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RASSEGNA STAMPA

MAGGIO 2024

 

La Sicilia, 1.5.2024
Teatro Brancati. Da domani al 10 maggio in una nuova edizione “Troppu trafficu ppì nenti” di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale
Questo Shakespeare dall’animo siciliano nella giostra degli intrighi

«Se davvero Shakespeare fosse siciliano? Ci piacerebbe per spirito di patria, poterlo credere, ma la storia, si sa, non la si fa coi se!». Da questa suggestione prende avvio lo spettacolo “Troppu trafficu ppì nenti” di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale (che cura anche regia e scene).
Prodotto dal Teatro della Città – Centro di Produzione Teatrale, sarà in scena al Teatro Brancati di Catania da domani 2 maggio (debutto ore 21) fino a venerdì 10. Un’occasione imperdibile per vedere la pièce che, dalla sua prima rappresentazione nel 2000, è stata accolta con grande successo in Italia e all’estero. In scena, in questa nuova edizione, un cast formato da – in ordine di apparizione – Angelo Tosto, Ramona Polizzi, Lucia Portale, Anita Indigeno, Lorenza Denaro, Filippo Brazzaventre, Ruben Rigillo, Daniele Bruno, Cosimo Coltraro, Luciano Fioretto, Alex Caramma, Vincenzo Volo, Valerio Santi, Rosario Valenti, Pietro Casano. I costumi sono di Dora Argento e Angela Gallaro Goracci.
«Michele Agnolo o Michelangelo Florio (Scrollalanza dal lato materno), di origine quacquera, visse parte della sua vita, sfuggendo alle persecuzioni religiose, nelle isole Eolie, a Messina, a Venezia, a Verona, a Stratford e a Londra», introduce così il lavoro l’autore e regista Giuseppe Dipasquale. «E fu autore di molte tragedie e commedie ambientate nei luoghi suddetti, che dimostrava di ben conoscere, così come dimostrava di ben conoscere la lingua italiana ed il teatro italiano, nonché di avere una buona dimestichezza con la scena italiana. Alcune sue opere rinvenute sembrano essere la versione originaria di altre ben note opere attribuite a Shakespeare, come “Troppu trafficu ppì nenti”, scritta in messinese, che potrebbe essere l’originale di “Troppo rumore per nulla” di Shakespeare, apparsa 50 anni dopo».
Una bella suggestione, senza dubbio. Da cui è nata l’idea di un “Troppo rumore per nulla” in salsa siciliana. «Immaginiamo quindi – continua – una Messina in mezzo al Mediterraneo così come Shakespeare se la poteva immaginare: esotica, viva, crocevia di magheggi, che avrebbero fatto di una festa nuziale il complicato intreccio per una giostra degli intrighi. Immaginiamola seguendo con le orecchie la parlata di quei personaggi che nel vivo di un dialetto carico di umori e ambiguità, dipana le trame di una vicenda originariamente semplice, ma dai risvolti complicatissimi. Immaginiamo che tutto ciò sia il frutto di un carattere tipicamente mediterraneo, se non propriamente siciliano ed ecco che potremo anche credere, anche solo per una volta, che William Shakespeare, di Stratford-on Avon , sia potuto essere quel tale Michele Angelo Florio Crollalanza partito in fuga da Messina. Poiché non c’è nulla di meravigliosamente siciliano che il potere complicare, da un dato semplice, una vicenda fino a farla diventare surreale».
«Troppu trafficu ppì nenti – conclude Dipasquale – è il modello eterno di un carattere terribilmente semplice, come quello siciliano, che ama complicarsi l’esistenza in un continuo arrovigliarsi su se stesso. Merito particolare di questa creazione, la lingua siciliana illustre ricostruita nelle sue scaturigini più nobili, con qualche spazio per la modernità del proverbiare e scelte fonetiche che appaiono insolite oggi, ma che dovevano essere consuete in corti dove il latino era la lingua diplomatica. Solennità di portamento e dizione rotonda per tutti tranne nei riquadri burleschi che il Bardo inframmetteva anche nelle più cupe storie per stemperarne l’amaro. Allora (nell’episodio della ronda notturna) si sprigiona l’umor faceto di tre guardie dai modi levantini, dal linguaggio misto di assonanze orientali e di comiche caricature espressive. Per il resto è teatro di parola, in cui espressioni arcaiche danno lo spessore di una cultura antica di secoli ai più ignota».
 
 

La Repubblica (ed. di Roma), 1.5.2024
Manuela Mandracchia
“I Giganti di Pirandello ossessioni in musica”

«Difficile da raccontare, perché c’è dentro il sogno d’un sogno, le ossessioni di noi attori, le crisi creative di un autore, e i complicati e scivolosi edifici dei personaggi, e tutto un mondo di visioni». Manuela Mandracchia si riferisce a “Il canto dei giganti”, progetto che condivide e cointerpreta con Fabio Cocifoglia ispirandosi liberamente (ma non soltanto) ai “Giganti della Montagna” di Pirandello, spettacolo con musiche dal vivo di Mario Crispi, Mario Rivera e Chiara Minaldi, con in scena foto di Letizia Battaglia e di sua figlia Shobha, e video di Pippo Zimmardi, al Teatro India da domani 2 maggio. Una produzione della Casa del Contemporaneo, col Teatro di Roma.
Manuela, lei ha precedenti illustri con Pirandello. Ha affrontato “Questa sera si recita a soggetto” sia con Ronconi che con Castri, e poi “Festa di famiglia” con citazioni pirandelliane multicombinatorie di Camilleri. “Il canto dei giganti” menziona ancora più opere dello scrittore agrigentino?
«Il lavoro è frutto d’un complesso percorso. Dall’idea di una lettura/concerto con musicisti siciliani (rimasti tutt’ora) siamo passati al rapporto tra i problemi di noi teatranti e la costruzione d’una struttura creativa, facendo vari accostamenti, rielaborando tematiche di Pirandello su scena, letteratura, biografia e follia, estraendone un viaggio nella sua scrittura rimontata a scatole cinesi di quadri e sviluppi».
[…]
La vostra struttura?
«Partiamo dall’autore, impersonato da Cocifoglia, che dialoga coi personaggi, e poi si incrociano le storie. Dove lui incontra sua madre (che gli dice “Ma tu perché adesso ti lamenti della (prima) guerra, l’hai tanto voluta?”), e come Camilleri prendiamo anche noi battute pirandelliane e le distribuiamo in un labirinto di testi. Qui c’è tutto il travaglio dell’autore prima dei Giganti, compresa la coscienza di sua moglie ricoverata in manicomio».  
[…]
Rodolfo Di Giammarco
 
 

Teatro Vitaliano Brancati, 2-10.5.2024
Troppu trafficu ppi nenti

Dal 2 maggio andrà in scena al Teatro Vitaliano Brancati di Catania lo spettacolo Troppu trafficu ppi nenti, di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale.
Il testo gioca con “la teoria” secondo cui Shakespeare avrebbe anche potuto essere un siciliano ovvero un certo Michele Agnolo Florio, di origine quacquera, che sfuggì alle persecuzioni religiose, approdando via via a Stratford on Avon e a Londra. Il classico shakespeariano Troppo rumore per nulla viene rivisitato in pura venatura sicula e dall’incipit surreale viene fuori una pièce teatrale che trasforma il rigore inglese in una farsa isolana, mantenendo intatto il copione teatrale e trasformandolo in una ancora più godibile commedia.
 
CALENDARIO SPETTACOLI
giovedì 2 maggio, ore 21
venerdì 3 maggio, ore 21
sabato 4 maggio, ore 17:30
sabato 4 maggio, ore 21:00
domenica 5 maggio, ore 17:30
giovedì 9 maggio, ore 17:30
venerdì 10 maggio, ore 17:30

 
CREDITI
di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale
 
con Angelo Tosto, Ruben Rigillo, Filippo Brazzaventre
Cosimo Coltraro, Ramona Polizzi, Vincenzo Volo
Valerio Santi, Daniele Bruno, Anita Indigeno, 
Lorenza Denaro, Luciano Fioretto, Lucia Portale
Pietro Casano, Alex Caramma, Rosario Valenti

 
scene e regia Giuseppe Dipasquale
costumi Dora Argento, Angela Gallaro Goracci

 
produzione Teatro della Città – CDP
 
Biglietti disponibili al botteghino del Teatro Brancati
Per info: 095 530153 – 334 5683715

 
 

Sikelian, 2.5.2024
L’Intervista
“Troppu trafficu ppi nenti” in scena al Brancati: parla Giuseppe Dipasquale

Al Teatro Vitaliano Bancati di Catania, ritorna in scena dal 2 al 10 maggio lo spettacolo tanto acclamato dal pubblico “Troppu trafficu ppi nenti“, di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale. Il testo gioca con “la teoria” secondo cui Shakespeare avrebbe anche potuto essere un siciliano ovvero un certo Michele Agnolo Florio, di origine quacquera, che sfuggì alle persecuzioni religiose, approdando via via a Stratford on Avon e a Londra. Il classico shakespeariano Troppo rumore per nulla viene rivisitato in pura venatura sicula e dall’incipit surreale viene fuori una pièce teatrale che trasforma il rigore inglese in una farsa isolana, mantenendo intatto il copione teatrale e trasformandolo in una ancora più godibile commedia. Per questo nuovo spettacolo abbiamo incontrato il regista Giuseppe Dipasquale, condividendo la storia di come nasce lo spettacolo e quali saranno le novità.
Salve Giuseppe,”Troppu trafficu ppi nenti” lo spettacolo che viene accolto con grande successo in Italia e all’estero e che celebra la grande collaborazione con Camilleri, ci vuoi raccontare come nasce?
Troppu trafficu” nasce da uno scherzo che io e Andrea Camilleri abbiamo voluto fare 24 anni fa, era proprio l’estate del 2000 e parlando insieme a lui mi è venuto in mente che un professore di nome Martino Iuvaraaveva scritto nuovamente sulla tesi che Shakespeare non era Shakespeare, era un siciliano, un quacchero palermitano scappato da Palermo e che si era rifugiato dai cugini a Stratford, una di quelle storie romanzate che oltre tutto in questi anni sono venute fuori di più a dismisura, allora parlando con Andrea gli dissi, «perché non facciamo uno scherzo? Facciamo finta di aver trovato un testo che noi tradurremmo da “Molto rumore per nulla” in siciliano antico e facciamo finta di averlo trovato in una cassa di una biblioteca e lo intitoliamo appunto in “Troppu trafficu ppi nenti, che era la traduzione in siciliano… Camilleri ascoltando la mia idea si mise a ridere e mi disse: «sei un criminale, come ti vengono certe idee?» da lì gli dissi  «perché non ti piacerebbe?» e lui mi rispose: «mi piacerebbe da pazzi!»… e fu lì che gli dissi allora facciamolo!! Da lì ci siamo messi al lavoro e ne è venuto fuori questo testo che devo dire ha dato in 24 anni moltissimi risultati.
La compagnia è sempre la stessa o ci saranno delle novità?
In 24 anni la compagnia è cambiata tante volte, ci sono attori che sono rimasti fin dalla prima edizione come: Filippo Brazzaventre, Angelo Tosto, ma gli altri sono generazioni di attori che si sono avvicendati perché è uno spettacolo che nella sua formula, per com’è nata, consente un po’ l’inserimento un po’ come nel distinguo del paragone, come una sorta di Arlecchino servitore di due padroni di Strehler, che è stato fatto per moltissimi anni ma gli attori dentro si avvicendavano, poiché lo spettacolo, la formula dello spettacolo funzionava bene e quindi non c’era bisogno cambiando gli attori di cambiare spettacolo.  Così è stata la stessa cosa per “Troppu trafficu ppi nenti”, lo spettacolo è rimasto quello, nella sua formula espressiva, nella sua messa in scena ma gli attori all’interno hanno dato a rotazione, nuovo volto ai personaggi.
Uno spettacolo che replica già da 24 anni e che riserva sempre tante novità, ci vuoi anticipare qualcosa?
Ogni volta che si fa uno spettacolo, come diceva Pirandello con altri attori, altre disposizioni ed altre luci, è sempre una cosa nuova ed appunto ogni edizione di “Troppu trafficu”, è stata pur fedele a sé stessa ma allo stesso tempo nuova, perché questo è uno spettacolo che nasce in una piazza ma poi si trasferito all’interno di un cortile (…parlo negli anni)all’interno dei teatri al chiuso, l’abbiamo portato in Polonia, in Romania, all’interno di un teatro Elisabettiano come il Globe Theatre di Gigi Proietti, dov’è stato ben tre volte a replicare, ogni volta ha dato una novità nella forma dello spettacolo.  La novità in questa edizione è essendo in un teatro al chiuso, un teatro all’italiana quindi non in uno spazio aperto, c’è maggiore possibilità di gustare e di godere di questa lingua che siamo riusciti ad inventare, questa lingua siciliana che non è un siciliano parlato ma un siciliano ricostruito attraverso il lessico, tesoro linguistico del 500 e che diventa teatralmente molto espressiva, in questo si gode molto di più in uno spazio chiuso.
Il teatro è sempre alla ricerca di nuove forme di linguaggio, ma qual è il messaggio che Di Pasquale vuole dare con questo nuovo spettacolo?
Credo che questo spettacolo sia per me, lo spettacolo della gioia, uno spettacolo unico che tra l’altro nella mia carriera di regista ed unicamente lo spettacolo che ho ripreso più volte in 24 anni, perché lo considero uno spettacolo dove sono riuscito a trasferire tutta la gioia di fare teatro e lo si vede anche nel rapporto con gli attori, la compagnia è affiatatissima anche se è cambiata negli anni, ogni volta ho provato a trasferire questa necessità, che io credo fondamentale per una regia e per il rapporto con il pubblico di costruire un unico fiato, un’unica anima un unico respiro tra persone diverse, pur nella loro diversità attoriale e soprattutto diversità che devono consegnare ad i personaggi, tuttavia devono recitare come un sol uomo, ecco questo è già un insegnamento che già Shakespeare dava e che in maniera magica ed in maniera devo dire singolare, sono riuscito a trasferire in questo spettacolo e credo che possa essere una cosa di cui posso andare orgoglioso.
Patrizia D'Urso
 
