La Sicilia, 1.5.2024
Teatro Brancati. Da domani al 10 maggio in una nuova edizione “Troppu trafficu
ppì nenti” di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale
Questo Shakespeare dall’animo siciliano nella giostra degli intrighi
«Se davvero Shakespeare fosse
siciliano? Ci piacerebbe per spirito di patria, poterlo credere, ma la storia,
si sa, non la si fa coi se!». Da questa suggestione prende avvio lo spettacolo
“Troppu trafficu ppì nenti” di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale (che cura
anche regia e scene). Prodotto dal
Teatro della Città – Centro di Produzione Teatrale, sarà in scena al Teatro
Brancati di Catania da domani 2 maggio (debutto ore 21) fino a venerdì 10.
Un’occasione imperdibile per vedere la pièce che, dalla sua prima
rappresentazione nel 2000, è stata accolta con grande successo in Italia e
all’estero. In scena, in questa nuova edizione, un cast formato da – in ordine
di apparizione – Angelo Tosto, Ramona Polizzi, Lucia Portale, Anita Indigeno,
Lorenza Denaro, Filippo Brazzaventre, Ruben Rigillo, Daniele Bruno, Cosimo
Coltraro, Luciano Fioretto, Alex Caramma, Vincenzo Volo, Valerio Santi, Rosario
Valenti, Pietro Casano. I costumi sono di Dora Argento e Angela Gallaro Goracci. «Michele Agnolo o
Michelangelo Florio (Scrollalanza dal lato materno), di origine quacquera, visse
parte della sua vita, sfuggendo alle persecuzioni religiose, nelle isole Eolie,
a Messina, a Venezia, a Verona, a Stratford e a Londra», introduce così il
lavoro l’autore e regista Giuseppe Dipasquale. «E fu autore di molte tragedie e
commedie ambientate nei luoghi suddetti, che dimostrava di ben conoscere, così
come dimostrava di ben conoscere la lingua italiana ed il teatro italiano,
nonché di avere una buona dimestichezza con la scena italiana. Alcune sue opere
rinvenute sembrano essere la versione originaria di altre ben note opere
attribuite a Shakespeare, come “Troppu trafficu ppì nenti”, scritta in messinese,
che potrebbe essere l’originale di “Troppo rumore per nulla” di Shakespeare,
apparsa 50 anni dopo». Una bella
suggestione, senza dubbio. Da cui è nata l’idea di un “Troppo rumore per nulla”
in salsa siciliana. «Immaginiamo quindi – continua – una Messina in mezzo al
Mediterraneo così come Shakespeare se la poteva immaginare: esotica, viva,
crocevia di magheggi, che avrebbero fatto di una festa nuziale il complicato
intreccio per una giostra degli intrighi. Immaginiamola seguendo con le orecchie
la parlata di quei personaggi che nel vivo di un dialetto carico di umori e
ambiguità, dipana le trame di una vicenda originariamente semplice, ma dai
risvolti complicatissimi. Immaginiamo che tutto ciò sia il frutto di un
carattere tipicamente mediterraneo, se non propriamente siciliano ed ecco che
potremo anche credere, anche solo per una volta, che William Shakespeare, di
Stratford-on Avon , sia potuto essere quel tale Michele Angelo Florio
Crollalanza partito in fuga da Messina. Poiché non c’è nulla di
meravigliosamente siciliano che il potere complicare, da un dato semplice, una
vicenda fino a farla diventare surreale».
«Troppu trafficu ppì nenti – conclude Dipasquale – è il modello eterno di un
carattere terribilmente semplice, come quello siciliano, che ama complicarsi
l’esistenza in un continuo arrovigliarsi su se stesso. Merito particolare di
questa creazione, la lingua siciliana illustre ricostruita nelle sue scaturigini
più nobili, con qualche spazio per la modernità del proverbiare e scelte
fonetiche che appaiono insolite oggi, ma che dovevano essere consuete in corti
dove il latino era la lingua diplomatica. Solennità di portamento e dizione
rotonda per tutti tranne nei riquadri burleschi che il Bardo inframmetteva anche
nelle più cupe storie per stemperarne l’amaro. Allora (nell’episodio della ronda
notturna) si sprigiona l’umor faceto di tre guardie dai modi levantini, dal
linguaggio misto di assonanze orientali e di comiche caricature espressive. Per
il resto è teatro di parola, in cui espressioni arcaiche danno lo spessore di
una cultura antica di secoli ai più ignota».
«Difficile da raccontare,
perché c’è dentro il sogno d’un sogno, le ossessioni di noi attori, le crisi
creative di un autore, e i complicati e scivolosi edifici dei personaggi, e
tutto un mondo di visioni». Manuela Mandracchia si riferisce a “Il canto dei
giganti”, progetto che condivide e cointerpreta con Fabio Cocifoglia ispirandosi
liberamente (ma non soltanto) ai “Giganti della Montagna” di Pirandello,
spettacolo con musiche dal vivo di Mario Crispi, Mario Rivera e Chiara Minaldi,
con in scena foto di Letizia Battaglia e di sua figlia Shobha, e video di Pippo
Zimmardi, al Teatro India da domani 2 maggio. Una produzione della Casa del
Contemporaneo, col Teatro di Roma. Manuela, lei ha
precedenti illustri con Pirandello. Ha affrontato “Questa sera si recita a
soggetto” sia con Ronconi che con Castri, e poi “Festa di famiglia” con
citazioni pirandelliane multicombinatorie di Camilleri. “Il canto dei giganti”
menziona ancora più opere dello scrittore agrigentino? «Il lavoro è
frutto d’un complesso percorso. Dall’idea di una lettura/concerto con musicisti
siciliani (rimasti tutt’ora) siamo passati al rapporto tra i problemi di noi
teatranti e la costruzione d’una struttura creativa, facendo vari accostamenti,
rielaborando tematiche di Pirandello su scena, letteratura, biografia e follia,
estraendone un viaggio nella sua scrittura rimontata a scatole cinesi di quadri
e sviluppi». […] La vostra
struttura? «Partiamo
dall’autore, impersonato da Cocifoglia, che dialoga coi personaggi, e poi si
incrociano le storie. Dove lui incontra sua madre (che gli dice “Ma tu perché
adesso ti lamenti della (prima) guerra, l’hai tanto voluta?”), e come Camilleri
prendiamo anche noi battute pirandelliane e le distribuiamo in un labirinto di
testi. Qui c’è tutto il travaglio dell’autore prima dei Giganti, compresa la
coscienza di sua moglie ricoverata in manicomio». […]
Rodolfo Di Giammarco
Dal 2 maggio andrà in scena
al Teatro Vitaliano Brancati di Catania lo spettacolo Troppu
trafficu ppi nenti, di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale.
Il testo gioca con “la teoria” secondo cui Shakespeare avrebbe anche potuto
essere un siciliano ovvero un certo Michele Agnolo Florio, di origine quacquera,
che sfuggì alle persecuzioni religiose, approdando via via a Stratford on Avon e
a Londra. Il classico shakespeariano Troppo rumore per nulla viene rivisitato in
pura venatura sicula e dall’incipit surreale viene fuori una pièce teatrale che
trasforma il rigore inglese in una farsa isolana, mantenendo intatto il copione
teatrale e trasformandolo in una ancora più godibile commedia.
Al Teatro
Vitaliano Bancati di Catania, ritorna in scena dal 2 al 10
maggio lo spettacolo tanto acclamato dal pubblico “Troppu
trafficu ppi nenti“, di Andrea
Camilleri e Giuseppe
Dipasquale. Il testo gioca con “la teoria” secondo cui Shakespeare avrebbe
anche potuto essere un siciliano ovvero un certo Michele Agnolo Florio, di
origine quacquera, che sfuggì alle persecuzioni religiose, approdando via via a
Stratford on Avon e a Londra. Il classico shakespeariano Troppo rumore per nulla
viene rivisitato in pura venatura sicula e dall’incipit surreale viene fuori una
pièce teatrale che trasforma il rigore inglese in una farsa isolana, mantenendo
intatto il copione teatrale e trasformandolo in una ancora più godibile
commedia. Per questo nuovo spettacolo abbiamo incontrato il regista Giuseppe
Dipasquale, condividendo la storia di come nasce lo spettacolo e quali saranno
le novità.
Salve Giuseppe,”Troppu trafficu ppi nenti” lo spettacolo che viene accolto con
grande successo in Italia e all’estero e che celebra la grande collaborazione
con Camilleri, ci vuoi raccontare come nasce?
“Troppu
trafficu”
nasce da uno scherzo che io e Andrea
Camilleri abbiamo
voluto fare 24 anni fa, era proprio l’estate
del 2000 e parlando insieme a lui mi è venuto in mente che un professore di nome
Martino Iuvara, aveva
scritto nuovamente sulla tesi che Shakespeare non era Shakespeare, era un
siciliano, un quacchero palermitano scappato da Palermo e che si era rifugiato
dai cugini a Stratford, una di quelle storie romanzate che oltre tutto in questi
anni sono venute fuori di più a dismisura, allora parlando con Andrea gli dissi,
«perché non facciamo uno scherzo? Facciamo finta di aver trovato un testo che
noi tradurremmo da “Molto
rumore per nulla”
in siciliano antico e facciamo finta di averlo trovato in una cassa di una
biblioteca e lo intitoliamo appunto in “Troppu
trafficu ppi nenti“,
che era la traduzione in siciliano… Camilleri ascoltando la mia idea si mise a
ridere e mi disse: «sei un criminale, come ti vengono certe idee?» da lì gli
dissi «perché non ti piacerebbe?» e lui mi rispose: «mi piacerebbe da pazzi!»…
e fu lì che gli dissi allora facciamolo!! Da lì ci siamo messi al lavoro e ne è
venuto fuori questo testo che devo dire ha dato in 24 anni moltissimi risultati.
La compagnia è sempre la stessa o ci saranno delle novità? In 24 anni la compagnia è cambiata tante
volte, ci sono attori che sono rimasti fin dalla prima edizione come: Filippo
Brazzaventre, Angelo Tosto, ma
gli altri sono generazioni di attori che si sono avvicendati perché è uno
spettacolo che nella sua formula, per com’è nata, consente un po’ l’inserimento
un po’ come nel distinguo del paragone, come una sorta di Arlecchino servitore
di due padroni di Strehler, che è stato fatto per moltissimi anni ma gli attori
dentro si avvicendavano, poiché lo spettacolo, la formula dello spettacolo
funzionava bene e quindi non c’era bisogno cambiando gli attori di cambiare
spettacolo. Così è stata la stessa cosa per “Troppu
trafficu ppi nenti”,
lo spettacolo è rimasto quello, nella sua formula espressiva, nella sua messa in
scena ma gli attori all’interno hanno dato a rotazione, nuovo volto ai
personaggi.
Uno spettacolo che replica già da 24 anni e che riserva sempre tante novità, ci
vuoi anticipare qualcosa?
Ogni volta che si fa uno spettacolo, come diceva Pirandello con
altri attori, altre disposizioni ed altre luci, è sempre una cosa nuova ed
appunto ogni edizione di “Troppu
trafficu”,
è stata pur fedele a sé stessa ma allo stesso tempo nuova, perché questo è uno
spettacolo che nasce in una piazza ma poi si trasferito all’interno di un
cortile (…parlo negli anni)all’interno dei teatri al chiuso, l’abbiamo portato
in Polonia, in Romania, all’interno di un teatro Elisabettiano come il Globe
Theatre di Gigi Proietti, dov’è
stato ben tre volte a replicare, ogni volta ha dato una novità nella forma dello
spettacolo. La novità in questa edizione è essendo in un teatro al chiuso, un
teatro all’italiana quindi non in uno spazio aperto, c’è maggiore possibilità di
gustare e di godere di questa lingua che siamo riusciti ad inventare, questa
lingua siciliana che non è un siciliano parlato ma un siciliano ricostruito
attraverso il lessico, tesoro linguistico del 500 e che diventa teatralmente
molto espressiva, in questo si gode molto di più in uno spazio chiuso.
Il teatro è sempre alla ricerca di nuove forme di linguaggio, ma qual è il
messaggio che Di Pasquale vuole dare con questo nuovo spettacolo?
Credo che questo spettacolo sia per me, lo spettacolo della gioia, uno
spettacolo unico che tra l’altro nella mia carriera di regista ed unicamente lo
spettacolo che ho ripreso più volte in 24 anni, perché lo considero uno
spettacolo dove sono riuscito a trasferire tutta la gioia di fare teatro e lo si
vede anche nel rapporto con gli attori, la compagnia è affiatatissima anche se è
cambiata negli anni, ogni volta ho provato a trasferire questa necessità, che io
credo fondamentale per una regia e per il rapporto con il pubblico di costruire
un unico fiato, un’unica anima un unico respiro tra persone diverse, pur nella
loro diversità attoriale e soprattutto diversità che devono consegnare ad i
personaggi, tuttavia devono recitare come un sol uomo, ecco questo è già un
insegnamento che già Shakespeare dava
e che in maniera magica ed in maniera devo dire singolare, sono riuscito a
trasferire in questo spettacolo e credo che possa essere una cosa di cui posso
andare orgoglioso.
Patrizia D'Urso
Sherlock Magazine,
3.5.2024
L'angolo Giallo di Fabio Lotti
Un sabato, con gli amici Tre uomini e tre donne in carriera…
Un sabato con gli amici di Andrea
Camilleri, Sellerio 2024.
