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RASSEGNA STAMPA

GIUGNO 2009

 
l'Unità, 2.6.2009
Lo chef consiglia
Il libro di Gian Carlo Caselli andrebbe letto nelle scuole d’Italia
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

l'Unità, 3.6.2009
Lo chef consiglia
La fine del leone e la fine di Leone (Giovanni)
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

Il Velino, 3.6.2009
Testa o cuore? Risponde “Big” delle “Brutos” di Rai Educational

Roma - Ragione o sentimento? Testa o cuore? Due modi diversi di intervistare che vedranno grandi protagonisti dello spettacolo, del cinema, del teatro, della politica e della medicina sottoporsi al tiro incrociato di due giornaliste per portare alla ribalta, in modo inedito, il loro privato. Renzo Arbore, Andrea Camilleri, Mario Monicelli, Giovanni Minoli, Giampaolo Pansa, Mariangela Melato, Umberto Veronesi, Giulio Andreotti. Otto puntate, otto incontri, introdotti da un graffio di Lino Jannuzzi, che aprirà gli spazi privati di questi grandi personaggi. È “Big – La via del cuore la via della ragione”, il nuovo programma di Rai Educational, ideato e condotto da Annalisa Bruchi e Silvia Tortora, in onda dal 5 giugno, ogni venerdì all’1.10 su RaiTre. Chiavi del programma due stati d’animo: la ragione e il cuore. Due modi diversi di affrontare le interviste, che vedranno emergere il vissuto di personaggi pubblici che hanno accompagnato la nostra vita con la loro opera di artisti, medici, politici e scrittori. Il tutto con il supporto di filmati relativi alla loro vita matrimoniale, ai figli, al lavoro, allo sport, alle passioni, al tempo libero, per sapere cosa dicono gli altri “di loro” e soprattutto “su di loro”, anche attraverso testimonianze a sorpresa.
“Questa trasmissione è in realtà il risultato di risse furibonde che vede protagoniste due giornaliste flessibili (anzi precarie), ma anche madri, mogli e casalinghe disperate. Le due si conoscono e si incontrano, professionalmente, anni fa, nella redazione de ‘La Storia Siamo Noi’, il programma prodotto da Rai Educational e condotto dal direttore Giovanni Minoli – raccontano Annalisa Bruchi e Silvia Tortora, una toscana doc, l’altra romana di adozione -. Dopo essersi osservate, studiate e frequentate, hanno deciso di mettersi in ‘società’, sfornando una serie di puntate de ‘La Storia Siamo Noi’ che hanno ottenuto un discreto successo. Citiamo nell’ordine: ‘Vendute’ (storia di baby prostitute), ‘C’era una volta Portobello’ (la storia di un programma e di un uomo, Enzo Tortora), ‘Corrado’ (il grande inventore della Corrida), ‘La prima vittima’ (storia di Luigi Calabresi), e ‘Non ci resta che Benigni’ (storia del comico toscano). Da subito – continuano le due non senza ironia - all’esordio del duo Bruchi/Tortora, ribattezzato in redazione le Brutos, il dibattito si è incentrato sui differenti caratteri. L’una, la Bruchi, tutta testa e razionalità. Precisina, puntigliosa, unghie perfette, capello sempre a posto. L’altra, la Tortora, un concentrato di sentimenti e passione, un tantino sciamannata, unghia mangiucchiata e capello sul disordinato andante”.
Ma come possono convivere e lavorare due giornaliste con caratteri e personalità così diverse? E come condurre insieme le interviste, con due punti di vista diametralmente opposti? “Semplice - rispondono - dandosi due ruoli diversi”. Ma non bastava. Le due hanno cominciato ad accapigliarsi su che cosa fosse più importante per avere successo nella vita. La testa o il cuore? La ragione o i sentimenti? Il dibattito si è trascinato per ristoranti, supermercati, cinema, strade cittadine e periferiche coinvolgendo chiunque passasse a tiro: colleghi, parenti, amici, ma anche camerieri, cassiere, venditori ambulanti.. Dopo mesi e mesi di liti il contenzioso ha raggiunto una situazione di tregua e ha prodotto un’idea televisiva. Quella di intervistare alcuni personaggi “grandi” nei vari campi e professioni e chiedere loro come sono diventati importanti e cosa ha contato di più nelle loro scelte di vita. La domanda che la Bruchi e la Tortora si sono poste per prima è: quando si è “grandi”? E, soprattutto, a che età si è in grado di fare un bilancio sincero della propria vita? “Il risultato - concludono - si chiama ‘Big, la via del cuore, la via della ragione’. Una trasmissione in otto puntate, che nasce solo grazie alla fiducia, alla tenacia e all’infinita pazienza di Giovanni Minoli che, ormai esausto delle risse Tortora/Bruchi davanti al suo ufficio, ha deciso di chiuderle in uno studio televisivo. Le due belve sono state accompagnate nell’impresa da un domatore d’eccezione: un maestro del giornalismo italiano. Lino Jannuzzi, che da vero fustigatore si è riservato un ‘graffio’ iniziale con il quale introduce ogni personaggio intervistato. E questo è il risultato”. La regia del programma è di Sandro Vanadia.
Cosa ne pensano gli intervistati, meglio andare di testa o di cuore? “Credo di essere riuscito a bilanciare le cose – dice Camilleri -. Credo che il segreto della mia felice esistenza sia quello di aver fatto quello che mi piaceva di fare, perché sono stato un uomo fortunato perché ho sempre campato, messo su famiglia, educato i figli ... no, quelli li ha educati mia moglie. Ora guardate che è una fortuna enorme!”.
[...]
 
 

l'Unità, 4.6.2009
Lo chef consiglia
Se festini e aerei di Stato con Apicella a bordo non cambiano il voto
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

Corriere della Sera, 4.6.2009
Traversate d'autore. Un ironico catalogo delle possibili «vacanze» in alto mare attraverso la letteratura
E lo scrittore divenne un tour operator
Lungo le rotte organizzate da Omero, Stevenson, Christie, Camilleri e Verne

La notizia è che le crociere nel Mare del Nord hanno registrato negli ultimi tempi un'impennata di prenotazioni. Colpa del surriscaldamento del pianeta con la gente che si spinge più in alto possibile alla ricerca di refrigerio? No, pare che l'aumento di crocieristi nelle acque settentrionali sia dovuto a un motivo letterario e non climatico e, cioè, al richiamo esercitato dalla Trilogia Millennium dello scrittore svedese Stieg Larsson, una delle tante ricadute del bestseller venuto dal freddo. Stiamo per assistere alla definitiva trasformazione degli scrittori in tour operator? Nel caso, varrà la pena non farsi trovare impreparati. Ecco quindi un catalogo di crociere d'autore.
[...]
I viaggi Camilleri. Per i patiti del giallo che però non amano la navigazione fluviale e preferiscono il mare aperto, ecco l'alternativa alle crociere sul Nilo in compagnia di Poirot. Sono i viaggi proposti dalla Sea Cruises Andrea Camilleri che garantisce la costante presenza sulle sue navi del commissario di bordo Vincenzo Collura, detto Cecè. Vincenzo Collura doveva chiamarsi, all'inizio, il personaggio che diventerà il famoso commissario Salvo Montalbano. Camilleri, nel suo buoncuore, non ha dimenticato lo sfortunato Collura e, per minimamente ripagarlo del fatto di non avere avuto la carriera luminosa dell'altro commissario, gli ha trovato un lavoro a bordo di una nave di crociera dove non mancano mai casi strani e divertenti: il mistero del finto cantante, il fantasma della cabina, la comparsa di un cadavere sconosciuto... Quelle in compagnia del commissario Collura sono crociere piacevoli e scacciapensieri.
[...]
Antonio D'Orrico
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 4.6.2009
Un saggio di Daniela Privitera dedicato alla storia del noir di casa nostra
Da Enna a Piazzese il giallo è siciliano

Per avviare un discorso è forse necessario prenderla alla larga. Al riguardo, l'incipit affonda le radici fra i padri fondatori, ovvero i sacri maestri otto-novecenteschi che hanno messo le basi del genere. Fuori dai confini patri, il sommo Edgar Allan Poe e, via via,i grandi signori della narrativa del "secolo breve", sia nella variantea "circuito chiuso" sia in quella più violenta e cruda, della Hard-boiled school di Dashiell Hammet o dell'accattivante Raymond Chandler. Segue la questione del piede di casa. Allora, bisogna parlare delle alterne fortune del Giallo Mondadori, che negli anni Trenta prova a dar voce a un filone nostrano di autori di polizieschi.
In campo tanti letterati, spesso di formazione classicheggiante, che provano ad adattare i grandi modelli d'Oltreoceano al circuito nostrano. I volenterosi "plagiatori" hanno i nomi, oggi dimenticati, di Alessandro Varaldo, Guido Cantini, ma anche quello del l'agrigentino Ezio D'Errico. L'eroe di D'Errico è Emilio Richard, un Maigret in formato ridotto in forza alla Sureté parigina.
Nel secondo dopoguerra la situazione non muta poco, e forse in peggio. Anche perché in linea di massima il thriller torna ad essere riserva di caccia per specialisti forestieri. Fa eccezione, in mezzo a tanta esterofilia, un siciliano. Al secolo Franco Cannarozzo, in arte Franco Enna. Classe 1921, nativo del capoluogo di provincia da cui assume lo pseudonimo, un'autentica macchina da guerra editoriale. Scrive, infatti, di tutto e di più. Per quel che concerne il poliziesco, sforna almeno centocinquanta storie complete. E' un mestierante piuttosto versato all'introspezione psicologica. Non accuratissimo dal punto vista stilistico, il pregio delle sue fiction va invece cercato nel ritmo incalzante e soprattutto nella capacità di farsi leggere volentieri. Enna, dall'alto della sua vasta versatilità si avvale di un'intera gamma di investigatori, dagli "istituzionali" agli occasionali e ancora alle mini-serie. La sua visione del mondo è in bianco e nero.
In proposito Daniela Privitera (autrice di una rapida storia de "Il giallo siciliano, tra letteratura e multimedialità" appena edito da Kronomedia, pagine 134, euro 10,00), racconta come uno "degli eroi più famosi creati da Enna" sia "il commissario Federico Sartori, un siciliano affetto da inguaribile nostalgia che non si sottrae mai all'avventura e all'amore e attorno al quale l'autore ha creato un fortunato ciclo romanzesco". Enna, peraltro, non sempre ambienta le sue trame in Sicilia, "ma l'odore dell'isola e i ricordi autobiografici affiorano sempre dal livello subliminale del testo".
Da buon antesignano, il giallista del centro Sicilia può essere tuttalpiù considerato un precursore. La svolta inattesa quanto radicale ha invece il nome ingombrante di Leonardo Sciascia. E' arcinoto come lo scrittore di Racalmuto rovesci i termini canonici del genere e, per dirla con le sue stesse parole, proponga "un giallo senza soluzione". Le sue opere assomigliano a "grovigli" di problemi, dove le trame funzionano alla stregua di canovacci. Un percorso lungo quanto zigrinato che parte dal giallo-denuncia per approdare a esiti di più problematica classificazione. «Ebbene - osserva l'autrice de "Il giallo siciliano" - se nel Giorno della civetta la possibilità di credere illuministicamente nella ragione spinge Bellodi ad andare avanti, oltre ogni ragionevole disincanto; ne Il contesto Rogas muore violando le regole su cui il poliziesco tradizionale è costruito». Conclusione: il racconto sciasciano è «un poliziesco eretico in cui tutto deraglia dalla communis opinio sul romanzoa circuito chiuso...». Un rimescolamento di carte con l'annessa idea delle "multiple verità" che sposta di molto il convenzionale baricentro della scrittura di genere nell'isola. La scombussola, la radicalizza, l'interiorizza. Niente di strano pertanto che proprio mentre Gesualdo Bufalino, in "Qui pro quo" (1991), propone una specie di parodia del poliziesco, esploda la valanga Andrea Camilleri. Il caso Montalbano, a sua volta, ha tratti molto speciali, ma quantomeno il ricorso a una lingua mescita ne fa qualcosa di particolare rispetto alle liturgie molto canoniche del romanzo investigativo. Ancora per territori alternativi si muovono le prove di Santo Piazzese. Soprattutto nei primi due romanzi ("I delitti di via Medina-Sidonia e "La doppia vita di M. Laurent"), rigorosamente panormiti, dove si scopre una città quasi "normale" con una sua dimensione anche al di là dell'invasivo effetto mafia.
Nel testo della Privitera si parla molto dell'evoluzione del giallo, di quelli atipici o a sfondo sociale: è il caso dell'etnea Silvana La Spina con le sue trame "impegnate" e intrise di un pizzico di moralismo di troppo.
Beppe Benvenuto
 
 

l'Unità, 5.6.2009
Lo chef consiglia
La sindrome dell'hotel Raphael e la teoria del parabrezza
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

l'Unità, 5.6.2009
Audiolibri pregi e difetti
La fabbrica dei libri

Festa ieri a Roma, alla Casa Internazionale delle Donne alla Lungara, per le iniziative di una giovane casa editrice, la Emons, che dal dicembre 2007 produce audiolibri.
[...]
Ed ecco l’occasione per tornare su questi oggetti, gli audiolibri, che nel mondo anglosassone hanno già una storia lunga alle spalle e che da noi hanno esordito come prodotti commerciali solo da qualche anno (prima erano oggetti attinenti al volontariato in favore dei non vedenti). Ma cos’è un audiolibro? È l’equivalente del 45 giri o della cassetta da cui ai più piccoli un tempo arrivavano le voci di orchi e fate delle favole dei Grimm o di Andersen. Cambia il supporto. E, questo è il dato davvero nuovo, si amplia il target: ad ascoltare le «favole » non sono più solo i bambini ma anche noi, gli adulti.
[...]
A leggere sono talora gli stessi autori, talora attori. Il risultato può essere, in scala, ottimo, buono, medio, cattivo, pessimo:[...] stranamente deludente Luigi Lo Cascio che per la stessa Emons legge Andrea Camilleri.
[...]
Maria Serena Palieri
 
 

Corriere di Gela, 5.6.2009
Il giallo siciliano da Sciascia a Camilleri, Marco Trainito firma la postfazione del saggio

Sabato 23 maggio è stata una giornata storica per la città di Porto Empedocle. Alla presenza di Andrea Camilleri, in mattinata, nei locali del Comune, è stato firmato l’atto costitutivo della Fondazione Letteraria a lui dedicata e subito dopo in via Roma, nei pressi del Comune, lo stesso scrittore ha scoperto la statua in bronzo dedicata al Commissario Montalbano e realizzata dallo scultore Giuseppe Agnello. Fornito di folta capigliatura e di baffi, in giacca e camicia e appoggiato con una mano a un lampione, nei suoi tratti tipicamente siciliani il Montalbano in bronzo che contempla il corso di “Vigàta” è fedele al pur lacunoso ritratto che emerge dalla pagina scritta ed è lontanissimo dalla fisionomia ben nota dell’attore Luca Zingaretti che lo interpreta nella fiction televisiva. In serata, Andrea Camilleri ha presentato il suo recente giallo “Il cielo rubato. Dossier Renoir”, edito dalla casa editrice italo-svizzera Skira, accompagnato dai relatori Fabio Carapezza Guttuso e Salvatore Ferlita. All’evento ha partecipato anche la prof.ssa Daniela Privitera, autrice del saggio “Il giallo siciliano da Sciascia a Camilleri (tra letteratura e multimedialità)”, edito nell’aprile scorso da Kronomedia Edizioni e Comunicazioni, società che edita il Corriere di Gela.
La prof.ssa Privitera, che vive a Paternò, era accompagnata da Salvo Fallica e Marco Trainito, autori rispettivamente della prefazione e della postfazione al volume. Ed è stato proprio Marco Trainito, autore della recente e fortunata monografia “Andrea Camilleri. Ritratto dello scrittore” (Editing Edizioni, dicembre 2008), molto apprezzata dal grande scrittore di Porto Empedocle, a presentare la prof.ssa Privitera ad Andrea Camilleri, il quale ha molto gradito l’omaggio di una copia del suo saggio. “Il giallo siciliano da Sciascia a Camilleri” è un agile volumetto che, in maniera chiara e rigorosa, offre una dettagliata panoramica dei principali giallisti siciliani: Franco Enna, Leonardo Sciascia, Gesualdo Bufalino, Andrea Camilleri, Silvana La Spina e Santo Piazzese. Compito principale del saggio della prof.ssa Privitera è quello di mostrare come il giallo siciliano costituisca una metafora della società isolana, con le sue luci di intelligenza e con le sue ombre criminali, fino a porsi come esemplificazione della ricerca del “senso della vita”, come nota Salvo Fallica nella sua prefazione. Pubblichiamo qui di seguito la postfazione di Marco Trainito.
«Cosa accadde nel 1991, allorché un genio assoluto come Gesualdo Bufalino decise di compiere «un’escursione domenicale nei territori del giallo... dopo una pausa di felice ma fallita apartheid»? Accadde che venne fuori “Qui pro quo”, forse il più arguto giallo metalinguistco che sia mai stato scritto. Quello che dice nell’ultimo capitolo la voce narrante della segretaria-investigatrice vicaria sul suo romanzo giallo, anch’esso intitolato Qui pro quo, vale naturalmente anche per il romanzo di Bufalino, che dunque contiene in sé una sorta di storia apocrifa parallela della propria stessa composizione: «e giù i critici amici a lodarmi dell’eroi-smo di credere ancora in una lingua vetusta; e a discorrere di mise en abîme e come io giocassi, sull’esempio di quel quadro delle Meninas, fra arte, artifizio e realtà... Taluno citò persino, chissà perché, Karl Popper; un altro tirò in ballo i “frattali”, e io dovetti correre a ridere in pace da sola dentro la toilette...».
E davvero questo gioiello gioiosamente giocato sul piano del trucco e della burla è un fuoco d’artificio in cui la mise en abîme, il famoso quadro di Velázquez, Borges, Congetture e confutazioni e la ricorsività dei frattali concorrono tutti insieme a comporre un geniale labirinto di leggerezza molteplice, inconcludente e ironica. Per avere solo un’idea dei vertiginosi giochi di rimandi di cui è intessuto il breve testo, si pensi solo che il protagonista, sicuramente vittima, forse assassino di se stesso e addirittura investigatore burlesco, si chiama Medardo Aquila. “Medardo”, come il visconte dimezzato di Calvino, perché, probabilmente, a un certo punto dichiara: «Io, per non essere solo, sono costretto a sdoppiarmi e a sopportare fra le mie due metà un’eterna guerra civile» (p. 26). “Aquila” perché morirà a causa di un busto in pietra di Eschilo cadutogli in testa, sicché, come si dice anche nel testo, possa compiersi la vendetta del sommo tragediografo, morto secondo la leggenda a causa di una tartaruga mollata da un’aquila in volo e piombatagli sul capo mentre passeggiava sulla riva del mare di Gela.
Giustamente, allora, Daniela Privitera dedica il dovuto spazio a questo testo di Bufalino nella sua agile e puntuale ricognizione delle forme del giallo siciliano da Sciascia a Camilleri, passando per Franco Enna, Silvana La Spina e Santo Piazzese. Guardiamo alcune date. Qui pro quo, che resterà un unicum nella produzione bufaliniana, esce nel 1991, quando Sciascia è morto da due anni e Camilleri, che ha già inventato la sua Vigàta da undici anni, è in procinto di inventare il commissario Montalbano (“La forma dell’acqua” sarebbe uscito nel 1994). Esso, dunque, costituisce uno spartiacque per così dire dialettico nella peculiare storia del giallo siciliano, se non altro nelle sue strade maestre, costituite dalle opere di Sciascia e Camilleri. Al modello sciasciano dell’impegno civile nell’Italia democristiana e dell’ostinata fedeltà etica nella ragione illuministica, Bufalino contrappone un divertissement centrato tutto sull’arguzia, sul disimpegno, sull’intertestualità e sull’ironia del gioco delle maschere che si fa beffe di ogni facile riduzione a un ordine razionale del caos tragico, ma poco serio, del mondo. In tal senso, come nota giustamente Daniela Privitera, egli recupera la lezione scettica del Dürrenmatt de “La promessa” e del Gadda del “Pasticciaccio”, che del romanzo giallo hanno voluto intonare esplicitamente il requiem per la sua intrinseca insensatezza, visto che presume di imporre un ordine di senso esplicativo a una realtà insensata e caotica. Quale strada intraprendere, allora? Occorreva davvero arrendersi e tornare a dare ragione a Calvino, laddove questi si mostrava perplesso sulla possibilità stessa di una via siciliana al giallo? La svolta di Camilleri, che opera una sorta di sintesi dialettica sugli opposti modelli di Sciascia e Bufalino, è resa possibile, tra l’altro, dalle stesse tortuosità tragicomiche e imprevedibili della storia, che esigono sia una nuova modalità di impegno civile (nel segno di Sciascia) sia uno sguardo disincantato e divertito (nel segno di Bufalino). Per una felice coincidenza, il 1994 è l’anno tanto dell’entrata in scena del commissario Montalbano quanto della famigerata “discesa in campo” di Silvio Berlusconi. Da quel momento l’Italia entra in un’epoca dalla quale non è ancora uscita, e rileggere oggi le prime righe del risvolto di copertina de “La forma dell’acqua” dà la misura del fatto che la stagione camilleriana costituisce una sorta di controcanto critico e beffardo rispetto all’età berlusconiana: «Il primo omicidio letterario in terra di mafia della seconda repubblica – un omicidio eccellente seguito da un altro, secondo il decorso cui hanno abituato le cronache della criminalità organizzata – ha la forma dell’acqua (...). Prende la forma del recipiente che lo contiene». E davvero l’opera di Camilleri – che negli ultimi quindici anni, in termini di successo, ha assunto nella letteratura italiana di matrice siciliana il peso di un “carico da undici”, come ha sostenuto giustamente Gianni Bonina – ha preso la forma del recipiente storico-sociale che la contiene. È liquida, cioè a metà strada tra la pesantezza solida di quella sdegnata di Sciascia, con il suo impegno civile di coscienza critica “comunista” nell’Italietta della destra clericale e populista al potere, e la leggerezza aeriforme di quella beffarda di Bufalino, con le sue concessioni divertite al gioco dell’intertestualità».
Marco Trainito
 
 

Il Tirreno, 5.6.2009
Tutto pronto per il festival a Villa Scornio

Pistoia. Appena finito il Festival Blues, partirà lunedì 6 luglio il Pistoia Festival a Villa di Scornio (nel piazzale Belvedere), organizzato dal Comune di Pistoia e dalla Regione Toscana in collaborazione con l’Associazione Teatrale Pistoiese.
[…]
Leo Gullotta, presente per la prima volta a Pistoia con “Minnazza” il 13 di luglio, reciterà invece prose e liriche squisitamente siciliane di autori come Tomasi di Lampedusa, Luigi Pirandello, Luigi Capuana, Pippo Fava e Andrea Camilleri.
[…]
 
 

l'Unità, 6.6.2009
Lo chef consiglia
Papi non è stato coniato da Noemi. C'è stata prima la brasiliana milanista
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

Anno Galileiano, 6.6.2009
Pisa, Teatro Verdi, ore 21.00
Andrea Camilleri intervista Galileo Galilei
Interpreta Galileo Roberto Scarpa
Una lettura dal progetto Interviste Impossibili Live prodotto da Gush.
Apre la serata un "Elogio del Cannocchiale" tenuto da Alfonso Maurizio Iacono, filosofo e Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Ateneo pisano.
La serata è organizzata da Comune di Pisa, Università degli Studi di Pisa e Fondazione Teatro di Pisa, con il sostegno di ENEL s.p.a.

