázquez Montalbán - spiega Salem -. Il primo è stato La forma dell’acqua e non ho più smesso. Sono diventato un fanatico di Montalbano e del suo autore di cui ho letto tutto».
Da lettore ad allievo: nei ringraziamenti lei definisce Camilleri «un maestro del genere noir».
«Sì, da subito Camilleri si è trasformato in uno dei maestri che scegli e aggiungi al tuo piccolo gruppo di "intoccabili" perché da loro impari molto del mestiere e allo stesso tempo non smetti di goderne come lettore. Nel mio stile ci sono molte influenze, ma solo alcuni indispensabili: Osvaldo Soriano, Paco Ignacio Taibo II, Charles Bukowski, Raymond Chandler e, ovviamente, Camilleri. Per parafrasare Bukowski, su Henry Miller: "Quando Camilleri è buono, è buono". E viceversa».
Da dove viene, invece, l’idea di fare di Camilleri un personaggio?
«Non l’ho scelto, si è nominato da solo. Scrivendo mi sono reso conto che il personaggio del "professore" - il mandante di un killer - era come lui, parlava come lui. Gli ho messo il nome di Andrés Camilleri e mi sono detto "ok, più avanti glielo cambio", però è stato impossibile, si era impossessato del personaggio».
Il libro è da poco uscito in Italia (Marco Tropea, traduzione Pierpaolo Marchetti, pp. 240, € 14), Camilleri potrebbe essere un suo lettore.
«Conoscere Camilleri è uno dei miei sogni come scrittore. Quando il romanzo è uscito in Spagna, dove ha ricevuto numerosi premi, ho incrociato le dita sperando che venisse tradotto in italiano e che lo scrittore potesse leggerlo. Poi è stato pubblicato in Francia con un’ottima accoglienza da parte di lettori e critica, mi sono detto: "È il momento". Dopo è uscito in Germania e ho continuato ad aspettare. Ora il sogno è più vicino».
Il libro è un noir anomalo, si ride molto, la storia ruota attorno a un killer sentimentale in crisi di mezz’età e di identità.
«I miei sono romanzi divertenti. Ma dietro l’apparenza frivola vi sono altre questioni. In questo caso mi interessava parlare di come ci rifugiamo nel successo professionale per dimenticare i fallimenti personali. Solo che invece di usare come protagonista un manager di mezza età ho deciso per un killer professionista che, per molti aspetti, sembra uno di noi».
La sua è una nuova via al noir?
«Credo che il genere noir sia molto di più di una moda commerciale. È il romanzo sociale del nuovo secolo, solo che ogni autore sceglie il modo di raccontarlo secondo il proprio stile».
Severino Colombo
 
 

Il Sole 24 Ore, 15.7.2012
Montalbano, sarei

Leggo su un social forum a proposito della Una lama di luce di Andrea Camilleri, la seguente affermazione da parte di una lettrice: «Amo il personaggio Montalbano, ma la persona Montalbano sta cominciando a diventarmi antipatica». Alla faccia, penso, e poi dicono che i social forum sono una raccolta di stupidaggini e di bieco conformismo. Invece un'affermazione del genere è estremamente sottile. Che cosa si intende dire?
A scuola abbiamo imparato che per l'appunto persona vuol dire personaggio, maschera. La storia del pensiero teologico si è consumata per secoli per dimostrare che Dio è persona (anzi per alcuni addirittura tre) ma che ciò non significa affatto che Dio stia recitando, sia una maschera. Nei secoli più vicini a noi ci siamo dovuti fare una ragione che Epitteto non aveva torto, ovverosia che la persona è definita dalla relazione con l'altro, cioè è un personaggio che recita su una scena. Certo tutto ciò vale per le persone del mondo reale, ma che senso ha affermare tale distinzione per un personaggio di finzione? È più che evidente che è un personaggio, ma in che senso è persona? Come fa un ente fittizio ad avere tutte queste sfaccettature?
La scaturigine di una simile impegnativa affermazione dunque è Una lama di luce, il romanzo di Andrea Camilleri che ha come protagonista Montalbano: si tratta del 19° della serie. Qui il personaggio ha a che fare contemporaneamente con tre casi distinti: una donna rapinata e conseguentemente molestata (ma fino a che punto?), tre tunisini scomparsi in seguito alla probabile connessione con un traffico di armi, una questione di commerci di opere d'arte. I primi due sono affari polizieschi, il terzo è un affare d'amore. Eh sì, Montalbano si innamora di una bella gallerista, ma questo innamoramento sarà per lui fonte di contorcimenti interiori.
Dunque personaggio e persona. Il personaggio Montalbano risponde alle sue caratteristiche consuete, umano e incazzoso, riflessivo quando serve, rapido quando occorre, anche se per gli standard di correttezza (altrui, non miei) fuma troppo, mi sembrava che prima fumasse meno. Il personaggio Montalbano si occuperà dei casi polizieschi e li risolverà. Ma la persona?
Proviamo a capire cosa intendeva la lettrice. Da un punto di vista interno alla storia (come piace dire ai francesi, infradiegetico) si potrebbe dire che Montalbano è un personaggio che in quanto personaggio è una maschera, come tutte, ma che in più recita la parte del commissario Montalbano, con i suoi tic, le sue sceneggiate, i suoi comportamenti pubblici, nel teatro del Commissariato. I suoi spettatori infradiegetici sono i suoi aiutanti, la sua squadra, e in molti casi anche le donne che gli gravitano attorno. Con tutte queste persone recita una parte, quella del commissario Montalbano, un uomo tutto di un pezzo. Diciamo che è una recita consapevole. E io in questo personaggio ci metto anche l'aspetto del seduttore. Come tutti sanno, soprattutto Mimì Augello, nelle imprese seduttive bisogna recitare.
Ma esiste una persona Montalbano che è diversa da questo: è un uomo che ha le sue debolezze e le sue fragilità, le sue incongruenze, i suoi dubbi, come li aveva Maigret, solo che Maigret non li aveva su se stesso, mentre Montalbano sì, ed è quello che succede nella Lama di luce. Ecco la persona Montalbano, un essere fallace, contraddittorio, indeciso, che forse può in certi casi essere anche un po' stronzo e dunque antipatico. Montalbano, è un personaggio tondo, e dunque naturalmente anche un personaggio complesso, prismatico come avrebbe detto Pontiggia. Ha molti lati, e forse uno di questi è la sua persona.
Sembrerebbe facile dire che la persona Montalbano è la persona vera, quella che non deve rispondere ai clichè che dal l'esterno gli vengono attribuiti, quella che si ritrova con se stessa e con se stessa fa i conti. Ma sofisticando si potrebbe anche dire che prima di tutto anche questa persona è finzionale, essendo parte di un racconto di fiction, e poi, cosa più importante, che qualsiasi persona, anche la più "vera", è una maschera, che mette in atto una recita, forse perché è impossibile che sia altrimenti. Quindi anche il Montalbano in crisi, che non sa che pesci pigliare con Livia, è una maschera, risponde alle interrelazioni sociali, a ciò che ci si aspetta da lui. I colleghi del Commissariato nulla sanno di questi aspetti, loro hanno a che fare con il personaggio.
Io penso che nel caso di Montalbano ci sia della sicilianità in questo gioco fra due maschere. Il maschio siciliano probabilmente più di altri non può sfuggire alla sua mascherata pubblica e alla sua maschera privata (si pensi a Brancati). Montalbano recita in pubblico la parte del Commissario integerrimo e cazzuto, Montalbano recita in privato la parte dell'uomo complesso, travagliato, angosciato. Ma si tratta di due recite, non è che c'è un vero Montalbano, sotto un Montalbano di facciata. Forse tutte le persone nel mondo reale esercitano questa doppia recita, siano essi maschi o femmine, e forse questo è ciò che Camilleri vuole farci capire. Non posso dirvi di più, ma forse la decisione finale nei confronti di Livia è un'ulteriore recita da parte di Montalbano, solo che il problema è assai più complicato. Perché sia il personaggio che la persona Montalbano sono perfettamente consapevoli del fatto che come personaggio e come persona non sono indipendenti dal loro far parte dell'immaginario collettivo. Non sono come le persone normali di questa terra, che devono rendere conto di ciò che fanno a un numero assai limitato di persone: loro devono misurarsi con milioni di persone (!?), pronte ad approvare o a condannare qualsiasi scelta, qualsiasi infinitesima presa di posizione, magari assunta per stanchezza o per, perché no, inettitudine. Ecco, l'inettitudine, che caratterizza lo standard delle nostre normalissime vite, a Montalbano non è permessa, neanche per cinque minuti. Camilleri ha cercato numerose volte di farcelo capire, ma su Montalbano gravano così tante aspettative che ormai neanche Camilleri ci può fare molto.
Oggi Montalbano sa che anche se alza un sopracciglio è osservato da milioni di persone, che nutrono fortissime aspettative su di lui, non gli permetterebbero nessun errore. È vero, è famoso e celebrato, ma anche lui, come tutti i personaggi famosi, forse vorrebbe maggiore libertà, per esempio quella di mettere su panza. Montalbano è diventato un attore. La sua vita è bella, ma forse è stancante, molto stancante. E se un giorno Montalbano si stufasse di essere quello che è e decidesse di cambiare completamente vita e di uscire dai vincoli che lo attanagliano?
Mi pare di capire che Andrea Camilleri stia preparando per Montalbano quel giorno. Camilleri è come l'oracolo di Delfi, parla per accenni, ma quello che sembra è che stia allestendo per Montalbano un orizzonte di libertà, nei confronti di quello che ci si aspetta da lui. Chi lo sa?
Non è dato di escludere una circostanza in cui Montalbano abbandonerà le sue numerose maschere e si presenterà, finalmente, «di persona personalmente».
Francesco Recami
 