Prima sensazione a fine lettura. Già dal
titolo, con quella strana virgola posta nel mezzo, si intuisce che qualcosa non
va. E poi linguaggio veloce, duro, secco, rigido che si affida soprattutto ai
dialoghi come sulla scena di un teatro. Niente dialetto, battute, umorismo e
ironia. Niente svolazzi di tenerezza o commozione come eravamo abituati leggendo
i libri del nostro Camillerone. Le vite di Matteo, Gianni, Giulia, Fabio,
Anna, Andrea e Renata detta Rena sono vite dure, crude, segnate sin
dall’infanzia da dolorosi traumi che troverete scarnificati nel primo capitolo e
completati alla fine (abusi, violenze, suicidio, omicidio…). Sei amici che si
conoscono sin dagli anni della scuola e si sono fatti strada nella vita. Insomma
personaggi in carriera. Si ritrovano il sabato sera insieme ad un compagno
ritornato improvvisamente dopo tanto tempo. Con una particolarità, anzi tre: è
gay, comunista e senza un soldo in tasca. Alle quali se ne aggiunge una perfida
quarta: possiede delle foto particolarmente scomode per uno del gruppo. Ecco proprio questo personaggio, durante la
riunione del sabato in casa di Rena, precipita giù dalla terrazza sbattendo sul
tetto di una macchina come “un pupazzo disarticolato”. Dopo una rimpatriata
piuttosto fredda da parte degli altri e una veloce serie martellante di
dialoghi, ricordi e ricordi, sguardi d’intesa, occhiate malevoli, paura, rabbia,
ricatti, intrallazzi, tradimenti e improvvisi amplessi che rendono i vari
personaggi ormai chiusi nelle loro depravazioni e dannazioni al limite del
disgusto. Ma chi è stato a farlo cadere? E’ caduto da
solo o qualcuno l’ha spinto? Comunque nessuno ha speso una parola per lui visto
come “Una meteora che per un istante ha attraversato il gruppo e poi è andata a
disintegrarsi.” Un romanzo anomalo nella produzione di
Camilleri dove non c’è nemmeno una piccola, esile luce che si accende nel buio
delle esistenze. Ma potremo saperne molto, ma molto di più a fine storia
leggendo Il teatro.
La cattiveria. Il gelo di Nicola
Lagioia, esempio perfetto di come si commenta e approfondisce un libro
attraverso vari collegamenti culturali.
Buona lettura.
[…]
L’ultimo spettacolo della stagione “Troppu Trafficu Ppi Nenti”, di Andrea
Camilleri e Giuseppe Dipasquale, con la regia di Giuseppe Dipasquale andrà in
scena l’11 (ore 21) e il 12 maggio (ore 17,30).
[…]
Giuseppe Schifitto
Grande spettacolo, con tutto quello che fa piacere trovare a teatro: scenografia
accattivante, testo coinvolgente, recitazione incalzante. Troppu trafficu ppi
nenti fa centro 3 volte. Scritto a quattro mani da Camilleri e Dipasquale, il
testo rimane fedele alla commedia di Shakespeare, Molto rumore per nulla, che il
genio inglese aveva ambientato a Messina. Aria di Sicilia, quindi, fin dalle
origini, nello sviluppo della trama e nella collocazione. Il duo di autori fa il
resto. Dialetto (o lingua?) siciliano, che più sapido ed espressivo non sarebbe
potuto essere, ironia che sgorga a sorpresa a ogni piè sospinto. E defilata quel
tanto che serve, ma solida e sempre presente, la visione lucida e grottesca
dell’animo dei siciliani, la loro tendenza, tanto per dirne una, ad
aggrovigliare persino le cose semplici, come annota il regista Dipasquale nelle
sue note, così come l’indole irascibile e collerica che può scompaginare gli
equilibri apparentemente più solidi. Ma il teatro è spettacolo, non (solo)
filosofia. E i concetti vanno espressi sulla scena. Compito, tutt’altro che
semplice per testi di tale importanza. Non stupisce che in questa occasione sia
stata messa in campo una vera e propria “grande armée” di attori: Angelo Tosto (Lionatu),
ieratico padre di Eru (Anita Indigeno), Daniele Bruno, Claudiu, il fidanzato di
Enu, Ramona Polizzi, incantevole nel suo ruolo di “rispustera”, Filippo
Brazzaventre, impeccabile Don Petru, Ruben Rigillo, Binidittu, Cosimo Coltraro,
nel ruolo scomodo del cattivissimo (bastaddu) don Giuvanni, Vincenzo Volo,
divertentissimo Carrubba, protagonista, in coppia con Rosario Valenti, di una
delle scene più divertenti della pièce. Assieme a loro, Lucia Portale (Orsola),
Lorenza Denaro (Margherita), Luciano Fioretto (Barracciu), Alex Caramma (Corradu), Valerio
Santi (Sorba), Pietro Casano (Frati Cicciu). A loro l’arduo compito di dare vita
alla commedia nel suo sviluppo comico così come in quello “ideologico”. Molto
rumore per nulla (e Tantu trafficu ppi nenti) è un testo profondo, in cui si
mescolano e si caratterizzano temi come l’amore paterno, le varie sfaccettature
della femminilità, la visione dell’amore, con le sue inquietudini, i suoi esiti
talora tragici, (ma anche esilaranti) le tinte fosche della perfidia umana.
Nella commedia due coppie di innamorati (Claudiu – Eru e Binidittu – Biatrici)
attraversano momenti avversi, incomprensioni e scontri, che però culminano nel
lieto fine. Lo sviluppo della trama passa attraverso una fitta rete di eventi,
frutto della fervida fantasia del commediografo inglese, che attraverso la forte
caratterizzazione dei personaggi, prende per mano lo spettatore fino alla
naturale conclusione. Due gli snodi centrali della commedia: le macchinazioni di
don Giuvanni e la messinscena ordita dal prete incaricato di celebrare le nozze
fra Claudiu ed Eru. Tutto il resto è frutto della fantasia inesauribile
dell’autore. L’amore litigarello fra Binidittu e Biatrici, l’offesa subita da
Eru, la “frusta” a cui la sottopone il fidanzato, la manipolazione operata da
Biatrici, capace -permetteteci di dire- di mettere “’a faretta” al povero
Binidittu, fino a indurlo a sfidare a duello Claudiu. Potenza dell’amore. Un
microcosmo, insomma, che coinvolge e che fa riflettere. A Dipasquale il merito
di tenere assieme le varie scene, veri e propri segmenti espressivi, di
accostarle sapientemente l’una all’altra e, soprattutto, di cogliere tutti gli
spunti possibili per dare forma e colore, con il linguaggio e con la gestualità
degli attori, alla comicità del migliore Camilleri. La trasposizione del Molto
rumore per nulla risale non a caso alla fine dello scorso secolo ed ha debuttato
nel 2000, una stagione particolarmente fruttuosa per lo scrittore agrigentino,
reduce dalla fortunata serie del commissario Montalbano, ma anche dalla
Concessione del telefono e dal Birraio di Preston. Da allora una serie di
successi in diversi teatri e altrettanti allestimenti. A detta del regista lo
spunto per la trasposizione dell’opera di Shakespeare è scaturito da una
conversazione intercorsa fra lui e Camilleri sul tema della nazionalità del
commediografo. Inglese? Siciliano? I dubbi restano. Ma questa è tutta un’altra
storia, la querelle è ancora viva, e si è ben lungi dal potere scrivere la
parola fine. Lo spettacolo è prodotto dal Teatro della Città – Centro di
Produzione Teatrale ed è rappresentato presso il Teatro Brancati di Catania.
Alfio Chiarello
Il
cinema nasce muto ma dal 1927 il suono ne ha cambiato la vita. Per il miglior
suono in presa diretta, il David di Donatello 2024 è andato all’ingegnera
Maricetta Lombardo per il film “Io capitano” di Matteo Garrone, regista che l’ha
sempre voluta al suo fianco. L’agrigentina Lombardo ha trionfato ancora una
volta portando a casa un’altra di quelle statuette, grazie all’opera
d’indiscusso valore di Garrone che si è aggiudicata i riconoscimenti come
miglior film e migliore regia. […] Maricetta, orgoglio agrigentino, racconta di aver
frequentato l’Accademia di Belle Arti specializzandosi in Scenografia, e negli
Anni Novanta di aver seguito un corso di formazione teatrale e cinematografico
organizzato da Andrea Camilleri.
[…]
Lorenzo Rosso
Il siciliano
immaginario parlato dal commissario Montalbano genera una Sicilia che esiste
solo per il pubblico di Andrea Camilleri. È davvero
l’isola che non c’è quella dei suoi libri, nessun
siciliano – sebbene quella chimera sia fatta di mare e di cannoli – l’ha mai
vissuta. È una
Sicilia di allegria, la sua, dunque impossibile in quella di ogni giorno dove
incombe la cupa cappa dell’impasto barocco. Non è che ingegno del suo mirabile
zolfo perfino la casa sulla spiaggia a Puntasecca – sebbene sia un B&B – ed è
ovviamente ancora più vera di quella reale quella sua Sicilia che si dispiega
nelle pagine degli innumerevoli romanzi di Vigata. La Fiat
Tipo, una macchina che nessuno manco vorrebbe regalata, per quella felicità
speciale di Camilleri – già solo perché la fa guidare a Salvo Montalbano,
parcheggiata davanti al “commissariato” di Scicli – sembra bella più della Nike
di Samotracia. Certo,
quel comprensorio di sontuosa bellezza, c’è per davvero. È il set ibleo dove con
geniale intuizione Carlo Degli Esposti, il produttore tivù, ha ambientato la
serie dei Montalbano. Per
davvero – senza faticare troppo col casting – si trovano i tipi adatti al segno
di viva letteratura imposto da Camilleri ma come l’America ha comunque avuto
necessità di essere cantata da Bruce Springsteen, così la Sicilia è diventata
pop con Catarella senza attendere la famosa riabilitazione elargita
dall’intellighenzia. È la
riabilitazione toccata in sorte all’Opera dei Pupi – derivata dalla Chanson de
Roland, oggi ai vertici dell’epica universale – o il ripristino nei meritati
ranghi di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, reietti a lungo, e solo dopo
un’eterna gavetta accolti da Pier Paolo Pasolini e dai fratelli Taviani.
Sicilianuzzi dell’immaginario, Ciccio e Franco: figli della fame, icone della
smorfia affratellate alle maschere dei mostri di pietra esibiti a Villa
Valguarnera, a Bagheria, sono gli inciampi dello sghignazzo riconoscibili nelle
espressioni comiche dell’agente addetto al centralino del commissariato più
amato dal grande pubblico – interpretato da Angelo Russo – come allo stesso modo
Luca Zingaretti prima e Michele Riondino dopo, porgono al personaggio di Salvo
giovane e Salvo vecchio le movenze e gli scatti dei paladini dell’Opra, perfetti
come sono, perfino nella camminata a gambe arcuate, a replicare l’atteso
compimento della giustizia. La
letteratura italiana del Novecento è quella siciliana. Con Giovanni Verga, con
Luigi Pirandello e con Leonardo Sciascia che non parlano mai al proprio recinto,
ma piuttosto a Parigi, a Bonn e a Mosca, la Sicilia va a collocare se stessa in
un contesto universale. E quel
che viene dopo, fino ai giorni nostri – con Gesualdo Bufalino, con la raffinata
poesia di Lucio Piccolo e con Stefano D’Arrigo – sconfina nello sperimentalismo,
dismettendo i cascami del bozzettismo di genere, incontrando l’uso e il consumo
del pop. L’uso e
il consumo del successo del quale il solo Camilleri, da vero rabdomante, afferra
il meccanismo della fabula facendo di quell’invenzione degli dei – solo questo è
la Sicilia – un puro pretesto di vivo racconto. Tale e quale Prometeo che ruba
il fuoco ai numi per farne dono agli umani, così Camilleri che strappa
all’Olimpo quella vampa di zolfo che è la Sicilia per farne un pretesto di
ghiotta fantasia a disposizione del pubblico. Tale e
quale Tiresia, manco a dirlo, il cieco la cui luce ha avuto esito a Siracusa, un
anno fa, con Camilleri che si siede al centro del Teatro Greco e di parola fa il
Verbo di un destino dove tutto torna e di ogni istante ne fa l’eterno. Dovevate
esserci, quella sera, in quel monologo dove la voce di Camilleri – la sua
speciale e robusta voce – chiamava all’appello gli stessi Dei in qualcosa che
non era solo uno spettacolo, ma un’idea di Sicilia svelata nel principio
universale della luminosa poesia.
Tutta la Sicilia che lui ha fabbricato nell’immaginario è un fato affatturato di
malie: la sua risata, per esempio, è tutto un ridere che sfascia e crea, ricrea
e poi smonta ancora. Come il piccolo Krsna quando fabbrica il mondo, come il
Triskele di Trinacria che esiste solo nel mito, nel solito caro sogno fatto in
Sicilia.
teladiragno
È in scena al Teatro
di Città ‘Vitaliano Brancati’ di Catania, lo spettacolo: “Troppu trafficu ppi
nenti”. Testo e drammaturgia di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale.
Interpreti (in ordine di apparizione): Angelo Tosto, Ramona Polizzi, Lucia
Portale, Anita Indigeno, Lorenza Denaro, Filippo Brazzaventre, Ruben Rigillo,
Daniele Bruno, Cosimo Coltraro, Luciano Fioretto, Alex Caramma, Vincenzo Volo,
Valerio Santi, Rosario Valenti, Pietro Casano.
Regia e Scene di Giuseppe Dipasquale. Costumi di Dora Argento e Angela Gallaro
Goracci. Produzione del Teatro della Città – Centro di Produzione Teatrale.
La pièce proposta dal ‘Brancati’ vuole essere una gustosa parafrasi in antico
dialetto messinese della nota tragicommedia shakespeariana “Molto rumore per
nulla”.
Certamente nebulosa è sempre stata la ricostruzione della vita e addirittura
della vera identità di Shakespeare (1564-1616), il drammaturgo più
rappresentativo della Gran Bretagna, autore di numerose opere dalla incerta
cronologia composte tra il 1558 e il 1613.
L’ipotesi più fascinosa (per noi) è quella, avanzata tempo fa da alcuni
studiosi, circa l’origine siciliana del grande Bardo.