Pisa. Fare uscire il personaggio dalla storia e catapultarlo nei giorni nostri attraverso il teatro: questo il senso delle Interviste Impossibili Live, un programma culturale prodotto da Gush e assai articolato su tutto il territorio nazionale. E sarà proprio una Intervista Impossibile live ad aprire la terna di appuntamenti teatrali con cui la Fondazione Teatro di Pisa, grazie alla sensibilità di Enel e al suo prezioso sostegno, partecipa alle celebrazioni dell'Anno Galileiano promosse dal Comune di Pisa, dall'Università di Pisa e da altri importanti enti cittadini: sabato 6 giugno, alle ore 21, al Teatro Verdi Andrea Camilleri intervista Galileo Galilei.
Il celebre scrittore, nel cui dna scorre anche una lunghissima e feconda esperienza teatrale e drammaturgica, ha ideato per questa occasione una "intervista impossibile" a Galileo: sarà lui stesso a leggerla, dialogando con lo scienziato, qui interpretato da Roberto Scarpa.
La serata verrà aperta da un "elogio del cannocchiale" tenuto da Alfonso Maurizio Iacono, filosofo e Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Pisa.
Nell'anno proclamato dall'Onu Anno internazionale dell'Astronomia per celebrare i 400 anni delle prime osservazioni astronomiche effettuate dal famoso scienziato pisano mediante il cannocchiale, la serata di sabato ben si salda al filo conduttore del vasto itinerario di inziative tra scienza, ricerca, storia, arte, musica cinema e teatro, che fino ad autunno inoltrato caratterizza le celebrazioni pisane: quanto ancora oggi la ricerca scientifica e la curiosità dell'intelligenza umana possano migliorare la vita degli individui e le prospettive del mondo.
I biglietti per la serata costano 5 euro (ridotto studenti 3 euro) e sono in vendita al Botteghino del Teatro Verdi in via Palestro 40 (aperto dal martedì al sabato ore 16-19; il mercoledì, il venerdì e il sabato anche ore 11-13). Dal martedì al sabato, inoltre, con orario 14-16, è attivo anche il servizio di biglietteria telefonica (pagamento con carta di credito) allo 050 941188.
Per informazioni tel. 050 941 111
Ricordiamo che tutte le iniziative legate all'anno galileiano sono sul sito www.galileoapisa.it
 
 

Giornale di Brescia, 6.6.2009
Montalbano e la danza del gabbiano che muore
La danza del gabbiano, Andrea Camilleri, Sellerio- 272 pagine, 13,00 euro

Al Salvo Montalbano di carta il Commissario Montalbano della fiction sta sui "cabasìsi". Al punto che fa di tutto per evitare d'andare in vacanza con Livia dalle parti di Noto, Ragusa Ibla e Scicli, dove solitamente si gira la serie televisiva... "E se putacaso mi vengo a trovare faccia a faccia con l'attore che fa me stesso...", dice contrariato. E non solo per i "complessi infantili" dell'età, visto che Zingaretti è "assai più giovane" - come sottolinea Livia con una punta di perfidia - ma anche perché nemmeno s'assomigliano: "Lui è totalmente calvo mentre io ho capelli da vendere".
Così Camilleri - spiegando che è il Salvo Montalbano di carta che racconta le sue avventure all'autore - si riprende la sua creatura e cerca di dargli una vita sganciata dell'ormai dilagante immagine televisiva. Una personalità più complessa e spiccata. Il Montalbano dei libri ha 57 anni, ha capelli e baffi, e talvolta si ritrova a pensare alla pensione. Superata la boa dell'andropausa, ha riacquistato un nuovo equilibrio. Infastidito da sangue e violenza, più facile alla commozione, non perde la voglia di andare contro corrente in questa Italia dove i politici si fanno le leggi su misura, l'opinione pubblica non sa più indignarsi e i giornali vivono di parole e discorsi che quasi mai trovano riscontro nella realtà. Non si rassegna l'ormai smagato commissario: gioca con astuzia e fino in fondo la sua personale ricerca di giustizia.
Tutto inizia come al solito una mattina: la giornata si presenta "'na vera billizza". Quando Salvo si decide a lasciare il letto dove ha passato mezza nottata con gli occhi sbarrati, sulla spiaggia vede piombare un gabbiano che muore dopo una danza straziante. Quell'immagine inquietante lo perseguiterà per giorni e alla fine si sovrapporrà alla ricostruzione della tremenda agonia di un altro personaggio. Così il commissario si avvierà verso la soluzione di una sconvolgente vicenda.
Ma quella mattina splendida Montalbano è pronto per andare a Punta Raisi ad accogliere Livia che arriva per qualche giorno di vacanza. Passerà poi in Commissariato a firmare la solita montagna di documenti arretrati e se ne andrà, pur sapendo che l'attende il solito alternarsi di tenerezze e litigate.
"Mandami subito Fazio", chiede a Catarella, appena arriva in ufficio. Ma Fazio non c'è. La sera prima è uscito di casa dicendo a sua moglie di avere un appuntamento con il commissario. Così scopriamo che Fazio è sposato e la sua donna è quanto di più adatto a lui si possa immaginare, per acume e affidabilità.
Ma non c'era alcun appuntamento... Perché Fazio s'era inventata quella "farfanteria"? Salvo, con pensieri cupi, avvia subito le ricerche. Una puntata al porto, una perquisizione discreta tra i magazzini del molo e non ci mette troppo a trovare le tracce del fidato ispettore. Fazio stava indagando per suo conto, chiamato in aiuto da un vecchio compagno di scuola. Rapito? Ucciso? Montalbano, con l'aiuto da Mimì Augello, Gallo e Galluzzo e persino da un Catarella meno stordito del solito, si troverà in un intreccio che ha come perno i moli di Vigàta, incrocio di traffici tremendi controllati dalla mafia e benedetti dalla politica deviata. Già troppo abbiamo detto sulla trama. Va aggiunto però che Camilleri ritrova in questa ennesima storia la dimensione corale nel muovere i suoi personaggi. Che non fa scivolare il suo protagonista né sullo sdrucciolevole versante della passione (come più di una volta era capitato ultimamente) né su quello improbabile dell'azione atletica (come in un paio di casi recenti). Fa piacere - almeno a noi - riavere un Montalbano che si fa muovere più dalla mente che dal cuore (chiamiamolo così) e dai muscoli. Gli anni avanzano, qualche debolezza pure, ma la stagione degli sbandamenti tardivi sembra finalmente alle spalle. Lo lasciamo così, il nostro eroe, "in compagnia di tanticchia di malinconia" che si consola con un piatto enorme di caponatina. Sicuri che lì lo ritroveremo.
Claudio Baroni
 
 

Corriere della Sera, 6.6.2009
Italians
I commenti di Camilleri sui capelli di Severgnini

Caro Beppe,
torno a scriverti in tempi pieni di avvenimenti densi e più o meno seri, stavolta con un tema letterario semiserio. Esistono su Internet siti dove raccogliere e catalogare i propri libri (ad esempio Anobii.com), e poi scambiare commenti e tenere contatti con altri appassionati lettori. Ho notato che con il tempo il mio scrittore preferito, Severgnini Beppe, è stato scalzato in classifica dalla new entry Camilleri Andrea: il rapporto è impietoso, e il mio conterraneo siculo è molto piu avanti con 35 libri contro sette. Che Camilleri sia diventato il mio nuovo scrittore preferito? Direi di sì, ma non te la prendere.
Mi chiedevo se oltre alla mia libreria, ci sia un punto d'incontro tra i due. Una volta hai scritto qui sul forum che lui scrive troppo, ultimamente. Io rispondo: meno male. E' un piacere leggerlo. Ma oltre a questo ho scoperto che Camilleri ti cita. In “La testa ci fa dire” di M. Sorgi a pagina 18 dice: «.. Bene, questo Severgnini mi preoccupava, quando lo vedevo in TV, per l'acconciatura dei capelli. A me questi che hanno la pettinatura fantasiosa mi preoccupano, mi mettono ansia, irrazionalmente, lo so. Però la sua trasmissione mi piaceva...(“Italians cioè italiani”, RaiTre)». A parte il suo gusto estetico per la tua chioma, sono contento di questa scoperta. Chissà se lo citerai anche tu?
Un saluto dall'Olanda
P.S.: Ho comunque un tuo libro autografato alla pizzata di Amsterdam; di Camilleri no. Su questo sei ancora in vantaggio.
Giuseppe Guzzanti

Camilleri scrive troppi libri, ma non è il solo: ho peccato, e continuo a peccare, anch'io. La citazione mi fa piacere: l'uomo ha gusto per la lingua, e sono lusingato. In quanto all'acconciatura, ha ragione. Talvolta preoccupa anche me. Ma che ci posso fare? I miei capelli hanno una forte personalità, e fanno quel che vogliono. Spesso li disapprovo, ma loro mi ignorano.
Beppe Severgnini
 
 

l'Unità, 7.6.2009
Lo chef consiglia
Il passaggio da gran seduttore a gran cornuto potrebbe risultare rovinoso al Sud
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

La Stampa, 7.6.2009
Camilleri-Galileo
Eppur si abiura
Intervista impossibile con lo scienziato filosofo
Ieri sera a Pisa, mentre all’Arena Garibaldi scendevano in campo i campioni del mondo di Lippi, al Teatro Verdi era di scena il campione delle classifiche librarie Andrea Camilleri. Lo scrittore, appena tornato a svettare nella top ten di Tuttolibri con il suo nuovo giallo «La danza del gabbiano» (Sellerio), si è esibito in una «intervista impossibile» a Galileo Galilei, il grande scienziato e filosofo (nato a Pisa nel 1564 e morto a Arcetri nel 1642) che giusto 4 secoli fa mise a punto il cannocchiale, presentandolo al Doge di Venezia il 25 agosto 1609 come propria invenzione (in realtà era stato costruito in forma più rudimentale pochi anni prima da alcuni artigiani olandesi). Sul palco Camilleri a fare le domande e Roberto Scarpa a leggere le risposte immaginate dallo scrittore. Ne proponiamo la parte finale.

Lei poco fa ha detto che si tiene informato. Conosce Bertolt Brecht?
«No. Chi è?».
Un grande drammaturgo del ’900. Ha scritto un dramma su di lei, Vita di Galileo.
«Ne hanno dette e scritte tante sul mio conto che una più una meno... Sentiamo».
Brecht, sostanzialmente, non vuole giudicare la sua abiura.
(Ironico) «Gentile da parte sua».
Egli pensa che più che altro l’abiura sia dovuta allo scoramento di chi, avendo l’assoluta certezza d’avere rivoluzionato la concezione del mondo, viene trattato alla stregua di un truffatore o di un ciarlatano. Scrive testualmente Brecht: «Al fervore segue allora lo spossamento, alla speranza forse esagerata una disperazione forse altrettanto esagerata. E chi non cade in preda al torpore e all’indifferenza, finisce peggio». Ma le aggiungo che quando lo stesso Brecht discusse della sua abiura con gli scienziati che avevano appena fabbricato e fatto esplodere la prima bomba atomica - ha presente l’atomica?, a Los Alamos - essi all’unanimità si dichiararono d’accordo con lei. Sostenevano che, abiurando, lei si mise nella condizione di poter tranquillamente continuare i suoi studi e trasmetterli ai posteri. Mi rivela la sua verità sull’abiura?
«Potrei risponderti facilmente così: ho abiurato per le ragioni che hai appena dette, per un misto di ciò che ha scritto Brecht e di ciò che hanno sostenuto gli scienziati americani. Ti basta?».
Sinceramente no. Troppo facile.
«Tu l’hai letto il testo dell’abiura?».
Quello scritto da lei? Sì.
«Non l’ho scritto io. Me l’hanno scritto loro. Io ci ho messo la firma».
Non ebbe esitazioni all’atto di firmare?
«In quel momento non più. Tutto era già accaduto, tutto era già stato patito da me prima. Sapevo che il secondo processo non era come il primo. Bellarmino era morto. Ora andavo incontro a una seria condanna, andavo incontro al carcere. Passai notti insonni. Mi chiedevo: perché occorre in tutto ciò la mia acquiescenza? Possibile che non si possa divorarmi semplicemente, senza pretendere che io mi profonda in lodi per chi mi divora? E ancora: se è indispensabile la sottomissione, se si deve obbedire senza recriminazioni e senza ragionamenti, forse bisogna accettare perché nell’altro mondo di certo ci sarà una ricompensa per la mia docilità. E subito dopo: meglio non piegarsi, fissando il sole luminoso nel cielo, il sole che spande coi suoi raggi una forza immane, incalcolabile, per tutto l’universo. Meglio…».
Si fermi, professore.
«Perché?».
Perché ho scoperto il suo gioco. Lei, da qualche minuto, sta citando Dostoevskij. E, precisamente, L’idiota. Se vuole, posso continuare io fino al punto nel quale è detto che c’è un limite alla mortificazione dell’uomo, superato il quale quella stessa mortificazione si tramuta in un immenso godimento.
«Peccato, non ha funzionato. Mi era sembrata una buona idea. Ti facevo più ignorante».
Guardi, professore, facciamo così. Le prometto che se mi risponde con sincerità sul motivo che l’indusse a firmare l’abiura, non le farò altre domande.
«Parola d’onore?».
Parola d’onore.
«Vedi, quando mi trovai davanti ai giudici ero fermamente deciso a non abiurare. Mi stavano processando per avere pubblicato il Dialogo sopra i due massimi sistemi. Ma io l’avevo fatto stampare a Firenze dopo lunghe trattative e con tanto di loro imprimatur! Subito dopo però la Chiesa ordinò la sospensione delle vendite e mi comandò di presentarmi al Sant’Uffizio. Insomma, senza degnarsi di darmene una spiegazione si erano rimangiati l’imprimatur. Comunque avevo buone carte in mano per difendermi».
Perché non lo fece?
«Perché mi fecero leggere l’atto d’abiura».
Non capisco.
«Il rituale voleva che loro mi consegnassero l’atto d’abiura e che io lo leggessi ad alta voce. Prima dunque non avevo avuto modo di conoscerlo. Furono due righe a convincermi».
Quali?
(Le recita a memoria) «… ma se conoscerò alcun eretico o che sia sospetto d’eresia lo denonzierò a questo Santo Offizio, o vero all’Inquisitore, o Ordinario del luogo dove mi trovarò».
Ora ho capito perché ha citato Dostoevskij! È il piacere che si può provare nel raggiungere l’abiezione che l’ha fatta firmare!
«Non hai capito niente. Ho scoperto, ma solo in quel momento, che quegli uomini che si ergevano a miei giudici e che io temevo erano meno che feccia. Che non solo godevano del pentimento del peccatore, ma pretendevano che si trasformasse in delatore. E quindi mentire a loro, pensai, non poteva esser considerato né peccato né spergiuro. Io, davanti a loro, ero intangibile. Erano loro, con la loro bassezza, a farmi diventare irraggiungibile come il sole. Non c’erano, non esistevano. Oltretutto non li vedevo materialmente, non distinguevo i loro visi, cominciavo già a vederci poco. Quello che mi domandavano di fare non aveva alcun senso o valore. Firmai non per paura, per viltà, per obbedienza, per opportunismo, ma per un gesto di supremo orgoglio. Vidi chiaramente, mentre prendevo la penna in mano, il giorno in cui m’avrebbero umilmente domandato scusa. Firmai, ma un istante dopo me ne pentii».
Oddio, se ne pentì? Non ci capisco più nulla.
«Mi pentii non d’avere firmato, ma della ragione che m’aveva spinto a firmare. Mi pentii del mio peccato di smisurato orgoglio. E continuo a pentirmene. E adesso basta. Ho parlato troppo. Sei uomo di parola?».
Sì, ho capito. Tolgo subito il disturbo. Arrivederla, professore.
«Non vedo nessuna necessità di rivederci. Addio».
Andrea Camilleri
 
 

Il Tirreno, 7.6.2009
La scienza e l'abiura, ecco Galilei

Pisa. La sua vita per la scienza, ma anche la sofferta decisione dell’abiura delle proprie scoperte. Questo il tema del dialogo impossibile che ha entusiasmato il Teatro Verdi pieno in ogni ordine di posti ieri sera, con un Andrea Camilleri nei panni dell’intervistatore di un Galileo Galilei interpretato dall’attore e regista Roberto Scarpa. Una grande serata di cultura e teatro che è stata tra gli eventi più significativi di questo Giugno pisano dedicato all’Anno galileiano. In questa “intervista impossibile” Camilleri ha lasciato poco spazio all’ironia - «Galilei non si presta bene», ha detto - ma qualche ammiccamento, anche ai giorni d’oggi, non è mancato, riscuotendo applausi a scena aperta.
 
 

Aut-Aut, 7.6.2009
Camilleri intervista Galileo: (im)possibile attualità di un passato

La fascetta “Tutto esaurito” copriva di traverso la locandina della serata di ieri sera al Teatro Verdi di Pisa. Niente di meno che Andrea Camilleri, di pirsuna pirsunalmente, ha intervistato Galileo Galilei, impersonato da Roberto Scarpa. L'iniziativa prende le mosse dalla celebrazione dell'Anno Mondiale dell'Astronomia, ovvero dell'anno galileiano: era infatti il 1609 quando Galilei iniziò le prime osservazioni astronomiche che gli consentirono di verificare la validità del sistema copernicano.
Il testo, ideato da Camilleri, è pungente, stimolante, arguto... i lettori di Camilleri possono immaginare! Dietro ogni domanda, una finestra sul passato, che ci presenta inevitabilmente anche il nostro presente. Il tutto senza forzature, con la sobria delicatezza della volontà di sapere. Il dialogo inizia dalla carriera universitaria di Galileo, che, senza laurea, entra all'Università di Pisa con un contratto triennale (!). Primo scroscio di applausi.
“E com'era l'Università di Pisa?”, chiede Camilleri. Un postaccio: professori baroni, attaccati come patelle allo scoglio, è la risposta. "E poi i tagli..!". Altro interminabile applauso. Il pubblico raccoglie tante e diverse persone e fortunatamente anche moltissimi studenti, che con il prezzo ragionevolissimo di tre euro hanno potuto acquistare il biglietto. L'intensità delle parole pronunciate e il bisogno che si sente di urlarle sempre più forte è tangibile nella sala. L'intervista prosegue vertendo sulla ricerca e sulle “briglie” che vi venivano/vengono imposte, sulla necessità di arrangiarsi, allora come adesso, per portare avanti i propri progetti.
Non mancano le risate, quando Galileo, alla domanda “Quale fu la prima cosa che vide col cannocchiale?”, risponde “Rosina”, la ragazza della casa di fronte... e confessa di aver creato lo strumento per sbirciare dentro le case altrui! Solo dopo, dalle “cose terrene” passò a quelle celesti...
L'ultimo argomento toccato è quello dell'abiura: perchè lo scienziato firmò?. Camilleri afferma che, se Galileo risponderà a quest'ultima domanda, l'intervista sarà conclusa.
Dopo arguti giri di parole, lo scienziato rivela che firmò il testo dell'abiura, ovviamente non da lui redatto, perché convinto da una frase: “se conoscerò alcun eretico o che sia sospetto d'eresia lo denonzierò a questo S. Offizio, o vero all'Inquisitore o Ordinario del luogo, dove mi trovarò”. Imponendogli di essere un delatore, le persone che lo costrinsero a questo sacrificio non erano degne di rispetto, perdevano ogni autorità. Nonostante i dubbi e i rimorsi, Galileo firmò perché non reputava la controparte degna del suo successivo rispetto delle affermazioni nel testo dell'abiura.
Camilleri, uomo di parola, prende congedo dallo scienziato, ringraziando il pubblico per averlo preferito alla partita. Applausi ancora più forti chiudono una piacevole serata all'insegna della cultura. Con la C maiuscola.
Zeliha P.
 
 

Corriere della Sera, 7.6.2009
Il punto della settimana
Camilleri subito in vetta davanti a Faletti e Zafón

Valigie pronte ma vacanze rimandate per il commissario Montalbano che si trova a indagare sulla scomparsa del suo assistente. Così la new entry Camilleri conquista la vetta della top ten, davanti a Faletti e Cooper. [...]
s. col.
 
