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RASSEGNA STAMPA

DICEMBRE 2006

 
Giornale di Sicilia, 1.12.2006
Nella biblioteca di Vigàta pochi i libri di Camilleri

Porto Empedocle. Titoli come “Le ali della sfinge”, “La vampa d’agosto”, “La pensione di Eva” [Sic!, NdCFC] o ancora “Il diavolo tentatore/innamorato” e “La concessione del telefono” alla biblioteca comunale di “Vigata” sono introvabili. E non perché chi li ha presi in prestito non li ha mai più restituiti. Sembra paradossale, ma a Porto Empedocle, patria di Andrea Camilleri, la collezione delle opere del “papà” del commissario Montalbano non viene aggiornata dal 1999. Così come da anni non si acquistano nuovi libri, Tutti i capolavori della letteratura contemporanea, esattamente come la narrativa new entry in libreria, da tempo, vengono sistematicamente ignorati. L’amministrazione comunale, con a capo il sindaco Calogero Firetto, ex assessore alla pubblica istruzione della Provincia regionale di Agrigento, sta cercando di correre ai ripari. “Nonostante le ristrettezze economiche del bilancio – ha spiegato ieri, Firetto – siamo riusciti a trovare i soldi necessari per acquistare, per il momento, una cinquantina di volumi di narrativa. In modo particolare, nel nostro caso è doveroso farlo, aggiorneremo la collezione completa delle opere dello scrittore empedoclino Andrea Camilleri. Una raccolta rimasta, da anni, indietro. Questi testi andranno così ad aggiungersi ai quindicimila libri attualmente presenti alla biblioteca”. Gli ultimi romanzi di Camilleri verranno acquistati, quasi a riscattare il tempo perduto, in duplice copia.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 1.12.2006
L’inchiesta
Tra i volumi più richiesti quelli di Garcia Marquez e Dan Brown
Viaggio nelle biblioteche per scoprire i libri più letti
I best seller da biblioteca

Leggono Andrea Camilleri e l´intramontabile Pirandello, ma hanno quasi dimenticato Leonardo Sciascia. Amano tutti i più grandi autori della letteratura latino-americana contemporanea, e continuano a rifugiarsi nei romanzi classici del Novecento, come "1984" di George Orwell. Sfogliano i libri di storia dell´arte sulla Sicilia e non sanno rinunciare ai volumi su Palermo di Rosario La Duca. Tra i filosofi prediligono Nietzsche e Sartre, tra gli psicologi Jean Piaget.
Sono questi i gusti dei frequentatori delle biblioteche pubbliche di Palermo. Legati agli autori siciliani, desiderosi di conoscere le opere che hanno scritto la più recente storia del pensiero e della letteratura italiana e internazionale.
La ricerca dei libri in prestito più richiesti nel capoluogo scopre così un variegato mosaico di inclinazioni e passioni letterarie, che si diversifica in relazione ai quartieri e ai servizi offerti dalle varie biblioteche. Significative le differenze tra le sedi centrali e quelle periferiche.
[…]
Dall´altra parte, gli scrittori siciliani appaiono gli autori più amati dagli utenti della Biblioteca regionale di corso Vittorio Emanuele. In testa Andrea Camilleri con le storie del sarcastico commissario Montalbano, seguito a ruota dalle opere di Luigi Pirandello, lette da tutte le fasce d´età. Richiesti anche il palermitano Luigi Natoli, autore del long seller "I Beati Paoli", e Giovanni Verga.
[…]
 
 

Avvenire, 2.12.2006
A roma dal 7 dicembre
Appuntamento alla Fiera della piccola e media editoria

Lo scrittore nigeriano e premio Nobel per la letteratura Wole Soyinka sarà uno dei protagonisti della nuova edizione di «Più libri per essere più liberi», la Fiera della piccola e media editoria che si terrà a Roma, al Palazzo dei Congressi, da giovedì 7 al 10 dicembre, con la partecipazione di 389 case editrici che hanno organizzato circa 2000 appuntamenti in quattro giorni con vari personaggi del mondo dei libri. Soyinka parlerà venerdì prossimo, 8 dicembre, sulla letterarura africana oggi e riceverà il Premio internazionale Biblioteche di Roma. Fra gli altri scrittori che interverranno nel corso della manifestazione figurano anche Andrea Camilleri, Alessandro Baricco, Massimo Carlotto, Maria Luisa Spaziani, Erri De Luca, Goffredo Fofi.
 
 

La Repubblica (ed. di Roma), 3.12.2006
Interni romani
La casa di carta
Andrea Camilleri
 
 

Il Quotidiano della Calabria, 4.12.2006
"Città di Palmi", i vincitori

Palmi- E' stata una settimana di grande impegno letterario nella città di Leonida Repaci per il varo e la conclusione della XII edizione del premio letterario "Città di Palmi" curato dal comune e con l'assessore alla cultura, con il patrocinio della Regione Calabria e della Provincia di Reggio Calabria.
La manifestazione letteraria ha avuto luogo ieri sera sabato 2 dicembre, presso l'auditorium della Casa della Cultura alla presenza di studiosi, giornalisti e scrittori, per partecipare alla premiazione dei vincitori dei premi che riguardano la "narrativa, la "Saggistica, la "Poesia e il "Giornalismo.
[...]
Speciale menzione della giuria per Ornella Palumbo con il libro "L'incantesimo di Camilleri", Editore Riuniti.
[...]
g.p.
 
 

Vita non profit, 4.12.2006
Lega tumori Milano, iniziative di Natale
Dal 5 al 17 dicembre, tutti gli appuntamenti a favore della Lilt

La sezione provinciale di Milano della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori (Lilt) propone una serie di appuntamenti per rendere il Natale due volte più buono come le Stelle di Natale in piazza, il concerto di Ninne Nanne a teatro, o l'anteprima cinematografica per i bambini. L'obiettivo è aiutare il servizio assistenza bambini dell'associazione.
[...]
Concerto "Ninna Nanna Italiana 1934"
Mercoledì 6 dicembre ore 20.30 al Teatro delle Erbe di Via Mercato, 3 a Milano
Quando si parla di bambini non si può non pensare a dolci nenie. Quello che viene presentato è un concerto delle più note ninne nanne tradizionali italiane, cantate nel loro dialetto d'origine e intercalate dalla lettura di favole e poesie. Interpreti della serata saranno il soprano Denia Mazzola Gavazzeni, le voci recitanti Alessandra Camilleri Mortelliti e Rocco Mortelliti accompagnati al pianoforte da Giovanni Brollo.
[...]
 
 

Stretto Indispensabile, 5.12.2006
Andrea Camilleri parla di immigrazione a Palermo: “Le barriere sono difese ridicole”

Palermo - ”Davanti ad un fenomeno che sta assumendo i caratteri di una vera e propria trasmigrazione di popoli le barriere che noi mettiamo sono difese ridicole”. Lo ha detto il celebre scrittore Andrea Camilleri in una testimonianza che è stata proiettata durante il seminario “Rifugiati in alto mare: quale protezione”. L’incontro è si è tenuto  a Palermo a cura  dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati e del Consiglio Italiano per i Rifugiati.
“Occorre prepararsi con coscienza e intelligenza  a un mondo di convivenza tra etnie diverse.  Cosi’ oggi accade nel mondo quello che accade in un matrimonio in cui identita’ differenti si uniscono perdendo ciascuno un po’ del proprio per vivere pacificamente”. Secondo Camilleri la parola d’ordine da adottare nei confronti del diverso e’ “meticciato” perche’ “l’intollerante e’ un cretino, l’intelligenza e’ la volonta’ di capire e, se non la recuperiamo, siamo perduti”.
Andrea Di Grazia
 
 

Fahrenheit, 5.12.2006
Il libro del giorno
Andrea Camilleri, Le ali della sfinge, Sellerio

Il commissario Montalbano e' tornato. Questa volta deve risolvere il caso di una giovane ragazza russa, trovata cadavere in una discarica. La donna e' nuda e ha il volto sfigurato. L'indizio da cui parte Montalbano e' la farfalla notturna, la "sfinge", tatuata sulla scapola della ragazza. Il commissario Montalbano indaga. Intorno Catarella and co. aiutano, altre volte precipitano il commissario nei suoi soliti furori, spesso mitigati da un buon piatto di pesce se non dal legame con Livia. Lo scioglimento finale tocca un'associazione di...
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Guidasicilia, 6.12.2006
Impegno civile e solidarietà
L'intollerante è un cretino che non riuscirà a vivere nel mondo che si prepara ad essere fra breve il mondo di tutti

Ieri Palermo ha ospitato un importante convegno, organizzato dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e dal Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR), dal titolo ''Rifugiati in alto mare: quale protezione? Aspetti giuridici e pratici legati agli sbarchi'' (leggi).
Ad aprire il seminario la proiezione di una testimonianza dello scrittore Andrea Camilleri, che ha avuto parole molto critiche nei confronti dell'intolleranza, elemento che si scontra fortemente con il prossimo futuro, che sarà per tutti un tempo di interculturalità fra i popoli.
''L'intollerante è un cretino. Io culturalmente sono un meticcio. Ho rubato ai russi, ai francesi, ai turchi per essere quello che sono'', ha detto lo scrittore di Porto Empedocle parlando delle intolleranze e ribadendo la necessità di prepararsi a convivere con gli altri popoli.
Camilleri ha poi parlato del ''Mare'', che non solo circonda la Sicilia, ma che le appartiene, come elemento ''di per sé simbolo di congiunzione''. ''Che diventi sinonimo di divisione - ha detto lo scrittore - è un sacrilegio''. Poi ha affrontato i temi dell'immigrazione, dell'accoglienza, della tolleranza del diverso. ''Prepariamoci al mondo futuro, - ha esortato - un mondo in cui dovremo convivere con popoli diversi. Viviamo l'incontro con gli altri un po' come si vive il matrimonio che è anche una rinuncia reciproca alle rispettive identità in vista di una vita insieme''.
Sul problema del soccorso in mare ai clandestini in difficoltà, nodo centrale del convegno, Camilleri è stato netto: ''Mio padre ha ricevuto una medaglia al valor civile per avere salvato alcuni naufraghi a largo di Porto Empedocle, immaginatevi quale può essere il mio punto di vista su chi rischia la vita per aiutare chi sta per morire''. ''Una legge che impedisca o ostacoli il soccorso - ha concluso - è innaturale. L'istinto dell'uomo è di salvare il proprio simile. Ognuno è responsabile davanti a se stesso di ciò che fa quando ha di fronte un altro uomo che sta annegando''.
 
 

La Voce d'Italia, 6.12.2006
Otto film per otto scrittori del noir italiano
L’Italia di “Crimini”
“Troppi equivoci” il primo episodio, tratto dal romanzo di Andrea Camilleri

Tempo di noir anche per la televisione. Proprio nel periodo in cui si sta svolgendo l’edizione 2006 del “Courmayeur Noir in Festival”, Rai Due propone la nuova fiction “Crimini”, a cura di Giancarlo De Cataldo, il quale spiega: “La Tv per me non è mai stata una parola d’insulto, anzi misurarci con la scrittura televisiva è stato per noi autori una bella sfida. Rispetto alla fiction in divisa da poliziotto o da carabiniere cui è abituato il pubblico televisivo abbiamo virato su un altro registro: se quella alla fine corre il rischio di essere consolatoria o rassicurante, la nostra, pur non avendo crimini estremi, racconta invece un lato oscuro dell’Italia. E ne abbiamo parecchi tra corruzione, devastazione del paesaggio, accoglienza dello straniero”.
“Crimini” è un progetto che coinvolge otto grandi giallisti e un gran numero di registi e attori, chiamati a trasporre in otto film di 100 minuti la diversità ed il fascino delle realtà locali italiane.
La prima realtà territoriale e ambientale che verrà analizzata è Palermo, che Andrea Camilleri narra nel suo “Troppi equivoci”, in onda sulla seconda rete Rai mercoledì 6 dicembre.
L’episodio, diretto da Andrea Manni con la sceneggiatura di Rocco Mortelliti e Carla Vangelista, narrerà le vicende di Bruno (Beppe Fiorello), uno strano tecnico dei telefoni che ama libri, musica, cinema ed ha un suo mondo fatto di creatività, e Anna (Claudia Zanella), una traduttrice impiantata a Palermo. Fra i due scocca la scintilla e intraprendono una relazione, cominciano a conoscersi, ad innamorarsi, ma Anna verrà uccisa e Bruno, che già la considerava ‘la sua donna’, non si da pace, vuole vendetta: si scatena così una feroce caccia ai colpevoli che lo porterà a bruciare sul tempo la polizia e ad intessere un sottile gioco psicologico con un boss mafioso, ma…
“Troppi equivoci” è stata anche presentata lo scorso 28 settembre al Teatro Goldoni di Venezia per la 58a edizione di “Prix Italia”, grande concorso radio e Tv.
Accanto a Camilleri ci saranno: il padovano Massimo Carlotto, Giancarlo De Cataldo, Giorgio Faletti, Marcello Fois, Carlo Lucarelli, Diego De Silva, Sandrone Dazieri, tutti italiani e scrittori di gialli. La fiction potrebbe avere un successivo sviluppo con un “Crimini 2” qualora l’esito del pubblico sia confortante.
Patrizia Brunetta
 
 

Trentino, 6.12.2006
Igf, l'ultimo Camilleri è passato da Aldeno

Aldeno. «L’ultimo ordine? Diecimila copie di “Le ali della sfinge” di Andrea Camilleri per la Sellerio di Palermo. Quando un titolo tira e l’editore ha bisogno di una consegna rapida si rivolge a noi. Corrono anche i titoli di Gianrico Carofiglio. Tra l’uno e l’altro quest’anno abbiamo consegnato 1,8 milioni di copie...». C’è la soddisfazione del lavoro ben fatto nelle parole di Fulvio Baldo. La Igf, legatoria supertecnologica di Aldeno, del resto, è creatura sua. Nata come azienda artigiana, oggi nel suo mercato di nicchia fattura 9,5 milioni di euro e dà lavoro a 103 dipendenti.  Il lavoro per Sellerio editore è solo un esempio.
[...]
 