 

La Nuova Sardegna, 15.7.2012
Macelleria Diaz sotto il cielo di Tavolara
Il film diretto da Daniele Vicari tra le proposte della rassegna curata da Piera Detassis, al via mercoledì prossimo

Olbia. Undici anni fa, il 21 luglio, mentre a Tavolara Nanni Moretti faceva man bassa di «Ciak d’oro» con «La stanza del figlio», a Genova veniva scritta una delle pagine più buie dell’Italia repubblicana. La mattanza della Diaz. Undici anni dopo il festival del cinema di Tavolara ricorderà con una serata ad hoc quel terribile evento, considerato da Amnesty International «una macchia intollerabile nella storia dei diritti umani in Italia».
[…]
Infine, domenica sarà il turno di […] «La scomparsa di Patò», tratto dal romanzo di Andrea Camilleri e diretto da Rocco Mortelliti, che ha nel cast anche Neri Marcorè.
[…]
Alessandro Pirina
 
 

Doppioschermo, 16.7.2012
'Una lama di luce' di Andrea Camilleri
Dopo aver per qualche tempo messo da parte la sua creatura più famosa, Camilleri ritorna in libreria con una nuova intrigante storia del commissario Montalbano

Vigàta è in piena agitazione. Un nuovo sbarco di clandestini provenienti dalla Tunisia rende necessario l’intervento dello Stato. Le strade sono state bloccate, le istituzioni e le forze dell’ordine attendono l’arrivo del Ministro dell’Interno. Ma Montalbano proprio non sopporta di dover incontrare quell’uomo così antipatico e preferisce andare a vedere una mostra di pittura contemporanea: Donghi, Morandi, Guttuso, Mafai, grandi nomi della pittura italiana esposti nella nuova galleria d’arte di Vigàta di proprietà di Maria Angela, Marian per gli amici, una donna tanto affascinante che rischia di mettere in discussione il rapporto del commissario con Livia, sempre più lontana, una voce al telefono ormai che non fa altro che alimentare la confusione di Salvo.
Camilleri ci ha abituati alla lettura di storie parallele che con lo svolgersi della trama lentamente si intrecciano tra di loro. Questa volta le storie raccontate sono tre: il commercio di quadri nei quali è impegnata Marian, il traffico d’armi dei tunisini mentre nella loro patria è in corso la lotta di liberazione, la rapina e la violenza carnale subite da Loredana e l’omicidio dell’ex fidanzato che ne è seguito. Tre vicende così diverse tra loro che inevitabilmente finiranno per intersecarsi, mettendo nuovamente alla prova Montalbano, il protagonista che appare in questo ultimo episodio più introverso e malinconico, permettendo all’autore di approfondire i tratti più intimi e personali dell’ormai famoso commissario.
Maria Teresa Pagano
 
 

Excaliblog, 16.7.2012
“Una lama di luce”: Camilleri firma il Montalbano n. 29

Una lama di luce, capitolo numero ventinove della saga di Montalbano, è finalmente sugli scaffali e sotto gli ombrelloni di tutta Italia. Stavolta il celebre commissario siciliano è alle prese con due indagini parallele: da una parte la controversa rapina (con tanto di sospetta violenza sessuale) ai danni di Loredana, giovane moglie di un ricco imprenditore, dall’altro un caso di traffico internazionale d’armi.
A questi si aggiungerà poi un terzo caso legato al mondo dell’arte, fortuitamente emerso grazie alla liaison con la curatrice di un’esposizione.
Galeotta fu la visita a una mostra allestita tra i familiari vicoli di Vigàta: oltre che dai pregevoli dipinti Salvo viene infatti folgorato dall’affascinante Mirian, gallerista assertiva e risoluta che lo induce più volte a balbettare come un adolescente alle prime esperienze.
Purtroppo su questo versante Camilleri ha optato per un approccio frettoloso e macari tanticchia superficiale, proponendo al lettore un’infatuazione coartata e in ultima analisi poco convincente.
L’autore sembra non essersi preoccupato di fornire spessore all’improvvisa passione tra i due; al contrario, l’intera vicenda ha tutta l’aria di essere imposta a tavolino.
Nonostante lasci molto a desiderare in quanto a credibilità, l’avventura con la gallerista offre un pretesto perfetto per disvelare certi lati psicologici del commissario. Divorato dal desiderio nei confronti della passionale Mirian ma allo stesso tempo frenato dal legame affettivo con Livia, Montalbano si scopre afflitto da un frustrante senso di colpa per la propria irresolutezza e rivela al lettore alcune intime debolezze.
Come gestire il dilemma sentimentale? In qualche modo c’entra un misterioso sogno premonitore, la cui apparente aleatorietà è in realtà il presagio intuitivo di un collegamento tra vicende professionali e vita privata.
Con Una lama di luce Andrea Camilleri cerca dunque di descrivere un Montalbano più articolato, umano, attanagliato dai dubbi e magari dal passare degli anni.
Anni che tuttavia non sembrano aver minimamente intaccato la sagacia del commissario, sempre  abilissimo a risolvere le indagini intuendo prima di chiunque altro l’interpretazione degli indizi e la sequenza logica dei fatti.
 