 

Sherlock Magazine, 3.5.2024
L'angolo Giallo di Fabio Lotti
Un sabato, con gli amici
Tre uomini e tre donne in carriera…
Un sabato con gli amici di Andrea Camilleri, Sellerio 2024.

Prima sensazione a fine lettura. Già dal titolo, con quella strana virgola posta nel mezzo, si intuisce che qualcosa non va. E poi linguaggio veloce, duro, secco, rigido che si affida soprattutto ai dialoghi come sulla scena di un teatro. Niente dialetto, battute, umorismo e ironia. Niente svolazzi di tenerezza o commozione come eravamo abituati leggendo i libri del nostro Camillerone.
Le vite di Matteo, Gianni, Giulia, Fabio, Anna, Andrea e Renata detta Rena sono vite dure, crude, segnate sin dall’infanzia da dolorosi traumi che troverete scarnificati nel primo capitolo e completati alla fine (abusi, violenze, suicidio, omicidio…). Sei amici che si conoscono sin dagli anni della scuola e si sono fatti strada nella vita. Insomma personaggi in carriera. Si ritrovano il sabato sera insieme ad un compagno ritornato improvvisamente dopo tanto tempo. Con una particolarità, anzi tre: è gay, comunista e senza un soldo in tasca. Alle quali se ne aggiunge una perfida quarta: possiede delle foto particolarmente scomode per uno del gruppo.
Ecco proprio questo personaggio, durante la riunione del sabato in casa di Rena, precipita giù dalla terrazza sbattendo sul tetto di una macchina come “un pupazzo disarticolato”. Dopo una rimpatriata piuttosto fredda da parte degli altri e una veloce serie martellante di dialoghi, ricordi e ricordi, sguardi d’intesa, occhiate malevoli, paura, rabbia, ricatti, intrallazzi, tradimenti e improvvisi amplessi che rendono i vari personaggi ormai chiusi nelle loro depravazioni e dannazioni al limite del disgusto.
Ma chi è stato a farlo cadere? E’ caduto da solo o qualcuno l’ha spinto? Comunque nessuno ha speso una parola per lui visto come “Una meteora che per un istante ha attraversato il gruppo e poi è andata a disintegrarsi.”
Un romanzo anomalo nella produzione di Camilleri dove non c’è nemmeno una piccola, esile luce che si accende nel buio delle esistenze. Ma potremo saperne molto, ma molto di più a fine storia leggendo Il teatro. La cattiveria. Il gelo di Nicola Lagioia, esempio perfetto di come si commenta e approfondisce un libro attraverso vari collegamenti culturali.
Buona lettura.
 
 

SiracusaOggi, 4.5.2024
“Sulla morte senza esagerare” di Riccardo Pippa al Teatro Massimo di Siracusa

[…]
L’ultimo spettacolo della stagione “Troppu Trafficu Ppi Nenti”, di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale, con la regia di Giuseppe Dipasquale andrà in scena l’11 (ore 21) e il 12 maggio (ore 17,30).
[…]
Giuseppe Schifitto
 
 

Quotidiano dei Contribuenti, 5.5.2024
Troppu trafficu ppi nenti, una favola bella con lieto fine
Al Brancati la commedia di Shakespeare rivisitata da Camilleri e Dipasquale. A nudo le sfaccettature dell’amore nelle sue molteplici declinazioni. Tripudio del dialetto e della comicità

Grande spettacolo, con tutto quello che fa piacere trovare a teatro: scenografia accattivante, testo coinvolgente, recitazione incalzante. Troppu trafficu ppi nenti fa centro 3 volte. Scritto a quattro mani da Camilleri e Dipasquale, il testo rimane fedele alla commedia di Shakespeare, Molto rumore per nulla, che il genio inglese aveva ambientato a Messina. Aria di Sicilia, quindi, fin dalle origini, nello sviluppo della trama e nella collocazione. Il duo di autori fa il resto. Dialetto (o lingua?) siciliano, che più sapido ed espressivo non sarebbe potuto essere, ironia che sgorga a sorpresa a ogni piè sospinto. E defilata quel tanto che serve, ma solida e sempre presente, la visione lucida e grottesca dell’animo dei siciliani, la loro tendenza, tanto per dirne una, ad aggrovigliare persino le cose semplici, come annota il regista Dipasquale nelle sue note, così come l’indole irascibile e collerica che può scompaginare gli equilibri apparentemente più solidi. Ma il teatro è spettacolo, non (solo) filosofia. E i concetti vanno espressi sulla scena. Compito, tutt’altro che semplice per testi di tale importanza. Non stupisce che in questa occasione sia stata messa in campo una vera e propria “grande armée” di attori: Angelo Tosto (Lionatu), ieratico padre di Eru (Anita Indigeno), Daniele Bruno, Claudiu, il fidanzato di Enu, Ramona Polizzi, incantevole nel suo ruolo di “rispustera”, Filippo Brazzaventre, impeccabile Don Petru, Ruben Rigillo,  Binidittu, Cosimo Coltraro, nel ruolo scomodo del cattivissimo (bastaddu) don Giuvanni, Vincenzo Volo, divertentissimo Carrubba, protagonista, in coppia con Rosario Valenti, di una delle scene più divertenti della pièce. Assieme a loro, Lucia Portale (Orsola), Lorenza Denaro (Margherita), Luciano Fioretto (Barracciu), Alex Caramma (Corradu), Valerio Santi (Sorba), Pietro Casano (Frati Cicciu). A loro l’arduo compito di dare vita alla commedia nel suo sviluppo comico così come in quello “ideologico”. Molto rumore per nulla (e Tantu trafficu ppi nenti) è un testo profondo, in cui si mescolano e si caratterizzano temi come l’amore paterno, le varie sfaccettature della femminilità, la visione dell’amore, con le sue inquietudini, i suoi esiti talora tragici, (ma anche esilaranti) le tinte fosche della perfidia umana. Nella commedia due coppie di innamorati (Claudiu – Eru e  Binidittu – Biatrici) attraversano momenti avversi, incomprensioni e scontri, che però culminano nel lieto fine. Lo sviluppo della trama passa attraverso una fitta rete di eventi, frutto della fervida fantasia del commediografo inglese, che attraverso la forte caratterizzazione dei personaggi, prende per mano lo spettatore fino alla naturale conclusione. Due gli snodi centrali della commedia: le macchinazioni di don Giuvanni e la messinscena ordita dal prete incaricato di celebrare le nozze fra Claudiu ed Eru. Tutto il resto è frutto della fantasia inesauribile dell’autore. L’amore litigarello fra Binidittu e Biatrici, l’offesa subita da Eru, la “frusta” a cui la sottopone il fidanzato, la manipolazione operata da Biatrici, capace -permetteteci di dire- di mettere “’a faretta” al povero Binidittu, fino a indurlo a sfidare a duello Claudiu. Potenza dell’amore. Un microcosmo, insomma, che coinvolge e che fa riflettere. A Dipasquale il merito di tenere assieme le varie scene, veri e propri segmenti espressivi, di accostarle sapientemente l’una all’altra e, soprattutto, di cogliere tutti gli spunti possibili per dare forma e colore, con il linguaggio e con la gestualità degli attori, alla comicità del migliore Camilleri. La trasposizione del Molto rumore per nulla risale non a caso alla fine dello scorso secolo ed ha debuttato nel 2000, una stagione particolarmente fruttuosa per lo scrittore agrigentino, reduce dalla fortunata serie del commissario Montalbano, ma anche dalla Concessione del telefono e dal Birraio di Preston. Da allora una serie di successi in diversi teatri e altrettanti allestimenti. A detta del regista lo spunto per la trasposizione dell’opera di Shakespeare è scaturito da una conversazione intercorsa fra lui e Camilleri sul tema della nazionalità del commediografo. Inglese? Siciliano? I dubbi restano. Ma questa è tutta un’altra storia, la querelle è ancora viva, e si è ben lungi dal potere scrivere la parola fine.  Lo spettacolo è prodotto dal Teatro della Città – Centro di Produzione Teatrale ed è rappresentato presso il Teatro Brancati di Catania.
Alfio Chiarello
 
 

La Sicilia, 5.5.2024
Il personaggio
Maricetta Lombardo, la signora siciliana del suono
Agrigentina, ha vinto il David per “Io Capitano” di Garrone «Un film straordinario, siamo diventati un po’ tutti migranti»

Il cinema nasce muto ma dal 1927 il suono ne ha cambiato la vita. Per il miglior suono in presa diretta, il David di Donatello 2024 è andato all’ingegnera Maricetta Lombardo per il film “Io capitano” di Matteo Garrone, regista che l’ha sempre voluta al suo fianco. L’agrigentina Lombardo ha trionfato ancora una volta portando a casa un’altra di quelle statuette, grazie all’opera d’indiscusso valore di Garrone che si è aggiudicata i riconoscimenti come miglior film e migliore regia.
[…]
Maricetta, orgoglio agrigentino, racconta di aver frequentato l’Accademia di Belle Arti specializzandosi in Scenografia, e negli Anni Novanta di aver seguito un corso di formazione teatrale e cinematografico organizzato da Andrea Camilleri.
[…]
Lorenzo Rosso
 
 

Milocca - Milena Libera, 6.5.2024
La sua Sicilia. L’isola che non c’è, troppo allegra per essere vera
La Sicilia di Camilleri è l’isola che non c’è
La Sicilia di Camilleri è l’isola che non c’è - Pietrangelo Buttafuoco