 

Il Velino.it, 7.12.2006
Ascolti TV: la Rai nel “pallone” con Camilleri

Roma - Bruno Costa non è il commissario Montalbano. La serie Crimini, partita ieri su RaiDue e che proporrà film tv tratti da gialli di noti autori, ha avuto un triste battesimo di ascolti: lo share del [...]
(onp)
 
 

Corriere della sera Magazine, 7.12.2006
Inchiesta sulla Scala
E' ancora il primo teatro del mondo?
La risposta ad Arbasino e Camilleri

La scala è una nobile decaduta? E' un monumento vuoto? L'ho chiesto a molti habitués.
[...]
A un altro scrittore, Andrea Camilleri, numero uno nelle classifiche dei bestseller e teatrante di lungo corso, ho chiesto che cos'è la Scala per lui. Mi ha risposto con un racconto inedito. Eccolo: "La Scala la vidi la prima volta nel 1946. Frequentavo l'Università a Palermo e dovevo sostenere l'esame di latino, una barriera insuperabile. Lo passai e mi premiai con il mio primo viaggio a Milano. Prima di salire sul treno mandai  un telegramma a casa che rimase leggendario per la sua incomprensibilità: "Promosso latino stop proseguo Milano". Arrivai in un'alba incredibile e andai a casa di un mio zio bancario che viveva lì. Gli dissi: "Zio, voglio andare a vedere la Scala". Mi spiegò la strada. Camminai a lungo, avevo le scarpe nuove e cominciarono a farmi male. Mi fermai a riposarmi e mi appoggiai a un muro. Passò un vigile, gli chiesi: "Scusi, dov'è la Scala?". "Dove tiene la mano", mi rispose. Mi ero appoggiato proprio al muro della Scala e non me ne ero accorto. Mi aspettavo qualcosa di colossale tipo il Rockefeller Center. Dentro mi sembrò come una casa lussuosa siciliana. Queste sono le mie memorie scaligere da sveglio. Da addormentato ne ho di clamorose. Per molti anni ho fatto un sogno a puntate in cui io, che sono stonato, cantavo alla Scala. Nel sogno c'era Paolo Grassi, amico e sovrintendente, che mi invitava, anzi mi convocava: "Devi tornare alle scene. C'é una novità che dobbiamo allestire subito. C'é anche la Maria". Naturalmente intendeva la Callas. E poi c'era l'autore. "E' qui, te lo presento", diceva Grassi. Si apriva una porta ed entrava Pio XII, proprio lui, vestito da papa. L'opera era "Genoveffa di Brabante", io facevo Golo, il cattivo che rapisce la principessa Genoveffa. Il sogno si complicava, c'era anche Bonifacio, il ministro della Giustizia, che faceva da prestanome al Papa, il quale non voleva apparire. Questi sono i miei ricordi scaligeri da addormentato". Papi, ministri, Marie Callas, Paoli Grassi, Rockefeller Center, il sogno di Camilleri forse contiene la ricetta giusta: per far tornare mitica la Scala servono solo grandi colpi di teatro.
 
 

Corriere della sera Magazine, 7.12.2006
Libri. La recensione
Quando Pietro Micca intervistò Umberto Eco e l'uomo di Neanderthal Italo Calvino

Le interviste impossibili sono una bella invenzio­ne della Rai (radiofonica) inizio Anni Settanta. La for­mula era semplice e a suo modo geniale. Uno scrittore famoso, nei panni di se stesso, intervistava un per­sonaggio storico (morto e sepolto) interpretato da un attore noto (uno, per esem­pio, era Carmelo Bene). Il personaggio era scelto dal­lo scrittore (e questa è una cosa molto importante, co­me vedremo), ed era natu­ralmente lo scrittore a scri­vere il testo della conversa­zione. Ne vennero fuori dei bei colpi di teatro che ora vengono ripubblicati (sono 82 per la precisione) da Donzelli in un volume a cu­ra di Lorenzo Pavolini e con una «intervista sulle in­terviste» a Andrea Camille­ri, che fu uno degli scrittori partecipanti e anche il regi­sta di molte trasmissioni. Il tutto in un cofanetto che assieme al libro ospita un cd con le registrazioni ori­ginali delle interviste che andarono in onda. Dico su­bito che è un regalo di Na­tale elegante, divertente e originale.
Molte interviste sono bellis­sime. Sono particolarmente affezionato a quelle di Al­berto Arbasino a Giovanni Pascoli e a Oscar Wilde; a quella di Italo Calvino all'uomo di Neanderthal (do­ve però Calvino non recita a causa della sua leggendaria timidezza); a quelle di Giorgio Manganelli a Char­les Dickens e a Tutankha­mon; a quelle di Oreste Del Buono a due tipini difficili come Fedor Dostoevskij e Leopold von Sacher-Maso­ch; a quella di Edoardo Sanguineti a Sigmund Freud dove il padre della psicoanalisi, che non ama per deformazione profes­sionale farsi rivolgere do­mande, convince l'intervi­statore a sdraiarsi sul lettino: «E sarà bene che io le dica immediatamente che le domande, se di domande si tratta, sarò io a porle e non lei. Capirà bene che è il mio mestiere. Ma perché se ne sta lì in piedi, titubante e perplesso? Si metta como­do qui, suvvia, sopra que­sto lettino, bello disteso, come se dovesse farci una sua bella dormita, giù». Ma la più bella di tutte mi sem­bra quella di Umberto Eco a Pietro Micca. Quest'ulti­mo (se lo ricorderà ancora qualcuno?) era il martire proto-risorgimentale che si fece saltare in aria immo­landosi per i suoi commilitoni e per la patria. Eco, fa­cendo uso del dialetto pie­montese e dei luoghi co­muni sul carattere piemon­tese, scrive un capolavoro dove alla fine si scopre (uno scoop!) che Micca non morì per un atto di eroismo ma per colpa dei maneggi dei suoi compagni d'arme, un certo Rebau­dengo soprattutto, che fa­cevano i loro traffici da fu­reria rubacchiando, facendo la cresta sulla lunghezza delle micce e sulla composizione delle polveri esplo­sive. L'epopea nazionale si trasforma in una pagina da commedia all'italiana.
Nella sua «intervista sulle interviste» Camilleri dice che il grande successo del programma fu probabil­mente dovuto a uno strano fenomeno: «Come fu intelligentemente scritto: era l'in­tervistatore che a un certo momento cominciava a in­tervistare se stesso. O me­glio erano i personaggi sto­rici paradossalmente a intervistare gli scrittori». Ad­dirittura gli scrittori si auto­psicoanalizzavano (come fa Sanguineti) già nella scelta del personaggio. Chiaro che Del Buono scegliendo Dostoevskij e Sacher-Ma­soch vuole farci capire qualcosa di se stesso. E così La Capria con Tacito. Viene voglia di immaginare le interviste che non sono state fatte. Pasolini avrebbe scelto Edipo? Moravia avrebbe scelto Dio (e la sua noia e indifferenza)?
 
 

Giornale di Sicilia, 8.12.2006
Porto Empedocle. L'antico cascinale appartenuto ai nonni dello scrittore è stato acquistato dal Comune per realizzare un centro culturale: "Meglio così che un palazzone di otto piani"
Camilleri: addio alla casa dell'infanzia
Il luogo dei ricordi diventa museo

La casa di campagna di Andrea Camil­leri, a Porto Empedocle, in provin­cia di Agrigento, diventerà un cen­tro culturale. Andrea Camilleri sembra essere commosso. Quando si parla di Porto Empedocle, della sua famiglia, dei luoghi della sua memoria. Lo scritto­re più amato e letto degli ultimi anni, è nato in questo piccolo paese di mare nel1925, a due passi dal secolare pino (che il vento qualche anno fa strappò via) e dalla casa di Luigi Pirandello, al Caos. Oggi vive a Roma, ma a Porto Empedo­cle Camilleri ha conservato la casa in pa­ese, vicino la piazza e al Municipio, do­ve ritorna quando può e soprattutto nel periodo estivo, in coincidenza con la fe­sta di San Calogero e con il giorno del suo compleanno: il 6 settembre.
In tante pagine dei suoi tanti libri, il pa­pà del commissario Montalbano ricor­da gli anni della sua infanzia in quel pae­se che ha visto cambiare nel corso degli anni.
«La famiglia di mia madre era molto tra­dizionale: i figli e nipoti di mia nonna erano sparsi per l'Italia, ma appena si chiudevano le scuole tornavano tutti, con le loro famiglie, nella grande casa di campagna, e io trascorrevo le mie estati circondato da cugini e cugine di vari gra­di».
La casa di campagna è quella in contra­da San Giusippuzzu, a pochi chilometri dal paese.
Ora questa stessa casa dell'800, enor­me, circondata da un grande appezzamento di terreno, diventerà un centro culturale. Il sindaco del Comune di Por­to Empedocle Calogero Firetto ha deci­so di acquistare l'antica casina apparte­nuta alla famiglia di Andrea Camilleri. Lo abbiamo raggiunta telefonicamen­te, e la notizia, naturalmente, lo ha accolto con entusiasmo.
«Non posso che esserne contento - ha detta la scrittore - È una notizia che mi commuove anche perchè almeno così nessuno potrà venirmi a dire un giorno che la casa è stata distrutta e hanno costruito un palazzo di otto piani».
È la casa dei suoi nonni, dove lei ha trascorso le estati del1a sua infanzia, che sta andando in rovina?
«lo non sono l'unico erede di quella ca­sa, se ne sono occupati due miei cugini. Sta andando in rovina, lo so, e per que­sto evito di passare da quelle parti. Visto che parliamo di cose private, qualche anno fa avrei potuto comprare la casa, ma ero troppo vecchio per farlo».
Non si è mai vecchi per i ricordi?
«Sì, ma non me la sarei goduta più di tanto, e ho lasciato perdere. E ho detto così un grande addio a quella casa con un lungo articolo su una rivista di ar­chitettura. Ma sa che porto nel portafo­gli?».
Cosa?
«Non ci sono le foto di mia moglie o dei miei figli, o dei miei nipoti... c'è la foto di questa casa che tengo sempre con me».
Ora i1 Comune vorrebbe realizzarci una Ga11eria d'Arte e un museo stori­co comunale.
«È una cosa molto bella, davvero. Anche perchè mi pare che sia adatta per queste cose».
Com'è, ce la racconta?
«Grandissima. Pensi che ci abitavamo in tanti, grandi e piccini. Ci sono le cantine che sono grandi quanto tutta la ca­sa, un unico spazio vuoto, come si facevano una volta. Quand' ero giovane volevo farci un teatro vero. Ma non avevo abbastanza soldi per realizzarlo».
È un'idea che potrebbe ora utilizzare i1 Comune? Del resto è la casa dove lei ha vissuto. Può anche diventare un centro che raccoglie le sue opere, la sua attività letteraria? Un po' come Sciascia a Racalmuto?
«Certo. Un luogo dove si respira cultura è sempre una cosa positiva».
C'è un ricordo particolare che lo lega a questi posti?
«Ce ne sono tantissimi. Ricordo mio nonno che quando si spostava dal pa­ese per andare in estate in campagna si preparava come se dovesse affron­tare un lungo viaggio. E si trattava di una manciata di chilometri...».
Quel1a zona del1a Sicilia, dal punto di vista turistico, è molto ricca: è un triangolo letterario - Caos e Vigata, Regalpetra e Gattopardo - che tradot­to significa Porto Empedocle con Pi­randello e Cami1leri, Racalmuto con Sciascia, Palma di Montechiaro per Giuseppe Tomasi. Ma ai turisti, però, manca ancora l'acqua...
«Io vorrei sapere dove è sparita l'acqua. Quand'ero bambino, visto che abbiamo parlato di quel periodo, c'era tanta acqua. Sento ancora il suo rumore nel Vol­tano. Era bellissima! Dov'è andata a fini­re l'acqua di Agrigento, della Sicilia?».
Salvatore Picone
 
 

La Repubblica, 8.12.2006
Canal Grande
"Crimini", il fascino del noir all´italiana

Un progetto che ha un capo e una coda, partito benino e si dice che nei prossimi episodi si viaggi ancora meglio. È “Crimini”, su RaiDue il mercoledì sera, otto storie noir per la tv affidate a un pool di giallisti italiani tra quelli affermati. Una sorta di compito a casa che prevedeva l´ideazione di un soggetto degno di essere trasposto in tv, con passo di racconto adeguato, la connotazione italiana delle storie come punto obbligato e infine - a quanto pare non se ne può fare a meno - l´ambientazione in una città riconoscibile.
Quest´ultima, tanto promossa da Raifiction, era alla fine la raccomandazione più superflua, visti gli altri snodi del progetto. Per esempio quello d´irrorare il disastrato panorama televisivo con qualcosa che possa produrre frutti anche nel futuro. Scoprire poi se quell´agglomerato di talenti che è l´attuale noir all´italiana possa diventare anche un centro di raccolta di buon intrattenimento per il largo pubblico tv, è scommessa ancora più appassionante.
Non che si sia rischiato troppo, in partenza, visto che sono stati convocati tipi come Camilleri, Lucarelli, Carlotto, Fois, Faletti e così via (in origine c´è il libro "Crimini", pubblicato da Einaudi, che raccoglie tutti i racconti). La partenza dell´altra sera è stata poi proprio con Camilleri, scelta non occasionale visto che il decano aveva scritto ai tempi per lavori da leggenda come il Maigret e lo Sheridan televisivi. L´episodio era "Troppi equivoci", ambientato a Catania, con Beppe Fiorello protagonista. Una gang di mafiosi - ma alla Camilleri, un po´ smandrappati - trucida per errore la neo-fidanzata del protagonista. Lui ci resta male davvero (comprensibile, visto che lei era impersonata dalla lucente Claudia Zanella) e fa scattare un´azione personale parallela a quella della polizia, guidata da un commissario buono, fumantino e con parecchi casi per la testa (un ottimo Antonio Catania), fino alla vendetta finale.
Buon ritmo, benino il resto, il rischio è che episodi siffatti finiscano col somigliare assai a normali puntate di serie a lunga durata, da “Distretto” a “La squadra”. Ma i prossimi dovrebbero andare in direzioni più complesse, e nell´occasione chiedere proprio a Camilleri i fuochi d´artificio sarebbe stato forse eccessivo.
Antonio Dipollina
 
 

Corriere della sera, 8.12.2006
A fil di rete
La fiction più bella del racconto

Bruno Costa (Beppe Fiorello) è un intellettuale prestato alla telefonia fissa, vive e lavora a Catania, dice di amare i libri, la musica e il cinema. Un giorno, secondo un topos classico della letteratura, va a riparare un guasto a casa di Anna Zanchi (Claudia Zanella), una traduttrice dall'ungherese impiantata a Catania, e s'innamora dell'utente. Passano insieme due giorni indimenticabili. Anna dorme ancora quando Bruno esce di casa sapendo che la rivedrà più tardi, per andare a pranzo fuori.
Ma la morte corre sul telefono. Qualcuno entra in casa e la uccide barbaramente. Per un banale errore di omonimia. È così che inizia l' incubo di Bruno, si scatena in una feroce caccia ai colpevoli che lo porterà a bruciare sul tempo la polizia e a intessere un sottile gioco psicologico e telefonico con il boss mafioso Tony Mancuso (Gilberto Idonea).
«Troppi equivoci» (Raidue, mercoledì ore 21.12) fa parte della serie televisiva «Crimini»: otto storie di otto autori italiani: Giancarlo De Cataldo, Sandrone Dazieri, Massimo Carlotto, Giorgio Faletti, Carlo Lucarelli, Diego De Silva, Andrea Camilleri, Marcello Fois (la raccolta è pubblicata da Einaudi). Il soggetto è di Andrea Camilleri, la sceneggiatura di Rocco Mortelliti e Carla Vangelista, la regia di Andrea Manni. Dico un'eresia se dico che la fiction è più bella del racconto? Ovviamente sono due entità non commensurabili, però il racconto non ha il respiro che ha la trasposizione televisiva, più libera, poco vincolata alla fedeltà del testo. Ed è un racconto pieno di caccole camilleriane: «Ci hai scassato la minchia... È megghiu pi tia ca t' appresenti, u capisti?». In video, poi, il paesaggio gioca un ruolo rilevante (come ci ha insegnato Montalbano), con una Sicilia che sembra fatta apposta per diventare un set cinematografico. Ma è la bravura di Beppe Fiorello a fare il resto: sempre più padrone di sé, capace di passare con sicurezza dai toni leggeri a quelli più drammatici, liberato infine dal complesso di dover dimostrare qualcosa. Del resto è inevitabile che qualcuno della famiglia si occupi sempre di Camilleri.
Aldo Grasso
 
 

TG2, 9.12.2006
Dossier Storie
La puntata si occuperà tra l'altro del caso di Piergiorgio Welby e della sua richiesta di morire con dignità che divide intellettuali, religiosi, politici. E Andrea Camilleri racconterà il suo Mediterraneo, bacino attraversato da speranze, teatro di sogni e luogo di tragedie.
 