 

La Sicilia, 17.7.2012
Giovedì al teatro greco il progetto della provincia in ricordo del giudice Borsellino

«La Sicilia di Paolo». È questo il progetto scelto dalla Provincia di Catania per ricordare i venti anni dalla strage di via D'Amelio e per farlo in modo davvero nuovo: affidando il ricordo ai protagonisti della cultura siciliana, con l'obiettivo dichiarato di mostrare la Sicilia che non ha mai dimenticato e che guarda all'impegno antimafia senza la retorica delle celebrazioni stantie, ma con lo spirito di riunire, in un Teatro, gli uomini di cultura che, figli di questa terra, ogni giorno sono la migliore testimonianza che un'altra Sicilia non soltanto è possibile, ma già esiste.
«Con le nostre iniziative per la legalità - ha dichiarato il presidente della Provincia, Giuseppe Castiglione - abbiamo voluto creare un circuito di eventi che potessero destare l'attenzione nel doveroso atto di ricordare chi è caduto per mano mafiosa, ma anche con l'obiettivo, diretto e non equivoco, di manifestare l'impegno che le istituzioni, specie in Sicilia, devono all'azione di contrasto alle mafie».
L'iniziativa della Provincia è organizzata in collaborazione con il Teatro Stabile di Catania, presieduto da Pietrangelo Buttafuoco e diretto da Giuseppe Dipasquale, ed è di quest'ultimo la regìa dello spettacolo «La Sicilia di Paolo» che giovedì prossimo, alle 20,30, si terrà al Teatro greco-romano, nel cuore della città. A presentare la manifestazione sarà Salvo La Rosa.
Alla manifestazione hanno aderito l'Associazione Nazionale Magistrati e i giovani di Confindustra Catania. Sono stati invitati (e saranno presenti con una delegazione) i giovani di Addiopizzo, Obiettivo Legalità, CittàInsieme e di tutte le principali sigle associative.
«Tutti sono invitati a partecipare - ha detto il vicepresidente della Provincia, Ruggero Razza - e siamo a disposizione di quanti, associazioni e singoli, vogliano fornire un proprio contributo, rivolgendosi alla segreteria organizzativa di EtnaFest (www.etnafest2012.it) ".
La serata vedrà alla ribalta una variegata e prestigiosa rappresentanza di personalità del mondo dello spettacolo, dell'arte e della cultura: attori, musicisti, scrittori.
Un nutrito elenco che annovera, in ordine rigorosamente alfabetico, Paolo Buonvino, Lando Buzzanca, Francesco Cafiso, Marella Ferrera, Silvia Francese, Luca Madonia, Vincenzo Pirrotta, Pippo Rinaldi "Kaballà", Lucia Sardo, Gaetano Savatteri. In video, i contributi di Andrea Camilleri e dello stesso Pietrangelo Buttafuoco.
 
 

Il Sole 24 Ore, 18.7.2012
Nella "Vertigine del drago" Michele Riondino diventa un naziskin, duro e fragile
"La vertigine del drago" di Alessandra Mortelliti, con Michele Riondino e Alessandra Mortelliti, regia Michele Riondino, supervisione al testo Andrea Camilleri, scenografia e costumi Biagio Ferini, disegno luci Luigi Biondi. Produzione Artisti Riuniti in collaborazione con 15 Lune. Auditorium della Stella, Festival di Spoleto.

Sensibile al mondo di figure marginali, Alessandra Mortelliti rivela ascendenze con Lars Norén nel fotografare una realtà violenta, nel denunciare un contesto giovanile xenofobo, nel tirare in ballo figure border line. Uno stato di cose, però, che a differenza del drammaturgo svedese, apre a lampi di speranza.
Li troviamo, in filigrana, in questo secondo testo della giovane scrittrice romana, "La vertigine del drago", fresco di debutto al Festival di Spoleto. Attenta osservatrice della società contemporanea, Mortelliti ha immaginato di chiudere in uno squallido garage due esseri umani agli antipodi per osservarne, in vitro, le reazioni. Una miscela esplosiva che ha prodotto un testo interessante, ancora esile e quindi possibile di ulteriori indagini, ma rivelatore di una vena drammaturgica vivace. La vertigine del titolo fa riferimento a quella reale, fisica ed emotiva, della quale, in maniera diversa, soffrono i due protagonisti: Francesco, un iniziato naziskin, con un recente passato di marito e padre sbagliato; e Mariana, una zingara zoppa ed epilettica, con la passione dei film e medico mancato.
Durante un'azione per dare fuoco ad un campo rom, il giovane rimane ferito dal colpo di una pistola sparato dall'anziano marito della ragazza, che, in seguito, scopriremo era destinato a lei. Trascinandosela dietro come ostaggio, si rifugia nella sua angusta rimessa. Nell'attesa della telefonata dell'Ordine che deciderà cosa farne della ragazza, i due, costretti ad una convivenza forzata, scopriranno ferite esistenziali comuni: l'esclusione, la solitudine, la rabbia, il tradimento. Con un linguaggio crudo, verbalmente manesco, il ragazzo è l'emblema di un'emarginazione ribelle scandita dal culto di un nazismo strisciante come unico schermo alla propria inadeguatezza: un delirio nichilista, la negazione di ogni valore, che Nietzsche chiama "il più inquietante tra tutti gli ospiti". Eppure, nel finale affiorerà, quale ospite inaspettato, un barlume di pietà e comprensione suscitati, forse, dall'aiuto della rom che riesce ad estrarle il proiettile.
Scandito con la forza di un combattimento impari, soprattutto contro se stesso, "La vertigine del drago" trova in Michele Riondino, attore e regista dello spettacolo, con, in scena, la stessa brava autrice, una febbricitante recitazione che rende palpabile, in un crescendo d'urla, invettive, scurrilità e sproloqui, un'assenza di futuro in un tempo vuoto. Con una messinscena dal timbro visionario, assecondata da lampi d'ironia su certa enfasi nazionalista, Riondino, effigiato di vistosi tatuaggi, con look da stereotipo nazi, immagina un delirante sogno del protagonista dietro una finestra intento in gesti che sembrerebbero efferatezze sanguinolenti, ma in realtà finalizzati alla preparazione di una torta.
A dirci un diverso e fragile animo che vive nella sua anima xenofoba, come già lo mostrava la sua prima apparizione con un palloncino in mano. In questo ritratto di sociopatia giovanile egli rispecchia una fetta di società alla sbando, vittime spesso di modelli sbagliati, che trova nell'aggressione allo «straniero» la propria giustificazione, la chance altrimenti impossibile di coltivare senso di superiorità condito di «ideali». Nel segno di una pregnante attualità, "La vertigine del drago", affrontando temi di rilevanza sociale, diventa un atto di denuncia, un contributo alla riflessione su una cultura della tolleranza sempre più necessaria.
 
 

La Sicilia, 18.7.2012
Guia Jelo
«In questa fase della mia maturità mi concentrerò sulla mia città»
Impegnata sul set della Cucinotta, torna in autunno in tv
«Mi amareggia che i miei successi non siano stati utilizzati, in tempi di crisi, per chiamare spettatori» dice l'attrice che non è nel cartellone dello Stabile

Catania. Sul traghetto alla volta di punta Fanfalo nella splendida isola di Favignana. Nei giorni della nostra estate torrida viaggia ma non per vacanza l'attrice catanese Guia Jelo che nella più estesa gemma delle Egadi va per girare le scene del suo cammeo nel film «C'è sempre un perché», la commedia italo-cinese prodotta in tandem da Maria Grazia Cucinotta e da Valeria Marini nelle sale a febbraio.
[…]
«Sono orgogliosa di essere entrata nel cast della "Concessione del telefono", collaudatissimo allestimento nato dalla felice collaborazione di Dipasquale con Camilleri. Ma, ammetto, avrei voluto uno spettacolo mio, un Pirandello come mi era stato promesso».
[…]
Giovanna Caggegi
 
 

il manifesto, 19.7.2012
Vent'anni fa l'attentato a Borsellino, quando ancora non sapevamo
Quel giorno per i cronisti che giunsero a Palermo, increduli e preoccupati, il sacrificio di Paolo Borsellino e l'ira della città che ne seguì sembravano gli elementi di una tragedia greca, i cui contorni erano ancora confusi. Poi sono arrivate le indagini sulla trattativa Stato mafia. Ma i perché sono ancora troppi.