Il siciliano immaginario parlato dal commissario Montalbano genera una Sicilia che esiste solo per il pubblico di Andrea Camilleri.
È davvero l’isola che non c’è quella dei suoi libri, nessun siciliano – sebbene quella chimera sia fatta di mare e di cannoli – l’ha mai vissuta.
È una Sicilia di allegria, la sua, dunque impossibile in quella di ogni giorno dove incombe la cupa cappa dell’impasto barocco. Non è che ingegno del suo mirabile zolfo perfino la casa sulla spiaggia a Puntasecca – sebbene sia un B&B – ed è ovviamente ancora più vera di quella reale quella sua Sicilia che si dispiega nelle pagine degli innumerevoli romanzi di Vigata.
La Fiat Tipo, una macchina che nessuno manco vorrebbe regalata, per quella felicità speciale di Camilleri – già solo perché la fa guidare a Salvo Montalbano, parcheggiata davanti al “commissariato” di Scicli – sembra bella più della Nike di Samotracia.
Certo, quel comprensorio di sontuosa bellezza, c’è per davvero. È il set ibleo dove con geniale intuizione Carlo Degli Esposti, il produttore tivù, ha ambientato la serie dei Montalbano.
Per davvero – senza faticare troppo col casting – si trovano i tipi adatti al segno di viva letteratura imposto da Camilleri ma come l’America ha comunque avuto necessità di essere cantata da Bruce Springsteen, così la Sicilia è diventata pop con Catarella senza attendere la famosa riabilitazione elargita dall’intellighenzia.
È la riabilitazione toccata in sorte all’Opera dei Pupi – derivata dalla Chanson de Roland, oggi ai vertici dell’epica universale – o il ripristino nei meritati ranghi di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, reietti a lungo, e solo dopo un’eterna gavetta accolti da Pier Paolo Pasolini e dai fratelli Taviani.
Sicilianuzzi dell’immaginario, Ciccio e Franco: figli della fame, icone della smorfia affratellate alle maschere dei mostri di pietra esibiti a Villa Valguarnera, a Bagheria, sono gli inciampi dello sghignazzo riconoscibili nelle espressioni comiche dell’agente addetto al centralino del commissariato più amato dal grande pubblico – interpretato da Angelo Russo – come allo stesso modo Luca Zingaretti prima e Michele Riondino dopo, porgono al personaggio di Salvo giovane e Salvo vecchio le movenze e gli scatti dei paladini dell’Opra, perfetti come sono, perfino nella camminata a gambe arcuate, a replicare l’atteso compimento della giustizia.
La letteratura italiana del Novecento è quella siciliana. Con Giovanni Verga, con Luigi Pirandello e con Leonardo Sciascia che non parlano mai al proprio recinto, ma piuttosto a Parigi, a Bonn e a Mosca, la Sicilia va a collocare se stessa in un contesto universale.
E quel che viene dopo, fino ai giorni nostri – con Gesualdo Bufalino, con la raffinata poesia di Lucio Piccolo e con Stefano D’Arrigo – sconfina nello sperimentalismo, dismettendo i cascami del bozzettismo di genere, incontrando l’uso e il consumo del pop.
L’uso e il consumo del successo del quale il solo Camilleri, da vero rabdomante, afferra il meccanismo della fabula facendo di quell’invenzione degli dei – solo questo è la Sicilia – un puro pretesto di vivo racconto. Tale e quale Prometeo che ruba il fuoco ai numi per farne dono agli umani, così Camilleri che strappa all’Olimpo quella vampa di zolfo che è la Sicilia per farne un pretesto di ghiotta fantasia a disposizione del pubblico.
Tale e quale Tiresia, manco a dirlo, il cieco la cui luce ha avuto esito a Siracusa, un anno fa, con Camilleri che si siede al centro del Teatro Greco e di parola fa il Verbo di un destino dove tutto torna e di ogni istante ne fa l’eterno. Dovevate esserci, quella sera, in quel monologo dove la voce di Camilleri – la sua speciale e robusta voce – chiamava all’appello gli stessi Dei in qualcosa che non era solo uno spettacolo, ma un’idea di Sicilia svelata nel principio universale della luminosa poesia.
Tutta la Sicilia che lui ha fabbricato nell’immaginario è un fato affatturato di malie: la sua risata, per esempio, è tutto un ridere che sfascia e crea, ricrea e poi smonta ancora. Come il piccolo Krsna quando fabbrica il mondo, come il Triskele di Trinacria che esiste solo nel mito, nel solito caro sogno fatto in Sicilia.
teladiragno
 
 

Sikelian, 8.5.2024
“Troppu trafficu ppi nenti” al Brancati


Video di Lorenzo Davide Sgroi

È in scena al Teatro di Città ‘Vitaliano Brancati’ di Catania, lo spettacolo: “Troppu trafficu ppi nenti”. Testo e drammaturgia di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale.
Interpreti (in ordine di apparizione): Angelo Tosto, Ramona Polizzi, Lucia Portale, Anita Indigeno, Lorenza Denaro, Filippo Brazzaventre, Ruben Rigillo, Daniele Bruno, Cosimo Coltraro, Luciano Fioretto, Alex Caramma, Vincenzo Volo, Valerio Santi, Rosario Valenti, Pietro Casano.
Regia e Scene di Giuseppe Dipasquale. Costumi di Dora Argento e Angela Gallaro Goracci. Produzione del Teatro della Città – Centro di Produzione Teatrale.

La pièce proposta dal ‘Brancati’ vuole essere una gustosa parafrasi in antico dialetto messinese della nota tragicommedia shakespeariana “Molto rumore per nulla”.
Certamente nebulosa è sempre stata la ricostruzione della vita e addirittura della vera identità di Shakespeare (1564-1616), il drammaturgo più rappresentativo della Gran Bretagna, autore di numerose opere dalla incerta cronologia composte tra il 1558 e il 1613.
L’ipotesi più fascinosa (per noi) è quella, avanzata tempo fa da alcuni studiosi, circa l’origine siciliana del grande Bardo.
Secondo tale congettura il famoso Will sarebbe stato in realtà il quacquero Michele Agnolo Florio (Scrollalanza dal lato materno) nato probabilmente nel 1564 che per sfuggire alle persecuzioni religiose da Messina, attraversando l’Italia, sarebbe giunto a Stratford on Avon. Lì un oste, forse parente della madre e quindi Scrollalanza, cui era morto il figlio William, lo accolse chiamandolo affettuosamente con quel nome.
Bastava a questo punto tradurre in inglese il cognome della madre (da “Scrolla lanza/lancia” in “shake speare”) ed ecco Michelangelo Florio trasformarsi in William Shakespeare, non più perseguitato fuggitivo ma costretto a nascondere per sempre identità e origini.
Sembrerebbe confermarlo “Troppu trafficu ppi nenti”, lo spettacolo di stasera -nato però da un creativo incontro tra Andrea Camilleri e Giuseppe Depasquale- fedele traduzione in siciliano aulico, scherzosamente spacciato per la fonte di “Molto rumore per nulla”, una tragicommedia brillante ambientata a Messina scritta da Shakespeare tra il 1598 e il 1599 e pubblicata l’anno dopo.
Lo racconta al nostro giornale il lo stesso Dipasquale ricordando uno scherzo che anni fa aveva ideato insieme a Camilleri, passeggiando a Roma in Via dei Coronari e discutendo del caso Shakeapare/Scrollalanza.
Nacque così la fantasia di tradurre il testo inglese in lingua siciliana del XIV secolo.
Detto-fatto: Il 6 settembre del 2000 veniva presentato a Catania in Piazza Duca di Genova, e poi in tour a livello nazionale e internazionale fino a questa edizione rinnovata e portata in scena da un cast di alto livello.
E sarebbe nato, poi, pubblicato nel 2009 da Lombardi editore, il sapido libro/inganno: “Troppu trafficu ppi nenti”.
“Testo attribuito a Messer Angelo Florio Crollalanza, archetipo, pare, dell’illustre testo Molto rumore per nulla dietro la cui figura dell’autore si cela William Shakespeare.
E la magia si compie: il rigore inglese diventa farsa isolana; mantenendo intatto il copione teatrale si ottiene una ancor più gustosa commedia.
Ma il rovello continua ad aleggiare: “Troppu trafficu ppi nenti”, scritta in messinese, potrebbe essere l’originale di “Troppo rumore per nulla” apparsa 50 anni dopo?
L’ambientazione di numerose opere shakespeariane in Italia ha certo fomentato questa e altre teorie, trascurando la larga eco che Umanesimo e Rinascimento ebbero in Europa.
Molte fonti del Bardo sono non a caso racconti italiani come quelli tramandati da Luigi Da Porto, Masuccio Salernitano e Mattia Bandello.
L’origine classica del lavoro di Shakespeare/Scrollalanza (?!) si ritrova ne “Il romanzo di Calliroe” di Caritone di Afrodisia, ambientato a Siracusa.
Di certo la commedia è collegabile alle “Novelle” di Matteo Bandello, e precisamente alla XXII del primo libro: “Narra il signor Scipione Attellano come il signor Timbreo di Cardona essendo col re Piero di Ragona in Messina s’innamora di Fenicia Lionata, e i varii e fortunevoli accidenti che avvennero prima che per moglie la prendesse”, pubblicata nel 1554, ed edita in Francia nel 1559.
Alcune suggestioni proverrebbero anche dal poemetto di Chistopher Marlowe “Hero and Leander”, pubblicato nel 1598, altre da “Orlando Furioso” di Ariosto e da “Il Cortegiano” di Castiglione.
La struttura narrativa risente comunque di un lungo percorso che porta dalla Commedia greca, attraverso Plauto e Terenzio fino alla novellistica, alla Commedia dell’arte e all’epica cinquecentesca
A scena aperta il palco del ‘Brancati’ -rivestito di tappeti, avvolto dal fumo e dall’aroma degli incensi, tra sete e damaschi, veli, turbanti e abiti lussuosi con colori esaltati dalle luci della ribalta- riesce a immergere il pubblico in un tempo senza storia, in una ridondante, pur nel suo minimalismo, magica atmosfera medio-orientale ricca di contaminazioni e di echi musicali mediterranei (ah quel sirtaki!).
I personaggi si muovono in un luogo anch’esso senza tempo: nell’esotica, arabeggiante Messina, da sempre punto di incontri e scontri al centro del Mediterraneo.
Ad aprire la commedia è l’arrivo a Messina del principe Pedro d’Aragona – di ritorno da un’impresa d’armi – a casa del suo vecchio amico Leonato, accompagnato da Benedetto, dal conte Claudio e dal fratello del sovrano, Don Juan.
Il giovane Claudio, si innamora della virtuosa figlia del padrone di casa, Ero, mentre argute schermaglie tra la cugina Beatrice e Benedetto fanno presagire il loro futuro fidanzamento.
Una serie di intrighi, bugie, calunnie e tradimenti orditi dal vendicativo Don Juan darà il via ad un complicato intreccio che tra promesse d’amore, ripudi e finte morti, tragici toni e sgangherata ilarità, inganni e disvelamenti, condurrà allo scontato ‘lieto fine’ tra musica e danze.
Coprotagonista primaria di questa affascinante pièce è la lingua: ricostruita nelle sue origini più nobili, ricca di assonanze orientali, arcaica, essa ci riconduce a una cultura di secoli lontani, a luoghi onirici, ma a prototipi umani eterni.
“Questo Troppu trafficu ppi nenti -per Dipasquale- è il modello eterno di un carattere
terribilmente semplice, come quello siciliano, che ama complicarsi l’esistenza in un continuo arrovugliarsi su se stesso…”
“Il teatro è gioia!” ha concluso il regista, convinto della possibilità di far passare attraverso il divertimento messaggi impegnati e impegnativi: “…la vita non è quella che noi viviamo senza mai perseguirla; è un ‘trafficu’ perpetuo che ci conduce al ‘nenti’ eternamente”.
A chiusura di sipario… la magia è finita.

Silvana Raffaele
 
 

Piazza pinerolese, 8.5.2024
L’‘Autodifesa di Caino’ di Camilleri in scena per aiutare gli Asili Notturni
Domani lo spettacolo al Teatro Incontro di Pinerolo

L’opera racconta in stile ‘Camilleriano’ il primo omicidio della storia: l’uccisione di Abele da parte del fratello Caino. Domani sera, giovedì 9, alle 21, L’‘Autodifesa di Caino’ del famoso scrittore siciliano verrà messa in scena da Carlo Curto sul palco del Teatro Incontro di Pinerolo (via Caprilli 31). La regia è di Ester Esposito, mentre luci e suoni sono curati da Pier Mario Sappè. Il costo del biglietto è di 10 euro e l’incasso verrà devoluto agli Asili Notturni di Pinerolo, che forniscono un servizio di dentista sociale alle persone in difficoltà. Prevendita alla Libreria Volare di corso Torino 44.
 
 

Noticias de Salamanca, 9.5.2024
Reconocimientos
El Caín de Camilleri aterriza en el Cervantes
Escrita por Ángel González Quesada e interpretada por Marta Benito y el autor

La compañía salmantina Etón Teatro estrenará el sábado 11 de mayo su último montaje: Caín a las 20.30 en el Teatro Cervantes, de Valladolid. Se trata de un texto original de Ángel González Quesada inspirado en una idea del escritor italiano Andrea Camilleri.
Caín está llena de referencias de todo tipo a la cultura y la historia antigua y contemporánea, dialogante con los personajes y los mitos, con las voces reconocibles de la historia y salpicada de lugares físicos, mentales e imaginarios. Habla de conceptos fundamentales de la condición humana, del Amor, de la Violencia, de la Verdad… Construido con un lenguaje cercano y accesible, con voluntad crítica, satírica y de irrenunciable comicidad, Caín es un espectáculo donde la reflexión y la carcajada se funden en una realización que a nadie deja indiferente. Interpretada por Marta Benito y el propio autor. abrirá el telón.
Etón Teatro es la compañía más antigua de la Comunidad y una de las más reconocidas en este ámbito. Ha cumplido 44 años de trayectoria, tiempo en el que ha mantenido una actividad ininterrumpida con multitud de montajes, trabajos escénicos, pedagógicos y literarios, así como importantes premios y reconocimientos en diversos países.