 

Più Libri più Liberi, 10.12.2006
Incontro con Andrea Camilleri
Interviene Marino Sinibaldi
Ore 19:00, Sala Dante
 
 

Il Mattino, 10.12.2006
Camilleri: «Per favore, salvatemi dai piatti di carta»

«Per me non ha alcuna importanza il modo in cui si apparecchia a Natale. È una formalità a cui non bado. L’importante è che intorno alla tavola ci sia tutta la mia famiglia e che non manchi il panettone. Quello vero, tradizionale, senza le aggiunte moderne di oggi, tipo cioccolata o creme varie. Peccato che io non possa proprio più mangiarlo...» Lo scrittore Andrea Camilleri, inventore del mitico commissario Salvo Montalbano, non si smentisce, e rivela di essere come il suo figlioccio di penna, amante della semplicità e buongustaio. Ma come, Camilleri, da un siciliano come lei ci si aspettava il gusto per la tradizione... «Macchè, oggi come oggi non mi interessa com’è apparecchiata la tavola. Neanche nei giorni di festa. L’importante è che non ci siano piatti, nè bicchieri di plastica, che sono ammessi solo per il cibo che si mangia con le mani: arancini, ’u cudduruni e gli sfincioni, tre specialità siciliane». Quindi niente tovaglia rossa e candele? «Tutto è all’insegna della più grande semplicità. Peraltro mia moglie è di origine napoletana, per cui si concentra sul presepe. Posso dirle che per me il vero pranzo di Natale è quello della vigilia. Mangio pesce senza maionese. È un piatto che mi fa felice e soddisfa il mio medico curante». È sempre stato così nella sua famiglia? «Non sempre. Ricordo che quando ero ragazzo mia nonna ci teneva molto ad apparecchiare una bella tavola a Natale. Tirava fuori l’argenteria e le tovaglie ricamate. Si mangiava abbondantemente e alla fine c’era il concertino di Natale. S’impugnava il calice da champagne, riempito di volgare spumante, si passava un dito sull’orlo in modo da provocare un suono lungo. Le note erano diverse a seconda della quantità di liquido presente nel bicchiere. Tutti ”suonavamo”, e questo era il concertino di Natale.
Carla Di Napoli
 
 

Corriere della sera, 10.12.2006
Thriller
Il viaggio di Gennarino nella Napoli infernale della criminalità organizzata

L' epigrafe recita così: «Questa è una parte, poi c' è tutto il resto della città». Ed è una dichiarazione programmatica che mal s' accorda con il catastrofismo che, soprattutto nelle ultime settimane, incombe su Napoli e il suo destino, anche se poi la «parte» che Francesco De Filippo, giornalista dell' Ansa, racconta nel suo ultimo romanzo (Sfregio, Mondadori) è quella che ormai occupa stabilmente la ribalta della cronaca. E cioè la criminalità organizzata con le sue malefatte, i suoi intrighi, il suo vortice di violenza e disperazione. Su questo sfondo prende forma la storia di Gennarino Sorrentino, uno dei tanti che nei quartieri popolari sbarcano il lunario arrangiandosi alla meno peggio. Siamo di fronte al solito bozzetto oleografico del napoletano sfaticato e piagnone? Tutt' altro. Il ritratto del protagonista è soltanto il punto di partenza per un viaggio all' inferno che ha il sapore acre dei romanzi marsigliesi di Jean Claude Izzo e la fragranza linguistica tanto cara ad Andrea Camilleri, che di De Filippo è suocero e «mentore» (come è scritto nell' epigrafe). Non a caso, il dialetto napoletano è uno dei protagonisti (forse addirittura il protagonista) del libro, ne forgia l' architettura e ne scandisce il ritmo, senza tuttavia inquinare la potabilità del testo che risulta comprensibile anche per chi non vive alle pendici del Vesuvio. L' esperimento, naturalmente, richiama alla memoria il commissario Montalbano e gli altri scritti di Camilleri, ma il debito creativo è dichiarato fin dall' inizio e ciò permette all' autore di lasciarsi alle spalle, in più di un' occasione, il modello di riferimento. De Filippo segue passo dopo passo lo svolgersi dell' ineluttabile destino che trascina questo ragazzo di 23 anni, sposato e già padre di due figli, in fondo ai gorghi di una guerra fra bande che ricalca quella scoppiata a Scampia. Ma questo tallonamento, pur mantenendo avvincente la trama secondo i canoni tradizionale del noir, serve soprattutto a non perdere mai di vista il rovello psicologico del protagonista, dilaniato dal desiderio di «vendetta» sociale e dalla paura di uscire dal «giro» dopo esserci entrato. Ed è proprio la pietas con cui lo scrittore accompagna Gennarino, prima nei vicoli bui della violenza e poi verso il riscatto finale, la cifra principale di questo libro che illumina in modo sinistro lo sfregio lasciato dalla camorra sul volto di Napoli.
Enzo D'Errico
 
 

MilanoNera, 11.12.2006
Le ali della sfinge
L'abbiamo letto in due, e ne volevamo parlate tutti e due. A Camilleri, poi, una doppia recensione non la si poteva negare...

La bravura di Camilleri non si smentisce nemmeno con questo nuovo libro anche se ormai la storia d'amore fra Montalbano e Livia sta assumendo i toni di una telenovela. Oltre agli altri immancabili ingredienti: le frecciate all'ex governo, le mangiate di pesce, le difficoltà con Lidia, il tormentone "lo faranno o non lo faranno?" del commissario con la stangona svedese Ingrid...Una piacevole lettura; anche se la storia gialla non è certo di quelle da non farti dormire. Personaggi, dialoghi, situazioni: chiare e precise come sempre; il solito scoppiettante Catarella che con le sue battute basta da solo a giustificare la spesa del libro. La trama è presto detta: ci sono tre ragazze, anzi quattro con un tatuaggio di farfalla sulla spalla. Vengono dalla Russia (senza amore). Intorno a loro ruota tutta la vicenda che poi è la solita scusa per raccontare la Sicilia, il mare, Marinella, le passeggiate al faro, i pranzi da Enzo... Insomma avete capito.
(paolo roversi)

Torna il commissario Montalbano, undicesimo romanzo della serie di Andrea Camilleri, un successo quasi senza precedenti, più di 6 milioni e mezzo di copie vendute in Italia, primi posti nelle classifiche di oltre 120 paesi, eroe televisivo interpretato dal bravissimo Luca Zingaretti. Il romanzo parte malinconicamente col tema dell'età "Ma cos'è 'sta storia dell'età" disse Montalbano secunno. "Com'è possibile che a cinquantasei anni tu ti senti vecchio? La vuoi sapire la vera virità?". "No" disse Montalbano primo. "E io te la dico lo stisso. Tu ti vuoi sintiri vecchio pirchì ti torna comodo. Siccome che ti sei stancato di quello che sei e di quello che fai, ti stai costruenno l'alibi della vicchiaia. Ma se ti senti accussì, pirchì come prima cosa non presenti 'na bella littra di dimensioni e ti chiami fora?".
Un romanzo stupendo. Ci sono i consueti ingredienti delle inchieste del commissario Montalbano. Vigata, le incongruenze verbali di Catarella, gli amici/colleghi Mimì Augello e Fazio, il dottor Pasquano, medico legale, bravissimo nel suo mestiere, ma dal carattere burbero, la trattoria da Enzo, con descrizione di piatti succulenti, che per gli amanti dell'enogastronomia e i golosi sono una tentazione continua, e poi il celibato adultero con la fidanzata eterna LIvia, rapporto sempre più tormentato. L' inchiesta parte con il ritrovamento in una discarica del cadavere di una giovane bellissima ragazza, che ha una farfalla tatuata sulla scapola, una "sfinge": una farfalla migratoria e notturna, come le nuove schiave. Montalbano si troverà invischiato in quel mondo tra prostituzione, anime devote, monsignori e preti.
C'è parallelamente il rapimento/scomparsa di un ricco commerciante. I "mostri" sembrano mulini a vento, "la provvidenza" è un prestanome criminale, i campi d' accoglienza degli immigrati sono lager, i sequestri di persona possono essere anche messinscena da operetta, e "la Buona volontà" piuttosto che pensare al recupero di povere ragazze, potrebbe essere un ulteriore passaggio nella schiavitù e nel dramma.
Malinconico e pungente più che mai, Camilleri traccia un altro arazzo raffinato e struggente. E Montalbano? Sempre più tormentato "Me lo spieghi bono che cosa sai fari nella vita a parte il misteri tò? Mangi, cachi, dormi, ti leggi qualchi romanzo, ogni tanto vai al cinema e basta. Non ti piace viaggiare, non fai sport, non hai hobby, e a ben considerare non hai manco amici coi quali passare qualichi orata...".
Io lo amo da sempre, l'architettura romanzesca ironizza su se stessa. E diverte malgrado tutto.
(davide fent)
LE ALI DELLA SFINGE- ANDREA CAMILLERI - SELLERIO
 
 

Sorrisi e Canzoni TV, 11.12.2006
La pagella di Mirella
Mirella Poggialini, critico del quotidiano «Avvenire», dà i voti alla televisione

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SETTE alla prima puntata di Crimini su Raidue: in cui si dimostra come l’ascendenza letteraria e una valida regia siano fondamentali per la riuscita di una fiction. Beppe Fiorello, nel suo ruolo di innamorato folle, piace; l’eco di Camilleri rimanda a Montalbano e alle sue ambientazioni affascinanti e suggestive, la misura contenuta accentua l’impatto emotivo.
 
 

Il consiglio teatrale, 11.12.2006
'L'amore buono. Una ballata ai tempi dell'Aids' e 'Samuel Beckett, una famiglia italiana'
Rumori fuori scena a cura di Laura Palmieri - collaborazione di Natascia Di Baldi

Ospiti di questa puntata di Rumori fuori Scena Marco Baliani, con alcuni dei ragazzi di Nairobi protagonisti dello spettacolo "L'amore buono. Una ballata ai tempi dell'Aids", un progetto Amref in collaborazione con il Teatro delle Briciole; e Stefano Geraci, curatore del film-documentario "Samuel Beckett, una famiglia italiana", un ritratto del grande drammaturgo irlandese, attraverso i racconti dei personaggi italiani che hanno affrontato e messo in scena le sue opere, promosso dal Dipartimento Comunicazione e Spettacolo dell'Università RomaTre e l'Istituto di Studi Pirandelliani e sul Teatro Contemporaneo.
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Mancano ormai pochi giorni alla fine del 2006, ma questo è l'anno in cui il mondo del teatro ha reso omaggio a Samuel Beckett nel centenario della sua nascita. Rumori fuori Scena presenta in anteprima alcuni stralci del film-documentario "Samuel Beckett, una famiglia italiana", dedicato al rapporto tra le sue opere e il teatro italiano, commentandolo con Stefano Geraci, che ne ha curato la realizzazione. Protagonisti di questi racconti Andrea Camilleri, Carlo Cecchi, Mario Martone, Giancarlo e Fulvio Cauteruccio, Franco Quadri, Giulia Lazzarini, Federico Tiezzi, Remondi e Caporossi, Roberto Bacci con Luisa e Silvia Pasello, recenti interpreti di un "Aspettando Godot" realizzato dalla Fondazione Pontedera Teatro, Tullio Pericoli e le immagini di Leo de Berardinis.
 
 

Articolo 21, 11.12.2006
RAI: Biagi; Cappon, tutto pronto per la firma

''E' tutto pronto per il ritorno di Enzo Biagi in tv. Il contratto sta completando l'iter burocratico interno e sara' alla mia firma quanto prima, forse stasera'', ha detto poco fa il direttore generale della Rai Cappon intervenendo alla cerimonia di consegna dei 38 premi vinti dai programmi Rai nei festival internazionali del 2006.
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Cappon ha consegnato i premi tra cui quello alla fiction "Commissario Montalbano: La pazienza del ragno" di Alberto Sironi.
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Corriere della sera, 11.12.2006
1001 libri da leggere per vivere felici
Italiani promossi: Pavese, Moravia, Eco. Bocciati: Morante, Camilleri e Tamaro

Per una volta non ci sono soltanto quei «grandi classici della letteratura italiana» che tutti dovrebbero, più o meno, aver letto. Tra i "1001 libri che tu devi leggere prima di morire" (l'humour nero del titolo denuncia subito la sua origine british al pari della copertina-citazione da "A clockwork orange") non compaiono dunque esclusivamente "I promessi sposi", "I Malavoglia" o "La coscienza di Zeno". Certo, nell' elenco redatto da Peter Ackroyd (giornalista-scrittore) e Peter Boxall (professore all'Università del Sussex), si ritrovano pure "Gli indifferenti" o "Il Gattopardo". Ma, per una volta, si arriva fino ai nostri giorni con "Il pendolo di Foucault" di Eco, "Sostiene Pereira" di Tabucchi, "Seta" di Baricco, "Non ti muovere" della Mazzantini. L' operazione messa in piedi da Ackroyd e Boxall (il volume è stato appena pubblicato dalla londinese Cassell Illustrated) è divertente e un po' ruffiana: «offrire una guida concisa ai libri ed agli scrittori che hanno di più solleticato la nostra immaginazione di lettori».
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Molti, logicamente, gli appunti possibili in materia di «assenze» e di «presenze». Uno, invece, più strettamente di metodo o meglio ancora di stile: nella lista, troviamo ben tre libri scritti da Ackroyd (compreso il suo più celebre, Londra, pubblicato in Italia da Frassinelli). Il quale, se è vero che in questo elenco ci sono soltanto «i libri che ci hanno fatto crescere», sarebbe stato addirittura il maestro di se stesso.