[…]
Dieci anni dopo, per il documentario che girai per La 7, L'uomo che doveva morire, (oggi lo si può vedere sul sito dell'Italia dei Valori) Andrea Camilleri mi disse: «Se c'è una morte annunciata è quella di Paolo Borsellino».
[…]
Carmine Fotia
 
 

Mondo del Gusto, 19.7.2012
Giardino Corallo Messina: Estate 2012
Estate culturale 2012 a Messina

Il “Giardino Corallo” si presenta in versione estiva quale salotto culturale all’aperto per i Messinesi ma non solo, per ascoltare un variegato e curato palinsesto di Cinema, Teatro e Musica.
Ricco di eventi il Cartellone dell’estate 2012 allo storico “Giardino Corallo”.
Dal concerto di Bugo a "Pinocchio" di S. Costantino con musiche dei Pooh, dalla "Scomparsa di Patò", scritto dal Maestro Camilleri, ed interpretato da Nino Frassica e Neri Marcorè a "Pazze" con Caterina Casini, Ivana Monti, Lucia Poli.
Giusy Chiricosta
 
 

Comunicati-stampa-net, 21.7.2012
Eventi Roma: l'ABecedario musicale di Camilleri al TerzoGusto di Roma
Appuntamento con un evento esclusivo nella splendida location del TerzoGusto di Roma, 25 luglio a partire dalle ore 19.

“ABecedario musicale” è uno specchio dell’Italia di oggi raccontato dalle parole di un autore siciliano di fama internazionale, Andrea Camilleri, e dalle parole e dalla musica di grandi autori italiani di ieri, quali Gaber, Modugno, Nada, Rino Gaetano ecc…
L’idea originale e di impatto è la voce narrante e “cantante” di Fabrizio Buompastore, supportato dalla musica della sua band composta da professionisti di livello come Matteo Bottini (chitarre), Mattia Pancotti (pianoforte e tastiere), Paolo Mazziotti (basso), Dario Giuffrida (batteria e percussioni – sound designer).
L’adattamento delle musiche e dei brani crea un enfasi emozionale nel pubblico che vive le parole e la musica con partecipazione attiva.
Lo spettacolo si articola nella lettura di 8 racconti estratti dall’Abecedario di A.Camilleri sotto musicati da temi attinenti e dall’interpretazione canora di 8 storici brani musicali. Come nella migliore tradizione della commedia all’italiana, si alternano momenti di profonda riflessione con momenti di improvvisa leggerezza e ilarità.
Uno spettacolo di qualità musicale, letteraria e teatrale.
L'appuntamento è per mercoledi 25 luglio nella splendida location del TerzoGusto a Roma (ex Girasole ai Quintili), via Appia nuova 1059. L'ingresso all'evento è libero a partire dalle 19.00: per info e prenotazioni 06/6551212.
Eventi Roma è un progetto firmato TerzoGusto Ristorante Aperitivo Gastronomico, il locale di tendenza a Romache abbina la passione per l'arte e gli eventi esclusivi con la cultura di una cucina di qualita, fatta di prodotti freschi, semplici e locali.
Lelia Rispelli
 
 

A qualcuno piace leggere, 21.7.2012
"Una lama di luce" di Andrea Camilleri
Straordinario Camilleri!
Un finale indimenticabile e un commissario che "ci piace"

Una lama di luce è il nuovo libro di Andrea Camilleri che ha come protagonista il commissario Salvo Montalbano. Un romanzo, anche questo come i precedenti, ricco di colpi di scena e di vicende eterogenee che finiscono inevitabilmente per intersecarsi.
Un giallo coinvolgente, qualitativamente di ottimo livello.
Un traffico illegale di armi, un atto di violenza sulla giovane moglie di un imprenditore, un assassinio di stampo mafioso (o forse no), gli ingredienti principali. Il nostro commissario, con l’aiuto dei soliti immancabili Fazio e Mimì Augello e gli interventi quasi surreali dell’altrettanto immancabile Catarella, si districa nella rete dei sospettati, indaga, interroga, si consulta con i collaboratori e infine risolve l’intricata matassa con il solito acume.
Niente di nuovo o quasi, dunque, sul versante professionale per il commissario. Non si può dire la stessa cosa per il versante personale e sentimentale. Quello che ne emerge infatti è un Montalbano diverso, colto da improvvisi attacchi di solitudine e sempre più tormentato dai rimpianti. In questa nuova indagine il commissario ritroverà un personaggio apparso nei primi romanzi, una presenza importante che lo costringerà a fare i conti con i nodi irrisolti e più dolorosi del suo passato. Dalle pagine di Camilleri prende vita il ritratto di un uomo che, pur senza dismettere la professionalità che da sempre lo caratterizza, si scopre ancora vulnerabile al fascino femminile e agli affetti, vigliacco ed egoista, malinconico e nostalgico. Il libro si congeda dal lettore con un finale indimenticabile, classico colpo di coda del Maestro! che restituisce al lettore il Montalbano che “ci piace” con le sue ubbie, le sue contraddizioni, gli inafferrabili umori così neri e protervi. Un misantropo dal cuore d’oro, un personaggio di carta, certo, ma così ormai familiare da sentirlo vivere tra le pagine. Incommensurabile Camilleri, che con la sua padronanza linguistica e la sua misurata ironia, il suo estro narrativo ci convince e ci avvince.
 
 

Il Sole 24 Ore, 22.7.2012
Posacenere

Il tesoriere di un partito politico che da tempo non esiste più ma che, per una legge tanto assurda quanto sprecona, ha continuato a ricevere sovvenzionamenti statali mascherati da rimborsi per spese elettorali, viene accusato d’essersi appropriato di tredici milioni sui venti che c’erano in cassa. Confessa prontamente, ammettendo il reato e chiedendo il patteggiamento. Siccome è un senatore del Pd, viene espulso dal partito. Reagisce, asserendo che quell’espulsione costituisce "un’infamia". E così viene ancora una volta confermato che i politici usano un dizionario tutto loro, diverso dal nostro, dove infame non è il ladro dichiarato, ma chi, ingiustamente a parere del ladro, lo espelle dal partito.
Andrea Camilleri
 
 

La Sicilia, 22.7.2012
Le «scrostature» di Porto Empedocle

Porto Empedocle. E' stata inaugurata, presso l'ex Chiesa Vecchia di Porto Empedocle, «Auditorium S. Gerlando», la personale fotografica di Daniele Alletto, artista agrigentino trasferito a Milano, che presenta venti suggestivi e variegati «scatti» sul tema delle «scrostature» in quella perla pelagica che è l'isola di Linosa di cui è nativo. […]
La Mostra, che è stata inaugurata dal sindaco di Porto Empedocle, Lillo Firetto e dal Primo Cittadino di Lampedusa e Linosa, Giusy Nicolini, è stata realizzata in collaborazione con la «Fondazione Andrea Camilleri».
L'esposizione rimarrà aperta al pubblico tutte le sere dalle 17 e 30 alle 21 e 30 fino a domenica 29 Luglio con ingresso gratuito.
a. r.
 
