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RASSEGNA STAMPA

NOVEMBRE 2018

 
Formiche.net, 1.11.2018
L’Italia dell’odio e del disordine. Camilleri e Pansa, non ci stanno
Da Andrea Camilleri (classe 1925) e Giampaolo Pansa (classe 1935) parole venate dalla preoccupazione e dal pessimismo. Solo uno sguardo a dir poco indulgente potrebbe descrivere un Paese segnato dalla concordia sociale e dall’ordine civile e repubblicano

Nel volgere di pochi giorni abbiamo ascoltato le parole di due grandi vecchi che non hanno mai mancato di affermare la loro “verità”, anche se scomoda o irriverente.
Da una parte Andrea Camilleri (classe 1925), il padre del commissario Montalbano. Dall’altra Giampaolo Pansa, la penna acuminata e irregolare del bestiario. Entrambi parlano dell’Italia di oggi e non le mandano a dire.
Se lo scrittore siciliano, ormai privo della vista, si dice “fortunato ad essere cieco, così non vedo certe facce ributtanti che seminano odio”, il giornalista piemontese denuncia “il disordine caotico nel quale sta immersa l’Italia” e “la babele che ci ossessiona ogni giorno”.
Se il primo si augura di non “morire con il pessimismo, voglio morire con la speranza che i miei nipoti vivano in un mondo di pace. Il futuro sono i giovani, non siamo più noi ad avere in mano il futuro”, il secondo non si nasconde: “Vivo sempre di più nel timore che il nostro disordine sfoci in una guerra civile, dapprima soltanto politica, poi con strumenti pericolosi e definitivi, come le armi. Non credo che esista un’alternativa. Se non quella di un colpo di mano di qualche potere militare, come i Carabinieri o la Guardia di Finanza”.
Se Camilleri, dinanzi al vento dell’odio che spira nel Paese afferma che “stiamo perdendo la misura, il peso della parola: le parole sono pietre, possono trasformarsi in pallottole”, Pansa va giù ancora più duro: “Prima di essere distrutti dal disordine che diventerà sempre più infernale, il male minore sarebbe accettare la supremazia di un uomo solo. Ma chi può essere costui? Non c’è alcun dubbio: Matteo Salvini… Si è dato persino un grado o un soprannome: il Capitano”.
Sin qui le parole venate dalla preoccupazione e dal pessimismo che non si possono liquidare come ombre della tarda età. La verità è dura da digerire, ma odio e disordine sono due elementi che caratterizzano la nostra vita pubblica. Solo uno sguardo a dir poco indulgente potrebbe descrivere un’Italia segnata dalla concordia sociale e dall’ordine civile e repubblicano.
La cronaca politica, e non solo quella, ci restituiscono ogni santo giorno, la promessa di una resa dei conti fra popolo ed élite, fra ultrapoveri e straricchi, fra classi disagiate e classi dirigenti, fra poveri italiani e poveri stranieri, fra bianchi e neri, fra movimenti e partiti, fra indifesi e garantiti. Il dialogo e l’ascolto, a tutti i livelli, sono diventati merce rara. Il passato è come una brutta malattia di cui liberarsi al più presto e con le spicce, perché può infettare il nuovo che avanza. Chi cerca di argomentare con moderazione è guardato come un marziano. Chi si rifiuta di alzare la voce è immediatamente fuori gioco. Chi si dichiara moderato è irrimediabilmente bollato come un pezzo da antiquariato. Tutti vivono, anzi viviamo, ripiegati sul presente. Insomma, una degenerazione del discorso pubblico che mal si addice a un Paese che è ancora, salvo sorprese, dalla parte della democrazia.
Dunque, le provocazioni e/o i timori dei due Grandi Vecchi non possiamo archiviarli con un moto di sufficienza o con un’alzata di sopracciglio. Purtroppo c’è del vero in quello che denunciano e saremmo degli irresponsabili se non individuassimo, da subito, degli anticorpi. Primo fra tutti il continuare a credere nella nostra democrazia. Fragile sì, ma è la nostra. E nessuno ce la può garantire per sempre. Perciò, da cittadini, cominciamo a dire a tutti i nostri politici, corresponsabili dell’odio e del disordine, che saremo sempre più severi nel giudicare il loro modo di interpretare la democrazia. A cominciare dal presupposto che la democrazia pretende procedure democratiche. Anche quando si conquista il 60 per cento dei consensi nei sondaggi, non si può e non si deve vantare l’appoggio di tutti gli italiani. E soprattutto tocca proprio a loro respingere, per primi, la dittatura della maggioranza che in ogni momento può trasformarsi in una dittatura e basta.
Se poi qualcuno di loro sogna un’Italia schierata con le democrazie illiberali di Putin o di Erdogan, sarà meglio che freni gli ardori giovanili.
Domenico Delle Foglie
 
 

Libertà Sicilia, 1.11.2018
VIDEO su Rai play. Camilleri a «Che Tempo che fa»
Siracusa. Quel connubio di amore tra Andrea Camilleri e Siracusa su Rai 1

Domenica scorsa è stata una sorpresa nel constatare il connubio di amore, nella trasmissione di Fabio Fazio, di Andrea Camilleri con Siracusa. Lo scrittore dapprima ha commentato la proposta al Senato per la Commissione Anti-odio da parte dalla Senatrice Liliana Segre: “In questo momento è una fortuna essere ciechi… non vedere certe facce che seminano odio, che seminano vento e raccoglieranno tempesta. Le parole della Senatrice Segre sono tutte da sottoscrivere. Stiamo perdendo la misura, il peso della parola, le parole sono pietre, possono trasformarsi in pallottole. Bisogna pesare ogni parola che si dice e far cessare questo vento dell’odio, che è veramente atroce e lo si sente palpabile intorno a noi. E ancora aggiunge emozionato: “Ma perché l’altro è diverso da me? L’altro non è altro che me stesso allo specchio! La notizia di cronaca di oggi di quel pazzo che entra in una Sinagoga e uccide 11 persone urlando ‘Ebrei a morte’. Ma ci si rende conto a che livelli ci abbassiamo quando non solo diciamo ma siamo capaci di pensare questo? Peggio degli animali che hanno la fortuna di non parlare! Stiamo educando una gioventù all’odio. Abbiamo perso il senso dei valori, i veri valori della vita”.
Il connubio d’amore di Camilleri con Siracusa con ‘Conversazione su Tiresia’ il 5, 6, 7 novembre, registrazione dello spettacolo andato in scena quest’estate al teatro greco di Siracusa che intreccia le vicende del mitico indovino cieco con quella sulla sua vita – ha poi concluso: “Non voglio morire male, con l’umor nero del tramonto. Voglio morire con la speranza che i miei nipoti e pro nipoti vivano in un mondo di pace. Bisogna che tutti i giovani si impegnino perché il futuro sono loro, è nelle loro mani. Spero molto nelle nuove generazioni, moltissimo. Non disilludetemi!”
Che emozione d’amore assistere alle lusinghe su Siracusa in diretta su Rai 1 dinanzi a milioni di spettatori, pronunciare quel nome blasonato di Siracusa, vilipesa e maltrattata dagli stessi siracusani, che dovrebbero curala e difenderla dai politici faccendieri e senza scrupoli vestiti da ipocrisia vomitevole.
gb
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 1.11.2018
Schiave o regine la storia siciliana scritta dalle donne

Fu l'unica donna ad assumere la carica di vicerè in Sicilia, seppure per pochi giorni e per la morte del marito. Giusto il tempo di emanare un atto destinato a proteggere le ragazze orfani, di abbassare il prezzo del pane e di ammorbidire le tasse per le famiglie numerose. È una delle chicche che emerge nella piccola e preziosa mostra documentaria intitolata "La Sicilia è femmina" allestita sino al 4 novembre nella sede "Catena" dell'Archivio storico. Donne famose e sconosciute si lasciano osservare in un momento della loro vita; poi tornano al lavoro perché, a distanza di secoli una dall'altra, se c'è qualcosa che le rende sorelle è la loro operosità.
Fra i documenti in mostra c'è un atto firmato da Eleonora de Moura, prima e unica donna viceré di Spagna in Sicilia, che successe al marito marchese di Guzmàn e resse la carica per soli 28 giorni nel 1677: si sa poco di lei, non se ne trova traccia nelle cronologie dei viceré. Ma nei pochi giorni del suo governo emanò alcune disposizione a favore delle Vergini pericolanti, cioè orfane che rischiavano di perdersi per bisogno. Per quelle che s'erano già perdute istituì il Conservatorio delle Ripentite: voleva aiutare le ex prostitute a cambiare vita. Ma, in quanto donna, Eleonora non poteva essere Legato papale. Cioè non poteva rappresentare il papa, e perse il posto grazie alla "regia" del vescovo di Palermo: la storia della viceregina femminista e a suo modo rivoluzionaria ha ispirato Camilleri per uno dei suoi libri più belli, La rivoluzione della luna.
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Amelia Crisantino
 
 

La Nazione, 2.11.2018
Il novembre del Cinema Eden tra novità, incontri e prime visioni aretine
Ad iniziare un mese ricco di sorprese l’incontro con Roberto Fabbriciani in occasione della proiezione di “Conversazione su Tiresia”

Arezzo - Film con sorpresa al Cinema Eden di Arezzo per un inizio di novembre alla luce del grande schermo. Tra le suggestioni di un cinema a misura di spettatore, così come voluto dall’attenta gestione di Officine della Cultura, tre le proposte principali della settimana che sta per iniziare e non solo.
Primo appuntamento da segnalare - proiezioni martedì 6, Sala Eden, e mercoledì 7 novembre, Piccolo Eden, - l’evento speciale “Conversazione su Tiresia” di e con Andrea Camilleri. L’evento, a cura di Valentina Alferj con la regia di Roberto Andò, porta sul grande schermo lo spettacolo, scritto e interpretato da Andrea Camilleri e prodotto da Carlo degli Esposti per Palomar, andato in scena al Teatro Greco di Siracusa l’11 giugno 2018 di fronte a 4mila spettatori. Un racconto mitico, pensato, scritto e narrato da Andrea Camilleri che "cunta" la storia dell'indovino cieco, le cui vicende attraverso i secoli si intrecciano a quelle dello stesso scrittore. Martedì 6 la proiezione sarà arricchita dalla partecipazione in sala di Roberto Fabbriciani, flautista aretino di fama internazionale. Il M° Fabbriciani, compositore ed esecutore dal vivo delle musiche per lo spettacolo “Conversazione su Tiresia”, nell’occasione della proiezione aretina s’intratterrà con il pubblico del Cinema Eden, in un dialogo moderato dalla giornalista Barbara Perissi, sulla sua straordinaria partecipazione ad un evento unico nel suo genere. Inizio ore 20:30. Mercoledì 7 proiezione alle ore 21:00.
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Film.it, 2.11.2018
Andrea Camilleri al cinema per soli tre giorni, clip esclusiva da Conversazione su Tiresia
Lo spettacolo allestito al Teatro Greco di Siracusa arriva nelle sale il 5 novembre

“Da quando non vedo più, vedo meglio” – parole pronunciate da Andrea Camilleri al centro del palcoscenico del Teatro Greco di Siracusa. Così lo vedremo nei cinema per soli tre giorni, il 5, 6 e 7 novembre in occasione dell’evento Conversazione su Tiresia. Il padre del Commissario Montalbano ha voluto proporre al suo pubblico "in chiave ironica e poetica ma anche caustica, maliziosa e dissacrante" il mitico indovino cieco, presente in tutta la storia della letteratura. Un personaggio che lo ha affascinato per tanti anni. Camilleri spiega la trasformazione di Tiresia da uomo a donna in una clip dall’evento che vi mostriamo in esclusiva
Il film diretto da Stefano Vicario porta per la prima volta sul grande schermo lo spettacolo andato in scena al Teatro Greco di Siracusa l'11 giugno 2018 di fronte a quattromila spettatori nell’ambito delle rappresentazioni classiche realizzate dall’Istituto Nazionale del Dramma Antico. Un racconto mitico, pensato, scritto e narrato da Andrea Camilleri che racconta la storia dell’indovino cieco, le cui vicende attraverso i secoli si intrecciano a quelle dello stesso scrittore. Nella sua Conversazione dialoga con Omero, Sofocle, Seneca, Dante, T.S. Eliot, Apollinaire, Virginia Woolf, Borges, Pound, Pavese, Primo Levi, così come con Woody Allen, Pasolini e la band dei Genesis sulle cui note si apre lo spettacolo.
Conversazione su Tiresia. Di e con Andrea Camilleri è prodotto da Palomar e distribuito in esclusiva al cinema da Nexo Digital solo il 5, 6, 7 novembre in collaborazione con in media partner Radio DEEJAY, MYmovies.it e con Sellerio editore. Il testo di Camilleri sarà in libreria il prossimo marzo a cura della casa editrice Sellerio.
 
 

Rai 5, 2.11.2018
‘OMAGGIO A CARLO GIUFFRE'‘: Stasera e domenica Un classico della commedia dell’arte ‘Francesca da Rimini‘

Un classico della commedia dell’arte firmato da Carlo e Aldo Giuffré negli anni d’oro del loro sodalizio artistico: è la farsa di Antonio Petito “Francesca da Rimini. Tragedia a vapore” che Rai Cultura, cambiando la propria programmazione, propone questa sera alle 21.15 su Rai5 e ancora domenica 4 novembre alle 15.50 sulla stessa rete, per un omaggio a Carlo Giuffrè – recentemente scomparso – e al fratello Aldo. La rappresentazione teatrale – la cui regia televisiva è firmata da Andrea Camilleri nel 1980 – è preceduta da un’introduzione di Giorgio Albertazzi che, al termine, intervista i due fratelli.
La Francesca da Rimini nella versione di Antonio Petito è un testo anticipatore di molta drammaturgia novecentesca, soprattutto del “teatro nel teatro” di marca pirandelliana. Petito immagina una zuffa tra attori che impedisce la recita, proprio nel momento in cui si sta per andare in scena. Il sipario non si solleva e il pubblico attende trepidante. È a questo punto che si abbatte la “quarta parete” che divide simbolicamente gli spettatori dagli attori sul palcoscenico.
Don Gennaro (Aldo Giuffré) esce infatti per avvertire che la tragedia non potrà avere luogo. Una signora francese (Clara Bindi), seduta in platea, protesta. Però non c’è nulla da temere: è stata improvvisata e messa in piedi una nuova compagnia che potrà garantire lo spettacolo. Grazie all’aiuto di Don Anselmo (Carlo Giuffré), Minicuccio (Mimmo Brescia) e del fidato suggeritore (Pino Sales), si potrà mettere in scena la tragedia di Silvio Pellico, che riprende il tema dantesco, per la quale il pubblico si è recato a teatro. Ovviamente i nuovi attori non conoscono affatto le proprie parti, inventano gesti e battute. E lo spettacolo da tragedia diviene una farsa esilarante.
 
 

Affaritaliani, 3.11.2018
Andrea Camilleri attore per la prima volta: "A 93 anni vinco una nuova sfida"
Arriva al cinema "Conversazione su Tiresia. Di e con Andrea Camilleri" che sarà nelle sale italiane solo per 3 giorni, dal 5 al 7 novembre

Arriva in sala alla Casa del cinema di Roma accompagnato dalla sua assistente Valentina e scoppia l’applauso al “gigante cieco” che vinto la sua ultima sfida. Andrea Camilleri è riuscito a 93 anni e, a dispetto del suo handicap, ad incantare per un’ora e mezza 4000 persone riunite l’11 giugno 2018 al Teatro greco di Siracusa per assistere al monologo “Conversazione su Tiresia”. Il celebre scrittore italiano che vanta oltre 30 milioni di libri venduti ha ideato ed interpretato, in modo poetico, ironico ed a tratti caustico, un affascinante viaggio fra mito e letteratura immedesimandosi con personaggio dell’indovino Tiresia alla ricerca dell’eternità. Uno spettacolo diretto da Roberto Andò e Stefano Vicario talmente unico e imperdibile che la casa di produzione Palomar ha deciso di trasformarlo in un film che uscirà nelle sale, in 300 copie, distribuito da Nexo Digital dal 5 al 7 novembre.
Affaritaliani.it non poteva perdere l’emozione di un’anteprima stampa tanto attesa anche per la presenza di “Camilleri - Tiresia”.
Perché ha scelto proprio questo personaggio mitologico?
Nella mia nuova condizione di cecità ho trovato spontaneo immedesimarmi in Tiresia perché lui, anche se cieco, riusciva a vedere presente e futuro. Io, ora, posso dichiarare che pur non vedendo riesco a vedere le cose più chiaramente di prima. Volevo vincere la sfida di stare da solo e cieco su un palcoscenico eterno come quello di Siracusa davanti a 4000 persone. Ho scelto Tiresia perché è un personaggio immortale che, a partire dall’Odissea, attraversa tutte le letterature fino ai giorni nostri.
Come ha realizzato il progetto?
Ho fatto fare ricerche su Tiresia ed ho lavorato su quattro faldoni per tre mesi per scegliere i brani letterali più suggestivi setacciando decide di mostri sacri delle letteratura: da Omero passando per Dante, Pound, Borges fino a Primo Levi. Ho realizzato un manoscritto di 25 pagine ma il problema era trovare il tono da utilizzare per il monologo indirizzato ad una platea così ampia. Ho scelto quello di una conversazione fra amici.
Perché il teatro greco di Siracusa?
Ci sono luoghi eterni, senza tempo come delle navi spaziali. Recitare sul palcoscenico del teatro greco di Siracusa è stato come entrare in un’astronave. Poi l’idea di recitare in un luogo dove ha insegnato Eschilo mi ha dato l’ebbrezza dell’eternità.
E’ stato difficile essere attore per una volta?
No, perché ho trascorso buona parte della mia vita in teatro realizzando 140 spettacoli praticando “dietro le quinte” l’arte dell’attore. Conosco quindi i meccanismi della recitazione. Inoltre Roberto (il regista Roberto Andò ndr) ha saputo tirarsi indietro davanti all’attore. Ho recitato in un clima di assoluta tranquillità e questo mi ha aiutato.
Lo rifarebbe ancora?
Si, ma dopo una lunga pratica di yoga! Mi considero un impiegato della scrittura. Non ho trascorso un giorno senza scrivere, non ho mai preso una licenza o un giorno di malattia. Ancora oggi detto i miei romanzi ad una ragazza ma dopo Tiresia mi sono accorto che non ne avevo più voglia. Per un mese non ho lavorato: avevo bisogno di scaricarmi di dosso il personaggio!
Tiresia è stato compiutamente sia uomo che donna, oggi chi sceglierebbe di essere?
Nelle sue sette esistenze Tiresia ha esercitato le sue doti di sacerdote divinatorio sia in veste di uomo che di donna ma credo che oggi sia arrivato il momento di cedere le armi alle donne. Io come uomo mi sento esausto e penso che sia giusto che il mondo venga dominato dal pensiero femminile che, attenzione, non è sempre accudente come si pensa. Le donne sono le matrici dell’universo e sono più predisposte al compromesso. Forse il mondo del futuro ha bisogno di questo.
Alla fine dello spettacolo saluta il pubblico con l’augurio di rivederlo fra cento anni come un segno di immortalità…
Era un augurio di Teresia al pubblico, come un amico al quale si continua a narrare. Fra 100 anni molte cose dei nostri giorni saranno obsolete, cancellate ma l’uso della parola ci sarà ancora e così l’eternità dell’essenza umana. Considero Tiresia un po’ come il mio autoritratto.
Oriana Maerini
 
 

La Nazione, 3.11.2018
Fabbriciani suona per Camilleri e il suo Tiresia: dal teatro al cinema
Il film tratto dallo spettacolo proposto al Teatro Greco di Siracusa al cinema il 5, 6 e 7 novembre. Il flautista aretino Roberto Fabbriciani che ha composto ed eseguito le musiche dal vivo racconterà la sua esperienza all'Eden il 6 novembre


Fabbriciani e Camilleri

Arezzo - Flauto, strumento straordinario, ancestrale e moderno, che nasce negli abissi del tempo dal vento che soffiava sulle canne spezzare, ha attraversato tutte le epoche ed è ancora oggi veicolo privilegiato dell’avanguardia musicale. E anche se quello degli antichi greci aveva l’ancia, ha insinuato nella tragedia il brivido dionisiaco. Questo vissuto onirico e misterioso ha ispirato a Roberto Fabbriciani le musiche per interagire con quelle meditazioni su Tiresia con le quali Andrea Camilleri nel giugno scorso ha inchiodato quattromila persone, complice suggestivo e perentorio il Teatro Greco di Siracusa. Tiresia il mitico cieco veggente, cui la cecità del presente ha spalancato le porte del passato e del futuro, simbolo dell’invenzione di un rapporto dell’individuo col mondo, ha indotto un Camilleri, ultra novantenne e ormai cieco, a creare, con lo spettacolo “Conversazioni su Tiresia”, uno straordinario intreccio di letteratura e vita nella divinazione dell’eternità. E che ora arriva al cinema, all'Uci di Arezzo lunedì 5 e martedì 6 novembre alle 18 e alle 21 e al cinema Eden di Arezzo martedì 6 novembre alle 21 alla presenza dello stesso Fabbriciani che racconterà la sua straordinaria esperienza a fianco dello scrittore e mercoledì 7 novembre sempre alle 21.
«Ho trascorso - ha spiegato Camilleri - questa mia vita ad inventarmi storie e personaggi. L’invenzione più felice è stata quella di un commissario conosciuto ormai nel mondo intero. Da quando Zeus, o chi ne fa le veci, ha deciso di togliermi di nuovo la vista, questa volta a novant’anni, ho sentito l’urgenza di riuscire a capire cosa sia l’eternità e solo venendo qui posso intuirla, solo su queste pietre eterne».
Lo spettacolo è un duetto decisamente insolito, unico ed irripetibile, fra la voce grave e intensa di Camilleri che ripercorre la storia colloquiando con i grandi, da Omero ai Genesis de “The Cinema Show” (il brano sulle cui note si apre lo spettacolo) e il timbro vibrante e cristallino del flauto che non è sottofondo o accompagnamento, ma interazione. Fabbriciani sostiene infatti il dialogo senza soverchiare, in un persuasivo connubio con la parola e il significato profondo del testo. «Per me - ha spiegato Camilleri - è stata un’ispirazione: ho sempre sognato un flauto e l’ho trovato in Roberto, un grande musicista che ha saputo stare sulla scena. Nessun altro strumento avrebbe potuto collaborare: un pianoforte o un violino sarebbero stati fuori luogo, una catastrofe!».
Pubblicato da Sellerio, il testo è divenuto subito un best seller [in realtà il libro non è ancora stato messo in commercio, se non in un'edizione limitata per i soli spettatori del Festival di Siracusa, NdCFC], ma l’evento, che tale è stato lo spettacolo siracusano,- non poteva rimanere confinato nel teatro. Ora quella serata indimenticabile, con la regia di Roberto Andò e le musiche dal vivo di Roberto Fabbriciani, è approdata al cinema, un viaggio tra mito e letteratura sulle orme dell’indovino Tiresia alla ricerca dell’eternità, ed è stata programmato in centinaia di locali di tutta Italia per tre giorni: il 5, 6 e 7 novembre. Ad Arezzo sarà proiettata all’Eden e all’ UCI.
Claudio Santori
 
 

Il Sole 24 Ore, 3.11.2018
Andrea Camilleri durante lo spettacolo dell’11 giugno 2018 al teatro greco di Siracusa
«Tiresia sono!» Camilleri si fa indovino al cinema

«Tiresia sono!» annuncia la voce pastosa di Andrea Camilleri, riecheggiando la frase celebre con cui si presenta il suo commissario Montalbano, protagonista di romanzi tradotti in tutto il mondo, che hanno venduto oltre 30 milioni di copie. A queste parole quattromila spettatori si accendono in un applauso.
È l’11 di giugno del 2018 e il teatro greco di Siracusa ospita con la regia di Roberto Andò e Stefano Vicario lo spettacolo Conversazioni su Tiresia di e con Andrea Camilleri, che il 5, il 6 e il 7 novembre sarà nelle sale per uno spettacolo-evento (distribuito in esclusiva al cinema da Nexo Digital, www.nexodigital.it). Il film, firmato dagli stessi Andò e Vicario, da subito dà il polso del grande affetto e curiosità del pubblico, riprendendo i capannelli di gente che comincia ad affluire sin dal tramonto. Quando il buio scende ecco l’ingresso dello scrittore 93enne, guidato da Valentina Alferj, che ha curato la piéce, sulle note di The Cinema Show dell’album Selling England by the Pound dei Genesis, in cui si parla di father Tiresias.
L’autore siciliano è piccolo nel grandissimo palcoscenico, dominato da un enorme schermo che riporta l’immagine di un cavallo in basso rilievo. Eppure sarebbero sufficienti la presenza e la sua voce soltanto a riempire gli spazi. Come Tiresia il pubblico non ha più la vista, ma solo udito e visioni interiori.
Camilleri aveva già anticipato sulle paginedi Domenica 1 giugno quel suo racconto nelle parole di Salvatore Silvano Nigro.
Con l’immancabile coppola, cui ogni tanto dà una sistemata, gli occhiali giallo-aranciati, un bambino seduto ai sui piedi, Camilleri inizia a raccontare. È l’indovino cieco che parla o è forse lo stesso scrittore, intrecciando letteratura e mitologia con l’attualità, la sua proverbiale ironia e il sotterraneo erotismo con cui tiene avvinghiati i lettori dei suoi romanzi. Camilleri è cieco come Tiresia ma ammonisce «Da quando io non vedo più, vedo meglio», anzi precisa: «Da quando Zeus, o chi ne fa le veci, ha deciso di togliermi di nuovo la vista, questa volta a novant’anni, ho sentito l’urgenza di riuscire a capire cosa sia l’eternità` e solo venendo qui, posso intuirla, solo su queste pietre eterne».
Tiresia ha sette vite, ma Camilleri non rivelerà quale di esse stia vivendo.
Racconta degli dei che possono prendere le sembianze di animali o di altre forma della Natura, del suono del flauto (in scena c’è il flautista Roberto Fabbriciani) che fece il miracolo di far raccogliere i massi del monte Citerone e farli rotolare “come un gregge di pecore” per costruire le mura di Tebe, la sua città.
Spiega le tante sue mutazioni: la metamorfosi da uomo a donna, per esempio, quando ammazza, quasi per caso, un serpente e si trova sembianze e cervello da donna, che gli fa pensare migliaia di cose contemporaneamente. Un inferno da cui chiede di essere esentato dalla Pizia dopo sette anni per sentirsi suggerire consigli impraticabili, «come oggi in Italia distinguere tra un politico di destra o di sinistra».
Parla della figlia Manto, che ha il suo stesso dono o maledizione della preveggenza, della collera di Era che lo acceca per una sua risposta galante.
Sono molte le versioni della sua storia e con simpatia istintiva, mancanza di sussiego, profonda attitudine di aedo passa da Ulisse, che non aveva così fretta di tornare a Itaca, a Sofocle, Seneca, Giovenale, a Dante che lo maltratta, a Eliot, Virginia Woolf. Giunge infine a Stravinsky, che lo riscatta in Oedipus rex, ringraziando Apollinaire di averlo compreso tra i surrealisti e Borges di non averlo mai nominato. Ci sono anche Pound, Pavese, Primo Levi e perfino Woody Allen che lo porta nell’Upper East Side di Manhattan, anche se Camilleri preferisce Brooklyn.
Apprendiamo quando da persona diventa personaggio, riferito a Edipo, uno dei momenti più importanti dello spettacolo.
«Da persona divento personaggio». Ma soprattutto la sua più grande lezione: «Nessun poeta può trarre vantaggio dalla sua arte».
Cristina Battocletti
 
 

Il Fatto Quotidiano, 3.11.2018
Andrea Camilleri, ho visto la sua ‘Conversazione su Tiresia’ e ve la racconto

Lo scenario è di quelli suggestivi, il Teatro greco di Siracusa. È qui che si è svolto l’11 giugno scorso lo spettacolo “Conversazione su Tiresia”, di e con Andrea Camilleri, con la regia teatrale di Roberto Andò, che per tre giorni (5, 6, 7 novembre) arriva al cinema come evento speciale.
“Chiamatemi Tiresia, sono qui di persona, personalmente!”. Inizia così la seducente lezione di cultura e di vita che il papà di Montalbano ha voluto regalare al pubblico presente, in un’atmosfera magica e coinvolgente. La figura di Tiresia, indovino della mitologia greca, è affrontata da Camilleri attraverso grandi letterati che nel corso della storia lo hanno descritto e raccontato, non sempre dandone giudizi benevoli. Camilleri dialoga con Omero che parla di Tiresia nell’Odissea, con Sofocle (che utilizza il suo personaggio in Edipo re e nell’Antigone), Dante (che lo colloca nella quarta bolgia dell’ottavo cerchio dei fraudolenti nell’Inferno), Seneca, Ovidio. Arrivando poi alla letteratura moderna grazie ad Apollinaire, T.S.Eliot, Virginia Woolf, Borges, Pound, Primo Levi e molti altri. Perfino Pasolini nel suo film Edipo re del 1967 gli riserva un ruolo centrale (che si può anche vedere in un filmato proiettato nello spettacolo) affidando il ruolo a Julian Beck, un gigante del teatro americano. Woody Allen fa apparire Tiresia ne La Dea dell’Amore. I Genesis fanno riferimento al suo mito nel brano The Cinema Show, che tra l’altro apre la rappresentazione di Camilleri.
Quello che colpisce maggiormente è l’incredibile energia e vitalità dello scrittore siciliano che, malgrado la cecità e i suoi 93 anni – seduto su una sedia solo sul palcoscenico, con pochi oggetti e tanto coraggio – recita e dialoga con i grandi maestri della letteratura, ipnotizzando il pubblico che lo ascolta rapito e in religioso silenzio, interrotto solo da applausi fragorosi. Con Tiresia condivide la condizione di cecità che trasforma in straordinaria determinazione e vigoria, al punto da affermare che “da quando non ci vedo più, vedo le cose assai più chiaramente”.
Oltre 60 autori si sono occupati di Tiresia, questo personaggio incantatore, manipolato nei secoli, da licenzioso ermafrodita (fu pure accusato di autopossedersi per godere del suo corpo) a oggetto e soggetto metaforico. Ecco, Camilleri vuole fare chiarezza, come lui stesso dice con maliziosa ironia e severo divertimento. Vuole sgomberare una volta per tutte il campo da menzogne, fantasie, illazioni e congetture, ristabilendo i termini esatti della verità. Ma c’è molto di più in questo spettacolo e ciascuno di noi potrà seguire il filone che preferisce, il fascino dell’ambiguità o lo specchio in cui riflettersi, perché Tiresia costituisce un inaspettato pretesto per fare un viaggio dentro se stessi. O, più semplicemente, questa volta il cinema sarà un’occasione per farsi trasportare dal piacere di ascoltare un grande narratore del nostro tempo. Uno spettacolo che potrebbe essere ricordato come il testamento spirituale di Andrea Camilleri.
Nicola Di Monte
 
 

Film For Life, 3.11.2018
Conversazione su Tiresia. Di e con Andrea Camilleri: recensione
Andrea Camilleri porta a teatro Conversazioni con Tiresia: uno spettacolo che si fa esempio di quanto la cultura ci renda eterni. Al cinema solo per tre giorni
GENERE: documentario
USCITA IN SALA: 5, 6 e 7 novembre 2018
DURATA: 85 minuti
VOTO: 5 su 5

Il teatro al cinema. Da teatrante pluriennale ero curiosa dell’esperienza, cosa sarebbe stato dell’hic et nunc della performance dal vivo? La proiezione si apre con una panoramica della platea che man mano si riempie. Le luci si abbassano, cala il silenzio per lasciare posto all’attesa. Si comprende da subito che il motivo per il quale si è lì, sulla poltrona del cinema (così come gli spettatori erano lì tra gli spalti del Teatro Greco di Siracusa lo scorso giugno), è uno: vedere e ascoltare il Maestro Andrea Camilleri in Conversazione su Tiresia.
Lui arriva gigante sullo schermo, accompagnato da una bellissima Valentina Alferj, si siede su una poltrona che, insieme ad tavolino, una lampada e qualche libro, compongono la semplicissima scenografia, che si avvale di proiezioni in grandi dimensioni sul retro. Camilleri attacca subito il suo monologo non lascia spazio ad applausi di celebrazione.
Si entra immediatamente nel racconto. “Io sono Tiresia. O come direbbe qualcuno, Tiresia sono” le prime parole ad essere pronunciate, che danno il via ad un avvincente racconto che oltrepassa spazio e tempo e che ci fa percorrere le sorti dell’indovino cieco reso celebre da Sofocle ma ripreso da moltissimi grandi della letteratura, quali Omero, Ovidio, Seneca, Dante, Apollinaire, Eliot, Pound ,per citarne alcuni.
Lo spettacolo, scritto e interpretato da Camilleri con la regia teatrale di Roberto Andò ci fa capire quanto e come l’indovino cieco abbia affascinato l’immaginario degli artisti per secoli e secoli a causa del suo potere divinatorio, della leggenda che vuole egli sia stato sia uomo che donna e per la sua caratteristica di non vedente. La cecità è proprio l’anello di congiunzione tra Camilleri e la figura mitica, la cecità, che toglie la possibilità di guardare con gli occhi e accentua la capacità di vedere meglio, di dare spazio alla ragione, di consentire alla memoria di emergere. L’“impiegato della scrittura”, così come si definisce Camilleri durante la conferenza stampa, si rivela grande attore, magnetico e autorevole, con molto sprazzi di ironia, tanto che il regista Roberto Andò appella quella di dirigere lo spettacolo “l’esperienza più bella della sua vita”.
Testimonianza condivisa da Stefano Vicario che si è occupato della regia cinematografica dello spettacolo, ripreso da diverse telecamere durante l’esibizione al teatro Greco, e poi montato per il cinema, come da Roberto Fabbriciani che ha curato le musiche dal vivo affidate ad uno strumento semplice e archetipo quale il flauto.
La visione di Conversazione su Tiresia è estremamente consigliata sia ad un pubblico di adulti che di giovani: per questi, infatti, può essere un importante messaggio e uno spunto di riflessione su quanto la cultura riesca a renderci eterni.
Il teatro al cinema, un’esperienza da ripetere se associata ad eventi unici e rari come questo proposto da Palomar che ha curato la produzione e Nexo Digital che lo distribuisce.
Marianna Cozzuto
 
 

La Sicilia, 3.11.2018
Sicilians
Carmelinda, la "Beba" siciliana di "Montalbano" fa teatro in Olanda: «Ma vorrei tornare»
E' il desiderio della brava attrice originaria di Siracusa, resa famosa dal ruolo televisivo di moglie di Mimì Augello (collega del Commissario di Camilleri). Ad Amsterdam ha fondato una scuola di teatro