Secondo tale congettura il famoso Will sarebbe stato in realtà il quacquero
Michele Agnolo Florio (Scrollalanza dal lato materno) nato probabilmente nel
1564 che per sfuggire alle persecuzioni religiose da Messina, attraversando
l’Italia, sarebbe giunto a Stratford on Avon. Lì un oste, forse parente della
madre e quindi Scrollalanza, cui era morto il figlio William, lo accolse
chiamandolo affettuosamente con quel nome.
Bastava a questo punto tradurre in inglese il cognome della madre (da “Scrolla
lanza/lancia” in “shake speare”) ed ecco Michelangelo Florio trasformarsi in
William Shakespeare, non più perseguitato fuggitivo ma costretto a nascondere
per sempre identità e origini.
Sembrerebbe confermarlo “Troppu trafficu ppi nenti”, lo spettacolo di stasera
-nato però da un creativo incontro tra Andrea Camilleri e Giuseppe Depasquale-
fedele traduzione in siciliano aulico, scherzosamente spacciato per la fonte di
“Molto rumore per nulla”, una tragicommedia brillante ambientata a Messina
scritta da Shakespeare tra il 1598 e il 1599 e pubblicata l’anno dopo.
Lo racconta al nostro giornale il lo stesso Dipasquale ricordando uno scherzo
che anni fa aveva ideato insieme a Camilleri, passeggiando a Roma in Via dei
Coronari e discutendo del caso Shakeapare/Scrollalanza.
Nacque così la fantasia di tradurre il testo inglese in lingua siciliana del XIV
secolo.
Detto-fatto: Il 6 settembre del 2000 veniva presentato a Catania in Piazza Duca
di Genova, e poi in tour a livello nazionale e internazionale fino a questa
edizione rinnovata e portata in scena da un cast di alto livello.
E sarebbe nato, poi, pubblicato nel 2009 da Lombardi editore, il sapido
libro/inganno: “Troppu trafficu ppi nenti”.
“Testo attribuito a Messer Angelo Florio Crollalanza, archetipo, pare,
dell’illustre testo Molto rumore per nulla dietro la cui figura dell’autore si
cela William Shakespeare.
E la magia si compie: il rigore inglese diventa farsa isolana; mantenendo
intatto il copione teatrale si ottiene una ancor più gustosa commedia.
Ma il rovello continua ad aleggiare: “Troppu trafficu ppi nenti”, scritta in
messinese, potrebbe essere l’originale di “Troppo rumore per nulla” apparsa 50
anni dopo?
L’ambientazione di numerose opere shakespeariane in Italia ha certo fomentato
questa e altre teorie, trascurando la larga eco che Umanesimo e Rinascimento
ebbero in Europa.
Molte fonti del Bardo sono non a caso racconti italiani come quelli tramandati
da Luigi Da Porto, Masuccio Salernitano e Mattia Bandello.
L’origine classica del lavoro di Shakespeare/Scrollalanza (?!) si ritrova ne “Il
romanzo di Calliroe” di Caritone di Afrodisia, ambientato a Siracusa.
Di certo la commedia è collegabile alle “Novelle” di Matteo Bandello, e
precisamente alla XXII del primo libro: “Narra il signor Scipione Attellano come
il signor Timbreo di Cardona essendo col re Piero di Ragona in Messina
s’innamora di Fenicia Lionata, e i varii e fortunevoli accidenti che avvennero
prima che per moglie la prendesse”, pubblicata nel 1554, ed edita in Francia nel
1559.
Alcune suggestioni proverrebbero anche dal poemetto di Chistopher Marlowe “Hero
and Leander”, pubblicato nel 1598, altre da “Orlando Furioso” di Ariosto e da
“Il Cortegiano” di Castiglione.
La struttura narrativa risente comunque di un lungo percorso che porta dalla
Commedia greca, attraverso Plauto e Terenzio fino alla novellistica, alla
Commedia dell’arte e all’epica cinquecentesca
A scena aperta il palco del ‘Brancati’ -rivestito di tappeti, avvolto dal fumo e
dall’aroma degli incensi, tra sete e damaschi, veli, turbanti e abiti lussuosi
con colori esaltati dalle luci della ribalta- riesce a immergere il pubblico in
un tempo senza storia, in una ridondante, pur nel suo minimalismo, magica
atmosfera medio-orientale ricca di contaminazioni e di echi musicali
mediterranei (ah quel sirtaki!).
I personaggi si muovono in un luogo anch’esso senza tempo: nell’esotica,
arabeggiante Messina, da sempre punto di incontri e scontri al centro del
Mediterraneo.
Ad aprire la commedia è l’arrivo a Messina del principe Pedro d’Aragona – di
ritorno da un’impresa d’armi – a casa del suo vecchio amico Leonato,
accompagnato da Benedetto, dal conte Claudio e dal fratello del sovrano, Don
Juan.
Il giovane Claudio, si innamora della virtuosa figlia del padrone di casa, Ero,
mentre argute schermaglie tra la cugina Beatrice e Benedetto fanno presagire il
loro futuro fidanzamento.
Una serie di intrighi, bugie, calunnie e tradimenti orditi dal vendicativo Don
Juan darà il via ad un complicato intreccio che tra promesse d’amore, ripudi e
finte morti, tragici toni e sgangherata ilarità, inganni e disvelamenti,
condurrà allo scontato ‘lieto fine’ tra musica e danze.
Coprotagonista primaria di questa affascinante pièce è la lingua: ricostruita
nelle sue origini più nobili, ricca di assonanze orientali, arcaica, essa ci
riconduce a una cultura di secoli lontani, a luoghi onirici, ma a prototipi
umani eterni.
“Questo Troppu trafficu ppi nenti -per Dipasquale- è il modello eterno di un
carattere
terribilmente semplice, come quello siciliano, che ama complicarsi l’esistenza
in un continuo arrovugliarsi su se stesso…”
“Il teatro è gioia!” ha concluso il regista, convinto della possibilità di far
passare attraverso il divertimento messaggi impegnati e impegnativi: “…la vita
non è quella che noi viviamo senza mai perseguirla; è un ‘trafficu’ perpetuo che
ci conduce al ‘nenti’ eternamente”.
A chiusura di sipario… la magia è finita.
Silvana Raffaele
L’opera racconta in stile ‘Camilleriano’ il primo omicidio della storia:
l’uccisione di Abele da parte del fratello Caino. Domani sera, giovedì 9, alle
21, L’‘Autodifesa di Caino’ del famoso scrittore siciliano verrà messa in
scena da Carlo Curto sul palco del Teatro Incontro di Pinerolo (via Caprilli 31). La regia è di Ester Esposito, mentre luci e
suoni sono curati da Pier Mario Sappè. Il costo del biglietto è di 10 euro e
l’incasso verrà devoluto agli Asili Notturni di Pinerolo, che forniscono un servizio di dentista sociale alle persone
in difficoltà. Prevendita alla Libreria Volare di corso Torino 44.
La compañía
salmantinaEtón Teatro estrenará
el sábado 11 de mayo su último montaje: Caín a las 20.30 en el Teatro
Cervantes, de Valladolid. Se trata de un texto original de Ángel
González Quesada inspirado en una idea del escritor italiano Andrea Camilleri. Caín está
llena de referencias de todo tipo a la cultura y la historia antigua y
contemporánea, dialogante con los personajes y los mitos, con las voces
reconocibles de la historia y salpicada de lugares físicos, mentales e
imaginarios. Habla de conceptos fundamentales de la condición humana, del Amor,
de la Violencia, de la Verdad… Construido con un lenguaje cercano y accesible,
con voluntad crítica, satírica y de irrenunciable comicidad, Caín es un
espectáculo donde la reflexión y la carcajada se funden en una realización que a
nadie deja indiferente. Interpretada por Marta
Benito y el propio autor. abrirá el telón.
Etón Teatro es la compañía más antigua de la Comunidad y una de las más
reconocidas en este ámbito. Ha cumplido 44
años de trayectoria, tiempo en el que ha mantenido una actividad
ininterrumpida con multitud de montajes, trabajos escénicos, pedagógicos y
literarios, así como importantes premios y reconocimientos en diversos países.
Il gruppo di Salamanca Etón Teatro presenta in prima assoluta "Caín" a
Valladolid
Scritto da Ángel González Quesada e interpretato da Marta Benito e dall'autore
La compagnia di
Salamanca Etón Teatro presenterà sabato 11 maggio alle 20,30 la sua ultima
produzione: Caín al Teatro Cervantes di Valladolid. Questo è un testo
originale di Ángel González Quesada ispirato da un'idea dello scrittore italiano
Andrea Camilleri. Caino è ricco
di riferimenti di ogni genere alla cultura e alla storia antica e contemporanea,
in dialogo con personaggi e miti, con le voci riconoscibili della storia e
costellato di luoghi fisici, mentali e immaginari. Parla di concetti
fondamentali della condizione umana, dell'Amore, della Violenza, della Verità...
Costruito con un linguaggio vicino e accessibile, con un umorismo critico,
satirico e inalienabile, Caín è uno spettacolo dove riflessione e risata
si fondono in una consapevolezza che non lascia nessuno indifferente. Eseguita
da Marta Benito e dall'autore stesso. aprirà il sipario.
Etón Teatro è la compagnia più antica della Comunità e una delle più
riconosciute in questo campo. Ha compiuto 44 anni di esperienza, durante i quali
ha mantenuto un'attività ininterrotta con una moltitudine di produzioni, opere
sceniche, pedagogiche e letterarie, oltre a importanti premi e riconoscimenti in
vari paesi. [Traduzione con Google Translator, NdCFC]
Un largo fin de semana se aproxima a Valladolid con el puente el lunes de San
Pedro Regalado y, con él, también se amplía la habitual oferta escénica de las
salas teatrales de la ciudad. El Teatro Cervantes, que reservaba su plato más
fuerte con la versión de Etón Teatro de 'Caín' a partir de la autodefensa que de
él escribiera Camilleri y que Ángel González Quesada iba a interpretar el
sábado, ha anunciado su cancelación.
[…]
Samuel Regueira
El Brujo
ripercorre l'Età dell'Oro al
Teatro
Zorrilla
I burattini di Remo di Filippo offrono uno spettacolo per il pubblico delle
famiglie nella sala Al Norte a la Izquierda
Un lungo fine settimana si avvicina a Valladolid con il lungo fine settimana di
San Pedro Regalado lunedì e con esso si amplia anche la consueta offerta scenica
dei teatri della città. Il Teatro Cervantes, che aveva riservato il suo momento
clou con la versione di 'Caín' di Etón Teatro basata sull'autodifesa che
Camilleri scrisse a riguardo e che Ángel González Quesada avrebbe rappresentato
sabato, ha annunciato la sua cancellazione.
[…] [Traduzione con Google Translator, NdCFC]
“Se davvero Shakespeare fosse siciliano? Ci piacerebbe, per spirito di patria,
poterlo credere, ma la storia, si sa, non la si fa coi se”! Da questa
suggestione, prende avvio lo spettacolo “Troppu trafficu ppi nenti” di Andrea
Camilleri e Giuseppe Dipasquale (che cura anche regia e scene). Lo spettacolo,
prodotto dal Teatro della Città – Centro di Produzione Teatrale, sarà in scena
al Teatro Massimo di Siracusa sabato 11 (ore 21) e domenica 12 (ore 17,30) e
chiude una stagione di presenze e di successo che conferma il desiderio da parte
della città di avere un teatro con una stagione ricca di appuntamenti.
[…]
Giuseppe Schifitto
Maurizio de Giovanni rinarra 'Maruzza Musumeci' di Andrea Camilleri: una favola
in cui si intrecciano mito, storia e molto altro. Un libro che è stato definito
il più poetico romanzo di Camilleri.
Di Più
Tv, 13.5.2024 (in edicola il 10.5.2024) I
produttori Palomar e Rai dicono a chiare lettere: «La serie ripartirà, con o
senza Zingaretti»
L'attore, infatti, conferma che non ci sarà: «È un capitolo chiuso». Gli
sceneggiatori pensano anche a una Vigata senza il suo commissario, ma con tutti
gli altri protagonisti storici
Montalbano compie 25 anni e tornerà in TV anche senza Zingaretti
Dice la Rai:
«Vogliamo girare l'episodio finale de Il commissario Montalbano, ne stiamo
parlando con la produzione». Dice a La Repubblica Carlo Degli Esposti,
presidente della Palomar, la casa di produzione che dal 1999 realizza per la Rai
la serie TV dei record: «Non so esattamente come, ma di certo Montalbano avrà
degli sviluppi». Dunque, nei giorni in cui la fiction compie venticinque anni,
perché il primo episodio, Il ladro di merendine, andò in onda su Raidue
la sera del 6 maggio 1999, dalle "stanze del potere" in cui si decide il futuro
delle serie televisive arrivano parole importanti, che donano una nuova speranza
ai milioni di fans del commissario, che ogni volta che Raiuno trasmette i vecchi
episodi in replica li guardano e li riguardano. E noto,
infatti, che dopo l'ultimo episodio, Il metodo Catalanotti, andato in
onda nel 2021, il protagonista Luca Zingaretti non ha più voluto girare nuovi
capitoli: «Ci hanno lasciato nel giro di poco tempo lo scrittore Andrea
Camilleri, il regista storico della serie Alberto Sironi e lo scenografo Luciano
Ricceri... Andare avanti senza di loro non avrebbe senso», ha ripetuto in questi
anni l'attore quando, puntualmente, gli facevano la domanda sul futuro del
commissario Montalbano. Parole
che lasciavano aperti spiragli per un ripensamento, per la speranza che la
voglia di girare un grande finale avesse infine la meglio. Poche settimane fa,
però, Luca Zingaretti ha liquidato di nuovo l'argomento con queste parole: «Montalbano
è un capitolo chiuso». Parole che sembrano definitive, ma tutto fa pensare
invece che, a parte Luca Zingaretti, tutti gli altri remino nel senso opposto:
Montalbano tornerà. E, stando a quanto dice il produttore, Carlo Degli Esposti,
non tornerà solo per realizzare il tanto agognato capitolo conclusivo, ma
troverà un modo per andare in onda ancora per tanto tempo, con o senza Luca
Zingaretti: «Montalbano è ancora un "pischelletto": la serie è solo al primo
tempo». Del
resto, altre fiction Rai di grande successo hanno trovato il modo di andare
avanti dopo l'uscita di scena degli attori simbolo del cast: Don Matteo e
Un passo dal cielo, per esempio, sono sopravvissute all'addio di Terence
Hill, mentre in Che Dio ci aiuti, Elena Sofia Ricci è praticamente
diventata un personaggio secondario, quasi un "fantasma" che si vede solo in
poche scene. Insomma: il set di Il commissario Montalbano riaprirà i
battenti. Ci sono due romanzi di Andrea Camilleri che ancora non sono stati
trasformati in sceneggiature, Il cuoco dell'Alcyon e Riccardino,
ma i produttori hanno dei dubbi, perché per girarli occorrerebbe ingaggiare un
nuovo attore che interpreti il personaggio di Salvo Montalbano al posto di Luca
Zingaretti, una scelta che probabilmente disorienterebbe i telespettatori, che
identificano da sempre il commissario con l'attore. Si era
parlato anche di una "promozione" per Michele Riondino, che aveva interpretato
il protagonista nelle due serie de Il giovane Montalbano, incentrate
sulle prime indagini del commissario, ma pare che l'idea sia caduta. Allora si
sta decisamente voltando pagina e si pensa a un commissariato di Vigata che va
avanti senza il suo capo storico, ma con tutti gli altri protagonisti, ispirato
ai luoghi e ai personaggi tratteggiati da Andrea Camilleri, con nuovi personaggi
e vicende scritte dal trio di sceneggiatori storici della fiction: Salvatore De
Mola, Francesco Bruni e Leonardo Marini. Anche se non dovesse esserci più il
commissario, infatti, ritroveremmo tutti i suoi collaboratori: il vice Mimì
Augello (interpretato da Cesare Bocci), l'ispettore Giuseppe Fazio (Peppino
Mazzotta) e l'agente Agatino Catarella (Angelo Russo), tutti nel cast dalla
prima puntata, che proprio venticinque anni fa si affacciava per la prima volta
in Rai, sulla seconda rete. E fu subito un boom di ascolti, con sei milioni e
duecentocinquantunomila telespettatori.