 

ANSA, 23.7.2012
Rai: ad Agrigento finale premio giovani scrittori ‘La Giara’
Domani sera diretta su Rai2 con la regia di Michele Guardi’

Agrigento - Ventuno giovani scrittori, uno per ogni regione d’Italia, si contenderanno domani sera ad Agrigento la prima edizione del Premio Letterario ‘La Giara’, il concorso per i nuovi talenti della narrativa italiana promosso dalla Rai. Un’iniziativa nel segno di Luigi Pirandello, il drammaturgo agrigentino nato 145 anni fa, la cui opera continua ad essere straordinariamente attuale. Ed è proprio alla ‘lezione’ di Pirandello che vogliono richiamarsi gli organizzatori della manifestazione, la cui cerimonia di premiazione sarà trasmessa in diretta su Rai2 dalle 23.40. La serata, che si svolgerà nella Valle dei Templi, sarà condotta da Michele Cucuzza, con la partecipazione di Barbara De Rossi e Pino Caruso. Nel corso del programma ci saranno, tra l’altro, collegamenti con Lando Buzzanca, dalla casa di Pirandello al Caos; con lo scrittore Andrea Camilleri, anche lui nato a Porto Empedocle, e con Dacia Maraini. Il primo, secondo e terzo classificato tra i finalisti del concorso riceveranno i premi (le Giare d’oro, d’Argento e di Bronzo, realizzate dall’orafo Gerardo Sacco). La giuria che ha selezionato le opere in concorso è composta da Dacia Maraini, Pierluigi Celli, Gian Arturo Ferrari, Ginevra Bompiani, Antonio De Benedetti, Mario Orfeo, Franco Scaglia e da due rappresentanti del laboratorio di scrittura della Rai: Paola Gaglianone e Alessandro Salas. “Le opere - spiega il regista Michele Guardì, coordinatore della serata insieme a Giovanna Flora e Fabio Giovannini - sono state valutate in base alla capacità espressiva, alla storia e al ritmo della scrittura. Si tratta di opere inedite. Il romanzo vincitore sarà poi pubblicato dalla Rai Eri”.
 
 

La Nuova Sardegna, 23.7.2012
Montalbano nella rete tra verità e inganno
“Una lama di luce”, da Sellerio la nuova avventura del commisario siciliano Oltre la serialità il racconto disegna un gioco sottile tra realtà e invenzione

Tra i circa venti romanzi di Camilleri con protagonista Montalbano, uno in particolare pare segnare un cambio di andatura. Si tratta di “L’età del dubbio”. Di qui in poi, complice magari l’incalzante scorrere degli anni, i passi del commissario si fanno più cauti, spesso frenati da tormenti e ripensamenti. Anche in campo sentimentale non è più fedelmente dedito a Livia, se rammentate i suoi eroici dinieghi alla sensualissima Ingrid, presenza fissa dei primi romanzi e poi sempre più diradata. Se pure prima si erano presentati degli strappi al «cielo di carta» della serialità, ora gli strappi stessi sono la regola. Vi è, di romanzo in romanzo, l’accrescersi del rapporto intercambiabile tra vero e falso, tra reale e invenzione della realtà: un legame che, non c’è dubbio, stringe il personaggio all’autore, e viceversa. Anche in “Una lama di luce” (Sellerio, 263 pp., 14 euro) si materializza un clima simile, a cominciare dal titolo.
Clima complicato, poi – si sa che nessun barocchismo spaventa Camilleri –, se si pensa che ben quattro sono le indagini che vi si sviluppano: un traffico d’armi internazionale, una violenza carnale, un omicidio con cadavere carbonizzato, un caso di opere d’arte rubate. Il commissario, poi, che s’è smaccatamente innamorato di Marian, gallerista da poco trasferitasi a Vigàta, alterna a momenti di febbrile lavoro altri di sognante assenza. La lama di luce è quella che, durante un sopralluogo d’indagine in una campagna isolata, acceca per un istante Montalbano. Sulle prime pare un’inezia, che pure mette in moto, sotterraneamente, lo scioglimento di un mistero: quando ci ripenserà, a mente fredda, il commissario darà una svolta all’indagine.
Ecco: la scintilla per la ricerca della realtà parte da un riflesso, un abbaglio. Si tratta forse del romanzo più amaro della serie, aperto da un sogno di morte (anche questo, ormai, una costante) terribilmente reale nel suo carattere premonitore, seppure in termini di assoluta irrealtà correlati a un Catarella che, spassosamente, si esprime in latino.
Alessandro Cadoni
 
 

Solo Libri.net, 23.7.2012
Il palato assoluto: un racconto di Andrea Camilleri

Fino a che punto il dato nativo può condizionare il comportamento dell’individuo? Sembra questo l’interrogativo di fondo che anima il lungo racconto "Il palato assoluto", offerto ai lettori di “Stilos” (inserto del quotidiano “La Sicilia” del 7 agosto 2010).
Essenziali le pennellate che caratterizzano il personaggio attorno a cui ruota la vicenda che si svolge negli anni del boom economico, manifestatosi anche con la scoperta della buona tavola. Caterino Zappalà, così egli si chiama, ha un destino segnato sin dalla nascita per via delle papille gustative che lo renderanno famoso addirittura a livello internazionale. Scelto dalla mafia che vede nelle sue dotazioni l’opportunità a incrementare il giro degli affari, si trova a svolgere il compito di assaggiatore a pagamento, essendo prerogativa del palato assoluto la capacità di selezionare il gusto:
“… E se c’è qualcosa che non va, un minuscolo frammento di carne non propriamente freschissimo, un pisello troppo vecchio, un pezzettino di besciamella non cotta a puntino, un filo di pasta andato a male, il suo palato l’individua immediatamente procurandogli un immediato rigetto. In altre parole, egli è una specie di cartina di tornasole per i cibi. Se li mangia senza che abbia alcun disturbo, questo significa che i cibi sono assolutamente freschi e genuini”.
Il suo giudizio è legge, cosicché, i clienti di un determinato locale si sentono rassicurati perché nulla di anomalo accade loro. I vantaggi economici sono soddisfacenti pure per lui, la cui vita si svolge fra i ristoranti più rinomati e i raggiri più insoliti a prescindere dalle sue intenzioni. Quando conosce Annarosa si manifestano in lui ben altre esigenze che ce lo fanno vedere in modo del tutto diverso.
L’abilità di Camilleri nel rappresentare il contrasto pirandelliano fra ciò che si è e ciò che appare è del tutto singolare. Via via Caterino capisce quale possa essere la sua vocazione più autentica, individuandola nella ripresa degli studi universitari di ingegneria e nel desiderio di sposare la sua ragazza. Sottrarsi al ritmo consumistico che l’attanaglia, è in effetti la meta a cui aspira all’insegna di una vita in grado di assicurargli stabilità d affetti. Diversi gli eventi che facilitano in lui il perseguimento di questi nobili intenti e che fanno scattare la responsabilità della scelta. Puntuale in proposito il commento di Gianni Bonina nella chiara e amorevole nota introduttiva al racconto. Egli così scrive:
“Una fiaba dunque, che premia l’honnête homme, esalta lo spirito domestico, promuove i migliori sentimenti e ordina i valori della vita secondo un criterio di selezione basato non sul profitto e il tornaconto banausico ma sull’amore e il calore irenico. Una fiaba che va vista in controluce, però, nelle forme della parodia”.
Lo stile è sobrio, immediato, fluido; l’andamento abbastanza lineare con un minimo di intreccio, mentre la scrittura si sviluppa nei piani del reale e dell’immaginario attraverso il paradosso e il grottesco. La forma di cui si è prigionieri giganteggia nell’epilogo di questo bel racconto: come a dire che, malgrado qualunque spinta al cambiamento biografico, non può mai cancellarsi la presenza della propria “ombra”. Così non rimane che sublimarla nell’umorismo, tutto sommato il vero protagonista della “fabula”.
Federico Guastella
 
 

Rai Due, 24.7.2012
Agrigento
Gli auguri di Camilleri agli scrittori
Camilleri in apertura della serata saluta il pubblico del Premio La Giara, ma soprattutto augura agli aspiranti scrittori di diventare narratori di successo e di diventare dei veri artigiani della scrittura perché solo così si diventa narratori di successo.
Cliccare qui per vedere il filmato (Durata 5’52”)
 