Controcanto
È il solito modo di fraintendere la nostra letteratura

Non se ne esce. L' Italia conosciuta all'estero è sempre quella: Primo Levi, Calvino, Eco, Tabucchi, Baricco... E poi: Pavese, certo, Moravia, certo, Pasolini, certo. Tutto sacrosanto. Ma prima di morire è proprio necessario aver letto sei libri di Calvino senza aver mai sfiorato Fenoglio, la Morante o Gadda? La prima impressione è che la scelta di Peter Boxall e della sua équipe sia dettata dalla traducibilità, d'accordo: dunque, niente Gadda e niente Meneghello, nessuno scrittore che abbia inflessioni (linguistiche e ambientali) marcatamente regionali. Ma seguendo il criterio della traducibilità resterebbe fuori anche Dante Alighieri, per non dire di Céline e Queneau. Eppure il "Viaggio al termine della notte" e "Gli esercizi di stile" per fortuna tra i 1001 libri non mancano. La seconda impressione è che si sia ri-consacrato ciò che è già stato consacrato dal mercato: così si spiega la scelta di "Sostiene Pereira" invece del "Gioco del rovescio" o di "Requiem" oppure di "Seta" invece di "Castelli di rabbia". Tutto legittimo, per carità. Ma allora perché non Susanna Tamaro e Camilleri? E perché allora non l'Ammaniti di "Io non ho paura"? Scartate le prime due impressioni evidentemente fallaci, la terza è che la scelta voglia essere vagamente rappresentativa. Il meglio di ciascuna generazione: la generazione Levi-Calvino, la generazione Eco, la generazione Tabucchi, la generazione Baricco-Mazzantini... Ma dove sono finiti allora Sciascia e Volponi per gli scrittori nati negli anni Venti, Pontiggia per i Trenta, Vassalli per i Quaranta, eccetera? Scartate le prime tre, si fa strada un'altra impressione, forse definitiva: che non ci sia criterio. O meglio, che l'unico criterio, anche questo sacrosanto, sia il gusto. Ma allora si può vivere bene e morire in pace scegliendo autori e libri ben diversi dai 1001 consigliati dal professor Boxall e dalla sua équipe. Per esempio, tra gli altri, Tozzi, Bilenchi, Brancati, Landolfi... Sarebbe consigliabile non morire prima di averli letti tutti.
Paolo Di Stefano
 
 

Guide di SuperEva, 11.12.2006
Libri a Teatro
Continua l’ottavo ciclo dei “Libri a Teatro”, la proposta di lettura del Teatro della Murata di Mestre (Via Giordano Bruno 19). La nuova edizione, sempre a cura di Annalisa Bruni, ha per titolo “Che spettacolo di libro!” e si propone appunto di indagare come nei romanzi sia stato rappresentato e raccontato il mondo dello spettacolo. Ecco i prossimi appuntamenti
TEATRO DELLA MURATA - MESTRE VENEZIA
Via G. Bruno, n. 19, 30174 Mestre Venezia
“CHE SPETTACOLO DI LIBRO!”
A cura di Annalisa Bruni
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2 dicembre 2006: Lucia de Michieli racconta "Il birraio di Preston", di Andrea Camilleri (ovvero: la lirica)
[...]
Per maggiori informazioni: tel. 041.989879, fax 041.980649; e-mail: ass.tpm@tin.it
Annamaria Manna
 
 

12.12.2006
Le pecore e il pastore
Sarà in libreria a marzo 2007 il nuovo saggio storico di Andrea Camilleri.
 
 

La Sicilia, 12.12.2006
Camilleri: "Il ponte s'ha da fare"

Palermo - "Il ponte sullo Stretto s'ha da fare": parola di Andrea Camilleri che, in una intervista pubblicata sul prossimo numero di "I love Sicilia" in edicola il 15 dicembre, difende il progetto. Per lo scrittore di Porto Empedocle infatti "sul ponte sono state dette troppe sciocchezze, come se ci volessero condannare all'arretratezza. E questo mi fa incazzare molto".
Camilleri contesta le dichiarazioni rilasciate nei mesi scorsi dal presidente della Camera Fausto Bertinotti secondo cui l'opera sarebbe servita soltanto a dare lavoro alla mafia. "Una sciocchezza - dice lo scrittore -. Partendo da un principio così si condanna un popolo all'arretratezza. Realizzare le opere che occorrono per lo sviluppo è necessario. Non si può preventivamente porsi la questione che sicuramente gli investimenti foraggeranno la mafia".
Nel mirino anche Pininfarina che si chiese che senso avesse "fare un ponte fra due deserti". "Ecco - spiega Camilleri -, fu in quel momento che pensai: quei lavori si devono fare". Ma Camilleri mette sotto accusa anche lo statuto automomo della Regione siciliana: "Noi fummo i primi ad avere uno statuto autonomo. Ma quando vado nelle altre regioni a statuto speciale, prendi la Val d'Aosta, io mi vergogno. Mi vergogno perché mi rendo conto di come la Sicilia sia un meraviglioso esempio di come l'autonomismo non dovrebbe mai essere interpretato. Basta riflettere un attimo per capire che non è servito a nulla".
Infine un augurio alla Sicilia: "Che continui impercettibilmente a cambiare. Penso che nella nostra Isola vi siano dei mutamenti in corso. Avverto una mutazione lenta, ma costante. Ritengo che si stia modificando il dna dei siciliani. Pezzo dopo pezzo il cambiamento alla fine sarà radicale, definitivo".
 
 

Il Velino, 12.12.2006
Se anche per Camilleri il Ponte sullo Stretto s'ha da fare

Palermo - Continua la lenta ma inesorabile opera di allontanamento degli intellettuali di sinistra da alcune posizioni assunte dal governo Prodi. Dopo le firme di Dario Fo e Franca Rame - solo per fare un esempio - sotto l’appello per salvare il centro di ricerche Rimed, mentre la Finanziaria 2007 sopprime il finanziamento, il pomo della discordia tra establishement politico e culturale torna a essere il Ponte sullo Stretto, per il quale più di un uomo politico di centrosinistra si è detto possibilista rimanendo inascoltato. A dirsi favorevole al Ponte è oggi lo scrittore Andrea Camilleri, l’ideatore del commissario Montalbano, che esprime il suo pensiero sull’argomento in un’intervista che sarà pubblicata sul prossimo numero del mensile "I Love Sicilia", in edicola il 15 dicembre. “Il Ponte sullo Stretto s’ha da fare” dice Camilleri secondo le anticipazioni diffuse oggi. “Sul Ponte sono state dette troppe sciocchezze – prosegue Camilleri nell’intervista - come se ci volessero condannare all’arretratezza. E questo mi fa molto arrabbiare. Realizzare le opere che occorrono per lo sviluppo è necessario. Non si può preventivamente porsi la questione che sicuramente gli investimenti foraggeranno la mafia”. Secondo il consolidato copione che lo vede uomo capace di dire le cose che pensa senza peli sulla lingua, Camilleri se la prende tanto con il Presidente della Camera Fausto Bertinotti quanto con lo stilista Pininfarina per le dichiarazioni rese negli ultimi mesi contro il Ponte.
L’intervista allo scrittore ha provocato la soddisfatta reazione del presidente della Regione Totò Cuffaro che plaude alla libertà di pensiero di Camilleri: “Vorrei congratularmi con lui – dice - per il coraggio che ha dimostrato affrontando la questione del ponte da intellettuale siciliano, sapendo riconoscere il valore sociale, economico, culturale e ambientale di un grande progetto, fondamentale nel percorso di modernizzazione dell’isola, senza farsi chiudere nello sterile stereotipo creato ad arte nell’ultimo periodo dagli uomini di sinistra. Può darsi che progetti di così grande portata – continua Cuffaro - siano esposti agli appetiti mafiosi, ma dice bene Camilleri: partendo da questo presupposto si condanna un popolo all’arretratezza”. Rispondendo, poi - indirettamente -, all’affermazione di Pininfarina secondo il quale il Ponte sarebbe soltanto il collegamento fra due deserti, Cuffaro torna a mutuare le parole di Camilleri: “Credo che il vero deserto sia l’idea di sviluppo concepita per la Sicilia dal governo Prodi. Un vero deserto di programmi”. L’intervista di Camilleri ad "I Love Sicilia" si conclude, secondo le anticipazioni fin qui note, con un accenno alla speranza che il presidente Cuffaro non vuole commentare ma che accoglie, comunque, favorevolmente: “Avverto una mutazione lenta, ma costante – dice Camilleri -. Ritengo che si stia modificando il dna dei siciliani. Pezzo dopo pezzo il cambiamento alla fine sarà radicale”.
 
 

Sky TV - TG24, 12.2006
Intervista ad Andrea Camilleri

[…]
Ha mai provato invidia per qualche scrittore?
"No, ma se lei mi chiede quale sia il libro che avrei voluto scrivere, non ci crederà, ma le rispondo “I Promessi Sposi”".
[…]
 
 

ANSA, 13.12.2006
Zingaretti pronto per Montalbano, ok Rai e Palomar

Roma - Montalbano si rifarà. Rai Fiction, Palomar e Luca Zingaretti sono attualmente in una fase di trattativa ma nel loro comune interesse e in quello degli spettatori, il commissario di Vigata tornerà presto ad indagare su Raiuno. Lo confermano tutti gli interessati.
A cominciare da Luca Zingaretti che nel settembre 2005 alla festa in Rai per gli 80 anni di Andrea Camilleri aveva annunciato convinto il suo addio al personaggio pur amandolo molto. Ora Zingaretti torna sui suoi passi e dice "un periodo di pausa è fisiologico soprattutto perché dà la possibilità di rigenerarsi e riflettere. Aver staccato per un po' con il personaggio di Montalbano è un fatto positivo, accresce l'attenzione del pubblico che così lo ama ancora di più".
Sostiene Zingaretti di non aver cambiato idea. "E' un personaggio che mi ha dato molto. C'è la mia disponibilità a rifarlo e attendo che si verifichino le condizioni giuste per riprendere la serie". Qualche mese fa ad un settimanale aveva detto: "Montalbano non mi ha stancato. Anzi, vorrei vestire ancora i suoi panni. Sono profondamente legato a lui e l'ho sempre interpretato con entusiasmo, senza mai annoiarmi, neanche per un momento. Nell'ultima puntata, Montalbano non è morto e quindi tutto è possibile. Io sono pronto...".
E la conferma arriva dai produttori, da Carlo Degli Esposti della Palomar e da Agostino Saccà direttore di Rai Fiction. "Abbiamo la possibilità - dice Degli Esposti - di fare altri quattro Montalbano dagli ultimi tre romanzi di Andrea Camilleri 'La luna di carta', 'La vampa d'agosto', 'Le ali della sfinge' per girarli tra la fine del 2007 e l'inizio del 2008. Io sto negoziando con Zingaretti il suo impegno nel nuovo ciclo". Saccà aggiunge: "Non ho mai avuto dubbi sul ritorno di Montalbano, sapevo già da un paio di mesi dell'intenzione di Luca Zingaretti. La trattativa con il produttore è in corso. Rai Fiction e Palomar sono d'accordo sulla linea da seguire che é quella di non rovinare il mercato.
L'industria italiana non è quella americana e il nostro è un mercato piccolo, i costi per gli attori devono essere in qualche modo calmierati, e questo a tutela di tutti, specie di tutto il settore industriale". Zingaretti, che dopo il banchiere corrotto di 'A casa nostra' diretto da Francesca Comenicini, si prepara ad interpretare accanto a Monica Bellucci il divo degli anni '30 Osvaldo Valenti nell'atteso 'Sangue Pazzo', il film che Marco Tullio Giordana sta preparando sulla coppia di attori maledetti e fascistissimi Luisa Ferida-Osvaldo Valenti, spiega: "il successo in ogni caso non ha diminuito la mia versatilità di attore, non mi è rimasto addosso anche perché ho dimostrato con l'esperienza al cinema di poter interpretare tanti ruoli senza essere identificato con Montalbano".
 
 

Agrigento Notizie, 13.12.2006
Camilleri e il Ponte: la mafia non può fermare lo sviluppo

"Speriamo che non mi baci!".
La butta sull'ironia Andrea Camilleri, commentando gli elogi ricevuti dal presidente della regione Totò Cuffaro, che si era congratulato con lo scrittore empedoclino per la sua presa di posizione a favore del Ponte sullo Stretto di Messina.
L'ho detto in tempi non sospetti, sostiene Camilleri, già quando c'era Berlusconi. Quando questa idea iniziò a circolare, ci furono delle reazioni un pò assurde, come chi sosteneva che era un modo per dare soldi e lavoro alla mafia. Un riflesso paralizzante e castrante. Sarebbe come dire che non bisogna aprire un negozio perché poi c'é il rischio di dover pagare il pizzo. Dobbiamo partire dal presupposto che si faccia legalmente e cercare di farlo in tutti i modi".
Sul tema invece dell'impatto ambientale, c'é troppa retorica "arcadica", afferma lo scrittore: "non siamo nel '700, l'Italia non è un paesaggio di vacanza. Qualsiasi cosa deturpa l'ambiente, però non possiamo fermarci di fronte a certe necessità oggettive. Bisogna cercare di fare il minor danno possibile e ottenere il maggior vantaggio. Ad Agrigento, per esempio, c'é un museo enorme e meraviglioso proprio nella Valle dei templi. E non si vede neanche, non dà fastidio. Uno deve andarselo a cercare. Le cose si possono fare, basta farle bene".
L'unica riserva di Camilleri, è pragmatica: "Quest'opera non è prioritaria rispetto alle infrastrutture ordinarie della Sicilia, che sono fatiscenti. Però va fatta, ovviamente dopo studi approfonditi, anzi, approfonditissimi sui pericoli di un'opera così imponente in una zona a rischio sismico". Ma sulla sua utilità non ha dubbi: "Un'opera del genere, finché non c'é, non è utile. Ma quando c'é diventa subito utile".
 
 

Alice News, 13.12.2006
Ponte Messina/ Musumeci, apprezzo coraggiosa uscita di Camilleri
"Rompe inspiegabile silenzio degli intellettuali su tale opera"

Messina (Apcom) - "Pur non avendo mai condiviso le idee politiche dello scrittore Camilleri, mi sento di esprimere apprezzamento per questa coraggiosa presa di posizione". Così il segretario generale di Alleanza siciliana, Nello Musumeci, commenta le parole di Andrea Camilleri nell'intervista a "I love Sicilia".
"L'intervento di Camilleri - ha aggiunto l'europarlamentare - peraltro rompe un inspiegabile silenzio che da sempre si registra sul fronte degli intellettuali a proposito dell'appassionato dibattito sulla megainfrastruttura".
 
 

L'Arena, 13.12.2006
150mila copie vendute in soli dieci giorni: polverizzato ogni precedente record
A crepapelle con Fiorello & Baldini
La coppia scala la hit parade con il dvd «Visti da dietro»

Niente crisi per Fiorello. Dopo aver venduto oltre 180mila copie del cd «W Radio2», lo showman torna in vetta alle classifiche con il dvd «Visti da dietro», realizzato in coppia con Baldini.
[...]
Gli ospiti entrano nel suo mondo di voci prima sotto forma di imitazione e poi di persona.
[...]
Lo scrittore Camilleri, quello vero, nello spot di "W Radio2".
g.br.
 