Il gruppo di Salamanca Etón Teatro presenta in prima assoluta "Caín" a Valladolid
Scritto da Ángel González Quesada e interpretato da Marta Benito e dall'autore

La compagnia di Salamanca Etón Teatro presenterà sabato 11 maggio alle 20,30 la sua ultima produzione: Caín al Teatro Cervantes di Valladolid. Questo è un testo originale di Ángel González Quesada ispirato da un'idea dello scrittore italiano Andrea Camilleri.
Caino è ricco di riferimenti di ogni genere alla cultura e alla storia antica e contemporanea, in dialogo con personaggi e miti, con le voci riconoscibili della storia e costellato di luoghi fisici, mentali e immaginari. Parla di concetti fondamentali della condizione umana, dell'Amore, della Violenza, della Verità... Costruito con un linguaggio vicino e accessibile, con un umorismo critico, satirico e inalienabile, Caín è uno spettacolo dove riflessione e risata si fondono in una consapevolezza che non lascia nessuno indifferente. Eseguita da Marta Benito e dall'autore stesso. aprirà il sipario.
Etón Teatro è la compagnia più antica della Comunità e una delle più riconosciute in questo campo. Ha compiuto 44 anni di esperienza, durante i quali ha mantenuto un'attività ininterrotta con una moltitudine di produzioni, opere sceniche, pedagogiche e letterarie, oltre a importanti premi e riconoscimenti in vari paesi.
[Traduzione con Google Translator, NdCFC]
 
 

El Norte de Castilla, 9.5.2024
El Brujo repasa el Siglo de Oro en el Teatro Zorrilla
Las marionetas de Remo di Filippo ofercen un espectáctulo para público familiar en la sala Al Norte a la Izquierda

Un largo fin de semana se aproxima a Valladolid con el puente el lunes de San Pedro Regalado y, con él, también se amplía la habitual oferta escénica de las salas teatrales de la ciudad. El Teatro Cervantes, que reservaba su plato más fuerte con la versión de Etón Teatro de 'Caín' a partir de la autodefensa que de él escribiera Camilleri y que Ángel González Quesada iba a interpretar el sábado, ha anunciado su cancelación.
[…]
Samuel Regueira

El Brujo ripercorre l'Età dell'Oro al Teatro Zorrilla
I burattini di Remo di Filippo offrono uno spettacolo per il pubblico delle famiglie nella sala Al Norte a la Izquierda

Un lungo fine settimana si avvicina a Valladolid con il lungo fine settimana di San Pedro Regalado lunedì e con esso si amplia anche la consueta offerta scenica dei teatri della città. Il Teatro Cervantes, che aveva riservato il suo momento clou con la versione di 'Caín' di Etón Teatro basata sull'autodifesa che Camilleri scrisse a riguardo e che Ángel González Quesada avrebbe rappresentato sabato, ha annunciato la sua cancellazione.
[…]
[Traduzione con Google Translator, NdCFC]
 
 

SiracusaOggi, 9.5.2024
“Troppu trafficu ppi nenti” al Teatro Massimo di Siracusa

“Se davvero Shakespeare fosse siciliano? Ci piacerebbe, per spirito di patria, poterlo credere, ma la storia, si sa, non la si fa coi se”! Da questa suggestione, prende avvio lo spettacolo “Troppu trafficu ppi nenti” di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale (che cura anche regia e scene). Lo spettacolo, prodotto dal Teatro della Città – Centro di Produzione Teatrale, sarà in scena al Teatro Massimo di Siracusa sabato 11 (ore 21) e domenica 12 (ore 17,30) e chiude una stagione di presenze e di successo che conferma il desiderio da parte della città di avere un teatro con una stagione ricca di appuntamenti.
[…]

Giuseppe Schifitto
 
 

Salone Internazionale del Libro di Torino, 10.5.2024
10 maggio, Ore 19:45-20:45
Maurizio De Giovanni
Autore di 'Il canto del mare' (Salani)
Bosco degli scrittoriPad. Oval
Con
Rosella Postorino

Maurizio de Giovanni rinarra 'Maruzza Musumeci' di Andrea Camilleri: una favola in cui si intrecciano mito, storia e molto altro. Un libro che è stato definito il più poetico romanzo di Camilleri.
 
 

Di Più Tv, 13.5.2024 (in edicola il 10.5.2024)
I produttori Palomar e Rai dicono a chiare lettere: «La serie ripartirà, con o senza Zingaretti»
L'attore, infatti, conferma che non ci sarà: «È un capitolo chiuso». Gli sceneggiatori pensano anche a una Vigata senza il suo commissario, ma con tutti gli altri protagonisti storici
Montalbano compie 25 anni e tornerà in TV anche senza Zingaretti

Dice la Rai: «Vogliamo girare l'episodio finale de Il commissario Montalbano, ne stiamo parlando con la produzione». Dice a La Repubblica Carlo Degli Esposti, presidente della Palomar, la casa di produzione che dal 1999 realizza per la Rai la serie TV dei record: «Non so esattamente come, ma di certo Montalbano avrà degli sviluppi». Dunque, nei giorni in cui la fiction compie venticinque anni, perché il primo episodio, Il ladro di merendine, andò in onda su Raidue la sera del 6 maggio 1999, dalle "stanze del potere" in cui si decide il futuro delle serie televisive arrivano parole importanti, che donano una nuova speranza ai milioni di fans del commissario, che ogni volta che Raiuno trasmette i vecchi episodi in replica li guardano e li riguardano.
E noto, infatti, che dopo l'ultimo episodio, Il metodo Catalanotti, andato in onda nel 2021, il protagonista Luca Zingaretti non ha più voluto girare nuovi capitoli: «Ci hanno lasciato nel giro di poco tempo lo scrittore Andrea Camilleri, il regista storico della serie Alberto Sironi e lo scenografo Luciano Ricceri... Andare avanti senza di loro non avrebbe senso», ha ripetuto in questi anni l'attore quando, puntualmente, gli facevano la domanda sul futuro del commissario Montalbano.
Parole che lasciavano aperti spiragli per un ripensamento, per la speranza che la voglia di girare un grande finale avesse infine la meglio. Poche settimane fa, però, Luca Zingaretti ha liquidato di nuovo l'argomento con queste parole: «Montalbano è un capitolo chiuso». Parole che sembrano definitive, ma tutto fa pensare invece che, a parte Luca Zingaretti, tutti gli altri remino nel senso opposto: Montalbano tornerà. E, stando a quanto dice il produttore, Carlo Degli Esposti, non tornerà solo per realizzare il tanto agognato capitolo conclusivo, ma troverà un modo per andare in onda ancora per tanto tempo, con o senza Luca Zingaretti: «Montalbano è ancora un "pischelletto": la serie è solo al primo tempo».
Del resto, altre fiction Rai di grande successo hanno trovato il modo di andare avanti dopo l'uscita di scena degli attori simbolo del cast: Don Matteo e Un passo dal cielo, per esempio, sono sopravvissute all'addio di Terence Hill, mentre in Che Dio ci aiuti, Elena Sofia Ricci è praticamente diventata un personaggio secondario, quasi un "fantasma" che si vede solo in poche scene. Insomma: il set di Il commissario Montalbano riaprirà i battenti. Ci sono due romanzi di Andrea Camilleri che ancora non sono stati trasformati in sceneggiature, Il cuoco dell'Alcyon e Riccardino, ma i produttori hanno dei dubbi, perché per girarli occorrerebbe ingaggiare un nuovo attore che interpreti il personaggio di Salvo Montalbano al posto di Luca Zingaretti, una scelta che probabilmente disorienterebbe i telespettatori, che identificano da sempre il commissario con l'attore.
Si era parlato anche di una "promozione" per Michele Riondino, che aveva interpretato il protagonista nelle due serie de Il giovane Montalbano, incentrate sulle prime indagini del commissario, ma pare che l'idea sia caduta. Allora si sta decisamente voltando pagina e si pensa a un commissariato di Vigata che va avanti senza il suo capo storico, ma con tutti gli altri protagonisti, ispirato ai luoghi e ai personaggi tratteggiati da Andrea Camilleri, con nuovi personaggi e vicende scritte dal trio di sceneggiatori storici della fiction: Salvatore De Mola, Francesco Bruni e Leonardo Marini. Anche se non dovesse esserci più il commissario, infatti, ritroveremmo tutti i suoi collaboratori: il vice Mimì Augello (interpretato da Cesare Bocci), l'ispettore Giuseppe Fazio (Peppino Mazzotta) e l'agente Agatino Catarella (Angelo Russo), tutti nel cast dalla prima puntata, che proprio venticinque anni fa si affacciava per la prima volta in Rai, sulla seconda rete. E fu subito un boom di ascolti, con sei milioni e duecentocinquantunomila telespettatori.
Da allora, episodio dopo episodio, serie dopo serie, Il commissario Montalbano è cresciuto sempre di più, diventando un successo travolgente, passando nel 2002 da Raidue a Raiuno. E presto, ormai non ci sono più dubbi, tornerà con nuove avventure anche senza Zingaretti.
Gianni Martinelli
 
 

Rai Radio 1 - Il mix delle 23, 10.5.2024
Andrea Camilleri
Vai al podcast

Lo storico Faccia a faccia a Mixer con Andrea Camilleri [andato in onda nella puntata del 5.10.2015 della trasmissione di Radio 24 "Mix 24" - vedi Rassegna Stampa dell'Ottobre 2015, NdCFC], scrittore, regista, autore di alcuni dei più importanti libri e saggi della letteratura italiana. Dalla sua penna nasce il personaggio del Commissario Montalbano, in seguito portato sugli schermi con enorme successo con la serie tratta dai suoi romanzi gialli. Poi la lettura di un passaggio " Della concessione del Telefono" di Alessio Vassallo. Con Giovanni Minoli. Regia di Roberta Di Casimirro.
[Autore]
 
 

Porto Empedocle, 10/15.5.2024
Percorsi d'inchiostro. Sulle tracce del commissario Montalbano


 
 

Teatro Massimo Città di Siracusa, 11-12.5.2024
Troppu trafficu ppi nenti



di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale
con Ruben Rigillo, Angelo Tosto, Filippo Brazzaventre, Cosimo Coltraro
regia Giuseppe Dipasquale
 
 

La Nación, 11.5.2024
El cocinero del Alcyon
Por Andrea Camilleri
Salamandra. Trad.: Carlos Mayor
240 páginas
$ 25.999
Reseña: El cocinero del Alcyon, de Andrea Camilleri
Últimas aventuras de Montalbano

Según explica su autor Andrea Camilleri (Porto Empedocle, 1925-Roma, 2019) en la nota final, la penúltima novela de la serie sobre el detective Montalbano nació “como guion de una película” ítalo-estadounidense que después no llegó a filmarse. En la traducción española, cuyo dialecto cuesta un poco a los argentinos, el libro repite los rasgos principales de los tomos anteriores, transcriptos con exactitud por la serie de televisión dedicada al personaje ideado por el escritor italiano.
Los que hayan visto algún capítulo de esa serie o leído alguno de los muchos libros protagonizados por Montalbano reconocen inmediatamente el paisaje, la comicidad, la ideología y el espíritu de los personajes, a los que seguramente imaginan con la cara de los actores.
En El cocinero del Alcyon, están presentes, entre otras características, la obsesión del comisario con la comida siciliana (desde el título, uno de los centros de la acción); las costumbres de la isla; las personalidades de los subordinados principales –Augello, Fazio y Catarella–; la relación abierta e intermitente del protagonista con su novia, Livia, y su enorme inteligencia en el manejo de los casos.
Lo nuevo de El cocinero de Alcyon es la relación con el cine estadounidense, relación que va más allá de la nota final: en un guiño a los lectores, Montalbano declara más de una vez que el “guion” que arman un agente del FBI y él para abordar el velero Alcyon, sospechoso de actividades ilegales, parece una película de los Estados Unidos.
Como esas películas, la novela tiene un esquema reconocible: un ritmo más o menos lento al comienzo y un aumento gradual de tensión hasta las escenas del final en el barco del título, que son las más intensas y las más plenas de acción y peligro. Según su ética de siempre, todos los actos del comisario van contra los dos representantes del “mal” (y aquí hay un detalle que nos toca en particular: el más violento de ellos es ítaloargentino).
Aunque El cocinero del Alcyon está claramente dedicada al entretenimiento, se toma su tiempo para describir la crisis social en Italia y Europa, incluyendo, por ejemplo, la diferencia de poder entre obreros y empresario en una fábrica y un incidente con inmigrantes africanos en el Mediterráneo.
Como siempre, los descubrimientos de Montalbano provienen tanto de su capacidad como investigador como de la casualidad (se tropieza con algunas pistas) y hay un creciente número de muertos que parecen pertenecer a hechos diversos, pero que están en realidad estrechamente relacionados. Sin embargo, el centro del foco, como siempre, es Sicilia: y la isla está en los idiomas diversos de ese cruce de caminos y culturas y, sobre todo, en Salvo Montalbano, su mejor símbolo y su defensor.
Márgara Averbach
 