 

La Sicilia, 26.7.2012
Cerimonia ad Agrigento per il nuovo premio letterario sotto l'egida Rai
«La Giara» al bresciano Paterlini

È il bresciano Roberto Paterlini con il romanzo «Cani randagi» il vincitore della prima edizione del Premio letterario «La Giara», concorso per i nuovi talenti della narrativa italiana organizzato dalla Rai. «La Giara d'argento» è andata al romanzo «La memoria degli alberi» della piemontese Alice Corsi, quella di bronzo alla trentaquattrenne Manuela Lunati di Porto San Giorgio, docente di lingua e letteratura italiana in Brasile.
«E' un piacere poter dare questo premio - ha dichiarato Dacia Maraini a nome dei nove componenti della giuria nazionale - perché, unico in Italia, il concorso unisce la valenza letteraria a un forte radicamento sul territorio. E i tre vincitori e tutti i finalisti si sono confrontati con temi di attualità, anche di forte impegno sociale, trattandoli con piacevole scrittura. Già sono aperte le iscrizioni per la seconda edizione e la finale sarà sempre ad Agrigento nel luglio del 2013».
La proclamazione del vincitore è avvenuta martedì sera ad Agrigento nella cornice della Valle dei Templi nel corso di una trasmissione di Rai2 condotta da Michele Cucuzza nella quale sono intervenuti Barbara De Rossi (molto emozionata anche perché «Agrigento - ha detto - mi porta sempre bene»), che ha letto pagine scelte tratte dai romanzi vincitori, Pino Caruso, che ha sintetizzato l'opera di Pirandello «La Giara» da cui il Premio prende il nome, e Lando Buzzanca in collegamento dalla casa di Pirandello. Sono state messe in onda molte immagini dell'interno dell'abitazione dove il drammaturgo nacque.
«Mi ha spinto ha partecipare la grande passione per la scrittura - ha dichiarato Roberto Paterlini ritirando la Giara d'oro, opera dell'orafo Gerardo Sacco -. Non mi aspettavo proprio di vincere quando ho inviato a Milano il mio romanzo. Però sono un tipo molto ambizioso e spero proprio che questo sia il primo di una lunga serie di premi».
Per il suo romanzo ora anche la pubblicazione da parte di Rai Eri.
«I ventuno finalisti, uno per regione, sono per me tutti vincitori - ha dichiarato Andrea Camilleri intervenendo in collegamento da Roma nella trasmissione ideata e diretta da Michele Guardì - e rappresentano la risposta al bisogno di scrivere e di leggere che Rai ha ben interpretato lanciando questo premio. Io ho cominciato a scrivere intorno ai 40 anni, il successo è arrivato quindici anni dopo, ma cosa possa farci se prima tutte le case editrici che interpellavo bocciavano i miei testi? Adesso ho sempre voglia di scrivere. La mia mattinata comincia molto presto. Per quattro ore tirare me ne sto davanti al computer, poi penso e ripenso alle trame dei miei nuovi lavori».
Ai giovani scrittori Camilleri ha dato anche il segreto del suo successo.
«Credere in sé - ha detto - insieme al lavoro di ogni giorno è la risposta giusta».
«Mille e cento - ha annunciato Michele Cucuzza - sono stati i romanzi inviati alle sedi regionali della Rai per partecipare alla prima edizione del premio».
Gaetano Ravanà
 
 

Giornale di Sicilia, 26.7.2012
In tour dalla fiction alla realtà
Montalbano attira viaggiatori

In aumento il numero degli operatori che promuovono pacchetti ed escursioni nei comuni resi noti dai libri di Camilleri e dalla serie televisiva

Palermo. Profumi, luoghi, scorci di natura, ma anche bellezze artistiche che si miscelano alle avventure di uno dei commissari più amati in Sicilia e in Italia. I posti immortalati da Camilleri nei suoi libri e dove affronta le avventure il commissario Montalbano sono le nuove mete per i turisti che vogliono passare qualche giorno sull’Isola.
Tanti i tour operator che organizzano veri e propri viaggi a tema il cui costo per tre giorni può anche non superare i 300 euro. Vigata e Montelusa sono i nomi di fantasia che non si trovano sulla cartina ma che geograficamente si collocano nel territorio compreso tra la collina di Girgenti e il mare africano, Agrigento e Porto Empedocle.
E poi Fiacca (Sciacca), Fela (Gela), Muntiriali [Montereale, NdCFC] (Realmonte), Gaddotti [Gallotta, NdCFC] (Giardina Gallotti), Raccadali (Raffadali) e così via, tutti i paesi che parlano di Montalbano.
Gli scorci, le vie, le storie. La Sicilia della costa, ma anche la Sicilia dell'interno, aspra, riarsa, arida, brulla con le case in bilico sulle colline, quasi sul punto di precipitare.
A quest’Isola della finzione letteraria si aggiunge quella della fiction televisiva. E così i viaggiatori passano da Ibla, Punta Secca, Scicli, Modica. Sicilia Travelnet, agenzia turistica di Agrigento propone più itinerari, tutti si intrecciano con le vicende camilleriane, a cui si aggiunge anche il vero gusto della Sicilia, con un tour dedicato alla cucina di Montalbano. Altri tour sono organizzati da Hermes archeologia e turismo, con lo stesso obiettivo: tornare sui luoghi del commissario.
Aurora Pullara
 
 

AgenParl, 27.7.2012
Mediterraneo: anche Camilleri e Borsellino con Greenpeace, “No trivelle nel Canale di Sicilia”

Roma - Mentre Greenpeace continua il suo tour “U Mari Nun Si Spirtusa” per fermare la corsa al petrolio nel Canale di Sicilia, anche il padre del Commissario Montalbano, Andrea Camilleri, insieme all’euro parlamentare Rita Borsellino sottoscrivono l’Appello per chiedere al Ministero dell'Ambiente di fermare le perforazioni off-shore e approvare provvedimenti efficaci per la tutela del Canale. Le firme di Camilleri e Borsellino si aggiungono così a quelle dei comici siciliani Ficarra e Picone e Sergio Friscia che hanno già aderito. Il Canale di Sicilia è uno dei punti più ricchi di biodiversità del Mediterraneo. Questo patrimonio è minacciato da ben ventinove richieste di ricerca di petrolio, di cui undici già autorizzate. A rischiare non è soltanto l’ambiente ma il benessere e l'economie delle comunità che si affacciano su queste coste. Con il tour “U Mari Nun Si Spirtusa” Greenpeace sta visitando le principali località della costa meridionale siciliana, tra cui Palermo, San Vito Lo Capo, Trapani, Marsala, Agrigento e Sciacca. Attraverso incontri, proteste degli attivisti e attività di sensibilizzazione l’organizzazione ambientalista illustra qual è la roadmap di tutela del Canale di Sicilia. Oltre trenta sindaci hanno già aderito all’Appello con Leoluca Orlando, il sindaco di Palermo, tra i primi firmatari insieme a rappresentanti della Regione, associazioni di pescatori e comitati locali. «L’oro blu vale più dell’oro nero. I siciliani lo sanno e per questo motivo la nostra campagna contro le trivellazioni nel Canale di Sicilia – afferma Giorgia Monti, responsabile campagna mare di Greenpeace - sta avendo molto successo con l’adesione di nomi importanti e tanti amministratori locali. Non possiamo permetterci un secondo “Golfo del Messico” nel cuore del nostro Mediterraneo. Ringraziamo Andrea Camilleri, Rita Borsellino, Ficarra e Picone, Sergio Friscia, tutti i sindaci e le quasi 30 mila persone che hanno firmato il nostro Appello on line su www.NoTrivelleTour.org».
Lo rende noto Greenpeace.
 