 

Il Meridiano, 13.12.2006
Leggiamo poco, colpa della tv

[...]
Poi, però, come spesso accade nella loro evoluzione, i propositi e le prospettive cambiano cosicché il serial, il telefilm, il film e la soap opera hanno spodestato quasi completamente, nelle abitudini degli italiani, l’uso di quella letteratura “popolare” fatta di romanzetti rosa, di gialli e tascabili decretandone un inesorabile accantonamento. Fenomeno che oggigiorno ha assunto le proporzioni devastanti di uno strano gioco del destino, per il quale è la letteratura e i libri in generale a non poter fare a meno della televisione, sono gli autori a cercare nel traino televisivo la fama e l’affermazione. Come dire, quanti conoscevano Andrea Camilleri prima che le avventure del commissario Montalbano ribalzassero dalla tv nelle case dei telespettatori? Principio questo che si può estendere anche ai generi: facilmente visibile è l’incremento di libri, dal noir al thriller, con storie di omicidi, investigatori alle prese con casi irrisolti proprio quando le programmazioni di tutte le reti televisive straboccano di fiction e serial di poliziotti, indagini impossibili, giudici e quant’altro. Esemplari, a tal proposito, le figure di alcuni autori come Carlo Lucarelli o Giorgio di Rienzo che si collocano proprio a metà tra televisione e letteratura, frammentando il loro lavoro tra fiction, cinema e romanzi.
[...]
Ivano Cammarota
 
 

La Repubblica (ed. di Firenze), 14.12.2006
Pisa
Sciascia, una lezione di Camilleri

Andrea Camilleri e l´editore Antonio Sellerio sono domani (ore 10, aperto al pubblico) all´aula Dini del Palazzo del Castelletto di Pisa, per un seminario di Lettere della Normale. Con Salvatore Nigro, docente di letteratura italiana moderna e contemporanea alla Normale, parleranno di "Sciascia scrittore ed editore", ad una cui intuizione si deve la nascita della stessa Sellerio: fondata da Elvira ed Enzo, la casa editrice mira, secondo i dettami dello scrittore benissimo espressi nell´impegno e nel successo del suo "Il caso Moro", al recupero di una cultura «amena» in cui l´impegno dell´editore è implicito e la cultura della leggerezza non rinuncia all´eleganza né al bello. Arcinoto per il suo commissario Montalbano, Camilleri è in realtà intellettuale coltissimo e dalle molte esperienze, da quella di giovane redattore dell´Enciclopedia Garzanti dello spettacolo alla mai smessa attività di sceneggiatore, autore e acuto saggista teatrale.
 
 

La Nazione, 14.12.2006
Normale
Camilleri sale in cattedra
Lo scrittore sarà domani a Pisa per una lezione su Sciascia
 
 

La Repubblica (ed. di Roma), 14.12.2006
Dal 21 dicembre
"Interni romani" in edicola con Repubblica

"Interni romani" arriva in edicola. Dal 21 dicembre in poi sarà possibile comprare insieme a Repubblica il volume che raccoglie tutti i trenta racconti pubblicati sulla cronaca di Roma da maggio fino agli inizi di dicembre.
Racconti ambientati a Roma e illustrati dai più importanti artisti contemporanei che operano nella Capitale. Racconti nati dalla fantasia di Andrea Camilleri, Erri De Luca, Marco Lodoli, Melania Mazzucco, Vincenzo Cerami, Emanuele Trevi, Elena Stancanelli, Aurelio Picca, Francesco Piccolo, Lidia Ravera, Ugo Riccarelli, Mauro Covacich, Chiara Gamberale, Federico Moccia, Carlo Lucarelli, Christian Raimo, Giulia Carcasi, Valentino Zeichen, Valeria Viganò, Andrea Carraro, Lorenzo Pavolini, Nicola Lagioia, Fulvio Abbate, Carola Susani, Antonio Pascale, Alessandro Piperno, Tommaso Pincio, Edoardo Albinati, Luigi Guarnieri, Ascanio Celestini.
Il volume è di 256 pagine e la copertina è stata disegnata da Mimmo Paladino. Sarà in edicola dal 21 dicembre, allegato a Repubblica al prezzo di 6 euro e 90, oltre al costo del quotidiano.
 
 

Il Riformista, 14.12.2006
Parere controcorrente
Camilleri: e facimulu, 'stu ponti

«Speriamo che non mi baci!». Ironico e divertito, Andrea Camilleri, raggiunto al telefono dal Riformista, commenta così gli elogi ricevuti da Totò vasa-vasa Cuffaro, a seguito di un'uscita dello scrittore sul mensile I Love Sicilia a favore del Ponte sullo Stretto di Messina. «Guardi che l'ho detto in tempi non sospetti - aggiunge Andrea Camilleri - cioè durante il governo Berlusconi. Quando l'idea iniziò a circolare, ci furono reazioni assurde, come quella di chi vedeva nel ponte una fonte di lavoro per la mafia. Un riflesso paralizzante e castrante. Sarebbe come dire che non bisogna aprire un negozio perché poi c'è il rischio di dover pagare il pizzo. Dobbiamo partire dal presupposto che si faccia legalmente e cercare di farlo in tutti i modi».
L'altra reazione che ha mandato su tutte le furie Camilleri è quella di quanti hanno detto che il Ponte sullo Stretto sarebbe "un ponte tra due deserti". Camilleri lo attribuisce a Pininfarina, «ma non è importante chi lo abbia detto per primo. L'importante è ricordare che anche il porto calabrese di Gioia Tauro, oggi considerato uno snodo fondamentale dalla Cina, all'inizio era considerato una "cattedrale nel deserto"». La verità, sostiene Camilleri, è che le «cattedrali nel deserto servono. Se costruisci qualcosa, è un po' meno deserto». C'è troppa retorica «arcadica» sul tema dell'ambiente, sbotta lo scrittore. «Non siamo nel '700, l'Italia non è un paesaggio di vacanza. Qualsiasi cosa deturpa l'ambiente, però non possiamo fermarci di fronte a certe necessità oggettive. Bisogna cercare il maggior vantaggio causando il minor danno. Ad Agrigento, per esempio, c'è un museo enorme e meraviglioso proprio nella Valle dei Templi. E non si vede neanche, non dà fastidio. Uno deve andarselo a cercare. Le cose si possono fare, basta farle bene».
L'unica riserva, precisa Camilleri, è pragmatica: «Quest'opera non è prioritaria rispetto alle infrastrutture ordinarie della Sicilia, che sono fatiscenti. Però va fatta, ovviamente dopo studi approfonditi, anzi, approfonditissimi sui pericoli di un'opera così imponente in una zona a rischio sismico». Ma sulla sua utilità non ha dubbi: «Un'opera del genere, finchè non c'è, non è utile. Ma se c'è diventa subito utile».
Allo scrittore di Porto Empedocle non piace la retorica dell'insularità, dell'isolamento, della "sicilianitudine". «Non è vero che ci si impiegano solo 25 minuti ad attraversare lo stretto, e poi molte volte i collegamenti saltano. C'è questa idea tutta romantica e tormentata di prendere il ferry boat, mangiare gli arancini... C'è un vero e proprio tabù ancestrale, questo volere non violare la sacralità dell'acqua con lo stupro del ponte. Ma allora, chi non vuole il ponte prenda una bella barca a remi, con una bella "femminota", come nel romanzo di Stefano D'Arrigo».
La "femminota" di D'Arrigo, in Horcynus Horca, si chiama Circina Circé e lo stretto di Messina sembra ancora Scilla e Cariddi e il novello Ulisse è 'Ndria Cambria, un giovane marinaio che parla un dialetto ionico. Su questa "linea omerica", contestata da Camilleri, si sono attestati molti intellettuali, alcuni dei quali, sulla rivista Odissea, un anno fa, firmarono un manifesto contro il Ponte. Tra di loro Tullio Avoledo, Raffaele Crovi, Vivian Lamarque e Vincenzo Consolo.
Luca Mastrantonio
 
 

Tvblog, 14.12.2006
Il ritorno di Montalbano

La chiusura di "Montalbano", l'allontanamento di Luca Zingaretti dal popolarissimo personaggio del commissario creato dalla penna di Camilleri fu accolta con dispiacere dal sottoscritto e dai lettori del TvBlog. Ma è di ieri la notizia di una nuova trattativa fra Rai Fiction, Palomar e Zingaretti per riportare sul piccolo schermo altri tre romanzi dell'autore siciliano: "La luna di carta", "La vampa d'agosto", "Le ali della sfinge".
In tempi bui in cui la fiction italiana è alla corda e non riesce a risollevarsi dal già visto, dal trito, dal pantano in cui si è infognata negli anni, causa autocensura e scarsa propensione al rinnovamento, tocca gioire anche se si tratta di un progetto vecchio che ritorna: almeno era fatto con qualità.
Anche se il fatto che le riprese dovrebbero essere realizzate fra la fine del 2007 e l'inizio del 2008 fa tremare i polsi: quando, la fiction nostrana, proverà a fare un piccolo passo verso il futuro?
Malaparte
 
 

Giornale di Brescia, 14.12.2006
Zingaretti ci ripensa: sarà ancora Montalbano
Camilleri: e dire che l'ho cominciato fischiettando
 
 

Scuola Normale Superiore di Pisa, 15.12.2006
Seminari di studiosi ospiti della Classe di Lettere e Filosofia
Leonardo Sciascia scrittore e editore
Ne parlano Andrea Camilleri, Antonio Sellerio e Salvatore Silvano Nigro
Aula Dini – Palazzo del Castelletto, ore 10:00
Con Sciascia, l'intervento di Andrea Camilleri

Vabbè, si fa presto a dire relazione. In ogni modo, in qualità di socio latitante del club, nonché antico sciasciaiolo, mi corre l'obbligo di dare almeno un accenno a come si è svolta la facenna.
1) dieci e un quarto esatte (essendo che in Normale sono tutti accademici assai, al quarto ci tengono): Ingresso del Sommo, preceduto da Consorte e altri familiari.
2) dieci e un quarto e dieci secondi: introduzione di SSN (ma proprio così lo dobbiamo chiamare? a me sa tanto di riforma sanitaria). Si tratta di una lezione del corso tenuto da Nigro su Sciacia. Il Sommo e Antonio Sellerio ne parleranno sulla base della loro passata dimestichezza con il Nostro.
3) pubblico: eccheè tutta sta gente a una lezione di lettere della Normale (mi ricordo nell'ottanta una volta c'ero anch'io, ed eravamo in sei, compreso me)? Rappresentate tutte le età, dai tre anni in su. Belle le studentesse e gli studenti col quadernino.
4) dieci e diciassette: esordio del Sommo: lui apparteneva agli amici di seconda fascia di Sciascia, quelli che lo chiamavano Leonardo, o Leonà, non Nanà, come gli amici di prima fascia (come i Sellerio e Guttuso). Non parlerà di letteratura, in quanto lo fa già Nigro nel resto del suo corso, ma dei suoi rapporti con Leonà durante il tempo, dal primo contatto, in cui Sciascia rifiuta, dopo due Sommi assalti, di scrivere uno sceneggiato sul delitto Notarbartolo, alla volta in cui Sciascia se la prende con Guttuso, e poi anche col Sommo, che lo aveva difeso. (Per tutto il resto sono certo che gli influenti contatti del Direttivo sapranno ottenere il massimo delle informazioni, magari da pubblicare sul sito).
5) undici: intervento di Antonio Sellerio: qui il racconto si rifà, da un lato, più alla vita di casa editrice e, dall'altro, alle frequentazioni di famiglia risalenti a quando Antonio era quasi un bambino, ma
6) undici e un quarto: camurrìa, devo andare. Recupero il bagaglio e mi avvio all'uscita, non senza aver colpevolmente trascurato di salutare almeno Lady Camilleri, come sarebbe stato mio preciso CFC dovere, e di manifestarle la presenza del club. E' che sono timido, cosa ci posso fare?
Emanuele
 
 

NormaleNews, 15.12.2006
Venerdì, 15 Dicembre 2006 - 18:18 - 80 Letture
“Il mio ricordo di Sciascia”. Camilleri alla Normale
La taliatina, quello sguardo mezzo di traverso che torna tanto spesso nella mimica del Commissario Montalbano e che vale più di molte parole, è stata per anni alla base di uno dei sodalizi letterari più importanti dell’Italia della seconda metà del Novecento. «Non parlava molto, piuttosto murmuriava, ma bastava una delle sue significative taliate per dare un giudizio o palesare un’opinione». Così Andrea Camilleri introduce il suo personalissimo ritratto di Leonardo Sciascia, nel corso del seminario a lui dedicato, organizzato dal professor Silvano Nigro della Scuola Normale Superiore.

La storia del rapporto fra i due scrittori siciliani è la storia di «un’amicizia del secondo girone» dice Camilleri all’inizio del suo intervento, che presenta come «una sorta di consuntivo dei nostri contatti e delle nostre collaborazioni». L’autore precisa :«Non rientravo nella prima cerchia di amici stretti di Leonardo, quelli che potevano chiamarlo affettuosamente Nana, come facevano Elvira ed Enzo Sellerio, il fotografo Scianna, il pittore Guttuso. Piuttosto mi spettava un posto nella seconda cerchia di amicizie, quella più diffusa e che aveva meno confidenza con lui».
Questo non ha impedito che si sviluppasse una frequentazione intensa con l’autore del "Giorno della Civetta" e dell’"Affaire Moro": così le tappe condivise della loro carriera, gli incontri e le conversazioni diventano un romanzo nelle parole di Camilleri, che, davanti ad un’aula piena, alterna italiano impeccabile ed espressioni siciliane e induce il pubblico ora alla risata, ora alla riflessione e all’emozione.
«La storia dei nostri rapporti è iniziata con due occasioni mancate: la prima volta che contattai Sciascia fu quando lavoravo alla Rai, gli mandai una lettera in cui gli chiedevo di scrivere il soggetto per uno sceneggiato, ma lui rifiutò, disse che non se la sentiva» ricorda Camilleri. «Il secondo contatto arrivò poco dopo, quando fui chiamato dal Teatro Stabile di Catania a lavorare alla riduzione teatrale de "Il Giorno della Civetta". Conobbi così Leonardo Sciascia, lui lesse parte dei miei scritti, una delle sue taliatine mi suggerì che ne era piuttosto soddisfatto, ma a causa dei ritardi di un altro teatro non riuscii a portare in scena la mia riduzione».
L’occasione per una reale collaborazione arriva qualche tempo dopo, quando Camilleri si trova a trasformare un breve racconto di Sciascia in uno sceneggiato televisivo: «Quando gli chiedevo un parere, Leonardo si limitava a rispondere con la solita battuta di verghiana memoria: quello che è scritto è scritto. Alla fine però mi disse che ne era venuta fuori una bella cosa e usò la metafora di un buon brodo tirato fuori da un dado Liebig, sottolineando come il buon risultato non fosse scontato, perché anche con un Liebig si può fare una schifezza di brodo».
L’amicizia fra Sciascia e Camilleri continua sulla scia delle conversazioni che trattano da Manzoni alle novelle di Pirandello, «che per entrambi erano più interessanti da mettere in scena delle stesse opere teatrali», da come Stendhal si sarebbe trovato a suo agio nell’Italia della Prima Repubblica fatta di corruzione e scandali al diverbio con Guttuso durante il sequestro di Moro. Sciascia è anche l’artefice dell’incontro fra Camilleri e la casa editrice Sellerio, fondata da Enzo ed Elvira Sellerio, con il supporto e la passione dell’autore siciliano. Fu proprio ad Elvira Sellerio che Sciascia presentò Camilleri proponendo la pubblicazione di "La strage dimenticata", da lui definito bonariamente un saggio in siciliano. «Del resto la diversità fra i nostri linguaggi è profonda come quella che passa fra un bisturi, la lingua raffinatissima, lucente e tagliente di Sciascia, e un bastone da contadino, solido e nodoso come il mio modo di scrivere», spiega Camilleri.
Ma oggi, a diciassette anni dalla scomparsa del grande autore, cosa rappresenta Sciascia per Camilleri? «Una ricarica -dice il padre di Montalbano – quando mi sento stanco, quando mi manca l’ispirazione per scrivere, mi basta aprire una pagina a caso da un libro di Sciascia per ricaricarmi». Così, alla fine del seminario si fondono le due immagini: Sciascia che bofonchia in una nuvola di fumo, Camilleri che, nel suo studio e immerso nella stessa nuvola di fumo, si ricarica con una pagina di Sciascia. Nel mezzo una taliatina d’intesa.
Serena Wiedenstritt
 