 

Roma, 11.5.2024
Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni


 
 

Consulta Universitaria del Cinema, 14-15.5.2024
Il posto di Montalbano. Continuità e rotture nella storia culturale del giallo televisivo
Workshop
a cura di Valentina Re e Arianna Vergari
PRIN 2020 “Atlante del giallo. Storia dei media e cultura popolare in Italia (1954-2020)”
Link Campus University
Roma, 14-15 maggio 2024

Che lo si guardi dal punto di vista più ampio della storia della televisione italiana, o da quello più circoscritto della storia del giallo in televisione, Il commissario Montalbano si colloca sistematicamente sia nell’ordine dell’eccezionalità, sia in quello della paradigmaticità: due dimensioni che lo hanno reso al contempo “modello” e “antimodello” da provare rischiosamente a replicare o da cui provare a distanziarsi per innovare.
L’eccezionalità sta per esempio nel radicamento nella cultura popolare, sia nei termini quantitativi degli ascolti ineguagliabili, sia nei termini più qualitativi dell’affetto e della passione del pubblico. Oppure, nella circolazione internazionale, che lo ha reso un prodotto riconoscibile e apprezzato anche al di fuori dei confini nazionali. L’esemplarità la rintracciamo a molteplici livelli, per esempio quello del fertile scambio tra letteratura e cinema, soprattutto nel filone del Noir Mediterraneo, oppure quello del valore delle narrazioni popolari (audiovisive e letterarie) nelle diverse attività di place making, marketing territoriale, turismo culturale o più specificatamente screen-induced tourism.
Il principale obiettivo di questo workshop è quello di problematizzare le due dimensioni della straordinarietà e dell’esemplarità per esaminare più nel dettaglio il posizionamento del Commissario Montalbano nella storia del giallo televisivo italiano, approfondendo in particolare come si possa collocare in un rapporto sia di continuità, sia di rottura, rispetto alla tradizione transmediale del genere in Italia e al dialogo che questa instaura con altre tradizioni nazionali, transnazionali e locali.
I quattro interventi ospitati dal workshop analizzeranno dunque il posizionamento di Montalbano rispetto a quattro diversi ambiti di indagine: il ruolo di Montalbano nella strada italiana verso una “quality” TV di carattere europeo e internazionale; il ruolo di Montalbano rispetto alla scelta e all’uso delle location nelle produzioni audiovisive e in relazione alle geografie del consumo; il ruolo di Montalbano in relazione alle culture produttive, ai rapporti tra audiovisivo e letteratura e alle implicazioni geopolitiche; e infine, il ruolo di Montalbano rispetto al progressivo sviluppo di personaggi femminili in ruoli principali di detection.
Oltre a una tavola rotonda in cui le unità di ricerca del PRIN 2020 “Atlante del giallo. Storia dei media e cultura popolare in Italia (1954-2020)” avranno modo di confrontarsi sugli avanzamenti della ricerca, è previsto un altro momento di dialogo interdisciplinare, con la tavola rotonda, a chiusura dei lavori, sulla rappresentazione della giustizia penale nella cultura popolare, in cui sono coinvolti/e studiosi/e e professionisti/e non solo di cinema e televisione ma anche di area giuridica. L’intento è quello di affrontare sia la proliferazione delle narrazioni “true crime” (inteso in senso ampio) tra cinema, televisione e piattaforme, podcast, libri, ecc, per esplorare il modo in cui in Italia vengono negoziate alcune questioni inerenti alla giustizia penale, sia le forme di rappresentazione del processo e della giustizia nei paradigmi del legal/procedural drama, anche considerando l’influenza dei modelli statunitensi. Infine, anche un momento performativo, con un reading all’aperto, nei giardini del casale della Link Campus, sulle regole del legal thriller.
Per informazioni: a.vergari@unilink.it
Programma
 
 

Ondaweb TV, 14.5.2024
Patrizio Trampetti, alla libreria Spartaco il suo nuovo album
(Comunicato stampa) Libreria Spartaco in via Martucci 18 a Santa Maria Capua Vetere (Ce).

[…]
Prossimo appuntamento nella Libreria Spartaco:
Venerdì 31 maggio - ore 18.30: per il ciclo “Declinato al femminile”, Arianna Mortelliti (nipote diretta di Andrea Camilleri) presenta il romanzo “Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni” (Mondadori). Conversano con la scrittrice l’avvocata Iulia Iemma e il libraio ed editore Ugo Di Monaco. INGRESSO LIBERO E GRATUITO.
 
 

UdineToday, 16.5.2024
Diede fiducia al giovane Camilleri, poi "papà" del commissario Montalbano: Arta e Udine ricordano Candoni

La Setemane de culture furlane, nel suo ricco programma con oltre 200 eventi fino al 19 maggio, ricorda a 50 anni dalla scomparsa Luigi Candoni, commediografo carnico protagonista della scena culturale italiana del secondo Dopoguerra lavorando con attori del calibro di Enrico Maria Salerno, Gastone Moschin e Valeria Valeri e anche con un giovane Andrea Camilleri, l’autore del Commissario Montalbano. Due gli appuntamenti, organizzati dalla Società Filologica Friulana e dall’Associazione Culturale Luigi Candoni, che sono un meritato omaggio alla figura di questo commediografo carnico di cui ricorre il cinquantesimo anniversario della scomparsa. Un nome immeritatamente caduto nell'oblio perché l'opera di Candoni ha avuto una notevole importanza sia nel campo della drammaturgia nazionale che nel mondo della cultura friulana. A lui si deve nel 1958 il debutto in prima nazionale assoluta di Finale di partita di Samuel Beckett (da lui stesso tradotto con il titolo di Il gioco è alla fine), messo in scena a Roma per la regia di un giovane e ingegnoso Andrea Camilleri. È Camilleri stesso nei suoi libri di memorie a citare più volte Candoni, “uomo intelligentissimo”. […]
 
 

Quotidiano di Sicilia, 18.5.2024
Saloni (dei libri) pieni e librerie semivuote. Il paradosso italiano e il “caso” Camilleri
Record di visitatori al festival di Torino, ma le vendite languono. Cosa l’editoria non ha imparato a trent’anni dalla nascita di Montalbano

L’Italia è quel Paese in cui non si vuole affrontare un annoso problema: scriviamo tutti, ma non legge più nessuno. Mentre gli autori si affannano in stesure e riscritture di romanzi che spesso finiranno auto-pubblicati o a pubblicare storie Instagram in cui vezzeggiare l’intellettuale di turno sperando che regali loro la sua cortesia (ché oggi non ci interessano più i soldi di quanto non ci carezzi l’idea di avere amici famosi), le persone non comprano più libri. Non incantino le comunque positive cronache dal Salone del Libro di Torino: Annalena Benini è un’ottima direttrice, ci sono state 222 mila visite, settemila in più dello scorso anno. Eppure, in tre settimane dall’uscita, il nuovo libro di Salman Rushdie, Coltello, ha venduto 764 copie. 764.
Le persone non comprano più libri
Qualcosa non torna. Se l’è chiesto Guia Soncini in un pezzo su Linkiesta, se lo chiedono quelli che “lavorano nel settore”, se lo chiedono quelli che vogliono scrivere. Gli unici che non si chiedono un bel niente sono le potenziali migliaia di acquirenti – acquirenti: non per forza lettori – di romanzi, e nello specifico di un titolo come Coltello di Rushdie. A peggiorare la ferita aperta, il fatto che uno dei pochi scrittori davvero famosi rimasti come Rushdie (tra gli ospiti del Salone) parli non solo dei “fatti suoi” (quello ormai lo facciamo tutti) ma dell’aggressione subita il 12 agosto 2022, a trentatré anni dalla fatwa emessa dall’ayatollah Khomeini dopo la pubblicazione de I versi satanici. Non cambia il risultato: il libro esce il 16 aprile, e vende 764 copie. Nonostante Rushdie.
Mentre passano sotto silenzio le fresche morti di Paul Auster e Alice Munro, in Italia forse abbiamo spazio solo per Andrea Camilleri. Trent’anni fa viene pubblicato da Sellerio il primo romanzo con protagonista Salvo Montalbano, La forma dell’acqua. Da lì scatta qualcosa, con quei potenziali acquirenti che sono mancati nel 2024 a Rushdie, ma non a Camilleri in tutta la sua carriera: i romanzi di Montalbano vengono comprati, ma soprattutto letti. La ricetta del romanzo perfetto non esiste, o forse basterebbe essere solo bravissimissimi come Andrea Camilleri? Difficile rispondere. Resta il fatto che milioni di lettori, negli anni, si sono appassionati alle vicende di un commissario e di un paese immaginario, Vigata, correndo a comprarne i romanzi a Bolzano come a Catania.
Camilleri non è stato più talentuoso di Fruttero e Lucentini, più immaginifico di Scerbanenco, più umido di Manuel Vázquez Montalbán: è stato semplicemente più furbo. Sebbene la sua grandezza di scrittore si ritrovi in piena meraviglia con opere come Il birraio di PrestonCamilleri ha restituito alle persone quello che sognavano: la medietà, le contraddizioni, una Sicilia maliziosa e non per forza da cartolina, una galleria di personaggi secondari da manuale e un protagonista imperfetto ma quasi mai sgradevole. Tutto questo, scritto bene. Non che i maestri sopra citati non lo avessero fatto, sia chiaro: ma a livello di percepito dalla collettività, pochi fenomeni hanno avuto la eco di Salvo Montalbano, con quasi ventotto romanzi e la sensazione che il personaggio sia sopravvissuto al genio del suo autore, scomparso a Roma nel luglio 2019.
In un’intervista rilasciata a Paola Jacobbi per Vanity Fair, Camilleri riporta i messaggi di alcuni suoi lettori: la deve finire di prestare le sue idee politiche a Montalbano. Montalbano è nostro e non le appartiene più. Questo la dice lunga, sullo spirito di un tempo in cui si leggeva tanto e in cui si pensava (stolidamente) che i personaggi ci appartenessero. Nei luoghi in cui sono state ambientate le vicende di Montalbano, resi celebri dagli sceneggiati in onda sulla Rai, non esiste bar o ristorante o negozio di scarpe che non esibisca la foto di rito con Luca Zingaretti. Che non viene trattato come una star ma come uno che ha prestato il corpo e il talento al personaggio. E dire che, di cose, Zingaretti ne aveva girate, e dire che, di film e serie, ne sono stati prodotti, nel ragusano; ma nulla, Montalbano è un’altra faccenda, un’altra eco. È appartenenza e rispetto. Il tema è quel che è arrivato dopo: si è pensato, e in certi casi le vendite hanno aiutato, di poter spremere come un limone il filone del poliziesco tormentato, con la volontà di percepirci tutti Simenon (o, appunto, Camilleri) e produrre una sterminata quantità di letteratura che a volte ha ottenuto dei risultati mirabili, in altri casi è finita nel dimenticatoio. Non è tanto questione di “epigoni”, non essendosi Camilleri mai intestato la paternità d’alcuna forma di poliziesco, né di protagonisti a servizio dello Stato ma dall’animo ombroso e introverso.
A trent’anni dalla nascita di Montalbano ci si dovrebbe chiedere perché. Perché gli italiani, a metà degli anni Novanta, si identificano in maniera quasi totale con questo commissario, allontanandosi da quello che potremmo definire il gustoso fritto misto dei polizieschi-tipo del Novecento: dal Santamaria di Fruttero e Lucentini, dal capitano Bellodi di Sciascia in quel miracolo di scrittura che è Il giorno della civetta, ma pure dal Philip Marlowe di Raymond Chandler, da Miss Marple e Poirot di Agatha Christie, da Pepe Carvalho di quel Montalbán che tanto ha ispirato lo stesso Camilleri, per comprare quasi sempre e solo Camilleri, e provarci pure a scrivere, come Camilleri.
In ogni quartiere d’Italia – ipotesi totalmente infondata – c’è qualcuno che ha iniziato a scrivere un giallo ispirato dalla scrittura colorita, profonda e irripetibile dell’autore di Porto Empedocle. Che ha avuto il talento e la fortuna di accaparrarsi il pubblico di lettori prima che diventasse consuetudine scrivere romanzi che non leggerà mai nessuno, o comprare cellulari con fotocamere che ci togliessero l’abilità a concentrarci su un testo scritto per più di dodici secondi. A parte, s’intende, i 764 di Rushdie.
Giuseppe Paternò Raddusa
 
 

Radio Update, 18.5.2024
Andrea Camilleri: Skattejagten
”Jeg går på andet år på universitetet, jeg læser filosofi, jeg vil være epistemolog”, sagde den unge mand.