Da allora, episodio dopo episodio, serie dopo serie, Il commissario Montalbano è
cresciuto sempre di più, diventando un successo travolgente, passando nel 2002
da Raidue a Raiuno. E presto, ormai non ci sono più dubbi, tornerà con nuove
avventure anche senza Zingaretti.
Gianni Martinelli
Lo storico Faccia a faccia a Mixer con Andrea Camilleri [andato in onda nella
puntata del 5.10.2015 della trasmissione di
Radio 24 "Mix
24" - vedi Rassegna Stampa dell'Ottobre 2015,
NdCFC], scrittore, regista, autore di alcuni dei più importanti libri e
saggi della letteratura italiana. Dalla sua penna nasce il personaggio del
Commissario Montalbano, in seguito portato sugli schermi con enorme successo con
la serie tratta dai suoi romanzi gialli. Poi la lettura di un passaggio " Della
concessione del Telefono" di Alessio Vassallo. Con Giovanni Minoli. Regia di
Roberta Di Casimirro. [Autore]
Según explica su autor Andrea
Camilleri (Porto Empedocle, 1925-Roma, 2019) en la nota final, la penúltima
novela de la serie sobre el detective Montalbano nació “como guion de una
película” ítalo-estadounidense que después no llegó a filmarse. En la traducción
española, cuyo dialecto cuesta un poco a los argentinos, el libro repite los
rasgos principales de los tomos anteriores, transcriptos con exactitud por la
serie de televisión dedicada al personaje ideado por el escritor italiano. Los que hayan
visto algún capítulo de esa serie o leído alguno de los muchos libros
protagonizados por Montalbano reconocen inmediatamente el paisaje, la comicidad,
la ideología y el espíritu de los personajes, a los que seguramente imaginan con
la cara de los actores. En El cocinero del
Alcyon, están presentes, entre otras características, la obsesión del comisario
con la comida siciliana (desde el título, uno de los centros de la acción); las
costumbres de la isla; las personalidades de los subordinados principales
–Augello, Fazio y Catarella–; la relación abierta e intermitente del
protagonista con su novia, Livia, y su enorme inteligencia en el manejo de los
casos. Lo nuevo de El
cocinero de Alcyon es la relación con el cine estadounidense, relación que va
más allá de la nota final: en un guiño a los lectores, Montalbano declara más de
una vez que el “guion” que arman un agente del FBI y él para abordar el velero
Alcyon, sospechoso de actividades ilegales, parece una película de los Estados
Unidos. Como esas
películas, la novela tiene un esquema reconocible: un ritmo más o menos lento al
comienzo y un aumento gradual de tensión hasta las escenas del final en el barco
del título, que son las más intensas y las más plenas de acción y peligro. Según
su ética de siempre, todos los actos del comisario van contra los dos
representantes del “mal” (y aquí hay un detalle que nos toca en particular: el
más violento de ellos es ítaloargentino). Aunque El cocinero
del Alcyon está claramente dedicada al entretenimiento, se toma su tiempo para
describir la crisis social en Italia y Europa, incluyendo, por ejemplo, la
diferencia de poder entre obreros y empresario en una fábrica y un incidente con
inmigrantes africanos en el Mediterráneo.
Como siempre, los descubrimientos de Montalbano provienen tanto de su capacidad
como investigador como de la casualidad (se tropieza con algunas pistas) y hay
un creciente número de muertos que parecen pertenecer a hechos diversos, pero
que están en realidad estrechamente relacionados. Sin embargo, el centro del
foco, como siempre, es Sicilia: y la isla está en los idiomas diversos de ese
cruce de caminos y culturas y, sobre todo, en Salvo Montalbano, su mejor símbolo
y su defensor.
Márgara Averbach
Che lo si guardi dal punto di vista più ampio della
storia della televisione italiana, o da quello più circoscritto della storia del
giallo in televisione, Il commissario Montalbano si colloca sistematicamente sia
nell’ordine dell’eccezionalità, sia in quello della paradigmaticità: due
dimensioni che lo hanno reso al contempo “modello” e “antimodello” da provare
rischiosamente a replicare o da cui provare a distanziarsi per innovare. L’eccezionalità sta per esempio nel radicamento nella cultura popolare,
sia nei termini quantitativi degli ascolti ineguagliabili, sia nei termini più
qualitativi dell’affetto e della passione del pubblico. Oppure, nella
circolazione internazionale, che lo ha reso un prodotto riconoscibile e
apprezzato anche al di fuori dei confini nazionali. L’esemplarità la
rintracciamo a molteplici livelli, per esempio quello del fertile scambio tra
letteratura e cinema, soprattutto nel filone del Noir Mediterraneo, oppure
quello del valore delle narrazioni popolari (audiovisive e letterarie) nelle
diverse attività di place making, marketing territoriale, turismo culturale o
più specificatamente screen-induced tourism. Il principale obiettivo di questo workshop è quello di problematizzare
le due dimensioni della straordinarietà e dell’esemplarità per esaminare più nel
dettaglio il posizionamento del Commissario Montalbano nella storia del giallo
televisivo italiano, approfondendo in particolare come si possa collocare in un
rapporto sia di continuità, sia di rottura, rispetto alla tradizione
transmediale del genere in Italia e al dialogo che questa instaura con altre
tradizioni nazionali, transnazionali e locali. I quattro interventi ospitati dal workshop analizzeranno dunque il
posizionamento di Montalbano rispetto a quattro diversi ambiti di indagine: il
ruolo di Montalbano nella strada italiana verso una “quality” TV di carattere
europeo e internazionale; il ruolo di Montalbano rispetto alla scelta e all’uso
delle location nelle produzioni audiovisive e in relazione alle geografie del
consumo; il ruolo di Montalbano in relazione alle culture produttive, ai
rapporti tra audiovisivo e letteratura e alle implicazioni geopolitiche; e
infine, il ruolo di Montalbano rispetto al progressivo sviluppo di personaggi
femminili in ruoli principali di detection. Oltre a una tavola rotonda in cui le unità di ricerca del PRIN
2020 “Atlante del giallo. Storia dei media e cultura popolare in Italia
(1954-2020)” avranno modo di confrontarsi sugli avanzamenti della
ricerca, è previsto un altro momento di dialogo interdisciplinare, con la tavola
rotonda, a chiusura dei lavori, sulla rappresentazione della giustizia penale
nella cultura popolare, in cui sono coinvolti/e studiosi/e e professionisti/e
non solo di cinema e televisione ma anche di area giuridica. L’intento è quello
di affrontare sia la proliferazione delle narrazioni “true crime” (inteso in
senso ampio) tra cinema, televisione e piattaforme, podcast, libri, ecc, per
esplorare il modo in cui in Italia vengono negoziate alcune questioni inerenti
alla giustizia penale, sia le forme di rappresentazione del processo e della
giustizia nei paradigmi del legal/procedural drama, anche considerando
l’influenza dei modelli statunitensi. Infine, anche un momento performativo, con
un reading all’aperto, nei giardini del casale della Link Campus, sulle regole
del legal thriller. Per informazioni: a.vergari@unilink.it Programma
[…] Prossimo appuntamento
nella Libreria Spartaco:
Venerdì 31 maggio - ore 18.30: per il ciclo “Declinato al femminile”, Arianna
Mortelliti (nipote diretta di Andrea Camilleri) presenta il romanzo “Quella
volta che mia moglie ha cucinato i peperoni” (Mondadori). Conversano con la
scrittrice l’avvocata Iulia Iemma e il libraio ed editore Ugo Di Monaco.
INGRESSO LIBERO E GRATUITO.
La Setemane de culture furlane, nel suo ricco programma con oltre 200 eventi
fino al 19 maggio, ricorda a 50 anni dalla scomparsa Luigi Candoni,
commediografo carnico protagonista della scena culturale italiana del secondo
Dopoguerra lavorando con attori del calibro di Enrico Maria Salerno, Gastone
Moschin e Valeria Valeri e anche con un giovane Andrea Camilleri, l’autore del
Commissario Montalbano. Due gli appuntamenti, organizzati dalla Società
Filologica Friulana e dall’Associazione Culturale Luigi Candoni, che sono un
meritato omaggio alla figura di questo commediografo carnico di cui ricorre il
cinquantesimo anniversario della scomparsa. Un nome immeritatamente caduto
nell'oblio perché l'opera di Candoni ha avuto una notevole importanza sia nel
campo della drammaturgia nazionale che nel mondo della cultura friulana. A lui
si deve nel 1958 il debutto in prima nazionale assoluta di Finale di partita di
Samuel Beckett (da lui stesso tradotto con il titolo di Il gioco è alla fine),
messo in scena a Roma per la regia di un giovane e ingegnoso Andrea Camilleri. È
Camilleri stesso nei suoi libri di memorie a citare più volte Candoni, “uomo
intelligentissimo”. […]
L’Italia è quel Paese in cui non si vuole affrontare un annoso
problema: scriviamo
tutti, ma non legge più nessuno. Mentre gli autori si affannano
in stesure e riscritture di romanzi che spesso finiranno auto-pubblicati o a
pubblicare storie Instagram in cui vezzeggiare l’intellettuale di turno sperando
che regali loro la sua cortesia (ché oggi non ci interessano più i soldi di
quanto non ci carezzi l’idea di avere amici famosi), le
persone non comprano più libri. Non incantino le comunque
positive cronache dal Salone del Libro di Torino: Annalena Benini è un’ottima
direttrice, ci sono state 222 mila visite, settemila in più dello scorso anno.
Eppure, in tre settimane dall’uscita, il
nuovo libro di Salman Rushdie, Coltello, ha venduto 764 copie. 764. Le persone non comprano più libri Qualcosa non torna. Se l’è chiesto Guia Soncini in un pezzo su
Linkiesta, se lo chiedono quelli che “lavorano nel settore”, se lo chiedono
quelli che vogliono scrivere. Gli unici che non si chiedono un bel niente sono
le potenziali migliaia di acquirenti – acquirenti: non per forza lettori – di
romanzi, e nello specifico di un titolo come Coltello di Rushdie. A
peggiorare la ferita aperta, il fatto che uno dei pochi scrittori davvero famosi
rimasti come Rushdie (tra gli ospiti del Salone) parli non solo dei “fatti suoi”
(quello ormai lo facciamo tutti) ma dell’aggressione subita il 12 agosto 2022, a
trentatré anni dalla fatwa emessa dall’ayatollah Khomeini dopo la pubblicazione
de I versi satanici. Non cambia il risultato: il libro esce il 16 aprile,
e vende 764 copie. Nonostante Rushdie. Mentre passano sotto silenzio le fresche
morti di Paul Auster e Alice Munro, in Italia forse abbiamo
spazio solo per Andrea
Camilleri. Trent’anni fa viene pubblicato da Sellerio il primo
romanzo con protagonista Salvo Montalbano, La forma dell’acqua. Da lì
scatta qualcosa, con quei potenziali acquirenti che sono mancati nel 2024 a
Rushdie, ma non a Camilleri in tutta la sua carriera: i
romanzi di Montalbano vengono comprati, ma soprattutto letti. La
ricetta del romanzo perfetto non esiste, o forse basterebbe essere solo
bravissimissimi come Andrea Camilleri? Difficile rispondere. Resta il fatto che
milioni di lettori, negli anni, si sono appassionati alle vicende di un
commissario e di un paese immaginario, Vigata, correndo a comprarne i romanzi a
Bolzano come a Catania. Camilleri non è stato più talentuoso di Fruttero e Lucentini, più
immaginifico di Scerbanenco, più umido di Manuel Vázquez Montalbán: è stato
semplicemente più furbo. Sebbene la sua grandezza di scrittore si ritrovi in
piena meraviglia con opere come Il birraio di Preston, Camilleri
ha restituito alle persone quello che sognavano: la medietà, le
contraddizioni, una Sicilia maliziosa e non per forza da cartolina, una galleria
di personaggi secondari da manuale e un protagonista imperfetto ma quasi mai
sgradevole. Tutto questo, scritto bene. Non che i maestri sopra citati non lo
avessero fatto, sia chiaro: ma a livello di percepito dalla collettività, pochi
fenomeni hanno avuto la eco di Salvo Montalbano, con quasi
ventotto romanzi e la sensazione che il personaggio sia sopravvissuto al genio
del suo autore, scomparso a Roma nel luglio 2019. In un’intervista rilasciata a Paola Jacobbi per Vanity Fair,
Camilleri riporta i messaggi di alcuni suoi lettori: la deve finire di prestare
le sue idee politiche a Montalbano. Montalbano è nostro e non le appartiene più.