 

Corriere della Sera, 7.6.2009
A fil di rete
Minoli tra i «big» con cuore e ragione

Siamo in grado di rivelarvi un gustoso retroscena che riguarda una prossima produzione Rai. Leggendo i giornali, si poteva incautamente dedurre che Giovanni Minoli avesse deciso di intervistare Giovanni Minoli. Più precisamente: Rai Educational, diretta da Minoli, ha conversato con otto big sui temi della ragione e del sentimento. Sette intervistati hanno però posto una condizione. Che riveleremo fra poco. [...] A proposito di Sicilia, Andrea Camilleri ha dichiarato: «Con "Agrodolce", Minoli è iscritto d'ufficio alla scuola della sicilianitudine, un big dopo Verga, Pirandello, Tomasi di Lampedusa, Vittorini, Sciascia, Bufalino, Consolo e Camilleri». [...] Ed ecco l'irremovibile condizione posta dai magnifici sette: ci faremo intervistare solo se si farà intervistare Minoli. A quel punto, per spirito di servizio, il nostro non ha più potuto declinare l'invito. Dei «primi», però, ha scelto di essere l'ultimo.
Aldo Grasso
 
 

Il Messaggero, 7.6.2009
Chi l'ha già visto? Auditel in vacanza,parte la stagione delle repliche
Montalbano, Carabinieri e La Signora in giallo: Mediaset e Rai propongono un'estate all'insegna di film e serie già viste.

[...]
La Rai offre anche l’opportunità di imparare a memoria Montalbano. Lo risbatte in tv con i suoi cani di terracotta, i ladri di merendine, l’acqua che scorre all’insù, le vampe di caldo e i brividi di passione.
[...]
Micaela Urbano
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 7.6.2009
Un maresciallo simil-Montalbano
Delitto a Villabosco

[…]
Finalmente un maresciallo, viene da dire, nella selva di commissari che affollano le pagine dei nostri giallisti. Lui si chiama Saverio Bonanno ed è il protagonista de “Il diadema di pietra” (Cairo editore, 316 pagine, 16 euro), il nuovo romanzo di Roberto Mistretta, scrittore di Mussomeli apprezzato e tradotto all' estero. […] Ha una mole imponente, Bonanno, un appetito portentoso, ed è allergico all'antilingua, per dirla con Italo Calvino, che si parla nelle caserme. […] La sua fiducia nei confronti della giustizia vacilla di tanto in tanto e non ama le prime file né gli incensamenti. Subisce notevolmente il fascino femminile (la dolce Rosalia, trepidante e formosa, non lo fa dormire la notte), mal sopporta la guida spericolata del brigadiere capo Attilio Steppani. E ha un rapporto di amore e odio col carabiniere scelto Giovanpaolo Cacici, nato e cresciuto ai piedi del Vesuvio prima di arruolarsi nella Benemerita ed essere trasferito nell'Isola. Il quale si esprime in uno slang bizzarro, in cui il vernacolo interagisce con l'italiano creando frizioni linguistiche e cortocircuiti. Non possono non saltare all'occhio alcune coincidenze con la saga di Salvo Montalbano: la fame atavica del commissario di Vigàta, il suo empito anti-istituzionale; la passione per l'alta velocità dell'agente Gallo; la babele disastrosa di Catarella. E almeno un'altra similarità: il toponimo d'invenzione, nel caso di Mistretta Villabosco che allude a Mussomeli. Come dire, il modello di Camilleri è talmente imperioso da condizionare l'immaginario altrui. Ma tutte qui le convergenze narrative.
[…]
Salvatore Ferlita
 
 

Il Tirreno (ed. di Pisa), 8.6.2009
Galileo, per una sera, torna a Pisa

Pisa. L’anno galileiano ha regalato ai pisani anche la possibilità di incontrare il grande astronomo, a tu per tu, in una intervista impossibile, con lo scrittore Andrea Camilleri. Una serata magica, avvenuta al Teatro Verdi, in cui Camilleri ha tracciato un ritratto quasi quotidiano, attuale del professor Galilei.  In un teatro esaurito, davanti a un pubblico divertito e attento, e dopo l’elogio del cannocchiale fatto dal professor Iacono, il grande fisico pisano ha avuto il volto e la voce di Roberto Scarpa, attore regista e ideatore di Prima del Teatro. Prima dello spettacolo, lo scrittore siciliano, che con Scarpa ha portato avanti vari progetti, fra cui il libro del regista pisano [in effetti il libro è a nome di Camilleri, NdCFC] «L’ombrello di Noè», ha spiegato in una breve intervista le ragioni di questa avventura. «C’è l’anno galileiano - mi aveva detto Roberto -. Perché non scrivi qualcosa? Su suo suggerimento così siamo tornati alle interviste impossibili, quelle che alla fine degli anni Sessanta erano state fatte in radio». Allora scrittori come Calvino, Sanguineti, Manganelli e Umberto eco hanno intervistato tanti personaggi illustri del passato. Di molte delle interviste impossibili Camilleri aveva curato la regia, facendone lui stesso due, a Ferdinando II e Stesicoro, l’inventore del coro. «L’ultima però l’ho fatta cinque anni fa - racconta - quando la moglie di Sciascia mi chiamò. Perché Leonardo, a suo tempo, ne aveva scritta una a Sofia di Borbone, ma poi, quando aveva scoperto che doveva esser lui parlare in radio, non ne aveva più voluto sapere. Il testo era rimasto lì. Fu ripreso da Mario Martone, che chiese a me di interpretare Sciascia, mentre a far Sofia fu chiamata Adriana Asti. Un momento unico». Questa intervista sotto le stelle di Pisa si sviluppa attraverso due canali, il cannocchiale come metafora della conoscenza e le ragioni dell’abiura, secondo quanto lo scienziato scrisse in una lettera a Cristina di Lorena. «Il vero scopo dell’Inquisizione - commenta Camilleri - è quello della doppia verità, la verità delle Scrittrure e quella della natura. Uno scienziato non può negare le verità di ciò che vede e la natura è superiore alla verità delle Scritture». E in pentola, per il padre di Montalbano cosa bolle? «Un libro per Bompiani - risponde - sulla vita politica di Sciascia. Lo scrittore fu eletto come indipendente al consiglio comunale di Palermo nel Pci e poi si presentò al parlamento con i radicali. Fu più che altro un modo per avere accesso alle carte sul caso Moro, su cui scrisse appunto “L’Affaire Moro”. Come onorevole Sciascia presentò 11 interrogazioni su mafia e terrorismo. Bene. Io ho raccolto questo materiale per ricordarlo a tutti. Poi, parlando col presidente Napolitano, giustamente lui mi disse: ma lei deve inserirci anche le risposte del parlamento... Cosa che sto facendo. E il libretto, che doveva essere di cento pagine, ne avrà molte in più».
Candida Virgone
 
 

Il Tirreno, 8.6.2009
All'università ero un precario

Pisa. Chi l’avrebbe mai detto che in occasione dell’anno galileiano, come per magia, avremmo anche potuto incontrare il grande fisico pisano? È successo in una notte da sogno al Teatro Verdi di Pisa, davanti ad un pubblico caloroso ed attento, che ha assistito divertito ed ammirato all’incontro fra il grande scienziato pisano, giunto per l’occasione dal passato, e un intervistatore del calibro di Andrea Camilleri. L’evento, promosso da Comune di Pisa, Fondazione Teatro e università, ha visto - nei panni di Galileo - Roberto Scarpa, regista, attore e padre di Prima del teatro, la rassegna di scuole di recitazione promossa dal Verdi e che quest’anno ha raggiunto il traguardo del quarto di secolo. Con un tuffo alla fine degli Anni Sessanta, quando alla radio, sotto la regia di Camilleri, era possibile ascoltare autori quali Calvino, Umberto Eco, Sanguineti, Manganelli, alle prese con momenti indimenticabili di intrattenimento come le famose «interviste impossibili» a personaggi venuti apposta dal passato, ecco tornare Galileo-Scarpa, intervistato dallo scrittore siciliano, a raccontar di cannocchiale e di abiura, ma anche di università, fra invidie e carriere, di precari, gente mal pagata e ricerca bistrattata, baroni e mobbing. Come se il tempo non fosse passato, fra problemi che si ripetono come un cane che si morde la coda.  Di Galilei abbiamo visto, se si può - scaturita dalla penna del padre di Montalbano, su suggerimento di Scarpa - la veste, per usare un termine abusato e allo scrittore non caro, più umana.  «In genere - ha detto l’autore, fuori spettacolo - le interviste impossibili hanno momenti ironici. In questo caso ho cercato di smorzare l’ironia, seguendo il ritratto che la storia traccia del personaggio, le linee di Eugenio Garin». Ma l’ironia invece per gli spettatori è stata palpabile, continua, delicata, nel colloquio leggero eppure completo col grande astronomo, seguito dal pubblico in un’atmosfera di assoluto e puro divertimento. E si snoda attraverso due linee precise, il valore del cannocchiale e le ragioni dell’abiura. E Galileo racconta come, pur non essendo laureato, lo chiamarono a insegnare, «con contratto triennale», battuta che strappa al pubblico un sorriso, come lettore di matematiche. Si sbilancia sui colleghi: «Retrivi, attaccati alla tradizione come patelle sullo scoglio, presuntuosi, più attenti alla magnificenza delle loro toghe che alla bontà del sapere...I soliti baroni, insomma...». E ancora: «Guadagnavo una miseria, tagli di qua, tagli di là, pareva d’esser ai giorni vostri. Perché anche allora, sai, la ricerca... l’ultima ruota del carro». E fra una battuta e l’altra lo scienziato racconta di come, per racimolar qualcosa, si fosse messo a far gli oroscopi, che in ogni tempo, si sa, hanno avuto il loro successo. Il cannocchiale? Al grande fisico serviva per guardar le ragazze nei palazzi di fronte (fra cui tale Rosina Aspera, da cui... per aspera ad astra...), e «forse anche per questo qualcuno pensò che potesse essere uno strumento del demonio, e poi anche perché aveva un doppio uso, quello di vedere le stelle e un altro universo infinito, quello dell’inebriante libertà che dona la conoscenza». Fino alle ragioni dell’abiura, avvenute nel secondo processo contro di lui, nel 1633, estrapolate di fatto dalla lettera che il grande fisico scrisse a Cristina di Lorena, Granduchessa di Toscana. «Firmai per orgoglio - conferma oggi Galileo - pentendomi poi di questo peccato, perchè chi mi stava di fronte e pretendeva anche che mi trasformassi in delatore di altri, come si chiedeva in una postilla dell’abiura, era meno che feccia». L’intervista impossibile è stata preceduta da un elogio del cannocchiale, nella metafora della scoperta della conoscenza, compiuto da Anfonso Maurizio Iacono, preside della facoltà di Lettere.
Candida Virgone
 
 

La Gazzetta del Mezzogiorno, 8.6.2009
Paolo Panaro al Van Westerhout di Mola

Proseguono gli «Incontri di Letteratura» programmati al teatro Van Westerhout di Mola di Bari nell'ambito della stagione teatrale dedicata alle «Lingue del Sud» organizzata dal Centro Diaghilev in collaborazione con il Comune di Mola di Bari - Assessorato alla Cultura. I prossimi appuntamenti vedono Paolo Panaro impegnato nella lettura scenica di due celebri racconti di Andrea Camilleri: mercoledì 10 e giovedì 11 giugno alle 21 «Maruzza Musumeci». Venerdì 12 e sabato 13 giugno alle 21 «La concessione del telefono». L'iniziativa rientra nell'ambito del progetto «Teatri Abitati». Info: 333/126.04.25 - 339/879.67.64.
 
 

l'Unità, 9.6.2009
Lo chef consiglia
Il pupo Berlusconi che a Palazzo Chigi sarà tirato dai fili padani
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

l'Unità, 10.6.2009
Lo chef consiglia
Una sconfitta bruciante che sarà spenta da un fiume di parole
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

NumeroZer0, 10.6.2009
Il Teatro Verdi celebra i 400 anni del cannocchiale
Galilei catapultato nel XXI° secolo
L’astronomo risponde a Camilleri in un intreccio umoristico
Guarda la nostra intervista a Camilleri

Nessuno avrebbe mai immaginato che, nel 400° anniversario della scoperta del cannocchiale, Galileo sarebbe stato intervistato. E invece sì. Potere del teatro. La possibilità di catapultare un personaggio del sedicesimo secolo nella nostra epoca, in un modo o nell’altro, si è realizzata.
Sabato 6 giugno, in un Teatro Verdi tutto esaurito, Galileo Galilei è stato “riportato in vita” dall’“Intervista impossibile” che Andrea Camilleri ha fatto al regista Roberto Scarpa che, per l’occasione, ha interpretato il celebre astronomo.
La serata è stata promossa dal Comune di Pisa, dalla Fondazione Teatro e dall’Università. Alfonso Maurizio Iacono, preside della facoltà di Lettere e Filosofia, ha introdotto l’intervista impossibile, pronunciando un elogio del cannocchiale, come metafora della conoscenza e concludendo il suo intervento con la lettura di un brano di “Maruzza Musumeci”, uno dei romanzi più recenti di Camilleri.
“In genere – come ha detto l’autore dietro le quinte – le interviste impossibili hanno momenti ironici. In questo caso, però, ho cercato di smorzare l’ironia, seguendo il ritratto che la storia traccia del personaggio”.
Quando racconta la sua vita, Galileo ci dà l’idea di essere un personaggio dei giorni nostri. Non parla solamente di abiura e di cannocchiale, ma anche dell’Università, tra invidia e carriere, gente mal pagata, baroni e mobbing.
E inoltre racconta che, pur non essendo laureato, lo chiamarono a insegnare, “con contratto triennale” come lettore di matematiche. Si sbilancia sui colleghi: “Retrivi, attaccati alla tradizione come patelle sullo scoglio, presuntuosi, più attenti alla magnificenza delle loro toghe che alla bontà del sapere … I soliti baroni, insomma”. E ancora: “Guadagnavo una miseria, tagli di qui, tagli di là, pareva d’esser ai giorni vostri. Perché anche allora, sai, la ricerca … l’ultima ruota del carro”.
E il cannocchiale? La prima cosa che fece quando lo stava sperimentando fu quella di guardare le ragazze nei palazzi di fronte (tra esse Rosina Aspera, da cui … per aspera ad astra …) e “forse anche per questo, qualcuno pensò che potesse essere uno strumento del demonio e poi anche perché aveva un doppio uso, quello di vedere le stelle e quell’altro universo infinito, che è l’inebriante libertà che dona la conoscenza”.
L’ultimo argomento trattato è quello dell’abiura, sicuramente il più importante per la sua vicenda umana. Camilleri afferma che, se Galileo risponderà a quest’ultima domanda, l’intervista potrà dirsi conclusa.
“Perché firmò l’abiura?” “Firmai per orgoglio – afferma oggi Galileo – pentendomi poi di questo peccato, perché chi mi stava di fronte e pretendeva anche che mi trasformasse in delatore degli altri , come si chiedeva in una postilla dell’abiura, era meno che feccia”.
Camilleri, dimostrandosi uomo di parola, si congeda da Galileo e dal pubblico. Applausi scroscianti lo ringraziano, chiudendo una piacevole serata all’insegna della cultura con la C maiuscola.
M. Miniati, L. D'Alessio, G. Maggi
 
 

La Repubblica (ed. di Bari), 10.6.2009
"Maruzza Musumeci" di Camilleri nella rilettura di Paolo Panaro

Stasera e domani il pubblico del van Westerhout di Mola di Bari potrà ascoltare una nuova storia. Grazie a Paolo Panaro, maestro del teatro di narrazione che proporrà una inedita lettura scenica di Maruzza Musumeci, un racconto di Andrea Camilleri ambientato nella Sicilia fra ' 800 e ' 900. Il reading (ore 21; info 339.879.67.64) è proposto nell'ambito delle Lingue del Sud, il progetto del Centro Diaghilev che, nel quadro dell' iniziativa Teatri abitati, ha fatto risorgere a nuova vita il teatro di Mola. Quanto a Maruzza Musumeci come scrive Salvatore Nigro "la vicenda di svolge a Vigàta. In contrada Ninfa, che è una lingua di terra sul mare: un' isola immaginaria, che figura ancora sulle rotte dei mitici navigatori. Qui le sirene non sono pesci con il rossetto. Sono donne feconde, terribilmente seducenti". In scena, quindi, una rilettura mediterranea del mito delle sirene.
a.d.g.
 
 

l'Unità, 11.6.2009
Lo chef consiglia
Il fratello Bossi, Silvio con bandana verde e Fini che aspetta
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

La Repubblica, 11.6.2009
In poche ore piovono decine di migliaia di adesioni. C'è quella di Saviano
Si schierano Cofferati, Guido Rossi, Massimo Ghini, Pierfranceso Favino
Intercettazioni, oltre 70 mila firme per l'appello di Repubblica
L'autore di "Gomorra": "Si cancella un importante strumento per la ricerca della verità"
Firma l'appello di Repubblica.it

Roma - Oltre 70mila adesioni in poche ore. Settantamila cittadini che ci mettono la faccia con nome, cognome, città e professione per affermare che il disegno di legge sulle intercettazioni approvato oggi alla Camera "è incostituzionale, limita fortemente le indagini, vanifica il lavoro di polizia e magistrati, riduce la libertà di stampa e la possibilità di informare i cittadini". Cittadini qualsiasi e, insieme, intellettuali, magistrati, politici, uomini e donne di spettacolo.
[...]
Tra gli scrittori, ecco i nomi di Claudio Magris, Andrea Camilleri, Vincenzo Cerami, Ernesto Ferrero, Silvia Ballestra e Gianrico Carofiglio.
[...]

La dichiarazione di Andrea Camilleri:
"Una legge che limita le indagini sui reati comuni e proibisce ai giornali di pubblicare le notizie è una vera follia. La legge lede la libertà di stampa e ostacola il lavoro di poliziotti e magistrati."
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 11.6.2009
"Dimenticatevi le fiction per il mio film su Borsellino"

All'indomani della strage di via D'Amelio, in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta, prendeva forma il testo scritto da Cetta Brancato, intitolato "19 luglio 1992", data dell'eccidio. Ed è ispirandosi a questo testo che adesso viene realizzato il film "Con gli occhi di un altro", prodotto dall' associazione Tersite di Palermo. Le riprese inizieranno i primi di luglio, la regia è affidata ad Antonio Raffaele-Addamo, attore e regista di scuola Teatès, che in passato aveva curato l'omonima trasposizione teatrale. «Il modo in cui questa storia verrà raccontata - spiega il regista - è senz'altro differente dalle fiction televisive cui abbiamo assistito fino a questo momento. Sarà una regia molto legata al teatro, che non si spaventerà di mettere in scena silenzi e sguardi, e tempi dilatati. Anche gli attori provengono da esperienze di teatro più che di cinema. Non si tratterà della rappresentazione di una strage per mano mafiosa, non si vedranno spaccati di vita ordinaria né del giudice né dei malavitosi. Anche il titolo del film vuole trasporre questo racconto così drammatico in una immagine universale di dolore e sofferenza, ma anche di incontro e scontro tra sentimenti opposti: e così anche il sicario avrà la sua vita cambiata dopo questa tragedia». Cetta Brancato, che firma il soggetto insieme al regista, racconta: «È piuttosto una storia di anime. I personaggi hanno pari dignità drammatica, si scontrano come titani di uguale levatura ma di caratura opposta, persone che nel luogo mitico della parola si incontreranno in un territorio dalla lingua universale». «Il testo della Brancato - afferma Andrea Camilleri nella prefazione - è un poema che rende omaggio a un sacrificio, ma è soprattutto un inno a quello che Merleau-Ponty chiamava l' unico eroe tragico possibile dei nostri giorni: l'uomo, quell'uomo che continua a fare quel che fa credendovi». Le musiche originali sono del compositore siciliano Marco Betta, e siciliana è la troupe: siciliana anche la produttrice Danila Laguardia, anche lei con un passato di attrice teatrale dopo la formazione con il Teatès di Perriera, la produttrice esecutiva Silvia Scerrino, la direttrice della fotografia Irma Vecchio, la costumista Dora Argento, gli attori e il cast tecnico. Il film è realizzato con il sostegno dell'Apq Sensi Contemporanei, ministero Beni culturali e la Sicilia Film Commision.
p. n
 
 

La Repubblica (ed. di Roma), 11.6.2009
Appuntamenti
Migranti non criminali

E' il tema dell'incontro pubblico previsto alle 16 al Residence di via Ripetta 231. Interventi, tra gli altri, di Andrea Camilleri, Luigi Ciotti, Luigi Ferrajoli.
[Camilleri non è intervenuto, NdCFC]
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 11.6.2009
Sellerio festeggia i suoi 40 anni ripubblicando i titoli-simbolo

Sellerio compie quarant' anni e festeggia con "La rosa de venti", una collezione speciale di pubblicazioni che hanno segnato il cammino della casa editrice. Si legge in una nota della casa editrice: «Abbiamo ritenuto che il modo più fedele per ricordare questi quarant'anni sia quello di ripresentare al lettore di oggi i libri che furono all'inizio dei tanti piccoli passi dentro il cammino generale, che hanno fatto la storia e la fisionomia della casa editrice» Venti libri esemplari, come pietre miliari di un tragitto. La serie è preceduta da una riedizione de "Il procuratore della Giudea" di Anatole France, nella traduzione e con una nota di Leonardo Sciascia, che verrà dato in omaggio ai lettori il 3 e il 4 luglio in tutte le librerie. Fra gli altri titoli, "Atti relativi alla morte di Raymond Roussel" di Sciascia, "L'affaire Moro", ancora Sciascia, "Diceria dell'untore", capolavoro di Bufalino, "Notturno indiano" di Tabucchi, "Retablo" di Consolo, "I delitti di via Medina-Sidonia" di Piazzese e "Il birraio di Preston" di Camilleri.
 
 

Adnkronos, 11.6.2009
Musica: Ravello il festival del "coraggio", format multidisciplinare

Novita' assoluta del festival di quest'anno sara' lo spazio dedicato al teatro: Enzo Decaro sara' la voce recitante della "piece" che, a proposito di multidisciplinarieta', lo vedra' sul palco il prossimo 16 luglio insieme con Enrico Rava, da un soggetto di Andrea Camilleri. A cavallo tra teatro, musica e letteratura, come spiega Decaro "e' l'incontro di due capaccioni che per comunicare tra loro hanno bisogno di un tramite: c'e' lo straordinario jazz del quintetto di Rava e la genialita' di Camilleri, autore di un inedito a meta' tra la cronaca e il fantasy; all'indomani dell'uragano katrina, il blues del mississipi dara' il coraggio di ritrovare la strada della rinascita".
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l'Unità, 12.6.2009
Lo chef consiglia
L'invidia del Cavaliere per le amazzoni del leader libico
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

Wuz, 12.6.2009
"La danza del gabbiano" di Andrea Camilleri
"Visto e considerato che la casa cchiù vicina s'attrovava a 'na cinquantina di metri di distanza e che non si vidiva nisciuna machina all'orizzonte tirò fora dalla sacchetta un mazzetto di chiavi spiciali che gli aviva arrigalato un sò amico latro. Al quarto tentativo la porta si raprì e Montalbano fici un sàvuto narrè."