Carmelinda Gentile con Cesare Bocci

Risponde da Amsterdam, dove ha scelto di vivere, ma potrebbe essere al Polo Nord o all’Equatore. Perché, ovunque fosse, farebbe teatro, e teatro italiano. Parliamo di Carmelinda Gentile, siracusana, 45 anni, da oltre vent’anni sulle scene teatrali e conosciuta al grande pubblico per l’interpretazione della sanguigna e mediterranea Beba, moglie di Mimì Augello nel Montalbano televisivo.
[...]
È legata al personaggio di Beba?
«Diciamo che è una carissima amica con la quale mi diverto. E trovo bello che la gente si affezioni a questi personaggi che entrano in tutte le case. Pensi che un ragazzo mi ha chiesto un videomessaggio di Beba e Mimì per la sua fidanzata come regalo a sorpresa per il matrimonio. E io e Cesare (Bocci, ndr) lo abbiamo accontentato con piacere».
[...]
Rossella Jannello
 
 

La Sicilia, 4.11.2018
“Tiresia” di Camilleri e quello sguardo concentrato sull’umanità
DAL TEATRO AL CINEMA. L’indovino cieco ma capace di “guardare oltre”, arriva per tre giorni sul grande schermo

"Conversazioni su Tiresia", spettacolo scritto e interpretato da Andrea Camilleri, andato in scena l'11 giugno 2018 al Teatro Greco di Siracusa nell'ambito delle programmazioni classiche proposte dall'Istituto nazionale del Dramma Antico - prodotto da Carlo degli Esposti per Palomar, curato da Valentina Alfieri e con la Regia di Roberto Andò - lunedì 5, il 6 e 7 novembre, sarà proiettato nei cinema italiani per la trasposizione cinematografica del regista Stefano Vicario.
Il protagonista Tiresia, il greco indovino cieco, enigmatico e affascinante, lo ritroviamo in numerose composizioni della mitologia ellenica, con influenze che rimandano a diversi significati tropologici dal sapore allegorico, metaforico, simbolico - dall'Edipo Re all'Antigone di Sofocle, all'Odissea di Omero, nelle Metamorfosi di Ovidio, da Stazio nella Tebaide, e ancora in Esiodo ed Euripide -, e personaggio spesso citato nel corso della storia della letteratura, da Dante e via via Eliot, Primo Levi, Apollinare, Cesare Pavese e tanti altri, sin nel romanzo "Middlesex" di Jeffrey Eugenides, premio Pulitzer del 2002; rintracciandolo financo in "The cinema show" dei Genesis, brano tratto dal leggendario album "Selling England by the pound", che prelude alla rappresentazione (le musiche sono curate da Roberto Fabbriciani).
«Ho trascorso questa mia vita ad inventarmi storie e personaggi. L'invenzione più felice è stata quella di un commissario conosciuto ormai nel mondo intero. Da quando Zeus, o chi ne fa le veci, ha deciso di togliermi di nuovo la vista, questa volta a novant'anni, ho sentito l'urgenza di riuscire a capire cosa sia l'eternità e solo venendo qui posso intuirla, solo su queste pietre eterne. Chiamatemi Tiresia!». Con tali versi testuali espressi da Andrea Camilleri, che ci sembra doveroso ri-portare integralmente in quanto rappresentano l'anima, il significato profondo dell'intero monologo, si apre lo spettacolo; uno spettacolo seducente vuoi anche per l'originale personalità dell'interprete e la simpatia che lo contraddistinguono. Il novantatrenne "padre" del celeberrimo Commissario Montalbano, si immerge in un'intensa esecuzione del testo che si dipana attraverso un ipotetico, serrato dialogo con alcuni personaggi rappresentativi della letteratura, dell'arte, dello spettacolo soffermandosi quindi in "Conversazioni" con Omero, Sofocle, Seneca, Dante, Apollinare, Eliot, Virginia Woolf, Jorge Luis Borges, Pound, Pavese, Primo Levi, così come con Woody Allen, immedesimandosi sensibilmente nel suo ruolo di Tiresia la cui esistenza presenta a suo parere diverse similitudini, sino ad affermare che «da quando io non vedo più, vedo meglio!».
Il film si concentra pure sul Teatro Greco di Siracusa, presentando gli scorci più suggestivi di un monumento che sin dall'antichità ha rappresentano uno spazio di rilevanza culturale, sino ad oggi che è divenuto anche luogo privilegiato di rappresentazioni mitologiche con un "festival" fra più importanti a livello internazionale.
Lo spettacolo è inserito nel circuito di distribuzione di film d'arte proposto da Nexodigital, questa volta in collaborazione con i media partner Radio Deejay, MYmovies.it e con Sellerio editore che pubblicherà il prossimo marzo il testo integrale di questa "Conversazione con Tiresia".
Filippo Bonaccorsi
 
 

FortementeIn, 4.11.2018
“Conversazione su Tiresia. Di e con Andrea Camilleri”: la recensione del film evento in anteprima

“Conversazione su Tiresia. Di e con Andrea Camilleri” è l’emozionante e toccante film evento che vede protagonista assoluto, nell’arco di ottantacinque minuti dall’intensità incomparabile, il più celebre scrittore italiano: Andrea Camilleri. Per tutti i nostri lettori, in fondo all’articolo trovate il coupon per avere lo sconto sul biglietto.
Prodotto da Palomar e distribuito in esclusiva nelle sale cinematografiche italiane da Nexo Digital solo il 5, il 6 e il 7 novembre, “Conversazione su Tiresia” è molto più di un semplice film: è uno spettacolo che trasmette emozioni stupefacenti, andato in scena al Teatro Greco di Siracusa l’11 giugno di quest’anno, la cui scrittura e interpretazione sono state personalmente curate da Andrea Camilleri.
Sfidando le notevoli difficoltà che lo hanno afflitto con l’incedere degli anni, delle quali la perdita della propria vista costituisce la sfida più proibitiva, Andrea Camilleri è stato autore di una narrazione caratterizzata da una lucidità travolgente, rievocativa delle vicende dell’indovino Tiresia, attraverso secoli di storia, illustrate con una maestria commovente.
Diretto dai registi Roberto Andò e Stefano Vicario, Andrea Camilleri ha saputo incantare le estasiate quattromila persone accorse in quel del Teatro Greco di Siracusa a partire dal proprio emozionante ingresso in scena: accompagnato da Valentina Alferj, la quale sostiene preziosamente Camilleri con il proprio lavoro da sedici anni, nonché da un nutrito numero di fanciulli, lo scrittore, passo dopo passo, con una grazia da brividi, è giunto fino alla poltroncina situata al centro del palco.
Per lui applausi a scena aperta che avremmo voluto potessero non avere termine.
Contornato in scena da una vecchia macchina da scrivere e da una valigia colma di libri, accompagnato dalle musiche eseguite dal vivo dal flauto di Roberto Fabbriciani e affiancato da un bambino, seduto diligentemente alla destra di Andrea Camilleri e fedele ascoltatore delle parole pronunciate dallo scrittore, ha avuto inizio un magistrale viaggio attraverso le epoche.
Protagonista indiscusso è stato l’indovino Tiresia, figlio di Evereo, la cui culla, come narra Camilleri al pubblico, è da situarsi sul Monte Citerone, del quale lo scrittore, fondendosi in un tutt’uno con Tiresia, evoca i paesaggi: “Zeus, quanto mi piaceva fare passeggiate sul Citerone”, racconta Camilleri emozionando i presenti.
Come narrato da Camilleri nel corso dello spettacolo, l’indovino Tiresia incarnò nel corso della propria inenarrabile esistenza tanto le sembianze maschili quanto quelle femminili e fu privato della vista per volontà divina: secondo una versione del mito, Tiresia fu punito poichè, seppur involontariamente, si permise di osservare il corpo privo di indumenti della dea Atena; Ovidio narra invece di come la dea Era, indignata, lo privò della vista in seguito a una risposta che Tiresia le fornì su tematiche assai scottanti.
Andrea Camilleri è stato maestoso nelle vesti di attore e narratore unico di questo spettacolo, un evento che reputiamo irrinunciabile e che ci ha emozionati e commossi: ha rievocato personalità intellettuali quali Dante e Primo Levi, attraversando le epoche di Sofocle e Omero, e giungendo a menzionare Sigmund Freud, il quale sviluppò il concetto del complesso di Edipo.
Film come “Conversazione su Tiresia”, caratterizzato come poche altre opere da un’atmosfera indimenticabile, lasciano una traccia irremovibile nel cuore degli spettatori: possiamo affermare con assoluta certezza che tutti coloro che accorreranno nei cinema per assistere a questo spettacolo conserveranno per sempre, con sincera riconoscenza, gli insegnamenti che Andrea Camilleri, il quale afferma che “da quando non ci vedo più, vedo le cose assai più chiaramente”, può donare con le proprie parole.
Giovanni Magliaro
 
 

MaSeDomani, 4.11.2018
«…Tiresia sono!»: L’epica CONVERSAZIONE SU TIRESIA di e con Andrea Camilleri
La recensione di Conversazione su Tiresia, l’incredibile monologo teatrale di Andrea Camilleri al cinema come evento speciale dal 5 al 7 Novembre.

«Chiamatemi Tiresia!» disse la calda voce di Camilleri in apertura di quello che potrebbe passare alla storia come uno dei monologhi più belli della stagione. Se non di sempre. Perchè diciamocelo: tutti conosciamo il Camilleri “papà” di Montalbano… Ma il Camilleri teatrante in quanti lo conoscono? E, soprattutto, quanti di noi si aspettavano di vederlo calcare la scena alla veneranda età di 93 anni?
Forte di una cattedra quindicennale all’Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio d’Amico, Camilleri riesce in un’impresa degna solo di un grande gigante della letteratura. 85 minuti di un personaggio ambiguo, malizioso, dissacrante, che con l’agilità di un funambolo salta dal banco della mitologia classica a quello della filmografia più contemporanea. E il tutto con una tale dose di leggerezza e autoironia da lasciare a bocca aperta.
Come un nonno che racconta una favola al suo nipotino, così il Tiresia di Camilleri sembra raccontare a noi la favola della propria vita e della propria fortuna letteraria. Passando per T.S Eliot, Apollinaire, Virginia Woolf, Primo Levi, Freud e Woody Allen, il Tiresia di Camilleri sembra trascendere le leggi dello spazio e del tempo per trovarsi proprio di fronte a noi, a Siracusa. In quello stesso teatro dove forse, secoli e secoli fa, andava in scena una tragedia che lo vedeva protagonista…
«Ho trascorso questa mia vita ad inventarmi storie e personaggi. L’invenzione più felice è stata quella di un commissario conosciuto ormai nel mondo intero. Da quando Zeus, o chi ne fa le veci, ha deciso di togliermi di nuovo la vista, questa volta a novant’anni, ho sentito l’urgenza di riuscire a capire cosa sia l’eternità e solo venendo qui posso intuirla, solo su queste pietre eterne.»
Tra le evocative pietre del teatro di Siracusa e le cornici musicali di Roberto Fabbriciani prende corpo una piéce teatrale davvero incredibile. Con appena una coppoletta e due grosse lenti rosse si riesce a ridar voce a una delle figure più enigmatiche della mitologia. Ermafrodita, indovino cieco, mortale costretto a vivere sette vite… il Tiresia di Camilleri non si risparmia nessun pettegolezzo, nessun bistrattamento. Dalle metamorfosi del Citerone ai colloqui con Edipo, dalle angherie di Dante al riscatto di Stravinskij. E mentre persona e personaggio si uniscono in questo racconto lungo secoli, il pubblico non può che rimanere attonito di fronte a tanta potenza poetica. Il risultato è una commossa e lunghissima standing ovation.
Grazie alla regia di Roberto Andò e Stefano Vicario questo piccolo trionfo d’arte, mitologia e letteratura sarà a giorni disponibile anche al cinema. Distribuito da Nexo Digital e Palomar, il film sarà proiettato come evento speciale fra 5 e 7 novembre presso queste sale: non perdetevelo!
Alessandra Del Forno
 
 

Quotidiano di Puglia, 4.11.2018
Camilleri e i poeti che vogliono salvare i nostri destini

Chissà se poi Andrea Camilleri non rassomigli davvero a Tiresia, l’indovino: con quegli occhi ormai senza alcuna luce, con quella voce roca che sembra provenire dalla profondità di un pozzo di mistero, con le sopracciglia che sembrano i cespugli di un fantasioso disegno di bambino.
Chissà se Tiresia, l'indovino, la creatura multiforme, colui che, come dice Dante, mutò sembiante/ quando di maschio femmina divenne / cangiandosi le membra tutte quante, non avesse la stessa ironia perforante, lo stesso disincanto nei confronti di se stesso e del mondo tutto intero, anche lo stesso malcelato smarrimento nei confronti del tempo che prova Andrea Camilleri. Conversazione su Tiresia, il monologo che il Maestro siciliano ha scritto e interpretato nello scorso giugno al teatro greco di Siracusa, adesso è un film e presto sarà un libro per Sellerio. Camilleri ha 93 anni. Non è giovane e non è vecchio: è un'icona di questo tempo. Dice che alla sua età, ormai cieco, ha avuto la curiosità immensa di capire, o meglio di intuire cosa possa essere quell'eternità che sente sempre più vicina. Ma forse l'eternità si può percepire soltanto attraverso l'azzardo di un vaticinio, di una profezia, con l' energia di un sguardo cieco che trapassa la densa fumaglia del presente e raggiunge orizzonti di verità diversamente impensabili, e vede una luce che senza quella cecità non si può vedere.
Alla prima pagina di Amore lontano, Sebastiano Vassalli dice che gli antichi attribuivano ai ciechi una capacità di inventare, di elaborare e di raccontare le storie degli uomini, superiore a quella di coloro che vedono. Avendo meno percezioni, i ciechi avevano più vita interiore. Erano dei veggenti che sapevano riempire con figure apparentemente reali il buio in cui vivevano.
Tiresia, l'indovino, e Andrea Camilleri, il narratore che si fa interprete dell'indovino, trovano una possibile comparazione anche con quella figura enigmatica di eremita che compare in una poesia di Vittorio Bodini. Ciascuno di loro rappresenta ed esprime la condizione di una solitudine, forse più esattamente di una separatezza sapiente dalla vacua superficialità del presente, di una saggezza del tempo, di una coscienza del futuro.
L'eremita di Bodini vede oltre, sa, conosce il possibile, il probabile, l'inevitabile.
Quella dell'eremita, del poeta veggente, è una figura letterariamente, semanticamente e cronologicamente stratificata, un archetipo, un'esperienza figurale che stabilisce interrelazioni con il solipsismo, con la verità, con il mistero, con il mito e la storia, il silenzio e la parola, la ragione e l'emozione.
Nell'identità archetipica dell'eremita veggente c'è il tempo passato e il tempo a venire, c'è la vita e la morte, il principio di qualcosa e la fine di un'altra, c'è tutta l'atemporalità della poesia, il suo oltrepassare la storia e la geografia.
L'eremita di Bodini rifiuta un paesaggio che ha appiattito le forme e i significanti di una condizione dell'esistere connotata da una reciprocità, da un interscambio con gli elementi della natura. L'eremita di Bodini sa qual è il modo in cui finirà la Storia.
Allora, forse per comprendere di più, per approssimarsi alla verità, occorre la visionarietà di un vecchio, di un veggente, di un poeta.
In un passaggio dell'intervista apparsa sulla Stampa il 10 di ottobre del 2011, al rintocco preciso dei suoi novant'anni, otto giorni prima di lasciare per sempre quel villaggio interiore che è stato per lui Pieve di Soligo, Andrea Zanzotto disse di sentirsi ossessionato da una modernità cannibale. Aveva detto che la stoltezza che circola in questo tempo si palpa come un vento, che c'è qualcosa di azzardato e di friabile in questo nostro presente difficile da governare, da controllare.
Forse i vecchi hanno la capacità di esplorare territori di pensiero sconosciuti, di giungere a profondità che agli altri sono impedite. Forse i poeti hanno una visionarietà che agli altri viene risparmiata: vedono oltre, squadernano le logiche dell'istante, e per questo a volte spesso sono inquieti, sono infelici.
Andrea Zanzotto era vecchio ed era poeta. Se fosse anche infelice avrebbe potuto dirlo lui soltanto. Riusciva a portare lo sguardo oltre i confini ai quali gli altri sguardi si arrestano. Valicava le frontiere della comune visione e della comune interpretazione dei fatti e dei fenomeni. Scrutava gli orizzonti e vedeva profilarsi figure spettrali di idee, di modelli di esistere: emergenze, conflitti, caos, fondamentalismi, caduta di valori, eclissi dell'etica, deformazioni della storia, le infezioni dell'epoca, le ambiguità dei linguaggi, l'affatturazione dei significati, l'impoverimento dell'esperienza, i naufragi dell'Io, la dissipazione della saggezza.
Forse Zanzotto aveva previsto tutto e aveva compresso le previsioni in un epigramma che dice così: in questo progresso scorsoio/non so se vengo ingoiato/ o se ingoio.
Ecco come lo scarto dalla comune grammatica della visione, l'interpretazione ulteriore degli accadimenti e delle circostanze del tempo, lacera l'apparenza e smaschera le finzioni del progresso, i suoi travestimenti, i trucchi, gli imbrogli, le menzogne, l'insignificante spettacolarità, la frivolezza, il paradosso, l'esasperazione spinta anche oltre i raggiri dell'artificio. La riflessione svela icone artefatte e imprudenti idolatrie. Stabilisce confronti allarmanti. Dice che cosa non è davvero progresso e contagia il progresso vero, quello che è un dono che l'uomo fa all'uomo. Dice che cosa è soltanto camuffamento prodotto dalla moda, dai luoghi comuni.
Talvolta, in nome e per conto del progresso, si giustifica la barbarie. I paesaggi sventrati. Le città asfissiate.
Allora l'epigramma di Zanzotto ritorna come un severo ammonimento, un'esortazione, quasi un avviso ultimo, forse anche come una sorta di involontaria implorazione, perché l'irreparabile sia evitato, perché si possa recuperare una coscienza del tempo e del proprio essere nel tempo e per il tempo. Perché probabilmente non c'è progresso senza l'attribuzione di un valore assoluto al legame tra il tempo dell'uomo e quello della terra.
Il Tiresia di Andrea Camilleri fa esperienza di quell'azzardo di una profezia, penetra nell'universo scuro dell'incognita e lo attraversa con il raggio di un pensiero che vorrebbe metterci sull'allerta come sentinelle a difesa dei nostri destini.
Antonio Errico
 
 

TVBlog.it, 4.11.2018
Il Commissario Montalbano: Andrea Camilleri compare in uno dei nuovi film in onda nel 2019?
Lo ha fatto trapelare Luca Zingaretti ospite di Fabio Fazio a che tempo che fa. Ecco quando andrà in onda l'episodio

[Non risulta che Camilleri comparirà nei telefilm. Molto probabilmente Zingaretti si riferiva al già annunciato ricordo del compianto Marcello Perracchio, indimenticabile interprete del Dottor Pasquano, NdCFC]

Ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa, insieme, per la prima volta in tv, della moglie Luisa Ranieri, Luca Zingaretti stasera ha annunciato che i due nuovi film de Il Commissario Montalbano andranno in onda tra febbraio e marzo 2019 ovviamente in prima serata su Rai1. L'attore ha inoltre anticipato che in uno dei due nuovi film ci sarà una grande sorpresa "molto commovente".
Il conduttore ha avanzato alcune ipotesi (il protagonista si sposa o diventa papà, per esempio), non riuscendo però ad ottenere conferme esplicite da parte di Zingaretti. Il siparietto alla fine però ha fatto trapelare la notizia: in uno dei due nuovi episodi di Montalbano potrebbe comparire il papà del personaggio e dei romanzi Andrea Camilleri.
In attesa di conferme ufficiali rispetto a quella che per ora è una suggestione, ricordiamo che Camilleri proprio la scorsa settimana è stato ospite di Che tempo che fa e che da domani, lunedì 5 novembre, fino a mercoledì 7, nei cinema sarà proiettato il film sul monologo teatrale Conversazione su Tiresia. La pellicola di Roberto Andò sarà poi proposto su Rai1 a marzo 2019, presumibilmente dopo la messa in onda di Montalbano, di cui quindi sfrutterà il traino.
Massimo Galanto
 
 

5-7.11.2018
Conversazione su Tiresia. Di e con Andrea Camilleri



Nexo Digital presenta

Evento Speciale
CONVERSAZIONE SU TIRESIA
di e con
ANDREA CAMILLERI
dal Teatro Greco di Siracusa

Solo il
5-6-7 Novembre 2018
al cinema



Il padre del Commissario Montalbano, protagonista per la prima volta sul grande schermo di un viaggio tra mito e letteratura sulle orme dell’indovino Tiresia alla ricerca dell’eternità.



«Ho trascorso questa mia vita ad inventarmi storie e personaggi. L’invenzione più` felice è stata quella di un commissario conosciuto ormai nel mondo intero. Da quando Zeus, o chi ne fa le veci, ha deciso di togliermi di nuovo la vista, questa volta a novant’anni, ho sentito l’urgenza di riuscire a capire cosa sia l’eternità` e solo venendo qui, solo su queste pietre eterne, posso intuirla, solo su queste pietre eterne». Andrea Camilleri

«Chiamatemi Tiresia!».
Si apre così “Conversazione su Tiresia”, lo spettacolo scritto e interpretato da Andrea Camilleri e prodotto da Carlo degli Esposti per Palomar, andato in scena al Teatro Greco di Siracusa lo scorso 11 giugno 2018 di fronte a 4mila spettatori nell’ambito delle rappresentazioni classiche realizzate dall’Istituto Nazionale del Dramma Antico. Un racconto mitico, pensato, scritto e narrato da Andrea Camilleri che “cunta” la storia dell’indovino cieco, le cui vicende attraverso i secoli si intrecciano a quelle dello stesso scrittore.
Ora quella serata indimenticabile, a cura di Valentina Alferj, con la regia di Roberto Andò le musiche dal vivo di Roberto Fabbriciani, arriva per la prima volta al cinema solo per tre giorni, il 5, 6, 7 novembre con Conversazione su Tiresia. Di e con Andrea Camilleri, l’evento speciale, con riprese in alta definizione dirette da Stefano Vicario, dell’eccezionale performance dello scrittore al teatro greco.
La figura di Tiresia, mitico indovino cieco, presente in tutta la storia della letteratura, ha per molti anni incuriosito ed affascinato Andrea Camilleri. Nella sua Conversazione Camilleri – o lo stesso Tiresia? – dialoga con Omero, Sofocle, Seneca, Dante, T.S. Eliot, Apollinaire, Virginia Woolf, Borges, Pound, Pavese, Primo Levi, così come con Woody Allen, che fa apparire Tiresia ne La dea dell’amore, con il Pasolini dell’Edipo Re e con i Genesis de The Cinema Show, il brano sulle cui note si apre lo spettacolo. La ricerca dello scrittore si snoda attraverso le epoche per raccontare un personaggio che è stato compiutamente sia donna, sia uomo e che, come lo stesso scrittore, ha perso la vista.
«Da quando io non vedo più, vedo meglio».
Sono le parole di Camilleri ed è la stessa voce dello scrittore a far risuonare la storia di Tiresia attraverso il racconto di quanti l’hanno narrato. Il testo della Conversazione su Tiresia sarà in libreria il prossimo marzo a cura della casa editrice Sellerio.
Una sfida per il novantreenne Andrea Camilleri, padre del Commissario Montalbano e autore che vanta oltre 30 milioni di libri venduti, e che ha voluto proporre al suo pubblico in chiave ironica e poetica ma anche caustica, maliziosa e dissacrante, un personaggio per ordire una trama che si è rivelata catartica proprio come le antiche tragedie greche.
Il Teatro Greco di Siracusa è oggi il monumento più famoso della città ed è stato sin dall’antichità l’edificio per spettacoli più importante del mondo greco-occidentale, altissimo esempio di architettura civile. Fu anche luogo di culto e di grandi assemblee popolari, sede di processi pubblici e, in epoca romana, fu pure adattato a esibizioni circensi e di varietà. Quasi dimenticato nel Medioevo, nei secoli successivi il teatro è stato oggetto di trasformazioni, spoliazioni, danneggiamenti e asportazioni che oggi lasciano visibile solo la sua gigantesca impronta ricavata nella roccia che ha affascinato viaggiatori e artisti dal 1700 alla metà del 1800. Ancora oggi richiama ogni anno centinaia di migliaia di visitatori che ne vogliono ammirare la maestosità o che vogliono assistere alle rappresentazioni teatrali classiche che vi si svolgono tra la primavera e l’estate.
Conversazione su Tiresia. Di e con Andrea Camilleri è prodotto da Palomar e distribuito in esclusiva al cinema da Nexo Digital solo il 5, 6, 7 novembre in collaborazione con in media partner Radio DEEJAY, MYmovies.it e con Sellerio editore.
 
 

Radio Colonna, 5.11.2018
Conversazione su Tiresia, Andrea Camilleri al cinema dal 5 al 7 novembre
Tre giorni per vedere l’emozionante spettacolo dal Teatro Greco di Siracusa, in cui l’autore siciliano si racconta nelle vesti dell’indovino greco

Conversazione su Tiresia arriva al cinema e segna l’esordio come attore dell’infinito Andrea Camilleri, l’autore e scrittore siciliano ha portato al Teatro Greco di Siracusa questo testo basato sul personaggio della mitologia greca, apparso nell’Odissea di Omero e nella Metamorfosi di Ovidio, dal 5 al 7 novembre, un’occasione unica di vedere Camilleri in un’opera che “assomiglia” a un testamento.
A presentarlo alla stampa è lo stesso autore siciliano, accompagnato dalla collaboratrice e co-autrice Valentina Alferj che presenta la genesi del prodotto:
“Un anno fa riflettevamo sulla nuova programmazione dell’INDA, Andrea aveva già 92 anni e aveva già perso la vista, e gli abbiamo detto che sarebbe stato bello averlo in teatro e qualche giorno dopo mi ha chiamato per dirmi che sarebbe stato Tiresia a Siracusa. In un anno si è fatto leggere di tutto su Tiresia e ha scritto un testo (edito da Marsilio nel 2019), l’ha imparato a memoria e l’ha portato al Teatro Greco di Siracusa, lì l’abbiamo visto negli occhi di 4mila persone eppure si riuscivano a sentire le cicale!”.
A prendere la parole è Andrea Camilleri che ha parlato dell’enorme lavoro di documentazione che c’è dietro Conversazione su Tiresia:
“Tutto il materiale su Tiresia era diviso in quattro faldoni, lo conosciamo nell’Odissea, ma ha percorso tutta la letteratura italiana e contemporanea, tutta la storia della letteratura. Dopo uno studio di quattro mesi, ho scelto i brani è solo un terzo di quello che ho avuto per le mani, mi sono fatto largo a organizzare il discorso che ho poi letto con un determinato tono di fronte a 4mila persone”.
Il tono usato dall’attore Camilleri è simile a quello che si userebbe in una conversazione fra amici, come ha sottolineato il regista di Conversazione su Tiresia Roberto Andò:
“La peculiarità di Andrea è la sua familiarità con l’eterno, quella di Siracusa è stata l’esperienza più emozionante della mia carriera. Andrea si è messo in gioco, ha accettato una sfida pericolosa ed esaltante, vederlo muoversi senza vedere era una prova di magnetismo. L’ho visto scrivere, affrontare la cecità, scrivere, creare. È una persona che parla del più in cui c’è un’epoca dell’abbattimento, Tiresia ha capito che succederà e ha una prospettiva gigantesca. È un’occasione sui temi che interessano le persone più disparate”.
Ad accompagnarlo alla regia c’è Stefano Vicario, veterano di regie televisive:
“Ne ho viste di tutti i colori, come regista televisivo ma questa è stata una cosa diversa. L’emozione era talmente tanta che dovevo sforzarmi di andare avanti”.
Conversazione su Tiresia è davvero emozionante e fa riflettere, sembra una sorta di “manifesto” che l’autore de Il Commissario Montalbano lascerà ai posteri, lo spettacolo teatrale diventa un’uscita esclusiva in sala grazie a Nexo Digital. Ma come mai Andrea Camilleri ha scelto la storia dell’indovino Tiresia:
“Penso che con la sua cecità riesca a vedere il presente e il futuro, io ero nella mia nuova situazione di cieco, da quando ho perso la vista vedo le cose in modo più chiaro e attraverso questa menomazione posso affrontare Tiresia. Ho cercato tutte le volte che l’avevo incontrato dalla tragedia greca alla poesia anglossassone: è protagonista di uno dei Cantos di Ezra Pound e di un poemetto di Thomas Stearns Eliot. Ci sono dei luoghi magici che sono come navi spezzate che si muovono nel tempo: cattedrali, templi, vecchi teatri greci dove se ci alza in piedi è come entrare in un’astronave. Sullo stesso palco c’era stato Eschilo”.
Per l’autore, oggi romanziere e giallista, quello del teatro è stato un gradito ritorno:
“Sono stato attore nei 140 spettacoli che ho diretto, sono stato attore attraverso tutti gli attori con cui ho lavorato. Se lo rifarei? Forse sì, ma devo fare un periodo di clausura. Vi confido un segreto, da quando ho iniziato a scrivere, 40 anni fa, non è passato un giorno senza che non l’abbia fatto. Non mi sono preso neanche un giorno di malattia, il 10 luglio ho accettato Conversazioni su Tiresia e il 22 luglio sono partito per la Toscana per fermarmi un po’, sono ritornato a Roma il 30 agosto e mi sono messo al lavoro. Ho 94 anni e mi piacerebbe rifarlo, ma diciamo che quando ho rifatto il passaporto e mi hanno detto che scadeva nel 2020… li ho ringraziati”.
Fa sorridere, fa commuovere questo lungo “testamento” di Andrea Camilleri nei panni di Tiresia:
“È un personaggio prismatico, è stato uomo, donna già di per sé unisce straordinarie esperienze anche solo legate al fatto di essere stato uomo e donna. Il dono che gli ha fatto Zeus si trasforma in una condanna, Tiresia sembrava fatto di pongo e ogni attore l’ha modellato come meglio ha voluto”.
Conversazioni su Tiresia si conclude con un augurio, un “ci rivediamo fra 100 anni”, lo scrittore siciliano spiega perché:
“Era importante farlo perché fra cent’anni la parola sarà ancora in uso, non so che mondo ci sarà forse avrà poco da dividere con quello contemporaneo”.
Per Roberto Andò, Andrea Camilleri è stato un attore “ideale”, mentre per lo scrittore è stato ideale dirigersi dal regista siciliano, anche Valentina Alferj ha preso parte al film, la donna che da anni lavora a fianco dell’autore siciliano:
“Lavorare con Andrea è un privilegio, lo faccio da 16 anni, ho iniziato con piccole cose. Non è possibile che non sia in grado di fare questo lavoro, mi ha dato una grande gioia, mi ha fatto scoprire delle cose su di me che non avrei potuto conoscere”.
Una collaboratrice donna per uno scrittore che si augura che il mondo venga dominato dalle donne:
“È arrivato il momento di cedere le armi alle donne, da uomo sono esausto, è l’ora che il mondo venga dominato dalle donne, prima di farci del male le donne ci pensano di più, sono più disposte al compromesso”.
Roberto Andò ha diretto Andrea Camilleri e ha affermato “che non ci sono attori come lui”, per vederlo all’opera andate al cinema e godetevi la sua Conversazione su Tiresia, al cinema dal 5 al 7 novembre con Nexo Digital, prodotto da Palomar.
Chiara Laganà
 
 

Wild Italy, 5.11.2018
Conversazione su Tiresia: Camilleri emoziona e stupisce con una splendida lezione di cultura
Conversazione su Tiresia : Camilleri si fa interprete delle vicende dell’indovino cieco, preso dalla mitologia greca. Un viaggio affascinante dentro l’animo di un personaggio e dentro Camilleri stesso

Quando a 93 anni, nonostante la cecità, hai ancora tanto da dire e da dare al pubblico. Andrea Camilleri, celebre e prolifico scrittore nonché creatore de il Commissario Montalbano, stupisce nella sua prima prova da attore, portando sul grande schermo Conversazione su Tiresia, spettacolo teatrale da lui scritto (più che altro dettato) e interpretato, andato in scena l’11 giugno scorso al Teatro Greco di Siracusa.
«Chiamatemi Tiresia!». Esordisce così Camilleri sul palcoscenico, sedendosi su una sedia in una scenografia ridotta quasi al minimo essenziale, davanti a 4mila persone. Insieme a lui un bambino che, accovacciato ai suoi piedi, lo ascolta con attenzione. Quasi fosse un nonno che racconta una favola al nipote.
Un testo teatrale perfetto nella sua articolazione, ragionato, ironico e poetico al tempo stesso. Un copione che ripercorre le vicende di Tiresia intrecciandole con gli scritti di grandi uomini di cultura. Personaggi che, nel corso dei secoli, ne hanno parlato (in bene o in male). Camilleri si confronta con autori quali: Omero, che cita Tiresia nell’Odissea; Sofocle; Dante; Seneca e Ovidio. Ma non finisce qui. Nel corso di quella che è una vera e propria lezione di storia e di cultura, si arriva anche ai giorni nostri con Apollinaire, T.S.Eliot, Virginia Woolf, Borges, Ezra Pound e Primo Levi.
Spezzoni di film (Edipo re di Pasolini, La Dea dell’Amore di Woody Allen) e canzoni (The Cinema Show dei Genesis che apre lo spettacolo) contribuiscono infine a disegnare un viaggio affascinante e misterioso nell’animo di un personaggio estremamente significativo per la storia della letteratura.
Conversazione su Tiresia però non è solo questo. Camilleri, nello scrivere il suo monologo (recitato a memoria e senza bisogno di suggerimenti, chapeau), cerca i punti di contatto con l’indovino, riflette su se stesso e sulla sua vita. E invita implicitamente anche noi a farlo. Cerca di capire, come ha avuto modo di dire: «Cosa sia l’eternità e solo venendo qui posso intuirla, solo su queste pietre eterne».
A duettare con Tiresia/Camilleri, sul palco, c’è il flauto di Roberto Fabbriciani, compositore e flautista di fama internazionale. Il suo non è un semplice accompagnamento ma è un interagire, un fondersi con il racconto e con il tono di voce baritonale del “protagonista” per renderlo ancora più profondo e avvolgente.
Consapevole di questo quadro d’insieme la regia, affidata a Roberto Andò e a Stefano Vicario, non si è lasciata sopraffare. Tutt’altro. La resa di Conversazione su Tiresia per il cinema proietta lo spettatore sugli spalti del Teatro Greco, in mezzo a quella folla di giugno, rapita dall’interpretazione di questo energico 93enne che sostiene: «Da quando non ci vedo più, vedo le cose assai più chiaramente».
Siamo di fronte a quelle rare occasioni in cui il cinema lascia spazio ai grandi narratori, quelli che ci spingono a cambiare la nostra visione del mondo. Quelle persone che, nonostante il vento contrario, riescono con le loro parole a correggere la rotta della barca, suggerendoci – come fa Archibald MacLeish nella poesia Elpenor, citata nello spettacolo: «Devi solo andare avanti per quello che è e che va oltre noi. Andare avanti».
Conversazione su Tiresia sarà nei cinema solo il 5 – 6 – 7 novembre distribuito da Nexo Digital e Palomar
Matteo Marini
 
 

CulturaMente, 5.11.2018
Conversazione su Tiresia: uno sguardo a caccia di eternità
Dal teatro al cinema: Andrea Camilleri approda sul grande schermo il 5, 6 e 7 novembre con Conversazione su Tiresia.