Questo la dice lunga, sullo spirito di un tempo in cui si leggeva tanto e in cui
si pensava (stolidamente) che i personaggi ci appartenessero. Nei luoghi in cui
sono state ambientate le vicende di Montalbano, resi celebri dagli sceneggiati
in onda sulla Rai, non
esiste bar o ristorante o negozio di scarpe che non esibisca la foto di rito con
Luca Zingaretti. Che non viene trattato come una star ma come
uno che ha prestato il corpo e il talento al personaggio. E dire che, di cose,
Zingaretti ne aveva girate, e dire che, di film e serie, ne sono stati prodotti,
nel ragusano; ma nulla, Montalbano è un’altra faccenda, un’altra eco. È
appartenenza e rispetto. Il tema è quel che è arrivato dopo: si è pensato, e in
certi casi le vendite hanno aiutato, di poter spremere come un limone il filone
del poliziesco tormentato, con la volontà di percepirci tutti Simenon (o,
appunto, Camilleri) e produrre una sterminata quantità di letteratura che a
volte ha ottenuto dei risultati mirabili, in altri casi è finita nel
dimenticatoio. Non è tanto questione di “epigoni”, non essendosi Camilleri mai
intestato la paternità d’alcuna forma di poliziesco, né di protagonisti a
servizio dello Stato ma dall’animo ombroso e introverso. A trent’anni dalla nascita di
Montalbano ci si dovrebbe chiedere perché. Perché gli italiani, a metà degli
anni Novanta, si identificano in maniera quasi totale con questo commissario,
allontanandosi da quello che potremmo definire il gustoso fritto misto dei
polizieschi-tipo del Novecento: dal Santamaria di Fruttero e Lucentini, dal
capitano Bellodi di Sciascia in quel miracolo di scrittura che è Il giorno
della civetta, ma pure dal Philip Marlowe di Raymond Chandler, da Miss
Marple e Poirot di Agatha Christie, da Pepe Carvalho di quel Montalbán che tanto
ha ispirato lo stesso Camilleri, per comprare quasi sempre e solo Camilleri, e
provarci pure a scrivere, come Camilleri.
In ogni quartiere d’Italia – ipotesi totalmente infondata – c’è qualcuno che ha
iniziato a scrivere un giallo ispirato dalla scrittura colorita, profonda e
irripetibile dell’autore di Porto Empedocle. Che ha avuto il talento e la
fortuna di accaparrarsi il pubblico di lettori prima che diventasse consuetudine
scrivere romanzi che non leggerà mai nessuno, o comprare cellulari con
fotocamere che ci togliessero l’abilità a concentrarci su un testo scritto per
più di dodici secondi. A parte, s’intende, i 764 di Rushdie.
Giuseppe Paternò Raddusa
Kommissær Salvo Montalbano skulle lige tænke sig lidt om, før han (næsten)
kom i tanker om, hvad det ord betød. Men så taler han ellers hyggeligt nok lidt
med gæsten, som er ivrig efter at forstå, hvordan Montalbanos egen hjerne
fungerer under en efterforskning. Han er altså ikke lige nu i gang med en sådan,
siger Montalbano, men han har nogle mystiske beskeder - en slags gåder, der
inviterer ham på en skattejagt, og som trækker ham rundt i landskabet - helt
bogstaveligt. Dem kan den unge fyr jo få lov at kigge lidt på, og så kan de
snakke sammen igen, når han har tænkt over gåderne.
Den sag, som Montalbano er i gang med, og som indleder bogen, handler om et
søskendepar, Gregorio og Caterina, begge godt oppe i årene og splintrende skøre.
De havde tidligere handlet med forskellige religiøse effekter som madonnastatuer,
kors og krucifikser. Nu havde de sat sig selv på pension og taget varelageret
hjem i deres pænt store lejlighed. De havde ikke ret meget forbindelse med
omverdenen, men pludselig var de begyndt at hænge enorme bannere op mellem deres
balkoner (de boede højt i ejendommen) - først et med teksten: SYNDERE, I SKAL
ANGRE! på det næste banner var løftet: SYNDERE, VI STRAFFER JER!! og på det
tredje og sidste banner lød det truende I KOMMER TIL AT BETALE FOR JERES SYNDER
MED LIVET!!!
Montalbano kan ikke lide det med det stigende antal udråbstegn og tonen skærpes
unægtelig gennem de tre udråb, så han ringer til borgmesteren og beder ham sende
en af kommunalbetjentene hen til de to gamles lejlighed og få dem til at fjerne
de truende bannere. Det var så lige ved at gå galt for den stakkels betjent, for
der blev ikke lukket op, da han bankede på deres dør, tværtimod råbte den gamle
mand, at betjenten gjorde klogest i at gå sin vej. Det var jo en trussel, så
betjenten insisterede - og resultatet var kugleskud gennem den lukkede dør.
Skuddene ramte heldigvis ikke (men tæt på), så betjenten foretrak at forlade
stedet, medens de to gamle lod skuddene hagle ned fra balkonerne. Her skulle man
have troet, at det ville hjælpe med en præst - en sådan blev tilkaldt og
udstyret med en højtaler prøvede han at tale de to forstyrrede mennesker til ro.
Det hjalp heller ikke. Brandvæsnet var næste forsøg - de kom med en stigevogn og
satte den op til femte sal.
Planen var nu, at Montalbano skulle klatre op ad stigen, mens hans folk skulle
bryde hoveddøren op. Det lykkes politiet at klare de to vildtskydende gamle
mennesker, og en ambulance kører dem væk. Jeg omtaler denne scene så grundigt,
fordi den sætter hele handlingen i resten af bogen i gang. Men ikke bare det -
den er en klassisk Camilleri præsentation af helten Salvo Montalbano, for han er en
helt: han klatrer selv op ad stigen (med en revolver i den ene hånd!), og da han
på et tidspunkt - ud for 4.sal - kommer til at se ned, bliver han svimmel og er
lige ved at kaste op. Der er rigtigt langt ned. Han havde aldrig før lidt af
svimmelhed - det var nok alderdommen, tænker han, men bider tænderne sammen,
klatrer videre og kommer ind i lejligheden, hvor også hans kolleger er nået frem
og får styr på Gregorio - og på en uhyggelig oppustelig såkaldt lolita-dukke,
som læseren kommer til at høre meget mere om. Så dukker Caterina op råbende til
Montalbano med vilde øjne: ”Du kommer til at brænde levende i Helvedes
flammer!” ”Det taler vi om bagefter” , svarede kommissæren. Fuldstændigt som
at høre sheriffens rolige kommentar til kvægtyven i det vilde Vesten.
Et døgns tid eller så efter dukker endnu en lolitadukke op - denne gang smidt
ned i en container - hvor mange var der dog af dem i Vigàta, tænker Montalbano -
nu begynder det at være endnu mærkeligere.
Undertegnede anmelder mødte først sent Montalbano-krimierne, men er kommet til
at holde meget af kommissæren og de personer, der fast omgiver ham både på
politistationen og i privatlivet. Først politifolkene: de er altid loyale
overfor ham - og omvendt. Så meget, at en af dem, Mimí, i samråd med sin kone
havde opkaldt deres søn efter ham. Salvo, hedder så den lille baby, og det
glæder egentlig kommissæren, selvom det rykker i ham, når Mimí taler om Salvobassen.
Når man lærer Montalbano at kende, vil man her i bogen nikke genkendende til
hans glæde ved mad - specielt som den laves på Enzos restaurant og han har god
appetit - hør f.eks. her om en frokost netop der: først et udvalg af alt godt
fra havet, så en stor portion pasta med venusmuslinger og derpå rundede han af
med en tallerken sværdfiskeruller. Lyder det af meget? Tja, han kunne ikke
modstå fristelsen til endnu en tallerken med fiskerullerne. Ikke underligt at
Camilleris bøger har inspireret mange kokke i private køkkener - omtalen af
retterne er nogle gange så detaljerede, at man bare kan gå i gang.
I privatlivet spiller kæresten Livia naturligvis en stor rolle - eller gør hun?
Salvo tænker tit, at nu vil han se at tage op og besøge hende i Norditalien,
hvor hun bor. Men der sker altid noget, der forhindrer ham i at tage af sted -
og så bliver hun jo lidt utilfreds for ikke at sige sur. Det sker netop denne
gang, da Ingrid - en gammel bekendt af Salvo - er på besøg og kommer til at tage
telefonen. Satan og helvede, tænkte han…men skaden var jo sket, og faktisk er
der ikke noget mellem ham og Ingrid, tror jeg da ikke. Hun er ellers lidt af en
dame: høj flot svensker med en karriere som racerbilsmekaniker bag sig - og nu
er hun dukket op i netop sådan en bil - og hun kører, da hun og Salvo skal på
restaurant: turen tog 20 minutter - med Montalbano bag rattet i hans bil havde
det taget tre kvarter, tænker han. Under denne middag fortæller hun om en ung
ven, som gerne vil møde Montalbano og tale med ham - det er så den unge mand med
filosofistudierne.
Han dukker op igen på politistationen og har virkelig tænkt over gåderne - og
man begynder at ane noget uhyggeligt. Hvem er han egentlig? Det viser sig, at
han er en slægtning af Gregorio og Caterina, de mærkelige søskende, der indledte
mysterierne - og Montalbano bliver mere og mere sikker på, at det med gåderne
ikke bare er en uskyldig leg, men ’derimod særdeles farlig’.
Nu skal jeg ikke spoile, men Skattejagten ender virkelig ikke godt - og er mere
uhyggelig end Camilleris fortællinger plejer at være.
Montalbano er ikke irritabel, men kan godt lade sig irritere - f.eks. hvor han
støder på et almennyttigt boligbyggeri, som han kalder en ”mellemting mellem et
mexicansk superfængsel og en topsikret forvaringsanstalt for….morderiske
galninge” - og slutter med denne salve: ”Arkitekterne havde løst den
kolossale opgave at slukke selveste den sicilianske sol”. Udover at være
allergisk overfor elendig arkitektur kan Montalbano ikke udholde dårligt sprog,
som f.eks. da hans mekaniker fortæller ham, at det er på tide at ’udfase’ hans
bil. Det afføder en lang indre monolog hos kommissæren om ord han hader, som
også omfatter ’prekariat, ikonisk, vækste’ - og en stribe andre.
Camilleri er selv yderst opmærksom på sit eget sprog, hvor hans italiensk er
stærkt præget af den sicilianske dialekt. Han giver i øvrigt også de mange
forskellige personer i bogen nærmest hver deres egen stemme. Der er skrevet
adskillige artikler om sproget i hans romaner - og mindst en videnskabelig
afhandling specielt om oversættelse af hans værker.
Det antyder jo, at det er en god idé at være måske mere end almindeligt
opmærksom på oversættelsen - og her er det Thomas Harder, der som så mange gange
før har været på arbejde. Det er en sand fornøjelse at følge hans håndtering af
Camilleris mange og meget forskellige personer og situationer - det hele står
krystalklart og nuanceret på siderne. En oversættelse handler om meget mere end
at finde rundt i en ordbog - specielt i et persongalleri, som det vi her møder.
Skattejagten er den sekstende i Montalbano-serien udgivet på Arvids Forlag, 237
sider. Omslaget har Mathias Joong Dahl Jeppesen stået for – det er en smuk,
himmelblå sø, som det dejlige landskab spejler sig i under titlens bogstaver
Hanne Bærentzen
Andrea Camilleri: La caccia al tesoro
"Sono al secondo anno di università, studio filosofia, voglio fare
l'epistemologo", ha detto il giovane.
Il commissario Salvo
Montalbano ha dovuto riflettere un po' prima di (quasi) pensare a cosa
significasse quella parola. Ma poi dialoga in modo abbastanza piacevole con
l'ospite, che è ansioso di capire come funziona il cervello di Montalbano
durante un'indagine. Quindi attualmente non è impegnato in una cosa del genere,
dice Montalbano, ma ha dei messaggi misteriosi - una specie di enigma che lo
invita a una caccia al tesoro e che lo trascina per la campagna - letteralmente.
Dopotutto, il ragazzo può guardarli e poi parlare di nuovo insieme quando ha
pensato ai puzzle. Il caso a cui
sta lavorando Montalbano, e che apre il libro, riguarda una coppia di fratelli,
Gregorio e Caterina, entrambi avanti negli anni e completamente pazzi. In
precedenza si erano occupati di vari effetti religiosi come statue di Madonne,
croci e crocifissi. Ora si erano ritirati e avevano portato l'inventario a casa,
nel loro appartamento piuttosto grande. Non avevano molti contatti con
l'esterno, ma all'improvviso avevano cominciato ad appendere enormi striscioni
sui balconi (abitavano in alto nella proprietà) - il primo con la scritta:
PECCATORI, DOVETE PENTIRVI! sullo striscione successivo c'era la promessa:
PECCATORI, VI PUNIAMO!! e sul terzo ed ultimo striscione suonava minaccioso
PAGHERAI I TUOI PECCATI CON LA TUA VITA!!! Montalbano non
gradisce il numero crescente di punti esclamativi e il tono è innegabilmente più
alto attraverso le tre esclamazioni, così chiama il sindaco e gli chiede di
mandare uno degli agenti comunali nell'appartamento dei due vecchi e di far
rimuovere gli striscioni minacciosi. Per il povero poliziotto stava per andare
male, perché quando ha bussato alla loro porta la porta non si è aperta, anzi il
vecchio ha gridato che era meglio che il poliziotto andasse per la sua strada.