Montalbano sono: quando Camilleri ritorna a raccontare ai suoi lettori un'avventura del commissario più amato dagli italiani, è come se desse in dono una piccola sicurezza. Tutto può essere messo in dubbio, le cose possono andare davvero male, ma almeno qualche ora di divertimento è garantita. E questo grazie alla capacità davvero unica del nostro grande scrittore di inventare storie, creare intrecci, regalarci personaggi vivissimi, sciogliere nodi che paiono inestricabili.
Grande giallista e soprattutto grande scrittore. Mai facili concessioni: sesso quanto è necessario e mai importuno o volgare; sangue e violenza solo se indispensabili; niente di irrazionale, nessuna concessione al mistero.
E in positivo: ironia e autoironia sparse qua e là (senza eccedere) in tante pagine; una diffusa malinconia per la coscienza del tempo che passa; il rispetto per i valori fondanti la convivenza civile e un messaggio fortemente critico sui mali del tempo...
Lo sdoppiamento di Montalbano in uno e due, è uno stratagemma letterario (usato in modo divertito e divertente) per far parlare la parte riflessiva dell'uomo che tenta l'autoinganno per assolversi quando sbaglia. E qui il divertente siparietto del dialogo con Livia quando Salvo dice di non voler incontrare l'attore che lo interpreta negli sceneggiati televisivi, attore bravo ma così diverso fisicamente da lui: quel Zingarelli (Livia lo corregge capendo che storpiare il nome dell'attore è da parte di Montalbano una forma di fastidio nei suoi confronti) è più giovane, e poi è calvo... Il gioco metaletterario è davvero geniale!
In quest'ultimo romanzo vediamo il rapporto tra i due eterni fidanzati sempre più in crisi: praticamente il commissario dimentica non solo di avere promesso a Livia una piccola vacanza insieme, ma dimentica addirittura che lei è a casa ad aspettarlo! Il lavoro, l'esigenza etica di dare un senso alla giustizia che non sia solo rispetto delle regole (ogni tanto, se necessario, anche Montalbano aggira qualche regola...) assorbono totalmente la mente e la passione del commissario, sembra quasi che non ci sia spazio per altro, nemmeno per l'amore. E poi il nostro commissario pone molta attenzione ai comportamenti propri e altrui, non si fa incantare da qualche attenzione inaspettata da parte di una fanciulla, tiene alta la guardia, non si illude di essere un conquistatore, sospetta subito qualcosa: e fa bene.
E qui la voce di Camilleri è evidente, la sua tensione etica e sociale, l'ironia con cui riesce a coprire di ridicolo gli atteggiamenti che condanna, la costante scelta di stare dalla parte dei deboli e dei senza voce, insomma un autore dalla forte connotazione civile che piace a tutti, anche a coloro che non condividono tante sue posizioni.
È vietato raccontare la trama di un giallo, credo che sia utile dare solo qualche accenno perché, che sia Camilleri o un esordiente, in un giallo l'elemento sorpresa è fondamentale. Non è neppure necessario spingere il lettore a comprare il libro: la vetta della classifica lo dimostra. L'unico richiamo possibile ai tanti che leggeranno o hanno appena letto La danza del gabbiano è questo: attenti a leggere anche tra le righe, il messaggio dell'autore è spesso più profondo e alto di quanto appaia a una prima lettura.
Grazia Casagrande
 
 

La Repubblica, 12.6.2009
Qual è il segreto per una copertina di successo?
”La solitudine dei numeri primi” sarebbe diventato un bestseller se si fosse chiamato “Dentro e fuori dall’acqua”?
Va' dove ti porta il titolo
Se ciò che hanno in mente gli autori non va bene, è l' editor a inventare il "marchio" giusto

Tranne rare eccezioni, un titolo è per sempre. Ma quando approda in libreria, ha spesso poche settimane a disposizione per incuriosire il lettore indeciso e sopraffatto dal sempre più frenetico turnover di novità.
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Simone Caltabellota, allora editor di Fazi e oggi a Elliot, conferma: «Il titolo perfetto a priori non esiste». Del resto, un autore da 15 milioni di copie come Andrea Camilleri è da sempre affezionato al modulo tradizionale: sostantivo più complemento di specificazione (da “La voce del violino” fino all'ultimo “La danza del gabbiano”).
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Benedetta Marietti
 
 

La Sicilia, 12.6.2009
Il personaggio
Il carisma della madre abbadessa più longeva
Per quasi sessanta anni ha rappresentato il faro del Monastero e a distanza di un ventennio dalla morte la sua influenza è ancora palpabile

Palma di Montechiaro - È stata per quasi 60 anni la madre abbadessa per antonomasia, la cui prorompente personalità, dopo quasi 20 anni dalla sua morte, non è ancora riuscita a diradare il peso della sua influenza e del suo ascendente verso il capitolo delle consorelle.
La figura di suor Maria Enrichetta Fanara, pertanto, rimane ancora viva e palpitante nel cuore di quelle suore, quasi tutte ormai ultra ottantenni, che sono state guidate nel loro cammino spirituale e terreno da una donna che dietro l'abito talare del rigoroso ordine benedettino, faceva trasparire una spiccata e rassicurante indole non certo simile alle abbadesse celebrate nei film di epoca ottocentesca, ma caratterizzata da una diplomazia in cui si racchiudevano felpata fermezza ma anche apertura verso il mondo esterno e la consapevolezza di non poter fare a meno di bussare alle porte dei potenti per cercare di mantenere integro, nel suo originario splendore, il luogo in cui aveva dedicato tutta la sua esistenza. Da quando cioè a soli 16 anni, confidò ai genitori che la sua aspirazione era quella di abbandonare la dignitosa vita casalinga, assicuratagli dal padre ferroviere, per scegliere la clausura di un monastero benedettino in cui avrebbe occupato un posto importante e ancora insostituibile nella sua lunga storia.
Da Camastra, piccolo comune a pochi chilometri da Palma, la giovane Enrichetta compì pertanto il grande passo e si seppe imporre subito per la sua accattivante personalità, frutto di un innato carisma che prorompeva dalla gestualità e del suo sguardo espressivo e pungente. Per quasi 60 anni, ma non certo ininterrottamente per non infrangere la regola benedettina, la suora proveniente dal piccolo centro camastrese è stata la guida spirituale e un autentico baluardo per quel luogo impregnato di santità e di misteri. Seppe accattivarsi, con il suo ammiccante sorriso, i favori di prefetti, questori e parlamentari che sfruttò quasi sempre nell'esclusivo obiettivo di rendere il monastero integro nella sua imparagonabile bellezza architettonica, anche se qualche finanziamento conquistato venne impiegato, non certo per colpa della abbadessa, per l'avvio di restauri rivelatisi inadeguati e deleteri.
La mistica suor Maria Enrichetta Fanara fu al centro di speculazioni giornalistiche per essere stata additata come elemento facile ai compromessi e alle connivenze politiche e ambientali di infima stazza. Quasi due anni fa anche lo scrittore empedoclino Andrea Camilleri fece la sua parte, svelando nel suo libro «Le pecore e il pastore» la storia della lettera scritta nel 1950 al vescovo di Agrigento Giovanbattista Peruzzo in cui la abbadessa svelò al presule che 10 giovani suore del convento si erano immolate, morendo di inedia, per intercedere per la sua guarigione, dopo l'attentato di cui il pastore fu vittima nel luglio del 1945 mentre trascorreva alcuni giorni di riposo nell'eremo di Santo Stefano Quisquina.
La rivelazione fece enorme scalpore ma non certo a Palma dove il supplizio delle 10 monache venne seccamente negato dal clero locale e dalle stesse consorelle rimaste in vita, mentre la missiva venne interpretata come un tentativo di suor Maria Enrichetta Fanara di ingraziarsi la benevolenza del rigoroso e austero vescovo passionista dell'epoca. Così come in fondo riusciva a conquistarsi le simpatie con la sua disponibilità e la sua capacità di incidere nel tessuto sociale palmese, ai personaggi influenti a cui si rivolgeva per continuare ad alimentare la vita monastica in un convento di cui in questo anniversario la sua mitica figura continua ad aleggiare accostata in tutta la sua grandezza di guida religiosa ma in special modo di autentica donna.
f.b.
 
 

La Repubblica (ed. di Firenze), 12.6.2009
La stagione è finita in gloria e ora un'estate di superlavoro

[…]
In attesa di cominciare il nuovo ciclo di concerti, a settembre l'Orchestra della Toscana, al Verdi di Firenze, proporrà Magaria, favola di Andrea Camilleri musicata da Marco Betta con l'attore Francesco Paolantoni in scena.
Gregorio Moppi
 
 

l'Unità, 13.6.2009
Lo chef consiglia
Veronica, lapidata senza pietà; per aver osato sfidare l'Imperatore
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

Il Centro, 13.6.2009
Mediterraneo, mare pieno di sport e cultura

Pescara. Il Mediterraneo non è soltanto il mare dei Giochi, ma anche delle culture. E’ lo spirito del progetto ideato dall’Atam, in sinergia con Pescara 2009, e coordinato da Andrea Camilleri. «Mediterraneo: il paese delle culture» coinvolgerà 40 giovani attori provenienti da Albania, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Turchia, Spagna, Marocco, Malta, Cipro, Libano, Giordania, Tunisia e Libia. Nel cast ci saranno anche ragazzi italiani. I protagonisti raggiungeranno il castello di Capestrano il 15 giugno, per concludere un percorso iniziato in autunno al Teatro Sant’Agostino dell’Aquila. Il percorso didattico, destinato a giovani attori provenienti dai paesi che si affacciano sul Mediterraneo, sfocerà alla fine di giugno nella rappresentazione di tre saggi teatrali, il «Trittico del Mediterraneo». I testi scelti per l’occasione sono tre classici della cultura araba, greca e latina: la raccolta di novelle orientali «Le Mille e una Notte», la leggendaria epopea guerresca, popolata da mitici eroi, narrata da Omero, l’«Iliade», e il fortunato poema epico di Ovidio, «Le Metamorfosi», considerato tra le opere più importanti del mondo antico. Tre testi rappresentativi di tre diverse culture, unite dalla letteratura. Ai racconti daranno voce e forma, «in una felice babilonia di lingue e tradizioni» i 40 attori, testimoni di integrazione multietnica e di cooperazione tra i popoli. «Quello che ci ha colpito di più», ha spiegato il direttore dell’Atam (associazione teatrale abruzzese molisana) Enzo Gentile agli ospiti della Sala Cascella dell’Ex Aurum, nel corso della conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa, «è stata proprio la grande capacità di comprendersi di questi giovani che parlano lingue tanto diverse tra loro». Un progetto multietnico, quello proposto dall’associazione, che non tradisce lo spirito dei Giochi. La kermesse sportiva, alla sua sedicesima edizione, è infatti riuscita a favorire e rendere concreto il dialogo tra paesi diversi, grazie ai numerosi atleti coinvolti. «Possiamo considerare “Mediterraneo: il mare delle culture” come un’autentica ripresa delle attività dell’Atam», ha sottolineato Gentile. «Dopo il devastante terremoto che ha sconvolto la regione, il nostro compito è diventato ancora più impegnativo. Vogliamo dimostrare che non c’è soltanto l’aggregazione forzata delle tendopoli: la cultura può essere una valida alternativa per riprendere a coltivare la speranza». Nelle prossime settimane, inoltre, ha annunciato Gentile «presenteremo un programma di spettacoli pensato in favore dei ragazzi terremotati». Ma il grande protagonista della «sfida» lanciata dall’associazione è soprattutto il Mediterraneo, il mare, «culla feconda di antiche e profonde civiltà, che lega insieme tre continenti e tre religioni monoteistiche, dove si incontrano culture europee e cristiane da un lato, orientali e islamiche dall’altro».  Sono intervenuti alla presentazione dell’iniziativa firmata Atam anche Marco Fanfani , presidente dell’associazione, e Silvio Tavoletta , direttore dell’area formazione cooperazione e sviluppo del comitato organizzatore dei Giochi. Fanno parte della squadra coordinata da Camilleri, assente all’incontro dell’Ex Aurum per un infortunio, anche il musicista e attore Nando Citarella e il regista e autore Rocco Mortellitti , che si occupano dell’aspetto didattico. I tre saggi-spettacoli saranno rappresentati a Pescara e all’Aquila.
 
 

l'Unità, 14.6.2009
Lo chef consiglia
Vizzini inquisito oltre a dimettersi poteva anche tacere
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

14.6.2009
Recensione
“La danza del gabbiano” di Andrea Camilleri

Siamo al 15° capitolo delle storie del commissario Salvo Montalbano! Il mese di maggio ha visto fiorire ben due scritti di Camilleri, non c’è stato nemmeno il tempo di depositare la memoria del suo Renoir, per raccogliere il frutto maturo, ma sempre di stagione del nostro Commissario per antonomasia. Un ennesimo noir che si tinge di sfumature sempre più sottese, baudelairiane, lo spleen di Montalbano si carica, a 57 anni, di note dolenti come se il suo animo non potesse più sopportare i contraccolpi della vita. Camilleri in un pirandelliano gioco delle parti confonde noi lettori mettendo a colloquiare idealmente il Montalbano di carta con quello televisivo e l’autore. In questo contraltare tra i due alter ego, l’autore gioca la sua finzione letteraria e spariglia le carte e ci meraviglia. L’apertura del romanzo ricalca l’incipit degli altri, le nottate sempre più spesso agitate: “Con le vicchiaglie dormiri diventa faticoso e una volta arrisbigliatisi non c’era più verso d’arrinesciri a ripigliari sonno”. L’immagine del gabbiano morente precorre fatti connessi sì all’indagine in corso, ma diventa metafora della morte che si diverte a inscenare una danza scenografica negli ultimi spasmi di vita. I personaggi, gli ambienti naturali e i fatti criminosi hanno le stesse connotazioni e anche certi riferimenti all’attualità, quello che è diverso è la predisposizione d’animo del commissario, da una parte più “cauteloso” quasi trattenuto a freno da una sensazione di assuefazione, di dejà vu, dall’altra non può sottrarsi a una sorta di meraviglia dinnanzi alla natura e annichilimento dinnanzi alle perdizioni umane. La miscellanea linguistica che contraddistingue Camilleri si alterna per diventare ora lingua italiana burocratica e tecnica ora dialetto stretto; segue percorsi sinuosi e trabocchetti vari, democratica quando è necessaria, abbassandosi a livello dell’eterogeneità degli interlocutori, umorale quando il “nirbuso” non la regola più e la stravolge Questo romanzo è senz’altro uno dei più belli non tanto per l’originalità della storia, anzi sono presenti tutti gli ingredienti tipici del noir alla Camilleri, ma è diverso lo spirito che anima la materia narrativa e che ci rende così vicini a Montalbano e al suo artefice. Il segno inequivocabile dello scrittore ha ancora una volta inciso la nostra anima di lettori e la godibilità della lettura raggiunge vertici sempre alti.
Arcangela Cammalleri
 
 

Corpi freddi, 14.6.2009
Racconti quotidiani - Andrea Camilleri

Bisogna dire che le raccolte di racconti non è che mi entusiasmino molto, ogni volta che né ho preso qualcuna me ne sono sempre inevitabilmente pentita. Ma trattandosi di Camilleri ci ho riprovato. Avevo già preso in passato la raccolta ‘Un mese con Montalbano’ che non mi aveva conquistato, ma in quella almeno avevo trovato un senso.
Ora, vorrei sapere, e se qualcuno ci è riuscito mi illumini per favore, il senso di questa raccolta: ‘Racconti quotidiani’.
Poche paginette in totale, per una miseria di storielle, povere per lunghezza e contenuto, fosse stata la lista della spesa di Camilleri né sarebbe uscito fuori qualcosa di più eccitante, insomma una mera operazione commerciale, del tutto inutile che niente aggiunge ai superbi scritti del ‘sommo’ Camilleri e meno male che l’ho preso con lo sconto del 30%!
Marta
 
 

Omniroma, 15.6.2009
Globe Theatre, al via stagione tra Shakespeare 'siciliano' e Poe

Shakespeare tra commedia, tragedia, divertissement in dialetto siciliano firmato da Andrea Camilleri, ma anche una "guest star" come Edgar Allan Poe, col suo unico testo teatrale. Sei grandi titoli per la stagione estiva del Silvano Toti Globe Theatre, con una ouverture d'eccezione, il 18 giugno con "Notte senza frontiere" serata per Medici senza frontiere con maratona di attori e artisti, presentata oggi al Globe Theatre dall'assessore capitolino alla Cultura Umberto Croppi e dal direttore artistico Gigi Proietti.
 
 

Il Giornale, 15.6.2009
Sellerio, 40 anni di libri nel segno del blu

Milano - A volte, per fortuna, ritornano. La casa editrice Sellerio compie quarant'anni, quarant'anni elegantemente in blu, e come regalo di compleanno - non a se stessa, ma ai lettori ovviamente - ha deciso di ristampare i suoi venti libri «decisivi», quelli che hanno fatto la storia e disegnato l'inconfondibile fisionomia della "maison": venti titoli simbolo - «La rosa dei venti» si chiama la collezione speciale per l'anniversario - scelti non solo per le qualità letterarie ma perché vengono considerati le pietre miliari del lungo cammino percorso dalle edizioni fondate nel 1969 da Elvira e Enzo Sellerio a Palermo, nella centrale via Siracusa: libri che hanno avviato un nuovo filone, acceso un nuovo interesse, affermato un nuovo scrittore. Da «L'affaire Moro» di Leonardo Sciascia, gran patron della casa editrice siciliana, a «Notturno indiano» di Antonio Tabucchi, da «Diceria dell'untore» del "professor" Gesualdo Bufalino a «La biblioteca scomparsa» di Luciano Canfora, da «Il figlio di Bakunin» del purtroppo (quasi) dimenticato Sergio Atzeni alla «Stella distante» del gigantesco Roberto Bolaño, da «Il birraio di Preston» dell'immensamente benemerito Andrea Camilleri a «Riti di morte» della "signora in giallo" Alicia Giménez-Bartlett fino a «Testimone inconsapevole», il primo caso dell'avvocato Guerrieri del nuovo bestsellerista della "famiglia" Sellerio, Gianrico Carofiglio. E poi, ancora: Maria Messina, Luisa Adorno, Vincenzo Consolo, Adriano Sofri, Santo Piazzese, il misterioso Holiday Hall, il raffinato Friedrich Glauser... «Venti libri esemplari - spiega Elvira Sellerio - da considerare anche come le tante istantanee dell'album ideale dei nostri primi quarant'anni. Per riconoscere e guardare più da vicino una tessera molto piccola, ma molto brillante e colorata, del mosaico mobile della nostra storia di italiani».
Esiste il blu di Prussia, e poi c'è il blu Sellerio, un blu unico nella sua sfumatura. Così unico da costituire il primo e il più visibile elemento di identità dei piccoli «sellerini» che riconosciamo a distanza, inconfondibili, allineati come soldatini lungo lo scaffale di una libreria o impilati come mattoncini sul bancone di un autogrill... Come i cioccolatini: impossibile resistergli. E per una volta, non sarà un peccato cedere alla tentazione di uno dei gioiellini della «Rosa dei venti» che mancano alla propria collezione. Magari partendo dalla riedizione del leggendario "Numero Uno" della collana «Memoria», quella che diede alla casa editrice siciliana l'impronta blu, vale a dire «Il procuratore della Giudea» di Anatole France, nella traduzione di Leonardo Sciascia (che per festeggiare sarà dato in omaggio ai lettori il 3 e il 4 luglio in tutte le librerie): un titolo leggendario per la Sellerio, che segnò un nuovo modo di lavorare ai libri: e infatti la nuova edizione è introdotta da uno scritto di Salvatore Silvano Nigro sul ruolo giocato dalla casa editrice nel panorama culturale di questi quattro decenni, affermandosi con uno stile editoriale originale, caratteristiche fortemente identificative (il colore blu delle copertine, la gestione familiare e la «palermità»), inaugurando la stagione dell'editoria indipendente dalle grandi proprietà e, nello stesso tempo, lanciando sulla scena autori che ne sono stati, e continuano a essere, protagonisti. Come disse Elvira Sellerio in una famosa (e rara) intervista televisiva ad Andrea Barbato del 1988: «Quando lavoro, penso a persone più colte di me, i lettori. È un mestiere che va fatto con umiltà e spirito di servizio. La mia unica ambizione è cambiare l'immagine della Sicilia».
Beh, Donna Elvira ce l'ha fatta, eccome. Ha cambiato l'immagine della Sicilia e ha scritto una pagina - elegantissima - dell'editoria e della storia letteraria italiana. Fondata su un'idea nata da una chiacchierata tra i coniugi Sellerio e due "vecchi" amici - Antonino Buttitta, il famoso antropologo, e a Leonardo Sciascia, per vent'anni la mente e l'anima di quel curioso salotto palermitano dove per tradizione «tutti parlano a bassa voce» - la Sellerio ha sfoderato centinaia e centinaia di titoli, imposti libri-culto («L'affaire Moro», piuttosto che «Diceria dell'untore», piuttosto che «La forma dell'acqua»), ha lanciato best e long seller, ha rischiato il naufragio finanziario negli anni Novanta ma si è salvata grazie a un compassato signore di nome Andrea Camilleri, del suo Commissario Montalbano e dei suoi 5 milioni di copie vendute nel mondo, da Vigata al Giappone. «Il successo di Camilleri arrivò in un momento di difficoltà per la casa editrice e fu fondamentale per la sua sopravvivenza - ricorda Antonio Sellerio, figlio di Elvira e di Enzo - e oggi ci permette di continuare a lavorare con serenità. Qual è il nostro segreto? L'indipendenza, l'etica, ossia non portar via autori ad altre case editrici, e la passione: quello che rende bello il nostro mestiere è pubblicare un autore che altrimenti non sarebbe pubblicato». Ossia quello che Sellerio fa molto bene da quarant'anni. Auguri "bluissimi".
Luigi Mascheroni
 