 

Corriere della Sera, 28.7.2012
Film e programmi

[...]
Misteri e maschere Recita Camilleri
L'archeologo Briano Teo Calvani (Andrea Camilleri) vuole a tutti i costi ritrovare dieci maschere che gli sono state rubate. E il nipote deve aiutarlo. "La strategia della maschera" Iris, ore 21.05
[...]
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 28.7.2012
La scrittura femmina 'La Sicilia? Ora la raccontiamo noi'

Nella sorpresa generale le scrittrici siciliane hanno superato gli scrittori: non solo in numero ma anche in qualità, anzi nelle modalità. Proliferano e diversificano. Non c'è un genere ormai loro estraneo, nemmeno il giallo né il seriale. In più vantano un appannaggio che non stimola granché gli scrittori: quello della tradizione culinaria e quindi della memorialistica di costume. È pur vero che la letteratura femminile non è mai stata rosa in Sicilia: non ha frequentato la chick-lit, ha riso della rima amore-cuore e anche in una ragazza allo specchio intenta nei suoi colpi di spazzola non ha supposto l'angelo ma il demone, il sesso più dell'amore, il desiderio dei pantaloni invece dell'abito nuziale. Epperò è innegabile che siamo davanti a un fatto nuovo.
[…]
Ma da dove nasce un fenomeno di tale portata? A volerne rintracciare le scaturigini si risale alla madre putativa della narrativa femminile isolana, la Maria Messina che indicava nel realismo non solo una strada ma anche una vocazione. La «scolara di Verga», nella quale Sciascia vedeva anche una discepola di Pirandello, per prima ha saputo compenetrare un'ambivalenza che si è precisata nell'osservazione verghiana dell'uomo nel mondo e nella ricerca pirandelliana del mondo nell'uomo. Le donne invece hanno sintetizzato le due modalità e hanno imparato da Maria Messina a guardare come Verga e pensare come Pirandello. Ancorate a un primigenio principio di realtà circonfuso in una più sorgiva matrice spirituale, per riferire il vero rappresentando l'intimistico, le scrittrici siciliane non si sono lasciate distrarre dall'impulso tutto maschile a testimoniare i fatti ed ergersene a interpreti. Tranne pochi casi, non hanno usato la prima persona per distillare i grumi del proprio recesso, anche sessuale, in pagine di diario privato, alla maniera dell'invalente letteratura woman to woman; non hanno raccontato la mafia per darne una spiegazione; né hanno esplorato la Sicilia per esitarne in chiave moralistica un referto sociologico. Venuta meno l'egida della triade Sciascia-Bufalino-Consolo che ha segnato una lunghissima stagione appena conclusa, le scrittrici siciliane hanno riannodato le fila con la grande tradizione novecentesca ma sostituendosi, nel nuovo secolo, al dominio di giganti quali Vittorini, Brancati, D'Arrigo, Quasimodo, Bonaviri, Addamo e riconoscendo, parte di esse, il solo Camilleri come unico riferimento, quantomeno nell'espressionismo delle forme e nella tentazione alla parlata d'uso. Giuseppina Torregrossa, la più camilleriana, è quella che guarda con maggiore trasporto al mainstream e non ne fa mistero.
[…]
Simonetta Agnello Hornby respinge invece l'idea che la Sicilia possa essere raccontata in maniera distinta: «Ogni scrittore racconta e descrive la "sua" Sicilia, diversa o simile che sia da quella di tanti altri siciliani, scrittori e non». La Sicilia si condivide senza che sia spartita, insomma. Tant'è che l'autrice palermitana può rivelare un episodio a riprova: «Ho scritto per "Slow Food" un racconto lungo con ricetta, La pecora di Pasqua, assieme a mia sorella Chiara. Appena letta la bozza, Chiara mi chiama facendomi notare che, senza volerlo, avevo attinto largamente da Il sonaglio di Camilleri. La sua Sicilia era talmente simile alla mia che non mi ero accorta di aver "inventato" quanto lui aveva già descritto così bene. Ne abbiamo riso insieme, Andrea e io, quando gliel'ho raccontato. Ma io ho dovuto riscrivere il racconto».
[…]
Gianni Bonina
 
 

Il Sole 24 Ore, 29.7.2012
Posacenere

«Facciamo una corsa fino a quel palo?» - disse il bambino francese dagli occhi azzurri - «Scommetto che arrivo primo». «Non voglio correre». «Hai paura che ti vinca?». «E va bene» - dissi. Vinse lui. Pretese da me cento lire per la vittoria. Glieli diedi e rise, felice. Cavò fuori una matita copiativa e fece un disegnino osceno sul retro di uno dei tanti mezzi busti ai lati del vialetto. Atterrii, poco lontano c'era un vigile che ci guardava. Lui passò a un altro mezzobusto. La guardia si mosse verso di noi. «Scappa!» - mi gridò. Corremmo fino a quando ci mancò il fiato. Eravamo al Pincio, in una splendida mattina romana del marzo 1950. Io avevo venticinque anni. Il bambino francese, che si chiamava Jean Genet, ne aveva quaranta.
Andrea Camilleri
 
 

Ventimiglia.biz, 29.7.2012
Proiezione del film "La scomparsa di Patò", a Isolabona, mercoledì 1 agosto

Proiezione del film "La scomparsa di Patò", a Isolabona, Castello dei Doria, mercoledì 1 agosto alle ore 21, nell'ambito della già annunciata Rassegna estiva itinerante, organizzata dalla Associazione Culturale "Oltre il Cristallo".
 
 

DavideMaggio.it, 29.7.2012
Ascolti Tv Francia (16-22/07/2012): sempre bene Il contadino cerca moglie (28.9%), Criminal minds domina anche in replica (26.2%), Montalbano AL 12.1%

Puntuali come ogni settimana pubblichiamo il ranking dei tre programmi più visti della tv generalista e il più visto tra le tv “all-digitals” della tv francese.
[…]
Domenica: […] Terza posizione per France 3 con la fiction interpretata da Luca Zingaretti “Il commissario Montalbano” che riunisce 2.553.000 spettatori e il 12,1% di share.
Josep Ballester Alizpikueta
 
 

PaperBlog, 30.7.2012
Una Lama di Luce: Montalbano un giallo in tre dimensioni ricuce

