Il teatro qui presentato è il frutto estremo di tre rappresentazioni dal comune percorso.
Tutti e tre i lavori sono stati infatti scritti per essere rappresentati. Tutti e tre hanno avuto
la mano di un unico regista, Giuseppe Dipasquale (che è anche uno degli autori) ed un tempo diverso:
Il birraio di Preston, 1999 (Teatro Stabile di Catania); Troppu trafficu ppi nenti, 2000 (Rassegna Estate
catanese - Sole Voci), La cattura, 2001 (Teatro Stabile di Catania).
Tutti e tre sono il frutto di rielaborazioni originali da archetipi letterari o teatrali.
Il primo, Il birraio di Preston, ha una fonte letteraria di successo: l'omonimo romanzo dello stesso Camilleri, portato per la prima volta in scena nel 1999. La complessità del romanzo sta solo
nella sua struttura. Nell'uso del tempo della narrazione. Questa complessità è la sua forza.
Va inoltre sottolineato come la vicenda del Birraio sia esemplare per raccontare oggi una
Sicilia che parla di se stessa con la necessaria ironia e distacco affinché l'autocompiacimento
delle virtù come dei vizi e dei dolori, non costituisca più lo stagno dal quale diviene
difficile uscire.
Un gioco sulla Sicilia e con il siciliano è invece il secondo esperimento di Troppu trafficu ppi
nenti.
Tutto nasce da un divertimento che gli autori decidono di costruire dopo aver letto
l'ennesima notizia su come Shakespeare fosse in realtà siciliano.
Infine La cattura, nata per un'occasione teatrale che è diventata anche la sua dedica: l'interpretazione
di un grande attore come Turi Ferro. Perché La cattura, novella della
raccolta La Giara, di teatrale avrebbe offerto poco, se non avesse
previsto la presenza, come dire, contemporanea del suo interprete principale. Ma
La cattura è anche, ovviamente, altro.
La sua visione così disperata del senso dell'accadimento, la rende una delle novelle più belle della raccolta pirandelliana.