 

Corriere della Sera, 15.6.2009
Particelle elementari
Il vizio di criticare l'editore e non il libro
Il lavoro sulla tv è pubblicato da Einaudi? Allora si scrive «la casa editrice di Berlusconi»

Sarebbe triste se la validità di un'idea dipendesse dal luogo in cui è stata pubblicata. O che il nome di chi la stampa ne inficiasse il valore, e ne compromettesse il senso. Peggio ancora, poi, se questo criterio, sbagliato, fosse adoperato a singhiozzo, un po' sì e un po' no, a seconda del capriccio e delle convenienze. Si scrive male se lo si fa per l'Einaudi? Non dovrebbe essere così. Ma se si decide così, la decisione non può considerarsi legittima i giorni dispari e inapplicabile i giorni pari. E invece Giovanni Valentini, commentando su Repubblica le conclusioni del volume einaudiano «La guerra dei trent'anni» di Franco Debenedetti e Antonio Pilati non può fare a meno di sottolineare, con sovrappiù demolitorio, che le tesi dei due autori, allo scopo di «dissimulare l'anomalia televisiva italiana», avrebbero trovato generosa ospitalità «in un libro pubblicato dalla stessa casa editrice che appartiene al gruppo Berlusconi». Valentini, che conosce con competenza i sottintesi maliziosi della scrittura giornalistica e che ha appena licenziato per Longanesi un libro, «La sindrome di Arcore», non può non immaginare il sillogismo che il lettore è indotto a fabbricarsi: i due autori scrivono di tv in modo non ostile a Berlusconi; Berlusconi è il proprietario del marchio Einaudi; ergo scrivono così per ingraziarsi l'editore che graziosamente ha concesso loro l'opportunità di pubblicare il libro. L'attacco al libro diventa così attacco ad personam. Il processo alle intenzioni sostituisce il giudizio di merito. Si azzoppa l'avversario intellettuale discreditando il luogo in cui ha espresso le sue idee. Non si fa. E non si dovrebbe neanche liquidare con tanta disinvoltura un marchio storico come l'Einaudi. Purtroppo Valentini non è il solo ad imboccare questa scorciatoia. Se però si decide di percorrerla, occorrerebbe estendere il sospetto di una collusione con il Berlusconi einaudiano anche a opere come gli scritti autobiografici di Eugenio Scalfari, di cui lo storico Struzzo ha appena ripubblicato «La sera andavamo a via Veneto». O a libri di Andrea Camilleri, come se il combattivo antiberlusconismo camilleriano venisse depotenziato nel corso delle sue brillanti frequentazioni mondadoriane. O alla «Storia europea della letteratura italiana» che ha messo a frutto con Einaudi decenni di fervida militanza culturale di Alberto Asor Rosa. Tutti collaborazionisti perché hanno pubblicato i loro imprescindibili libri con la «stessa casa editrice che appartiene al gruppo Berlusconi»? Impossibile da credere. Meglio astenersi. Meglio criticare gli argomenti e non gli Struzzi. Meglio sottrarsi alla militarizzazione editoriale e rappresentare una casa editrice come un esercito carico di bocche di fuoco (i «torchi», come si diceva nella preistoria tecnologica). E discutere le tesi avversarie per quelle che sono. Dovrebbe essere semplice se non si decide di scrivere sempre con l'elmetto calcato sulla testa del soldato. Dovrebbe.
Pierluigi Battista
 
 

l'Unità, 16.6.2009
Lo chef consiglia
Pdl, che tonfo al sud! Berlusconi rischia di finire come Fanfani...
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

16.6.2009
Andrea Camilleri tradotto in rumeno

Per la prima volta Andrea Camilleri è stato tradotto in Romania: già pubblicato "Il ladro di merendine" (col titolo "Hotul de merinde"), a luglio sarà nelle librerie "La voce del violino". Il traduttore è Emanuel Botezatu.
 
 

La Sicilia, 16.6.2009
Montalbano e "La danza del gabbiano"

Catania - Montalbano ritorna e indaga. E questa volta è alle prese con una storia complessa, che lo mette a dura prova. Una storia che prende il titolo da una immagine contenuta all’inizio del romanzo (“La danza del gabbiano”, edito da Sellerio), Montalbano rimane affascinato dal volo di un uccello. Ma è un volo solo apparentemente incantevole, in realtà è drammaticamente triste.
Il gabbiano va verso la morte, e sbatte le ali, ma è una danza lugubre. Montalbano guarda la scena dalla finestra della casa di Marinella. Ma il commissario ha fretta, deve partire in vacanza con Livia, la sua fidanzata. E prima di partire non può non fare un salto al commissariato di Vigàta. E qui si presenta un tassello della complessa vicenda che dovrà affrontare. Non si trova più il suo fidato collaboratore Fazio. Trattandosi di una persona molto precisa, è evidente che la situazione è problematica, Fazio non è nella sua abitazione, non è raggiungibile al telefonino.
Montalbano indaga e scopre che l’ispettore aveva un appuntamento con un vecchio compagno di scuola, un ex ballerino finito nei pasticci. Qualcuno poi l'ha notato in campagna, in una zona disseminata di pozzi artesiani. Il romanzo è pieno di ritmo, dinamico: più invecchia Montalbano, più si ritrova in storie tutte d’azione.
E come in ogni “giallo”, non mancano i cadaveri, “restituiti dai vortici ciechi di pozzi trivellati in terre aspre e desolate”. Silvano Nigro, docente alla Normale di Pisa, raffinato studioso di letteratura, nel risvolto-saggio coglie l’essenza di questo nuovo romanzo montalbaniano, giocato “su esistenze nascoste e ambigue, passioni tristi, seduzioni basse e chiacchiere da cuscino; su binocoli e cannocchiali, voyeurismi pericolosi e cleptomanie gaglioffe; su un traffico di armi chimiche con contorno di canaglie politiche; e su una sedia vuota, in una chiusa stanza, tra impropri e vergognosi strumenti di tortura, schizzi di sangue rappresi, tanfi di morte e torbidumi, e segni sparsi di una danza di costrizione, irrituale e atrocemente scomposta. L’orrore si riverbera sulla coscienza offesa del commissario Montalbano”.
E’ una storia dai tratti duri, angoscianti. Nell’immagine poetica dei gabbiani, in quel volo che ha una eleganza ed un suo fascino, vi è racchiusa in realtà la drammaticità della dura storia di questo romanzo. Ma Camilleri non si fa intrappolare in uno stile cupo, e racconta la storia con ironia critica. E’ la sua chiave di lettura delle vicende raccontate, e’ il suo inconfondibile modo di affascinare il lettore.
Ed è esilarante il confronto fra il Montalbano letterario e l’attore Zingaretti che lo interpreta in tv, facendogli concorrenza mediatica. In questo confronto paradossale, giocato sul surreale, Camilleri dimostra la sua instancabile vena immaginifica e narrativa.
Salvo Fallica
 
 

Corriere della Sera (ed. di Roma), 16.6.2009
Villa Borghese
Globe, Camilleri riscrive Shakesperare
«Troppu trafficu npi nenti» nella stagione del teatro

Almeno un paio di curiosità arricchiscono que­st’anno il cartellone shakespeariano del Silvano Toti Globe Theatre che, dal 3 luglio alla fine di settembre, riprende la consueta stagione estiva, sempre sotto la direzione artistica di Gigi Proietti. Innanzitutto, la riscrittura di "Molto rumore per nulla" che, nella versione dello scrittore siciliano Andrea Camilleri, diventa "Troppu trafficu ppi nenti": «Abbiamo deciso» spiega Giuseppe Dipa­squale che, con il rinomato autore di Montalba­no, firma l’operazione «di tradurre la celebre ope­ra di Shakespeare in un finto siculo e facciamo anche finta di aver trovato un testo inedito, attribuito a un certo Messer Angelo Florio Scrollalan­za, ipotizzando che forse il grande Bardo fosse un siciliano scappato in Inghilterra». Nella scheda in­formativa dello spettacolo, che debutta il 14 lu­glio, si legge persino una biografia di questo per­sonaggio inventato: sarebbe nato intorno alla me­tà del ’500, di origine quacquera, avrebbe vissuto parte della sua vita sfuggendo alle persecuzioni religiose, riparando prima nelle isole Eolie, poi a Messina, quindi verso il nord Italia, approdando infine a Stratford, cittadina inglese che, guarda ca­so, è quella dove nacque Shakespeare.
[...]
Emilia Costantini
 
 

l'Unità, 16.6.2009
L'intervista
Io, Petros Markaris un Montalbano tra i misteri di Istanbul
L’autore greco è uno dei più grandi giallisti contemporanei e stasera sarà a Roma al festival «Letterature». Ecco cosa pensa di Simenon e Camilleri, ma anche dell’avanzata della destra xenofoba in Europa e di Berlusconi

L'hanno definito l'erede di Georges Simenon, ma tra il commissario Maigret e il suo commissario Charitos, Petros Markaris - lo scrittore che stasera a Roma salirà sul palco del festival «Letterature» - trova solo due somiglianze: «Entrambi sono sposati ed entrambi amano molto la propria moglie; poi tutti e due vanno pazzi per i buoni cibi e i migliori vini».
[...]
Qualche critico ha accostato il suo personaggio al commissario Montalbano di Andrea Camilleri, parlando di un nuovo «giallo mediterraneo».Che cosa ne pensa?
«I critici, è ovvio, amano le etichette e le correnti. Posso dire però che amo molto Camilleri, conosco i suoi libri e penso che come scrittori siamo piuttosto simili, per il nostro modo di osservare la realtà con una particolare attenzione alla dimensione sociale. Spesso con ironia e umorismo».
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Roberto Carnero
 
 

La Stampa, 17.6.2009
La storia
Alitalia e la Sicilia scomparsa

A quanto pare la rivista Ulisse, quella distribuita sugli aerei nazionali, pubblicando la carta geografica dell’Italia, ha dimenticato di metterci la Sicilia. È un grave errore, e per due motivi.
Spiego il primo, raccontando un episodio capitatomi moltissimi anni fa. Ero andato al cinema del mio paese, accanto a me sedeva un tale in tuta da operaio. A un certo momento del film, che si svolgeva in Sicilia, un maresciallo dei carabinieri, esasperato dai delitti di mafia, di corna, d’onore e di quant’altro, si alzava, andava verso una grande carta geografica che rappresentava l’Italia e metteva la mano aperta sulla Sicilia in modo che non fosse più visibile. Dopo di che sorrideva compiaciuto. Fu a questo punto che il mio vicino esclamò ad alta voce: «Attentu ca sciddrica!», attento che scivola. Intendendo dire che, senza l’isola, lo Stivale sarebbe inesorabilmente scivolato in basso.
L’altro motivo è letterario. La rivista prende il nome, e giustamente, da Ulisse il leggendario viaggiatore errante. Ora c’è da notare che uno scrittore inglese, Samuel Butler, l’autore di Così muore la carne, ha dato alle stampe nel 1897 un libro intitolato L’autrice dell’Odissea nel quale sostiene, con buoni argomenti, che a scrivere appunto l’Odissea era stata una donna siciliana e che il famoso viaggio di Ulisse non fu, in realtà, che il periplo dell’Isola. Allora, se scompare la Sicilia, scompare anche Ulisse. E, di conseguenza, anche la rivista a lui intitolata.
Andrea Camilleri
 
 

l'Unità, 17.6.2009
Lo chef consiglia
La scossa di D'Alema. E l'incrinatura di Berlusconi continua ad allargarsi
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

Wuz, 17.6.2009
Montalbano, un nome un destino raccontato da Andrea Camilleri
Montalbano, uno dei commissari più conosciuti e amati d'Italia, nacque dalla penna di Andrea Camilleri negli anni Novanta. In questa intervista, l'autore racconta la genesi del suo nome.
Pubblichiamo la trascrizione di questa intervista realizzata dalla Banca della Memoria per sottolineare, a modo nostro, il primo compleanno di questa importante iniziativa che sta diventando veramente un lugo collettivo di memoria storica importantissimo.

Innanzitutto bisogna dire alcune cose: prima di Montalbano naturalmente io avevo scritto e pubblicato altri romanzi.
Io non ho amicizie letterarie, sono e sono sempre stato isolato, quindi non so come scrivono i miei colleghi.
Un giorno mi resi conto di un fatto del tutto personale, del mio modo anarchico di scrivere un romanzo. Cioè, fino a quel momento avevo scritto solo romanzi storici. Allora: io leggo un libro di storia dettagliato, e arrivato a un certo punto c’è una frase, per esempio, prendiamone una... Il libro che sto leggendo non è precisamente un libro di storia, ma il resoconto stenografico dell’inchiesta parlamentare nel 1875 in Sicilia in tre volumi. Arrivati a un certo punto, il Presidente della Commissione Parlamentare, Senatore Cusa, chiede al Sindaco di un piccolo paese, Nisseno di Caltanissetta: “Signor Sindaco, recentemente ci sono stati fatti di sangue nel suo paese?” “No”, dice il Sindaco, “fatta eccezione per un farmacista che ha ammazzato otto persone”. Il Senatore Cusa allibisce e dice: “E non me lo chiama un fatto di sangue?” e il sindaco “Ma fu per amore”. Ora, era chiaro che il Sindaco aveva ragione e il Senatore Cusa torto, perchè non era un delitto di mafia, non era una faida fra due famiglie, era un delitto d’amore: vogliamo considerarlo fatto di sangue un delitto d’amore?
No, la cosa mi fece scompisciare dalle risate, devo dire.
E allora io cominciai a scrivere il primo delitto.
Che poi nel romanzo vero questo primo delitto diventa il quarto capitolo.
I miei incipit di scrittura non sono quasi mai gli incipit del romanzo. Poi, questo primo capitolo trova la sua collocazione.
Mi sono chiesto: allora, sei capace di scrivere un romanzo dalla A alla Z, dal capitolo primo fino al capitolo ultimo, senza salti logici nè temporali? Proviamoci.
E mi venne in mente Leonardo Sciascia, che dice che la gabbia migliore per uno scrittore è il giallo, una volta che ti infili dentro la struttura non puoi barare. E ho provato a scrivere il mio primo giallo.
Contemporaneamente avevo finito “Il birraio di Preston”, che non mi piaceva per niente, era una pizza mostruosa, secondo come l’avevo scritto. E allora cominciai a scrivere questo Montalbano partendo dall’alba, addirittura, per essere ortodosso in tutto, non solo comincia dal capitolo primo, ma comincia all’alba.
Il nome del protagonista mi venne perchè mentre scrivevo questo romanzo stavo leggendo un romanzo di Vásquez Montalbán, “Il pianista”.
La struttura di quel romanzo mi diede proprio un flash per come ristrutturare “Il birraio di Preston”.
Cominciai a fare un lavoro affannosissimo: da un lato continuavo il romanzo con Montalbano e dall’altro ristrutturavo “Il birraio”, accorgendomi che quella era la strada giusta. E così, per gratitudine, il mio protagonista che non aveva un nome si chiamò Montalbano, che oltretutto è anche un cognome siciliano. Quindi Montalbano nacque per un bisogno di ordine e chiarezza interiore.
Scrissi il primo, scrissi il secondo, e dissi, fine. Il secondo lo scrissi per definire meglio il personaggio, e invece capitò quello che capitò.
Trascrizione a cura di Silvia Casati
 
 

Il Giornale di Vicenza, 17.6.2009
Premi. Al Valle di Roma la giuria presieduta da Gianni Letta ha deciso le nomination della settima edizione
Olimpici del teatro, le "terne"
Lavia, Albertazzi e Melato in pole

La serata finale è in programma all'Olimpico di Vicenza l'11 settembre (differita Raiuno)

Roma. L'altra sera al Teatro Valle di Roma sono state discusse e votate le terne dei finalisti (nominations) della settima edizione del Premio ETI - Gli Olimpici del Teatro, riconoscimento annuale al meglio della scena italiana, organizzato dall'Ente Teatrale Italiano e dal Teatro Stabile del Veneto.
[…]
La commissione per le nominations, presieduta dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, a cui spettava il compito di indicare i candidati per le quattordici categorie del premio, era composta da Giulio Baffi, Laura Barbiani, Andrea Bisicchia, Masolino D'Amico, Giuseppe Dipasquale, Maddalena Fallucchi, Giuseppe Ferrazza, Maria Rosaria Gianni, Geppy Gleijeses, Enrico Groppali, Giancarlo Leone, Paola Pitagora, Magda Poli, Gaia Silvestrini. Segretario generale del Premio è Maurizio Giammusso.
[…]
Saranno Roberto Cavosi con “Antonio e Cleopatra alle corse”, Andrea Camilleri con “Il birraio di Preston” e Giuseppe Montesano per “Magic People Show” a contendersi il riconoscimento come miglior autore di novità italiana.
[…]
La parola adesso passa agli oltre 400 tra artisti e professionisti del teatro che compongono la giuria popolare, chiamata a scegliere e votare i vincitori delle 14 categorie degli Olimpici, che saranno premiati l'11 settembre prossimo a Vicenza, nella classica cornice del Teatro Olimpico, in una serata trasmessa come sempre da RaiUno.
 
 

Il Giornale, 17.6.2009
«Articolo 1» Con la crisi l’homo faber diventa personaggio da romanzo

Era probabilmente inevitabile. Con tutto questo parlare di crisi l’argomento che con maggiore frequenza irrompe nelle conversazioni tra le persone adulte è il lavoro: che si ha, che si cerca di conquistare, che si è costretti a lasciare, che ci viene sottratto. Che ci permette di vivere. Un tema sul quale si interrogano sei scrittori (Articolo 1. Racconti sul lavoro di Camilleri, Cornia, Pariani, Rea, Recami e Stassi - Sellerio editore) che però rifuggono i cupi scenari condizionati dalle paure e dall’indecifrabile vuoto del futuro, le storie di precariato, lo sfruttamento. Così come si tengono lontani dalla glorificazione dell’iniziativa individuale e da esemplari vicende a lieto fine. Preferiscono parlare del lavoro come prima sostanza umana, come arte dell’«homo faber». Sei storie che guardano alla condizione umana e non ai grandi temi dell’economia e della produzione.
Pagina dopo pagina sfilano personaggi come Tano Cumbo di Andrea Camilleri, disorientato a causa della chiusura della «flabbica»; il sedicenne apprendista di Ugo Cornia che ha l’unico desiderio di comprarsi il motorino; i contadini di Laura Pariani che trascorrono i pomeriggi invernali davanti a un bicchiere dando fondo ai ricordi; il grecista in pensione di cui Ermanno Rea racconta l’amicizia con un emigrato polacco; l’impiegata delle poste tratteggiata con ironia da Francesco Recami; il malinconico pescatore di tonni di Fabio Stassi. Storie di persone in cui il lavoro è un complemento indispensabile e necessario.
Sembrano davvero lontani i tempi - fine del secolo scorso - in cui il libro di Jeremy Rifkin sulla Fine del lavoro sollevava accesi dibattiti fra governi e sindacati del mondo occidentale teorizzando che con il nuovo millennio milioni d’individui si sarebbero affacciati per la prima volta sul mercato del lavoro per ritrovarsi senza possibilità di occupazione, vittime di un’innovazione tecnologica in grado di sostituire sempre più velocemente il lavoro umano con le macchine in quasi tutti i settori e i comparti dell’economia globale. Il profetismo negativo che aveva ammaliato i lettori di Rifkin è stato abbandonato, sconfitto dalla fantasia e dal realismo letterario. Come quelli dei sei autori dei racconti che compongono la miniantologia che nel titolo è un omaggio alla nostra Costituzione.
Mario Celi
 
 

Agrigentonotizie.it, 17.6.2009
Porto Empedocle
Due gruppi dall'Italia in visita nella città di Camilleri

E' atteso a Porto Empedocle un gruppo di 50 persone dalla Liguria per l'Educational tour dell'Auser. I liguri, in arrivo domani, visiteranno il centro storico ed i lidi, e nel pomeriggio saranno ricevuti dal sindaco Calogero Firetto. Successivamente il gruppo si sposterà presso un locale di via Roma, nei pressi della statua del commissario Montalbano, per una degustazione gastronomica.
Sabato, invece, arriverà nella città marinara una delegazione di 40 persone dal Piemonte per un aperitivo al "Caffè Vigata" e l’incontro con il primo cittadino. Il gruppo, dopo il pranzo, che verrà consumato nelle trattorie tipiche della cittadina, si è dato appuntamento per una passeggiata digestiva nella spiaggia di “Marinella”, tanto cara allo scrittore Andrea Camilleri.
Erika Grado
 
 

l'Unità, 18.6.2009
Lo chef consiglia
Ghedini, le quattro parti in commedia dell’avvocato siamese del premier
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

Il Gazzettino, 18.6.2009
Luca De Fusco presenta i cartelloni 2009-2010 dei teatri Goldoni di Venezia e Verdi di Padova: in scena Melato, Pagni, Branciaroli, Lavia
«Il mio Pirandello come un reality show»
Collaborazione con Plessi per "Vestire gli ignudi". Gassman dirige e interpreta "Roman e il suo cucciolo"

Venezia. Sarà anche vero che a mezzogiorno giovani, professionisti o appassionati «stanno lavorando», come si affanna a precisare l’ufficio stampa, ma il "paese per vecchi" che riempie il Goldoni ogni qualvolta viene presentata la stagione teatrale dello Stabile sorprende e fa un po’ pensare. È davvero questo il "pubblico del teatro" che curatori, organizzatori e ideatori di rassegne si affannano a sedurre lottando contro titaniche carenze finanziarie? Ed è in base a questo pubblico che si costruiscono le stagioni? Fa così riflettere il cartellone 2009-2010 del Goldoni di Venezia e del Verdi di Padova, che ieri mattina il direttore Luca De Fusco si è divertito ad illustrare al pubblico over 60 con orgoglio e consumata ironia.
[…]
Pino Micol prova a misurarsi con la verve scoppiettante di Camilleri nel "Birraio di Preston", candidato agli Olimpici teatro come "migliore novità italiana" (solo a Padova).
[…]
Chiara Pavan
 
 

Adnkronos, 18.6.2009
Libri: a Roma si presenta 'Le due guerre, perche' l'Italia ha sconfitto il terrorismo e non la mafia' di Caselli

Roma - Dalla Torino degli anni Settanta alla Palermo dei Novanta: trentacinque anni di storia italiana attraverso lo sguardo di un protagonista della lotta contro il terrorismo di sinistra e contro la mafia. Il magistrato Gian Carlo Caselli descrive nel libro ''Le due guerre. Perche' l'Italia ha sconfitto il terrorismo e non la mafia'', (Melampo Editore pp. 160, euro 15) la sua battaglia in difesa della democrazia. Il volume verra' presentato a Roma, il 22 giugno alle 18.30, nella Sala consiliare della sede della Provincia da Andrea Camilleri e Roberto Morrione e dallo stesso Caselli.
Caselli mette in luce due guerre in difesa della democrazia, una vinta (quella contro il terrorismo), una in sospeso (quella contro la mafia). Il magistrato racconta le vicende che vanno dal processo ai capi storici delle Brigate rosse al pentimento di Patrizio Peci, dalle stragi di Capaci e via D'Amelio all'arresto di Toto' Riina e di decine di altri latitanti, passando per il caso Cossiga/Donat-Cattin e il processo a Giulio Andreotti. In mezzo, il ricordo di tanti, troppi amici che, in questa storia aspra di rischi e di eroismi, combattendo hanno perso la vita.
 