Era una minaccia, così ha insistito l'ufficiale - e il risultato sono stati dei
proiettili sparati attraverso la porta chiusa. Per fortuna i colpi non sono
andati a segno (ma sono andati vicini), per cui l'agente ha preferito
allontanarsi dalla scena, mentre i due vecchi lasciavano piovere i colpi dai
balconi. Qui si sarebbe potuto pensare che un prete avrebbe aiutato: uno del
genere fu convocato e dotato di un altoparlante, cercò di calmare le due persone
turbate. Anche questo non ha aiutato. Il tentativo successivo è stato quello dei
vigili del fuoco: sono arrivati con un'autoscala e l'hanno portata al quinto
piano. Il piano ora era
che Montalbano salisse la scala mentre i suoi uomini sfondavano la porta
d'ingresso. La polizia riesce a fermare i due anziani sparatutto e un'ambulanza
li porta via. Cito questa scena in modo così approfondito perché mette in moto
l'intera trama del resto del libro. Ma non solo: è una classica presentazione
camilleriana dell'eroe Salvo Montalbano, perché lui è un eroe: sale lui stesso
la scala (con una rivoltella in mano!), e quando a un certo punto - fuori 4. sal
- arriva per abbassare lo sguardo, ha le vertigini e sta per vomitare. È davvero
molto giù. Non aveva mai sofferto di vertigini prima - probabilmente era
vecchiaia, pensa, ma stringe i denti, sale ed entra nell'appartamento, dove sono
arrivati anche i suoi colleghi e si impadronisce di Gregorio - e di un
inquietante gonfiabile cosiddetto lolita - bambola, di cui il lettore sentirà
molto di più. Allora appare Caterina gridando a Montalbano con occhi selvaggi:
"Brucerai vivo nelle fiamme dell'Inferno!" "Di questo ne parleremo dopo", ha
risposto l'assessore. È come ascoltare il calmo commento dello sceriffo sul
ladro di bestiame nel selvaggio West. Circa un giorno
dopo, appare un'altra bambola lolita - questa volta gettata in un contenitore -
quante ce n'erano a Vigàta, pensa Montalbano - ora comincia a farsi ancora più
strana. Il sottoscritto
recensore ha conosciuto solo tardi i delitti Montalbano, ma ha imparato ad
apprezzare il questore e le persone che lo circondano fermamente sia in questura
che nella vita privata. Innanzitutto i poliziotti: gli sono sempre fedeli - e
viceversa. Tanto che uno di loro, Mimí, d'accordo con la moglie, aveva dato il
suo nome al figlio. Salvo, si chiama il bambino, e questo fa molto piacere al
commissario, anche se si stupisce quando Mimí parla del Salvobasso. Quando
conoscerete Montalbano, qui nel libro annuirete in riconoscimento del suo
piacere per il cibo - soprattutto perché è fatto al ristorante di Enzo e ha un
buon appetito - ascoltate per esempio ecco a proposito di un pranzo proprio lì:
prima una selezione di tutto ciò che di buono c'è di mare, poi un abbondante
piatto di pasta alle vongole veraci e poi ha concluso con un piatto di involtini
di pesce spada. Sembra molto? Beh, non ha potuto resistere alla tentazione di un
altro piatto di involtini di pesce. Non c'è da stupirsi che i libri di Camilleri
abbiano ispirato molti chef nelle cucine private: le descrizioni dei piatti a
volte sono così dettagliate che puoi semplicemente metterti al sodo. Nella vita
privata, naturalmente, la fidanzata Livia gioca un ruolo importante - o sì?
Salvo pensa spesso che adesso vuole andare a trovarla nel Nord Italia, dove lei
vive. Ma succede sempre qualcosa che gli impedisce di andarsene – e allora lei
diventa un po' insoddisfatta, per non dire arrabbiata. Accade proprio questa
volta, quando Ingrid - una vecchia conoscenza di Salvo - è in visita e viene a
rispondere al telefono. Satana e l'inferno, pensò... ma il danno era ormai
fatto, e in effetti tra lui e Ingrid non c'è niente, non credo. Per il resto è
una vera signora: una svedese alta e bella con una carriera come meccanico di
auto da corsa alle spalle - e ora è apparsa proprio su un'auto del genere - e
guida quando lei e Salvo vanno al ristorante: il viaggio è durato 20 minuti: con
Montalbano al volante della sua macchina, ci sono voluti tre quarti d'ora,
pensa. Durante questa cena racconta di un giovane amico che vorrebbe incontrare
Montalbano e parlare con lui: è il giovane che studia filosofia. Riappare alla
stazione di polizia e ha davvero pensato agli enigmi - e tu inizi a sospettare
qualcosa di sinistro. Chi è veramente? Si scopre che è un parente di Gregorio e
Caterina, gli strani fratelli che hanno dato inizio ai misteri - e Montalbano è
sempre più certo che gli enigmi non sono solo un gioco innocente, ma "al
contrario, estremamente pericoloso". Ora non voglio
spoilerarlo, ma la caccia al tesoro non finisce davvero bene - ed è più sinistra
di quanto lo siano solitamente le storie di Camilleri. Montalbano non è
irritabile, ma può irritarsi - ad es. dove si imbatte in un complesso
residenziale senza scopo di lucro, che definisce "un incrocio tra una
super-prigione messicana e un centro di detenzione di massima sicurezza per...
pazzi omicidi" - e termina con questa raffica: "Gli architetti avevano risolto
il compito colossale di spegnere lo stesso sole siciliano". Oltre ad essere
allergico all'architettura scadente, Montalbano non sopporta le parolacce, come
ad esempio quando il suo meccanico gli dice che è ora di "ritirare gradualmente"
la sua macchina. Ciò dà origine a un lungo monologo interno del commissario
sulle parole che odia, che includono anche "precariato, iconico, crescita" - e
una serie di altre. Lo stesso
Camilleri è estremamente attento alla propria lingua, dove il suo italiano è
fortemente influenzato dal dialetto siciliano. Dà anche ai molti personaggi
diversi del libro, quasi ciascuno la propria voce. Sono stati scritti diversi
articoli sulla lingua dei suoi romanzi e almeno una tesi scientifica
specificatamente sulla traduzione delle sue opere. Ciò suggerisce
che sia una buona idea prestare forse più attenzione del solito alla traduzione
- e qui è Thomas Harder che, come tante volte in passato, è stato al lavoro. È
un vero piacere seguire il modo in cui Camilleri tratta le tante e molto diverse
persone e situazioni: tutto è cristallino e ricco di sfumature nelle pagine. Una
traduzione è molto più che sfogliare un dizionario, soprattutto in una galleria
di persone come quella che incontriamo qui.
La caccia al tesoro
è il sedicesimo della serie Montalbano edita da Arvids Forlag, 237 pagine. La
copertina è stata disegnata da Mathias Joong Dahl Jeppesen - è un bellissimo
lago azzurro cielo, in cui l'incantevole paesaggio si riflette sotto le lettere
del titolo [Traduzione con Google Translator, NdCFC]
Applausi per “Troppu trafficu ppi nenti”, che ha chiuso la Stagione del Teatro
Massimo Città di Siracusa. Uno spettacolo “siciliano e contemporaneo”, scritto
da Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale. L’opera, diretta da Giuseppe
Dipasquale, ha visto protagonisti Ruben Rigillo, Angelo Tosto, Ramona Polizzi,
Lucia Portale, Anita Indigeno, Lorenza Denaro, Filippo Brazzaventre, Daniele
Bruno, Cosimo Coltraro, Luciano Fioretto, Alex Caramanna, Valerio Santi, Rosario
Valenti, Pietro Casano. Il testo gioca con “la teoria” secondo cui Shakespeare
avrebbe anche potuto essere un siciliano ovvero un certo Michele Agnolo Florio.
Camilleri e Dipasquale rivisitano il classico shakespeariano Troppo rumore per
nulla in pura venatura sicula e dall’incipit surreale viene fuori una pièce
teatrale che trasforma il rigore inglese in una godibile messa in scena con il
linguaggio caratteristico di Andrea Camilleri.
[...]
Giuseppe Schifitto
Fresco di nomina nel
board di Mediawan, uno dei principali studi di contenuti audiovisivi
indipendenti in Europa, Carlo Degli Esposti, fondatore e presidente della casa
di produzione Palomar, anticipa in esclusiva a Sorrisi tutti i progetti a cui
sta lavorando: tra serie tv, film e nuove stagioni di fiction amatissime. […] In compenso
ha capito subito la forza di Montalbano: un successo clamoroso, che dura da 24
anni. Ci saranno nuovi capitoli? Luca Zingaretti in varie interviste non è
sembrato disponibile a tornare nei panni del commissario. Che si fa?
«Ho una grande responsabilità, perché il commissario Montalbano è un personaggio
eterno... Ha completato una prima fase e adesso non devo sbagliare la prossima;
mi tremano le mani, sto studiando da parecchi anni...». Quindi per i
fan ci sono speranze?
«Sì. Montalbano è ancora un "pischello" dal punto di vista televisivo. Ci sarà
sicuramente una nuova avventura». Nel 2025,
poi, ricorrono i 100 anni dalla nascita di Andrea Camilleri.
«Farò di tutto per onorare la ricorrenza e mi auguro che per il 2025 riusciremo
a realizzare un film tratto dalla trilogia delle Metamorfosi di Camilleri
("Maruzza Musumeci", "Il casellante", "Il sonaglio"), che racconta personaggi
femminili magici». Lei è
bolognese, da dove nasce il suo amore per la Sicilia e le sue storie?
«Ho sempre amato la Sicilia perché è oltre ogni possibilità di analisi, riserva
continuamente qualcosa di sorprendente. Ho avuto pochi grandi amici, ma una su
tutti è siciliana; l’editrice Elvira Sellerio. Per me è stata una sorella
maggiore nei periodi alti e nei periodi bassi della vita. Montalbano l'ho
scoperto grazie al suo intuito pazzesco».
[…]
Giusy Cascio
“Il giudice Surra e altre indagini in Sicilia”, edito da Sellerio, raccoglie tre
racconti di Andrea Camilleri: “Il giudice Surra”, “Il medaglione” e “Troppi
equivoci”. I primi due datati 2005; l’altro 2011. Tre gialli ambientati in
Sicilia che, non essendo più in ristampa, erano ormai introvabili nelle
librerie. Ci ha pensato Sellerio, quindi, a raccoglierli in un libro unitario.
Scrittore, sceneggiatore, regista e drammaturgo, Andrea Camilleri non ha bisogno
di lunghe presentazioni: straordinario per inventiva, con cui ha saputo tessere
trame memorabili, che si snodano all’interno di una Sicilia genuina e
affascinante; unico per stile e linguaggio, con cui ha dato voce a personaggi
iconici, come il commissario Salvo Montalbano. Sinossi
Il protagonista delle indagini, stavolta, non è il celebre commissario di
Vigata, sebbene i personaggi presentino alcuni tratti in comune.
Il racconto “Il Giudice di Montelusa” [Il giudice Surra, NdCFC],
ambientato subito dopo l’Unità d’Italia, vede protagonista il giudice piemontese
Efisio Surra, trasferito al tribunale di Montelusa, in Sicilia. Un uomo
integerrimo, che sembra avere quale unico obiettivo far applicare la legge,
ignorando (più o meno consciamente) l’ombra della mafia.
In “Troppi Segreti”, Bruno, tecnico telefonico, si innamora di Anna,
traduttrice. La storia d’amore è breve e intensa, spezzata dal terribile
assassinio di Anna, di cui Bruno è accusato. Un’ingiustizia che spinge l’uomo a
mettersi alla ricerca del vero assassino.
Ne “il Medaglione di Belcolle” [Il medaglione, NdCFC] il maresciallo dei
carabinieri, Antonio Brancato, si trova a gestire una situazione inattesa: il
vecchio Ciccino, da poco vedovo, si è barricato nella sua casa di campagna,
minacciando di sparare a chiunque si avvicini. Una conferma di cui non avevamo bisogno: il genio di Camilleri
Intrighi e sospetti avvolti dall’atmosfera di una Sicilia dai toni caldi
e ammalianti. Un vortice di personaggi dalla personalità dirompente, nati pronti
per bucare lo schermo. I racconti, infatti, nascono da un’idea di Carlo
Lucarelli, che propose a Camilleri di scrivere un’antologia a sfondo poliziesco
che potesse originare trasposizioni televisive. Il maestro li concepì, dunque,
in vista dell’adattamento per il piccolo schermo. Un’idea che cavalcava l’onda
del successo che in quegli anni accompagnava l’affermarsi del poliziesco
all’italiana. Un’idea trasformata in una straordinaria realtà nero su bianco.
I dialoghi, di cui l’autore è maestro, esprimono una mescolanza di un italiano
parlato, a tratti ormai perduto, e spunti dialettali. Ingredienti della
narrativa in pieno stile Camilleri, fondamentali per trasportare il lettore
nella Sicilia, quella autentica.
Le storie sono originali a tal punto da risultare vere, tangibili come qualcosa
di effettivamente vissuto. Talmente accurate da rendere difficile pensare che
siano frutto della mente di un uomo.
Infatti, nascono da quella di un genio.
Giuseppe Ferrara
SoloLibri, 21.5.2024
E la chiamarono Vigata. La Sicilia nel cuore di Pasquale
Hamel
Spazio Cultura Edizioni, 2024 - L’autore si immerge nei ricordi della sua terra
di affezione, quella dei racconti ascoltati dai suoi amici e parenti. L’Amarcord
di un vissuto, alla ricerca di un tempo perduto ma sempre presente.