È incredibile come in sole 90 pagine scritte in dialetto siculo e leggibili in un batter d'occhio Andrea Camilleri riesca a toccare tutte le corde emotive dell'essere umano, comicità compresa, e a sceneggiare più misteri contemporaneamente.
In Una Lama di Luce, ultimo giallo edito da Sellerio, il commissario Salvo Montalbano ha ben 3 gatte da pelare ed una bella grossa gli si infila persino nel letto sotto il nome di Marian.Lei, la gallerista giunta a Vigàta da Milano, è la protagonista femminile del romanzo. Entrata nella vita del commissario come un fulmine che lo stravolge, Marian non farà che complicare i rapporti già difficili (e più che altro telefonici) tra lo stesso Montalbano e la donna della sua vita che ora vive a Genova: Livia.
Livia, dal canto suo, in questa ultima fatica di Camilleri sembra sull'orlo di una crisi sempre più devastante che culminerà, telefonata dopo telefonata, nell'assunzione di sonniferi per poter calmare l'altrimenti indomabile angoscia che sembra crescerle dentro. Nemmeno Montalbano dal canto suo è proprio in forma. Più passano gli anni e più quella parte del letto che resta sempre vuota lo infastidisce al pari del senso di vacuità che l'assenza di una famiglia e di una moglie avrebbero potuto riempire. È per questo che quando la provocante Marian gli si butta addosso nella sua galleria di quadri il cedimento da parte sua è immediato e subito inizia una storia di passione ricambiata che lo riempie di sensi di colpa verso Livia.
Al povero Montalbano conteso dalle femmine in un ménage a trois si accompagna il Montalbano poliziotto con le sue brillanti intuizioni investigative. C'è un traffico di opere d'arte da sventare nel quale Marian sembra essere suo malgrado coinvolta; c'è un contrabbando d'armi tra tunisini che fingono di lavorare la terra siciliana ma che in realtà sono patrioti pronti a tornare nel loro paese per sovvertire il governo; e c'è una strana rapina avvenuta in centro ai danni di una donna che ha poi subito anche violenza carnale ad opera del ladro.
Sia la versione della derubata, sia quella del marito giunto a sporgere denuncia contro ignoti puzzano entrambe di menzogna. Di lì a poco, in una contrada poco fuori Vigàta verrà rinvenuta un'auto carbonizzata con sopra i resti del cadavere di un uomo le cui mani e i cui piedi erano stati legati per una fredda esecuzione in stile mafioso. Il corpo risulterà essere quello del presunto rapinatore e violentatore ma le modalità della morte sembrano fatte ad arte per depistare le indagini.
Non manca l'ironia da sbraco con un Montalbano che si camuffa per investigare ma che resta più riconoscibile di prima o che si esaspera con l'assistente Catarella durante i demenziali siparietti al commissariato. Ma c'è anche il Montalbano reso malinconico da un importante ricordo del passato che lega indissolubilmente lui, Livia e quella "lama di luce" del titolo. Un riflesso che gli farà prendere l'abbaglio più inaspettato della sua vita e che preparerà un finale degno della migliore commozione.
Un giallo che oserei definire in 3D e un Camilleri che va gustato fino alla fine per dare sale a tutte e 3 le storie che vi si mescolano con la precisione di un orologio svizzero nell'incanto dell'isola siciliana.
Leggetelo e certo non vi scasserete i cabbasisi!
Dejavu
 
 

La Stampa, 30.7.2012
Intervista
"Montalbano? Un amico
La sfida vera è fare il padre"

Luca Zingaretti: "Orgoglioso del mio festival sui documentari". Poi sarà Olivetti in un film-tv: "Una figura quasi rinascimentale"

Roma. Luca Zingaretti arriva al suo ufficio nel tardo pomeriggio: sta girando l’ultima serie de Il commissario Montalbano a Cinecittà, scene dal commissariato di Vigata ricostruito negli studi dopo che il comune di Scicli non volle più concedere i suoi ambienti per le riprese e oggi, di fronte ai turisti in pellegrinaggio, è sinceramente pentito di quella decisione.
[…]
Ancora una volta è su un set di Montalbano: con quale stato d’animo ci va?
«Sono dodici anni che interpreto i racconti che Camilleri continua a scrivere. Stavolta sono quattro: Una lama di luce, Il sorriso di Angelica, Voce di notte, Il gioco degli specchi, ma anche per me, come per la gente comune, è come fossero un unico racconto. Il bello di Camilleri è che le trame contano poco: è l’ambiente, le psicologie, il dialetto siciliano, perfino gli arredi delle case ad affascinarci».
Meglio o peggio per un attore trovare un personaggio che diventa alter-ego?
«Per me Montalbano è un amico da andare a trovare quando posso. Sono talmente legato,ormai, a quella parte del ragusano che con Luisa mi sono sposato nel castello di Donnafugata, usato a volte da noi per le riprese. Per mia fortuna non faccio solo Montalbano. Ci lavoro per tre, quattro mesi ogni due anni: pochissimo. Sono le continue repliche a dare l’impressione che io stia sempre in Sicilia a girare Montalbano. A settembre, per esempio, sarò Adriano Olivetti in un film-tv di Soavi».
[…]
Simonetta Robiony
 
 

La Sicilia, 31.7.2012
Anche a Londra puoi trovare «Vigata»
Un ristorante gestito da un empedoclino e pieno di siciliani

Salvo Di Betta ai fornelli del «Vigata»

Londra. Nelle sgroppate sulla Pentonville Road per raggiungere la Kings Cross Station d'un tratto scopri un angolo di Sicilia che davvero non t'aspetti. Ad attrarre l'insegna «Vigata». Che il commissario Montalbano abbia trovato anche a Londra i suoi arancini? No, ma l'immaginaria Porto Empedocle di Camilleri trasferita in questa angolo civettuolo di Islington emerge per la sua dicitura «restaurant and pizza». E' quasi mezzanotte e le luci sono accese, come non approfittare.
Ambiente molto italiano, tavoli in legno. Si tenta l'approccio per andare in avanscoperta. Salvo Di Betta, occhialini e capelli alla John Lennon mi si fa incontro. Intuisce che sono italiano, ma la sorpresa è maggiore quando scopre che sono siciliano. «Io vengo da Porto Empedocle, sono qui da trent'anni - si scioglie in un battibaleno, mentre prepara due panini al prosciutto - venni per curiosità rimasi per …amore».
Amore e matrimonio?
«Un po' l'uno e un po' l'altro, ma il vero amore è stato sempre per Londra, una città magnifica, un mondo unico direi. Poi mi sono anche sposato con una ragazza romena, ma adesso a 54 anni sono single nuovamente e da un anno a questa parte mi sono tuffato in questa esperienza del "Vigata". Anche prima avevo lavorato come ristoratore. E dedicare il locale alla città di Camilleri m'è sembrata la cosa più logica per me che sono empedoclino purosangue, per restare attaccato alla mie radici... ».
Radici che in ogni caso ci sono?
«Si, mia mamma, due miei fratelli e una sorella abitano a Porto Empedocle, un altro fratello invece lavora a Milano».
Trent'anni sono tanti, quando smetterà di lavorare?
«Mi sento giovane e in gamba. Le racconto una cosa: qualche mese fa ero in metrò e mi sono sentito anonimo. Portavo i capelli corti e nessuno sembrava accorgersi di me. Ho fatto crescere i capelli e adesso vedo gente che mi sorride e mi cerca. Non taglierò più i capelli».
I panini sono quasi pronti e Salvo chiama una delle ragazze che stanno alla cassa e accudiscono i clienti: «Ludovica portami un sacchetto…». Il nome italiano mi attira ancora. E la ragazza, uno scricciolo di brunetta, occhi saraceni, arriva subito. «Sono di San Cataldo, mi chiamo Ludovica Intilla, sono qui per studiare chimica, sono laureata in ingegneria elettronica alla Cittadella di Catania. Ora sono qui per questa ricerca e per completare il mio bagaglio culturale. Lavoro part time e studio…».
Ragazze siciliane di oggi. Ludovica si racconta: «Sono figlia unica, i miei mi hanno aiutato e agevolato in tutto. Sono venuti a trovarmi anche un paio di volte. Verrò a Natale in Sicilia. Qua c'è anche il mio ragazzo, studia come me, lui è di Viterbo. Sono qui da oltre un anno, vedremo dopo…».
Ma non solo Ludovica, al banco c'è un altro siciliano. E' Luca Coniglione. E' arrivato da Adrano, dove abitano i suoi. Luca ha 27 anni anche lui. «Lavoro qui per mantenermi a Londra, ho preso un anno sabatico, ma studio chimica all'università di Catania. Al «Vigata»? Siamo tra siciliani e si sta bene. Una esperienza che andava fatta, qui c'è un mondo da scoprire e vivere».
Destini che si incrociano, vite che si rincorrono, storie di Sicilia in una Londra che pian piano scopri a misura d'uomo nonostante la sua grandezza e il suo splendore.
G. F. T.
 
 

 


 
Last modified Friday, February, 07, 2020