 

I love Sicilia, 15.12.2006
Speciale auguri
Il ponte?
...s'ha da fare, parola di Camilleri

Lo scrittore di Porto Empedocle è favorevole ad unire le due sponde dello Stretto:
"Troppe sciocchezze dette in proposito, come se ci volessero condannare all'arretratezza
E questo mi fa incazzare molto"

La gentile intercessione di Antonio Sellerio rende le cose molto più semplici. Perché raggiungere per un'intervista Andrea Camilleri è abbastanza compli­cato. Non che lo scrittore non sia persona disponibile, ma se dovesse accettare tutte le richieste di interventi, di par­tecipazione a convegni, di presentazioni di libri e interviste i suoi prossimi vent'anni dovrebbero trascorrere trotterel­lando senza sosta.
Appuntamento telefonico a metà mattinata. Il numero è di Roma. La segreteria telefonica si inserisce, cominci a par­lare, ti presenti e appena pronunciato il cognome la cornet­ta si alza e arriva un "Buongiorno!" da una voce che somi­glia a un rombo stagionato dal tabacco. E subito ti viene in mente l'imitazione di Fiorello.
"Buongiorno!".
Il papà del commissario Montalbano in questi giorni si gode il successo dell'ultima storia arrivata nelle librerie (“Le ali della sfinge”, Sellerio, pp. 300, 12 euro) che, manco a dirlo, è già ai primi posti delle classifiche di vendita. Piacciono i racconti dello scrittore di Porto Empedocle, piace la sua lingua che è un continuo zigzagare fra la "par­lata girgentana" e l'italiano, con il risultato di avere reso familiari all'Italia parole come gana, cabbasisi, tambasiare, e, perché no, e con rispetto parlando, anche questa beneamata minchia.
Siamo in periodo natalizio, si avvicina l'anno nuovo. Che cose si sente di augurare alla sua terra, alla Sicilia?
Che continui a impercettibilmente cambiare. Penso che vi siano dei mutamenti in corso. Avverto una mutazione lenta, ma costante. Ritengo che si stia modificando il Dna dei siciliani. Pezzo dopo pezzo il cambiamento alla fine sarà radicale, definitivo.
Siamo nel 2006 e per raggiungere Agrigento, pardon Montelusa, da Palermo si impiega sia in treno che in macchina più o meno lo stesso tempo rispetto a venti-venticinque anni fa. Non mi pare che sia stato un grande progresso se proprio dobbiamo misurare il cambiamento con qualcosa di tangibile.
Tutto questo per me è molto bello perché all'età che ho mi dà un'idea di tempo immobile. Ma per i giovani è una tragedia, non c'è dubbio. La mancanza di infrastrutture è un grave problema per la Sicilia. Ci sono solo specchietti per le allodole…
Che vuol dire?
Quante volte hanno inaugurato l'autostrada Palermo-Messina?
Bah, ho perso il conto
Appunto.
E poi pensano al ponte sullo Stretto...
Alt!
Prego?
Ho detto alt! Perché io sono favorevole al ponte sullo Stretto.
Ci dica perché, abbiamo appena finito di direi che andrebbero prima messe a posto strade e ferro­vie...
Io sono favorevole al ponte per una sorta di reazio­ne a una serie di sciocchezze che sono state dette in proposito.
Ce ne dica qualcuna.
L'attuale presidente della Camera (Fausto Bertinotti, ndr) dichiarò che l'opera serviva soltanto a dare lavoro alla mafia. Una sciocchezza. Partendo da un principio così si condanna un popolo all'arretratez­za. Realizzare le opere che occorrono per lo svilup­po è necessario. Non si può preventivamente porsi la questione che sicuramente gli investimenti forag­geranno la mafia.
Altra sciocchezza...
C'è stato un altro, di nome mi pare faccia Pininfarina, che ha liquidato così la questione "Perché fare un ponte fra due deserti?". Io a quell’af­fermazione mi incazzai molto. Fu in quel momento che pensai: quei lavori si devono fare.
Qualche dubbio non ce l'ha?
In linea di principio no. Certo, darei la prima picconata solo quando tutti i maggiori esper­ti del mondo mi avranno assicurato che si può fare e non ci sono rischi. Visto che vivia­mo in una terra ballerina, Ma il fatto che persino i giapponesi, che di terremoti se ne inten­dono, sono perplessi un po' mi preoccupa.
Di costruire il ponte fra Messina e Villa San Giovanni se ne parla da molto tempo, Gesualdo Bufalino ricordo che intervenne per difendere l'insularità della Sicilia...
Non mi convince. Anzi non sono d'accordo e per una semplice ragione: noi siamo siciliani ovunque e comunque. E lo posso assicurare io che vivo fuori dalla regione e che quindi ormai sono un siciliano di complemento e non in ser­vizio permanente effettivo.
Facciamo un gioco. Mettiamo che lei diventas­se presidente della Regione...
Senta Macaluso, ma io che cosa le ho fatto?
Nulla.
E allora perché mi vuole fare del male facendo­mi diventare presidente della Regione?
E' un gioco
Giochiamo
Camilleri presidente della Regione siciliana, dunque. Quali provvedimenti riterrebbe più urgenti adottare?
Noi fummo i primi ad avere uno statuto autono­mo. Naturalmente ciò fu fatto per sopire le spin­te al separatismo. Ma quando vado nelle altre regioni a statuto speciale, prendi la Val d'Aosta, io mi vergogno. Mi vergogno perché mi rendo conto di come la Sicilia sia un meraviglioso esempio di come l'autonomismo non dovrebbe mai essere interpretato. Basta riflettere un attimo per capire che non è servito a nulla. Ci ha dato più forza per chiedere e far realizzare infrastrut­ture? No. L'unica cosa è stata quella avere delle competenze esclusive in certe materie che hanno permesso di aiutare gli amici, dare stipendi a go go, e via di questo passo. Insomma, un Ente che diventa "cosa nostra" nel senso non mafioso del termine. E badate, io non ne faccio una questione di colore politico, di destra o di sinistra. Verifico soltanto un fallimento. L'autonomismo è servito a poco o a nulla o è stato utilizzato male. Quindi da presi­dente mi adopererei per aggiustare questa stortura.
Siamo alle soglie del 2007. Faccia un augurio alla Sicilia
Mi ripeto: che continui a impercettibil­mente cambiare.
Giancarlo Macaluso
 
 

Consorzio AetnaNet, 16.12.2006
Recensioni: Se la narrativa italiana ama il… cazzeggio
Nella babele della lingua ipermedia

Nel giro di quindici anni, dal ’90 a oggi, la lingua della narrativa italiana prima è stata colpita da infezione, enfiandosi ipermedia "oltre" le dimensioni fisiologiche della lingua media; poi, si è pian piano sgonfiata (uno dei primi ammorbati, Niccolò Ammaniti, partito dal cazzeggio verbale degli esordi “cannibali”, è approdato al solido romanzo d’impianto, normo-eloquente); ora darebbe inquietanti segni di atrofia da prosa perbenista, benpensante e benparlante. In questo quadro Giuseppe Antonelli, docente di Linguistica italiana presso l’Università degli studi di Cassino, in “Lingua ipermedia” (Manni, 2006), sulla scorta di una approfondita lettura specialistica della parola di scrittore oggi in Italia (è il sottotitolo del saggio), situa, individua, analizza e interpreta tipologie linguistiche, tendenze di stile e tensioni di senso all’interno della babele di linguaggi che caratterizza la recente narrativa italiana.
Valeria Della Valle, docente di Lessicografia e Lessicologia italiana presso l’Università degli studi di Roma La Sapienza, Gabriele Pedullà, critico letterario e ricercatore di Letteratura italiana all’Università di Teramo, e Francesco Piccolo, scrittore e sceneggiatore, hanno ragionato sui temi al centro del libro, presentandolo a Roma il 30 novembre scorso. Proponiamo un’ampia sintesi dei loro interventi.
[…]
Gabriele Pedullà: chi si salva nel mare dei linguaioli
[…]
La tensione filosofica, cioè concettualizzante, del saggio si può esemplificare partendo dalle ultimissime righe, quelle che concludono il discorso sul dialetto in Andrea Camilleri. Camilleri mette in bocca ai personaggi il dialetto in modo da identificarne e caratterizzarne immediatamente l'ambito sociolinguistico di appartenenza. Dice Antonelli: “Ciò che conta è la riconoscibilità: il romanesco non dev'essere davvero romanesco, ma deve suonare come il romanesco, proprio come lo spagnolo maccheronico dei milites gloriosi nella commedia cinquecentesca. È il ritorno della commedia delle lingue, la rivincita delle macchiette d'avanspettacolo, è il dialetto per diletto”.
Letta questa frase, ho pensato subito al saggio “Postmodernism, or the Cultural Logic of Late Capitalism” di Frederic Jameson, nel quale un discorso identico vien fatto a proposito della Storia, cioè al rapporto che la cultura postmoderna intrattiene con la storicità. Ai narratori postmoderni, dice Jameson, non interessa per esempio ricostruire fedelmente l’ambiente storico degli anni Cinquanta del Novecento; a loro interessa richiamarne l'elemento superficialmente riconoscibile. Lo stesso rapporto intrattengono con la lingua la cultura e la narrativa degli anni Novanta. Un personaggio del passato viene caratterizzato con un paio di battute stereotipate che arieggino il periodo in cui è ambientata la narrazione; o gli si fanno indossare un paio di indumenti linguistici appropriati, come nel caso di Camilleri. L'obiettivo dell'autore non è di scavare in profondità, ma di restituire la superficie.
[…]
(trascrizione a cura di Silverio Novelli)
 
 

16.12.2006
Nell’ambito di “Giallo Mediterraneo 2006”, presentazione di “Lorenza e il commissario” (Sellerio) di Davide Camarrone. Introduce Filippo Lupo (Presidente del Camilleri Fans Club).
Siracusa, libreria Biblios, ore 18:00
 
 

Stilos, 19.12.2006
Andrea Camilleri seleziona Luigi Pirandello

In un volume BUR in libreria a gennaio, intitolato "Pagine scelte" (pp.600, euro 12, Rizzoli), Andrea Camilleri propone una sua personale crestomazia della vasta opera di Luigi Pirandello. Non è la prima volta che Camilleri incontra Pirandello. Già in "Biografia del figlio cambiato" ricostruiva la vita del suo padre putativo in una prospettiva rivolta all'uomo più che all'autore. Di questo rapporto privilegiato Camilleri parla nella introduzione, insieme saggio critico e lettera d'amore.
 
 

Il Tirreno, 19.12.2006
Il mezzadro raccontava storie splendide, io lo ripagavo con orrende sigarette militari.
Al ginnasio cancellai i voti con la scolorina
«Il mio primo maestro? Un contadino»
A scuola andavo male, e dall’Accademia mi hanno cacciato...