Un piccolo, ma
intenso e intrigante lavoro quest’ultimo libro di Pasquale
Hamel già autore di saggi storici che vedono sempre la Sicilia
al centro dei suoi studi e approfondimenti, sempre di livello.
L’autore nelle pagine di E
la chiamarono Vigata. La Sicilia nel cuore (Spazio Cultura
Edizioni, 2024) si immerge nei suoi ricordi della terra di affezione, quella dei
racconti ascoltati dai suoi amici e parenti. L’Amarcord di un vissuto, alla
ricerca di un tempo perduto ma sempre presente.
Nell’introduzione l’autore ben riassume l’argomento dell’opera in questi
termini: “Libretto
di memorie, di profili, di aneddoti che costituiscono memoria viva” E questo, al
di là dei mutamenti nella toponomastica che l’hanno vista divenire nel tempo
Porto Empedocle, la Marina oppure Vigata in omaggio al grande “Nenè” Camilleri
con la sua immancabile sigaretta sempre sulle labbra che qui trascorse la sua
giovinezza. Ma come non citare ancor prima Luigi Pirandello tra gli empedoclini
illustri di un luogo dell’anima e unico per le caratteristiche peculiari e
caratteriali dei suoi abitanti industriosi e attivi, a dispetto della nomea
attribuita a molti siciliani. Un’operosità e un dinamismo che si riscontra nel
commercio, nell’impresa industriale, e non solo nella pesca e nella marineria.
[…] Gaetano Celauro
Una raccolta
dei migliori romanzi di autori italiani appartenenti alla collana per eccellenza
di questo genere: Il Giallo Mondadori, un marchio editoriale storico talmente
iconico da diventare rappresentativo di un intero genere, in questo caso nella
sua edizione più pregiata. Gli autori
italiani più famosi e amati raccontano storie di detective, casi quasi
impossibili da risolvere, intrighi criminali e vicende al cardiopalma che
spaziano tra la provincia italiana e le grandi città metropolitane del nostro
paese. Da Camilleri
a Lucarelli, da Carlotto a De Cataldo: grandi autori italiani, autori accomunati
dall'appartenenza al genere Giallo. Per voi, un assaggio delle prime
straordinarie 5 opere. "Km 123" di Andrea Camilleri Al
chilometro 123 dell’Aurelia, un’auto esce di strada in una notte di tempesta.
È solo un incidente?… "Quasi per caso" di Giancarlo De Cataldo Una città
in rivolta. Un giovane ufficiale accusato di omicidio.
Una corsa contro il tempo per salvarlo dalla fucilazione… "Il francese" di Massimo Carlotto Un
protettore accusato di omicidio. Una poliziotta pericolosa e spregiudicata.
E sullo sfondo l’anima bigotta e insieme torbidissima della provincia italiana… "Uno sterminio di stelle" di Loriano
Macchiavelli Bologna,
anni duemiladieci un’indagine di Sarti Antonio… "Indagine non autorizzata" di Carlo Lucarelli Riviera
romagnola, 1936. L’omicidio di una prostituta rischia di rovinare le vacanze del
duce…
30 uscite con cadenza settimanale a euro 8,90 prezzo rivista esclusa Corri in
edicola per non perderti un’occasione senza precedenti, e senza eguali, di
collezionare i più grandi autori de "Il Giallo Mondadori".
Per consultare il piano dell'opera, abbonarti all’intera collana o se hai perso
un volume, vai su mondadoriperte.it.
Chi di noi lettori e spettatori televisivi di giovane età ma anche non proprio
di “primo
pelo” non si è lasciato affascinare dalla penna e dalla vibrante ma ironica
fantasia di Camilleri? Scrittore, regista, scenografo e sceneggiatore di grande
talento artistico ha accompagnato per merito delle riuscitissime serie
televisive su Rai 1 tante nostre serate con la compagnia dei suoi personaggi
interpretati con sapiente scelta di carattere, personalità e ruolo, nel contesto
dei suoi racconti gialli delle serie dell’Ispettore Montalbano.
Ci faceva compagnia con tono narrativo e sornione, amichevole e quasi paterno
nell’anticiparci il racconto della sua storia di turno prima della narrazione
televisiva e cosi’ l’introduzione calma, precisa e ironica, spesso scherzosa
dell’autore in persona, ripreso alla sua scrivania, ci presentava di volta in
volta le sue storie dando ai suoi personaggi un’umanita’ ancora più ricca e
vibrante, inducendoci ad un complice ascolto e attenta visione non senza un
sapiente tocco di sospensione e sagace ironia.
Mi piace ricordare una frase del Maestro che riassume “in nuce” la sua poetica e
lo stile che gli corrisponde, quasi una metafora del suo successo spiegato con
un tocco autobiografico… “Tutto
è arrivato tardi nella mia vita, e questa è una fortuna: mi sento come di aver
vinto alla Sisal. Il successo fa venire in prima linea l’imbecillità. Se avessi
ottenuto da giovane quel che ho oggi, non so come sarebbe finita. Non conosco il
mio livello di imbecillità.”
Una lezione di vita direi e una perla di saggezza per i suoi telespettatori.
Ci colpisce in questo Maestro la poliedrica dedizione a più rami dell’arte,
senza mai perdere di vista dalle sceneggiature esterne sul mare di Sicilia alle
sapienti descrizioni enogastronomiche la sua amata terra. Sapiente e intrigante
il rapporto con l’amore, espressione di libertà e solidale tenera attenzione.
Ma colpisce in generale la sua ricca produzione artistica proprio in età
avanzata, con entusiasmo giovanile ma con sapiente senile prudenza
nell’osservazione dei tipi umani nei loro difetti e virtù senza però ergersi mai
a giudice.
Sono ormai passati più di quattro anni da quando se n’è andato, all’età di 93
anni, (nato a Porto Empedocle nel 1925 e morto a Roma nel 2019) lasciando alla
Sicilia e all’Italia un vuoto immenso. Già da qualche tempo aveva perso la
vista, ma fino a quando gli è stato possibile, Andrea Calogero Camilleri, ci ha
regalato magnifiche storie.
Teatrale, sottile, ironico, ci ha lasciato infatti un preziosissimo bagaglio di
racconti dallo stile piacevole e inimitabile, di stralci in dialetto siciliano,
di parole e di modi di dire che rimarranno per sempre impressi nella nostra
letteratura.
Del grande scrittore ci rimangono oltre cento libri, tutti pubblicati in età
adulta (è diventato autore bestseller a oltre 70 anni). “Un filo di fumo“,
edito da Garzanti nel 1980, fu il primo di una serie di romanzi storici
ambientati a Vigàta a cavallo tra ‘800 e ‘900, a cui hanno fatto seguito “La
strage dimenticata“, “La stagione della caccia“, “La bolla di
componenda“. E molti sono stati tradotti anche all’estero.
E’ bello, concludendo questo breve excursus biografico, ricordarlo anche con
alcune sue bellissime frasi che esprimono l’essenza del suo pensiero.
«Le parole che dicono la verità hanno una vibrazione diversa da tutte le altre.»
(Un mese con Montalbano)
«Non basta leggere, bisognerebbe anche capire. Ma capire è un lusso che non
tutti possono permettersi.» (Segnali di fumo)
«La perdita della solidarietà dell’uomo con l’uomo è gravissima, sta cambiando
il nostro dna e non so spiegarmene le ragioni.
«Il tempo è una giostra sempre in funzione. Tu sali su un cavalluccio o un’automobilina,
fai un bel po’ di giri, poi con le buone o con le cattive ti fanno scendere.»
«Forse, senza saperlo, stiamo combattendo la prima guerra globale degli anni
duemila. Una guerra che non usa più armi, che non bombarda né fa esplodere
atomiche, che non provoca morte ma produce fame, disoccupazione, scontro
sociale, impoverimento, insomma riduce sul lastrico i perdenti.» (Segnali di
fumo) [anticipando con profonda sensibilità la realtà tragica del nostro momento
storico.]
«Che cosa straordinaria possono essere i libri. Ti fanno vedere posti in cui
agli uomini succedono cose meravigliose. Allora la testa ti parte per un altro
verso, gli occhi scoprono prospettive fino a quel momento inedite. E cominci a
farti parecchie domande. Era l’insonnia della vecchiaia, quella che notte dopo
notte ti condanna a stare vigliante, a letto o in poltrona, a ripassarti la tua
vita minuto per minuto, a ripatirla sgranandola come i grani di un rosario.» (La
paura di Montalbano)
«Ogni singola storia d’amore, vissuta o inventata, riesce a essere unica e
diversa e irripetibile rispetto ai miliardi di altre storie già accadute, che
accadono, che accadranno. Insomma, l’amore non s’impara né teoricamente né
andando a bottega da altri. S’impara amando, vale a dire perdendosi.» (Segnali
di fumo).
«L’affidarsi alla memoria, è la volontà dell’uomo di non scomparire.»
Tiziana Penne
Un incontro tra i giornalisti
e l’ex presidente del Tribunale di Lecce, Roberto Tanisi (ora in pensione), in
occasione della presentazione dello spettacolo teatrale “Storie Sbagliate”
scritto per la compagnia “Temenos- Recinti Teatrali” che andrà in scena, venerdì
prossimo, presso il Multiplex- teatro “Fasano” di Taviano alle ore 21. Era
presente all’incontro, presso l’ex ufficio di Tanisi, il registaMarco
Romano della compagnia “Temenos”. […]
Nello spettacolo viene fatto riferimento libro “Autodifesa di Caino” di Andrea
Camilleri e ricordata la frase: “…Abele prese la mano e mi disse: “Tu hai ucciso
me o sono io che ho ucciso te? Non ricordo più ma non importa. Stiamo qui
insieme noi due, fratelli come prima”. “Ora so che mi hai perdonato davvero”,
gli dissi, “perché dimenticare è perdonare”.
Angelo Centonze
Abril de 2024. Nuestro socio de LdeCh Bartolomé
Leal, escritor de género negro, hizo una gira por caminos,
paisajes y ciudades de Sicilia, donde no dejó de visitar Porto Empedocle, el
pueblo natal del escritor Andrea Camilleri, figura cumbre del policial/negro.
Salió un breve video de homenaje al creador del comisario Montalbano. Aunque
bastante amateur, refleja el embrujo que dicho periplo le causó en tanto «viajero
literario», especie en peligro de extinción, que se lo recorrió todo acompañado
de su hija Coico (museos, templos griegos, villas romanas, teatros clásicos y
trattorias), siempre con las botas puestas…
È stata
presentata oggi, la 15esima edizione di Una marina di libri, che si svolgerà a
Palermo dal 6 al 9 giugno al Parco Villa Filippina, organizzata
dall'associazione Una marina di libri E.T.S. in collaborazione con il Centro
Commerciale Naturale Piazza Marina & Dintorni, Navarra Editore, Sellerio Editore
e Libreria Dudi.
Al
timone del festival dell'editoria indipendente, ideato da Maria Giambruno e che
ha per tema "Oltre i confini", ci sarà per il quarto anno consecutivo il
giornalista e scrittore Gaetano Savatteri. […] Tanti gli
ospiti di rilievo: dallo scrittore Petros Markaris, che incontrerà il pubblico
per parlare, insieme al produttore Carlo Degli Esposti (Palomar) e a Valentina
Alferj, agente letterario e collaboratrice di Andrea Camilleri, di libri e
fiction televisive. [La presenza di Carlo Degli Esposti non è stata poi
confermata nel programma definitivo, NdCFC]
[…]
Il film documentario
Kalavría si appresta a fare il suo primo tour in Calabria. Si comincia il 25
maggio da Praia a Mare, la bella cittadina in cui è cresciuta la regista
Cristina Mantis. […] Ma cosa c’è
della Locride ancora nel documentario? Il “fu” Teatro Gioiosa di Gioiosa Jonica.
Come una lama tagliente in tanta poesia, e per questo fa ancora più male, le
immagini mostrano la chiusura di questo teatro, diretto in modo pirandelliano
dallo stesso Domenico Pantano, che si è fatto uno, nessuno e centomila, pur di
portare il teatro dappertutto e facendo di questo luogo per oltre 30 anni il
fulcro dell'attività culturale del Centro Teatrale Meridionale. Inaugurato
nell'anno 1990 dallo spettacolo “I mafiusi della Vicaria di Palermo” diretto da
Andrea Camilleri, in cui Rosa Balistreri cantava in quel suo modo unico e
appassionato testi di Otello Profazio, e lo stesso Pantano impersonava don
Jachino, suo figlio, in un'interpretazione che all'epoca fece scalpore.
[…]
Maria Zema
Curti. Chiusura con
il botto per la rassegna ‘Incontri con l’autore’, organizzata dal Comune di
Curti in collaborazione con la libreria ‘Spartaco’ di Santa Maria Capua Vetere. Ieri sera,
nella Biblioteca comunale di piazza della Repubblica, è giunta Arianna
Mortelliti, nipote d’arte dell’indimenticabile Andrea Camilleri, che ha
presentato al folto pubblico giunto per l’occasione la sua opera prima ‘Quella
volta che mia moglie ha cucinato i peperoni’. L’assessora
alla Cultura di Curti Carolina Russo, ispiratrice dell’iniziativa, ha affermato:
«Chiudiamo la rassegna ‘Incontri con l’autore’ che in questi anni ha ricevuto un
enorme successo tra i cittadini. Abbiamo ospitato scrittori di altissimo profilo
della scena nazionale, che hanno elevato il livello della rassegna letteraria
che sicuramente va ripetuta anche nei prossimi anni». Il sindaco
Antonio Raiano ha aggiunto: «E’ stato un onore e un enorme piacere ospitare nel
nostro Comune Arianna Mortelliti, nipote del grandissimo Andrea Camilleri. La
rassegna ‘Incontri con l’autore’ è la dimostrazione palese che la cultura è e
sarà uno dei pilastri della nostra attività amministrativa. Lo si evince
chiaramente anche dalla suggestiva biblioteca comunale che abbiamo allestito in
questi anni; al momento del nostro insediamento, nei locali di Piazza della
Repubblica abbiamo trovato le ragnatele, adesso ci sono oltre 4400 testi ed una
frequentazione quotidiana da parte di numerosi giovani provenienti anche dal
circondario. Un risultato veramente straordinario».