Chiamatemi Tiresia, sono qui di persona personalmente.
Si apre così lo spettacolo scritto ed interpretato da Andrea Camilleri, messo in scena al Teatro Greco di Siracusa l’11 giugno scorso, a cura di Valentina Alferj e con la regia di Roberto Andò e Stefano Vicario.
Una serata che ha emozionato gli oltre 4.000 spettatori presenti e che per la prima volta giungerà sul grande schermo dal 5 al 7 novembre.
Il “cunta” storie per eccellenza o, come ama definirsi lui, un impeccabile impiegato della scrittura, all’età di 93 anni e ormai cieco si presenta.
Sotto altre vesti, quelle di attore, Camilleri decide di fare un ulteriore dono al mondo.
Tiresia e Camilleri: i binari paralleli di un viaggio oltre il tempo
Tra le antiche pietre di una realtà lontana l’esistenza del celebre scrittore incrocia quella di Tiresia, indovino cieco e figura dell’antichità che attraverserà l’intera storia della letteratura.
Le vicende del mito greco si incastrano con quelle del Maestro di Porto Empedocle e giungono a miscelarsi in una sostanza teatrale ibrida, un momento scenico in cui comprendere dove finisca il personaggio e inizi l’interprete appare impossibile.
In prima persona Camilleri, o Tiresia per l’appunto, narra una storia che conduce il pubblico alle pendici del Monte Citerone, dalle cui macerie nasceranno le mura di Tebe.
Con estremo magnetismo e accompagnato dai suoni ancestrali del flauto di Roberto Fabbriciani, Andrea Camilleri darà il via ad una serie infinita di salite e discese.
Da quel monte delle metamorfosi che tramuterà Tiresia in donna ed ancora in uomo, in maniera ipnotica il pubblico sarà condotto sull’Olimpo.
Qui, al cospetto di Zeus, colui che donerà all’indovino cieco il dono della preveggenza e sette esistenze, avrà inizio la discesa sulla terra ed un meraviglioso viaggio tra le pagine più belle della letteratura.
Citazioni e Poesia: la letteratura che canta l’antico mito
Da persona Tiresia diventa personaggio e inizia a dialogare proprio con chi su di lui ha avuto l’ardire di scrivere e fantasticare.
Un viaggio che parte da Omero e la sua Odissea fino a scomodare Freud.
Da Sofocle a Seneca si giunge a Dante per poi fare un doppio salto mortale e atterrare su Milton e il suo Paradiso Perduto.
Un percorso labirintico che da Borges, girando l’angolo, porta al secolo della ribalta e ci conduce al Surrealismo di Apollinaire per poi passare ad Eliot, Virginia Woolf, Pavese, Pound, Primo Levi e molti altri.
Un’esistenza, quella dell’indovino tebano, decantata e denigrata allo stesso tempo che, tuttavia, supera il crollo dell’Olimpo e l’avvento del Cristianesimo e rivive un’ulteriore metamorfosi nei panni e nella voce di Camilleri.
L’illuminazione: vedere oltre il visibile
La cecità di entrambi si fa trama di un tessuto dal quale, magicamente, è possibile vedere “più chiaramente”, come afferma lo stesso Maestro.
È il dono della preveggenza di Tiresia che si aggancia all’urgenza di un uomo ormai ultra novantenne, di capire, circondato dalle pietre vive di quel Teatro Greco, cosa realmente sia l’eternità.
Persona e personaggio alla fine si ricongiungono in un’unica entità, una fusione frutto di un’intuizione che solo un genio come Camilleri avrebbe potuto avere.
3 i mesi di lavoro intenso, 25 le pagine di un copione da imparare a memoria senza alcun supporto visivo. 85 i minuti di uno spettacolo teatrale cangiante anch’esso, che oggi diventa un film prodotto da Palomar e distribuito in esclusiva al cinema da Nexo Digital.
Il testo di Conversazione su Tiresia sarà inoltre in libreria prossimamente edito da Sellerio.
Tiresia è una figura prismatica, perfetta da poter modellare, come si fa con il pongo, afferma Camilleri in conferenza stampa.
La grande sfida: Camilleri e il suo sguardo sull’eternità
L’inventore del Commissario Montalbano decide di mettersi alla prova, di sfidarsi, ancora una volta. Il risultato finale combacia alla perfezione con quelle che sembravano essere le sue aspettative: il desiderio di trovare il giusto tono per poter fare due chiacchiere tra amici.
Questo spettacolo regala al mondo di oggi un messaggio di inestimabile valore e un’eredità da custodire oltre i tempi.
Una proiezione imperdibile che mozza il fiato. È così che, improvvisamente, nell’esaltare le gesta di un cieco si perde la facoltà di parola e per la meraviglia si diventa muti.
Conversazione su Tiresia è la festa dei sensi, la loro sublimazione.
È la convinzione che la bellezza risulti visibile solo se frutto di una sapiente investigazione, curiosità vigile di uno sguardo interiore, e che i limiti che spesso l’uomo riconosce a se stesso siano solo invenzioni.
È la ricerca di infinito, dell’eternità di cui parla Camilleri, la sua discesa dalla navicella, l’approdo sulla luna. È la sua storia e, in fondo, non può che essere anche la nostra.
Maria Grazia Berretta
 
 

Servizio Informazione Religiosa, 5.11.2018
Cinema
Andrea Camilleri in sala con “Conversazione su Tiresia”
Camilleri ha sorpreso tutti ancora una volta andando in scena al Teatro Greco di Siracusa con un monologo da lui scritto e interpretato, “Conversazione su Tiresia”, con la regia di Roberto Andò. Uno spettacolo evento che il produttore Carlo Degli Esposti con la sua Palomar ora porta nei cinema italiani insieme a Nexo Digital, dal 5 al 7 novembre

Non finisce mai di stupire Andrea Camilleri, scrittore siciliano novantatreenne (Agrigento, 1925) con una lunga carriera teatrale, televisiva nonché autore di oltre cento romanzi, tra cui la fortunatissima saga de “Il commissario Montalbano” edita da Sellerio. Camilleri ha sorpreso tutti ancora una volta andando in scena al Teatro Greco di Siracusa con un monologo da lui scritto e interpretato, “Conversazione su Tiresia”, con la regia di Roberto Andò. Uno spettacolo evento che il produttore Carlo Degli Esposti con la sua Palomar ora porta nei cinema italiani insieme a Nexo Digital, dal 5 al 7 novembre. Si tratta di un’immersione nella storia della letteratura, da quella greco-latina a quella contemporanea; un’esperienza culturale, poetica, dalle ricadute educational. Il Sir e la Commissione nazionale valutazione film della Cei hanno visto in anteprima l’opera.
Le tante vite di Tiresia. Nella suggestiva cornice del Teatro Greco di Siracusa, in una sera estiva di giugno, entra in scena Andrea Camilleri accompagnato da alcuni bambini. Si siede su una poltrona, accanto a lui rimane a osservarlo un bambino con occhi attenti e sognanti. Qua e là in scena pochi oggetti, una macchina da scrivere su un tavolino, una lampada, e poi un fondale su cui scorreranno nel corso dello spettacolo, della durata di 85 minuti, immagini d’arte e frammenti cinematografici. Ecco che irrompe la voce profonda e leggera di Camilleri: “Chiamatemi Tiresia, per dirla come quel signore che ha scritto un romanzo su una balena bianca… Oppure, ‘Tiresia sono!’ Per dirla come qualche altro che forse conoscete…”.
Un monologo fitto, brillante, realizzato da Camilleri che ripercorre la storia dell’indovino dell’antica Grecia Tiresia ai tempi delle divinità dell’Olimpo. Accecato dalla dea Era, Tiresia riceve però in dono la capacità di prevedere il futuro nonché molte vite. La sua figura è stata più volte richiamata nei versi di Omero, nelle tragedie greche di Sofocle, ma anche nella letteratura latina con Seneca; ancora nelle suggestioni poetiche e letterarie di Dante, John Milton, Virginia Wolf, Ezra Pound sino allo sguardo cinematografico di Pier Paolo Pasolini e il suo “Edipo re” del 1967. Di tutto questo Andrea Camilleri ci fa memoria e racconto in prima persona; dà voce a Tiresia con pathos ma anche con immancabile ironia.
Il racconto, inoltre, si fonde spesso con il vissuto personale dello scrittore, con i suoi pensieri. Toccante è il passaggio sulla perdita della vista dello stesso Camilleri, associata alla cecità di Tiresia: “Borges diceva che tutti noi siamo teatro: siamo il copione e le scene, siamo ciò che sentiamo e diciamo. Questo è ancora più vero per i privi di vista. Da quando io non ci vedo più, vedo le cose assai più chiaramente!”.
Lo sguardo tra teatro e cinema di Roberto Andò. Già regista dello spettacolo teatrale, Roberto Andò ha curato la regia anche della versione cinematografica insieme al collega Stefano Vicario. Riguardo ad Andrea Camilleri, Andò ha sottolineato: “Vederlo all’opera, seguire la liturgia delle sue mattine, spiare il suo modo di muoversi tra oggetti e volti che non vede, ascoltare le sue intonazioni per pronunziare i versi amati di Dante o di Eliot, è stato un regalo di cui profitterò a lungo. Tiresia è per Andrea innanzitutto la sigla del suo essere cieco e scrittore”.
Il regista palermitano ha poi aggiunto: “Il film mostra un gigante della cultura mondiale che con calore e leggerezza confida agli spettatori il suo messaggio più intimo, il senso della vita e della letteratura”. Nello spettacolo, infatti, Camilleri si lascia andare a una confidenza emozionante: “A 93 anni, cieco, mi è venuta una curiosità immensa… Intuire l’eternità, che sento così vicina a me”.
Sir-Cnvf, il punto critico-pastorale. La lungimiranza produttiva di Carlo Degli Esposti, che ha portato sullo schermo “Il Commissario Montalbano” ormai vent’anni fa, scovato grazie a Elvira Sellerio, realizza ora un altro traguardo: mettere in condivisione con il pubblico tutto, oltre l’esperienza teatrale vissuta a Siracusa, lo spettacolo di e con Andrea Camilleri, che è un omaggio all’arte, alla mitologia, alla letteratura. Di più, è il testamento artistico di un uomo che a 93 anni è ancora in piena vis creativa.
Uno spettacolo prezioso per gli adulti, ma ancor più per i giovani e per le scuole. Nel corso del monologo, infatti, Camilleri tocca anche pagine oscure come la Shoah. Richiamando Primo Levi e il suo romanzo “La chiave a stella”, Camilleri sottolinea: “Nell’orrore profondo del campo di concentramento nazista, Primo Levi rischiò una metamorfosi ben peggiore… da uomo a non uomo. I nazisti volevano che gli uomini diventassero bestie, un numero tatuato sul braccio. Io, Tiresia, non riuscii a prevedere quell’orrore… un orrore simile non è prevedibile, pensabile da un uomo”. Concludendo il racconto di questa notte buia per l’umanità, però, Camilleri traccia un filo di speranza grazie all’arte: “Levi si salvò facendo ricorso alla poesia”.
Uno spettacolo che rivive sullo schermo in maniera emozionante, per la mente e il cuore, dove l’arte e la cultura sono terreno di incontro, di speranza; memoria del passato ma anche traccia luminosa verso il futuro. Un domani dove Camilleri è senza dubbio protagonista tra i grandi intellettuali del nostro tempo. Film-spettacolo consigliabile, problematico e adatto per approfondimenti a livello educational.0
Sergio Perugini
 
 

Mi-Tomorrow, 5.11.2018
Zapping Parade
Conversazione su Tiresia, Camilleri debutta a 92 anni

Da lunedì 5 novembre nelle sale arriva Conversazione su Tiresia, spettacolo teatrale rivestito di abiti cinematografici, con protagonista assoluto Andrea Camilleri. Palomar e Nexo Digital presentano un nuovo evento imperdibile, al cinema solo per tre giorni.
TRAMA • Sullo sfondo di un gremito Teatro Greco di Siracusa, Camilleri recita la seguente frase: «Chiamatemi Tiresia!». È così che lo scrittore apre il suo spettacolo, un eloquente ed istruttivo racconto sul mito greco, andato in scena lo scorso 11 giugno, nell’ambito delle rappresentazioni classiche realizzate dall’Istituto Nazionale del Dramma Antico. Camilleri riprende la storia dell’indovino cieco, assumendone le vesti in prima persona, parlando attraverso le sue parole ed il suo immaginario, attraversando secoli di pensiero filosofico e mitologico. L’impresa raggiunge la sua straordinaria epicità nell’intersecazione tra la vita dell’indovino greco con quella dello scrittore siciliano.
ETERNO • Camilleri, una delle menti più brillanti e raffinate della cultura contemporanea, decide di lanciarsi in una nuova affascinante sfida a 92 anni, vestendo i panni di attore teatrale nell’atto della proclamazione di una sua stessa opera, dopo averne dirette e scritte oltre un centinaio (se ne contano più di 120). Lo scrittore agrigentino, classe ’25, dimostra con discreto orgoglio una invidiabile curiosità messa a disposizione dell’arte letteraria e della scienza umanistica, confermandosi uno degli scrittori più produttivi dell’ultimo secolo, dopo aver firmato più di mille romanzi, favole, racconti e saggi, tra cui il celebre Commissario Montalbano (interpretato da Luca Zingaretti, presente anche lui tra i 4mila spettatori entusiasti).
ISPIRAZIONE · L’evento, curato da Valentina Alferj e prodotto da Carlo degli Esposti per Palomar, si avvale del prezioso contributo delle musiche eseguite dal vivo da Roberto Fabbriciani. E anche attraverso le note il mito di Tiresia, indovino greco dotato del dono della profezia conferitogli dal divino Zeus, viene scandagliato con dialoghi e citazioni immaginari tra alcuni protagonisti del mondo moderno ed antico: da Virgina Wolf ad Omero, da Pound a Pavese, da Primo Levi a Dante. Camilleri lo rende contemporaneo ed attuale, facilmente assimilabile anche per un pubblico non necessariamente illuminato dalla cultura letteraria, rendendolo eterno e senza fine.
LA REGIA · Roberto Andò, presente tra gli spalti del teatro siracusano in qualità di regista teatrale dello spettacolo, trasforma l’opera in una pellicola sensazionale ed emozionante adatta al grande schermo, dalla caratura qualitativa di forte spessore, affiancato dall’esperienza maggiormente televisiva di Stefano Vicario, già regista di numerose trasmissioni nazional-popolari come La corrida, I migliori anni e Ti lascio una canzone.
Origine: Italia
Durata: 85 minuti
Regista: Roberto Andò
Genere: documentario
Milena Sicuro
 
 

Il Sole 24 Ore, 5.11.2018
Mediterraneo
Camilleri a Beirut, il Mediterraneo e i racconti che uniscono

Quando gli hanno detto che avrebbero fatto una due giorni di studio universitario sulla sua opera a Beirut, persino un autore abituato a tutto, e che ha avuto la fortuna di avere i suoi romanzi tradotti in tutto il mondo, come Andrea Camilleri, ha fatto un sobbalzo sulla sedia.
Epperò la cosa è puntualmente successa, e lo stesso Camilleri non si è sottratto: impossibilitato a partecipare di persona, ha mandato un ispirato video messaggio di auguri ai convegnisti (arrivati da vari istituti universitari italiani, spagnoli, libanesi), sottolineando come, anche attraverso lo studio delle opere letterarie, il Mediterraneo può davvero ritornare ad essere un ponte di incontro tra i popoli e non la tomba nel quale si è recentemente trasformato.
Una mappa che tocca, appunto, il Libano, la Sardegna e Malaga in Spagna ha fatto da guida ai lavori del convegno, intitolato “Camilleri. Il Mediterraneo: incroci di rotte e di narrazioni”. E non è stata casuale: la tappa libanese era la seconda di un trittico. I lavori erano iniziati a Cagliari nello scorso febbraio e si concluderanno il prossimo 22 e 23 novembre a Malaga.
Che senso ha leggere Camilleri a Beirut? Nei due giorni, in due distinte sedi (una pubblica, l’Università Libanese, l’altra privata la Holy Spirit University of Kaslik, USEK, l’università dei cristiano maroniti), si è potuto toccare quanto possa “unire” la letteratura. Gli studiosi infatti si sono concentrati, soprattutto, sugli aspetti della traduzione: quanto e come si possa tradurre una scrittura così densa e particolare come quella di Camilleri (che ha fatto dell’impasto e dell’invenzione di una lingua con ricche inflessioni dialettali, pur non essendo mai riconducibile a nessuna varietà linguistica reale), e come, quindi, si possa trasferire un universo che è semantico, culturale, antropologico. Sforzo notevole: le culture sono diverse ma si possono parlare, un dialogo fecondo dal quale non si può prescindere.
E così, tra le tante, sono state molto efficaci le relazioni di Maya El Hajj (Notre Dame University Lebanon), sull’influenza dei termini arabi nel vigatese di Camilleri, di Nour Alaeddine (Lebanese University), traduttrice de “Il cane di terracotta” in arabo [in realtà si tratta di una dottoranda che sta lavorando sul romanzo, non della traduttrice, NdCFC], di Layal Merhy (Lebanese University), sulle definizioni delle rappresentazioni linguistiche e culturali nell’opera dello scrittore siculo. Non basta, perché il Mediterraneo è stato protagonista di un allargamento ad altri autori, dallo spagnolo Lorenzo Silva (nella relazione di María Dolores García Sánchez, dell’Università di Cagliari), al marocchino Driss Chräibi: il quale, come ha ben sottolineato Giovanni Caprara (Università di Malaga) è «con i piedi nella stessa vasca» (il Mediterraneo, definizione dello scrittore algerino) di Camilleri.
Il convegno è stato possibile grazie all’infaticabile lavoro, durato più di un anno, dell’Istituto Italiano di Cultura di Beirut (nella persona di Caterina Carlini) e del professor Giuseppe Marci, docente emerito dell’Università di Cagliari e soprattutto anima e fondatore del “Seminario sull'opera di Andrea Camilleri”, giunto con la tappa libanese alla sua sesta edizione. E che annuncia già, nei prossimi anni, nuove e fruttuose tappe. In tutto il mondo, come è giusto che sia per il più internazionale dei nostri scrittori.
Stefano Salis
 
 

La Sicilia, 5.11.2018
Porto Empedocle, crollata casa di Camilleri

Il maltempo ha spazzato via la casa in cui lo scrittore Andrea Camilleri trascorse gran parte della sua giovinezza. Ieri intorno alle 14,30 un boato ha scosso il silenzio della zona in cima alla via Dello Sport, dove sorge quello che da decenni è un rudere. A crollare quasi interamente è stato il fabbricato che cinque anni fa era stato individuato come la sede della Fondazione intitolata a Camilleri. Sul posto sono giunti i carabinieri stazione per coordinare i primi interventi. «Era il mio paradiso terrestre...» ebbe a dire lo scrittore quando nel 2013. La casa era stata costruita nel Settecento.
F.D.M.
 
 

La Sicilia (ed. di Agrigento), 5.11.2018
A Porto Empedocle per la pioggia crolla anche casa nonni di Camilleri
A Porto Empedocle, l'abitazione, già in precarie condizioni di stabilità, avrebbe dovuto ospitare la Fondazione che porta il nome dello scrittore, "papà" del Commissario Montalbano

Porto Empedocle (Agrigento) - E’ crollata una porzione della casa dei nonni materni dello scrittore Andrea Camilleri, un immobile in via dello Sport a Porto Empedocle (Ag) già in precarie condizioni di stabilità. A dare il colpo di grazia è stato il maltempo degli ultimi giorni. A venire giù è stata la parte centrale dello stabile che è intestato alla fondazione Camilleri e che sarebbe dovuto divenire proprio la sede della fondazione. Sono intervenuti i vigili del fuoco, la polizia municipale e i carabinieri che hanno messo in sicurezza la strada. Dal Comune di Porto Empedocle non escludono che l'immobile, che fu la casa di campagna della famiglia Fragapane-Camilleri, possa venire demolito. Verrà deciso, naturalmente, dopo i necessari rilievi tecnici.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 5.11.2018
Maltempo Agrigento, crolla la casa di Camilleri: doveva ospitare la fondazione a lui dedicata
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Il maltempo in Sicilia ha fatto crollare la parte centrale della casa di campagna della famiglia Fragapane - Camilleri, la casa dei nonni materni del famoso scrittore e papà del commissario Montalbano. Un luogo simbolo di quella strada degli scrittori che unisce la terra di Luigi Pirandello, Leonardo Sciascia e appunto Andrea Camilleri. La casa di campagna luogo dei “pellegrinaggi estivi” della gioventù di Camilleri, raccontati più volte in più testi ed interviste, doveva diventare la sede della fondazione Camilleri di cui ne fanno parte, oltre che la stessa famiglia dello scrittore, anche la casa editrice Sellerio ed il comune di Porto Empedocle. Alcuni anni fa l’amministrazione Firetto aveva pensato di fare adottare dall’Enel il fabbricato facendolo restaurare come compensazione delle opere per il rigassificatore, poi però l’infrastruttura legata al gas è rimasta solo sulla carta e con esso il restauro del luogo letterario. Adesso il Comune aveva pensato ad un bando di sponsorizzazione aperto a privati, ma il maltempo ha fatto prima. “Stiamo valutando i danni – spiegano dall'ufficio tecnico – è crollata la parte centrale della casa ed adesso non possiamo escludere che debba essere demolita interamente. Intanto però stiamo mettendo in sicurezza la strada che passa affianco lo storico fabbricato, unica via di collegamento per molte famiglie e la città”. L’amministrazione ed i tecnici sono già in contatto con la famiglia Camilleri che ha dato la massima disponibilità, affinché sia messo il tutto in sicurezza, mentre dall’associazione la Strada degli Scrittori, il presidente Felice Cavallaro auspica “che si faccia il possibile per salvare questo pezzo di patrimonio culturale della nostra terra, mentre non si può più perdere tempo nel far sì che la fondazione Camilleri diventi operativa, mentre lo stesso scrittore è ancora tra noi”.
Calogero Conigliaro
 
 

Rai News, 5.11.2018
Porto Empedocle
Maltempo, crolla la casa dei nonni di Camilleri

È crollata la casa dei nonni materni di Andrea Camilleri, a Porto Empedocle. Il maltempo abbattutosi nei giorni scorsi in provincia di Agrigento, ha provocato il cedimento di una grossa porzione della casa di campagna della famiglia Fragapane-Camilleri, un immobile in via dello Sport, già in precarie condizioni di stabilità, destinata nelle intenzioni a diventare la sede della Fondazione Camilleri. A crollare, la parte centrale dell'edificio frequentato dal creatore del commissario Montalbano soprattutto negli anni giovanili. Si potrebbe adesso decidere di demolirla per questioni di sicurezza. Sarebbe diventata anche una delle tappe della Strada degli scrittori. "In realtà solo un progetto in attesa di passi concreti", spiega il giornalista Felice Cavallaro, presidente della Strada degli scrittori, itinerario turistico-culturale nei luoghi di Luigi Pirandello, Leonardo Sciascia, Andrea Camilleri, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Antonio Russello, Pier Maria Rosso di San Secondo, "ma si era rimasti in attesa di un recupero effettivo dell'immobile e della piena operatività della fondazione". "Il maltempo sembra essere arrivato prima, purtroppo", dice con amarezza il sindaco di Agrigento, Lillo Firetto, al tempo della costituzione della Fondazione, primo cittadino di Porto Empedocle. Dell'ente fanno parte la famiglia Camilleri, Sellerio e il Comune empedoclino: "L'edificio era ormai trascurato, quando ero sindaco era pronto anche il progetto esecutivo per il restauro, ma è finita così. La vicenda mi addolora come altre, per me - conclude Firetto - è come mettere un dito in una piaga che ancora fa male".
 
 

Popcorn TV, 5.11.2018
Andrea Camilleri apparirà in uno dei nuovi episodi de "Il Commissario Montalbano"
Non solo Stan Lee può fare dei cameo nelle opere live action, ora toccherà anche ad Adnrea Camilleri con Montalbano

Luca Zingaretti, da Fabio Fazio a Che Tempo che Fa insieme alla moglie Luisa Ranieri, ha rivelato delle informazioni riguardo ai nuovi episodi de "Il Commissario Montalbano", dove interpreta il commissario Salvo Montalbano dal lontano 1999. I due episodi andranno in onda nel 2019, tra febbraio e marzo, sempre su Rai 1 e in prima serata. Nonostante le domande e le pressioni di Fazio, Zingaretti si è sbilanciato solo su due cose: in uno dei nuovi episodi ci sarà un momento "molto commovente", citando direttamente Zingaretti, e ha ventilato la possibilità che in uno degli episodi potrebbe esserci un cameo dello stesso Andrea Camilleri.
Andrea Camilleri: Conversazioni su Tiresia Per adesso le parole di Zingaretti da Fabio Fazio il 4 novembre 2018 non sono state confermate, nè smentite, e ci sono ipotesi che considerarebbero la cosa solo un rumor, senza basi, anche per attirare l'attenzione su Andrea Camilleri stesso, che dal 5 novembre al 7 novembre sarà al cinema con un monologo teatrale, "Conversazioni su Tiresia". Un'ipotesi, alla fine, molto probabilmente infondata, in quanto il monologo, girato da Roberto Andò, sarà messo in onda anche su Rai 1 a marzo 2019, presumibilmente subito dopo le nuove puntate di Montalbano, che, a quanto pare, presenterà interessanti novità anche nel cast, oltre ad un possibile Camilleri. Andrea Camilleri come Stan Lee: grandi camei per grandi scrittori
La storia del cinema e della televisione moderni sono stati segnati dai camei, ossia dalla presenza di grandi artisti, attori o scrittori delle opere stesse all'interno dell'opera cinematografica o televisiva derivata, in parti spesso così piccole da non essere notate. Se prima degli anni 2000 era una cosa rara, l'avvento dei Cinecomics Marvel ha cambiato le carte in tavola anche in questo campo, con i leggendari cameo di Stan Lee, presenti in quasi tutti i film moderni derivati dai fumetti marvel e addirittura negli anime e nei videogeme. Andrea Camilleri, tuttavia, non è Stan Lee e Il Commissario Montalbano non è un cinecomic della Marvel, di conseguenza, in caso di presenza dello scrittore nel cast, ci aspettiamo una parte non solo di rilievo, seppur minima, ma che lascerà il segno come solo Camilleri potrebbe fare.
 
 

Giornale di Sicilia, 6.11.2018
Primo ciak
"La stagione della caccia", a Scicli le riprese del film tratto dal romanzo di Andrea Camilleri

Primo ciak a Scicli per le riprese nel film in costume "La stagione della caccia", prodotto da Palomar per Rai Uno e tratto dall'omonimo romanzo di Andrea Camilleri pubblicato da Sellerio.
La prima location è palazzo Mormino-Màssari, in piazza Italia. Attore protagonista del film è Francesco Scianna, mentre, il regista è l'inglese Roan Johnson.
Il film trae origine dal romanzo del 1992: Camilleri si ispirò a un battuta dell'inchiesta sulle condizioni sociali ed economiche della Sicilia (1875-1876). All'interrogante, che chiedeva se si fossero verificati fatti di sangue, veniva risposto: 'No. Fatta eccezione del farmacista che per amore ha ammazzato sette persone'. Come a dire: non è successo nient'altro che un sogno. Il sogno che questo libro viene a raccontare.
 
 

RagusaNews, 6.11.2018
Primo ciak per La Stagione della Caccia, ispirato a Camilleri
Si gira a palazzo Mormino-Màssari

Scicli - In sordina, e senza alcuna comunicazione da parte della produzione, sono iniziate le riprese nel film in costume "La Stagione della Caccia", prodotto da Palomar per Rai Uno. La prima location è palazzo Mormino-Màssari in piazza Italia, dove già nel 1999 furono girate alcune scene del Commissario Montalbano.
Palomar trae spunto dall'omonimo romanzo del 1992, in cui Camilleri si ispirò all'Inchiesta sulle condizioni sociali ed economiche della Sicilia (1875-1876) e precisamente il punto in cui alla domanda di un membro della commissione che chiedeva ad un responsabile dell'ordine pubblico se ultimamente nella sua zona vi fossero stati fatti di sangue questi rispondeva: «No. Fatta eccezione per un farmacista che per amore ha ammazzato sette persone».
Il film è girato interamente in costume, e nelle scorse settimane, a palazzo Busacca, a Scicli, si sono svolti i casting per le comparse e le figurazioni speciali.
La pellicola sarà ambientata nel 1876. Il protagonista è Francesco Scianna. Il regista è Roan Johnson (Londra, 1975), sceneggiatore, regista, accademico e scrittore italiano.
 
 

ViViCentro, 6.11.2018
CAMILLERI: Tiresia sono! Magistrale film-teatro: da vedere (VIDEO)

Andrea Camilleri, classe 1925, non finisce mai di stupirci, anzi sembra che l’età e la cecità gli abbiamo come istillato nuova vitalità. Egli che ha scritto centinaia di sceneggiature per la TV, centinaia di romanzi che hanno venduto trenta milioni di copie nell’universo mondo, un recente commovente libro-lettera indirizzato alla nipotina – “Parlami di te” – ebbene dopo tante fatiche e gratificazioni, a novantadue anni suonati sale sulla scena del venerando teatro di Siracusa e “recita a soggetto” un avvincente monologo incentrato sul personaggio mitologico di Tiresia, nel quale afferma di identificarsi.
L’idea deve essergli frullata in testa da quando malattia e vecchiaia gli hanno “regalato” la privazione della vista degli occhi. Egli non si è perso d’animo ed ha acuito altre “viste” che scorgono ben più in profondità, rispetto alla semplice vista esteriore che gli occhi ci forniscono.
Esempi illustri non ne mancano: Borges tra i contemporanei ed il divino Omero nell’antichità.
Anche questi due autori devono aver tentato il “nostro” Camilleri, ma sono due personaggi alquanto impegnativi: uno perché contemporaneo ed uno perché troppo serio, istituzionale. Il personaggio di Tiresia, oltre la cecità presenta occasioni più che appetibili: possiede sette vite, ha la chiaroveggenza del futuro, è stato sia uomo che donna e poi addirittura ermafrodita, cioè uomo e donna contemporaneamente. Ciò che permette al nostro Autore di sciorinare tutta la sua ironia irrefrenabile attorno ai temi intriganti dell’erotismo, che scorre in sottofondo durante tutto il monologo e che, come un fiume carsico, ogni tanto riaffiora in superficie per zampillare gettiti di compiaciuta sensualità.
La proiezione cinematografica è la fedele registrazione dello spettacolo teatrale Conversazioni su Tiresia svoltosi al teatro greco di Siracusa nell’unica serata dell’11 giugno 2018, con regia di Roberto Andò e Stefano Vicario. Vi compare un solo attore, lo stesso Camilleri che ne è anche l’autore, seduto su una poltroncina in compagnia di un ragazzino che gli sta affettuosamente accanto, seduto sul pavimento e che nelle pause gli fornisce un bicchiere d’acqua per ravvivare la sua inconfondibile voce roca ed impastata da migliaia di sigarette che imperterrito continua a fumare. Il suono sinuoso di un flauto in sottofondo accompagna tutta la rappresentazione.
La Conversazione dura quasi un’ora e mezza, intervallata da qualche breve sequenza di “slides” proiettate o della voce dell’autore precedentemente registrata che legge qualche verso, come nel caso di Dante.
Per Camilleri questa è stata una imperdibile occasione per scorazzare nei pascoli sconfinati della prateria mitologica e letteraria. Egli comincia una rassegna che lo porta ad interloquire – e quasi dialogare – con gli Autori di tutti i tempi che hanno scritto sul personaggio di Tiresia.
Partendo da Omero, che ne parla nell’Odissea, egli risale man mano fino ad arrivare ai nostri giorni, ad Autori come Primo Levi, Pasolini e Woody Allen. Ne ha per tutti. Con qualcuno concorda e con qualcuno dissente ed anche in modo deciso. È il caso di Dante, con il quale polemizza simpaticamente, perché condanna Tiresia all’Inferno, tra i fraudolenti per aver frodato i suoi concittadini tebani con falsi vaticinii. Ma Camilleri maliziosamente fa notare che forse il moralista Dante era più scandalizzato per le metamorfosi sessuali che il personaggio Tiresia visse e che Camilleri precisa – fu costretto a subire per punizione di Zeus e non certo per sua esplicita voluttà.
Sarebbe lungo riferire tutti i riferimenti che egli intesse con i vari Autori. È vivamente raccomandato andare a vedere la proiezione cinematografica, di questa “pièce” teatrale, che può a ben diritto considerarsi come il testamento letterario e spirituale di Andrea Camilleri, autore entrato in punta di piedi nell’arengo letterario che si è conquistato un posto ragguardevole premiato dall’ammirazione sincera di milioni di lettori sparsi per il mondo.
Il finale è ad effetto. Ricordando il suo conterraneo Pirandello, Camilleri afferma che con questo sua “performance” si è realizzata la fusione tra persona e personaggio. Egli non ha interpretato Tiresia, ma egli si sente di essere Tiresia, capace di divinare il futuro. Ed, infatti, conclude invitando tutti a rivedersi nello stesso teatro di Siracusa tra cento anni. Memore delle sette vite che Tiresia vanta di avere. Non è che per caso egli voglia insinuare che potenzialmente siamo tutti dei Tiresia?
Carmelo Toscano
 
 

Malgrado Tutto, 6.11.2018
“In quella casa volevo farci un teatro”
Andrea Camilleri ci raccontò nel 2007 i ricordi dell’infanzia nella casa di campagna di Porto Empedocle crollata nei giorni scorsi a causa del maltempo. Doveva ospitare la Fondazione dedicata allo scrittore

Il maltempo è arrivato prima delle ruspe. Adesso il rischio di vedere quella casa ridursi in macerie è sempre più alto. Non una casa qualsiasi, ma un luogo importante per la formazione del più noto scrittore italiano, nato a Porto Empedocle. E’ la casa di campagna di Andrea Camilleri, la casa dei giorni lontani spesso raccontata dallo scrittore, che qui ha trascorso momenti felici dell’infanzia. E siccome noi siamo i nostri luoghi, come direbbe un noto antropologo, un po’ tutti dovremmo essere legati ai siti che in qualche modo ispirarono i grandi scrittori o i grandi personaggi in generale.
La notizia del crollo della parte centrale della casa di Camilleri, in contrada San Gisippuzzu, la casa dei “pellegrinaggi estivi” della famiglia materna dello scrittore, i Fragapane, che anni fa si disse destinata a sede di una Fondazione culturale dedicata alle opere dello scrittore, è la metafora del crollo di un sistema culturale e artistico della periferia siciliana poco tutelato. Basti pensare ai tagli sempre più corposi alla Cultura nei bilanci dei comuni, della regione (non parliamo delle province che di fatto non esistono più nemmeno per monitorare i collegamenti) e di tutte quelle istituzioni culturali che, nonostante tutto, reggono ancora tra mille difficoltà.
Della “sua” casa di campagna Camilleri parla di un luogo “grande e bellissimo”. Si trova a due passi dal centro abitato della Vigàta reale. Da ragazzo sognava di farci un teatro, un desiderio di grande valore affettivo per il novantenne papà del commissario Montalbano. Ce ne parlò nel 2007 in un’intervista dedicata proprio al ricordo di questa casa di cui proponiamo uno stralcio.
* * *
Camilleri, parliamo dei ricordi a Porto Empedocle in quella casa dei nonni , dove ha trascorso le estati della sua infanzia…
“Sa che porto nel portafogli?”
Cosa?
“Non ci sono le foto di mia moglie o dei miei figli o dei miei nipoti… c’è la foto di questa casa che tengo sempre con me”.
Vorrebbero farne un centro culturale…
“E’ una cosa molto bella, davvero. Anche perché mi pare che sia adatta per queste cose”.
Com’è?
“Grandissima. Pensi che ci abitavamo in tanti, grandi e piccini. Ci sono le cantine che sono grandi quanto tutta la casa, un unico spazio vuoto, come si facevano una volta. Quand’ero giovane volevo farci un teatro vero. Ma non avevo abbastanza soldi per realizzarlo”.
Un centro che raccolga le sue opere, la sua attività letteraria, un po’ come la Fondazione Sciascia a Racalmuto…
“Certo. Un luogo dove si respira cultura è sempre una cosa positiva”.
C’è un ricordo particolare che lo lega a questa campagna?
“Ce ne sono tantissimi. Ricordo mio nonno che quando si spostava dal paese per andare in estate in campagna si preparava come se dovesse affrontare un lungo viaggio. E si trattava di una manciata di chilometri”.
Salvatore Picone
 
 

Malgrado Tutto, 6.11.2018
Porto Empedocle. “Nonostante le macerie Vigata c’è e c’è pure Camilleri”
Iniziativa dell’Associazione “Oltre Vigata” alla riscoperta delle radici dello scrittore empedoclino e del vissuto che ne ha generato le storie.