E’ capitato a tanti di rubare qualche frutto nei campi ma pochi si sono appropriati di “ceci verdi” che sembravano smeraldi. E quanti aprirono la porta a un leggendario scrittore scambiandolo per un ammiraglio con addosso la divisa? E alzi la mano qualcuno che deve la sua carriera alle sigarette con le quali da bambino aveva pagato un contadino che gli raccontava le storie e da adolescente un professore che gli faceva amare Dante. Incontro Andrea Camilleri alla Normale di Pisa, dove è appena stato protagonista di un seminario su Leonardo Sciascia.
Intanto che parla, gli aneddoti si colorano. Di Sicilia e di vita respirata, in cui i personaggi hanno il volto che ognuno preferisce (Montalbano si presenta con quello di Luca Zingaretti, ma glielo ha dato la televisione) perché Camilleri non ama descriverli fisicamente, così intento com’è a modellarne animo e umori. Mentre dipana qualche grano di rosario della propria esistenza, che è un pozzo ricolmo di meraviglie, si materializza quel mondo che adesso in molti conosciamo. Quando gli chiedo se esista qualche sua rassomiglianza con il commissario di Vigata risponde di no, ma aggiunge che fu sua moglie a fargli scoprire, dopo il quarto romanzo della serie, quanto Montalbano fosse simile nei caratteri e nelle reazioni a papà Camilleri, ispettore della capitaneria di porto per la Sicilia Orientale. Un padre accanito lettore di libri, un padre comprensivo e con l’innato senso del dovere. Un padre e una madre, i suoi, che avevano incontrato il dolore per ben due volte.
«Fui il terzo figlio, il superstite dopo la scomparsa di un fratellino e di una sorellina. Allora c’era una moria infantile spaventosa. Mi capitò di fare una piccola indagine in proposito, verificando che la percentuale di sopravvivenza si alzava dopo il compimento del settimo anno, ma prima aveva picchi negativi terrificanti. Forse per questo, dopo di me, mamma e papà non sfidarono più la sorte e rimasi figlio unico. L’infanzia fu coccolatissima non solo dai genitori, ma da zii, zie, nonni e nonne».
C’era tra loro qualcuno che eccellesse nelle narrazioni?
«No. Da ragazzo le storie me le raccontava Minico, il mezzadro. Erano storie contadine bellissime, che io poi utilizzai nel Re di Girgenti e in altri libri. Per sdebitarmi lo pagavo in modo molto particolare e, anche se inconsapevolmente, un po’ incosciente. A mio padre assieme alla paga spettavano delle orrende sigarette militari che si chiamavano Milit, dentro alle quali c’erano residui di ogni genere, persino schegge di bombe, polvere da sparo. Lui naturalmente non le fumava, preferendo le Serraglio e io le davo a Minico in cambio delle sue narrazioni. Fu lui il mio primo maestro di racconto».
Suo padre era severo?
«Lo era di più mia madre. Lui una sola volta mi diede uno schiaffo. Quando in terza ginnasio cancellai con la scolorina e poi modificai sulla pagella sia i brutti voti che il numero spropositato di assenze. Venni scoperto per colpa del fascismo. Uno dice: che c’entra il fascismo? C’entra perché il preside e mio padre si erano conosciuti al tempo della marcia su Roma, e il primo in nome dell’amicizia aveva avvertito il secondo del brutto esito e delle scarse frequentazioni scolastiche. Ma per non farmi espellere e rimediare alla falsificazione, gettò una bottiglia di inchiostro di china sulla pagella, spiegando all’amico preside che l’aveva rovesciata lui. Gli ultimi due anni del ginnasio li trascorsi in collegio: al convitto vescovile con severa educazione. Poi approdai al liceo dove ebbi la fortuna di incontrare professori straordinari. C’era Cassese, quello di italiano, che passava le notti a giocare nelle bische. Ricordo che ci tenne tre meravigliose lezioni su Dante e poi annunciò: “Io mi fermo qua perché con quello che mi paga lo Stato, più di tre lezioni non posso farvi, però se ne volete altre, mi pagate voi”. Non avendo soldi, ci accordammo per un pacchetto di sigarette a settimana. Le sue lezioni furono meravigliose e, visto che lo pagavamo, pretendevamo che non smettesse neppure un secondo prima della campanella. Compresi più tardi che si trattava di un trucco furbissimo per appassionarci e mantenere vivo l’interesse in una classe di delinquentelli».
A leggere romanzi quando iniziò?
«Prestissimo, verso i cinque anni. A quel tempo, non essendoci i vaccini, da bambino prendevo queste bellissime malattie che duravano quindici giorni pieni di coccole. Per distrarmi leggevo i fumetti dell’epoca, ma li finivo in un giorno, e chiesi a papà, con una biblioteca fornitissima: “Posso leggere i tuoi libri? Quali mi consigli? “. E lui rispose:”Quelli che vuoi”. Mi insegnò così che non esistono libri proibiti. La mia prima lettura fu ‘La follia di Almayer’ di Conrad, a cui seguirono Moby Dick e i romanzi di un autore che si firmava Georges Sim ma era in realtà Georges Simenon, il padre di Maigret. Stranamente Jules Verne e Salgari li lessi da adulto».
La passione per la scrittura quando sopraggiunse?
«Nell’adolescenza. Scrivevo poesie e sognavo di salire da Porto Empedocle a Roma per frequentare gli ambienti letterari. A 22 anni Ungaretti mi pubblicò su un’antologia curata da lui e poi mi classificai tra i finalisti del premio Libera stampa, dove in giuria figuravano Gianfranco Contini e Carlo Bo. Due altri finalisti furono Pier Paolo Pasolini e Andrea Zanzotto, protagonisti assoluti della letteratura italiana negli anni successivi. Io invece dovetti poi attendere quarant’anni per farmi conoscere».
E come ingannò il tempo in quei quarant’anni?
«Presa la laurea in lettere, vinsi il concorso per l’Accademia d’arte drammatica, dove ero il solo a frequentare il corso di regia e mi trovai ad avere tutti i giorni che Dio mandava in terra un maestro che si chiamava Orazio Costa. Fu lui a prendere il mio cervello e a dirottarlo sul teatro. Dopo il primo anno però mi cacciarono dall’Accademia per motivi disciplinari. Persi la borsa di studio e non sapevo come mantenermi. Conobbi Diego Fabbri che mi diede da leggere e rivedere dei copioni. Divenni poi redattore dell’Enciclopedia dello spettacolo di Silvio D’Amico e nel ’53, a ventotto anni, firmai la prima regia teatrale. Nel ’60 ero già in tv per l’inaugurazione del secondo canale come delegato alla produzione per le prime sei commedie di Eduardo De Filippo. Da allora decenni di regie televisive, radiofoniche e teatrali....».
Fino al successo con Montalbano... Ecco, lei ha raccontato che copiò da Pirandello l’idea di chiamare Montelusa la città di Agrigento. Che altro gli deve?
«Ne parlammo una volta con Leonardo Sciascia, quando ancora non scrivevo, e la conclusione, sulla scia del saggio di Benedetto Croce intitolato: “Perché non possiamo non dirci cristiani”, fu univoca: “Perché non possiamo non dirci pirandelliani”».
Lei ha conosciuto Luigi Pirandello di persona?
«Nel 1935, l’anno prima che morisse. Erano le due o le tre del pomeriggio. Bussarono alla porta e vidi un ammiraglio in grande uniforme perché aveva la feluca, la mantellina, lo spadino. Avevo dieci anni e non potevo sapere che quella era la divisa d’accademico d’Italia. Chiese di mia nonna paterna. Io corsi a svegliarla, urlando: “Nonna, c’è un ammiraglio che dice di chiamarsi Luigino Pirandello”. Lei a momenti sveniva. Quando s’incontrarono, si abbracciarono e la nonna piangeva, mentre lui diceva: “Carolina, la nostra giovinezza...” Seppi anni dopo che lui e mia nonna erano cugini».
Oggi in Sicilia accadono più delitti nei suoi libri che nella realtà... Che sta facendo la mafia?
«E’ in immersione a quota periscopio. Io sono convinto che la mafia un giorno smetterà del tutto di sparare. Si è talmente trasformata penetrando nelle banche, più ancora che nelle istituzioni, che anche i rituali, come la pungitura e il santino bruciato sono cose superate. Oggi non ci sono più le famiglie. Bastano Internet e la password. Non occorre neanche conoscersi personalmente. La mafia è ormai una multinazionale e agisce come tale».
Parliamo di politica. La sinistra ha vinto nelle urne, ma come si sta comportando?
«Il margine è stato così esiguo che necessita di una cautela eccessiva: è come fare manovrare una nave container dentro il Porto Empedocle. Credo che la cosa più rigorosa sia la Finanziaria e lo si constata dalle reazioni negative. Quella più sbagliata l’indulto».
Un’ultima domanda: il rapporto con la religione.
«Non credente. Ho un paradiso deserto. Con un santo: San Calogero. Un santo nero che dal Maghreb arriva in Sicilia, quando scoppia una grandissima pestilenza e lui riesce a salvare tanta gente costruendo lazzaretti. Ma i poveri gli muoiono perché i ricchi hanno murato le finestre basse delle case e lui ha un’idea geniale. Piglia tre o quattro muli, con sopra le bisacce e un tamburo, e urla ai ricchi: “Buttatemi il pane dalle finestre”. E così ha sfamato gli affamati. E’ il santo del popolo. La sua statua non veniva tenuta in chiesa ma nella casa dei lavoratori portuali, dove stavano assieme Lenin, Stalin, Marx, Di Vittorio e San Calogero. E poi c’è un fatto affettivo. Appena nato, mia madre disse: “San Calogero lo voto a voi, io sono nato il 6 settembre, nello stesso momento in cui san Calogero usciva dalla chiesa per la processione. Io e lui siamo usciti insieme, per questo mi chiamo Andrea Calogero Camilleri».
Di lei hanno raccontato molte avventure sentimentali.
«Lasciamogliele raccontare. La cosa importante è con mia moglie fra un anno festeggeremo cinquant’anni di matrimonio».
Gianfranco Micali
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 19.12.2006
"Ghiaccioli all'arancio"

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A proposito di Stretto, lo scrittore siciliano Andrea Camilleri fa outing e dice di fare il tifo per la costruzione del ponte. Che dire, ormai da un bel po´ non è più lui...
Lucio Luca
 
 

La Sicilia, 20.12.2006
No, non è Fiorello ma il pappagallo di Andrea Camilleri

Ve lo immaginate Andrea Camilleri che parla con il suo pappagallo? Oppure un pappagallo che imita la sua voce, profonda e cavernosa? Non vi sforzate con la fantasia, si tratta di un fatto reale. E non c'entra nulla Rosario Fiorello con le sue simpatiche imitazioni. L'ironico accadimento lo racconta con ironia un regista-sceneggiatore, che è un artista, ed anche il genero di Camilleri, Rocco Mortelliti. Che ha voluto fare un omaggio al "maestro" di Porto Empedocle, con la citazione del Pimpigallo nella sceneggiatura di una fiction che è stata di recente trasmessa dalla Rai, dal titolo «Troppi equivoci». Ma cosa vuol dire quella citazione del Pimpigallo? Mortelliti rimembra: «Un giorno planò nel terrazzo della casa romana di Andrea un pappagallino, giallo, di quelli piccoli per capirci, quattro cinque centimetri. Andrea si avvicinò al volatile, lui salì sulla mano. Mi piace pensare che si accordarono per una pensione completa in una comoda gabbia accanto a quella del cardellino. Fu battezzato Pimpigallo. Parliamo della fine degli anni Settanta». Come vedete, vi è anche il contesto storico. Mortelliti aggiunge: «Tutte le mattine Andrea passava nell'appartamento dove vivevo io con Andreina (figlia dello scrittore) e lo salutava prima di andare a lavoro, in Rai o in Accademia. "Ciao bello Pimpigallo, come stai? Mannaggia mannaggia". Il pappagallino lo osservava ammirato».
Questa storia è andata avanti per anni. Finché un giorno, era d'estate, la famiglia Camilleri si trovava a trascorrere la vacanza a Bagnolo, sul Monte Amiata in Toscana. Mentre lo scrittore si trovava in Sicilia per un lavoro teatrale. Ed ecco che la realtà supera la fantasia. In casa rimbomba la voce di Andrea Camilleri. «Sarà tornato Andrea», si chiede Mortelliti. Ma in casa nessuna traccia del papà del commissario Montalbano.
Udivano la voce, ma della sua presenza niente. Dopo momenti di incertezza, Mortelliti sente la voce baritonale di Andrea alle sue spalle, si volta di scatto. E cosa vede? Il pimpigallo arzillo con il collo gonfio e le piume irte, che lo guarda e con atteggiamento aristocratico lo saluta: «Ciao bello pimpigallo, come stai? Mannaggia, mannaggia». Mortelliti, incredulo, rischiò l'infarto, in primo luogo, perché «quell'essere nico nico, parlava, e parlava come un cristiano vero; due perché la voce era quella di Andrea, ma non simile alla voce di Andrea, era proprio quella, cioè la sua». Quella inconfondibile voce cavernosa, profonda, impastata di sigarette e con la tipica cadenza siciliana di Camilleri. Il Pimpigallo e Andrea conversarono per anni, tutte le mattine. Il volatile cominciava alle sette e smetteva verso le tredici. Era diventato uno di casa, «ma chi veniva la mattina e sentiva parlare il Pimpigallo con la voce di Andrea, rimaneva di stucco». Ed ecco la realtà che diventa letteratura, o meglio sceneggiatura. Mortelliti nella sceneggiatura «Troppi equivoci», che ha scritto assieme a Carla Vangelista, tratta da un racconto di Camilleri ha voluto ricordare il Pimpigallo, un omaggio al volatile che ha deliziato la famiglia Camilleri della sua presenza per anni e soprattutto ha voluto fare una sorpresa tenera al maestro di Porto Empedocle.
Salvo Fallica
 
 

Adnkronos, 20.12.2006
TV: 'Papa Giovanni' la fiction che gli italiani ricordano di piu'

Roma - E' 'Papa Giovanni' la fiction televisiva tra quelle trasmesse negli ultimi anni che gli italiani ricordano con maggior favore. E' quanto emerge da un sondaggio della Ipsos riportato nell' 'Annuario 2006' della Dante Alighieri, il piu' completo vademecum della lingua e cultura italiana, curato da Paolo Peluffo e Luca Serianni. A indicarla e' il 14% degli intervistati. Al secondo posto della classifica ''Padre Pio'' (11%), al terzo ''Il maresciallo Rocca'' (10%) a pari merito con ''Perlasca'', seguiti dal ''Commissario Montalbano'', ''Elisa di Rivombrosa'' e ''Un medico in famiglia'', (7%).
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Il Venerdì, 21.12.2006
Il ritorno
Povero Montalbano, intristito e grigio
”Le ali della sfinge”, Andrea Camilleri, Sellerio, pp. 265, euro 12

Nonostante la riflessione interiore, l’esistenza di Salvo Montalbano immalinconisce.
Il commissario triste riesce comunque a districare con intelligenza un nuovo caso. Montalbano indaga sul ritrovamento del cadavere di una ragazza russa in una discarica. E parte da una traccia: una sfinge tatuata sulla spalla sinistra della donna.
Salvo Fallica
 
 

La Sicilia, 27.12.2006
Il personaggio
La favola della bici di Camilleri
Tony Zermo
Il documento
Era robusta e leggera così trovai mio padre
Andrea Camilleri
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 27.12.2006
"C´è una nuova Sicilia che conquista terreno"
Il regista domani in città per ricevere il premio Buttitta
La memoria di Bagheria il fenomeno della sicilianità vincente e una giocosità inedita
Il dialetto. Negli anni Sessanta aveva una connotazione politica legata a tematiche dolorose Oggi la riscrittura che ne ha fatto Camilleri ripropone l´Isola in modo più leggero sgravata dalle sue tragedie

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Tornatore, da qualche anno la sicilianità è diventata una sorta di fenomeno vincente: il grande successo di Camilleri ha sdoganato il dialetto, in letteratura è nato il giallo siciliano, nel mondo dello spettacolo si sono imposti personaggi come Fiorello, Ficarra e Picone, Luigi Lo Cascio. È una coincidenza oppure esiste davvero quest´onda di creatività siciliana?
«Quest´onda straordinaria non solo esiste davvero ma contiene elementi nuovi rispetto agli anni Sessanta, gli anni, per intenderci, delle canzoni di Ciccio Busacca e di Rosa Balistreri, delle poesie di Buttitta, del boom di Franco e Ciccio. Quella era una stagione in cui il suono del dialetto aveva una connotazione fortemente realistica e politica e si portava dietro tutte le tematiche, tragiche, che la Sicilia allora poneva. Oggi, grazie alla carica ironica, grazie alla riscrittura del dialetto che ha fatto Camilleri, quest´onda di sicilianità si ripresenta senza quella zavorra che risultava respingente per gli altri italiani e per gli stranieri. Questo mondo siciliano ora si ripropone in modo più leggero, non più gravato dal senso di tragedia di quegli anni. E allora questa visione non più tragica sta ponendo l´Isola sotto una luce più gioiosa, a portata di mano della fruizione giovanile. Ma la Sicilia oggi è anche molto altro, per esempio la Sellerio: l´intuizione di Sciascia del libro di piccolo formato da poter leggere nell´arco di un volo Palermo-Roma, è stata copiata da tutti. In fondo quest´ondata di sicilianità è molto più larga e più libera e contiene risvolti di natura culturale e sociologica: il duo teatrale Scimone e Sframeli recita in dialetto messinese ma viene capito da tutti, a Milano come a Firenze. Forse perché la linea della palma di Sciascia è andata più su, ma fatto sta che ora il nostro dialetto fatica meno a circolare rispetto a quarant´anni fa. Anche se paradossalmente il dialetto nei nostri paesi è meno diffuso di prima e l´esigenza di salvaguardarlo è diventata più forte».
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Mario Di Caro
 
 