Kommissær Salvo Montalbano skulle lige tænke sig lidt om, før han (næsten) kom i tanker om, hvad det ord betød. Men så taler han ellers hyggeligt nok lidt med gæsten, som er ivrig efter at forstå, hvordan Montalbanos egen hjerne fungerer under en efterforskning. Han er altså ikke lige nu i gang med en sådan, siger Montalbano, men han har nogle mystiske beskeder - en slags gåder, der inviterer ham på en skattejagt, og som trækker ham rundt i landskabet - helt bogstaveligt. Dem kan den unge fyr jo få lov at kigge lidt på, og så kan de snakke sammen igen, når han har tænkt over gåderne.
Den sag, som Montalbano er i gang med, og som indleder bogen, handler om et søskendepar, Gregorio og Caterina, begge godt oppe i årene og splintrende skøre. De havde tidligere handlet med forskellige religiøse effekter som madonnastatuer, kors og krucifikser. Nu havde de sat sig selv på pension og taget varelageret hjem i deres pænt store lejlighed. De havde ikke ret meget forbindelse med omverdenen, men pludselig var de begyndt at hænge enorme bannere op mellem deres balkoner (de boede højt i ejendommen) - først et med teksten: SYNDERE, I SKAL ANGRE! på det næste banner var løftet: SYNDERE, VI STRAFFER JER!! og på det tredje og sidste banner lød det truende I KOMMER TIL AT BETALE FOR JERES SYNDER MED LIVET!!!
Montalbano kan ikke lide det med det stigende antal udråbstegn og tonen skærpes unægtelig gennem de tre udråb, så han ringer til borgmesteren og beder ham sende en af kommunalbetjentene hen til de to gamles lejlighed og få dem til at fjerne de truende bannere. Det var så lige ved at gå galt for den stakkels betjent, for der blev ikke lukket op, da han bankede på deres dør, tværtimod råbte den gamle mand, at betjenten gjorde klogest i at gå sin vej. Det var jo en trussel, så betjenten insisterede - og resultatet var kugleskud gennem den lukkede dør. Skuddene ramte heldigvis ikke (men tæt på), så betjenten foretrak at forlade stedet, medens de to gamle lod skuddene hagle ned fra balkonerne. Her skulle man have troet, at det ville hjælpe med en præst - en sådan blev tilkaldt og udstyret med en højtaler prøvede han at tale de to forstyrrede mennesker til ro. Det hjalp heller ikke. Brandvæsnet var næste forsøg - de kom med en stigevogn og satte den op til femte sal.
Planen var nu, at Montalbano skulle klatre op ad stigen, mens hans folk skulle bryde hoveddøren op. Det lykkes politiet at klare de to vildtskydende gamle mennesker, og en ambulance kører dem væk. Jeg omtaler denne scene så grundigt, fordi den sætter hele handlingen i resten af bogen i gang. Men ikke bare det - den er en klassisk Camilleri præsentation af helten Salvo Montalbano, for han er en helt: han klatrer selv op ad stigen (med en revolver i den ene hånd!), og da han på et tidspunkt - ud for 4.sal - kommer til at se ned, bliver han svimmel og er lige ved at kaste op. Der er rigtigt langt ned. Han havde aldrig før lidt af svimmelhed - det var nok alderdommen, tænker han, men bider tænderne sammen, klatrer videre og kommer ind i lejligheden, hvor også hans kolleger er nået frem og får styr på Gregorio - og på en uhyggelig oppustelig såkaldt lolita-dukke, som læseren kommer til at høre meget mere om. Så dukker Caterina op råbende til Montalbano med vilde øjne: ”Du kommer til at brænde levende i Helvedes flammer!” ”Det taler vi om bagefter” , svarede kommissæren. Fuldstændigt som at høre sheriffens rolige kommentar til kvægtyven i det vilde Vesten.
Et døgns tid eller så efter dukker endnu en lolitadukke op - denne gang smidt ned i en container - hvor mange var der dog af dem i Vigàta, tænker Montalbano - nu begynder det at være endnu mærkeligere.
Undertegnede anmelder mødte først sent Montalbano-krimierne, men er kommet til at holde meget af kommissæren og de personer, der fast omgiver ham både på politistationen og i privatlivet. Først politifolkene: de er altid loyale overfor ham - og omvendt. Så meget, at en af dem, Mimí, i samråd med sin kone havde opkaldt deres søn efter ham. Salvo, hedder så den lille baby, og det glæder egentlig kommissæren, selvom det rykker i ham, når Mimí taler om Salvobassen.
Når man lærer Montalbano at kende, vil man her i bogen nikke genkendende til hans glæde ved mad - specielt som den laves på Enzos restaurant og han har god appetit - hør f.eks. her om en frokost netop der: først et udvalg af alt godt fra havet, så en stor portion pasta med venusmuslinger og derpå rundede han af med en tallerken sværdfiskeruller. Lyder det af meget? Tja, han kunne ikke modstå fristelsen til endnu en tallerken med fiskerullerne. Ikke underligt at Camilleris bøger har inspireret mange kokke i private køkkener - omtalen af retterne er nogle gange så detaljerede, at man bare kan gå i gang.
I privatlivet spiller kæresten Livia naturligvis en stor rolle - eller gør hun? Salvo tænker tit, at nu vil han se at tage op og besøge hende i Norditalien, hvor hun bor. Men der sker altid noget, der forhindrer ham i at tage af sted - og så bliver hun jo lidt utilfreds for ikke at sige sur. Det sker netop denne gang, da Ingrid - en gammel bekendt af Salvo - er på besøg og kommer til at tage telefonen. Satan og helvede, tænkte han…men skaden var jo sket, og faktisk er der ikke noget mellem ham og Ingrid, tror jeg da ikke. Hun er ellers lidt af en dame: høj flot svensker med en karriere som racerbilsmekaniker bag sig - og nu er hun dukket op i netop sådan en bil - og hun kører, da hun og Salvo skal på restaurant: turen tog 20 minutter - med Montalbano bag rattet i hans bil havde det taget tre kvarter, tænker han. Under denne middag fortæller hun om en ung ven, som gerne vil møde Montalbano og tale med ham - det er så den unge mand med filosofistudierne.
Han dukker op igen på politistationen og har virkelig tænkt over gåderne - og man begynder at ane noget uhyggeligt. Hvem er han egentlig? Det viser sig, at han er en slægtning af Gregorio og Caterina, de mærkelige søskende, der indledte mysterierne - og Montalbano bliver mere og mere sikker på, at det med gåderne ikke bare er en uskyldig leg, men ’derimod særdeles farlig’.
Nu skal jeg ikke spoile, men Skattejagten ender virkelig ikke godt - og er mere uhyggelig end Camilleris fortællinger plejer at være.
Montalbano er ikke irritabel, men kan godt lade sig irritere - f.eks. hvor han støder på et almennyttigt boligbyggeri, som han kalder en ”mellemting mellem et mexicansk superfængsel og en topsikret forvaringsanstalt for….morderiske galninge” - og slutter med denne salve: ”Arkitekterne havde løst den kolossale opgave at slukke selveste den sicilianske sol”. Udover at være allergisk overfor elendig arkitektur kan Montalbano ikke udholde dårligt sprog, som f.eks. da hans mekaniker fortæller ham, at det er på tide at ’udfase’ hans bil. Det afføder en lang indre monolog hos kommissæren om ord han hader, som også omfatter ’prekariat, ikonisk, vækste’ - og en stribe andre.
Camilleri er selv yderst opmærksom på sit eget sprog, hvor hans italiensk er stærkt præget af den sicilianske dialekt. Han giver i øvrigt også de mange forskellige personer i bogen nærmest hver deres egen stemme. Der er skrevet adskillige artikler om sproget i hans romaner - og mindst en videnskabelig afhandling specielt om oversættelse af hans værker.
Det antyder jo, at det er en god idé at være måske mere end almindeligt opmærksom på oversættelsen - og her er det Thomas Harder, der som så mange gange før har været på arbejde. Det er en sand fornøjelse at følge hans håndtering af Camilleris mange og meget forskellige personer og situationer - det hele står krystalklart og nuanceret på siderne. En oversættelse handler om meget mere end at finde rundt i en ordbog - specielt i et persongalleri, som det vi her møder.
Skattejagten er den sekstende i Montalbano-serien udgivet på Arvids Forlag, 237 sider. Omslaget har Mathias Joong Dahl Jeppesen stået for – det er en smuk, himmelblå sø, som det dejlige landskab spejler sig i under titlens bogstaver
Hanne Bærentzen

Andrea Camilleri: La caccia al tesoro
"Sono al secondo anno di università, studio filosofia, voglio fare l'epistemologo", ha detto il giovane.