 

Il Giornale di Calabria, 18.6.2009
Immigrati: Loiero parteciperà alla giornata mondiale del rifugiato

Catanzaro. Il presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero, parteciperà alla Giornata Mondiale del Rifugiato dal titolo “Rifugiati, non solo numeri - real people, real needs” che si terrà a Roma oggi 19 giugno. […] Nel corso della Giornata verranno premiati i pescatori che hanno salvato profughi in mare. “Per Mare - al coraggio di chi salva vite umane” è infatti il nome del premio, assegnato da una giuria presieduta dallo scrittore Andrea Camilleri di cui fa parte, tra gli altri, anche Claudio Baglioni. Tra i premiati ci saranno anche l’armatore e il comandante della nave cargo turca “Pinar”, che lo scorso aprile soccorse 142 migranti su due barconi in avaria a sud di Lampedusa, ai quali verrà consegnata una menzione speciale dell’Unhcr.
 
 

l'Unità, 19.6.2009
Lo chef consiglia
L'unica manovra che può fermare il Cav. è quella di non votarlo
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

l'Unità, 20.6.2009
Lo chef consiglia
Una diabolica congiura comunista, Silvio papi non paga le donne
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

TG1, 20.6.2009
Passato/Presente
Il commissario Montalbano tra storia, letteratura e fiction

No, molti non sono stati contenti di quella faccia quando a Porto Empedocle-Vigata è comparsa la statua del commissario Montalbano. Avrebbero preferito quella di Luca Zingaretti , legata ormai al personaggio della più fortunata serie televisiva dell’ultimo decennio. C’è voluto l’intervento di Andrea Camilleri (che scrivendo aveva invece immaginato quel volto con tanti capelli e grossi baffi) e una dose di buon senso per non piazzare la statua di un attore in una città che già ha aggiunto il nome immaginario della letteratura (Vigata) a quello ufficiale di Porto Empedocle. Certo, ai turisti bisognerà spiegare bene quella statua: sono necessarie copiose note nei depliant e lezioni ad hoc per la formazione delle guide. Altrimenti, chi è mai quel signore, dato che per tutti noi il Commissario Montalbano ha la faccia di Luca Zingaretti? Ma c’è stato un vero commissario Montalbano a cui rifarsi, chiederà lo sprovveduto visitatore. Sono tante le fonti che mi hanno ispirato, ha sempre risposto Andrea Camilleri. Singolare intreccio tra letteratura, fiction tv e storia, a cui ora si può aggiungere un nuovo tassello. Sembra proprio che un vero commissario Montalbano sia esistito. Lo dimostra un documento ritrovato all’Archivio Centrale dello Stato dal Prof. Giuseppe Carlo Marino (Università di Palermo) che ha inviato al blog questo articolo. Ringrazio il Camilleri Fan Club (www.vigata.org) che ha gentilmente concesso le fotografie per l’utilizzo esclusivo in questo blog. Per saperne di più sul Montalbano televisivo visitate anche www.montalbano.rai.it. La parola allo storico Giuseppe Carlo Marino.
Roberto Olla

Con l’avallo di un raro documento ritrovato, potrà darsi il “ben ritrovato”  in cronaca, di rimbalzo dai serial televisivi, al metodico, logico e sentimentale, commissario Montalbano? Per i lettori di Andrea Camilleri il personaggio  è un po’ come la Misery che non deve morire di Stephen King. Egli si è assicurato una celebrità non inferiore a quella dello Sherlock Holmes di Conan Doyle o del Maigret di George Simenon e di altri similari predecessori. Se si eclissa per qualche tempo, sembra poi inevitabile la sua riapparizione. Ovviamente, per lui, sempre in Sicilia, con quel suo linguaggio maschio e bastardo, tra la metaforica Vigata ed altri analoghi paesi: architetture di sole e di sudore, enigmi fossilizzati, tra demoni ed ominicchi, di fronte ad un mare di favolosa bellezza.
Andrea Camilleri, com’è assai probabile, mai sarebbe così impietoso da negarlo all’attesa degli innumerevoli appassionati di quei libretti eleganti con le copertine in blu. Almeno c’è da sperarlo finché resiste la sua creazione di nuove storie.
La fantasia creativa  non sopporta le archiviazioni. E’ da immaginarsi sempre attiva, anche durante le sue pause. Lo stesso non può dirsi per la realtà storica la cui sorte inevitabile è purtroppo l’archiviazione. Ma che cosa accade se lo storico, per un fortuito esito della sua ricerca nel passato, si  trova di fronte a un documento che rende comparabile un personaggio vero, per quanto già archiviato, con un altro al quale soltanto la letteratura (il che non è poco) ha conferito la grazia  di nascere e di continuare a vivere come un soggetto inventato?
Si pone allora una questione forse irrisolvibile: se è la realtà che ha dato fondamento storico alla fantasia  (ridimensionandone così  le virtù creative) o se, al contrario, è la fantasia che, sui suoi ineffabili percorsi, ha ricostruito la realtà. Questione anodina, nel nostro caso, aperta da un documento conservato dall’Archivio Centrale dello Stato (rapporto del prefetto di Agrigento, 14 febbraio 1929, S.C.P., Repressione malandrinaggio 1930-31, b. 1), di cui è protagonista un Montalbano, commissario di polizia che operava nelle stesse contrade familiari a Camilleri.
In tempi fascisti nei quali, dopo l’operazione repressiva del prefetto Mori, la mafia era stata ufficialmente debellata (ma resisteva, ben nota, alle autorità del regime che tra loro, in segreto, continuavano a prenderne atto come di un fenomeno indomabile), quel Montalbano si rese famoso per aver risolto numerosi casi giudiziari, ben più che complicati, a lungo coperti da fitte coltri  di omertà e mistero. Tra gli altri, il caso di un certo Emilio Calafato, un avvocato agrigentino, ucciso “in  contrada Molino a Vento, contigua all’abitato, con due colpi di fucile esplosi contro di lui da persona posta all’agguato, dietro il muro limitante da un lato lo stradale percorso dalla vittima”.
Montalbano “formulò varie ipotesi, secondo la propria esperienza e la cognizione dell’ambiente e poi, indagando su ciascuna di esse e procedendo per esclusione a seconda delle risultanze, riuscì a trovare nell’attività privata del Calafato la ragione prima della sua triste fine”.
La metodologia di indagine è più o meno la stessa di cui si avvale l’eroe dei romanzi di Camilleri. Così indagando, il  Montalbano reale scoprì che la vittima del delitto, il suddetto avvocato Calafato, era stato “un protettore e consulente della mafia locale” e, specialmente, di uno dei suoi “migliori e più temuti esponenti”, ovvero “un certo Sciarabba”. Insomma, uno che oggi si direbbe appartenere al cosiddetto “terzo livello”. Il caso fu risolto provando che l’assassino era stato proprio il suddetto Sciarabba, un pregiudicato apparentemente convertitosi alla legalità (e quasi certamente al fascismo) che soltanto laboriose indagini avrebbero alla fine rivelato “capo temuto e rispettato di un pericoloso gruppo di maffia capace di qualsiasi delitto”. La stessa dinamica del delitto Calafato apparteneva ad un copione di “maffia raffinata”, sicché – si legge ancora nel documento – per l’astuto e intrepido poliziotto “il lavoro non fu né semplice né facile e fu condotto con diligenza, pazienza e attività non comuni e soprattutto con chiaro senso di responsabilità sia di fronte al proprio dovere, che rispetto all’opinione pubblica”. Non solo nel caso in questione, quel Montalbano – rilevò il prefetto – aveva messo in luce eccezionali qualità. Infaticabilmente aveva dato prova di essere capace di agire “al di là dei limiti di quello che è il dovere ordinario del funzionario di polizia”, essendo dotato di “particolari attitudini professionali, cioè attività, zelo, acume e spirito di sacrificio”, con una consapevolezza “piena ed intera del proprio dovere”, riuscendo così a “superare ogni difficoltà ambientale e personale e a rendere un servizio esemplare alla giustizia”. Insomma, possedeva al più alto livello tutte le qualità che Andrea Camilleri accredita al suo personaggio di fantasia.
Inoltre va notato che tempi e luoghi letterari e tempi e luoghi storici sembrano coincidere  perfettamente. Cambiano soltanto i dettagli anagrafici e i certificati di merito. Il Montalbano inventato da Camilleri si chiama Salvo (Salvatore), un sicilianissimo nome proprio che andrebbe a pennello anche a un qualsiasi mafioso; invece quello rivelato dalla documentazione ritrovata si chiamava Ermenegildo ed era cavaliere, nome e titolo adeguati all’elitaria burocrazia dell’Italia monarchica. In più, fu proposto per la “menzione speciale”, una gratificazione davvero eccellente nel regime fascista.
Giuseppe Carlo Marino
 
 

La Provincia Pavese, 20.6.2009
Libri in scena al teatro di Verdura

Milano. E’ con il consueto obiettivo di dare spazio alla grande letteratura italiana e internazionale che è stata organizzata la rassegna teatrale e musicale “Libri in scena” al Teatro di Verdura dalla Fondazione Biblioteca di via Senato. […] “Minnazza” con Leo Gullotta che scandisce parole dei conterranei siciliani Tomasi di Lampedusa, Pirandello, Capuana, Fava, Buttitta, Camilleri su musiche originali composte da Germano Mazzucchetti (27-28 luglio). […]
f. cor.
 
 

l'Unità, 21.6.2009
Lo chef consiglia
Da Cossiga ai Dico: in un libro Mastella si confessa
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

Corriere della Sera, 21.6.2009
Renoir
Nel cielo di Camilleri
Il cielo rubato, di Andrea Camilleri. Skira, pp. 112, 14

Irrompe il giallo nel romanzesco dossier di Camilleri. Un «gioco d'azzardo» manipola le lettere che un anziano notaio invia da Agrigento a un'affascinante giovane donna, entrata nella sua vita: «Continua fonte di sorprese», rassomiglia alla Bagnante (1910) di Renoir ed esibisce la foto di un ritratto fattole da Guttuso. Di contro, riemerge un ipotetico viaggio del maestro dell'Impressionismo nella Valle dei Templi, dove avrebbe dipinto quattro tele. Nessun documento storico a testimoniarlo, solo la «mezza paginetta» del figlio Jean. La sparizione del notaio e il memoriale del nipote avviano l'indagine di un commissario aggrappato a minimi indizi «come un naufrago alla zattera». Alla fine, l'immersione in uno spazio di fantasia conduce al recupero di un «frammento di cielo rubato».
Giuseppe Amoroso
 
 

La Sicilia, 21.6.2009
Scaffale
Camilleri in un gioco di specchi

"Andrea Camilleri. Ritratto dello scrittore" (Editing, pp. 249, € 15,00) di Marco Trainito, docente di filosofia gelese con dichiarati interessi letterari, è un'analisi colta e ampia dell'opera camilleriana condotta sulla base di una ricerca intertestuale paragonabile ad un vertiginoso, raffinato gioco di specchi in cui la figura dello scrittore empedoclino si confonde con quelle di Borges, Sciascia, Pirandello, Faulkner, Conrad, Hammett, Calvino, Aulo Gellio… Ne scaturisce un ritratto articolato e arguto che evidenzia lo spessore culturale e l'impegno civile di Camilleri sia nella veste di creatore del suo "alter ego" Montalbano sia in quella di autore di romanzi storici. Degna di nota la ricostruzione storica e letteraria di quella cultura clerico-mafiosa causa prima, per reazione, della laicità dello scrittore e da lui denunciata in testi-chiave come "La bolla di componenda" e "Voi non sapete". Saggio godibile anche da parte di chi non è un assiduo lettore di Camilleri, illuminante sulla genesi delle sue opere in particolare e della letteratura in generale.
Anna Maria Loglisci
 
 

La Repubblica, 21.6.2009
La farfalla, la tartaruga, i bracciali i regali di papi alle giovani amiche

[...]
E certo il Cavaliere non sa, perché non ha letto "Le ali della sfinge" di Camilleri, che, insomma, le farfalle possono essere anche un po' lugubri, quando sono migratorie e notturne, come quella tatuata sulla scapola di una giovane russa trovata morta, il cui caso segue il commissario Montalbano.
[...]
Alessandra Longo
 
 

La Repubblica, 22.6.2009
Tredici letture d'autore. Da domani sarà in edicola con Repubblica e l'Espresso l'audiolibro "Un filo di fumo", il romanzo di Andrea Camilleri letto ad alta voce da Fiorello.
S'avvicina un filo di fumo

Se Camilleri non si adombra, vorrei cominciare da Rosario Tindaro Fiorello, in arte Fiorello, per gli amici Fiore. Avrà sicuramente avuto maggior gloria e successo da altri palcoscenici e telecamere e microfoni, che non da questo leggero e minuto audiolibro, in pratica un cidì confezionato in un libretto rigido e brevemente introdotto da poche pagine di spiega. Però, ecco, ascoltare Fiorello che legge Camilleri, la sua voce duttile che si rifà sicula per meglio accompagnarci, indietro nel tempo, nell'isola sua e dello scrittore, è una piccola festa per chi crede che la letteratura debba e possa essere (anche) una pratica amichevole, che la cultura non sia costretta, per essere tale, a sembrare intimidatoria. L'approdo di Fiorello a Camilleri, come a tutto quanto il resto, è stato un approccio allegro. Che non vuol dire facile: Fiorello ha anche patito e si è spesso involuto, nella sua lunga e felice carriera. Vuol dire proprio allegro: l'irresponsabile allegria che ha permesso a Fiorello di sconfinare continuamente, e quasi spudoratamente, dai limiti dei suoi inizi, senza nessun timore reverenziale per i generi, né per i pregiudizi che la stagione del karaoke poteva innescare. Misteriosamente, e per una facoltà così sua, e così rara, che chiameremo irrequietezza artistica, o curiosità al cubo, Fiorello è partito dalle forme più popolari della comunicazione (animazione in un villaggio turistico) per inoltrarsi in territori anche complicati, anche raffinati. Il varietà televisivo e la radio, nonostante certi approdi d'epoca decisamente "bassi", sono occasioni teatrali di prim'ordine, per chi le sappia cogliere. La satira, così spesso ridotta a sorella maligna della goliardia, se ben pensata e ben fatta è un percorso ricco, allusivo, che stimola il pubblico, per capire che cosa si sta dicendo, a una decifrazione "colta" della scenetta o della singola gag. Proprio la scintilla di questo incontro Fiorello-Camilleri è una delle dimostrazioni più lampanti del buon uso, non banale, che Fiorello ha fatto dei generi fin qui utilizzati. Tutto parte da una fortunata parodia radiofonica, quella del Camilleri tabagista impenitente. C'è una regola dell'imitazione che considera indispensabile la larga riconoscibilità della persona imitata, o del genere parodiato. Dev'essere per questo che le parodie degli scrittori - almeno a memoria di chi scrive - si limitano, in Italia, a due soltanto: Mario Soldati imitato da Ugo Tognazzi, Andrea Camilleri imitato da Fiorello. Soldati, però, era all'epoca popolarissimo perché personaggio televisivo. Camilleri no, Camilleri è campione assoluto in libreria, ma volto e voce sono raramente in video. Imitarlo è stato uno dei tanti vezzi e dei tanti rischi di Fiorello: appunto perché è solo il divertimento (suo e dei suoi bravissimi autori radiofonici) a guidarlo. Perché il maestro Camilleri gli faceva allegria, da siculo a siculo, da fumatore a fumatore. E tanto bastava per imitarlo quasi ogni giorno alla radio. Che sia proprio "Un filo di fumo" il titolo di Camilleri affidato alla voce di Fiorello non può essere un caso. Oppure, se lo è, è il segno dell'affratellamento non comune tra uno show-man e uno scrittore, tra il mondo dei libri e quello dello spettacolo, così disgiunti, ultimamente, per la nota diceria che la cultura sarebbe cosa di pochi. La "regia acustica" è di Giuseppe Dipasquale, che ha sostenuto il racconto di Camilleri e la voce di Fiorello con la tromba di Enrico Rava, la vocalità di Olivia Sellerio, il contrabbasso jazz di Paolo Damiani e le partiture di Pietro Leveratto. Della trama del racconto, ovviamente, non va detto nulla che possa rovinare il piacere della sorpresa e dei colpi di teatro. Si parla di denaro (soprattutto di denaro) e del turbinio di passioni umane, anche pessime, che il denaro suscita. La potenza di Camilleri, come sa chiunque abbia letto qualcosa di suo, cioè moltissimi, sta tutta nella capacità di catturare il lettore (l'ascoltatore) come se le pagine che avessero già voce propria, la voce antica della "cunta", del racconto orale, quello che i vecchi facevano ai giovani. La voce di Fiorello è un piacere in più, entra nel libro con la solita naturalezza, Camilleri è un regalo che Fiorello si è fatto, facendolo anche a noi.
Michele Serra
 
 

La Repubblica, 22.6.2009
Ammaniti. I miei fantasmi nerissimi

"Come Dio comanda" di Niccolò Ammaniti inaugura la nuova collana "Noir italiano" in edicola con Repubblica o L'espresso a partire da domani.[...] Gli altri libri della serie "Noir italiano" raccontano appunto la nostra realtà attraverso storie poliziesche e criminali. Nel "Campo del vasaio" di Andrea Camilleri, il ritrovamento di un cadavere fatto a pezzi pone il commissario Montalbano di fronte a un mistero siciliano fatto soprattutto di tradimento e vendetta. [...]
Leopoldo Fabiani
 
 

l'Unità, 23.6.2009
Lo chef consiglia
Minzolini ai tempi di Prodi. È come dire che versi avrebbe scritto Dante se fosse stato Bondi
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

The Independent, 23.6.2009
Picador, £12.99
August Heat, By Andrea Camilleri
A scorching ride with a savvy sleuth

The seal of the best foreign crime writing is as much the stylish prose as the unfamiliar settings. When both ingredients are presented with the expertise shown by Andrea Camilleri, the result is immensely satisfying.
Camilleri's Sicilian copper Salvo Montalbano is now a familiar figure: a laser-sharp mind, and a gourmet whose mind constantly strays to food. We know his stamping-ground: the beautiful, sleepy territory of Vigata, languishing in the heat. In August Heat, it is omnipresent and crushing.
The novel starts with a sleight of hand, cleverly misdirecting the reader. Montalbano is dragooned into a house search for the brattish child of friends. There is no place the child could have hidden – until Montalbano discovers a hole in the ground that leads to a hidden subterranean floor. The child is there, alive. But also in the sunless room is a trunk, containing the naked body of a murdered girl.
All this is masterfully handled. But there are caveats. The author assumes that we'll know Montalbano's team of coppers and offers not a jot of characterisation (a problem for new readers). No characterisation, that is, apart from Montalbano's clownish assistant, Catarella. How do you translate a character who uses broad Sicilian argot? Does a translator (here, the admirable Stephen Sartarelli) simply render it into pidgin English? The ungainly compromises are unsatisfactory ("he's a one wherats is got a shoe store") and suggest that the idiosyncrasies of the language should be toned down in the translation process.
These are minor quibbles, with the customary sardonic rendering of Camilleri's epicurean inspector as pleasurable as ever. And the author is always a political novelist; he has Montalbano admiring the Swedish writers Sjowall and Wahloo (without naming them), and their "ferocious and justified attack" on the government. Such spleen is in Camilleri's novel, too; he takes a thrust at a "helmsman" whom Italy "would have been better off without".
Barry Forshaw
 
 