Il Meridiano, 28.12.2006
Magazine
Dodici mesi di letture eterne

Roma - Lo sappiamo, in Italia si legge poco. L’ulteriore certezza che incoraggia e stimola è che la nostra nazione sia ormai capace di esprimere talentuosi scrittori oltre ogni bilancio aziendale negativo. Merito anche di tante case editrici che, contrariamente ad un mercato certo non in crescita, cercano, contrattualizzano e fomentano nuove idee e affermate penne d’alti numeri. Ogni anno vanno in stampa migliaia di libri e quasi il 20% sono di nuovi autori.
Un record invidiabile rispetto ad un calo nazionale registrato in gran parte del continente europeo che, sempre più spesso, pubblica autori nostrani dedicando spazi pubblicitari e copertine di magazine per illustrarne l’abile arte narrativa. Quello che noi importiamo è legato ad una schiera di classici contemporanei ed una lunga trafila di noir e gialli polizieschi, ormai prodotti in serie dalla compagnia guidata dal generale Ken Follett. Il metro di giudizio che è stato usato, non potendo basare una segnalazione così ampia rispetto ad un gusto personale, è legato al rapporto vendite-copie prodotte che ha dei capostipite in Camilleri e Faletti e buoni condottieri in Veronesi ed il compianto Terzani. Quello che settimanalmente dedichiamo allo scaffale è un reparto a parte di una produzione forse più di nicchia ma sempre attuale e molto ben valutabile. Tutti i testi che ogni sabato recensiamo su queste pagine meriterebbero una lunga ed infinita classifica che, comunque, continueremo a sviluppare nel corso delle prossime uscite del giornale. Per ora lasciamo a questi dieci testi il compito di rappresentare i tanti autori che non arrivano ancora a ristampare più di un’edizione dei loro lavori, ma che sanno faticare e trainare un mercato che ha un ottimo rapporto con i prezzi di vendita, sempre competitivi per la capacità di creare collane a basso costo pochi mesi dopo le prime uscite, ma che non riescono ad imporsi su futili certezze multimediali e facili pomeriggi da peer-to-peer. I titoli best sellers non sono tutti da ”mila copie” ma hanno caratteristiche tali da poter rappresentare un buon consiglio o un ottimo acquisto da prolungare oltre il 31 dicembre. Per fortuna i libri non scadono e molti hanno valore eterno.
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Andrea Camilleri, “Vampa d’agosto”
Un giallo perfetto per un Montalbano malinconico preso su le sue dialogazioni tra il dubbio ed il futuro. Lo sfondo è il solito ed infuocato clima di Vigàta d’agosto, stretta tra pietre che bruciano anche il profumo del mare.
«Natava e chiangiva. Per la raggia, per l’umiliazione, per la vrigogna, per la sdillusione, per l’orgoglio ferito. E lui, vecchio, alluciato dalla billizza e perso darrè a quella giovintù che l’imbriacava, c’era caduto, a cinquantacinco anni sonati, come un picciliddro. Natava e chiangiva». Un Montalbano triste ma pungente che rialza gli occhi su stesso e si ritrova il futuro da decidere. Mentre vampeggia l’estate, ogni pensiero infiacchisce e gesticola le lente ore estive, con una fantasia mescolata alla torrida realtà siciliana. Il giallo cuore del libro pulsa in un un villino spiritato che rovescia il suo cupo segreto. Un’abitazione con camere nascoste e lunghi silenzi da esplorare; piene di ragni e pensieri grigi. Un doppio filo che parte dal puro per arrivare al nero destino. Semplicemente Montalbano.
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Mario De Vivo
 
 

Bresciaoggi, 29.12.2006
L’ultimo romanzo di Andrea Vitali, «Olive comprese», è un avvincente affresco corale ambientato nell’Italietta fascista
Intrighi e misteri, dolori e passioni sulle rive del lago di Como
Andrea Vitali, «Olive comprese», Garzanti; pagg. 445; euro 16.

Ricevere i complimenti da Andrea Camilleri è una bella soddisfazione per uno scrittore che razzola nel suo stesso terreno: la provincia italiana, con i suoi piccoli eroi e i suoi cialtroni innocui (o quasi), i riti immutabili, i luoghi canonici (casa, chiesa, bottega e osteria), i segreti inconfessabili: insomma, con i vizi e le virtù di tutte le comunità chiuse, autosufficienti. Questa è l’Italietta fascista di Andrea Vitali che incassa le lodi dello scrittore siciliano, un gran signore oltre che un grande narratore, per l’ultima delle sue storie di lago (quello di Como), «Olive comprese», edita da Garzanti (già alla quarta edizione), dove conferma la sua dote migliore: la «felicità del racconto», di cui parla Camilleri, che trascina noi lettori in una complicità che si scioglie, con nostro rammarico, solo all’ultima pagina.
Vitali fa il medico di base a Bellano, teatro abituale dei suoi romanzi. Qui egli mette in scena una commedia umana che sotto la crosta apparentemente compatta nasconde un magma incandescente di dolori e passioni, e forse anche delitti, che bruciano a fuoco lento.
In «Olive comprese» questo fuoco sepolto è alimentato da quattro giovanotti scapestrati che mettono in angustie le loro buone famiglie, infastidiscono la burocrazia fascista del paese, suscitando l’incazzatura di Ernesto Maccadò, maresciallo dei carabinieri di origini calabresi che mette incinta la moglie con scadenza regolare (vuole arrivare ad avere sei figli, l’ultimo dei quali dovrà chiamarsi Ernesto o Ernestina, se femmina). Maccadò, che per certi suoi atteggiamenti morali ricorda il commissario Montalbano di Camilleri, cerca di mettere ordine nelle trame sgangherate in cui vanno ad impigliarsi i suoi concittadini, prova a districare il mistero di alcune morti inspiegabili e comunque dai contorni grotteschi, dove entrano in causa anche piccioni e gatti, e alla fine deve arrendersi all’enigma beffardo della realtà.
Nell’affresco che Andrea Vitali compone si affollano un numero infinito di personaggi, ognuno dei quali potrebbe generare l’intreccio di un nuovo romanzo: dal cacciatore che perde la sua infallibilità, all’ex funambola che si riconverte in veggente; una ornitologa (in senso «figurato») chiamata giustamente l’«Uselanda»; una perpetua imprevidente e impicciona; la moglie del podestà afflitta da una atipica forma di schizofrenia (la sua psiche si scinde addirittura in tre personalità); la sorella di uno dei balordi, la fragile Filzina che poi tanto fragile non è; una vecchietta svanita che suona al pianoforte l’Internazionale, mentre il Duce sta costruendo l’impero in Africa.
Nonostante la superficie a chiusura ermetica, in questo universo fa capolino la Storia, con la guerra di Spagna, i cui eventi si intrecciano con le vicende di due famiglie del paese. E, infine, ci sono quelle olive il cui significato lasciamo alla curiosità del lettore...
 
 

La Repubblica, 30.12.2006
"Tirature ´07" dedicato al giallo

Sarà in gran parte dedicato alle avventure del giallo il numero di "Tirature ´07" curato da Vittorio Spinazzola e pubblicato dal Saggiatore e dalla Fondazione Mondadori (in uscita il 18 gennaio). «Il giallo ha vinto, dunque», scrive Bruno Pischedda riandando alle vicende di casa nostra. E non c´è dubbio che il genere ha ormai invaso la zona romanzesca sino al punto da rendersi persino irriconoscibile. Ma perché leggiamo i gialli? Lo spiega lo stesso Spinazzola nel suo intervento, che prende le mosse dalla comparsa storica del giallo, anno 1929, presso Mondadori. Un genere popolare che si è nobilitato con Gadda ed è passato attraverso la penna di Sciascia, Soldati, Eco e infine Camilleri. Sul giallo storico si sofferma Gianni Turchetta. Comunque, avvertono Giovannetti e Nani, l´autore vince sulla collana.
 
 

La Sicilia, 31.12.2006
Ritratti siciliani. Andrea Camilleri
Lo scrittore di Porto Empedocle, 81 anni, interviene nella “disputa” sul siculo vero e sostiene che non basta vivere sull’isola per assimilare il modus vivendi degli indigeni
«Cari “stranei” siciliani si nasce non si diventa»
«Non posso abbandonare quella terapia tutta particolare, cui mi sottopongo da un’infinità di tempo, legata all’odore del mare e del porto che ogni volta mi ringiovanisce nello spirito e mi dà nuova forza»
«Da noi l’ospitalità è sacra e inviolabile ma gli ospiti si tolgano dalla testa di diventare siculi»
E della “similitudine” dice: «È una forma di autocommiserazione tipica che però non f per me»

Qualcuno, in passato, sosteneva che "siciliani si nasce" ma siciliani (forse) lo si potrebbe anche diventare, in virtù del fatto che vivendo per lungo tempo sull'Isola e condividendo i modi di fare della gente del luogo, ci si trasforma completa­mente anche nel carattere.
La questione, che può sembrare scontata, invece non lo è affatto e su questa singolare disquisi­zione, oggetto d'interminabili discussioni, intellettuali e scrit­tori, siciliani e non, si sono già pronunciati, a volte anche pubblicamente.
Per lo più sposando la tesi secon­do la quale non basterebbe vive­re in Sicilia per inglobarsi definitivamente nel "modus vivendi" della gente di questa Terra a meno che non si vantino origini certe.
Chi è apertamente schierato dalla parte del "siciliano vero" e non di quello "fasullo" è il papà del celebre commissario lettera­rio Salvo Montalbano.
«Ma che razza di ragionamento è mai questo? - interviene un po' contrariato lo scrittore Andrea Camilleri, 81 anni, uno degli autori più amati in assoluto dal pubblico e, naturalmente, sicilia­no doc. - È un po' come doman­darmi se, vivendo ad esempio a Londra per tanti anni, potrò mai un giorno, sentirmi un inglese! Non esiste. Io sono e resto un siciliano anche se acquisisco usi e costumi del posto dove vivo. Per me siciliani si nasce e basta. Non me la vengano a raccontare di persone del "continente" che, vivendo da noi, si sono trasfor­mati in "siculu"... Quelli, anche se vivessero una vita in Sicilia, rimarranno sempre e soltanto "ospiti", naturalmente con tutti i vantaggi che derivano da questa particolare condizione e cioè che da noi l'ospitalità è sacra e l'ospi­te è inviolabile. Ma si tolgano però dalla testa di diventare veri siciliani!».
«Potranno forse acquisire la nostra mentalità, il nostro modo di fare – continua - potranno forse anche imparare la nostra lingua ma se non hanno origini siciliane continueranno a venire considerati da noi, sempre solo degli "stranei"».
Camilleri, da più di un anno lei non "scende" in Sicilia. E' forse, in assoluto, la prima volta nella me sua vita che trascorre così tanto tempo senza poter respirare l'a­ria di casa e assaporare l'odore del mare di Sicilia. In estate l'aspettavano a Porto Empedocle Per la festa di San Calogero. Ma alla. fine ha rinunciato al viaggio. Che effetto le fa rimanere ­lontano dalla sua terra per così ­tanto tempo?
«Purtroppo questa è una cosa che mi addolora parecchio - risponde Camilleri -. Ormai le mie condizioni di salute non mi permettono più di viaggiare come una volta. Ogni trasferimento per me diventa una fatica insormontabile. Invece dovrei quanto meno un paio di volte l’anno tornare nella mia terra, al mio paese, Porto Empedocle, dove ho ancora molte cose da fare; molte persone da ri-incontrare. E poi non posso permettermi di abbandonare quella terapia tutta particolare, cui mi sottopongo da un'infinità di tempo, legata all'odore del mare e del porto che ogni volta mi rin­giovanisce nello spirito e mi da nuova forza. Questa è una "medicina" importante che que­st'anno mi è venuta a mancare. E non c'è alcuna possibilità che qualcuno, questa "medicina", me la possa far arrivare a Roma! Comunque il "richiamo" è sempre forte e non sono dispo­sto a rinunciare tanto facilmen­te al mio desiderio di tornare!».
Perché lei, siciliano doc, assolu­tamente non vuol sentire parla­re di "sicilitudine"; un termine invece così tanto caro a Leonardo Sciascia e a molti altri intel­lettuali e che rappresenta in un certo senso l'intimo dei siciliani?
«Trovo che la "sicilitudine" sia una forma di autocommisera­zione di noi siciliani che non mi piace o almeno non fa per me. Essere siciliani è una condizio­ne importante ma non è, per questo, motivo valido per lamentarsene!».
Quindi al bando la sicilitudine!
«Non vorrei polemizzare ma sinceramente preferirei che venisse usato un termine un po' più appropriato».
Allora anche quest'anno Andrea Camilleri trascorrerà la feste di fine anno lontano dalla sua Sicilia. C'è qualche ricordo partico­lare che l'accompagna?
«Conservo il ricordo di tante giornate trascorse nel mio paese, il profumo dei dolci fatti in casa e l'odore forte degli agrumi che a casa nostra non mancavano mai!».
Che cosa spera possa accadere di positivo, per la Sicilia, il prossimo anno?
«Ogni anno torno a chiedere sempre le stesse identiche cose. Che cresca la coscienza civile nell'Isola e che contestualmente si riesca ad avere un maggiore sviluppo economico e culturale».
Come trascorrerà queste feste?
«Forzatamente lontano ma "virtualmente" sempre vicino alla mia Sicilia. Trascorrerò queste ore a Roma, attorniato dalle mie figlie, i generi e le nipotine. Cercherò di non sen­tire troppa nostalgia (ma alla mia età non è facile) e soprat­tutto mi sentirò un po' a casa guardando il cesto della frutta; quello stracolmo di arance che in questi diorni mi hanno fatto arrivare da "giù" - conclude Andrea Camilleri - il cui profumo intenso riempirà sicura­mente queste mie giornate di festa!».
Lorenzo Rosso
 
 

La Stampa, 31.12.2006
Intervista
“Appena si mette in luce un nuovo autore arriva Montalbano e gli soffia il primato”

Torino. Nel suo "Venerati maestri" ha fatto un’ironica radiografia della cultura italiana, dai libri ai giornali, dalle canzoni alla politica, partendo da una premessa categorica: «Non mi piace praticamente niente di quanto viene prodotto in Italia». Non è un giudizio di valore, ma d’umore. Questo accade infatti a Edmondo Berselli, per sua esplicita ammissione sempre nell’incipit del libro, «nei momenti di malumore». Negli altri, chissà. Certo, «quando uno è un maestro, chapeau. Si è disposti a concedergli tutto, a passargli qualsiasi boiata». Il problema, semmai, è quando non lo è. E allora, come se la sono passata, belle promesse, «soliti stronzi» e venerati maestri, secondo le celebre tripartizione di Alberto Arbasino, in questo 2006?
Qualcosa le sarà pure piaciuto.
«Strana domanda, per uno che ha cominciato il suo libro come lei sa».
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E per quanto riguarda il divertimento?
«L’andamento dei bestseller in generale, con tre-Camilleri-tre in dodici mesi. Appena qualcuno emerge, arriva il commissario Montalbano e gli soffia il primato. È come Abramovich, il padrone del Chelsea, che acquista tutti i giocatori migliori».
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Incoroniamo allora Saviano, Littizzetto e Fruttero?
«Senza dimenticare Camilleri. Tre volte al primo posto ci dicono qualcosa di lui - uomo diabolico - e del suo pubblico».
Il vero «venerato maestro»?
«Sì, come il pifferaio di Hamelin o Giuliano Ferrara: gente che può decidere di vendere in blocco i propri lettori a un emiro, oppure ordinar loro di precipitarsi in mare, sicura di essere ubbidita. Secondo me solo quando non riuscirà ad arrivare al primo posto Camilleri diventerà molto interessante».
Non è carino, come augurio.
«Lo riconosco, è l’euforia degli abissi».
 
 

 


 
Last modified Saturday, November, 05, 2022