L’appuntamento, annuncia l’Associazione “Oltre Vigata”, è per il prossimo 25 novembre. “Nel giorno conclusivo dell’ormai imminente settima “Fiera delle Associazioni – Un libro alla volta” verranno infatti riproposti i “Percorsi d’inchiostro” dopo lo straordinario successo dello scorso anno. Raduno in via Roma alle 9.30 e poi tutti in giro per Porto Empedocle fermandosi nel centro storico e in particolare nei luoghi dei romanzi del commissario Montalbano per assistere alla messa in scena di alcune scene clou tratte dai vari romanzi e dalla loro versione televisiva. Cadono gli imperi. Figuriamoci se non possano cadere le case. A Porto Empedocle è crollata la casa che fu di Andrea Camilleri. Una grande occasione perduta per le istituzioni. Le macerie però non hanno seppellito personaggi e storie del grande scrittore empedoclino. Quei personaggi in particolare, in attesa di tornare in TV, rivivranno il prossimo 25 novembre grazie alla nostra associazione”.
Il percorso previsto ha le caratteristiche di un un vero e proprio teatro di strada e a coordinarlo sarà l’attore Giugiù Gramaglia, interprete di alcuni episodi televisivi del “Commissario Montalbano”. Con lui ci saranno: Annagrazia Montalbano, Carmelo Salemi, Bernardino De Gregorio, Danilo Verruso, Marzia Quattrocchi, Alessandro Cutaia, Giuseppe Morreale, Giusy Baglio, Gero Sicurella, Rosalba Cortelli, Piero Travale, Meri Fiore e Pasquale Infantino.
“A Porto Empedocle vogliamo riappropriarci dei luoghi della letteratura Camilleriana – spiega Danilo Verruso, presidente di Oltre Vigata – Un impegno non indifferente per la nostra associazione. Un faro puntato sul disastrato centro storico empedoclino alla riscoperta delle radici di uno scrittore e del vissuto che ne ha generato le storie. Insomma, nonostante le macerie Oltre Vigata c’è e c’è pure Camilleri”.
 
 

La Nazione, 7.11.2018
Fabbriciani e la telefonata di Camilleri: "Voglio debuttare con te e il tuo flauto"
In scena al teatro Greco di Siracusa davanti a quattromila persone per la prima e unica messa in scena di "Conversazioni su Tiresia" ora al cinema. Il flautista aretino si racconta

Arezzo - Una telefonata inaspettata, soprattutto quando dall’altra parte c’è una voce inconfondibile come quella di Camilleri. E’ il 20 maggio e lo scrittore “padre” del commissario Montalbano chiama il flautista aretino Roberto Fabbriciani perché vuole debuttare come attore con lui e il suo flauto al teatro Greco di Siracusa l’11 giugno nella prima e unica messa in scena di “Conversazioni su Tiresia”. Un evento diventato un film, appena uscito nelle sale italiane, e che a marzo sarà anche un libro pubblicato da Sellerio. “Naturalmente mi ha colto di sorpresa - confessa Fabbriciani presentando il film al pubblico aretino al cinema Eden intervistato da Barbara Perissi - non ci ho dormito per giorni ma la cosa mi affascinava. Ho letto il testo, meraviglioso, ho studiato la partitura e la voce di Camilleri, così profonda”. Poche prove e subito in scena, buona la prima perché lì non puoi correggere, tornare indietro, rifare, davanti a quattromila persone, compreso Luca Zingaretti camuffato sotto un cappello con visiera.
“Per fortuna nella mia carriera ho avuto molte occasioni di duettare con scrittori, attori, poeti come Luzi e Montale, filosofi come Cacciari. Poi Camilleri mi ha confessato di essere un mio ammiratore, che mi ascolta sempre alla radio, mi ha fatto molto onore. L’ho avvisato che avrei usato suoni innovativi, che avrei sperimentato, ma lui già sapeva e ha accettato”. E’ nata una nuova coppia “non abbiamo provato molto perché con Fabbriciani ci siamo capiti subito e lo ringrazio per la sua eleganza” ha detto Camilleri in un’intervista, e non è escluso che dalla penna dello scrittore e dal flauto del maestro non nasca un nuovo progetto. Ma intanto il viaggio nel mito di Tiresia continua, alla scoperta di questo indovino cieco, presente in tutta la storia della letteratura, citato da Omero, Sofocle, Seneca, Dante, Eliot, Apollinaire, Virginia Woolf, Borges, Pound, Pavese, Primo Levi, da Woody Allen che lo fa apparire nel film “La dea dell’amore”, da Pasolini nell’Edipo Re e anche dalla musica dei Genesis che con “The Cinema Show” accompagnano l’ingresso di Camilleri sul palcoscenico. La persona Camilleri diventa il personaggio Tiresia, anche lui cieco, si racconta in prima persona in continui salti nel tempo, dall’antico ieri all’oggi, si diverte e si danna di essere stato una donna per sette anni, e si proietta nel futuro, anzi nell’eternità, quando augura a sé e al pubblico di rivedersi fra cent’anni.
Buona la prima, dicevamo, per uno spettacolo che dopo il cinema andrà in televisione, dove la musica è coprotagonista, riempie gli spazi, respira con l’attore-scrittore, sottolinea le parole, crea la scenografia del racconto. “Nel cinema ho lavorato con Rota e Morricone - ricorda Fabbriciani - ma qui era tutto dal vivo, in diretta, senza incisioni o correzioni, un valore aggiunto e una serie di rischi che mi hanno regalato una grande emozione. Sì, perché la musica qui non è un tappeto o una colonna sonora, è concertante Non è un accompagnamento musicale, qui il suono rafforza la parola, la drammaturgia, dà potenza al messaggio. Poi la voce di Camilleri è grave, anche per il fumo, è profonda, ricca di armonici, è un flauto basso che ho studiato scientificamente e ho cercato di rendere musicalmente. E’ un grandissimo comunicatore, ricordiamoci che è stato professore all’accademia di recitazione”. Una lunga carriera quella di Fabbriciani, un’agenda di contatti che basterebbero a creare decine di stagioni teatrali e concertistiche e grandi eventi. Ha lavorato al cinema, a teatro, ha tenuto concerti in tutto il mondo e in luoghi decisamente singolari come il teatro Epidauros o nella Cattedrale di sale dentro la miniera in Colombia, ha scritto un libro sulla sua esperienza teatrale e musicale, “Il flauto in scena”, “ma il momento più bello - confessa - è quando si suona, si comunica si dà un messaggio. Amo rischiare, rischio sempre, sarebbe grave non lo facessi. Il miracolo avviene quando si è rischiato e si è riusciti, io ci provo sempre, sia in un teatro grande come quello di Siracusa con 4mila persone sia in un teatro piccolo. Il mio maestro (Severino Gazzelloni ndr) diceva sempre che due persone sono già pubblico”.
Silvia Bardi
 
 

cinetvlandia.it, 7.11.2018
Conversazione con Tiresia, recensione dello spettacolo teatrale di e con Andrea Camilleri
E' al cinema in questi giorni lo spettacolo teatrale Conversazione con Tiresia: Cinetvlandia l'ha visto e vi propone qui di seguito la recensione.

Non basta una voce, ma basta la "sua" voce per rendere Conversazione con Tiresia uno spettacolo da ascoltare e guardare con fascino e entusiasmo. L'opera teatrale di Andrea Camilleri è uno di quegli eventi che il cinema propone e non bisognerebbe perderlo, per gustare soprattutto con le orecchie una voce che non ha tempo come la location dove si svolge il tutto, il maestoso teatro greco di Siracusa. Il celebre autore siciliano di romanzi amati come il commissario Montalbano è protagonista di uno show teatrale di quasi un'ora e mezza che racconta il mito greco dell'indovino Tiresia, le sue origini e di come nel tempo ha dovuto compiere il suo dovere, imposto dagli dei. L'intelligenza di Camilleri aggiunge molto a una storia che è antica e mitologica come quella greca, parla di Tiresia come di un personaggio che sarebbe potuto vivere anche ai giorni nostri e di come lo stesso ha collegamenti con la storia dell'uomo. Il mito di Tiresa rivive in uno spettacolo teatrale/cinematografico di assoluto incanto e bellezza, con una voce padrona dello spettacolo che è profonda e antica come lo stesso mito, piena di saggezza e un pizzico di ironia che non guasta mai.
La figura di Tiresia, mitico indovino cieco, presente in tutta la storia della letteratura, ha per molti anni incuriosito ed affascinato Andrea Camilleri. Nella sua Conversazione Camilleri – o lo stesso Tiresia? – dialoga con Omero, Sofocle, Seneca, Dante, T.S. Eliot, Apollinaire, Virginia Woolf, Borges, Pound, Pavese, Primo Levi, così come con Woody Allen, che fa apparire Tiresia ne La dea dell’amore, con il Pasolini dell’Edipo Re e con i Genesis de The Cinema Show, il brano sulle cui note si apre lo spettacolo. La ricerca dello scrittore si snoda attraverso le epoche per raccontare un personaggio che è stato compiutamente sia donna, sia uomo e che, come lo stesso scrittore, ha perso la vista.
Andrea Camilleri ammaglia il pubblico con le sue parole e la sua arte oratoria, dove mito e storia viaggiano a braccetto e dove gli stessi spettatori non vorrebbero mai che il tutto finisse. Novanta minuti di cultura ed eleganza verbale per uno spettacolo assolutamente da non perdere. Anche questo è cinema.
Giulio Cicala
 
 

Play4movie, 7.11.2018
La stagione della caccia, arriva il film tv: ecco cast e regista

Sono iniziate ufficialmente a Scicli, la splendida città barocca del Val di Noto, le riprese di La stagione della caccia, il film che porterà in tv il romanzo di Andrea Camilleri. Un lavoro in costume ambientato nella Sicilia del 1876, prodotto dalla Palomar e che andrà in onda il prossimo anno su Rai 1.
La prima location nella quale si sono battuti i ciak è Palazzo Mormino Penna, costruito nell’Ottocento dalla famiglia Penna. Un luogo che i fan dello scrittore di Porto Empedocle conoscono molto bene.
La stagione della caccia film in produzione
Palazzo Mormino Penna è già stata location di alcuni episodi del Commissario Montalbano, in particolare de Il cane di terracotta e La forma dell’acqua. Nel primo caso, il regista Alberto Sironi aveva usato gli interni per costruire il commissariato di Vigata. Nel secondo, la scena dell’intervista televisiva era stata realizzata proprio all’ingresso.
L’attore protagonista del film è Francesco Scianna. Siciliano doc, classe 1982, Scianna si divide da anni tra cinema, tv e teatro. Lanciato da Cristina Comencini nel suo Il più bel giorno della mia vita, ha poi recitato per Placido, Özpetek e soprattutto Tornatore, che l’ha voluto protagonista di Baarìa. In scena ha colpito il pubblico con Tradimenti di Harold Pinter. I telespettatori l’hanno amato in La mafia uccide solo d’estate e nei panni del cronista Mauro Licata di Maltese – Il romanzo del Commissario (ancora cliccatissimo su RaiPlay).
La stagione della caccia Palomar ha scelto il regista
Il regista di La stagione della caccia è Roan Johnson. Un scelta curiosa. Padre londinese e madre materana, Johnson è in realtà pisano perché cresciuto nella città della ceramica. Al cinema ha esordito nel 2011 con I primi della lista, basato sull’incredibile storia vera di Pino Masi (Claudio Santamaria), Renzo Lulli e Fabio Gismondi.
Nel 2016, la sua commedia Piuma venne subissata di fischi e grida di vergogna alla Mostra di Venezia. Il motivo? Roan aveva fatto ridere i critici. Una “colpa” che non gli hanno perdonato. Considerando la trama di La stagione della caccia, in tv gli andrà sicuramente meglio.
 
 
La stagione della caccia: la trama del film tratto da Camilleri
Morti, misteri e… erbe miracolose: la trama di La stagione della caccia è un concentrato irresistibile di commedia e poliziesco. Un puro distillato di Andrea Camilleri, che presto arriverà in televisione sotto forma di un film, prodotto da Palomar con Rai 1.
Protagonista della vicenda, tratta da una battuta registrata nell’Inchiesta sulle condizioni della Sicilia del 1876, è Alfonso La Matina, detto Fofò. Quest’uomo strano, altezzoso e riservato, è il figlio di Santo e arriva al porto di Vigata circondato dalle chiacchiere del circolo dei nobili del paese.
La stagione della caccia trama del film
Il geometra Fede, pettegolo dei pettegoli, scopre ben presto che Fofò è tornato a Vigata per proseguire il lavoro del padre. Prima di essere barbaramente ucciso, Santo curava un giardino “miracoloso” per conto del marchese Peluso. I frutti e le erbe che faceva crescere avevano effetti curativi incredibili.
Fofò apre una farmacia in paese usando proprio le erbe magiche del padre. Da quel momento, però, cominciano anche delle morti strane. Il primo è il padre del marchese Peluso, che sosteneva la sua ora fosse venuta perché si è aperta la stagione della caccia.
La stagione della caccia Camilleri e i suoi “tragediatori”
Rico, il figlio maschio tanto desiderato dal marchese, muore avvelenato dai funghi. Anche la signora madre Matilde scompare improvvisamente. Quando tocca al marchese Peluso, l’unica sopravvissuta della casata ed erede del patrimonio di famiglia rimane ‘Ntontò, la sola figlia femmina del marchese.
Tutte le morti sembrano dovute a cause naturali o ad accidentali disgrazie. E ovviamente, Alfonso La Matina, detto Fofò, ha giocato la sua parte. Edito da Sellerio, La stagione della caccia sviscera un argomento molto caro a Camilleri. Ovvero la sua idea dei siciliani come “tragediatori”, paghi soltanto quando fondono insieme la vita e la scena. La scelta di regista e cast per La stagione della caccia in tv è, in questo senso, davvero significativa.
 
 

Il Piacenza, 7.11.2018
Crolla l'edificio della Fondazione Camilleri: la burocrazia va per le lunghe, gli eventi atmosferici risolvono la pratica
Il pensiero di Carmelo Sciascia

In tutti i cinema d’Italia il 5, 6 e 7 novembre abbiamo assistito alla proiezione del film evento: “Conversazione su Tiresia”, di e con Andrea Camilleri. Oggi ho visto, al cinema Astor di Agrigento, lo spettacolo che lo scrittore aveva tenuto questa estate al teatro greco di Siracusa, a conclusione della programmazione di quest’anno. Il teatro siracusano è un luogo unico, il solo capace di trasmetterci l’emozione di duemila anni e più di storia della cultura classica greca. La proiezione di una rappresentazione su uno schermo cinematografico, non può darci le stesse emozioni. Questo vale per qualsiasi opera teatrale, figuriamoci per la recita di un monologo contemporaneo. Nonostante tutto l’indiscussa l’abilità comunicativa di un personaggio quale il novantatreenne scrittore, trasforma lo schermo in una arena dove l’ironia moderna ed il dramma antico riescono a fondersi. Il tema era Tiresia, una conversazione sull’indovino che ha attraversato tutta la letteratura, da Omero fino al novecento (Pavese, Levi, Pasolini). Lo spettacolo è stato un percorso di tutte le varie interpretazioni che del personaggio Tiresia si sono avute nel corso dei secoli, dai poeti latini a Dante, da Borges a Dürrenmatt. Camilleri in questo spettacolo non rappresenta il personaggio ma si immedesima in Tiresia, si identifica quasi con l’indovino perché come il personaggio greco è diventato cieco e la cecità a suo dire gli ha dato una maggiore capacità di capire la realtà, una “maggiore chiarezza di pensiero”, lo ha avvicinato a capire meglio il senso ed il significato di “eternità”.
Tutti hanno appreso del maltempo in Sicilia in questi giorni di novembre. La pioggia persistente e violenta ha causato vittime e danni ingentissimi alle campagne ed alle costruzioni. A Porto Empedocle ha causato il crollo del tetto e di parte di mura perimetrali della casa della nonna materna di Camilleri. Quell’immobile doveva diventare la sede della Fondazione Camilleri. La casa, una bella e pregevole costruzione borghese, si trova nella parte alta del paese, e contrasta con le sconclusionate costruzioni moderne che bisogna attraversare per giungervi. In quella casa vi aveva fatto capolino lo stesso Pirandello, cugino di sua nonna, in alta uniforme, così ce lo descrive Camilleri: “pensai fosse un ammiraglio, perché li avevo visti gli ammiragli vestiti in alta uniforme, la feluca, la mantellina, lo spadino, tutti i cosi d’oro qui sul braccio, invece era la divisa di Accademico d’Italia ma io non lo sapevo”. Pirandello aveva la sua casa al Caos, prospiciente al mare, nella strada che da Porto Empedocle conduceva al Capoluogo. Doveva diventare la casa della nonna di Andrea la Fondazione Camilleri, un’operazione da tutti attesa, se non altro avrebbe dato un po’ di dignità ad un quartiere tormento da una edilizia aggressiva e devastante.
Sarà stata una coincidenza, ma non è da sottovalutare il verificarsi di eventi concomitanti come questi. Da una parte si assiste alla recita di Camilleri, contemporaneamente crolla la casa dei suoi nonni, la futura Fondazione. Se ne discute da qualche decennio, si sa, la burocrazia va per le lunghe, nel mentre gli eventi atmosferici risolvono “la pratica”. Così come certi burocrati che, lasciando sui loro tavoli cataste di carte, aspettano che l’iter si risolva da solo con il consenziente muto trascorrere del tempo. Ho assistito hai due eventi, rappresentazione e crollo, e vi ho assistito da testimone diretto, trovandomi da quelle parti.
La nuova superstrada che dovrà collegare Agrigento a Caltanissetta, da anni in dirittura d’arrivo non è stata ancora completata, è stata battezzata dall’ANAS (su suggerimento di Felice Cavallaro giornalista del Corriere della sera) la strada degli scrittori. Alcuni dei paesi che potranno usufruirne hanno dato i natali a scrittori quali i già citati Pirandello e Camilleri, Sciascia (Racalmuto) e Russello (Favara). In realtà una vera e propria “Fondazione Luigi Pirandello” non è mai esistita e credo non esista, nemmeno una Fondazione Russello a Favara, la Fondazione che doveva essere realizzata per Camilleri è crollata, quella di Leonardo Sciascia è diventata una sterile cattedrale nel deserto. La strada degli scrittori è chiaro a questo punto che perde i pezzi. Speriamo allora che la strada statale 640 che doveva essere completata nel 2017 ed ancora in lavorazione non perda pezzi come le Fondazioni degli scrittori cui la stessa strada è dedicata. Sarebbe il colmo, anche se non mi sentirei di escluderlo del tutto che terminata l’opera (si spera, secondo previsione e promesse l’anno prossimo) si dovesse ricominciare da capo a lavorarvi per imprevisti lesioni strutturali.
Se Atene piange Sparta non ride!
Carmelo Sciascia
 
 

La Sicilia (ed. di Agrigento), 8.11.2018
PORTO EMPEDOCLE. Notificata ordinanza dopo crollo a causa del maltempo
Comune intima di mettere in sicurezza casa Camilleri

PORTO EMPEDOCLE. Il Comune ha intimato alla figlia di Andrea Camilleri, presidente della Fondazione intitolata al padre scrittore Andrea, di mettere in sicurezza ciò che resta del rudere che un tempo fu casa di famiglia. La famiglia Fragapane Camilleri per l'esattezza che nel 2013 cedette la proprietà del fabbricato già in malora al Comune. Comune che però, secondo quanto raccontatoci ieri dalla sindaco Ida Carmina, avrebbe riceduto l'immobile alla famiglia subito dopo la nascita della Fondazione intitolata al padre del commissario Montalbano. Un passaggio che sarebbe in corso di accertamento da parte dei tecnici degli uffici comunali, a conferma di come dietro al crollo dello "stabile" del 700 semi crollato sabato pomeriggio c'è un groviglio di responsabilità da accertare. Per non sapere ne leggere e ne scrivere, il Comune ha emesso una ordinanza con la quale invitano la famiglia dello scrittore a fare quello che non ha mai fatto nel corso dei decenni, lasciando in abbandono un fabbricato che nelle intenzioni di alcuni avrebbe dovuto e potuto diventare punto di riferimento culturale non solo per Porto Empedocle. In questo momento il Comune dunque intende rivalersi con la famiglia dello scrittore, ritenendola responsabile degli interventi necessari a ripristinare la sicurezza lungo il tratto della via Dello Sport rimasto off limit per diverse ore dopo il crollo. Sempre il Comune a quasi una settimana dal cedimento è impegnato nella ricerca di una possibile strada alternativa per i residenti della zona alta del quartiere. Il manufatto del settecento abbandonato da decenni dunque dovrà essere rimesso in condizioni di staticità minima dalla famiglia Camilleri, come non è mai accaduto in questi anni. La faccenda ha avuto com'era lecito attendersi una rilevanza nazionale e forse sarà solo grazie a questa pessima figura che i re-sponsabili di questo scempio dovranno per forza uscire allo scoperto, mettendo mano al portafogli e ripristinando quantomeno la sicurezza nella zona. Non resta dunque che attendere già nei prossimi giorni l'arrivo di mezzi e personale qualificato al puntellamento della villa abbandonata o la demolizione completa della stessa.
Francesco Di Mare
 
 

La Sicilia, 8.11.2018
Amarcord
Don Camillo e Peppone, nemici giurati

[...]
Se tornasse Guareschi come popolerebbe il suo spazio politico? A Guareschi succede Camilleri, cieco e rassegnato. Diversi i tempi, lontani i pacifici scontri, rassegnazione generata da stucchevole mediocrità.
Girolamo Barletta
 
 

La Stampa, 8.11.2018
Scampoli di vite d’artista: “I miei anni di taccuini diventano un copione”
Massimiliano Civica oggi al Cineporto di via Cagliari in anteprima nazionale

«Sono un appassionato di aneddoti, di storie di teatro e cinema e adoro la rubrica “Forse non tutti sanno che” della Settimana Enigmistica»: per questo è venuto naturale a Massimiliano Civica, autore e regista reatino classe 1974 con all’attivo tre Premi Ubu, riempire negli anni notes fitti di appunti. Ora ha deciso di tirarli fuori e con l’estratto farne un copione: «Mi è venuta voglia di raccordare i tanti frammenti di personaggi famosi, alcuni conosciuti e altri “incontrati” nei libri o nei documentari: le storie sono divertenti e credo raccontino un po’ la vita di tutti».
Per questo nasce «Scampoli», la conferenza-spettacolo che lo stesso Civica interpreta alle 19,30 al Cineporto (via Cagliari 42), in anteprima nazionale - la prima sarà poi a gennaio a Prato - e apertura del programma «Concentrica in Centro» a cura de La Caduta allestito fino al 17 novembre. E il sottotitolo produce curiosità immediata: «Da Robert Mitchum ad Andrea Camilleri» con svariati nomi famosi nel mezzo.
[...]
E nella raccolta di detti memorabili da appuntarsi in platea creando nuovi quaderni, ha un peso speciale il legame dell’autore con Andrea Camilleri, conosciuto all’Accademia d’Arte Drammatica a Roma: «È un maestro del pensiero, che si prende molto tempo quando racconta».
Tiziana Platzer
 
 

Siracusa Times, 9.11.2018
“La stagione della caccia”, a Marzamemi le riprese del film tratto dal romanzo di Andrea Camilleri

Ciak a Marzamemi. Oggi nel borgo marinaro giornata di riprese del film in costume “La stagione della caccia”, diretto da Roan Johnson, con protagonista Francesco Scianna. Prodotto da Palomar per Rai 1, il film è tratto dall’omonimo romanzo di Andrea Camilleri.
«Il nostro splendido borgo – ha dichiarato il sindaco, Roberto Bruno – continua ad essere set di film, serie e spot di marchi prestigiosi. Un interesse da parte delle case di produzione che si sta mutando, e i numeri ci stanno dando ragione, in un aumento vertiginoso del flusso turistico, poiché adesso Marzamemi è conosciuto e pubblicizzato in tutto il mondo».
Il film trae origine dal romanzo del 1992 dello scrittore siciliano Andrea Camilleri. L’autore delle storie del commissario Montalbano si ispirò a un battuta dell’inchiesta sulle condizioni sociali ed economiche della Sicilia (1875-1876). La location scelta dalla produzione comprende piazzale Balata e il porticciolo del centro storico della borgata.
 
 

Sicilia Oggi Notizie, 9.11.2018
Dal romanzo di Camilleri all’adattamento teatrale: Maruzza Musumeci al Teatro Selinus

Domenica 11 novembre, alle ore 17.30, andrà in scena al Teatro Selinus per la stagione 2018/2019 “Maruzza Musumeci” adattamento di Pietro Montandon, da un racconto di Andrea Camilleri, per la regia di Daniela Ardini, con Pietro Montandon, prodotto dall’associazione Lunaria Teatro di Genova.
Il mito è una fonte inesauribile di possibilità di interpretazioni del presente come nella storia di Maruzza Musumeci, raccontata con ironia e leggerezza nell’omonimo romanzo di Andrea Camilleri, dove ritornano i motivi classici della sirena – del suo canto che uccide – e di una vendetta covata per millenni contro un Ulisse dedicato ai campi.
«È un testo ricco di fascino – spiega Daniela Ardini, la regista – perché parla di cultura e tradizione popolare, e Camilleri l’ha impreziosito, aggiungendo citazioni colte e riferimenti alla mitologia e a scrittori come Pirandello».
Il protagonista Gnazio Manisco (una sorta di anti-Ulisse) ritorna dall’America senza mai guardare il mare, per dedicarsi a coltivare la terra. Acquista un campo che è come un’ isola sull’acqua e decide di sposarsi. La donna di cui si innamora perdutamente è bellissima e canta canzoni meravigliose che solo lui comprende. Da qui si dipanano una serie di eventi sorprendenti che coinvolgono personaggi radicati nella cultura siciliana, dalle più diverse caratteristiche, creati dalla maestria divertita dell’autore di Porto Empedocle.
 
 

Giornale di Sicilia, 10.11.2018
Si gira un film per Raiuno tratto dalla «Stagione della caccia»
Ciak a Scicli e Marzamemi nel segno di Andrea Camilleri

Pachino. Dalle parole di Andrea Camilleri allo splendore di Scicli e Marzamemi. I personaggi ideati dal celebre «papà» del commissario Montalbano per «La stagione della caccia», un libro che nacque da una battuta dell'inchiesta sulle condizioni sociali ed economiche della Sicilia (1875-1876) prenderanno vita tra le province di Ragusa e Siracusa per un film per la televisione che andrà in onda su Raiuno e avrà come protagonista l'attore palermitano Francesco Scianna. Le riprese per la pellicola prodotta da Palomar e diretta da Roan Johnson sono iniziate pochi giorni fa a Scicli. Per il primo ciak la produzione ha scelto la prestigiosa location di palazzo Mormino-Màssari che si affaccia su piazza Italia a Scicli. Gli interni del palazzo nobiliare con i suoi stucchi dorati in stanze dai parati colorati, identificativi dell'uso che all'epoca se ne faceva, non sono nuovi per la casa di produzione romana. È stato qui, infatti, che nel 1999 sono state girate alcune scene della serie televisiva del commissario Montalbano. La troupe è attesa nuovamente a Scicli la prossima settimana dove girerà all'interno dell'antica farmacia Cartia in via Francesco Mormino Penna, al palazzo Busacca in via Nazionale ed al cimitero cittadino. Le riprese si concluderanno il prossimo 7 dicembre, nel giorno di vigilia della festa dell'Immacolata. Insieme al centro del ragusano, la produzione del film tv ha scelto anche il borgo marinaro di Marzamemi, nella zona sud della provincia di Siracusa, come set per girare alcune scene. Marzamemi, e le sue bellezze, tornano così protagonisti di una produzione televisiva. «Il nostro splendido borgo - ha dichiarato il sindaco di Pachino, Roberto Bruno - continua ad essere set di film, serie e spot di marchi prestigiosi. Un interesse da parte delle case di produzione che si sta mutando, e i numeri ci stanno dando ragione, in un aumento vertiginoso del flusso turistico, poiché adesso Marzamemi è conosciuto e pubblicizzato in tutto il mondo». Le riprese del film a Marzamemi sono state realizzate nel piazzale della Balata, trasformata per l'occasione in una piazza della fine dell'Ottocento, e nel centro storico della Borgata. La pellicola, che sarà messa in onda su Raiuno, è tratta dal romanzo pubblicato nel 1992 nei «Quaderni della Biblioteca siciliana di storia e letteratura» ed edito da Sellerio. «La stagione della caccia» racconta di un farmacista che arriva a Vigata e di una serie di morti che si verificano di lì a poco, alcune delle quali vedono nei panni del killer proprio il farmacista, Alfonso La Matina, o meglio «Fofò».
Gaspare Urso
 
 

Webmarte.tv, 10.11.2018
Siracusa| Tancredi Di Marco, performer nella danza, da oggi anche al cinema e in tv
Dopo Billy Elliot, Tancredi Di Marco sarà Aldo Russo nel daily che va in onda ogni pomeriggio su Rai Uno alle 15,30 “Il paradiso delle Signore”. Dalla danza, al cinema, al teatro al doppiaggio, il giovanissimo performer siracusano è stato anche al fianco del grande Andrea Camilleri al Teatro Greco in “Tiresia” in questi giorni nelle sale cinematografiche di tutta Italia.

Per il lui il salto è stato davvero breve. Proprio come uno dei suoi tanti e straordinari grand jetè. Dalla danza al cinema e alla Tv. Tancredi Di Marco, a soli 12 anni, ha un curriculum irresistibile da vero performer.
[...]
E mentre Tancredi insegue il suo sogno, legittimo, della Grande Mela, proprio come il suo personaggio televisivo, si gode frattanto il meritato successo di critica e di pubblico dopo la sua performance al fianco di un grande del piccolo schermo e della letteratura: Andrea Camilleri.
Il celebre ed amatissimo “papà” del commissario Montalbano è comparso al cospetto del grande pubblico del Teatro Greco di Siracusa l’estate scorsa nella piece da lui scritta “Tiresia”, oggi in tutte le sale cinematografiche d’Italia. Prima ancora, il passaggio tv in Rai a “Che tempo che fa” di Fazio che ha regalato a Tancredi qualche minuto di celebrità quando è apparso sul video wall del popolare salotto televisivo mentre tendeva la mano a Camilleri.
[...]
 
 

La Sicilia, 11.11.2018
Il 14 novembre al Teatro Brancati
Filippo Mancuso e Don Lollò, ecco un'altra replica

Nuova replica, il 14 novembre, dello spettacolo «Filippo Mancuso e Don Lollò», la commedia che segna il ritorno insieme sulle scene di Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina.
Una pièce di grande successo scritta da Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale che sta riscuotendo un grandissimo successo per i due mattatori catanesi. Già a 4 giorni dal suo lancio, anche la replica aggiunta del 13 novembre è già sold out e il Teatro Brancati, ha così deciso una nuova replica, mercoledì 14 novembre alle ore 21.
Prodotta dal Teatro della Città - Centro di Produzione Teatrale, la commedia che tanto ha divertito in queste settimane il pubblico, collezionando una carrellata di sold out, è diretta proprio da Giuseppe Dipasquale. A fianco dei due grandi attori Musumeci e Pattavina, i bravissimi Margherita Mignemi, Riccardo Maria Tarci, Franz Cantalupo e i giovani Lorenza Denaro, Luciano Fioretto. Le scene sono dello stesso Dipasquale, i costumi delle Sorelle Rinaldi, le musiche del maestro Matteo Musumeci, le luci di Sergio Noè.
 