23.6.2009
Recensione
“Il cielo rubato - Dossier Renoir” di Andrea Camilleri

Dopo Caravaggio, un altro grande pittore “viene preso di mira” dalla penna inesauribile di Camilleri, Pierre-Auguste Renoir.
Può il cielo, essere rubato? Sì (anche se solo un frammento rimasto)! Se il pennello d’artista è di un sublime impressionista e se la fantasia è del nostro esimio scrittore siciliano; laddove finisce la realtà e inizia sconfinando l’immaginazione, allora tutto è possibile. Definire un noir questo scritto non solo è riduttivo, ma anche incompleto. La struttura è quella di un romanzo in forma epistolare (ricorda "I dolori del giovane Werther"): amore e arte s’intrecciano e poi il giallo, o il colore che si vuole attribuire, viene da sé. Lo scrivente, un notaio di Agrigento in preda all’amore, all’eros,  in senso socratico, si abbandona con eccessivo ardore al piacere promesso dalla bellezza di una misteriosa quanto conturbante donna e poi diventa passione e follia; perdizione del ben dell’intelletto. L’amore come la maggiore delle felicità si nutre nel notaio, che redige le  missive alla bella sconosciuta, della vista prima (la foto di un ritratto fattole da Guttuso, che ha magistralmente colto e restituito sulla tela la violenta, solare sensualità della sua carne giovane) e s’infiamma poi del  desiderio di coglierne la voluttà fisica. La voce dell’arte e la voce dell’amore confluiscono attorno alla figura di Renoir e di un  viaggio a Girgenti di cui non c’è traccia temporale in nessuna opera d’arte sul maestro impressionista. Nella nota a piè del libro l’autore dichiara come l’idea dello scritto sia stata suggerita da Eileen Romano che gli ha raccontato un piccolo mistero riguardante appunto Renoir; dalla biografia del pittore, scritta dal figlio Jean (il regista di "La Grande illusione" e di altri capolavori cinematografici), risulta che il padre compì un viaggio a Girgenti, oggi Agrigento, in data imprecisata, assieme alla moglie Aline. I biografi del pittore non registrano il viaggio. La vita di Renoir è stata ricostruita giorno dopo giorno, non esisterebbe un periodo di tempo in cui collocarlo. Allora, si chiede Camilleri, un’invenzione? Uno sfaglio della memoria di Jean? Questo ha spinto lo scrittore ad un’attenta indagine sui materiali scritti sul pittore e scoprire una maglia larga nella rete e fare delle supposizioni e darsi delle risposte, meno una: perché non è rimasta alcuna testimonianza pittorica del soggiorno girgentano di Renoir? Questo è diventato il tema conduttore del romanzo: come e perché le tele girgentane di Renoir fossero andate perdute. Ecco il lavoro di fantasia. Il testo è arricchito dalla riproduzione di alcuni quadri dell’artista, un vero e proprio inserto, su pagine plastificate, un piccolo e prezioso omaggio al lettore. A mio parere, un piccolo dipinto quest’opera camilleriana, con i colori intensi e dominanti della passione artistica, della passione erotica; l’amore senile è fiamma bruciante, stordimento, ferita dolorosa, disperazione, senza la presenza dell’amata, le giornate dell’amante sono incolori, i giorni trascorsi insieme un breve soggiorno nel giardino dell’Eden. Camilleri (nella finzione letteraria) si lascia trascinare dalla corrente travolgente della vertigine amorosa come un adolescente ai primi sussulti del cuore, senza freni si sdilinquisce e palpita! Reminiscenze, ardori tardivi? Lo stile delle lettere è quello suadente, quasi, tardo – romantico…enfatico e, a tratti, eccessivo (se si eccettuano quelle burocratiche – tecniche intestate dalla Procura della Repubblica di Agrigento); la scrittura per Camilleri è, proprio, un puro divertimento, fortuna per lui, che lo è, anche, per i suoi innumerevoli lettori.
Arcangela Cammalleri
 
 

l'Unità, 23.6.2009
Voci d'autore
Com'è nato il noir

Ci incontrammo in gran segreto, in un pomeriggio piovoso, nella residenza estiva del capo di Cosa Nostra, Francis Ford Coppola. C’erano, lo ricordo come fosse oggi, il boss emergente della Camorra, Roberto Saviano; Marcello Fois, in rappresentanza del banditismo sardo; Carlo Lucarelli, per “Falange Armata”; un anziano siciliano, del quale non ricordo il nome, che fumava una sigaretta dietro l’altra e parlava una strana lingua a metà fra l’italiano e un vecchio dialetto dimenticato; c’erano un marsigliese che beveva whisky; uno di Barcellona che cucinava piatti pesantissimi; un paio di svedesi alti, biondi e lenti. E c’ero anch’io, capo “pro-tempore” della Banda della Magliana.
Sedemmo intorno a una scrivania sulla quale troneggiava un ritratto di Michael Corleone e decidemmo di fare tutti insieme qualcosa di importante per risollevare l’immagine ormai consunta del crimine. In quanto malvagi per definizione, ci sentivamo sempre più a disagio in un mondo che aveva evidentemente scelto il Bene, dove tutti vivevano felici e contenti, la corruzione era stata totalmente debellata, la cocaina passava di moda, le escort avevano smesso di vendersi al miglior offerente e la giustizia funzionava indiscutibilmente senza intoppi e a pieno regime.
Sì, bisognava fare qualcosa. E ciascuno avrebbe dato il suo contributo. Personalmente, fu proprio in quel momento che concepii l’idea di «Romanzo Criminale», un’opera destinata a fomentare la gioventù e destabilizzare l’ordine pubblico nella quieta città di Roma. Il resto lo conoscete, è storia nota, compreso l’affettuoso sostegno ricevuto dal capo della Spectre: mister Murdoch.
Giancarlo De Cataldo
 
 

ANSA, 23.6.2009
Estate Romana: apre Camilleri
La manifestazione inizia venerdi', tema centrale sara' il Noir

Roma - Per l'Estate Romana, venerdi' parte il Trastevere Noir Festival. Dodici gli incontri: inaugura Camilleri e chiude la Bartlett. La letteratura noir sara' il tema centrale della nuova edizione della manifestazione romana che quest'anno avra' un doppio appuntamento: oltre al Trastevere Noir Festival e alle sue rappresentazioni teatrali ci sara' il Trastevere Noir Fiction, per le serie tv. Grandi i nomi che presenzieranno: da Giancarlo De Cataldo a Loriano Macchiavelli.
 
 

Il Mattino, 23.6.2009
L’altra faccia di Petra
Giménez-Bartlett: ora narrerò l’Italia

«Chiederò ai miei contatti nella polizia, magari anche all’Interpol, di spiegarmi come si svolge un’indagine internazionale, così Petra potrà viaggiare finalmente in Italia per lavorare al suo nuovo caso. Sarà il mio personale omaggio ai lettori italiani». A differenza della sua creatura letteraria, lei, Alicia Giménez-Bartlett, la signora del giallo della letteratura iberica, in Italia è di casa e il suo ultimo romanzo, "Il silenzio dei chiostri", l’ottavo della serie che ha per protagonista la sua popolare eroina, la detective Petra Delgado, è da settimane ai primi posti della classifica dei libri più venduti.
[...]
E la Bartlett non è stufa dell’etichetta di Camilleri spagnola?
«Al contrario, ne sono molto orgogliosa. Camilleri è un maestro, con una grande vivacità di scrittura e molto amato».
[...]
Paola Del Vecchio
 
 

Messaggero Veneto, 23.6.2009
Nella biblioteca pubblica piazza vitale del sapere
"Le piazze del sapere. Biblioteche e libertà" di Antonella Agnoli Laterza, XII-172 pagine – 18,00 euro

Quello di Antonella Agnoli – una tra le più affermate bibliotecarie italiane, viaggiatrice curiosa e instancabile fra le biblioteche di Europa e Stati Uniti e ora consulente per gli Idea Stores di Londra – è un libro di cui si sentiva la mancanza.
[...]
Il libro di Antonella Agnoli è scandito in undici capitoli, a incipit dei quali vi sono citazioni letterarie di straordinaria intensità e bellezza, da Andrea Camilleri a Rex Stout, da Harlan Coben a Joe Lansdale.
[...]
Romano Vecchiet
 
 

MicroMega, 24.6.2009
Caselli e Camilleri: terrorismo e mafia, due guerre e una sola vittoria
Il video della presentazione di "Le due guerre" (Melampo Editore), il nuovo libro del Procuratore di Torino Giancarlo Caselli. Con gli interventi di Andrea Camilleri e Roberto Morrione.
Cliccare qui per vedere il video
 
 

l'Unità, 24.6.2009
Lo chef consiglia
La mirabile caduta dei voti Pdl e la escort munita di registratore
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

Il Messaggero, 24.6.2009
Un nuovo festival in uno dei quartieri più amati della città: letteratura e teatro
Trastevere in giallo e noir
Dal 26 al 28 giugno e dal 3 al 5 luglio: gli scrittori del genere incontrano il pubblico. I grandi misteri romani e i polizieschi anni ’70

Per 2 weekend uno dei più tradizionali e famosi quartieri della Capitale ospiterà una manifestazione totalmente nuova nel panorama dell’Estate Romana, promossa dal Comune di Roma: il Trastevere Noir Festival. Dal 26 al 28 giugno e dal 3 al 5 luglio, narrativa, teatro e fiction si uniscono per celebrare il genere più di successo degli ultimi 10 anni, il più trasversale. «La ratio del Festival - ha spiegato ieri Marco Panella, consigliere del Consorzio Romarte di Confcooperative che ha organizzato la manifestazione - è trasformare Trastevere in un luogo letterario, arricchendo e rinnovando la sua immagine. I vicoli, le luci, le ombre l’hanno inevitabilmente sposato con il genere noir».
Il Festival, che si sviluppa in diverse rassegne, prevede nella cornice del Museo di Roma in Trastevere (piazza Sant’Egidio 1) Gli scrittori del nero raccontano: sei serate a cura di Paolo Petroni. Si apre con Andrea Camilleri (26 giugno, ore 18,30).
[...]
Claudia Rocco
 
 

CFO-News, 24.6.2009
Vous ne savez pas
Vous ne savez pas - Andrea Camilleri - Editions Fayard - Date de Parution : 15/04/2009 - Collection : Littérature Etrangère
Traduit de l’italien par Dominique Vittoz
Titre de l'œuvre originale : Voi non sapete

Pendant les quarante-trois ans que dura sa cavale, le boss de la mafia sicilienne Bernardo Provenzano communiqua avec ses hommes de main par le biais de messages tapés sur de minuscules bouts de papier, des pizzini. À partir de certains de ces billets auxquels il a eu accès, Andrea Camilleri compose un abécédaire de la mafia sicilienne en classant par thèmes les questions abordées par Bernardo Provenzano.
À travers ce document instructif, vivant, de première main et qui s’appuie sur des études d’historiens spécialistes de la mafia, se dessine la biographie de celui qui, après l’arrestation de Totò Riina, devint le chef suprême de Cosa Nostra.
 
 

Il Mattino, 24.6.2009
I due volti di Camilleri
Montalbano indagine su Renoir

La bulimia di Andrea Camilleri comincia a diventare imbarazzante. Se scavassi nelle pile tremolanti che ingombrano oltre l’immaginabile tavoli e scrivanie di casa, troverei almeno quattro o cinque nuovi libri dell’ottantacinquenne scrittore siciliano, che del resto quasi monopolizza le classifiche, facendoci entrare anche un editore d’arte come Skira, per il quale si tratta di evento certamente non abituale. Soffermandoci solo sugli ultimi due titoli, partiamo proprio da "Il cielo rubato", sottotitolo "Dossier Renoir", pubblicato dalla casa editrice italo-svizzera (pagine 110, euro 14). Qui, a smuovere l’interesse di Camilleri (che, ricordiamo, non molto tempo fa si era occupato di Caravaggio e poi ancora di Guttuso) è l’ipotesi che il maestro francese possa aver visitato Girgenti - cosa che a nessun biografo risulta - dipingendovi quattro quadri che sarebbero poi misteriosamente scomparsi. Di qui, il breve romanzo, fatto di lettere, di un memoriale e di alcuni rapporti ufficiali (ovviamente fantastici) con al centro un anziano notaio agrigentino, autore, in gioventù, di un libro sul maestro impressionista. Un’avventuriera bella e misteriosa mostra interesse per quel lontano esercizio, solletica la vanità del notaio, poi i suoi trasporti amorosi, fino a uno sviluppo drammatico imprevedibile, che è bene lasciare nel vago. Un giallo in piena regola, che conferma - se ce ne fosse bisogno - che tra le mani sapienti del creatore di Montalbano, tutto, ma proprio tutto, può acquisire spessore romanzesco e avvincere il lettore. L’amato commissario lo ritroviamo nell’altro libro da poco uscito, "La danza del gabbiano", pubblicato, come i tredici che l’hanno preceduto, da Sellerio (pagg. 272, euro 13) e primo nella classifica dei più venduti. Ormai cinquantasettenne (forse è la prima volta che la sua età viene enunciata con tanta precisione), Montalbano è più stanco e sconfortato che mai, costretto com’è a fare i conti con «le vicchiaglie», con la soffocante burocrazia, con le sconcertanti evoluzioni della politica. In più, in questa circostanza, è costretto a fare a meno della collaborazione del fedelissimo Fazio, per la semplice ragione che l’ispettore è da alcuni giorni scomparso senza lasciar traccia, suscitando le preoccupazioni sempre più vive della «sò mogliere» e naturalmente dello stesso Montalbano, che ritrova d’un colpo tutte le sue energie per scoprire che fine ha fatto il suo collaboratore più fidato. Ne verrà fuori un verminaio niente male, che coinvolge un boss mafioso e vari personaggi cosiddetti insospettabili, anche se al punto in cui siamo arrivati, in Italia, di insospettabile non c’è più nessuno. Condotto con la consueta maestria, e con l’uso sempre più insistito e compiaciuto di quella mistura tra lingua e dialetto che di Camilleri è la caratteristica, il romanzo si legge con amaro diletto, dal momento che lo sconforto di Montalbano non è altro che la proiezione di un fenomeno sociale molto diffuso. Non mancano, in questa circostanza, un paio di strizzatine d’occhio metaletterarie che vanno segnalate: Montalbano evita un certo luogo perché ci stanno girando la serie televisiva a lui dedicata e non vuol confrontarsi con l’attore Zingaretti che lo interpreta; e si pone il problema, a un certo punto, di cosa penserà Camilleri della storia che sta vivendo.
Felice Piemontese
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 24.6.2009
Il cartellone del Biondo
Rosso, Maraini e Pirandello lo Stabile riscopre i siciliani
Apre "Marionette che passione", tra gli ospiti Pirrotta e Collovà

Sei nuove produzioni tra classici e nuove drammaturgie, con i riflettori puntati sui talentuosi attori della nuova compagnia dello Stabile. E poi i testi dei siciliani, da Dacia Maraini a Vincenzo Rabito fino al "Birraio" di Camilleri [...]. È la nuova stagione del Teatro Biondo allestita da Pietro Carriglio. [...]
Laura Nobile
 
 

Il Tirreno, 24.6.2009
Fotografie, storie e racconti per il Fiora di oggi, ieri e domani

Santa Fiora. La storia dell’acquedotto del Fiora, le tappe, l’attualità e le prospettive future, in un prezioso libro edito da Effigi di Mario Papalini che è riuscito a mettere insieme le voci degli attori della socoetà, le ricerche, le immagini e le foto di archivio. «Acquedotto del Fiora, ieri, oggi e domani» è il titolo dell’opera, che dopo un omaggio a Andrea Camilleri che in un intervento a Santa Fiora aveva parlato della risorsa acqua e che per questo viene citato, si apre con un contributo del presidente del Fiora Claudio Ceroni.
[...]
f.b.
 
 

l'Unità, 25.6.2009
Lo chef consiglia
Il guinness di Minzolini il «bucatore volontario di notizie»
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

Mentelocale.it, 25.6.2009
Convegno di studi su Marcello Venturi: presenta Andrea Camilleri
Ovada. Venerdì 26 e sabato 27 giugno 2009 si terrà il convegno di studi “Marcello Venturi. Gli anni e gli inganni”.

[…]
Ad aprire la manifestazione sarà Andrea Camilleri, che ha tra l'altro introdotto la ristampa del romanzo “L'ultimo veliero” fatta da Sellerio (2007, seconda edizione 2008): il suo intervento (in video) sarà un omaggio al Venturi scrittore.
[…]
 
 

La Sicilia, 25.6.2009
Teatro Stabile. Nuova produzione dal 30 giugno al Cortile Platamone
«Un gioco drammaturgico basato sul nulla e sul tutto»
Camilleri racconta il suo «Troppu trafficu ppi nenti»

Catania. Maestro nel distillare l'essenza della vita, simpatico allo spasimo, intelligenza superiore, scrittore e intellettuale senza confini, orgoglio della nostra terra: Andrea Camilleri. E' una sorta di Re Mida della parola scritta, qualunque cosa firmi è un successo, i suoi libri scalano vertiginosamente le classifiche e sono tradotti in tutto il mondo, gli spettatori riempiono i teatri per le sue riduzioni. Il suo rapporto con il teatro è un antico idillio sempre vitale, da anni in tandem con Giuseppe Dipasquale, attualmente direttore del Teatro Stabile di Catania, firmano spettacoli originali e che riscuotono un tale successo da essere ciclicamente riproposti. Dopo la ripresa de «Il Birraio di Preston» che quest'anno girerà l'Italia in lungo e in largo in tournèe per tutta la stagione, e la prevista rimessa in scena de «La concessione del telefono» inserita nel cartellone 2009 del TSC, adesso tocca a «Troppu trafficu ppi nenti» la traduzione siciliana del capolavoro shakespeariano «Molto rumore per nulla» riveduta e corretta dal grande autore empedocleo, per la regia di Giuseppe Dipasquale al debutto in «Estatestabile» al Cortile Platamone il 30 giugno. Molti gli interpreti tra cui: Angelo Tosto, Alessandra Costanzo, Gianpaolo Poddighe, Mimmo Mignemi, Filippo Brazzaventre, Piero Montandon, Valeria Contadino. Testo manifesto del Bardo, tra i più frequentati, ambientato in un'esplosiva Messina dal profumo estivo, racconta il trionfo dell'amore su tutto, sulle congiure, sulle famiglie contrarie, sui battibecchi della fiera Beatrice e il mordace Benedetto, affrontando con "leggerezza" i temi del grande teatro shakespeariano: l'essere e apparire, il doppio, le maschere umane. Tutto questo rivive in vernacolo, grazie all'estro del papà di Montalbano, che si inventa un linguaggio straordinariamente meticciato in dialetto sicul-camilleriano. Ma ascoltiamo l'autore. Lo raggiungiamo telefonicamente a Roma e si sviluppa una conversazione tra il serio e il faceto, condita dalla sua proverbiale affabilità e sarcasmo.
Maestro ci racconta la genesi e l'evoluzione del «trafficusu» testo?
«La prima edizione risale al 2000, quando Enzo Bianco mi diede l' incarico di direttore artistico per l'Estate Catanese. Con Dipasquale ci venne in mente di mettere in scena un testo del Bardo e la scelta cadde subito sul "Molto Rumore" sia per la buffa traduzione del titolo, per il perfetto gioco drammaturgico basato su un nulla che invece dice tutto e per escogitare un gustoso antefatto sulla vera origine di Shakespeare. Fingendo di aver trovato un testo inedito, lo attribuimmo a un tal Messer Angelo Florio Scrollalanza, un siciliano fuggiasco in Inghilterra, nato intorno alla metà del '500 di origine quacchera, perseguitato per motivi religiosi. Si rifugiò prima alle isole Eolie, poi a Messina, per finire a Stratford, dove l'oste ubriacone che lo ospitava lo chiamava William e il cognome tradotto diventava "shake the speare" quindi Shakespeare. Per noi uno scherzo, ma -aggiunge ridendo- ci sono studiosi che credono veramente a questa ipotesi. Il mio rapporto con il grande Bardo nasce da un evento che definirei di una malinconia spaventosa. A causa di un avvelenamento da funghi finii in ospedale, non esagero credetemi in fin di vita. In quei momenti, quando pensi che stai per tirare le cuoia, ripercorri la tua esistenza e pensi a ciò che non hai potuto fare. Mi accorsi che non avevo mai messo in scena Shakespeare e Cechov. Guarito riparai immediatamente alla grave mancanza, e così nacque "Troppu trafficu". Mi sono divertito da matti a tradurlo, ho usato uno stile popolare, ispirandomi più al dialetto di Martoglio e meno a quello raffinato di origine pirandelliana. Sono felice che ritorni sulla scena con il Teatro Stabile di Catania, come sempre con la regia di Giuseppe, mio compagno di fortunate scorribande teatrali, completato dalla presenza di un gruppo di attori collaudati e bravissimi. Spero che abbiano il successo che meritano anche a Roma dove debutteranno al Globe a metà luglio».
Ci dà la sua ricetta per la felicità?
«Per me sentirmi appagato è la vita che conduco, attuare esattamente quello che con entusiasmo faccio tutti i giorni. Bisogna cautelarsi non vedendo la televisione, ci spiattella indecorosamente i dolori del mondo offeso, evitatela. Per il resto non vedo l'ora di rifugiarmi nella mia casetta in montagna, tanto i montalbaniani sono al sicuro ho scritto molti altri episodi sul commissario, così posso godermi in pace le mie sospirate vacanze».
Francesca Motta

La pièce
Shakespeare e Camilleri
"Troppu trafficu ppi nenti" da "Molto rumore per nulla" di Shakespeare, traduzione e revisione di Andrea Camilleri, regia di Giuseppe Dipasquale, con G. P. Poddighe, P. Montandon, A. Tosto, A. Costanzo, M. Mignemi, F. Brazzaventre, V. Contadino, T. Lo Presti, P. Milazzo, R. Ragonese, C. Seminara, S. Seminara, R. Maria Tarci, A. Toscano, G. Vasta
 
 

l'Unità, 25.6.2009
Camilleri: «Accogliere le vittime per impedire altri Olocausti»

Venerdì sera, 26 giugno, in occasione della giornata mondiale in sostegno alle vittime di tortura, al Teatro India di Roma, alle 21, andrà in scena lo spettacolo Voci di Babele. Un'iniziativa organizzata dal Centro italiano per i rifugiati nell'ambito del progetto per l'accoglienza e la cura delle vittime di Tortura. Regia di Nube Sandoval e Bernardo Rey. Protagonisti dodici rifugiati, vittime di tortura, fuggiti da Eritrea, Libia, Turchia, Congo, Afghanistan, nel nostro paese. Andrea Camilleri li ha incontrati durante le prove che si sono svolte per mesi su un barcone lungo il Tevere. Ed è rimasto molto impressionato dal loro esperimento teatrale - «elaborare la propria esperienza traendo forza e conforto dalla stessa medesima esperienza subita dagli altri». Ne è nato uno scambio molto inteso. E un video (CLICCATE QUI PER VEDERLO) in cui lo scrittore italiano osserva gli attori, conversa con loro. E non risparmia l'invettiva contro chi pensa di poterli rispedire indietro senza porsi nessun problema.
«Se questa gente viene intercettata in mare e rispedita indietro, ma questa è una meraviglia di dio perché non sentiremo più i loro lamenti e le loro richieste», inveisce con amara ironia: «Anche perché altrimenti dovremmo cominciare a fare delle noiosissime selezioni per vedere chi ha fatto richiesta di asilo. Invece se le respingiamo tutte assieme è come chiudere una porta e non sentire più nulla e dormire sonni tranquilli».
Se questa sera andrete a teatro a vedere Voci di Babele invece farete proprio l'esercizio contrario. Quello che suggerirà la scena allestita dal Cir, dai dodici "attori" che hanno accettato di raccontarsi attraverso il teatro, e dai registi Nube Sandoval e Bernardo Rey, un messaggio di tutt'altro segno: «Anche a noi, seduti da quest'altra parte, può succedere lo stesso in qualsiasi momento», scandisce Camilleri. È la regola del teatro. Un esercizio di immedesimazione che serve «non solo di esorcizzare ma anche di prevenire». Perché «sembra follia dirlo, sembra detto da un vecchio pessimista, ma l'Olocausto si può ripetere in qualsiasi momento in un mondo così instabile, dove la realtà, la loro realtà viene costantemente rifiutata e non voluta vedere», avverte lo scrittore siciliano, che traccia una breve storia della tortura. Nel mondo e in Italia. «Cos'è la tortura l'ho imparato a scuola leggendo Manzoni, che infondo ai Promessi Sposi ci ha messo poche pagine, Storia della colonna infame, dove c'è il risultato che si ottiene torturando delle persone fino al punto di far dire a una di queste persone perché la tortura finisca: “Ditemi cosa volete che io vi dica”». Morale: «La tortura non è mai una strada per la verità o per qualsiasi altra cosa, è sempre una via per la menzogna attraverso l'avvilimento totale dell'individuo torturato».
«La tortura - avverte lo scrittore di Porto Empedocle - è una storia vecchia quanto l'uomo. Ci abbiamo messo milioni di anni per raggiungere la civiltà, fatta di rapporti anche tra nemici e avversari. E tutto questo viene annullato in un attimo».
Mariagrazia Gerina
 
 

l'Unità, 26.6.2009
Lo chef consiglia
Di lotta e di governo: le zoccole di Calderoli e i gay di Gasparri
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

La Repubblica (ed. di Roma), 26.6.2009
Appuntamenti
Noir festival

Per "Gli scrittori del nero raccontano" alle 18.30 incontro con Andrea Camilleri e alle 20 con Marco Vichi su "Scrivere storie è sempre un giallo". Al Museo di Roma in Trastevere in p.zza S. Egidio 1/b, ingr. libero.
 