La serata è stata molto piacevole, con la giovane autrice di origini siciliane
che è riuscita ad affascinare il pubblico, attraverso il racconto del suo libro
e di numerosi aneddoti, alcuni divertenti, legati all’amatissimo nonno Andrea
Camilleri.
Marco d'Albore
Libreriamo, 25.5.2024
I 10 libri da leggere tutto d’un fiato
Ci sono libri che a partire già dalle prime pagine catturano l'attenzione del
lettore, portandolo a leggere senza pause. Scopri quali sono i 10 libri da
leggere tutto d'un fiato
Ci sono libri da cui non riusciamo più a staccarci, che si
leggono in un soffio. Classici, gialli, thriller, romanzi rosa o d’avventura… Vi
abbiamo chiesto in un post su
Facebook quali siano i libri che avete letto tutto d’un fiato. Ci avete risposto
in tanti. I 10 libri che è possibile leggere tutto d’un fiato Ecco i
10 titoli più frequenti, dal best seller di Valérie Perrin al maestro del
thriller Donato Carrisi. […] “La forma
dell’acqua” di Andrea Camilleri Ne abbiamo scelto uno, “La forma dell’acqua”, in
rappresentanza di tutti i libri di Camilleri che avete citato in risposta al
nostro post. Il primo omicidio letterario in terra di mafia della seconda
repubblica – un omicidio eccellente seguito da un altro, secondo il decorso cui
hanno abituato le cronache della criminalità organizzata – ha la forma
dell’acqua (“Che fai?” gli domandai. E lui, a sua volta, mi fece una
domanda. “Qual è la forma dell’acqua?”. “Ma l’acqua non ha forma!” dissi ridendo: “Piglia la forma che
le viene data”). Prende la forma del recipiente che lo contiene. E la morte
dell’ingegnere Luparello si spande tra gli alambicchi ritorti e i vasi
inopinatamente comunicanti del comitato affaristico politico-mafioso che domina
la cittadina di Vigàta, anche dopo il crollo apparente del vecchio ceto
dirigente. Questa è la sua forma. Ma la sua sostanza (il colpevole, il movente,
le circostanze dell’assassinio) è più antica, più resistente, forse di maggior
pessimismo.
[…]
Nicoletta Migliore
Sicilian Post,
26.5.2024
Sicilitudine
Camilleri e il diario di Caravaggio: se il dolore diventa la sorgente della
bellezza
Ne “Il colore del sole”, una sorta di giallo meta-narrativo di cui l’autore
diventa inconsapevole protagonista, lo scrittore siciliano ripercorre le
surreali vicende che lo hanno condotto a tenere tra le mani un brogliaccio di
memorie inedite del Merisi. Tra queste, vi erano anche quelle relative al
soggiorno in Sicilia nel 1607 e una accorata riflessione sul perché la propria
pittura fatta di contrasti fosse un perfetto riflesso della sua anima inquieta
Chi scrive – per mestiere, per diletto o per nobilissima necessità
d’animo – lo sa bene: spesso, più che il contrario, è la vita ad accodarsi alle
pieghe romanzesche delle nostre pagine. Quasi come se, di punto in bianco, la
realtà decidesse di deformarsi, di rimpicciolirsi al punto da apparire come una
fugace scia, che esiste solo se accodata a qualcos’altro. Di questa continua
sovrapposizione, di questa sregolata meraviglia, si nutre l’immaginario di ogni
artista della parola. Di episodi surreali, talvolta ai confini dell’onirico; di
congiunture e coincidenze straordinarie; di una inesauribile volontà di
avventurarsi oltre la superficie dell’apparenza. Accade, questa straniante
manifestazione del letterario, soprattutto quando meno è attesa. Per esempio tra
i gradoni del teatro greco di Siracusa, quando un corpulento signore tutt’altro
che profumato ti impedisce di goderti pienamente la rappresentazione scenica con
la sua irrequietezza. O quando, tornato a casa, ti ritrovi nella tasca della
giacca un biglietto misterioso che sembra miracolosamente uscito da uno dei
gialli di cui sei uno specializzato autore. E quando, una volta aperto e letto
con l’ardore di un ragazzino che si appresta a vivere la sua prima caccia al
tesoro, comprendi che tra le tue mani è appena finita una lettera che può
condurti ad un vero pezzo di storia. È quanto accaduto ad Andrea Camilleri
esattamente 20 anni fa, quando, durante uno dei suoi ritorni in Sicilia, lo
scrittore si ritrovò protagonista ed involontario cercatore di verità di un
giallo decisamente intricato. Ben presto, infatti, il biglietto dei misteri si
rivela essere il primo di una serie di indizi concatenati che lo porteranno alle
soglie di un imponente casale nel territorio di Bronte. Un casale che,
incredibilmente, si rivela essere anche un preziosissimo e gigantesco scrigno.
Al suo interno, infatti, Camilleri fa la conoscenza di un certo Carlo (del quale
non sveliamo altro per togliere il piacere della lettura a chi non conoscesse
l’opera), il quale gli rivela non soltanto di essere stato il mittente di quel
biglietto, ma anche che la villa custodisce al suo interno un brogliaccio con
appunti e memorie inedite di Caravaggio. Un incipit letterario da manuale,
verrebbe da dire. Se non fosse il nostro conterraneo, da quelle pagine
effettivamente finite nella sua disponibilità per un tempo limitato, trasse una
delle opere più peculiari della sua produzione, vale a dire Il
colore del sole. Più che
una semplice trascrizione di un documento raro, il libro di Camilleri è una
profonda ed accurata indagine esistenziale di uno dei cuori più inquieti della
storia dell’arte. Delle sue fragilità da uomo ancor prima che da artista. Della
sua fatale irresolutezza e del suo intrattabile tormento, croce e delizia di
un’arte sublime e dolorosa. I ricordi scritti del Merisi, infatti, si rifanno al
1607, anno quantomeno famigerato della sua biografia. È il periodo della
cosiddetta fuga seguita all’omicidio di Ranuccio Tomassoni e del passaggio a
Malta e in Sicilia. Sono fasi concitate, quelle che il pittore ripercorre con
altrettanto turbamento sui fogli che Camilleri poi ricopierà come un attento
amanuense. Sono i giorni della speranza, in cui Caravaggio mira ad ottenere la
grazia di papa Paolo V e ad entrare nell’Ordine dei Cavalieri di Malta. I giorni
in cui ha inizio la lavorazione della Decollazione di San Giovanni Battista.
Ed è proprio attorno a questo dipinto che si snoda uno dei momenti emotivamente
e letterariamente più pregevoli dell’opera di Camilleri. Il momento in cui
Caravaggio ripercorre il suo soggiorno a Napoli e la sua visita ad una presunta
maga, a cui si era rivolto per un fastidio agli occhi. La fattucchiera gli aveva
procurato un liquido da spalmare, il quale, tuttavia, aveva avuto come
conseguenza quella di corrompere in maniere permanente la percezione visiva
dell’artista. Ogni fascio luminoso, persino quello accecante del sole, aveva per
lui un immancabile contorno nero. Chiarore e tenebre, rinascita e pena: su
questo equilibrio, tanto precario quanto magnetico, si reggono i dipinti del
Merisi. È lo stesso artista a raccontarcelo, ripercorrendo un dialogo fatto con
tale Fra’ Raffaele: «Ho comenzato a lavorare a la Decollazione del Battista e la
luce nera de lo sole nero non abbandonami più. Per me non havvi differenzia
alcuna tra la notte e lo jorno. Fra’ Raffaele, dopo avermi veduto in atto di
dipignere lo muro del carzaro di fronte allo quale avviene la decollazione,
chiesemi di parlarmi in cella. E quivi, sanza che io gli avessi ditto dello
stato in cui trovavami, domandommi in primis se la decollazione che stavo
dipignendo avveniva di jorno o di notte. Io assai restai colpito da le parole
sue. Lo frate avea adunque ben indovinato lo stato mio». Poi, in un crescendo di
tensione e consapevolezza, ecco la rivelazione. La metafora che spiega sé
stessa: «La visione inversa de lo sole e de la luce sua significava obbedienza a
la legge inversa, contraria a la divina, significava abbracciare per vero
l’opposto suo, lo contrario de’ propositi del Creatore Supremo. Se lo sole è
vita, lo sole nero è morte, ancor disse. Consigliommi digiuno e preghiera. Ma io
hora cognosco che tutta l’esistenzia mia, ancor prima assai che Celestina mi
desse quel liquido, era comenzata e continuata sempre sotto lo segno de lo sole
nero…».
Nella fulminante dichiarazione conclusiva si riunificano tutte le voci di questo
inconsueto romanzo. Camilleri e Caravaggio diventano quasi un tutt’uno, una
comune e lirica memoria. Che riemerge potente dalla malinconica disperazione con
cui il Merisi ammette la sua finitezza, la sua imperfezione umana. Perché se è
vero che egli è stato il pittore della luce, altrettanto vero è che lo è stato
del chiaroscuro. Abbarbicato, suo malgrado, a quella vita che faceva fatica a
sostenere. Ma che pure, di tanto in tanto, lo appagava con i guizzi delle sue
intuizioni. Caravaggio, Camilleri e la Sicilia: un triangolo, insomma. Dove lo
scritto si fa misteriosamente realtà. E dove la bellezza riesce a nascere anche
dalla più amara afflizione. Joshua Nicolosi
È un viaggio tra biografia
personale e passione politica quello tra Corrado Formigli (nel ruolo di
intervistatore) e Luca Zingaretti, cresciuto alla Magliana («un mondo fatto di
violenza e sopraffazione dove ho imparato a difendermi e a giostrarmela») e da
ragazzo iscritto al Partito di Unità Proletaria per il Comunismo. La politica ma anche
il calcio, fino a quando la sua strada cambia con l’ingresso all’accademia di
arte drammatica. Tanta gavetta: «Per risparmiare dormivo negli alberghi a ore,
mangiavo o a pranzo o a cena, per un sacco di tempo ho fatto l’alabardiere e
avevo solo tre battute». Ricorda i fischi a Venezia per Il Branco («pensavo
sarebbe finita la mia carriera») e il successo di Montalbano («a un certo punto
ho pensato di lasciare, il personaggio rischiava di fagocitarmi»). Formigli ha
la battuta pronta: «Andavamo in onda anche noi al lunedì, con gli ascolti
prendevo certe mazzate...».
[..]
Renato Franco
Si avvicina l’ultima campanella anche per questo anno scolastico: per un po’ di
tempo i libri di testo possono essere messi da parte. Al di là delle classiche
letture consigliate dagli insegnanti, è il momento giusto per perdersi
dentro romanzi da portare in vacanza e per ingannare il tempo. Abbiamo raccolto qualche
titolo pensato per i più piccoli, partendo dagli 11 anni e tornando indietro
fino ai 3.
[…]
Il canto del mare – Andrea Camilleri, Maurizio De Giovanni, Mariolina Camilleri
Dentro la Casa Strana, nel villaggio al di là della Collina Secca, la
cantastorie Nonnamà – un po’ nonna e un po’ mamma per ogni età – è sempre pronta
a raccontare favole ai bambini di tutte le famiglie quando i genitori sono
impegnati. Non si sa mai dove finisce la realtà e dove inizia la finzione nei
racconti della vecchietta. Nel suo repertorio c’è la storia di Gnazio,
giardiniere che un giorno lontano (era l’800) aveva dovuto lasciare il paese e
le sue amate piante e attraversare il mare fino all’America. Al momento del
rientro l’età era ormai avanzata: impossibile trovare una moglie. E invece no,
perché alla fine era arrivata Maruzza, donna speciale così affascinata dal mare
e dall’acqua. Ma chi era Maruzza? Che sia forse una sirena? Maurizio De
Giovanni riscrive la Maruzza Musumeci del suo
amico Andrea Camilleri, con l’aiuto delle illustrazioni della figlia Mariolina
Camilleri. Il canto del mare, consigliato
dagli 11 anni a salire, è in libreria per Salani.
[…]
Giacomo Cadeddu
Francoforte sul Meno - La presenza dell'Italia alla 76/a edizione della
Frankfurter Buchmesse, dal 16 al 20 ottobre, sarà "all'insegna della libertà e
della pluralità", cercando di dimostrare che "la cultura unisce, anche nella
diversità". Mauro Mazza, commissario straordinario del governo, ha presentato
così, oggi nel corso di una conferenza stampa al Literaturhaus Frankfurt, lo
spirito del programma Italia Ospite d'Onore alla Fiera internazionale del Libro
di Francoforte 2024, il più grande evento di riferimento per il mondo
dell'editoria, in grado di attirare ogni anno più di 300.000 visitatori. […] Il
programma darà forma al motto della partecipazione italiana, "Radici nel
futuro". "Non è un ossimoro perché la storia della letteratura italiana
rappresenta un marchio talmente conosciuto ed apprezzato all'estero da rendere
indispensabile la sua presenza in una vetrina così prestigiosa dedicata al mondo
della nostra editoria contemporanea", ha spiegato Mazza. In questa ottica si
inseriscono gli omaggi a figure come Niccolò Machiavelli, autore del "Principe",
in vista del 500esimo anniversario della sua scomparsa che cadrà nel 2027, Aldo
Manuzio, considerato tra i più grandi editori di tutti i tempi e il precursore
del libro in formato tascabile, e a un popolare scrittore come Andrea Camilleri
o a istituzioni come l'Università degli Studi di Napoli 'Federico II' per
l'ottocentesimo anniversario dalla fondazione. […]
Paolo Martini