 

Sicilian Post, 11.11.2018
Sicilitudine
Cul­tu­ra e na­tu­ra: la Stra­da de­gli Scrit­to­ri, la gran­dez­za si­ci­lia­na in po­chi chi­lo­me­tri
Im­mer­ger­si den­tro e ri­vi­ve­re le pa­gi­ne dei no­stri gran­di au­to­ri è pos­si­bi­le: da Por­to Em­pe­do­cle a Cal­ta­nis­set­ta esi­ste un per­cor­so che rac­chiu­de i sim­bo­li più sfa­vil­lan­ti del no­stro ge­nio iso­la­no. Dal­la casa di Pi­ran­del­lo alle re­mi­ni­scen­ze che Por­to Em­pe­do­cle ha tra­smes­so al­l’im­ma­gi­na­ria Vi­ga­ta, pas­san­do, ol­tre­tut­to, per bel­lez­ze na­tu­ra­li­sti­che come la Sca­la dei Tur­chi e la Val­le dei Tem­pli, un viag­gio esi­sten­zia­le uni­co nel suo ge­ne­re

Vi pia­ce­reb­be im­mer­ger­vi in un’at­mo­sfe­ra che sem­bra usci­ta da un li­bro o dal set del vo­stro film pre­fe­ri­to? Ag­gi­rar­vi per luo­ghi ico­ni­ci per sco­prir­ne tut­ti i pic­co­li se­gre­ti che li ren­do­no così af­fa­sci­nan­ti? En­tra­re in una co­mu­nio­ne vi­sce­ra­le e qua­si spi­ri­tua­le con un pas­sa­to pre­sti­gio­so che an­co­ra oggi mo­stra le sue trac­ce in­de­le­bi­li? Se la ri­spo­sta a tut­ti que­sti in­ter­ro­ga­ti­vi è sì, in Si­ci­lia esi­ste una meta – anzi, un in­sie­me di mete, per es­se­re più pre­ci­si – che fa pro­prio al caso del vo­stro istin­to da av­ven­tu­rie­ri del­la cul­tu­ra. Stia­mo par­lan­do del­la stra­da sta­ta­le 640 (SS 640) che col­le­ga Por­to Em­pe­do­cle a Cal­ta­nis­set­ta. La si­gla iden­ti­fi­ca­ti­va di que­sto per­cor­so vi dice poco? For­se per­ché do­vrem­mo chia­mar­la col nome che da un po’ di anni a que­sta par­te l’ha resa ce­le­bre e ini­mi­ta­bi­le, ov­ve­ro La stra­da de­gli scrit­to­ri. In uno spa­zio di qua­si 75 km, in­fat­ti, è pos­si­bi­le ri­scon­tra­re una den­si­tà fuo­ri dal co­mu­ne di luo­ghi le­ga­ti alla let­te­ra­tu­ra no­stra­na. Un mi­lieu ine­di­to, for­se poco noto al gran­de pub­bli­co, che ci per­met­te di ri­vi­ve­re la vita, le ispi­ra­zio­ni e an­che i tra­va­gli di fi­gu­re chia­ve come Scia­scia, Pi­ran­del­lo, Ca­mil­le­ri, To­ma­si di Lam­pe­du­sa, Rus­sel­lo.
Im­ma­gi­na­te, dun­que, di es­se­re in mac­chi­na, di ave­re la com­pa­gnia giu­sta e di por­ta­re con voi qual­cu­na del­le ope­re più si­gni­fi­ca­ti­ve dei no­stri scrit­to­ri. Ad esem­pio, pen­sa­te di chiu­de­re gli oc­chi per ri­tro­var­vi ma­gi­ca­men­te nel­la Vi­ga­ta di Mon­tal­ba­no ed ecco che Por­to Em­pe­do­cle, luo­go na­tìo di Ca­mil­le­ri, vi mo­stre­rà in che modo lo scrit­to­re ab­bia at­tin­to da quei luo­ghi fa­mi­lia­ri; op­pu­re sta­te in guar­dia col vo­stro in­fal­li­bi­le ol­fat­to, per­ché da un mo­men­to al­l’al­tro po­tre­ste tro­var­vi a se­gui­re la scia del­le zol­fa­ta­re che ca­rat­te­riz­za­no la Ra­cal­mu­to scia­scia­na. Ma for­se pre­fe­ri­te qual­co­sa per pa­la­ti an­co­ra più fini, qual­co­sa che ha man­te­nu­to in­tat­to il suo mi­ste­ro e la sua sof­fe­ren­za ori­gi­na­ria: se a in­cu­rio­sir­vi sono luo­ghi del ge­ne­re, ecco che il Caos, lo­ca­li­tà na­ta­le di Pi­ran­del­lo, il cui nome ap­pa­ri­va allo stes­so au­to­re come il se­gno di un de­sti­no che lo avreb­be con­dot­to a por­ta­re alla luce i se­gre­ti più re­con­di­ti del­la psi­che uma­na, po­trà es­se­re di vo­stro gra­di­men­to. E che dire di Cal­ta­nis­set­ta, che Scia­scia fre­quen­tò come alun­no di Bran­ca­ti e come in­tel­let­tua­le ma­tu­ro e che de­fi­nì come “una pic­co­la Ate­ne” per la sua vi­va­ci­tà cul­tu­ra­le, che mo­stra an­co­ra oggi le in­se­gne di una gran­dez­za che fu?
Ma se que­sto as­sag­gio non ba­stas­se a ren­de­re l’i­dea, il pae­sag­gio na­tu­ra­le po­treb­be cer­ta­men­te fun­ge­re da ar­go­men­to di per­sua­sio­ne. Dove la tro­va­te, del re­sto, una stra­da che da un lato ti fa nuo­ta­re tra le pa­gi­ne del­la let­te­ra­tu­ra e dal­l’al­tro ti con­sen­te di am­mi­ra­re la Val­le dei Tem­pli, i gia­ci­men­ti di sale di Real­mon­te o la Sca­la dei Tur­chi? Qui, se ci è con­ces­so, cer­chia­mo di ri­spon­de­re noi: da nes­su­na par­te. Non esi­ste al­tro­ve un si­mi­le ag­gre­ga­to di luo­ghi che sap­pia co­niu­ga­re bel­lez­za na­tu­ra­le e gran­dez­za uma­na, che sap­pia tra­su­da­re sto­ria e at­tua­li­tà – ve­da­si an­che la gal­le­ria d’ar­te del Farm Cul­tu­ral Park di Fa­va­ra – in ma­nie­ra così con­cen­tra­ta, am­mi­ra­bi­le sia col mo­vi­men­to dei ca­pel­li al ven­to che con la sta­ti­ci­tà del­l’oc­chio in­can­ta­to di fron­te a un mo­nu­men­to. Ed è per que­sto che, qual­che gior­no fa, ha fat­to scal­po­re il crol­lo del­la casa dei non­ni di Ca­mil­le­ri, do­vu­ta al­l’on­da­ta di mal­tem­po che ha cau­sa­to an­che la tra­ge­dia di Ca­stel­dac­cia. Una casa che l’as­so­cia­zio­ne “La stra­da de­gli scrit­to­ri” in­ten­de­va tra­sfor­ma­re in una fon­da­zio­ne a lui de­di­ca­ta [In realtà il progetto nasce nel 2009, ben prima dell'ideazione della "Strada degli Scrittori", NdCFC]. Il pro­get­to non si fer­ma, cer­to, ma le dif­fi­col­tà ades­so sono no­te­vo­li, come no­te­vo­le è la tri­stez­za dei si­ci­lia­ni nel ve­de­re un pez­zo del loro cuo­re strap­pa­to via, una tes­se­ra del mo­sai­co ab­bat­tu­ta dal­la fu­ria cie­ca del­la na­tu­ra. In mez­zo alle me­ra­vi­glie che la Stra­da ci of­fre, c’è un vuo­to che va col­ma­to per con­ti­nua­re a go­de­re a pie­no di un sen­tie­ro che rac­chiu­de una me­ra­vi­glia tut­ta no­stra.
Jo­shua Ni­co­lo­si
 
 

La Repubblica, 12.11.2018
Palcoscenico
'Conversazione su Tiresia' torna in sala per un giorno
La versione cinematografica dello spettacolo di Andrea Camilleri di nuovo al cinema il 22 novembre. Il film verrà proposto nelle scuole con uno speciale progetto dedicato che permetterà agli studenti di prenotare esclusive matinée per la visione

Dopo la proiezione in 260 sale registrando oltre 45mila spettatori in tre giorni, Conversazione su Tiresia, la versione cinematografica dello spettacolo scritto e interpretato da Andrea Camilleri e prodotto da Carlo degli Esposti per Palomar e distribuito da Nexo Digital, torna al cinema solo per un giorno per una replica, il prossimo 22 novembre.
Andato in scena lo scorso giugno al Teatro Greco di Siracusa di fronte a 4mila spettatori, Conversazione su Tiresia è un racconto mitico, pensato, scritto e narrato da Andrea Camilleri che "cunta" la storia dell'indovino cieco, le cui vicende attraverso i secoli si intrecciano a quelle dello stesso scrittore. Quella serata unica e indimenticabile, a cura di Valentina Alferj, con la regia di Roberto Andò e le musiche dal vivo di Roberto Fabbriciani, si è trasformata in un evento speciale dedicato all'eccezionale performance dello scrittore al teatro greco, con riprese in alta definizione dirette da Stefano Vicario.
Il film, che per le sue tematiche si presta particolarmente a un percorso di approfondimento didattico, verrà proposto nelle scuole con uno speciale progetto dedicato, che permetterà alle scolaresche di prenotare esclusive matinée per la visione.
La figura di Tiresia, mitico indovino cieco, presente in tutta la storia della letteratura, ha per molti anni incuriosito e affascinato Andrea Camilleri. Nella sua Conversazione Camilleri - o lo stesso Tiresia? - dialoga con Omero, Sofocle, Seneca, Dante, T.S. Eliot, Apollinaire, Virginia Woolf, Borges, Pound, Pavese, Primo Levi, così come con Woody Allen, con il Pasolini dell'Edipo Re e con i Genesis di The Cinema Show, il brano sulle cui note si apre lo spettacolo. La ricerca dello scrittore si snoda attraverso le epoche per raccontare un personaggio che è stato compiutamente sia donna, sia uomo e che, come lo stesso scrittore, ha perso la vista. Il testo della Conversazione su Tiresia sarà in libreria il prossimo marzo a cura della casa editrice Sellerio.
 
 

La Sicilia, 12.11.2018
Cinema
Tiresia attraversa i secoli e incontra Andrea Camilleri
La trasposizione per il grande schermo con la regia di Stefano Vicario
Un lavoro ben ordinato che avvicina un pubblico più vasto all'eterno magniloquente universo del Teatro d'autore
La rappresentazione cinematografica, diretta da Stefano Vicario, si apre con una carrellata sul parterre che ordinatamente accoglie il numeroso pubblico al Teatro Greco. Il film riprende lo spettacolo andato in scena lo scorso 11 giugno a Siracusa per l'Inda

Una scenografia semplice, essenziale - se si escludono i discreti seppur estesi fondali - ma che ben si attaglia al personaggio austero e privo di sfaccettature altezzose nonché scevro da pleonastici protagonismi e la cui umiltà ne caratterizza la nobiltà d'animo: soltanto una poltrona dietro a un tavolino sul quale poggiano una lampada e alcuni testi. Presentato da Valentina Alferj - peraltro sua assistente e agente letterario, che ha curato la realizzazione dello spettacolo - Andrea Camilleri si presenta in scena con il consueto incedere caratteristico e il suo aspetto che suscita rispetto e reale, determinata concretezza, proprie della particolarità del personaggio.
La rappresentazione cinematografica, diretta da Stefano Vicario con riprese in alta definizione, si apre con una carrellata sul parterre che ordinatamente accoglie il numeroso pubblico nello splendido scenario del Teatro Greco (ricordiamo che il film riprende lo spettacolo andato in scena lo scorso 11 giugno a Siracusa nell'ambito del 54° Festival dell'Inda, con la regia di Roberto Andò), per poi concentrarsi sulla figura del protagonista adagiato sulla sua poltrona il quale s'immedesima immediatamente, senza sterili preamboli, nella sua incarnazione di Tiresia.
L'indovino cieco originario della mitologia greca, metafora e allegoria di svariati concetti e personificazioni, costantemente citato sin nella letteratura contemporanea, la figura di Tiresia ha attraversato i secoli rivestendo sempre un particolare fascino; da Sofocle, Omero, Ovidio, Seneca, sino ad Eliot, Apollinaire, Primo Levi, Borges... ma anche Woody Alien e i Genesis che ne tracciano la figura nel loro famoso brano "The cinema show", tratto dalll'album "Selling England by the pound" (che prelude allo spettacolo).
Andrea Camilleri, con il garbo e l'accattivante espressività mimica e verbale, nonostante la veneranda età di ben novantatré anni, affascina e coinvolge attraverso la sua composita, multiforme cultura e l'esperienza umana e artistica, compenetrandosi con profonda ed eloquente intensità nel personaggio chiamato a interpretare; dissertando con arguzia e ironia, con la sua voce profonda dall'accento inequivocabile, stabilendo un serrato seppur ideale, immaginario dialogo con svariati personaggi della letteratura, della poesia, della filosofia.
E, nel suo lungo e articolato monologo, disquisendo quindi con le metamorfosi della storia, trasforma il tutto, com'è nel suo peculiare stile, come fosse un racconto narrato dallo stesso Tiresia, in tutte le sue molteplici sfaccettature. Il mitico veggente che con lui condivide la cecità - "che suscita l'acuirsi degli altri sensi che suppliscono alla carenza visiva" - ma anche quella capacità che potremmo definire di "eclettico trasformismo" frutto di profonda esperienza che diviene saggezza, e che sprona a mettersi sempre in discussione.
In definitiva una trasposizione cinematografica di una opera teatrale, ben ordinata nei dettagli che avvicina un pubblico più vasto all'eterno magniloquente universo del Teatro d'autore.
Prodotto da Palomar di Carlo degli Esposti, distribuito da Nexodigital in collaborazione con Radio Dee-Jay, Mymovies e Sellerio Editore (che ne ha pubblicato un'edizione speciale, in libreria nel marzo 2019), il documentario sarà programmato su Rai Uno il prossimo marzo.
Ricordiamo che la performance scritta e interpretata da Andrea Camilleri con la regia di Roberto Andò, s'è avvalsa delle musiche di Roberto Fabbriciani - che ha costruito un tappeto sonoro imperniato sul flauto -, suoni di Hubert Westkemper, video di Luca Scarzella, luci di Ange-lo Linzalata. Prodotto dall'Istituto Nazionale del Dramma Antico e organizzato da Valentina Alferj.
Filippo Bonaccorsi
 
 

Doppiozero, 12.11.2018
Montalbano, siamo!

Ecco una nuova puntata di Montalbano. La stanza viene attraversata da lampi di luce azzurrina, da vecchia Tv con il tubo catodico. In questo caso però, a illuminare le nostre case, sono il mare e il cielo riflessi sulla pietra paglierina di una Sicilia barocca ma aspra, già in odore di Africa. E mentre lo spettatore siede sul suo divano low cost, si ritrova contemporaneamente a sorseggiare un calice di bianco gelido ai tavoli di Enzo ammare, con le onde a pochi metri dai tendoni azzurri mossi dal vento. La cosa ancora più straordinaria è che a Colchester, nella contea dell’Essex, una mia anziana conoscente sta guardando la stessa cosa, magari non la stessa puntata ma la stessa serie, con i sottotitoli in inglese e, tra una cucchiaiata e l’altra di porridge, si siede come noi ai tavoli da Enzo ammare. Su questo non possiamo non interrogarci perché, se un prodotto televisivo italiano, e in particolare il suo protagonista, può piacere contemporaneamente al pubblico italiano, già di per sé composito, e a un ottantenne dell’Essex, ciò vuol dire che possiede qualcosa che travalica i gusti nazionali accedendo a una dimensione molto più vasta.
Una convincente ed esaustiva spiegazione di questo successo ce la dà Gianfranco Marrone in un libro intitolato La storia di Montalbano (edizioni Museo Pasqualino 2018) che integra un’analisi del fenomeno, pubblicata dallo stesso Marrone nel 2003, con materiali e riflessioni nuovi. La figura del commissario, già famoso come personaggio letterario presso i cultori dei romanzi di Andrea Camilleri, diventa un vero e proprio “eroe sociosemiotico” con la serie televisiva, di quelli che, dice Marrone, perdono l’aggancio ai testi e ai loro autori e cominciano a confondersi con gli oggetti e le persone del mondo dell’esperienza. Ne sanno qualcosa i molti che hanno potuto addirittura dormire nel letto di Montalbano, a Punta Secca, sulla costa ragusana, dato che da anni la famosa casa sul mare del commissario, quando non utilizzata come set della serie, diventa un bed and breakfast a uso dei turisti. Poco più in là, si possono mangiare gli altrettanto famosi arancini in un bar che, naturalmente, si chiama “Gli arancini di Montalbano”.
Con ragionevole spesa, poi, sempre a Punta Secca, chiunque può pasteggiare a un tavolo dello stesso, riconoscibilissimo ristorante in cui abbiamo visto decine di volte il nostro commissario dimenticare le complicate indagini per dedicarsi alla buona cucina siciliana. Insomma, grazie soprattutto alla trasposizione televisiva, questo personaggio è diventato infinitamente più efficace, rispetto a qualsiasi assessore locale o agenzia turistica, nel rilanciare ex novo un’intera zona depressa della Sicilia meridionale e trasformarla in un brand, la “terra di Montalbano”.
Nella parte del libro di Marrone scritta quindici anni fa, il fenomeno che appariva più importante era l’intertesto mediatico. Montalbano circolava in un gran numero di altri testi: versioni radiofoniche, cartoni animati, fumetti di autori diversi, libri-intervista, infiniti articoli giornalistici, siti internet. In realtà, negli anni successivi, fino a oggi, è assolutamente preponderante la versione televisiva, incarnata da Luca Zingaretti, che è un caso molto interessante di “traduzione-tradimento”. Rispetto all’umbratile, baffuto, vecchieggiante Montalbano dei romanzi di Camilleri, questo attore presta al commissario un fisico brevilineo, un cranio rasato, delle gambe stortignaccole ma nonostante questi difetti (che lo rendono più vicino allo spettatore medio italiano) ha un aspetto capace di far sognare le spettatrici italiane di ogni generazione: sorriso accattivante, bei lineamenti, occhi chiari malandrini, e un modo di fare con le donne, fascinoso ma sfuggente, che lo rende una preda irresistibile.
Sempre, quando si passa dalle pagine di un romanzo a un adattamento filmico, il regista sceglie per noi l’aspetto che deve aver l’eroe o l’eroina. Come dice Umberto Eco (Dire quasi la stessa cosa, 2003) parlando della trasposizione cinematografica di Ritratto di signora di Henry James, “io rimango libero di immaginare Isabel come la Primavera di Botticelli, come la Fornarina, come una Beatrice di stampo preraffaelita, e persino (de gustibus…) come una madamigella d’Avignone. Invece nel film Isabel è interpretata da Nicole Kidman. Ho la massima ammirazione per questa attrice, che trovo indubbiamente bellissima, ma penso che il film apparirebbe diverso se Isabel avesse il volto di Greta Garbo o le fattezze rubensiane di Mae West.” Nel caso di Montalbano il tradimento è stato evidentemente fruttuoso in termini di gradimento presso il pubblico tanto che, come sottolinea anche Marrone, l’attore non è riuscito più a scrollarsi di dosso il personaggio. Senza contare tutto il contorno di caratteri da commedia dell’arte: il vice Augello, l’ispettore Fazio, il centralinista Catarella, la fidanzata Livia, il medico legale Pasquano, insomma una galleria di tipi che trascende le storie. L’invenzione narrativa infatti, come dice ancora Umberto Eco, è solo una delle componenti della mitopoiesi. Tra gli esempi di Eco, c’è quello del tenente Colombo, le cui storie erano ripetitive al massimo e si conosceva fin dall’inizio l’assassino. Ma il pubblico le seguiva sempre con passione per vedere lui, il tenente dall’occhio di vetro e dal trench smandrappato, muoversi con astuzia attorno l’assassino upperclass di turno e inchiodarlo alle sue responsabilità.
Del resto, la feconda continuità fra gli studi Eco e quelli di Marrone per quanto riguarda questi eroi massmediatici è confermata dalla recentissima ripubblicazione degli scritti di Eco sulla televisione, e curati non a caso proprio da Gianfranco Marrone (Sulla televisione. Scritti 1956-2015, La nave di Teseo, 2018; cfr. anche in Doppiozero, Gianfranco Marrone, Intervista impossibile Umberto Eco). L’esempio di Colombo, anche qui contenuto, è forse quello più paragonabile, nella storia recente dei telefilm, al caso Montalbano. Come si è già accennato, anche il nostro Salvo, pur nelle attraenti vesti di Zingaretti, è un eroe tutt’altro che perfetto. Le rassegne stampa riportate da Marrone ci mostrano come il pubblico percepisca questo personaggio come un uomo dalle molte sfaccettature, a volte contraddittorie: “Macho, rude ma agnellino con le donne”, “un uomo ma non un macho”, “un protagonista ma non un vincente”, “problematico ma amante delle cose semplici, “riflette sulle passioni ma cerca di capirne le ragioni”, “focoso e passionale ma anche negoziatore e calcolatore”, “simpatico ma burbero”, “affronta il mondo con feroce tenerezza”, “meditabondo, cupo, introspettivo ma anche strepitosamente allegro, ironico e tagliente”, ecc. ecc. Insomma, conclude Marrone, un uomo-ossimoro, “che vive le passioni, le crisi, le debolezze e gli eroismi, le contraddizioni e le rivincite della gente comune” (p. 87).
Nelle analisi contenute in questo libro, della cui ricchezza e precisione non posso dar conto qui, ma che indico come imprescindibili per chiunque voglia cimentarsi nell’analisi seria di una fiction televisiva, Marrone indaga anche le motivazioni profonde dell’agire di Montalbano. Esse non sono legate ai valori formali della legalità ma a quelli di una giustizia più umana, fondata sui sentimenti delle persone coinvolte. Quindi, pur perseguendo i criminali, quelli che infrangono la legge, Montalbano cerca soprattutto di combattere i cattivi, cioè quelli che sopraffanno i deboli. Si tratta, come si vede, di figure archetipiche, che ritroviamo anche nella cronaca più recente, se pensiamo al sindaco di Riace, Mimmo Lucano, forse non perfettamente in regola con le procedure, ma animato da un profondo anelito umanitario.
Il Montalbano di Alberto Sironi, che firma la regia delle serie dalla fine degli anni Novanta, mantiene le sue radici nell’opera di Camilleri ma, come anticipato, se ne emancipa per quanto riguarda gli aspetti più crepuscolari, che non avrebbero probabilmente incontrato un successo così vasto. L’eroe dei romanzi di Camilleri infatti è un uomo in declino, depresso, che vive in una Sicilia descritta come degradata dal crimine e dagli abusi edilizi. Paradossalmente, più che a Montalbano, assomiglia ai protagonisti di polizieschi televisivi attuali come I bastardi di Pizzo Falcone, con Alessandro Gassman, e Rocco Schiavone, con Marco Giallini, eroi esistenzialmente più spiegazzati e sofferenti rispetto al Salvo Montalbano di Zingaretti. Quest’ultimo infatti, a parte qualche parentesi più introspettiva, sembra sempre al centro di quello che uno psicoanalista un po’ pop definirebbe un tourbillon libidico: fisico super tonico spesso inquadrato a torso nudo, cibo, vino, donne che tentano di sedurlo (e spesso ci riescono), paesaggi struggenti, esotici, dove il degrado paesaggistico quasi non esiste e, dice Marrone, “avviene la costruzione mediatica di un ‘senso del luogo’ che potremmo definire mitologico, sganciato cioè da ogni imperativo rappresentazionale ma comunque produttore di significazione” (p. 180)
A mio avviso, il successo straordinario della serie ha portato, negli anni, a enfatizzare aspetti più commerciali, più attenti al gradimento del pubblico. Nelle ultime tre, quattro stagioni, le vittime sono quasi sempre giovani donne bellissime, di cui vengono mostrati con dovizia di particolari i corpi discinti e martoriati. Anche i resoconti autoptici del medico legale sono ricchi, in questi casi, di particolari macabri e scabrosi, come nella più deleteria cronaca nera dei nostri giornali quando si tratta dell’assassinio di ragazze.
Dove porterà questa tendenza? Non lo sappiamo. Nel frattempo, stagione dopo stagione, vedremo invecchiare il nostro eroe, poiché i miti non tramontano ma gli attori in carne e ossa sì. E tuttavia, grazie alle infinite repliche (seguite ogni volta da milioni di telespettatori), Montalbano si ritroverà sempre un doppio corpo, come i re studiati da Ernst Kantorowicz: quello caduco di Luca Zingaretti e quello televisivo, eterno, che solcherà per noi il Mediterraneo con bracciate immutabilmente vigorose.
Maria Pia Pozzato
 
 

Il Resto del Carlino, 12.11.2018
Coliandro, il fascino dello sfigato. "Piace tanto perché è uno di noi"
Torna su Raidue l’ispettore interpretato da Giampaolo Morelli. Fra i personaggi femminili c’è Iva Zanicchi. La serie è ambientata a Bologna

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Cosa succederebbe se Coliandro incontrasse Montalbano?
«Gli direbbe: “Minchia, Montalbano! Tu hai la vita facile, a te va tutto bene nella vita...”».
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Piero Degli Antoni
 
 

il Sicilia.it, 13.11.2018
Primo appuntamento mercoledì 14 novembre
Dagli antichi greci ai social, passando per i “pizzini” mafiosi. A Palermo il “Festival della parola”

Gli antichi greci usavano le epigrafi come noi oggi usiamo i social. La mafia ha sempre usato un suo codice e un altro ne ha inventato Andrea Camilleri nel suo leggendario commissario Montalbano. Il linguaggio, infatti, cambia e il suo percorso racconta la storia dell’uomo. A quest’evoluzione è dedicato il Festival della Parola, la manifestazione promossa dall’assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, che dal 14 al 23 novembre, si svolgerà in alcuni musei siciliani.
“I musei sono per eccellenza le case della cultura – sottolinea l’assessore dei Beni Culturali, Sebastiano Tusa – contenitori ideali per percorsi che siano in grado di unire tradizione e modernità e che sappiano attirare fasce sempre nuove di utenti. Il linguaggio è l’espressione culturale che ha caratterizzato la storia dell’uomo e la sua capacità di comunicare che era e resta universale”.
Il primo appuntamento sarà, mercoledì 14 novembre all’Arsenale della Marina Regia, in via dell’Arsenale a Palermo, con l’appuntamento dedicato ad Andrea Camilleri e al suo linguaggio che rimanda all’immenso patrimonio del dialetto siciliano e alla straordinaria rivisitazione compiuta dal papà del commissario Montalbano. La parola di Montalbano in un reading e una perfomance teatrale che vede in scena Cocò Gulotta – recente interprete di testi di Camilleri su Rai1 – accompagnato dalle sonorità mediterranee di Dario Sulis.
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Lupokkio.it, 13.11.2018
Conversazione su Tiresia – Film in streaming in italiano
La trama di Conversazione su Tiresia
Regia di Roberto Andò. Di e con Andrea Camilleri. Documentario. Dura 85 minuti.

Si apre con una frase dal sapore melvilliano, «Chiamatemi Tiresia!», questa conversazione siracusana con Andrea Camilleri. Il richiamo al mitico profeta tebano sta nel fatto che il grande scrittore siciliano è ormai cieco.
Questo “spettacolo” un po’ sui generis è stato scritto e interpretato dallo stesso Camilleri ed è andato in scena per l’appunto al Teatro Greco di Siracusa l’estate scorsa. Ad ascoltare il geniale inventore di Montalbano c’erano quattromila persone.
L’incontro col pubblico era organizzato dentro al ciclo di rappresentazioni classiche allestite dall’Istituto Nazionale del Dramma Antico.
Il racconto di Camilleri ha il passo e il respiro del mito. Si snoda lungo i secoli attraverso la storia dell’indovino cieco, le cui vicissitudini si annodano a quelle dello stesso autore originario di Porto Empedocle.
Chi ha visto lo spettacolo dal vivo potrà riconoscersi nell’esperienza filmata e chi non lo ha visto avrà la bella sensazione che qualcosa di magico stia accadendo davanti ai suoi occhi: che la “quarta parete” per incanto non esista più e che davvero si stia assistendo a una conversazione qui e ora, nel tepore di un’estate della Magna Grecia.
C’è chi ha il dono di catturare subito l’attenzione di chi ascolta e Camilleri, che non a caso ha importanti trascorsi teatrali, è una di queste persone fortunate. Ti prende e quando arriva la fine vorresti che ricominciasse.
 
 

15.11.2018
I tacchini non ringraziano

Sarà in libreria il 19 novembre il nuovo libro di Andrea Camilleri, edito da Salani, con i disegni di Paolo Canevari.
 
 

TerzoBinario.it, 16.11.2018
Alla Melone la bellissima intervista di Fabio Fazio ad Andrea Camilleri
“Insegnare a ragionare. Non è facile al giorno d’oggi, quando l’appeal degli slogan, soprattutto quelli che solleticano gli istinti più bassi, vengono diffusi alla velocità della luce tramite i social e nessuno vuole avere più il tempo di dedicare qualche istante in più a riflettere: è troppo più facile ripetere le cose false, ma che ci fanno credere di essere superiori.
Alla “Melone” si rema contro. Come piccolo esempio, qualche giorno fa i ragazzi della 2I hanno ascoltato in classe la bellissima intervista di Fabio Fazio ad Andrea Camilleri del 28 ottobre scorso. I ragazzi hanno ascoltato, hanno riflettuto ed hanno scritto una relazione contenente i loro pensieri che pensiamo sia giusto far conoscere.