Il commissario Salvo Montalbano ha dovuto riflettere un po' prima di (quasi) pensare a cosa significasse quella parola. Ma poi dialoga in modo abbastanza piacevole con l'ospite, che è ansioso di capire come funziona il cervello di Montalbano durante un'indagine. Quindi attualmente non è impegnato in una cosa del genere, dice Montalbano, ma ha dei messaggi misteriosi - una specie di enigma che lo invita a una caccia al tesoro e che lo trascina per la campagna - letteralmente. Dopotutto, il ragazzo può guardarli e poi parlare di nuovo insieme quando ha pensato ai puzzle.
Il caso a cui sta lavorando Montalbano, e che apre il libro, riguarda una coppia di fratelli, Gregorio e Caterina, entrambi avanti negli anni e completamente pazzi. In precedenza si erano occupati di vari effetti religiosi come statue di Madonne, croci e crocifissi. Ora si erano ritirati e avevano portato l'inventario a casa, nel loro appartamento piuttosto grande. Non avevano molti contatti con l'esterno, ma all'improvviso avevano cominciato ad appendere enormi striscioni sui balconi (abitavano in alto nella proprietà) - il primo con la scritta: PECCATORI, DOVETE PENTIRVI! sullo striscione successivo c'era la promessa: PECCATORI, VI PUNIAMO!! e sul terzo ed ultimo striscione suonava minaccioso PAGHERAI I TUOI PECCATI CON LA TUA VITA!!!
Montalbano non gradisce il numero crescente di punti esclamativi e il tono è innegabilmente più alto attraverso le tre esclamazioni, così chiama il sindaco e gli chiede di mandare uno degli agenti comunali nell'appartamento dei due vecchi e di far rimuovere gli striscioni minacciosi. Per il povero poliziotto stava per andare male, perché quando ha bussato alla loro porta la porta non si è aperta, anzi il vecchio ha gridato che era meglio che il poliziotto andasse per la sua strada. Era una minaccia, così ha insistito l'ufficiale - e il risultato sono stati dei proiettili sparati attraverso la porta chiusa. Per fortuna i colpi non sono andati a segno (ma sono andati vicini), per cui l'agente ha preferito allontanarsi dalla scena, mentre i due vecchi lasciavano piovere i colpi dai balconi. Qui si sarebbe potuto pensare che un prete avrebbe aiutato: uno del genere fu convocato e dotato di un altoparlante, cercò di calmare le due persone turbate. Anche questo non ha aiutato. Il tentativo successivo è stato quello dei vigili del fuoco: sono arrivati ​​con un'autoscala e l'hanno portata al quinto piano.
Il piano ora era che Montalbano salisse la scala mentre i suoi uomini sfondavano la porta d'ingresso. La polizia riesce a fermare i due anziani sparatutto e un'ambulanza li porta via. Cito questa scena in modo così approfondito perché mette in moto l'intera trama del resto del libro. Ma non solo: è una classica presentazione camilleriana dell'eroe Salvo Montalbano, perché lui è un eroe: sale lui stesso la scala (con una rivoltella in mano!), e quando a un certo punto - fuori 4. sal - arriva per abbassare lo sguardo, ha le vertigini e sta per vomitare. È davvero molto giù. Non aveva mai sofferto di vertigini prima - probabilmente era vecchiaia, pensa, ma stringe i denti, sale ed entra nell'appartamento, dove sono arrivati ​​anche i suoi colleghi e si impadronisce di Gregorio - e di un inquietante gonfiabile cosiddetto lolita - bambola, di cui il lettore sentirà molto di più. Allora appare Caterina gridando a Montalbano con occhi selvaggi: "Brucerai vivo nelle fiamme dell'Inferno!" "Di questo ne parleremo dopo", ha risposto l'assessore. È come ascoltare il calmo commento dello sceriffo sul ladro di bestiame nel selvaggio West.
Circa un giorno dopo, appare un'altra bambola lolita - questa volta gettata in un contenitore - quante ce n'erano a Vigàta, pensa Montalbano - ora comincia a farsi ancora più strana.
Il sottoscritto recensore ha conosciuto solo tardi i delitti Montalbano, ma ha imparato ad apprezzare il questore e le persone che lo circondano fermamente sia in questura che nella vita privata. Innanzitutto i poliziotti: gli sono sempre fedeli - e viceversa. Tanto che uno di loro, Mimí, d'accordo con la moglie, aveva dato il suo nome al figlio. Salvo, si chiama il bambino, e questo fa molto piacere al commissario, anche se si stupisce quando Mimí parla del Salvobasso.
Quando conoscerete Montalbano, qui nel libro annuirete in riconoscimento del suo piacere per il cibo - soprattutto perché è fatto al ristorante di Enzo e ha un buon appetito - ascoltate per esempio ecco a proposito di un pranzo proprio lì: prima una selezione di tutto ciò che di buono c'è di mare, poi un abbondante piatto di pasta alle vongole veraci e poi ha concluso con un piatto di involtini di pesce spada. Sembra molto? Beh, non ha potuto resistere alla tentazione di un altro piatto di involtini di pesce. Non c'è da stupirsi che i libri di Camilleri abbiano ispirato molti chef nelle cucine private: le descrizioni dei piatti a volte sono così dettagliate che puoi semplicemente metterti al sodo.
Nella vita privata, naturalmente, la fidanzata Livia gioca un ruolo importante - o sì? Salvo pensa spesso che adesso vuole andare a trovarla nel Nord Italia, dove lei vive. Ma succede sempre qualcosa che gli impedisce di andarsene – e allora lei diventa un po' insoddisfatta, per non dire arrabbiata. Accade proprio questa volta, quando Ingrid - una vecchia conoscenza di Salvo - è in visita e viene a rispondere al telefono. Satana e l'inferno, pensò... ma il danno era ormai fatto, e in effetti tra lui e Ingrid non c'è niente, non credo. Per il resto è una vera signora: una svedese alta e bella con una carriera come meccanico di auto da corsa alle spalle - e ora è apparsa proprio su un'auto del genere - e guida quando lei e Salvo vanno al ristorante: il viaggio è durato 20 minuti: con Montalbano al volante della sua macchina, ci sono voluti tre quarti d'ora, pensa. Durante questa cena racconta di un giovane amico che vorrebbe incontrare Montalbano e parlare con lui: è il giovane che studia filosofia.
Riappare alla stazione di polizia e ha davvero pensato agli enigmi - e tu inizi a sospettare qualcosa di sinistro. Chi è veramente? Si scopre che è un parente di Gregorio e Caterina, gli strani fratelli che hanno dato inizio ai misteri - e Montalbano è sempre più certo che gli enigmi non sono solo un gioco innocente, ma "al contrario, estremamente pericoloso".
Ora non voglio spoilerarlo, ma la caccia al tesoro non finisce davvero bene - ed è più sinistra di quanto lo siano solitamente le storie di Camilleri.
Montalbano non è irritabile, ma può irritarsi - ad es. dove si imbatte in un complesso residenziale senza scopo di lucro, che definisce "un incrocio tra una super-prigione messicana e un centro di detenzione di massima sicurezza per... pazzi omicidi" - e termina con questa raffica: "Gli architetti avevano risolto il compito colossale di spegnere lo stesso sole siciliano". Oltre ad essere allergico all'architettura scadente, Montalbano non sopporta le parolacce, come ad esempio quando il suo meccanico gli dice che è ora di "ritirare gradualmente" la sua macchina. Ciò dà origine a un lungo monologo interno del commissario sulle parole che odia, che includono anche "precariato, iconico, crescita" - e una serie di altre.
Lo stesso Camilleri è estremamente attento alla propria lingua, dove il suo italiano è fortemente influenzato dal dialetto siciliano. Dà anche ai molti personaggi diversi del libro, quasi ciascuno la propria voce. Sono stati scritti diversi articoli sulla lingua dei suoi romanzi e almeno una tesi scientifica specificatamente sulla traduzione delle sue opere.
Ciò suggerisce che sia una buona idea prestare forse più attenzione del solito alla traduzione - e qui è Thomas Harder che, come tante volte in passato, è stato al lavoro. È un vero piacere seguire il modo in cui Camilleri tratta le tante e molto diverse persone e situazioni: tutto è cristallino e ricco di sfumature nelle pagine. Una traduzione è molto più che sfogliare un dizionario, soprattutto in una galleria di persone come quella che incontriamo qui.
La caccia al tesoro è il sedicesimo della serie Montalbano edita da Arvids Forlag, 237 pagine. La copertina è stata disegnata da Mathias Joong Dahl Jeppesen - è un bellissimo lago azzurro cielo, in cui l'incantevole paesaggio si riflette sotto le lettere del titolo
[Traduzione con Google Translator, NdCFC]
 
 

SiracusaOggi, 18.5.2024
Cala il sipario sulla stagione del Teatro Massimo di Siracusa

Applausi per “Troppu trafficu ppi nenti”, che ha chiuso la Stagione del Teatro Massimo Città di Siracusa. Uno spettacolo “siciliano e contemporaneo”, scritto da Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale. L’opera, diretta da Giuseppe Dipasquale, ha visto protagonisti Ruben Rigillo, Angelo Tosto, Ramona Polizzi, Lucia Portale, Anita Indigeno, Lorenza Denaro, Filippo Brazzaventre, Daniele Bruno, Cosimo Coltraro, Luciano Fioretto, Alex Caramanna, Valerio Santi, Rosario Valenti, Pietro Casano. Il testo gioca con “la teoria” secondo cui Shakespeare avrebbe anche potuto essere un siciliano ovvero un certo Michele Agnolo Florio. Camilleri e Dipasquale rivisitano il classico shakespeariano Troppo rumore per nulla in pura venatura sicula e dall’incipit surreale viene fuori una pièce teatrale che trasforma il rigore inglese in una godibile messa in scena con il linguaggio caratteristico di Andrea Camilleri.
[...]
Giuseppe Schifitto
 
 

TV Sorrisi e Canzoni, 21.5.2024
Carlo Degli Esposti. Il fondatore della casa di produzione Palomar "papà" di tanti film e fiction amatissime, svela a Sorrisi i suoi progetti
«Vi manca Montalbano? Sto lavorando per voi»

Fresco di nomina nel board di Mediawan, uno dei principali studi di contenuti audiovisivi indipendenti in Europa, Carlo Degli Esposti, fondatore e presidente della casa di produzione Palomar, anticipa in esclusiva a Sorrisi tutti i progetti a cui sta lavorando: tra serie tv, film e nuove stagioni di fiction amatissime.
[…]
In compenso ha capito subito la forza di Montalbano: un successo clamoroso, che dura da 24 anni. Ci saranno nuovi capitoli? Luca Zingaretti in varie interviste non è sembrato disponibile a tornare nei panni del commissario. Che si fa?
«Ho una grande responsabilità, perché il commissario Montalbano è un personaggio eterno... Ha completato una prima fase e adesso non devo sbagliare la prossima; mi tremano le mani, sto studiando da parecchi anni...».
Quindi per i fan ci sono speranze?
«Sì. Montalbano è ancora un "pischello" dal punto di vista televisivo. Ci sarà sicuramente una nuova avventura».
Nel 2025, poi, ricorrono i 100 anni dalla nascita di Andrea Camilleri.
«Farò di tutto per onorare la ricorrenza e mi auguro che per il 2025 riusciremo a realizzare un film tratto dalla trilogia delle Metamorfosi di Camilleri ("Maruzza Musumeci", "Il casellante", "Il sonaglio"), che racconta personaggi femminili magici».
Lei è bolognese, da dove nasce il suo amore per la Sicilia e le sue storie?
«Ho sempre amato la Sicilia perché è oltre ogni possibilità di analisi, riserva continuamente qualcosa di sorprendente. Ho avuto pochi grandi amici, ma una su tutti è siciliana; l’editrice Elvira Sellerio. Per me è stata una sorella maggiore nei periodi alti e nei periodi bassi della vita. Montalbano l'ho scoperto grazie al suo intuito pazzesco».
[…]
Giusy Cascio
 
 

2duerighe, 21.5.2024
“Il giudice Surra e altre indagini in Sicilia”, i racconti introvabili di Andrea Camilleri riuniti da Sellerio

“Il giudice Surra e altre indagini in Sicilia”, edito da Sellerio, raccoglie tre racconti di Andrea Camilleri: “Il giudice Surra”, “Il medaglione” e “Troppi equivoci”. I primi due datati 2005; l’altro 2011. Tre gialli ambientati in Sicilia che, non essendo più in ristampa, erano ormai introvabili nelle librerie. Ci ha pensato Sellerio, quindi, a raccoglierli in un libro unitario. 
Scrittore, sceneggiatore, regista e drammaturgo, Andrea Camilleri non ha bisogno di lunghe presentazioni: straordinario per inventiva, con cui ha saputo tessere trame memorabili, che si snodano all’interno di una Sicilia genuina e affascinante; unico per stile e linguaggio, con cui ha dato voce a personaggi iconici, come il commissario Salvo Montalbano.
Sinossi
Il protagonista delle indagini, stavolta, non è il celebre commissario di Vigata, sebbene i personaggi presentino alcuni tratti in comune.
Il racconto “Il Giudice di Montelusa” [Il giudice Surra, NdCFC], ambientato subito dopo l’Unità d’Italia, vede protagonista il giudice piemontese Efisio Surra, trasferito al tribunale di Montelusa, in Sicilia. Un uomo integerrimo, che sembra avere quale unico obiettivo far applicare la legge, ignorando (più o meno consciamente) l’ombra della mafia. 
In “Troppi Segreti”, Bruno, tecnico telefonico, si innamora di Anna, traduttrice. La storia d’amore è breve e intensa, spezzata dal terribile assassinio di Anna, di cui Bruno è accusato. Un’ingiustizia che spinge l’uomo a mettersi alla ricerca del vero assassino. 
Ne “il Medaglione di Belcolle” [Il medaglione, NdCFC] il maresciallo dei carabinieri, Antonio Brancato, si trova a gestire una situazione inattesa: il vecchio Ciccino, da poco vedovo, si è barricato nella sua casa di campagna, minacciando di sparare a chiunque si avvicini.
Una conferma di cui non avevamo bisogno: il genio di Camilleri
Intrighi e sospetti avvolti dall’atmosfera di una Sicilia dai toni caldi e ammalianti. Un vortice di personaggi dalla personalità dirompente, nati pronti per bucare lo schermo. I racconti, infatti, nascono da un’idea di Carlo Lucarelli, che propose a Camilleri di scrivere un’antologia a sfondo poliziesco che potesse originare trasposizioni televisive. Il maestro li concepì, dunque, in vista dell’adattamento per il piccolo schermo. Un’idea che cavalcava l’onda del successo che in quegli anni accompagnava l’affermarsi del poliziesco all’italiana. Un’idea trasformata in una straordinaria realtà nero su bianco.
I dialoghi, di cui l’autore è maestro, esprimono una mescolanza di un italiano parlato, a tratti ormai perduto, e spunti dialettali. Ingredienti della narrativa in pieno stile Camilleri, fondamentali per trasportare il lettore nella Sicilia, quella autentica. 
Le storie sono originali a tal punto da risultare vere, tangibili come qualcosa di effettivamente vissuto. Talmente accurate da rendere difficile pensare che siano frutto della mente di un uomo. 
Infatti, nascono da quella di un genio.
Giuseppe Ferrara
 
 

SoloLibri, 21.5.2024
E la chiamarono Vigata. La Sicilia nel cuore di Pasquale Hamel
Spazio Cultura Edizioni, 2024 - L’autore si immerge nei ricordi della sua terra di affezione, quella dei racconti ascoltati dai suoi amici e parenti. L’Amarcord di un vissuto, alla ricerca di un tempo perduto ma sempre presente.