 

L'espresso, 26.6.2009
“Ilcampo del vasaio”
Noir italiano Andrea Camilleri
Un terreno buono solo per la creta. Un cadavere in 30 pezzi. E una femme fatale. Storia di mafie e tradimenti
Martedì 30 il 2° di 1O volumi a 7,90 euro in più con L'espresso o Repubblica

In una notte di fulmini e saette in una marana sgarupata e melmosa affiora un sacco nero della spazza­tura con un cadavere «depezzato» in 30 parti. Siamo nella tredicesi­ma avventura del Commissario Montalba­no firmata Andrea Camilleri, secondo tito­lo della collana Noir Italiano che contiene altri otto autori tra cui Augias, Carofiglio, De Cataldo, Lucarelli, Scerbanenco. Un «catafero» sparato alla nuca e poi macella­to: è come se la mafia ci abbia messo la fir­ma, visto che il trattamento è quello riser­vato storicamente nelle vendette mafiose a chi ha tradito. È proprio il tradimento, l'al­ternarsi implacabile di verità e menzogna, il fulcro di questo bel giallo di Camilleri, in cui non manca la dark lady; è la co­lombiana Dolores, bellissima fimmina imparentata con i Sinagra, insieme ai Cuf­faro la famiglia mafiosa più potente di Vi­gàta. Ancora una volta Camilleri, il Mai­gret siciliano come l'hanno chiamato i fan, non delude. Se la prende con banchie­ri-bancari corrotti e con la gente ricca, “sempre camurrio­sa”. Sottolineando la differenza tra la mafia di oggi, che spara a chiunque senza spiegazioni, e quella di una volta, maestra di semiologia, con i suoi precisi e coloriti messaggi di morte.
Maria Simonetti
 
 

Il Venerdì, 26.6.2009
Va ora in onda...
Fiction. Moana e le altre: le nostre serate tv saranno fatte in serie
Quel che preparano le reti per la stagione che verrà. Tra ritorni ("Tutti pazzi per amore", "Romanzo criminale"), novità e tagli per la crisi. Che rivoluzionano i cast

[...]
"Una star" spiega Pietro Valsecchi, produttore per Mediaset con la sua Taodue di serie come "Nassirya" e "L'ultimo padrino" "costa parecchio: da 400 mila fino ad un milione di euro per fiction. Ma non sempre il nome di punta garantisce la riuscita di un prodotto. A parte Zingaretti in "Montalbano", tutte le star sono sostituibili".
[...]
Elena Martelli
 
 

l'Unità, 26.6.2009
La fabbrica dei libri
La terza giovinezza di La Capria

[...]
Perché La Capria ha pubblicato più negli ultimi otto-nove anni che nel cinquantennio precedente: nel 2003 eccolo consacrato a «classico» nei Meridiani (primo italiano vivente? Poi, nel 2004, arriverà Camilleri).
[...]
Maria Serena Palieri
 
 

l'Unità, 27.6.2009
Lo chef consiglia
I numeri di Berlusconi: ho il 61% di gradimento. Ma non era al 72%?
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

L’Unione Sarda, 27.6.2009
Camilleri contro la sua creatura: "Butterei a mare Montalbano"
"Butterei al mare Montalbano". Così Andrea Camilleri ha aperto oggi il 'Trastevere Noir Festival', a cura di Paolo Petroni. "Sono grato a Montalbano, ma ne volevo scrivere solo due -ha spiegato Camilleri durante l'incontro-. Poi mi sono messo alla prova e ho visto se ero capace di scrivere un romanzo dalla a alla z come Snoopy"

Camilleri ha parlato e commentato la sua opera letteraria sia il personaggio Montalbano che i suoi romanzi a lui più cari come la 'Trilogia delle Metamorfosi' e il suo ultimo 'Un sabato con gli amici'. Al Festival Noir non poteva non parlare del genere 'giallo': "mi metto dentro una gabbia come scrisse Sciascia - ha detto Camilleri - il giallo deve rispettare delle regole. Quando ho deciso questo ho scritto 'La forma dell'acqua'. Lo scrittore si è fermato anche sull'ultimo episodio del commissario Montalbano, "La danza del gabbiano". "L'ho scritto quattro anni fa. E temendo l'incalzare dell'Alzheimer ho dato alla Sellerio la fine di Montalbano", ha spiegato lo scrittore che poi ha specificato "si tratta di metaromanzo" [si tratta dell'inedito “Riccardino”, NdCFC]. "'Un sabato con gli amici' è un romanzo "senza regole" ha spiegato Camilleri. Io scrivo per piani-seguenza e questo libro è un montaggio frenetico come i film di oggi". Camilleri, che naturalmente durante l'incontro ha sottolineato l'importanza dell'uso del dialetto come "eredità di Pirandello", ha poi concluso la sua apertura del 'Trastevere Noir Festival' con un augurio: "che abbia successo perché aiuta a diffondere la lettura. Ritengo un dovere essere qua. Purché la gente legga farei patti con il diavolo e carte false".
 
 

Il Messaggero (ed. di Viterbo), 27.6.2009
Teatro a Ferento, si comincia con Battiato

Teatro classico, musica, danza, letteratura e anche un pizzico di trasgressione. Un cartellone poliedrico per la stagione 2009 del festival di Ferento, organizzato dalla Provincia in collaborazione col consorzio Teatro Tuscia.
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Leo Gullotta torna, poi, a Ferento il 22 con “Minnazza, spettacolo per voce solista su prose e liriche siciliane, di autori del calibro di Pirandello, Camilleri e Tomasi di Lampedusa, per la regia di Fabio Grossi.
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La Stampa, 28.6.2009
A vent'anni dalla morte
"Sciascia? Qua nessuno lo canusce"
A Racalmuto per incontrare lo scrittore. Ma tutto il paese si prodiga per nasconderlo al visitatore sconosciuto
Andrea Camilleri
 
 

l'Unità, 28.6.2009
Sguardi d'autore
In esclusiva. Scrittori siciliani a confronto: una riflessione di Camilleri sul delicato rapporto tra l’autore de «Il fu Mattia Pascal» e la settima arte
E il cinema incontrò Pirandello
Il festival. “Il Cinema ritrovato”
Si è aperto alla Cineteca di Bologna il «Cinema Ritrovato» dedicato ai film rari e poco noti delle origini del cinema. Stasera verrà proiettato «Feu Mathias Pascal» di Marcel L’Herbier (1925). Il testo in questa pagina è tratto da un intervento video di Camilleri a cura di Cristiano Governa.
Il programma. Tra gli appuntamenti della rassegna, che propone più di 250 i titoli fino al 4 luglio, la prima italiana di «Senso» di Visconti, una ricca personale di Vittorio Cottafavi, tutto Maciste (tra cui «Maciste» di Luigi Romano Borgnetto e Vincenzo Denizot del 1915), un ciclo su Frank Capra e uno sull’immagine degli ebrei nel cinema russo e sovietico.
Andrea Camilleri
 
 

l'Unità, 28.6.2009
Lo chef consiglia
La dieta del Monte Athos, Berlusconi e gli amori del «gioveRdì»
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

Il Tempo, 28.6.2009
Luca Zingaretti pronto a reinterpretare il celebre personaggio. Ma Viale Mazzini non si sbilancia
«Montalbano schiavo della Rai»
L'artista È meglio la buona tv popolare che il cattivo cinema d'autore

Il 48enne Luca Zingaretti, pur essendo un «fautore della lentezza perché permette di capire meglio le cose», lavora però di continuo. Romano di nascita ma siciliano per adozione artistica, grazie al suo celebre personaggio televisivo, il Commissario Montalbano, Zingaretti sta girando tre film e ha appena finito di curare il suo festival «Hai visto mai?», giunto alla quarta edizione e incentrato su documentari «con temi sociali e di costume». Zingaretti, ma che fine ha fatto Montalbano, il suo personaggio ideato dallo scrittore Camilleri, il quale, proprio l'altro ieri, ha svelato che vorrebbe «buttare a mare» il noto commissario? «Dal 1999 ad oggi ho girato ben 18 film nei panni del poliziotto siciliano scaturito dalla penna di Andrea Camilleri. Se ci saranno altri episodi non lo so, perché per dire sì o no le proposte devono fartele. E dalla Rai finora non è arrivata alcuna notizia. Tutto tace. Ma io sono pronto. Quella volta, anni fa, sbagliai a dire basta. Ci ho ripensato dopo che era una stupidaggine e non certo per una questione di soldi. Ormai Montalbano è per me come un vecchio amico, la Sicilia mi manca e con Sironi ci capiamo al volo. So che ormai esistono persino dei tour per visitare i luoghi di Montalbano. Forse, l'unica cosa da cambiare riguarda le gag: stanno diventando un po' troppo meccaniche e ripetitive».
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Il Foglio, 29.6.2009
Il finanziere condannato a 150 anni di carcere
Madoff e i suoi fratelli
In principio fu lo schema Ponzi. Uomini e genialità di una internazionale della truffa. Dall’Albania a Wall Street

Dal Foglio del 3 gennaio 2009
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In realtà era solo una “piramide finanziaria”.
Una delle spiegazioni più efficaci del concetto è forse quella che Mimì dà a Montalbano nel romanzo di Andrea Camilleri “L’odore della notte”. “Metti conto che tu mi affidi un milione per farlo fruttare. Io, dopo sei mesi, ti do duecentomila lire d’interessi, il venti per cento. E’ un tasso altissimo, e la voce si sparge. Arriva un altro amico tuo e mi affida il suo milione. Alla fine del secondo semestre, io do a te altre duecentomila lire e altrettante ne do al tuo amico. A questo punto decido di sparire. E mi sono guadagnato un milione e quattrocentomila lire. Levaci quattrocentomila di spese varie, la conclusione è che mi metto in tasca un milione netto”. Solo che il commissario televisivo se la prende poi col Villaggio Globale. “‘Minchia. Tutta colpa della televisione’, fece Montalbano. ‘Che c’entra la televisione’. ‘C’entra. Non c’è telegiornale che non ti tempesti con la Borsa, il Nasdaq, il Dow Jones, il Mibtel, la Minchiatel… La gente s’impressiona, non ci capisce niente, sa che si rischia ma che si può guadagnare, e si getta tra le braccia del primo imbroglione che passa”. Ma uno come Madoff è di calibro ben al di sopra del “primo imbroglione che passa” a incantare gli sprovveduti provinciali dell’immaginaria Vigàta.
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Maurizio Stefanini
 
 

Rainews24, 30.6.2009
Il Caffè
Intervista ad Andrea Camilleri
Corradino Mineo intervista il papà di Montalbano che presenta il suo ultimo libro “Un inverno italiano” una raccolta degli articoli comparsi nella rubrica “Lo chef consiglia” su l’Unità
 
 

l'Unità, 30.6.2009
Lo chef consiglia
Petulanti con Mina ma petulanti anche con i signor Nessuno
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

Il Mattino (ed. di Salerno), 30.6.2009
S. Giorgio
Festival del noir

Il noir mediterraneo tra cinema e letteratura sarà esplorato con incontri e proiezioni, dal 2 al 4 luglio, a Castel San Giorgio, nella prima edizione del «Jean Claude Izzo Festival», rassegna-omaggio allo scrittore marsigliese, considerato tra i maestri del noir mediterraneo e figlio di un sangiorgese emigrato giovanissimo in Francia, curata da Marco Pistoia (cinema) e Brigida Corrado (letteratura).
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Il festival si aprirà giovedì prossimo (piazza della Concordia, ore 20), con la proiezione di una video-intervista ad Andrea Camilleri, in cui racconta Jean Claude Izzo.
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La Sicilia, 30.6.2009
Estatestabile. Alle 20,45 al Cortile Platamone riedizione di «Troppu trafficu ppi nenti» di Camilleri e Dipasquale
Trame, complotti, eros n una Messina assolata
Un «niente» shakespeariano che diventa siciliano
Catania. Debutta stasera alle 20.45 al Cortile Platamone per "Estatestabile" lo spettacolo "Troppu trafficu ppi nenti" adattamento di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale da "Molto rumore per nulla" di William Shakespeare. Regia di Giuseppe Dipasquale. Costumi di Giuseppe Andolfo. Musiche di Massimiliano Pace. Coreografie di Donatella Capraro. Luci di Franco Buzzanca. Interpreti: Gian Paolo Poddighe, Angelo Tosto, Alessandra Costanzo, Mimmo Mignemi, Pietro Montandon, Filippo Brazzaventre, Valeria Contadino, Toni Lo Presti, Plinio Milazzo, Raniela Ragonese, Chiara Seminara, Riccardo Maria Tarci, Aldo Toscano, Giovanni Vasta. In replica fino al 12 luglio.

Che succede, se due artisti mattacchioni si divertono a cambiare i natali al Bardo e decidono di tradurlo in un siciliano reinventato? Il capolavoro più "meridionale" di Sir William Shakespeare il famoso "Molto rumore per nulla" si trasforma in "Troppu trafficu ppi nenti" a firma della premiata ditta Camilleri-Dipasquale. Variazione sul tema rispettandone la trama originale, scardinando la lingua senza sminuire la magia della parola shakespeariana. In una Messina assolata, crocevia di odori e rumori orientaleggianti, si dipana la trama intrisa di metafore in stile commedia dell’arte, ci si interroga su vero e falso, sul corteggiamento, sui sentimenti e l’eros . Trame e complotti amorosi in una giostra di intrighi, per questa riedizione prodotta dal Teatro Stabile di Catania, con un cast di attori quasi tutti già presenti nelle passate edizioni dello spettacolo, che con successo è stato presentato anche in Romania e Polonia. A vestire i panni di Biniduttu è Angelo Tosto: "E' un cuor contento, salace, amante del battibecco. Un puro, amo la sua lealtà e onestà, la sento sulla pelle, mi somiglia. La linguacciuta dal cuore tenero Biatrici è Alessandra Costanzo: "Sono Beatrice in scena e nella vita, tre quarti di quello che dico sul palcoscenico, lo penso veramente. Per me è un personaggio catartico mi immergo corpo, anima e cuore, mi dà l’ occasione di far trasparire la femminilità in tutte le sfumature, ferro e fuoco ma anche la dolcezza dell’amore. La seconda coppia è formata dal cinico Claudio di Plinio Milazzo: "Una carognetta ama Eru ma anche i suoi soldi, la mortifica tacciandola di tradimento. Eru è Valeria Contadino: "Io la identifico con la sicilianità, solare e ingenua, incastrata nelle trame degli equivoci. Per dirla in gergo è la classica ragazza "babba", si vuole divertire ma ama davvero Claudio. Il principe Don Petru è nobilmente tratteggiato da Pietro Montandon: "Grande tessitore, con le sue arti irretisce tutti. E’ un uomo dallo sguardo ambiguo ma dotato di un alto senso della giustizia e riconosce i propri errori. In continuo contrasto con lui è il perfido fratello Don Giuvanni il bastardo di Filippo Brazzaventre: "E’ una vera canaglia, mi diverto molto a interpretarlo. Io non sono così nella vita, grazie a lui indosso un’anima nera e divento finalmente un mascalzone". Lionatu è Gian Paolo Poddighe: "Sono un padre offeso, bonario ed energico, devo difendere Ero dagli inganni. Non nascondo le difficoltà iniziali, non sono siciliano, quindi penso in italiano e traduco nel curioso dialetto camilleriano". Capo della ronda è l’irresistibile Carrubba di Mimmo Mignemi: "Comando una squadra di scalcagnati, sono un poveraccio che vuole fare il suo dovere, la classica guardia un po’ scimunita ma fedele". La sua sgangherata pattuglia è completata da Aldo Toscano nel ruolo di Sorba e da Giovanni Vasta. Riccardo Maria Tarci è Borracciu tirapiedi in coppia con Corradu interpretato da Toni Lo Presti al servizio di Giuvanni. La petulante Orsola è Raniela Ragonese, Sergio Seminara è il Messu, Frati Ciccio e un cancilleri, Chiara Seminara interpreta Margherita. Tutti protagonisti di questo stracolmo "nenti" a lieto fine: Binidittu e Biatrici deposte le armi e Claudio ed Ero finalmente convolano a nozze, Giuvanni sarà severamente punito e il sipario cala con una danza che tutto spazza via.
Francesca Motta

Il direttore-regista: «Luogo arabeggiante per il vizio meridionale di complicare»
Catania. A presentata al Cortile Platamone "Troppu trafficu ppi nenti" di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale è il sindaco Raffaele Stancanelli che sottolinea il successo della rassegna "Estatestabile" : «Un nuovo volto inizia a delinearsi per la nostra città che cerca di risollevarsi, grazie anche ad iniziative culturali come queste. Sono appuntamenti di grande interesse, inseriti nella grande cornice dell'Estate Catanese di cui a breve presenteremo il programma completo». L'assessore alla Cultura Fabio Fatuzzo rinnova l' impegno del Comune alle iniziative culturali cittadine. Continua Giuseppe Dipasquale, direttore del TSC, illustrando il «trafficusu» spettacolo, vestito a nuovo dai bei costumi di Giovanni Andolfo, ringraziando il cast storico e in parte rinnovato. «Una commedia che necessita di uno spazio all' aperto, come il Cortile Platamone, nuova casa dell'estate culturale. Nata dallo scherzo sull'origine siciliana di Shakespeare, il Bardo ambienta la commedia a Messina, anche se probabilmente non aveva idea di come fosse la città. Nel nostro "Trafficu" diventa una sorta di Bagdad, luogo arabeggiante che si adatta al nostro dialetto e al vizio, tipicamente siciliano, di complicare una semplice vicenda trasformandola in surreale paradosso. La casa di Lionatu diventa una giostra magica, goliardica, esotica, vivace, dove si dipana il gioco delle coppie e la trama famosissima del Bardo in versione sicula. Ho preferito una regia senza orpelli, puntando sugli attori, molti di loro sono amici fraterni e compagni di avventura dal 2000 anno della prima edizione. A loro e alla loro bravura ho affidato quel trafficu perpetuo di amori e sfide. Concludono Mimmo Mignemi, Pietro Montandon, Alessandra Costanzo, Filippo Brazzavente che passandosi il microfono manifestano calorosamente l' entusiasmo di tornare a lavorare insieme in un progetto che li ha visti sempre tutti per uno, uno per tutti, e che ancora oggi li entusiasma e diverte.
F. M.
 
 

APCOM, 30.6.2009
Teatro/ Leo Gullotta in scena con letture e prose siciliane
Dal 10 luglio in tour con 'Minnazza' diretto da Fabio Grossi

Uno spettacolo per voce solista su letture di prose e liriche siciliane, antiche e moderne. E' 'Minnazza. Letture tra i miti e le pagine di Sicilia', rappresentazione diretta da Fabio Grossi con protagonista Leo Gullotta e le musiche di Germano Mazzocchetti. Accompagnato in scena da un'originale ensemble di maestri fisarmonicisti -Fabio Ceccarelli, Denis Negroponte, Romano Quartucci - Gullotta leggerà capolavori della letteratura italiana scritti da, tra gli altri, Giovanni Meli, Tomasi di Lampedusa, Luigi Pirandello, Luigi Capuana, Pippo Fava, Ignazio Buttitta, Andrea Camilleri. Lo spettacolo avrà vita solo e soltanto in siti archeologici e Teatri di Pietra, per rafforzare la continuità tra il passato ed il futuro, segnando fortemente il presente attraverso queste letture. La tournée inizierà il 10 luglio da Napoli per proseguire, tra le altre date, il 20 luglio a Torino, il 27 a Milano e il 20 agosto a Lecce.
 
 

 


 
Last modified Saturday, July, 16, 2011