Qualche giorno fa abbiamo visto in classe, col professor Nobile, l’intervista fatta dal conduttore televisivo Fabio Fazio allo scrittore Andrea Camilleri, divenuto famoso in tutto il mondo per aver scritto i gialli che raccontano del commissario Montalbano.
Il dialogo è durato venti minuti, ma in quel poco tempo il narratore ha parlato di molte, moltissime cose, di argomenti molto importanti su cui abbiamo riflettuto profondamente, come dovrebbero fare tutti.
Lo spunto è stato il racconto di uno spettacolo svolto lo scorso 11 giugno al teatro greco di Siracusa dal titolo “Conversazione su Tiresia”, in cui lo stesso Camilleri aveva portato sulle scene un monologo da lui composto. In esso, il romanziere siciliano si paragona proprio a Tiresia, anzi lo impersona. Ma chi è Tiresia? È un personaggio della mitologia greca che aveva ricevuto, in dono da Zeus, la capacità di prevedere il futuro e la possibilità di vivere sette vite; senza sapere però quando queste sarebbero state vissute, quindi, in un certo senso, il personaggio è eterno. Camilleri si è immedesimato con Tiresia perché, come quest’ultimo, anch’egli ora è cieco e come Tiresia “da quando non ci vede più, vede le cose assai più chiaramente”, ha affermato.
Camilleri ha poi spiegato che esiste una grande differenza tra “guardare” e “vedere”. Molte persone si fermano al solo atto del guardare, ossia si fermano all’apparenza, ma non vedono. Questa frase sembra semplice, ma il suo significato molto profondo ci ha colpiti. Quante volte abbiamo guardato senza vedere, cioè senza comprendere! Vedere significa, infatti, impegnare non solo gli occhi, ma tutto noi stessi. Ad esempio, non basta guardare un quadro di un grande pittore. Bisogna vederlo, cioè bisogna “entrarci dentro”, comprendere cosa abbia voluto dirci con i suoi tratti i suoi colori. Senza lo studio che ci aiuta a conoscere, spesso non vediamo nulla, ci limitiamo ad osservare.
Legato a questo tema è anche la contemporaneità in cui, grazie a internet e alle webcam, si può guardare tutto il mondo, ma troppe immagini veloci rendono il tutto confuso, non si ha la possibilità di decifrare tutti i segni del presente. Lo scrittore ha chiarito che questo è inevitabile perché il nostro sguardo è limitato e se si guarda tutto il mondo, il mondo non lo si vede più: vedere tutto significa non vedere niente, c’è solo una gran confusione. Come si può comprendere ciò che dice una persona, se insieme a lui parlano in 100 contemporaneamente?
“Noi siamo ciò che sentiamo e ciò che diciamo”, affermava nel monologo il grande letterato, dobbiamo essere consapevoli di noi stessi e di ciò che enunciamo, dando importanza alle parole che escono fuori dalle nostre labbra.
Sfortunatamente, questa cosa si sta perdendo molto, stiamo abbandonando la misura, il peso ed il significato delle parole, di vocaboli che, se usati scorrettamente e senza pensare, possono seminare illusioni, delusioni, tristezza e malinconia; perciò, prima di parlare, è meglio pensare a quel che dobbiamo dire. Le parole sono semi, le parole sono sassi e si possono trasformare in pallottole.
Successivamente Fazio, dopo aver menzionato l’opera di Primo Levi “La chiave a stella”, in cui un capitolo è proprio dedicato Tiresia, ha mostrato un video in cui la sopravvissuta al campo di sterminio di Auschwitz, la senatrice a vita Liliana Segre, parla dell’indifferenza, sua peggior nemica, che è a un passo dal fascismo. Camilleri, come Liliana Segre, è contro il razzismo, l’antisemitismo, l’intolleranza e l’istigazione all’odio e alla violenza. Ha sostenuto che le parole della senatrice dovrebbero essere scritte all’entrata di ogni scuola, perché il futuro è in mano a noi ragazzi, è in mano ai giovani e alle generazioni future, che hanno il compito di cambiare il mondo di oggi, soprattutto in questo periodo, in cui l’odio si sente palpabile e presente intorno a noi.
Bisogna far cessare il vento dell’odio presente nell’aria, ha affermato con veemenza, e si è chiesto: “ma perché, ma perché, ma perché l’altro è diverso da me? L’altro non è altro che me stesso allo specchio!”.
Camilleri ha concluso affermando che “stiamo educando la gioventù all’odio perché abbiamo perso i valori della vita” ed ha citato la recente notizia di cronaca del pazzo che, entrando in una sinagoga a Pittsburgh, negli Stati Uniti, al grido di “Ebrei dovete morire!”, ha sparato uccidendo 11 persone. Si è retoricamente chiesto come sia possibile abbassarsi a questi livelli: “Peggio degli animali! Che hanno la fortuna di non parlare” è una fortuna esser ciechi in questo periodo e non vedere “tante facce ributtanti che pronunciano certe parole”.
Lo scrittore conclude, però, dichiarando di non voler morire “male”, cioè con “l’umor nero del tramonto”, non vuole morire col pessimismo, ma con la speranza che i suoi figli, i suoi nipoti e pronipoti vivano in un mondo di pace, perché il futuro è solo “loro”, è solo nostro, ce l’abbiamo nelle mani, basta accorgersene.
Quest’intervista a tratti poetica è stata molto commovente; crediamo sia un buon esempio per noi e per tutti e le sue parole sono state di aiuto e di riferimento. Parole su cui riflettere, attentamente, da riascoltare più volte, per farle entrare bene in testa e sperare in un futuro migliore”.
Classe 2I tempo prolungato
 
 

Napoli Magazine, 17.11.2018
LIBRI - Andrea Camilleri e Mario Vegetti inaugurano la nuova collana di Guida editori

Arrivano lunedì in libreria i primi due titoli della nuova collana della Guida editori, “Falsi originali”. Sono “La novella che non fu mai scritta” di Giovanni Boccaccio, firmata da Andrea Camilleri, e “Lettera agli amici d’Italia” di Platone, firmata da Mario Vegetti. La collana, diretta da Giovanni Casertano, propone classici di filosofia, di letteratura, di storia, antica e moderna, ma anche contemporanea con una specifica originalità: le opere presentate sono “falsi”, “riscritture” di opere note o come “invenzioni” di opere mai scritte dagli autori considerati classici dalla nostra tradizione culturale. Volumi di scrittura agile e spigliata che, riprendendo stile e linguaggio di autori classici, possano costituire un’occasione insieme di divertimento e di riflessione su quei temi che da sempre hanno costituito l’orizzonte della nostra riflessione: l’uomo e le sue passioni, i rapporti che lo legano agli altri ed alla “città” in cui vive, il suo sforzo di costruirsi conoscenze nei vari campi del sapere, le sue vittorie e le sue sconfitte, la sua nobiltà e la sua miseria.
[In effetti si tratta della ristampa de "La novella di Antonello da Palermo", NdCFC]
 
 

La Repubblica, 18.11.2018
Storie. Il Thanksgiving di Camilleri
Tacchini di tutto il mondo unitevi
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Un nuovo libro.
Ma stavolta il papà di Montalbano si sposta (anche) in America.
Per raccontare del giorni in cui, come questo giovedì, fanno tutti festa: tranne chi finisce in forno...
Il libro e l'autore
I tacchini non ringraziano è l'ultimo libro di Andrea Camilleri (1925): una raccolta di racconti autobiografici e ironici (uno lo anticipiamo qui) che hanno gli animali come protagonisti. Sarà in libreria per Salani da domani, lunedì 19 novembre (190 pagine, 15,90 euro). Camilleri incontrerà i lettori a Milano il 27 novembre (ore 18.30) al Teatro Franco Parenti

Negli Stati Uniti, ogni quarto giovedì di novembre, è festa grandissima perché si celebra il Thanksgiving Day, vale a dire il giorno del Ringraziamento. I Padri Pellegrini, quelli che erano sbarcati dal Mayflower, dopo il primo, abbondante raccolto fatto l'anno appresso al loro arrivo, decisero di ringraziare il Signore mettendo in tavola un grosso tacchino, animale prima a loro sconosciuto ma molto molto apprezzato dopo averlo visto mangiare agli indiani.
Da quel giorno la tradizione vuole che su ogni tavola imbandita nelle case degli americani troneggi un tacchino farcito grasso e dorato appena tirato fuori dal forno. Ma non solo: il grande piatto che lo contiene è arricchito da variopinti contorni, bandierine, golosità varie. Al suo apparire in sala da pranzo scoppia sempre l'entusiastico applauso dei presenti. Esso è insomma una specie d'ospite d'onore.
Milioni di tacchini dunque, ogni quarto giovedì di novembre, ci lasciano letteralmente, e non metaforicamente, le penne.
Apro una piccolissima parentesi. Sempre in America, al tempo della guerra tra gli Stati del Nord e quelli del Sud, a Gettysburg, si combatté una sanguinosissima battaglia che lasciò migliaia di cadaveri sul campo. A lungo rimasero insepolti e diventarono quindi preda dei corvi. I quali non si dimenticarono mai più di quei pasti abbondanti, tanto è vero che, anche i loro discendenti, per decenni e decenni continuarono a presentarsi, ogni mattina, nel campo ch'era stato teatro della battaglia con la speranza di trovare nuovo cibo fresco. Insomma, la memoria di quella straordinaria mangiata si era indelebilmente impressa nel loro Dna.
Ma, chiusa la parentesi, rimane aperta una domanda: com'è che nel Dna dei tacchini, dopo quasi quattrocento anni, non si è incisa quella data che segna annualmente la loro ineluttabile strage?
Mi è capitato di vedere, in un documentario, centinaia di migliaia di tacchini in attesa di essere ammazzati, spennati e squartati.
Non si rendevano minimamente conto di quale terribile destino li aspettava da lì a poche ore. Negli occhi sbarrati di tanti animali portati al macello m'è capitato di leggere il terrore per la prossima fine, forse sentivano l'odore del sangue delle vittime che li avevano preceduti.
I tacchini invece non davano il minimo segno d'irrequietezza.
Stupidità assoluta o suprema dignità?
Più ci ragiono e più mi viene da pensare che possa trattarsi di suprema dignità. Perché, se gli americani quel giorno ringraziano, i tacchini non hanno nessun motivo di ringraziare.
E infatti, a memoria d'americano, non c'è mai stato un tacchino che, prima d'essere ammazzato, abbia chiesto la parola per dichiarare, anche a nome dei suoi colleghi, di essere lieto d'immolarsi per contribuire alla felicità degli americani.
Sia lode dunque alla dignità dei tacchini che muoiono ma non ringraziano. Mentre ci sono tanti capi di Stato che, invitati al tavolo del potente alleato americano come ospiti d'onore, fanno la stessa fine dei tacchini. E loro, oltretutto, ringraziano.
Andrea Camilleri
 
 

Avvenire, 18.11.2018
Intervista
Parla Camilleri. Gli animali della mia infanzia e la Verità
A colloquio con lo scrittore siciliano che nel nuovo libro di racconti si ispira alla sua gioventù e ai suoi incontri nella natura. L'intenso rapporto col dialetto e... col Gesù dei Vangeli
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«Il dubbio resta sempre». Potrebbe essere la sintesi dell’opera di Andrea Camilleri. Delle indagini del commissario Montalbano, delle fantasmagorie sulla storia di Vigata, delle divagazioni tra arte e letteratura che sembrano condurre sempre allo stesso punto: a chiedersi - a spiare, direbbe uno dei suoi personaggi - se possiamo fidarci di quello che pensiamo di sapere. Interrogativo legittimo per uno scrittore cresciuto all’ombra di Pirandello (Porto Empedocle, dove Camilleri è nato nel 1925, è la “Marina” di Agrigento), ma che questa volta si manifesta in un contesto abbastanza inatteso. I racconti raccolti in I tacchini non ringraziano (con i disegni originali di Paolo Canevari. Salani, Pagine 190, Euro 15,90, in libreria da domani) hanno per protagonisti animali di ogni specie, dai gatti innamorati ai maiali ubriaconi, passando per lepri astutissime e cardellini fedeli alle amicizie. «Molto spesso – spiega lo scrittore, che il 27 novembre sarà al Teatro Franco Parenti di Milano per un incontro con i lettori – siamo portati a ritenere che le scimmie siano più vicine a noi esseri umani, ma è il mondo animale, nella sua interezza, a rispecchiarci».
Da quando lo pensa?
«Da quand’ero ragazzino. Sa, nella campagna della mia infanzia era normale intrattenersi con una lucertola o prendere a mani nude un serpente, un biscione. Era un rapporto da pari a pari».
È per questo che nelle sue storie gli animali provano sentimenti simili ai nostri?
«Sono convinto che siano sentimenti elementari, che accomunano tutti gli esseri viventi. Certo, per noi umani la questione diventa più comples- sa, perché a differenziarci dagli animali interviene la parola, che è una spada a doppio taglio: ci dà la sensazione di esprimerci con chiarezza, ma nello stesso tempo apre la porta all’interpretazione. Il corpo, invece, comunica in maniera più diretta, univoca. Non credo, per esempio, che il cinguettio di un uccello lasci spazio all’ambiguità. Ma non posso esserne sicuro, si capisce. Il dubbio rimane, rimane sempre».
Qual è l’origine di questi racconti?
«Li scrivevo quando avevo voglia, quando mi veniva il desiderio di ricordare uno dei tanti animali che hanno popolato la mia esistenza. In casa ne abbiamo sempre avuti: cani, gatti, canarini, pappagalli. Le mie figlie sono cresciute in questa specie di zoo e sono felice che abbiano recepito questo amore. Anche da loro, adesso, gli animali non mancano mai. Più invecchiavo, invece, e meno me la sentivo di prendermi cura di altre creature. Era come se non ne avessi più il coraggio. E allora mi sono messo a raccontare le loro storie».
C’è un animale al quale è particolarmente affezionato?
«Durante l’infanzia la mia più grande amica è stata una capretta girgentana che mi aspettava in campagna, dai nonni, durante le vacanze. Ma c’è stata anche una gallina con la zampa di legno. Però, adesso che ci penso, non vorrei averle dato un’impressione sbagliata». In che senso? «Le ho detto che non tengo più animali, ed è vero. Ma quando vado nella mia casa di campagna, in Toscana, lascio sempre un po’ di cibo a disposizione dei randagi, che ormai sanno di trovare da me un buon ricovero. Non parlano, d’accordo, ma in un certo senso si passano la parola. A me fa piacere, perché mi tengono compagnia».
Come mai questi racconti non sono scritti nel suo siciliano?
«Nel mio vigatese, intende? Perché sono favole. Che si possono raccontare in dialetto con esiti meravigliosi, ne sono consapevole. Ma io non ci riuscivo, per quanto ci provassi. Probabilmente perché per me il dialetto è la lingua della realtà, mentre nelle favole il registro è più universale, meno soggetto ai cambiamenti che possono intervenire nel tempo».
A che cosa si riferisce?
«Al fatto che la lingua di cui mi servo per i romanzi è una costruzione che ho continuato a raffinare negli anni e che è quasi diventata indipendente dalle mie intenzioni di inventore. A volte mi capita di riprendere un libro che risale, mettiamo, a una decina di anni fa e mi viene da riscriverlo da cima a fondo. La considero una grande soddisfazione: è la conferma che sono riuscito a fare, almeno in parte, quello che mi ero prefisso».
Dipende anche dal fatto che ora lei detta i suoi testi anziché scriverli direttamente?
«Non ritengo che questa abitudine, dovuta alla perdita della vista, abbia influito sul mio stile. Qualche critico mi fa osservare che semmai la mia lingua è come ringiovanita. Sarà perché l’assistente a cui detto, Valentina Alferi, ha molti anni meno di me. Può essere che qualcosa della sua gioventù si trasmetta alla mia lingua».
Che cosa significa per lei essere uno scrittore civile?
«L’impegno, se così vogliamo definirlo, sta nella scrittura stessa, nell’onestà alla quale ci si deve attenere nel momento in cui si mette mano alla pagina. La dimensione civile scaturisce da qui e può assumere forme diverse: il tentativo di interpretare l’eterna complessità italiana nei romanzi storici, l’intervento sulla cronaca in alcuni articoli che mi sento di scrivere anzitutto più come cittadino che come romanziere».
L’estate scorsa lei ha impersonato l’indovino Tiresia al Teatro Greco di Siracusa. Lo ha fatto per intuire l’eternità, ha detto.
«A 93 anni è un pensiero inevitabile: ci si accorge che qualcosa si sta avvicinando e non si sa bene che cosa sia. A me piace chiamarla così, “eternità”. In teatro, a Siracusa, mi pare di averne davvero intuita l’essenza. Camminavo sulle stesse pietre calpestate da Eschilo, si rende conto? Questa è una forma possibile di eternità».
Qual è il suo rapporto col cristianesimo?
«Sono stato e continuo a essere un lettore attentissimo dei Vangeli, che considero tra i libri più belli che siano mai stati scritti. E concordo con la celebre affermazione di Benedetto Croce: non possiamo non dirci cristiani, almeno per quanto riguarda la condivisione di alcuni valori fondamentali. Che poi si sia credenti o non credenti è un altro discorso. Ma quei valori sono assoluti, irrinunciabili».
Quali sono?
«Li riassumerei in un’unica parola: verità. “Io sono la via, la verità e la vita”, afferma Gesù di se stesso. Ma avrebbe anche potuto limitarsi alla verità, che comprende ogni altro valore ».
Su questo non ha dubbi?
«No, su questo no».
Alessandro Zaccuri
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 18.11.2018
Intervista
"I professori trasformano i libri in accademia, gli scrittori leggono mossi da libertà e spirito critico
Elvira Sellerio è stata una grande editrice perché era una grande lettrice"
Salvatore Silvano Nigro “Manzoni e Sciascia mi hanno insegnato ad amare la letteratura e non le cattedre”

[...]
Chi sono gli scrittori italiani più manzoniani?
«Sciascia, Pasolini e Camilleri».
[..]
Salvo Fallica
 
 

Istituto Italiano di Cultura di Lione, 20.11.2018
Film Gli Arancini di Montalbano di Alberto Sironi
Martedì 20 novembre alle ore 19:00.
Goethe-Loft - 18 rue François Dauphin - 69002 LYON
Entrata gratuita. Prenotazione sul sito internet dell’Istituto Italiano di Cultura www.iiclione.esteri.it o al numero 04 78 42 13 84.

Alberto Sironi s’ispira all’omonimo libro di Andrea Camilleri, nel quale il commissario Montalbano si rifiuta di andare a Parigi con la fidanzata Livia per festeggiare Capodanno; decide allora di trascorrere la serata con Adelina, la sua governante, la quale prepara per questa occasione una cena a base di squisiti arancini. Tuttavia, il comissario dovrà indagare sulla morte di una coppia caduta in un burrone a bordo della loro automobile.
Versione originale sottotitolata in francese. Durata 93 min - Italia 2002.
Attori: Luca Zingaretti, Cesare Bocci, Peppino Mazzotta, Katharina Böhm, Isabell Sollman.
 
 

In3minuti, 20.11.2018
Percorsi d’Inchiostro, sulle orme del Commissario Montalbano

7^ Fiera delle Associazioni “Un Libro alla Volta”, Domenica 25 novembre: Percorsi d’Inchiostro sulle orme del Commissario Montalbano
Appuntamento alle 10.30 in via Roma e poi in giro per Porto Empedocle.
Il Presidente dell’Associazione Culturale Oltre Vigata Danilo Verruso, per l’occasione “Commissario Montalbano”, l’attrice Annagrazia Montalbano, la Guida Narrante Marzia Quattrocchi, l’attore-regista Giugiù Gramaglia e tutti gli altri attori vi aspettano per una rappresentazione teatrale itinerante all’aperto. Ascoltateli
 
 

Più libri più liberi, 21.11.2018
Ecco gli autori italiani di #piulibri18!

In un momento di grande crisi sociale, politica e ambientale Più libri più liberi sceglie di rimettere al centro del suo programma l’essere umano, i suoi diritti e la sua dignità. Grandi autori italiani si alterneranno nelle sale della Nuvola per affrontare queste tematiche.
[...]
Per poter trattare con efficacia le tematiche che toccano il presente, però, è di fondamentale importanza non perdere mai il contatto con il proprio passato; Andrea Camilleri dialogherà con Salvatore Silvano Nigro sul grande capolavoro di Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi (Sellerio).
[...]
 
 

Italiani, 21.11.2018
Libri: la recensione breve di Valerio Calzolaio
Gli arancini di Montalbano

Montalbano è… nato nel 1960, poliziotto da varie parti e da un po’ a Vigàta, fidanzato con Livia (che prevalentemente resta a Boccadasse), baffuto (nonostante il bel Zingaretti), invidiato soprattutto per Enzo (la trattoria del pranzo) e Adelina (la governante per la cena pronta in frigo). Andrea Calogero Camilleri (Porto Empedocle, Agrigento, 1925) narra sempre in terza fissa su Salvo, opere pensieri sogni mangiate. Accanto ai romanzi, gli dedica racconti. Dei 20 di “Gli arancini di Montalbano” pubblicati quasi venti anni fa, 4 erano già stati parzialmente editi, due su riviste e due su quotidiani. Quasi sempre ispirati a fatti di cronaca nera, si gioca e si riflette non solo su crimini, più o meno sgangherati; anche il complotto comunista, il questore poco persuaso dal criminologo francese Marthes, il centralinista Catarella che risolve casi a suo modo, Montalbano che telefona all’autore; personaggi, lingua e stile che conosciamo, amiamo e rileggiamo sempre con voluttà.
v.c.
 
 

Sicilian Post, 21.11.2018
In evidenza
Da una pian­ta fino al dia­let­to: ecco come na­sco­no i “cab­ba­sì­si” cari a Mon­tal­ba­no
Resa ce­le­bre dai ro­man­zi di Ca­mil­le­ri, la pa­ro­la, in ori­gi­ne, sem­bra ave­re tut­t’al­tro si­gni­fi­ca­to, dal mo­men­to che sta­va ad in­di­ca­re un tu­be­ro com­me­sti­bi­le si­mi­le alle ghian­de. Il mo­ti­vo del­lo slit­ta­men­to di sen­so? Pro­ba­bil­men­te la sua for­ma…

Chi ha una cer­ta fa­mi­lia­ri­tà con il si­ci­lia­no, o an­che solo con i ce­le­ber­ri­mi li­bri di Ca­mil­le­ri, avrà sen­ti­to al­me­no una vol­ta nel­la vita l’e­spres­sio­ne: nun ci rùm­pi­ri i ca­bas­sì­si, tra­du­ci­bi­le in una for­mu­la neu­tra in ita­lia­no con non rom­pe­re le sca­to­le, seb­be­ne sia fa­ci­le in­tui­re che nel dia­let­to del­la Si­ci­lia oc­ci­den­ta­le la fra­se ha una sfu­ma­tu­ra più co­lo­ri­ta. I ca­bas­sì­si (o ca­ba­sì­si), però, non na­sco­no come pa­ro­lac­cia che stia ad in­di­ca­re gli or­ga­ni ge­ni­ta­li ma­schi­li, anzi.
La loro ori­gi­ne è da fare ri­sa­li­re al ter­mi­ne cab­ba­si­sa, che de­ri­ve­reb­be dal­la for­ma in lin­gua ara­ba habb ‘aziz, poi per ag­glu­ti­na­men­to di­ve­nu­ta habb`aziz, cabb`aziz, cab­ba­zis e, in­fi­ne, cab­ba­si­sa. La voce avreb­be si­gni­fi­ca­to al­l’e­po­ca “bac­ca ri­no­ma­ta” e, nel 1300, ne par­lò an­che Leo­ne Afri­ca­no, de­fi­nen­do que­sto cibo “un frut­to di gros­sez­za come un ra­dic­chio, ma pic­co­lo come fave, il qual suc­cia­no, ed è dol­ce come man­dor­le e si usa in tut­to il re­gno di Tu­nis”. Nel­lo spe­ci­fi­co, si trat­ta­va del Cy­pe­rus escu­len­tus, una pian­ta ori­gi­na­ria del­l’A­fri­ca che met­te dei pic­co­li tu­be­ri ova­li, dal sa­po­re si­mi­le a quel­lo del­le noci o del­le man­dor­le ama­re.
Nel­l’i­ta­lia­no dei no­stri gior­ni è co­no­sciu­to come ci­pe­ro o zi­go­lo dol­ce, e si trat­ta di un tu­be­ro che a Pan­tel­le­ria per an­to­no­ma­sia è sta­to as­so­cia­to alle ghian­de, do­po­di­ché, da qui, alle fa­mi­ge­ra­te “par­ti in­ti­me” del­l’uo­mo. Una pa­ro­la non trop­po di­ver­sa esi­ste­reb­be in dia­let­to ve­ne­zia­no, in cui i ba­gi­gi sono tan­to le bac­che quan­to le noc­cio­li­ne ame­ri­ca­ne, e per non an­da­re trop­po lon­ta­no an­che nel­la Si­ci­lia nord-orien­ta­le è at­te­sta­to il so­stan­ti­vo bab­ba­gi­gi, come d’al­tron­de lo è an­che in ita­lia­no.
Li­và­ri­si dai cab­ba­sì­si, quin­di, ov­ve­ro to­glier­si di tor­no e smet­ter­la di dare fa­sti­dio, è un sin­tag­ma do­po­tut­to com­pren­si­bi­le al pri­mo ascol­to, per quan­to cu­rio­so e poco noto nel­la sua eti­mo­lo­gia. In­clu­so an­che nel­la can­zo­ne A Vuc­ci­ria, del com­pian­to can­tau­to­re pa­ler­mi­ta­no Mas­si­mo Me­lo­dia, è or­mai un vero e pro­prio se­gno lin­gui­sti­co di­stin­ti­vo del­l’i­so­la, ol­tre che un tu­be­ro an­co­ra usa­to per in­sa­po­ri­re al­cu­ni piat­ti del­la cu­ci­na me­di­ter­ra­nea.
Eva Luna Mascolino
 
 

Zoom Magazine, 22.11.2018
Awards & Events
Premio Louis Braille: Elisa Isoardi al timone della nuova edizione

Il prossimo 3 dicembre, all’Auditorium della Conciliazione di Roma, torna il Premio Louis Braille: la cerimonia di premiazione di questa nuova edizione, che sarà trasmessa su Rai 1 il 27 dicembre, sarà condotta da Elisa Isoardi.
In attesa della cerimonia – che si svolge sotto l’alto patrocinio del Parlamento Europeo e con il patrocinio di Regione Lazio, del Comune di Roma e di Rai – il primo riconoscimento è stato consegnato ad Andrea Camilleri nella sua abitazione romana da Mario Barbuto – Presidente Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti.
Ideato dall’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti il Premio Braille è stato istituito 23 anni fa per ringraziare e offrire un riconoscimento a personalità e istituzioni che si sono segnalate per la loro opera in favore della categoria. L’edizione 2018 è organizzata e prodotta da Tiziana Rocca, da sempre vicina ad associazioni e istituzioni che si prodigano per il bene altrui.



Il Presidente Barbuto ha motivato così la consegna del premio Louis Braille a Camilleri: “Al Maestro Andrea Camilleri che da sempre con la sua scrittura ci racconta personaggi fantastici, eppure tanto vivi e reali; che oggi, con le sue riflessioni, ci dona anche una prospettiva nuova e stimolante sui segreti e sul senso della cecità”.
 
 

Il Sole 24 Ore, 22.11.2018
A Roma la Fiera della Piccola Editoria
Oltre mille autori per Più Libri più liberi

Abraham Yehoshua, Andrea Camilleri, Gianrico Carofiglio, Zerocalcare, Joe R. Lansdale, Patrice Nganang, Pinar Selek, Michael Dobbs, Paolo Giordano, Philippe Forest, Michela Murgia, Fabio Stassi, Luciano Canfora, Giorgio Agamben: ecco alcuni tra gli oltre 1.200 autori che saranno presenti a Roma a Più libri più liberi, la diciassettesima edizione della Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria, promossa e organizzata dall'Associazione Italiana Editori (AIE) in programma dal 5 al 9 dicembre. Il fil rouge di tutta la manifestazione sarà quello di un “nuovo umanesimo”, inteso come la riaffermazione di una humanitas che implica anche - e soprattutto - un profondo senso di solidarietà fra le persone.
Gli autori italiani
Il 9 dicembre Andrea Camilleri sarà l'ospite d'onore della presentazione del volume di Salvatore Silvano Nigro La funesta docilità. Il libro è un'appassionata inchiesta sui Promessi Sposi.
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La Sicilia, 22.11.2018
Agrigento
L'empedoclino Giugiu Gramaglia nel nuovo film di Rai 1 "La stagione della caccia"
L'attore prenderà parte, nelle vesti del custode del cimitero, ad una delle opere storiche più amate di Andrea Camilleri

L’attore empedoclino Giugiu Gramaglia torna sul set televisivo di Rai 1 per partecipare alle riprese del nuovo film ,tratto dall’omonimo romanzo di Andrea Camilleri, "La stagione della caccia".
Ispica e Scicli, in provincia di Ragusa, le splendide location del film ambientato nell‘800 e prodotto dalla ‘’Palomar’’ sapientemente diretto da Roan Johnson, che ha come protagonista Francesco Scianna . Il personaggio che interpreta Giugiu’ e’ quello del ‘’custode del cimitero’’ di Vigata.
Dopo i due episodi della serie "Il Commissario Montalbano" e "La Scomparsa di Pato" questo film è il quarto lavoro televisivo tratto dai libri di Andrea Camilleri ai quali partecipa Giugiu Gramaglia.
Ricordiamo che l’attore empedoclino sarà in scena a teatro venerdì 23 novembre alla ’’Torre Carlo V’’ di Porto Empedocle, con lo spettacolo "Cuntu e cantu" insieme all’associazione Musicale ‘’Diapason’’, in occasione della manifestazione ‘’Fiera delle associazioni un libro alla volta’’, organizzato dall’Associazione culturale "Oltre Vigata".
Gaetano Ravanà
 
 

La Sicilia, 22.11.2018
Agrigento
De Giovanni: "Affascinato dalla Valle dei templi e dalla Scala dei Turchi"
L’autore dei romanzi gialli “I bastardi di Pizzofalcone” è tra i pochi fortunati ammessi a frequentare Andrea Camilleri e adora Pirandello

È rimasto profondamente affascinato dalla bellezza della Valle dei Templi e della Scala dei Turchi. Afferma di essere tra i pochi fortunati ammessi a frequentare Andrea Camilleri e adora Pirandello.
Stiamo parlando di Maurizio De Giovanni, l’autore dei romanzi gialli “I bastardi di Pizzofalcone”, da cui è tratta l’omonima fiction in onda su Rai Uno.
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- Ed Andrea Camilleri?
“Andrea Camilleri è il punto di riferimento assoluto e perenne per chiunque scriva romanzi neri, una Stella polare da tenere ben presente. Non esista scrittura nera italiana che possa prescindere dalla via tracciata dallo scrittore agrigentino. Io ho l’onore di conoscerlo e di coltivarne l’amicizia. Sono tra i pochi fortunati ammessi ad andarlo a trovare e sono fierissimo di questa amicizia. Le posso assicurare che lo straordinario scrittore è secondo alla meravigliosa persona. Tutte le volte che lo vedo mi sento più felice ed appagato. Lui è fantastico, mi dà dei consigli validissimi per il mio lavoro. È un attento osservatore dei tempi ed un grande conoscitore della storia . Ha una grande esperienza di scrittore trasposto in televisione. Abbiamo, anche parlato del suo periodo da funzionario Rai e mi ha raccontato meravigliosi aneddoti su De Filippo, Cervi e la Magnani. È stata una serata di quelle che si vorrebbe non finissero mai. Sono orgoglioso e felice di avere accesso alla sala da pranzo di un grande uomo come Andrea. È facile volersi bene avendo avuto in comune la bellissima esperienza di aver vissuto dalle vostre parti.”
- Nei vostri incontri parlate di Agrigento?
“Certamente, come tutte le volte che vado da lui; ma anche di Porto Empedocle e del suo legame enorme con quei luoghi. E del mio legame enorme con quei luoghi ( sottolinea con forza). Con i ricordi abbiamo ripercorso quel territorio ricco di storia, di arte e di cultura: la Valle dei Templi, Eraclea, la Scala dei Turchi. E poi la strada che costeggia il mare che va da Porto Empedocle a Palma di Montechiaro fino a Licata. I luoghi veri della sua scrittura e dei suoi ricordi. Un territorio carico di una umanità generosa. La nostra amicizia è figlia del comune amore per una terra meravigliosa che rimane nel sangue anche da lontano”.
- Camilleri ha visto la fiction?
“Da maestro e amico era contento del successo de “I Bastardi di Pizzofalcone”. Conosce i miei libri, come anche la moglie, la signora Rosetta. Abbiamo parlato dei libri più che della fiction. Tutti e due convenivamo sul fatto che tra essere sceneggiatore, attore o regista, la cosa più bella è l’essere scrittore di romanzi. Un lavoro autonomo ed individuale, ed io sono largamente felice per questo”.
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Luigi Mula
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 22.11.2018
Il silenzio di Pirandello e l'appello di Quasimodo nel giorno del Nobel

Raccolti i discorsi pronunciati dai premiati all'Accademia reale di Svezia Netta la differenza di comportamento dei due letterati siciliani Il modicano parla da autore civile, l'agrigentino tace per non esaltare Mussolini
Un discorso pronunciato, come da protocollo, e uno eluso, volutamente scongiurato. Il primo è quello tenuto da Salvatore Quasimodo, in occasione dell'assegnazione del Nobel per la letteratura nel 1959, adesso raccolto assieme ad altri trentotto in un prezioso volume dal titolo "Per amore del mondo.
Discorsi politici dei premi Nobel per la letteratura". L'altro è il discorso che Luigi Pirandello non fece l'8 novembre del 1934, quando gli venne conferito il prestigioso riconoscimento dall'Accademia di Svezia "per il suo audace e ingegnoso rilancio dell'arte drammatica e scenica".
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L'ipotesi, avvalorata di recente anche da Andrea Camilleri, è assai suggestiva: Luigi Pirandello forse rinunciò al discorso ufficiale di ringraziamento per il Nobel, gesto certo poco usuale e contro il rituale, per evitare di proferire parole di encomio nei confronti del regime fascista.
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Salvatore Ferlita
 
 

Oltre Vigàta
7^ Fiera delle Associazioni "Un libro alla volta", 23-25.11.2018

 

 
 

Mangialibri, 23.11.2018
La mossa del cavallo
Autore: Andrea Camilleri
Genere: Romanzo Giallo
Editore: Sellerio 2017

Autunno 1877. Giovanni Bovaro [In realtà Bovara. L'errore è ripetuto per tutto l'articolo, NdCFC] arriva a Montelusa: è stato nominato ispettore capo ai mulini. I suoi due predecessori, Tuttobene e Benedicò, non hanno avuto vita facile occupandosi di questa incombenza. Anzi. Bovaro è nato a Montelusa e poi, ancora bambino, si è trasferito a Genova. Conosce il siciliano (non benissimo) anche se pensa da genovese. Il suo arrivo crea scompiglio nel piccolo paese siculo. I suoi metodi “del nord” non piacciono ai cittadini, che lo trovano freddo e distante. Giovanni sta solo imparando a conoscerli e vuole soprattutto svolgere in maniera corretta il suo lavoro. Vivrà a Vigata, nell’appartamento libero di donna Tirisina. La donna, conosciuta da tutto il paese, è rimasta vedova da molto poco e ha una storia (nota a chiunque) con il parroco del paese, patre Carnazza. Giovanni lo intuisce subito ma preferisce tenere un profilo basso. Quello che invece scopre, guardando tra le carte dei suoi predecessori, è una truffa seria, portata avanti per anni, per non pagare la tassa sui mulini imposta dal nuovo governo. Bisogna cercare di capire da chi sia stata ordita la truffa, chi metodicamente ci guadagni (Giovanni capisce che di certo si tratta di più di una persona) e quanta gente sia coinvolta. In sella al suo cavallo Giovanni compie perlustrazioni notturne, mette il naso dove non dovrebbe, diventando immediatamente “scomodo”. Bisogna fermarlo. Lasciare che tutto resti immutato. Come riuscirci? Basta incastrare il nuovo arrivato e accusarlo di un (im)probabile omicidio…
Andrea Camilleri, che non ha bisogno di presentazioni, nel 1999 pubblica con Rizzoli La mossa del cavallo, ora riedito da Sellerio con una nuova prefazione in occasione dell’uscita della fiction televisiva tratta dal romanzo. L’autore siciliano ci porta indietro nel tempo, al 1877, quando la Sinistra storica appena arrivata al governo impose la famosa “tassa sul macinato” che tanto fu discussa e odiata specialmente al sud. Montelusa e Vigata anche nel 1877 sono per noi, che abbiamo amato tutti i romanzi di Montalbano, un ritorno a casa, un modo per immaginarci quei luoghi due secoli fa. Giovanni Bovaro, novello Montalbano, scopre, suo malgrado, un giro di mazzette (eh sì, anche duecento anni: fa certe cose sembrano non cambiare mai) che coinvolge molti personaggi politici famosi, tanti contadini e persone umili che devono sottostare ai ricatti per poter sopravvivere. Decide di denunciare ciò che sta accadendo e… viene fermato nel peggiore dei modi. Lo accusano di avere una relazione con donna Tirisina e di aver ammazzato il parroco. Tutto sembra incastrare il giovane funzionario dello stato. Eppure, quando tutto sembra perduto, Giovanni riesce a dimostrare la sua innocenza. Sarà una vittoria, una liberazione, anche se sarà realmente difficile inchiodare i veri colpevoli. Camilleri scrive un giallo storico perfetto, accattivante, interessante, che ci fa rimanere sempre con il fiato sospeso. I suoi personaggi riescono a strapparci sempre un sorriso, a diventare parte della famiglia, tanto che, alla fine, spiace proprio chiudere il libro. Una lettura leggera e piacevole, da gustare con calma, per rilassarsi e sospendere le nostre ansie per qualche ora.
Serena Adesso
 
 

WebMarte, 23.11.2018
Siracusa| Teatro Comunale, si apre la stagione “di qualità”. Garantisce l’Inda
Ricco il calendario degli spettacoli al Teatro Comunale Siracusa, molte le eccellenze siracusane, fondamentale la collaborazione con l’Inda. Si inizia il primo dicembre alle 18 con “Luce e Verità, Aldo Moro e la fine della Politica in Italia”. Lectio Magistralis di Marco Damilano.