Un piccolo, ma intenso e intrigante lavoro quest’ultimo libro di Pasquale Hamel già autore di saggi storici che vedono sempre la Sicilia al centro dei suoi studi e approfondimenti, sempre di livello.
L’autore nelle pagine di E la chiamarono Vigata. La Sicilia nel cuore (Spazio Cultura Edizioni, 2024) si immerge nei suoi ricordi della terra di affezione, quella dei racconti ascoltati dai suoi amici e parenti. L’Amarcord di un vissuto, alla ricerca di un tempo perduto ma sempre presente.
Nell’introduzione l’autore ben riassume l’argomento dell’opera in questi termini:

“Libretto di memorie, di profili, di aneddoti che costituiscono memoria viva”
E questo, al di là dei mutamenti nella toponomastica che l’hanno vista divenire nel tempo Porto Empedocle, la Marina oppure Vigata in omaggio al grande “Nenè” Camilleri con la sua immancabile sigaretta sempre sulle labbra che qui trascorse la sua giovinezza. Ma come non citare ancor prima Luigi Pirandello tra gli empedoclini illustri di un luogo dell’anima e unico per le caratteristiche peculiari e caratteriali dei suoi abitanti industriosi e attivi, a dispetto della nomea attribuita a molti siciliani. Un’operosità e un dinamismo che si riscontra nel commercio, nell’impresa industriale, e non solo nella pesca e nella marineria.
[…]
Gaetano Celauro
 
 

TV Sorrisi e Canzoni, 21.5.2024
Con “Km 123” di Andrea Camilleri parte la nuova collana “Il Giallo Mondadori”
Camilleri, Lucarelli, Carlotto, De Cataldo e molti altri... i più grandi autori italiani vi accompagneranno in un viaggio fatto di indagini, misteri e verità nascoste

Una raccolta dei migliori romanzi di autori italiani appartenenti alla collana per eccellenza di questo genere: Il Giallo Mondadori, un marchio editoriale storico talmente iconico da diventare rappresentativo di un intero genere, in questo caso nella sua edizione più pregiata.
Gli autori italiani più famosi e amati raccontano storie di detective, casi quasi impossibili da risolvere, intrighi criminali e vicende al cardiopalma che spaziano tra la provincia italiana e le grandi città metropolitane del nostro paese.
Da Camilleri a Lucarelli, da Carlotto a De Cataldo: grandi autori italiani, autori accomunati dall'appartenenza al genere Giallo. Per voi, un assaggio delle prime straordinarie 5 opere.
"Km 123" di Andrea Camilleri
Al chilometro 123 dell’Aurelia, un’auto esce di strada in una notte di tempesta.
È solo un incidente?…

"Quasi per caso" di Giancarlo De Cataldo
Una città in rivolta. Un giovane ufficiale accusato di omicidio.
Una corsa contro il tempo per salvarlo dalla fucilazione…

"Il francese" di Massimo Carlotto
Un protettore accusato di omicidio. Una poliziotta pericolosa e spregiudicata.
E sullo sfondo l’anima bigotta e insieme torbidissima della provincia italiana…

"Uno sterminio di stelle" di Loriano Macchiavelli
Bologna, anni duemiladieci un’indagine di Sarti Antonio…
"Indagine non autorizzata" di Carlo Lucarelli
Riviera romagnola, 1936. L’omicidio di una prostituta rischia di rovinare le vacanze del duce…
30 uscite con cadenza settimanale a euro 8,90 prezzo rivista esclusa

Corri in edicola per non perderti un’occasione senza precedenti, e senza eguali, di collezionare i più grandi autori de "Il Giallo Mondadori".
Per consultare il piano dell'opera, abbonarti all’intera collana o se hai perso un volume, vai su mondadoriperte.it.
 
 

L'Età della Libertà, 22.5.2024
Andrea Camilleri un artista postmoderno profondo e ironico

Chi di noi lettori e spettatori televisivi di giovane età ma anche non proprio di primo pelo” non si è lasciato affascinare dalla penna e dalla vibrante ma ironica fantasia di Camilleri? Scrittore, regista, scenografo e sceneggiatore di grande talento artistico ha accompagnato per merito delle riuscitissime serie televisive su Rai 1 tante nostre serate con la compagnia dei suoi personaggi interpretati con sapiente scelta di carattere, personalità e ruolo, nel contesto dei suoi racconti gialli delle serie dell’Ispettore Montalbano.
Ci faceva compagnia con tono narrativo e sornione, amichevole e quasi paterno nell’anticiparci il racconto della sua storia di turno prima della narrazione televisiva e cosi’ l’introduzione calma, precisa e ironica, spesso scherzosa dell’autore in persona, ripreso alla sua scrivania, ci presentava di volta in volta le sue storie dando ai suoi personaggi un’umanita’ ancora più ricca e vibrante, inducendoci ad un complice ascolto e attenta visione non senza un sapiente tocco di sospensione e sagace ironia.
Mi piace ricordare una frase del Maestro che riassume “in nuce” la sua poetica e lo stile che gli corrisponde, quasi una metafora del suo successo spiegato con un tocco autobiografico…
Tutto è arrivato tardi nella mia vita, e questa è una fortuna: mi sento come di aver vinto alla Sisal. Il successo fa venire in prima linea l’imbecillità. Se avessi ottenuto da giovane quel che ho oggi, non so come sarebbe finita. Non conosco il mio livello di imbecillità.”
Una lezione di vita direi e una perla di saggezza per i suoi telespettatori.
Ci colpisce in questo Maestro la poliedrica dedizione a più rami dell’arte, senza mai perdere di vista dalle sceneggiature esterne sul mare di Sicilia alle sapienti descrizioni enogastronomiche la sua amata terra. Sapiente e intrigante il rapporto con l’amore, espressione di libertà e solidale tenera attenzione.
Ma colpisce in generale la sua ricca produzione artistica proprio in età avanzata, con entusiasmo giovanile ma con sapiente senile prudenza nell’osservazione dei tipi umani nei loro difetti e virtù senza però ergersi mai a giudice.
Sono ormai passati più di quattro anni da quando se n’è andato, all’età di 93 anni, (nato a Porto Empedocle nel 1925 e morto a Roma nel 2019) lasciando alla Sicilia e all’Italia un vuoto immenso. Già da qualche tempo aveva perso la vista, ma fino a quando gli è stato possibile, Andrea Calogero Camilleri, ci ha regalato magnifiche storie.
Teatrale, sottile, ironico, ci ha lasciato infatti un preziosissimo bagaglio di racconti dallo stile piacevole e inimitabile, di stralci in dialetto siciliano, di parole e di modi di dire che rimarranno per sempre impressi nella nostra letteratura.
Del grande scrittore ci rimangono oltre cento libri, tutti pubblicati in età adulta (è diventato autore bestseller a oltre 70 anni). “Un filo di fumo“, edito da Garzanti nel 1980, fu il primo di una serie di romanzi storici ambientati a Vigàta a cavallo tra ‘800 e ‘900, a cui hanno fatto seguito “La strage dimenticata“, “La stagione della caccia“, “La bolla di componenda“. E molti sono stati tradotti anche all’estero.
E’ bello, concludendo questo breve excursus biografico, ricordarlo anche con alcune sue bellissime frasi che esprimono l’essenza del suo pensiero.
«Le parole che dicono la verità hanno una vibrazione diversa da tutte le altre.» (Un mese con Montalbano)
«Non basta leggere, bisognerebbe anche capire. Ma capire è un lusso che non tutti possono permettersi.» (Segnali di fumo)
«La perdita della solidarietà dell’uomo con l’uomo è gravissima, sta cambiando il nostro dna e non so spiegarmene le ragioni.
«Il tempo è una giostra sempre in funzione. Tu sali su un cavalluccio o un’automobilina, fai un bel po’ di giri, poi con le buone o con le cattive ti fanno scendere.»
«Forse, senza saperlo, stiamo combattendo la prima guerra globale degli anni duemila. Una guerra che non usa più armi, che non bombarda né fa esplodere atomiche, che non provoca morte ma produce fame, disoccupazione, scontro sociale, impoverimento, insomma riduce sul lastrico i perdenti.» (Segnali di fumo) [anticipando con profonda sensibilità la realtà tragica del nostro momento storico.]
«Che cosa straordinaria possono essere i libri. Ti fanno vedere posti in cui agli uomini succedono cose meravigliose. Allora la testa ti parte per un altro verso, gli occhi scoprono prospettive fino a quel momento inedite. E cominci a farti parecchie domande. Era l’insonnia della vecchiaia, quella che notte dopo notte ti condanna a stare vigliante, a letto o in poltrona, a ripassarti la tua vita minuto per minuto, a ripatirla sgranandola come i grani di un rosario.» (La paura di Montalbano)
«Ogni singola storia d’amore, vissuta o inventata, riesce a essere unica e diversa e irripetibile rispetto ai miliardi di altre storie già accadute, che accadono, che accadranno. Insomma, l’amore non s’impara né teoricamente né andando a bottega da altri. S’impara amando, vale a dire perdendosi.» (Segnali di fumo).
«L’affidarsi alla memoria, è la volontà dell’uomo di non scomparire.»
Tiziana Penne
 
 

Leccenews24, 22.5.2024
La pena e il rapporto tra il bene e il male. L’ex presidente del Tribunale di Lecce presenta “Storie sbagliate”
Lo spettacolo teatrale, scritto da Roberto Tanisi, per la compagnia “Temenos- Recinti Teatrali”, andrà in scena, venerdì sera, presso il Multiplex- teatro “Fasano” di Taviano.

Un incontro tra i giornalisti e l’ex presidente del Tribunale di Lecce, Roberto Tanisi (ora in pensione), in occasione della presentazione dello spettacolo teatrale “Storie Sbagliate” scritto per la compagnia “Temenos- Recinti Teatrali” che andrà in scena, venerdì prossimo, presso il Multiplex- teatro “Fasano” di Taviano alle ore 21. Era presente all’incontro, presso l’ex ufficio di Tanisi, il regista Marco Romano della compagnia “Temenos”.
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Nello spettacolo viene fatto riferimento libro “Autodifesa di Caino” di Andrea Camilleri e ricordata la frase: “…Abele prese la mano e mi disse: “Tu hai ucciso me o sono io che ho ucciso te? Non ricordo più ma non importa. Stiamo qui insieme noi due, fratelli come prima”. “Ora so che mi hai perdonato davvero”, gli dissi, “perché dimenticare è perdonare”.
Angelo Centonze
 
 

Letras de Chile, 22.5.2024
Video de homenaje al escritor Andrea Camilleri

Abril de 2024. Nuestro socio de LdeCh Bartolomé Leal, escritor de género negro, hizo una gira por caminos, paisajes y ciudades de Sicilia, donde no dejó de visitar Porto Empedocle, el pueblo natal del escritor Andrea Camilleri, figura cumbre del policial/negro. Salió un breve video de homenaje al creador del comisario Montalbano. Aunque bastante amateur, refleja el embrujo que dicho periplo le causó en tanto «viajero literario», especie en peligro de extinción, que se lo recorrió todo acompañado de su hija Coico (museos, templos griegos, villas romanas, teatros clásicos y trattorias), siempre con las botas puestas…
 
 

Curti, 23.5.2024
Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni


 
 

ANSA, 24.5.2024
A Palermo Una marina di libri, il tema è 'Oltre i confini'
A Villa Filippina 6-9 giugno, festival diretto da Savatteri

È stata presentata oggi, la 15esima edizione di Una marina di libri, che si svolgerà a Palermo dal 6 al 9 giugno al Parco Villa Filippina, organizzata dall'associazione Una marina di libri E.T.S. in collaborazione con il Centro Commerciale Naturale Piazza Marina & Dintorni, Navarra Editore, Sellerio Editore e Libreria Dudi.


 
Last modified Monday, June, 10, 2024