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Il 21/22 dicembre "Filippo Mancuso e don Lollo'" di Andrea Camilleri e Giuseppe Di Pasquale, con Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina.
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ilSicilia.it, 23.11.2018
Una ricerca gustosa
Sulle tracce del Commissario Montalbano: tra i set della serie e il “divin cibo siculo”

La vostra Patti Holmes si è messa sulle tracce del Commissario Montalbano, icona erotica delle donne sicule che, alla sua vista, non direbbero più come Monica Vitti, nella “Ragazza con la pistola”, capolavoro di Mario Monicelli, al suo Macaluso Vincenzo: “Di mammo sono” o “Una motta stai baciando“. Anzi, probabilmente, sarebbe il timido Montalbano ad arrossire e indietreggiare. D’altronde, e per fortuna, i tempi sono cambiati.
Dopo questo tumulto dei sensi, iniziamo questo viaggio nella sicilianità, toccando i luoghi della serie e assaggiando i cibi che il famoso Commissario ama. Fiato alle trombe e partiamo.
Arrivati a Ragusa Ibla si è catapultati all’interno di un microcosmo, quello creato ad arte dal grande Andrea Camilleri, fatto di storie di paese che si intrecciano tra di loro. Case semplici, che profumano di genuine prelibatezze, e dimore aristocratiche, invece, di opulenza e raffinatezza con grandi saloni che ricordano gli antichi fasti. La città antica, con oltre cinquanta chiese, numerosi palazzi in stile barocco, il Giardino Ibleo, custodisce degli scavi che, secondo diversi storici, sarebbero identificabili con l’Hybla Heraia. Nel 1865 il quartiere, staccatosi amministrativamente dal resto della città, divenne comune autonomo e prese il nome di Ragusa Inferiore, nome che mantenne fino al 1922 quando fu cambiato proprio in Ragusa Ibla. Nel 1927 si riunì al comune di Ragusa.
Gesualdo Bufalino, così descriveva Ibla: «Bisogna essere intelligenti per venire a Ibla, una certa qualità d’animo, il gusto per i tufi silenziosi e ardenti, i vicoli ciechi, le giravolte inutili, le persiane sigillate su uno sguardo nero che spia». Se vi sentite di appartenere a questa categoria dello spirito, questo è il viaggio che fa per voi. Ibla, che in dialetto ragusano è chiamata Iusu, inferiore, per distinguerla da quella superiore è, per i pochissimi che non lo ricordassero, Vigata e la sua piazza principale, un rettangolo allungato che termina nella scenografica fuga di scalini che portano alla cattedrale di San Giorgio, è apparsa in numerose scene della serie. Così come un’altra scalinata, quella lunghissima di Santa Maria delle Scale che lega le due parti della città. Dalla sua cima si gode un panorama mozzafiato sulle case affardellate una sull’altra che la fanno apparire come un incantevole presepe.
Lasciata Ragusa, dopo pochi chilometri, s’incontra il castello ottocentesco di Donnafugata, (dove Luca Zingaretti ha sposato l’attrice Luisa Ranieri), che nella fiction è la magione dell’anziano boss mafioso Balduccio Sinagra. Sempre alle porte di Ragusa, Villa Criscione, una bella masseria fortificata, utilizzata per concerti e spettacoli estivi, è la casa dell’ingegnere Luparello, uno dei personaggi de “La forma dell’acqua” e l’Eremo della Giuliana, Convento-fortezza del Cinquecento, oggi raffinato albergo, ne “La voce del violino” vede il corpo privo di vita della bellissima Alessia Merz.
Vigàta, Marinella, Montelusa, Marina di Vigàta corrispondono a Scicli, Punta Secca, Ragusa e Donnalucata, che nella fiction è la marina di Vigàta. La casa televisiva di Salvo Montalbano, a Marinella, si trova in realtà in via Aldo Moro a Punta Secca, a circa 6 km da Marina di Ragusa, e oggi è un richiestissimo bed and breakfast. In piazza Mormino Penna, a Scicli, troverete, invece, la sede del Municipio, il Commissariato di Vigata e Palazzo Iacono, la Questura di Montelusa, che poi ha cambiato sede con piazza Pola a Ragusa Ibla. Tornando a Donnalucata e proseguendo sulla strada costiera, in direzione di Sampieri, un tratto selvaggio e incontaminato, noterete la ciminiera dell’antica fornace del Pisciotto, in realtà il rudere della fabbrica di mattoni “La Mannara”, luogo di uno dei tanti delitti su cui ha indagato Montalbano. Seguendo la strada verso Pozzallo, e proseguendo per Siracusa-Pachino, vi troverete a correre fianco a fianco con dune di sabbia fine e piano piano scivolerete nella sua vallata piena di serre, scrigni argentei che custodiscono quei pomodorini che vi faranno tornare alla mente i succulenti piatti di Adelina, la tuttofare e, soprattutto, cuoca sopraffina del Commissario.
E Modica? Il consiglio che vi diamo è di arrivare nel tardo pomeriggio, quando le case e il suo meraviglioso corso, da bianchi e rosa, acquistano un cangiante color ramato per poi, trasformarsi, quando arriva la sera, in un paese incantato con il Duomo di San Giorgio che, meraviglia del barocco siciliano e posto in cima ad una pittoresca scalinata di 260 gradini, facendovi stare con il naso all’insù, come un magnete, non vi permetterà di staccare lo sguardo dalla sua imponenza. A Modica, terra del cioccolato, non potrete fare a meno di gustare quello al peperoncino, alla cannella, all’arancia e alla noce moscata, oltre ai gusti classici, e notare la compattezza grezza del cacao che, rendendolo differente da tutti gli altri, solletica e al tempo stesso gratta il palato. La colonna sonora che vi accompagnerà non potrà che essere Olivia Sellerio che canta Montalbano.
In questo nostro viaggio sui luoghi di Montalbano può mancare il meraviglioso Agrigentino, ricco di luoghi d’incantamento? Assolutamente no e, infatti, superando Gela e Licata, raggiungiamo l’antica Girgenti e la Valle dei Templi, per dirigerci verso Porto Empedocle, la città in cui Andrea Camilleri è nato nel 1925. Una curiosità è che, se foste arrivati nella città natale dello scrittore nel 2003, avreste trovato ad accogliervi un cartello con su scritto: “Prossima uscita, Vigata”; Andrea Camilleri, infatti, aveva concesso al sindaco Ferrara di adottare, come secondo nome, proprio quello in cui vive e lavora il celebre commissario. Dal 2009, invece, non più, perché il sindaco Firetto, non avendo gradito che Porto Empedocle, che nell’immaginario è Vigata, sia stata tagliata fuori dai set della serie, ha scelto di rimuoverlo.
In una intervista Camilleri, che si è tenuto fuori dalla discussione, ha dichiarato che un ricordo ricorrente, che lo ha guidato nella scrittura de “Il Commissario Montalbano”, è sicuramente il cortile della sua scuola in cui, nelle pause di metà mattinata, i compagni, provenienti dai paesi vicini, raccontavano le loro storie. Riguardo Vigata, però, ha più volte affermato che è un luogo ideale, un puzzle di tante meravigliose cittadine sicule. La vera osteria San Calogero, a cui lo scrittore si è ispirato e dove spesso mangia Montalbano, si affaccia nella centrale via Roma di Porto Empedocle e nel menù troverete le stesse triglie allo scoglio, che tanto piacciono a Salvo. Nella cittadina, conosciuta, anche, come Marina di Girgenti, campeggia la statua che raffigura a grandezza naturale il commissario Montalbano con baffi e capelli, come lo aveva pensato Camilleri e più simile al Giovane Montalbano, che ha per protagonista Michele Riondino, altrettanto bravo.
I piatti di Montalbano
Adesso passiamo all’aspetto godereccio, centrale per Salvo Montalbano, che è la cucina e sarà come sedersi a tavola con iddu, ricordandovi, però, che quando Salvo assapora le bontà preparate dalla fedele Adelina o da Calogero, pretende il silenzio assoluto, quasi a non volere esser disturbato nel suo rapporto a “due” con il divin cibo siculo che, purtroppo, spesso viene interrotto da telefonate che turbano quell’idillio di amorosi sensi. Ma quali sono le “luccumarìe” montalbanesche che ce lo mostrano “liccu”, goloso, all’ennesima potenza?
1. Pasta ‘ncasciata, pasta al forno, piatto per cui anche gli dèi scenderebbero volentieri dall’Olimpo, condita con ragù di carne, melanzane fritte tagliate a tocchetti, pezzetti di salame o mortadella, uova sode a spicchi, caciocavallo a cubetti e pecorino e, rigorosamente, infornata con una bella spolverata di mollica grattugiata sopra.
2. Arancini al ragù che chiamiamo al maschile per rispetto di Camilleri e del suo libro “Gli arancini di Montalbano”.
3. Le triglie fritte alla maniera di Calogero, impanate con farina di mais, buttate nell’olio bollente e mangiate caldissime.
4. I purpitelli cu sugu, preparati con aglio, pomodoro pelato, sale, pepe e prezzemolo, a cui non riesce a dire di no e i soli con cui tradirebbe la sua Livia.
5. La pasta chi vrocculi arriminati. Per essere più precisi il bucatino che va passato nello zafferano e buttato nel condimento preparato con broccolo soffritto insieme all’uva passa, i pinoli e il pepe.
6. Il caciocavallo, passuluna e alive. Caciocavallo che si fa dorare da entrambi i lati con uva passa nera, da non confondere con quella bionda che si usa per i dolci, e olive. In soli 5 minuti toccherete le stelle che conterete una per una, perché non facilmente digeribile.
7. I cannoli a fine pranzo, tanto per gradire, molto amati dal dottor Pasquano, medico legale, interpretato dal grande attore modicano Marcello Perracchio, scomparso nel 2017, che come le ciliegie uno tira l’altro.
La Sicilia, insomma, è terra di delizie a 360° e a noi non resta che lasciarvi a queste suggestioni cultural-culinarie su cui spicca la figura di Salvuccio nostro, il Commissario più sexy e corteggiato d’Italia.
Giusi Patti Holmes
 
 

Teatro Musco, 24-25.11.2018
La creatura del desiderio


 
 

La Sicilia, 24.11.2018
Teatro Must. In scena oggi e domani a Catania lo spettacolo scritto da Giuseppe DIpasquale e Andrea Camilleri "La creatura del desiderio"
Natura immensamente donna
"La materializzazione dell'eros è l'estrema violenza e noi, in un finale a sorpresa, lo sottolineiamo"
CHI È DI SCENA. Lo spettacolo si avvale dell'interpretazione di Davide Coco e di Valeria Contadino con le scene significative di Erminia Palmieri e le musiche altamente suggestive di Matteo Musumeci, uno dei compositori moderni più attenti alla storia del pensiero occidentale e alle sue implicazioni psicologiche.

«Io credo fermamente che la donna sia davvero l'altra metà del cielo. Tanto immensa nel suo essere donna, quanto allo stesso tempo irraggiungibile e per certi versi incomprensibile al nostro mondo maschile, ma per ciò stesso affascinante e magnetica. Il mondo femminile ha un orizzonte che per noi definisce il punto di un percorso e di una vita. Purtroppo non sempre sguardo e orizzonte coincidono, ma questa, come suol dirsi, è la vita!».
In questi termini Giuseppe Dipasquale parla del tema teatrale che ha realizzato con Andrea Camilleri, sotto il titolo "La creatura del desiderio", e che va in scena stasera e domani al Teatro Must di Catania.
Una prima assoluta che si presenta come innovazione drammatica in un momento in cui di idee innovatrici all'orizzonte se ne vedono poche. Innovatrici nei modi, ma ben radicate nella natura umana, fin dove può giungere la memoria storica o mitologica. L'argomento è quello del rapporto tra l'uomo e la donna, sul piano delicatamente sentimentale che spesso sconfina nell'immaginario con tutte le frange (poetiche, passionali, concupiscibili, irrealizzabili) che la natura stessa di quel rapporto comporta. I due drammaturghi prendono in considerazione la vi-cenda umana e artistica del pittore Kokoschka con Anna Mahler che fu la sua musa e si muoveva agilmente tra letteratura ed arti, tra sentimenti affettuosi ed eros in un tutto inestricabile. Ne ab-biamo parlato diffusamente con il regista e autore che si avvale della interpretazione di Davide Coco e di Valeria Contadino (ben noti al pubblico italiano che ne ha sempre applaudito le in-terpretazioni) con le scene significative di Erminia Palmieri e le musiche altamente suggestive di Matteo Musumeci, uno dei compositori moderni più attenti alla storia del pensiero occidentale e alle sue implicazioni psicologiche.
La conversazione, come si conviene a materia tanto stimolante è stata fitta, con varie svolte secondo l'immaginazione dell'intervistatore e la creatività dell'intervistato. Qui il tutto è messo in ordine e sintesi.
La tematica di fondo è quella dell'eros, soprattutto maschile, che considera la donna un complemento della propria passione e dunque immagina di poterla controllare: cosa che non riuscì agli innamorati di Elena, né a quelli della Lulu di Wedekind. Perché la donna non è un oggetto ma un soggetto... «... E uscendo dalle metafore non riuscì neanche all'immaginifico D'Annunzio ed è riuscita parzialmente a Hoffmann che immaginò Coppelia come amante: perfetta perché era una bambola. Ma non del tutto priva di autonoma sensibilità... Il possesso totale è impossibile e porta a creare un simulacro...».
Si avverte la tematica di Andrea Camilleri che di recente ha rivissuto il mito di Tiresia che ottenne dagli dei di partecipare della natura femminile...
«Sono parabole create dalla inadeguatezza del maschio nei confronti della donna: la bambola è la materializzazione di un eros unilaterale. Non solo favola. Le cronache recenti parlano di una casa di appuntamenti, a Torino dove le femmine da conio sono... bambole».
E non sarebbe più comodo tenersi la bambola in casa?
«E' proprio quello il punto: la finzione femminile deve essere completata dalle modalità dell'incontro, che deve essere più simile possibile a quello vero, pur essendo falso, cosa che garantire la totale subordinazione del partner. Del resto non è casuale che il nostro spettacolo vada in scena a ridosso del 25 novembre giornata della sensibilizzazione sulla violenza contro le donne. Perché la materializzazione dell'eros femminile è l'estrema violenza. E noi in un finale a sorpresa lo sottolineiamo».
Una tematica del genere va oltre le consuetudini dello spettacolo come show, impone allo spettatore una consapevolezza emotiva, per riattraversare le questioni esistenziali in un mondo (quello di oggi) che solo apparentemente le ha risolte. E questo vale anche per gli interpreti e per quell'interprete spirituale che è il musicista. Matteo Musumeci ha scritto musiche di grande impatto sentimentale ed emotivo.
Prima di comporre la vostra colonna sonora ha visto lo spettacolo?
«Di più: ha partecipato alla sua costruzione, come gli attori e come la scenografa. E' stata una ricerca su una tematica che finora non è stata portata in scena da nessuno...».
Suppongo che la tensione emotiva non ammetta nessun intervallo...
«Naturalmente. Ma l'azione scenica si sviluppa in due fasi che si raccordano tra loro ma in continuità di raffigurazione. Gli spettatori e le spettatrici, come partecipi della natura umana non sono osservatori distaccati di una azione altrui. Quelle passioni, quelle debolezze, quei sogni, sono di tutti. L'amore carnale, quello attraverso le parole o l'arte sono di tutti».
Sarà un gran momento di riflessione sulla società attuale che ha messo sui video tutto quel che l'eros esibisce o nasconde, ma che nel confronto con la realtà vissuta si dimostra selvaggio, brutale o inerme e fallimentare. L'immagine elettronica è pur sempre una immagine fittizia. La sublimità dell'eros è la sua vitalità.
Con un programma del genere, con una carica emotiva come quella che Camilleri e i suoi discepoli sanno suscitare, questa creazione sarà un must del teatro. Nel Teatro Must.
Sergio Sciacca
 
 

Gazzetta Jonica, 24.11.2018
Oggi prima nazionale al Must di Catania il nuovo testo di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale

La travolgente storia di Oskar Kokoschka e Alma Mahler viene portata per la prima volta in scena in Italia per merito della penna di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale, ormai consolidati nel loro sodalizio drammaturgico. A vestire i panni dei protagonisti due volti noti al pubblico nazionale David Coco e Valeria Contadino. La regia è firmata dallo stesso Dipasquale, scene e costumi di Erminia Palmieri, Musiche Matteo Musumeci, Movimenti scenici Donatella Capraro.
Completano il cast Leonardo Marino e Antonella Scornavacca. Nel 1912, un anno dopo la morte di Mahler, la sua giovane vedova, considerata la più bella ragazza di Vienna e allora poco più che trentenne, incontra il pittore Oskar Kokoschka. Inizia una storia d’amore fatta di eros e sensualità, che sfocerà ben presto in una passione tanto sfrenata quanto tumultuosa. Viaggi, fughe, lettere, gelosie e possessività scandiscono i successivi due anni, durante i quali l'artsta crea alcune fra le sue opere più importanti, su tutte La sposa del vento. Ma la giovane Alma è irrequieta e interrompe brutalmente la relazione. Kokoschka parte per la guerra con la morte nel cuore.?Al suo rientro in patria, traumatizzato dal conflitto e ancora ossessionato dall'amore perduto, decide di farsi confezionare una bambola al naturale con le fattezze dell'amata. Questa è la storia. La creatura del desiderio è di questa storia una versione in cui Andrea Camilleri nell’omonimo testo pubblicato da Skira, in modo del tutto originale - come sempre - e umanamente sensibile, racconta di Kokoschka e Alma Mahler, cioè delle sensibilità diverse, eppur concorrenti, che hanno temprato il Novecento europeo. Questo racconto rappresenta un'indagine sull'ossessione d'amore costruita sulla finzione umana, e l'occasione teatrale darà certo lo spunto a conversazioni non casuali sulla civiltà che si sta sviluppando in Europa e la cui prima radice non è stata finora tratteggiata con serenità distaccata. “Il tema – dice il regista Giuseppe Dipasquale - è molto attuale per la vicenda che io e Andrea Camilleri abbiamo voluto raccontare in questa pièce: l'ossessione d'amore per una donna oggetto che si reifica in una bambola fino a portare alla pazzia il personaggio di Oskar Kokoschka, realmente vissuto come quello di Alma Mahler. Questa vicenda emblematica costituisce oggi nella misura del paradosso una delle più raffinate e crudeli violenze sulle donne”. Lo spettacolo replica il 24 e 25 novembre. [...]
Simona Bordonaro
 
 

Il Piccolo, 25.11.2018
Dal profugo Enea a Montalbano l’umanità in movimento tra le onde del Mediterraneo
È un mare interno, il Mediterraneo, “una sorta di enorme lago compreso tra lo stretto di Gibilterra e le coste del Medio Oriente, tra Venezia e Alessandria d’Egitto”. Eppure centrale, fondamentale...

[...]
Nel mare s’immerge spesso, per inaugurare bene un mattino o dimenticare un pensiero cupo, Salvo Montalbano, il commissario di Vigata protagonista dei romanzi di Andrea Camilleri, qui alle prese, nella raccolta di venti racconti “Gli arancini di Montalbano” (Sellerio, pagg. 432, euro 15,00) con la recita della morte d’una coppia di vecchi attori, l’assassino d’una anziana prostituta, una tv locale che immagina “complotti dei comunisti”, un sequestro di persona, una misteriosa vicenda di “pezzetti di spago assolutamente inutilizzabili”. Chiacchiera e indaga, il commissario. Si siede affamato davanti alle pietanze gustose cucinate dalla cameriera Adelina, si fa trasportare dai pensieri, sapendo bene che il “tempo meridiano” della divagazione consente intuizioni che il ragionamento scrupoloso mai potrebbe avere. “Sostiene Pessoa” (citazione colta che fa da titolo a uno dei migliori racconti) che non bisogna mai fidarsi delle apparenze, per evitare l’inganno dei pensieri più ovvi. E anche questa è saggezza d’impronta mediterranea, anche se Pessoa, per l’esattezza, era portoghese.
 
 

Circo Massimo, 26.11.2018
Romano Prodi e Andrea Camilleri
Cliccare qui per ascoltare la puntata - L'intervista a Camilleri inizia al minuto 1:05:05



Commentiamo la giornata di campionato con Maurizio Crosetti e le notizie del giorno con Pierluigi Battista. Lo scontro del governo con l'UE, il sovranismo, il reddito di cittadinanza: ne parliamo con il professor Romano Prodi. Per Andrea Camilleri "gli italiani sono fascisti, amano obbedire": ci spiega perché. E ci dice cosa dovremmo imparare dagli animali.

Salvini una bufala, la sinistra un serpente: lo zoo di Andrea Camilleri
Ospite di Massimo Giannini e Jean Paul Bellotto a Circo Massimo, lo scrittore siciliano presenta il suo nuovo libro "I tacchini non ringraziano" e spiega perché Salvini "maestro di bufale", la sinistra italiana "non un serpente, ma la pelle di un serpente", gli italiani sono "struzzi" e l'Italia "un gambero".



Jean Paul Bellotto e Massimo Giannini
 
 

iCrewPlay, 26.11.2018
Leggilo anche tu: I tacchini non ringraziano di Andrea Camilleri
Se gli animali potessero parlare…

I fans club di Andrea Camilleri avranno certamente esultato per l’ uscita in libreria dell’ultimo libro del loro scrittore preferito. Lo scrittore siciliano, infatti, non si smentisce, e, a 92 anni e 100 opere, fino ad ora, pubblicate, si presenta al suo pubblico con un nuovo “Libretto,” come lui lo ha definito. Scritto e illustrato con la collaborazione di Paolo Canevari, il libro di Camilleri è rivolto, questa volta ai ragazzi, ma con lo sguardo indagatore di chi, da sempre, riflette sulla vita ponendosi domande, e dando ai lettori continui spunti di riflessione.
I tacchini non ringraziano,”questo il titolo del libro, è un raccolta di storie e racconti dedicati al mondo degli animali e del loro inevitabile ma imprevedibile rapporto con gli essere umani. Camilleri, con la sua proverbiale sensibilità, bacchetta, in qualche modo il genere umano e lo fa, affidando ai protagonisti delle sue storie, messaggi importanti. Una sorta di mondo parallelo capace di parlare un linguaggio universale d’amore e di condivisione, solidarietà e fratellanza; sentimenti, a suo dire, da cui l’uomo, troppo concentrato su stesso, in genere rifugge.
Gli animali di Camilleri sono intelligenti, sagaci, imprevedibili ma arguti, nella loro istintiva concretezza e semplicità, capaci di comprendere la logica umana e di contrapporsi ad essa con la naturalezza che li contraddistingue e con le proprie qualità. Cani gatti, uccellini, serpenti e leoni, ognuno con la sua storia, a volte felice altre meno, ma tutte affrontate con dignità. In un mondo fatto di prepotenza e di cattiveria, il mondo animale, per lo scrittore siciliano, si rivela migliore di quanto non si possa pensare ed è lo stesso Camilleri a porsi delle domande…
”Se veramente, un giorno, riusciremo a sapere quali opinioni hanno di noi gli animali, sono certo che non ci resta altro da fare che sparire dalla faccia della terra, sconvolti dalla vergogna. Sempre che tra 50 anni l’uomo sappia ancora provare questo sentimento”
Parole dure ma con un fondo di verità, da cui non si può prescindere, anzi, “con il tempo, anche per gli animali e la loro unicità, afferma lo scrittore, il mondo degli umani diventerà troppo brutto e invivibile”. Eppure, in ogni storia, il finale regala sempre la speranza di conquistare il sospirato equilibrio e condividere, un giorno, un mondo migliore, nel rispetto e nell’amore.
Fans o no, Camilleri ha troppo da insegnarci e io non posso che consigliarvi caldamente di occupare un piccolo posto della vostra libreria con il suo libro, ma lasciatemi esprimere un piccolo personale pensiero, anche io ho il mio zoo, un mondo fatato, fatto di sguardi, di lunghi silenzi dove la parola non è importante, gesti quotidiani che ti aprono il cuore, un amore che mi ha resa migliore e da cui, ogni giorno, imparo qualcosa… l’importante è saperli ascoltare…
Donatella De Filippo
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 26.11.2018
Porto Empedocle - Vigàta set del teatro di Camilleri

All’interno della fiera “Un libro alla volta”, organizzata dall’Associazione culturale Oltre Vigata, si è svolta tra le vie di Porto Empedocle, città natale di Andrea Camilleri, una manifestazione teatrale itinerante. L’idea è stata quella di far rivivere le narrazioni letterarie nei luoghi reali descritti dal famoso concittadino che ormai ha venduto più di 20 milioni di libri in tutto il mondo. Particolarmente somigliante all’attore della serie TV è stato Danilo Verruso nei panni di Salvo Montalbano il quale ha divertito un folto pubblico. Durante la manifestazione molto partecipata durata tre giorni, sono anche stati organizzati convegni e presentazione di libri, mentre spazi espositivi delle associazioni culturali locali sono stati allestiti presso la stessa Torre di Carlo V.
Calogero Conigliaro
 
 

Teatro Franco Parenti, 27.11.2018
Martedì 27 novembre h 18:30 Sala Grande
Incontro con Andrea Camilleri



In occasione della pubblicazione del libro
I tacchini non ringraziano
disegni di Paolo Canevari
saranno presenti lo scrittore e l’artista
conduce Antonio D’Orrico
interviene Rachele Ferrario

Lo zoo personale di Andrea Camilleri è fatto di animali e di storie che entreranno nella nostra vita per sempre.

Sono ritratti en plein air: impossibile leggerli e vederli senza sentire dentro qualcosa di fortissimo, perché sono pieni di affetto, confondono il confine tra la coscienza umana e quella degli animali e sono sempre a favore di questi ultimi, nel senso di un’armonia della vita solo nel rispetto di tutte le specie viventi.
Cani, gatti, cardellini, ma anche volpi, serpenti e tigri sono descritti come portatori di uno spirito ricco di amore e di intelligenza, molto più complesso e profondo di quanto pensiamo: una ‘magaria’ inesauribile. Ciascuno di loro sembra comprendere la logica degli uomini, che di volta in volta sfrutta a suo favore o prova a sconfiggere con varie strategie, sempre vincenti: dalla dignità dei tacchini al canto riconoscente di un cardellino, dall’astuzia di un lepro alla commovente compostezza di un gatto innamorato, dalla mite bellezza di una capra alla puntualità discreta di un serpente.
Allo stesso tempo Camilleri ci ricorda che forse il mondo è diventato troppo brutto perché la bellezza degli animali abbia diritto a esistere. Ogni storia ci lascia con la consapevolezza dolceamara di tutto quello che rischiamo di perdere, ma anche con la quieta fiducia che sia ancora possibile un mondo in cui convivere e rispettarsi, con l’ausilio di un po’ di buon senso e di umorismo, un mondo meno prepotente e più meritevole di bellezza. Quella che Paolo Canevari con la grazia e la leggerezza dei suoi animali ha fissato sulla carta, anche lui, per sempre.
 
 

La Repubblica (ed. di Milano), 27.11.2018
Intervista
Andrea Camilleri
“Non figli ma affetti ho grande rispetto della loro natura”

"Ho sempre avuto in casa un equipaggio da Arca di Noè: credo che abbiano supportato la mia famiglia"

Nello zoo del papà di Montalbano ci sono gatti e cani, un cardellino e un pappagallo piovuti dal cielo e adottati, una tigre conosciuta nel giardino di una signora, una rana e una lucertola che, davanti ai suoi occhi, per un’estate, sono diventate amiche, un “lepro” salvato durante una battuta di caccia e molti altri animali. Andrea Camilleri raccoglie nel libro I tacchini non ringraziano (Salani) dodici racconti autobiografici finiti un decennio fa, pubblicati ora per i pronipoti, Matilda e Andrea, per fare capire ai giovani che gli animali non nascono già nelle confezioni che vendono al supermercato. Il maestro, 93 anni, ne parla oggi alle 18,30 al Teatro Franco Parenti.
Camilleri, uno dei suoi primi animali da compagnia era una capretta.
«Da bambino in vacanza dai nonni giocavo con una capra girgentana, di quelle con lunghe corna ritorte su sé stesse. La chiamavo Ernestina. Insieme facevamo lunghe passeggiate. Lei, quando mi vedeva, belava e mi correva incontro. Mangiava l’erba dalle mie mani e ogni mattina mi dava il suo latte, che spremevo su fette di pane caldo. Quando scoprii che erano in estinzione, ne parlai con mio zio Massimo, che mi disse: “Il mondo è diventato troppo brutto perché la loro bellezza abbia diritto di esistenza”».
In una delle storie più belle compaiono anche dei maiali ubriachi.
«Sempre dai nonni facevamo la vendemmia. I resti della torchiatura erano stati messi per sbaglio nel recinto dei maiali. Li vedemmo apparire mentre pranzavamo, sembravano indemoniati, saltavano come cavalli sul tavolo. Ce n’era anche uno con la sbornia triste. Se ne stava in un angolo con un mazzetto di fiori di campo in bocca. Mia nonna fece notare il comportamento dignitoso di questi animali, a differenza di quello che fanno gli uomini quando bevono troppo».
Gli animali sono coinvolti nella cura delle persone. Cosa ne pensa?
«Curarsi con il loro aiuto è oggettivamente terapeutico. L’uomo ha sempre avuto la necessità di confrontarsi con gli animali e di averli accanto. Io ho avuto sempre nella mia casa un piccolo equipaggio da Arca di Noè mentre crescevamo le mie tre figlie. Sono sicuro che i cani, i gatti e gli uccellini che hanno abitato con noi, sempre arrivati di loro spontanea volontà, mai comprati, abbiano supportato con grande affetto la mia famiglia».
E con gli esseri umani che rapporto ha?
«Ottimo! Sono un essere umano che ha rapporti ottimi con i suoi simili, da non confondere con quelli che ho con gli animali. Non ho mai considerato gli animali che abitavano con me dei figli, anzi, ho sempre cercato di trattarli in un modo rispettoso della loro natura».
Il suo commissario quale animale sarebbe?
«Un gatto, di sicuro. E in quanto tale, sempre alla ricerca di topi. I gatti hanno un quoziente intellettivo superiore ai cani. L’Italia di oggi invece è sotto gli occhi di tutti. È un gambero che cammina all’indietro. Il futuro però, da ottimista, spero che sia migliore».
Annarita Briganti
 
 

Il Giornale, 27.11.2018
Al Parenti gli animali di Camilleri
L'artista Canevari: così ho illustrato quel meraviglioso bestiario

Lo scrittore Andrea Camilleri, il celebre autore della saga di Montalbano, questa sera alle 18.30 incontrerà i lettori e il suo nutrito fan club al teatro Franco Parenti in occasione della presentazione del suo nuovo libro «I tacchini non ringraziano».
Camilleri parlerà del suo viaggio nel mondo degli animali e del loro imprevedibile rapporto con gli essere umani. Cani, gatti, cardellini, ma anche volpi, serpenti e tigri sono descritti come portatori di uno spirito ricco di amore e di intelligenza, molto più complesso e profondo di quanto pensiamo: una magaria' inesauribile. Ciascuno di loro sembra comprendere la logica degli uomini, che di volta in volta sfrutta a suo favore o prova a sconfiggere con varie strategie, sempre vincenti: dalla dignità dei tacchini al canto riconoscente di un cardellino, dall'astuzia di un lepro alla commovente compostezza di un gatto innamorato, dalla mite bellezza di una capra alla puntualità discreta di un serpente. Il libro è illustrato dall'artista romano Paolo Canevari, ritratti inventati con grazia e leggerezza. «Questi disegni - dice l'artista - fanno parte di una serie che ho realizzato nei primi anni Novanta chiamata Memoria Mia. In quel periodo usavo disegnare, con una penna biro nera, in maniera estremamente libera e senza pormi il problema di descrivere ma piuttosto di dare forma a dei ricordi, delle figure e delle ombre del mio inconscio. Volevo in un certo senso illustrare me stesso attraverso quelle ombre e lasciarle riaffiorare nel segno come memorie dimenticate. Molti dei soggetti erano animali, alcuni con tratti mostruosi, legati a reminiscenze dell'infanzia, il mio cane i gatti e tutto quel corollario animale domestico che circolava a casa mia e in quella dei nostri vicini e amici di famiglia i Camilleri». Quasi naturale il sodalizio con un visionario della narrativa come Camilleri. «Sono particolarmente felice di vedere questi miei disegni in una collaborazione con Andrea, una persona a me così cara e importante - dice Canevari - Conoscendolo infatti da quando ero bambino i suoi racconti sono una parte integrante dei miei ricordi, riviverli attraverso le sue parole è bello ed emozionante. I disegni di Memoria Mia sono stati scelti proprio per la ragione di un passato comune tra due autori, molto diversi come generazioni ed esperienze ma che hanno condiviso parte della loro vita».
 
 

Ragusa Oggi, 27.11.2018
Grande successo per la campagna abbonamenti del Teatro Garibaldi di Modica

Da sempre il Teatro Garibaldi di Modica rappresenta un’eccellenza culturale della provincia di Ragusa ma quest’anno più che mai, la realtà ha superato le aspettative. Gli abbonamenti disponibili per la stagione di prosa 2018/2019 sono andati praticamente a ruba, a conferma dell’interesse che il pubblico ha per le grandi rappresentazioni teatrali ma anche per l’ottima proposta culturale presentata dalla Fondazione Teatro Garibaldi di Modica. Immensa soddisfazione per il sindaco della città di Modica, Ignazio Abbate, in qualità di presidente della fondazione, per il sovrintendente Tonino Cannata e per il direttore artistico Giovanni Cultrera.
Dopo la scadenza del termine ultimo per potersi abbonare alla stagione di prosa, è partita la vendita dei biglietti singoli. Il trend del numero di spettatori interessati alla proposta di prosa del Teatro Garibaldi è in crescita e ciò è confermato anche dal grandissimo successo riscontrato nelle vendite dei biglietti per il primo appuntamento della stagione dal titolo “Filippo Mancuso e Don Lollò” scritto da Andrea Camilleri e dal regista Giuseppe Dipasquale, con protagonisti i famosi attori catanesi Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina. Previsto in abbonamento per venerdì 30 novembre, vista la grande richiesta da parte del pubblico, lo spettacolo verrà replicato il giorno successivo, sabato primo dicembre. Nata da una promessa degli autori Dipasquale e Camilleri, che avevano già intravisto la bravura nell’improvvisazione da parte di Musumeci e Pattavina durante le rappresentazioni de “La concessione del telefono”, l’opera “Filippo Mancuso e Don Lollò” è una commedia siciliana scritta su misura proprio per i due grandi attori della tradizione siciliana. La storia si snoda attorno le vicende del ricco Cavaliere Filippo Mancuso che vuole far assumere il proprio amato figlio all’interno di una famosa banca per assicuragli un futuro nuovo e distante dalla limitante Vigata. Purtroppo però il figlio del Cavaliere è terribilmente stupido, ma questo non impedirà il giovane a trovare il proprio amore tra strani personaggi e momenti esilaranti. Appuntamento dunque per venerdì 30 novembre e sabato 1° dicembre alle ore 21:00 per assistere ad uno spettacolo che ha tutte le caratteristiche per far innamorare le persone a questa magnifica arte.
Per assistere allo spettacolo è possibile acquistare i biglietti on-line attraverso la piattaforma ciaotickets. Per qualsiasi altra informazione è possibile consultare le pagine social della Fondazione Teatro Garibaldi di Modica, il sito internet www.fondazioneteatrogaribaldi.it o telefonare al 0932/946991.
 
 

La Stampa, 27.11.2018
“Una scrittura precisa: Levi era un chimico anche con le parole”
Sonia Bergamasco dal 27 novembre in scena al Gobetti

Torino.
[...]
Bergamasco a breve sarà di nuovo in tv nella serie dedicata al commissario Montalbano (le nuove puntate in primavera, mentre si stanno per girare altri due episodi).
[...]
Silvia Francia
 
 

Edizioni Henry Beyle, 28.11.2018


 
 

Giornale di Sicilia, 28.11.2018
Penne alla siciliana
In libreria «I tacchini non ringraziano»
Camilleri e i fantastici animali
Il volume in italiano arricchito da disegni dell'artista Paolo Canevari. Sellerio ristampa «Gli arancini di Montalbano»
Favoloso ed esilarante. Episodi con protagonisti gatti, lepri e cardellini dedicati ai due amati pronipoti dello scrittore

Palermo. Con Andrea Camilleri arrivano i tacchini e tornano gli arancini (maschile su cui a lungo si potrebbe dibattere...). Quasi in contemporanea sbarcano in libreria due pubblicazioni dell'autore italiano più prolifico, raccolte di racconti che arrivano dal passato. «Gli arancini di Montalbano» (432 pagine, 15 euro), in particolare, è la riedizione di un volume uscito nel 1999 per Mondadori, adesso riproposto dalla casa madre di Camilleri, la Sellerio: al culmine del successo dei primi quattro romanzi della serie del commissario di Vigata, il più importante editore italiano sedusse Camilleri, che propose venti racconti con protagonista Salvo Montalbano (e tutti i suoi spassosi comprimari); erano storie che sgorgavano, magari senza il respiro e l'architettura del romanzo, ma che chiedevano comunque di trovare una loro strada e da allora Camilleri non ha avuto timore - a differenza di gran parte dei colleghi italiani - di proporre libri di racconti, asciutti e fulminanti, col suo stile inconfondibile. Fu il primo «tradimento» di Camilleri nei confronti di Sellerio [In realtà il secondo, dopo "Un mese con Montalbano" del 1998, NdCFC], a cui però negli anni ha continuato a recapitare le storie più riuscite e sentite. Alle altre case editrici di Camilleri si è adesso aggiunta la Salani, sigla storica, orientata soprattutto sul mondo giovanile e infantile, culla della serie di Harry Potter di J. K. Rowling e di certi besteller di Sepulveda dedicati ai piccini, ma letti anche dai grandi.
In un bel volume dalla copertina rossa trovano forma compiuta una dozzina di racconti autobiografici che il Sommo (così lo chiamano i discepoli di più stretta osservanza, i curatori del sito www.vigata.org) ha scritto una decina di anni fa e ha tirato fuori adesso, con tanto di destinatari e dedica, i pronipoti, Andrea e Matilda. La prima cosa che salta agli occhi delle storie brevi di Camilleri per Salani, riunite sotto il titolo «I tacchini non ringraziano» (187 pagine, 15,90 euro), volume numero 107 in carriera, è che... non è scritto in vigatese. La lingua è un italiano di efficace pulizia, a cui possono approcciarsi anche ragazzi di giovane età, oltre che adulti, di qualsiasi latitudine. I racconti sono poi arricchiti dai disegni di un artista di fama internazionale, Paolo Canevari, romano, classe 1963; uno che espone le sue opere al Moma di New York, per intenderci.
Il messaggio animalista ed ecologista de «I tacchini non ringraziano» si intuisce in fretta fra istantanee e quadretti che hanno come protagonisti gli animali: una carrellata di creature speciali, fra lepri astute, cardellini fedeli, gatti innamorati e maiali alle prese con una sbornia nel corso di una vendemmia. «Se veramente un giorno riusciremo a sapere quale opinione hanno di noi gli animali, sono certo che non ci resterà da fare altro che sparire dalla faccia del pianeta, sconvolti dalla vergogna» scrive, fra le altre cose, Camilleri. Particolarmente esilarante il racconto «Il principe arrabbiato», incentrato su un simpatico qui pro quo, con protagonisti una gracula religiosa, tozzo uccello asiatico, e il mitico attore catanese Turi Ferro.
Salvatore Lo Iacono
 
 

Mangialibri, 28.11.2018
La scomparsa di Patò
Autore: Andrea Camilleri
Genere: Romanzo
Editore: Sellerio 2018

Sabato, 22 marzo 1890. “L’Araldo di Montelusa”, uno dei due giornali di Vigata, pubblica la notizia che il “Mortorio” rappresentato il pomeriggio precedente – per la prima volta dopo vent’anni sul palco eretto nella Piazza Grande, lungo la facciata del palazzo dei marchesi Curtò di Baucina di fronte alla Chiesa Madre, per generosa concessione del marchese Simone Curtò che ha messo a disposizione anche l’uso di quattro magazzini all’interno del cortile padronale da adibire a camerini per gli attori – è stato un grandissimo successo che ha richiamato molta gente dai paesi viciniori e ha visto la presenza di prestigiose autorità. Il titolo vero dell’opera scritta dal cavaliere Filippo Orioles è “Riscatto di Adamo nella morte di Gesù Cristo” e da cinque anni, tra tutti gli attori e le cento comparse, nel ruolo di Giuda si fa apprezzare in modo particolare il ragioniere Antonio Patò, Direttore della filiale locale della Banca di Trinacria, “benvoluto e stimato dai cittadini di Vigata i quali lo considerano uomo di grande rettitudine, di adamantina condotta e di pio sentire”. Giusto due giorni prima, al Questore di Montelusa è arrivato un dispaccio che informava di come l’uomo fosse stato aggredito nel suo ufficio da un commerciante in cereali, tale Ciaramiddaro Gerlando, che si era sentito rifiutare la dilazione per la restituzione di un prestito. Ma Patò è un uomo di animo generoso e ha deciso di non sporgere denuncia, nonostante la minaccia ricevuta: “Ora ti fazzu suffriri iu, grannissimu curnutu!” La gente aspetta il Mortorio con eccitazione e si immedesima a tal punto durante la rappresentazione da ricoprire di minacce e insulti il ragioniere nei panni di Giuda, che stavolta è stato persino sfiorato da un coltello gettatogli contro. Il momento più entusiasmante è quello in cui Giuda, col cappio in mano sul luogo deputato al suicidio, lega la corda ad un finto albero e “disperato evocava il Dimonio acciocché la terra gli si aprisse sotto i piedi”; a quel punto una botola gli si apre davvero sotto i piedi e il traditore precipita di sotto. Il 21 marzo 1890 “la scena della sua impiccagione, con il successivo sprofondare sottoterra, è stata accolta da un subisso di applausi. Le Autorità presenti si sono molto compiaciute per l’elevato spettacolo” – racconta l’Araldo il giorno dopo. Ma stavolta è successo qualcosa di diverso. All’alba del giorno 22, la signora Magnifico Elisabetta maritata Patò si reca dal Delegato di Pubblica Sicurezza Ernesto Bellavia per denunciare la scomparsa del marito. Dopo la rappresentazione, infatti, non è salito sul palco a ringraziare e, a quanto pare, non è tornato a casa e – si scoprirà – nel camerino non vengono rinvenuti né i suoi abiti né quelli di scena. Si comincia quindi ad aver notizia di messaggi anonimi scritti con i ritagli di giornale, del tipo “Tu che fai la parte di Giuda sei peggio di lui”. La Domenica di Pasqua, la mattina del 23, appare una scritta murale: “ Murì Patò o s’ammucciò?”. Tra i dissidi fra gli inquirenti che rallentano le indagini, lettere ufficiali, dispacci, biglietti anonimi, articoli di giornali rivali, ha inizio la vicenda inestricabile della scomparsa del ragioniere Patò. Storia di corna? Fuga d’amore? Questioni di mafia? Tutti si domandano che fine abbia fatto; come scrive un cantastorie ambulante a conclusione di una filastrocca: “Giuda murì / Patò spirì / Spirì Patò / Cu l’ammazzò? / Quantu patì? / E po’: pirchì / Patò spirò?”...
Pubblicato per la prima volta da Mondadori nel 2000, nel 2018 La scomparsa di Patò arricchisce finalmente il catalogo Sellerio. Nella nota finale Andrea Camilleri racconta di avere già scritto brevemente dello stesso episodio su “L’Almanacco dell’Altana 2000” e anche sul quotidiano “La Stampa”; “ma siccome però la storia continuava a maceriarmi dentro” dice di aver poi deciso di ampliare la storia – inventandosi rigorosamente tutto – fino a scrivere questo divertentissimo romanzo che definisce “dossier”. La storia, infatti, non ha una voce narrante ma prende forma attraverso articoli di giornale, lettere scritte a mano o dattilografate, biglietti anonimi, documenti ufficiali timbrati, ma anche pizzini e scritte murali. Si tratta di una forma originale abbastanza difficile – perché, nonostante la polifonia degli elementi e la loro eterogeneità, riesce a mantenere una certa linearità narrativa che crea un intreccio – già utilizzata in precedenza da Camilleri, per esempio ne La concessione del telefono del 1998. Più volte il vecchio cantastorie ci ha confessato che le sue storie, soprattutto quelle dei romanzi “storici” che non appartengono alla serie di Montalbano, nascono sempre da suggestioni anche minime raccolte più o meno per caso da altri libri, vecchi documenti, brevissime notizie lette qua e là. Questo libro non fa eccezione e l’autore riporta all’inizio le poche righe tratte da A ciascuno il suo di Leonardo Sciascia, che raccontano un fatto realmente accaduto nel 1919, quando durante la recita della Passione di Cristo del cavalier D’Orioles Antonio Patò che interpretava Giuda, a differenza di quello che era successo un centinaio di altre volte tra prove e recite, dopo essere caduto puntualmente nella botola non era più stato ritrovato. Da allora “il fatto era passato in proverbio, a indicare misteriose scomparizioni di persone o di oggetti”, dice ancora Sciascia. Per narrare la storia nata intorno a questa notizia, Andrea Camilleri crea una specie di alter ego omonimo ottocentesco che ogni tanto fa capolino e che dice di essersi trovato ad ordinare documenti trovati in un faldone, riportati poi nel libro; di lui si viene a sapere poco, che ha tre figlie, vive a Vigata ed è così erudito da sentire il bisogno di scusarsi con i lettori per peccare di eccessiva pignoleria. Il romanzo, però, nonostante la chiave comica, parla anche di intrecci tra mafia e politica, di malcostume, di corruzione, di rivalità non solo tra due giornali, “L’Araldo di Montelusa” e la “Gazzetta dell’isola”, che si insultano e si accusano a vicenda, ma anche tra gli uomini della Pubblica Sicurezza e i Reali Carabinieri, talmente in competizione da scambiarsi melliflue minacce e ostacolarsi a vicenda, ritardando colpevolmente le indagini. Quanto sono cambiate oggi le cose? – sembra chiederci sornione il Maestro. Assai apprezzabile, inoltre, lo spaccato della Sicilia di fine Ottocento che emerge dalla lettura. Nel puzzle che il lettore si trova a ricomporre per scoprire che fine abbia fatto lo scomparso Patò – tra le varie teorie ne appare persino una di un bislacco inglese che sostiene sia caduto in una frattura del continuum spazio temporale per poi finire in un’altra epoca! -, il divertimento è assicurato da una lettura a tratti davvero esilarante, soprattutto grazie alla mescolanza tra arcaismi e il tipico registro linguistico usato da Camilleri, spesso irriverente e colorito. Da questo, che da molti è considerato uno dei romanzi più belli dell’autore girgentino, è stato tratto un film omonimo del 2010 uscito nel 2012 per la regia di Rocco Mortelliti con, tra gli altri, Nino Frassica, Neri Marcorè, Flavio Bucci, Maurizio Casagrande, Manlio Dovì. All’epoca qualche giornale ha scritto che se Pirandello fosse stato uno scrittore di gialli avrebbe scritto Il Fu Mattia Pascal nello stile di questo romanzo, trovando molti punti di congruenza tra lo scrittore e il drammaturgo. Un bel complimento certamente per autore e romanzo, un ulteriore motivo per consigliarne la lettura.
Alessandra Farinola
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 28.11.2018
Pirandello antifascista solo post mortem

Nell'articolo Quasimodo e Pirandello, i due Nobel opposti, apparso su "Repubblica Palermo" di giovedì 22 novembre, Salvatore Ferlita ha scritto che Luigi Pirandello, in occasione del Premio Nobel assegnatogli nel 1934, «si limitò a un breve ringraziamento con parole di circostanza durante il banchetto di rito coi reali svedesi. Luigi Pirandello forse rinunciò al discorso ufficiale di ringraziamento per il Nobel, gesto certo poco usuale e contro il rituale, per evitare di proferire parole di encomio nei confronti del regime fascista». E questo perché nel 1934, Pirandello non era più quello di dieci anni prima, quando, dopo l'assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti, aveva aderito clamorosamente al Partito nazionale fascista, suscitando lo sdegno di Giovanni Amendola, figura di spicco della liberaldemocrazia, che aveva definito il Nostro «un uomo volgare». Scrive ancora Ferlita che l'ipotesi di un Pirandello, che «pur non dicendo nulla » prende le distanze dal fascismo, avvalorata di recente anche dallo scrittore Andrea Camilleri, è assai suggestiva e probabile; tanto più che detta ipotesi è sostenuta dal fatto che al ritorno da Stoccolma a Roma, il premiato non ebbe alcun festeggiamento ufficiale: alla stazione Termini non c'erano esponenti del governo ad accogliere Pirandello, e nemmeno giornalisti e fotografi. C'era solo l'amico e scrittore Massimo Bontempelli, accompagnato dalla poetessa e narratrice Paola Masino. In realtà, l'ipotesi suggerita da Camilleri, e rilanciata da Ferlita, se prestiamo attenzione alla biografia dell'artista, si rivela fragile. Non bisogna dimenticare, ad esempio, che al tempo delle operazioni militari contro l'Etiopia, Pirandello, di ritorno da una sua permanenza all'estero, a chi lo intervistava per "L'Italia letteraria" ( 27 ottobre 1935), dichiarava: «Sono tornato in Italia da pochi giorni: non volevo star lontano in un momento politico così delicato...». Qualche giorno dopo, il 29 ottobre, al Teatro Argentina, di fronte a Mussolini, Pirandello pronunciava un discorso in cui, esaltato anche dal fatto che il duce aveva dato il suo assenso alla realizzazione di un Teatro di Stato, plaudiva all'impresa etiopica: «L'opera nostra, [cioè l'impresa africana] quando sarà compiuta, non risentirà di questa prima accoglienza ostile che oggi le fa il mondo. L'Autore di questa nostra grande opera in atto è anch'egli un Poeta che sa bene il fatto suo. Vero uomo di teatro, eroe provvidenziale che Dio al momento giusto ha voluto concedere all'Italia, agisce, autore e protagonista, nel Teatro dei Secoli; e ogni volta opportunamente sa dire la giusta parola a tutti, la giusta battuta, sia che la sua voce debba essere udita e vagliata oltre i confini della Patria, sia che in Patria parli alle milizie che partono per conquistare al popolo italiano, che ne ha diritto e bisogno, un po' di terra al sole, o che parli con tanto amore della terra e con tanta umanità agli agricoltori perché non ci lascino mancare il pane quotidiano di cui, ove occorra, sapremo tutti accontentarci; o che parli ai poeti, quando vuole che il popolo sia ammesso al teatro, non certo per assistere a effimeri e vani giuochi scenici, ma per nutrire e ritemprare il suo spirito con opere degne di questi tempi di sensi svegli e di serissimi impegni…Auguriamoci, o Signori, che i provvedimenti già presi e tutti quelli maggiori e più effettivi ancora da prendere, diano presto fondamento e decoro al nostro teatro…e salutiamo intanto, con cuore fedele e con cuore devoto fino all'estremo, il nostro Duce». Mentre in occasione della "Giornata dell'Oro alla Patria", Pirandello donava, insieme ad altri oggetti d'oro, anche la medaglia del Premio Nobel. Pertanto, forse è più giusto dire che il vero distacco del drammaturgo dal regime si verificò al momento della morte, nel 1936. Le ultime volontà dello scrittore - lasciar passare sotto silenzio la sua morte, carro d'infima classe, divieto a parenti e amici di seguirlo, cremazione e dispersione delle ceneri al vento stridevano con «la bella morte fascista» e dribblavano beffardamente ogni strumentalizzazione politica presente e futura.
Lorenzo Catania
 
 

RagusaNews, 28.11.2018
Cinema, La Regione cofinanzia ben 34 produzioni, c'è Montalbano
Da Emma Dante a Franco Maresco; dal Commissario Montalbano al film tratto dal libro-testimonianza del medico lampedusano Pietro Bartolo

Palermo - È stata pubblicata la graduatoria delle opere sostenute in esito all'ultimo bando per il cofinanziamento di opere audiovisive da realizzare in Sicilia, pubblicato dall'Assessorato al Turismo Sport e Spettacolo della Regione Siciliana, attraverso l’Ufficio Speciale per il Cinema e l’Audiovisivo / Sicilia Film Commission, nell'ambito del programma Sensi Contemporanei Cinema.
[...]
Due le opere ispirate dalla penna di Camilleri: il lungometraggio “Il casellante”, per la regia di Rocco Mortelliti, prodotto da “Settima Entertainment” e, tra le serie tv, primo in graduatoria, “Il Commissario Montalbano (17)”.
[...]
 
 

La Repubblica, 28.11.2018
Serie Tv
Il debutto de 'L'amica geniale' arriva a quota 7 milioni: lo share a quasi il 30% fa il botto
Il pubblico ha premiato la serie diretta da Saverio Costanzo con uno share enorme, pari al 29.3%

[...]
Il successo della serie di Costanzo è enorme: per capire la portata di questi numeri, ricordiamo che l'altra amatissima serie televisiva italiana, Il commissario Montalbano, il personaggio nato dalla penna di Andrea Camilleri e incarnato da Luca Zingaretti, ha raggiunto cifre-record oltre il 45,1% di share, con l'episodio più visto di sempre, intitolato La giostra degli scambi, vista da ben 11 milioni e 386mila spettatori.
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Corriere della Sera, 28.11.2018
Tv
«L’amica geniale» conquista 7 milioni di spettatori, grande successo per la fiction di Rai1
Funziona la serie tratta dal romanzo di Elena Ferrante. I tre segreti del successo: l’origine letteraria, l’importanza delle coproduzioni, la scommessa (vinta) del dialetto

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Un successo che si porta dietro diverse considerazioni sulla fiction in generale. L’amica geniale è al terzo posto tra i titoli più visti dall’inizio dell’anno dopo Montalbano (11,5 milioni di spettatori per Zingaretti) e La mossa del cavallo (8,2 milioni per Riondino), tutti tratti da opere letterarie (nei primi due casi sempre Camilleri). Non è un caso che il target dei laureati davanti alla tv sia stato molto alto: il 58,5% e il 42% di share per le due fiction da Camilleri; il 35,6% per quella da Elena Ferrante. «È una bella dimostrazione di come la creatività e la cultura italiana possano tenere insieme al più alto livello la letteratura e la televisione» riflette Tinny Andreatta, direttrice di Rai Fiction.
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Renato Franco
 
 

il Clandestino, 28.11.2018
Letture da Gustare, il 5 dicembre Santucci presenta: A cena con Montalbano

Mercoledì 5 alle 20,30 torna la manifestazione più acclamata, negli ultimi 5 anni, della Associazione Culturale La Teca: Letture da gustare, un felice incontro fra la letteratura e la cultura gastronomica. Infatti lo spettacolo che avrà come protagonista uno scrittore e le sue opere, sarà arricchito da una cena composta da piatti della regione corrispondente. Per iniziare abbiamo scelto Camilleri e il suo personaggio più conosciuto: il commissario Montalbano. Due racconti saranno letti da due attori (Salvatore Santucci e Flavio Marigliani) mentre verrà servita una cena con piatti siculi. Il partner dell’Associazione sarà La Locanda dell’Orso Rosa, che si trova in località Sacida. Dunque mercoledì 5, alle 20,30 A cena con Montalbano.
Prenotazione obbligatoria allo 069819369
 
 

DavideMaggio.it, 29.11.2018
Palinsesti Rai 1, inverno 2019: Ora o Mai Più al sabato sera. Tornano anche Montalbano e Superbrain

Si va delineando l’offerta delle reti Rai per il periodo compreso tra il 13 gennaio e il 30 marzo 2019. Il palinsesto invernale dell’ammiraglia sarà invaso come ogni anno dal Festival di Sanremo e da alcuni eventi sportivi, ma non mancheranno le fiction, con l’atteso ritorno di Salvo Montalbano. Ecco come appare al momento l’offerta di Rai 1, suscettibile però di variazioni.
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Il lunedì sarà terra della fiction nostrana [...] con i nuovi episodi de Il Commissario Montalbano, che dovrebbero essere in onda il 18 e il 25 marzo.
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Stefania Stefanelli
 
 

Teatro Vitaliano Brancati, 29.11.2018
Filippo Mancuso e Don Lollò va in tournée

Dopo il grandissimo successo e la carrellata di sold out collezionati nelle 19 repliche al Teatro Brancati di Catania, lo spettacolo Filippo Mancuso e Don Lollò con Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina, scritto da Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale, parte ora per le primissime date della tournèe regionale. Lo spettacolo prodotto dal Teatro della Città – Centro di Produzione Teatrale, sarà venerdì 30 novembre e sabato 1 dicembre al Teatro Comunale-Garibaldi di Modica; il 7 dicembre, a Chiaramonte Gulfi, sarà lo spettacolo inaugurale della nuova Sala Sciascia. A grande richiesta, il 18 e 19 dicembre, la commedia tornerà al Brancati di Catania per due ulteriori repliche, per poi approdare il 21 e 22 dicembre al Teatro Comunale di Siracusa.
Diretta da Giuseppe Dipasquale, la pièce sancisce il ritorno insieme sulle scene, dopo 10 anni, dei due grandi mattatori catanesi, da sempre beniamini del pubblico di ogni età. Al loro fianco i bravissimi Margherita Mignemi, Riccardo Maria Tarci, Franz Cantalupo e i giovani Lorenza Denaro e Luciano Fioretto. Le scene sono dello stesso Dipasquale, i costumi delle Sorelle Rinaldi, le musiche del maestro Matteo Musumeci, le luci di Sergio Noè.
La commedia di situazione, che il 25 ottobre ha inaugurato l’XI Stagione del Brancati e che tanto ha divertito il pubblico accorso da varie parti della Sicilia, collezionando applausi a scena aperta a ogni replica, è nata da una promessa che risale alle prime rappresentazioni di La concessione del telefono di Camilleri quando, nell’unica scena nella quale Pattavina (Filippo Mancuso) e Musumeci (Don Lollò) si incontravano come personaggi, si creava una vera e propria commedia nella commedia. Una meraviglia di divertimento che però sbilanciava lo spettacolo e che fece promettere a Dipasquale e Camilleri la creazione di una commedia ad hoc che assecondasse la verve comica e il talento dei due attori: grandi come singoli, insuperabili in coppia.
TRAMA: Il Cavaliere Filippo Mancuso, ricco proprietario terriero, ha un chiodo fisso: deve fare assumere il figlio Alberto in un’importante banca della Sicilia, per mandarlo via da Vigàta e assicurargli un futuro nuovo. Purtroppo c’è un inconveniente, Alberto è terribilmente stupido e senza una buona raccomandazione non potrà riuscire in nulla. Don Lollò, ovvero Calogero Longhitano, uomo di rispetto di Vigàta, è tormentato da un cruccio familiare: la figliuola Lillina, Calogera anch’ella, è in età da marito. Purtroppo Lillina, pur essendo una fanciulla molto intelligente e perspicace, si trova ad avere un difetto di movimento che la rende, come dire… sciancata. Don Lollò potrebbe maritarla con qualcuno a forza, ma vuole molto bene alla figlia e vorrebbe per lei una vita felice… Provate solo a immaginare quello che accadrà.
 
 

Ragusa Oggi, 29.11.2018
Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina aprono la nuova stagione di prosa al Garibaldi di Modica

MODICA – Grandissima attesa per il primo spettacolo della nuova stagione di prosa della Fondazione Teatro Garibaldi di Modica con la commedia scritta da Andrea Camilleri e da Giuseppe Dipasquale con protagonisti gli attori catanesi Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina in “Filippo Mancuso e Don Lollò”.  Il successo della prevendita per la rappresentazione, inizialmente prevista solamente venerdì 30 novembre, ha spinto il sovrintendente Tonino Cannata e il direttore artistico Giovanni Cultrera, a programmare una seconda replica il giorno successivo, sabato primo dicembre.
Il testo della commedia “Filippo Mancuso e Don Lollò” è stato scritto su misura dei due bravi attori siciliani a seguito di una promessa che Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale hanno fatto loro dopo il successo de “La concessione del telefono” in cui in una scena i due personaggi di Pippo Pattavina (Filippo Mancuso) e di Tuccio Musumeci (Don Lollò) si incontravano sul palco e, grazie al loro affiatamento e alla loro bravura nell’improvvisazione, creavano moduli teatrali con un risultato strabiliante che non aveva nulla da invidiare alla coppia Totò e Peppino. È così che i due autori hanno deciso di intraprendere la scrittura di una nuova commedia di situazione partendo proprio dai quei personaggi. All’interno della rappresentazione infatti, si snoda la vicenda del Cavaliere Filippo Mancuso, un ricchissimo proprietario terriero, che vuol fare assumere il proprio figlio Alberto in un’importante banca per mandarlo via da Vigata e assicurargli un futuro nuovo. Purtroppo però, il figlio Alberto è terribilmente stupido. Accanto a questa storia si sviluppa quella di Don Lollò e il suo tormento dovuto al fatto che la figlia Lillina non riesce a sposarsi anche a causa di un difetto di movimento che la rende “sciancata”.
I due mostri sacri del teatro siciliano, Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina, che tanto hanno regalato in arte al pubblico italiano in mezzo secolo di spettacoli continueranno ad offrire momenti esilaranti di comicità di altissimo livello che faranno sicuramente divertire gli spettatori a cui si alterneranno momenti di pura improvvisazione tutti da godere. Appuntamento dunque per questo venerdì 30 novembre e sabato 1° dicembre alle ore 21:00 per assistere ad uno spettacolo che ha tutte le caratteristiche per far avvicinare e divertire tutti gli spettatori. Per assistere allo spettacolo è possibile acquistare i biglietti on-line attraverso la piattaforma ciaotickets all’indirizzo https://www.ciaotickets.com/evento/filippo-mancuso-e-don-lollo. Per qualsiasi altra informazione è possibile consultare le pagine social della Fondazione Teatro Garibaldi di Modica, il sito internet www.fondazioneteatrogaribaldi.it o telefonare al 0932/946991. La prosa tornerà protagonista al Teatro Garibaldi di Modica domenica 9 dicembre con “La Locandiera” di Carlo Goldoni con l’interpretazione della famosa e brava Amanda Sandrelli affianco a Alex Cendron.
 
 

Fondazione Teatro Garibaldi Modica, 30.11-1.12.2018
Filippo Mancuso e Don Lollo`
Ore 21
Di Andrea Camilleri, Giuseppe Dipasquale
Regia Giuseppe Dipasquale
Con Tuccio Musumeci, Pippo Pattavina
Franz Cantalupo, Lorenza Denaro, Luciano Fioretto, Margherita Mignemi, Riccardo Maria Tarci
produzione Teatro della citta`

Una commedia che nasce da una promessa mantenuta: quella di scrivere un testo originale per Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina, due mostri sacri del palcoscenico italiano. A manntenere la promessa sono stati Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale che, dopo il successo di “La concessione del telefono”, sono ora autori di questa “commedia di situazione”, diretta dallo stesso Dipasquale e prodotta da Teatro della Citta`. «La promessa – spiega il regista Dipasquale - nasceva da un imprevedibile accadimento: l’unica scena de “La concessione del telefono”, nella quale Pippo (Filippo Mancuso) e Tuccio (Don Lollo`) si incontravano come personaggi, aveva preso una evoluzione particolare. I due attori procedevano, secondo la grande tradizione comica siciliana, anche per moduli di improvvisazione con un risultato strabiliante che non aveva nulla da invidiare alla coppia Toto` e Peppino. Una meraviglia per il godimento del momento, di circa 25 minuti, ma uno sbilanciamento per lo spettacolo». E cosi`, per “riportare l’ordine” avvenne la proposta di scambio: se Musumeci e Pattavina avessero riportato la scena entro una durata accettabile, Dipasquale e Camilleri avrebbero scritto una commedia ad hoc partendo dai quei personaggi. La promessa e` stata mantenuta.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 30.11.2018
La raccolta
Com’è noir la Sicilia degli investigatori di carta da Camilleri a Costa per vivere “Una giornata in giallo”

Una giornata in giallo", la nuova raccolta firmata da un pool di autori best seller Sellerio, ha tutte le carte in regole per essere il libro da leggere (e regalare) questo Natale. Tutti i racconti selezionati ruotano attorno a grandi e piccoli misteri che si districheranno nell'arco di ventiquattr'ore, regalando al lettore uno scampolo d'avventura con i protagonisti tanto amati nel mondo del crime all'italiana. Apre le danze Andrea Camilleri con Ventiquattr'ore di ritardo che vede Salvo Montalbano in un giorno apparentemente innocuo in cui tira la bonaccia, scoprire quanto possa essere scomodo trovarsi fra l'incudine dello Stato e il martello della mafia. Una posizione inattesa e indesiderabile per lui che non accetta d'esser servo di chicchessia. Un'avventura narrata con la lingua ricchissima di sfumature dell'autore di Porto Empedocle, ormai amato ad ogni latitudine. Ancora Sicilia con Gaetano Savatteri a cui tocca condurre il disoccupato di lusso, Saverio Lamanna - con il fidato Peppe Piccionello che sfoggia magliette superbe e la bella Suleima - a Gibellina fra opere d'arte e desolazione, nel racconto La città perfetta sulle tracce di un furto d'arte che desta sconcerto. L'humour sbarazzino e le descrizioni delle bellezze architettoniche d'avanguardia, fanno in modo che la Sicilia diventi metafora d'ogni cosa: terra bellissima per i forestieri, talvolta amara per chi vi abita fra meraviglie incomprensibili, in una cittadina che sembra «una astronave naufragata nel nulla» e ruba la giovinezza alle nuove generazioni, costrette a scappare per mettersi in salvo. Con Santo Piazzese e il "suo" Lorenzo La Marca facciamo ritorno nella città di Palermo per La ballata della lucciola e di Maria Walewska fra la vitalità del nuovo centro storico ormai invaso dalla movida e il buco nero della periferia, alle prese con una biscia ammaestrata e un mistero da risolvere prima possibile. Del resto, il tempo corre via e la notte non dura in eterno.
E infine, per restare tra le voci siciliane che formano la raccolta Sellerio, tornano con le peripezie di Angela Mazzola - la giovane poliziotta nata dalla penna di Gian Mauro Costa - che nonostante le mezze promesse del questore, continua ad occuparsi di scippi e fra le pagine de La grande rapina al furgoncino cercherà di risolvere un enigma: a cosa servono i famigerati kalashnikov se il bottino sono dei miseri mazzi di carciofi?
Francesco Musolino
 
 

Oltre Vigata, 30.11.2018


 
 

AgrigentoOggi, 30.11.2018
Raiuno a Porto Empedocle
La manifestazione Percorsi d’Inchiostro, Sulle Orme del Commissario Montalbano che si è svolta Domenica 25 novembre all’interno della 7^ Fiera delle Associazioni “Un Libro alla Volta”, è stata ripresa dalla troupe di Uno Mattina in Famiglia, Rai Uno.
Il servizio verrà trasmesso Domenica 2 dicembre alle ore 6:32.

La settima edizione della manifestazione è stata la più ricca ed interessante di sempre ed ha coinvolto per tre giorni centinaia di persone animando la Torre Carlo V di Porto Empedocle e le strade cittadine. Grande partecipazione per l’interessante dibattito tra sociologi, magistrati, giornalisti ed esponenti delle forze dell’ordine sulla pericolosa liaison tra nuove forme di comunicazione e criminalità organizzata; grande emozione per la storia di vita e di scienza del biologo di origini empedocline Ignazio Caruana; grande interesse per la presentazione dell’ultimo libro dello scrittore meridionalista Pino Aprile. Il klimax delle tre giornate si è però raggiunto domenica mattina con la seconda edizione di “Percorsi d’inchiostro” che ha visto oltre 250 persone assistere a scene tratte dagli sceneggiati televisivi andando a spasso per Porto Empedocle lungo i luoghi reali dei romanzi di Andrea Camilleri con protagonista il Commissario Montalbano.
“Un successo notevole che premia il lavoro ed il sacrificio di tutti i soci – dice il Presidente di Oltre Vigata Danilo Verruso – e ci da un forte impulso per andare avanti e non arrenderci di fronte alle difficoltà da superare tutti gli anni per organizzare la Fiera. Va sottolineato anche il grande successo di pubblico riscontrato dagli appuntamenti cosiddetti di contorno. Abbiamo avuto concerti, spettacoli teatrali, spettacoli per i bambini. Il carnet quest’anno è stato sicuramente più ricco che mai. Adesso un breve periodo di riposo e poi si riparte per organizzare l’ottava edizione“.
 
 

succedeoggi, 11.2018
Consigli per gli acquisti
Morti che parlano
Javier Marias, Georges Simenon e Andrea Camilleri: tre gialli per tre mondi diversi. Ma che al centro hanno sempre il gusto di andare alla scoperta di vite sconosciute. E finite

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Il particolare. Rieccolo, l’autore più seguito e forse più amato dagli italiani (e tradotto in tutto il mondo): Andrea Camilleri. Il quale, malgrado i suoi 93 anni e la cecità, continua ad affabulare. Stavolta la Sellerio pubblica una serie di racconti intitolata Gli arancini di Montalbano (421 pg., 15 euro). Alcuni (pochi) dei venti testi sono già apparsi su varie riviste tra cui La Stampa. Il famoso commissario di Vigata ha ormai comportamenti che si ripetono, uno dei quali è il risveglio dopo un sonno travagliatissimo e addirittura da battaglie stellari. Colpa della “vecchiezza“ (ma non pare, vedendolo in azione) e delle sarde preparate dalla cameriera. Altra particolarità delle inchieste è che principiano da un particolare. In un racconto si narra di tale Enea Silvio Piccolomini, un “povirazzo“ e per giunta cieco e mutilato. Piccolomini era papa Pio ii. Ad apporre, a un suo antenato il nome di battesimo era stato un funzionario burlone dell’anagrafe. Il nostro personaggio lo ha ereditato. Viene trovato morto a letto apparentemente avvelenato dalle esalazioni di gas. Ma come mai il suo cane non ha avuto la stessa sorte? Montalbano indaga scrupolosamente tra una supposizione e l’altra, scoprendo che in una banca di Sampedusa l’anziano aveva molti soldi. Il lettore presti attenzione alla stampella e a bastone, a un’associazione caritatevole ma anche allo stesso cane.
Pier Mario Fasanotti
 
 

 


 
Last modified Monday, August, 09, 2021