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RASSEGNA STAMPA

MARZO 2010

 
GenovaPress, 1.3.2010
Arenzano: racconti di mare con La Pozzanghera

La compagnia La Pozzanghera è in scena ad Arenzano, al teatro Il Sipario Strappato, con lo spettacolo “Approdi e derive - Storie del nostro mare e di altri”, in programma sabato 6 marzo ore 21. Si tratta di uno spettacolo itinerante, un intrigante viaggio fra musica e parole, con testi di Alessandro Baricco, Stefano Benni, Eugenio Montale, Andrea Camilleri, Maria Corti, Erri De Luca, Giorgio Gaber, Herman Melville.
[...]
Si ascolteranno storie di naufragi e destini spezzati, di inarrivabili sogni e grandi amori, ma ci sarà anche spazio per l'ironia, con l'umorismo di Benni, le atmosfere siciliane di Camilleri.
[...]
 
 

l'Unità, 2.3.2010
Il film
Dal teatro al grande schermo l’omicidio di Borsellino
19 luglio 1992

Presentato a Palermo «Con gli occhi di un altro», mediometraggio girato interamente in Sicilia e diretto da Antonio Raffaele-Addamo. Il film prende spunto dall’atto unico «19 luglio 1992» scritto da Cetta Brancato all’indomani della strage in cui persero la vita Paolo Borsellino e gli agenti di scorta. L’ambientazione in scenari d'arte come il «Cretto» di Burri a Gibellina o l’Atelier sul mare di Antonio Presti, ne fanno un’opera con una forte matrice teatrale. «Il testo della Brancato - scrive Camilleri nella prefazione - è un poema che rende omaggio a un sacrificio, ma è soprattutto un inno a quello che Merleau-Ponty chiamava l’unico eroe tragico possibile dei nostri giorni: l’uomo che continua a fare quel che fa credendovi e pur sapendo che lo scacco, il fallimento, la sconfitta, sono in ogni momento in agguato».
 
 

Il Giornale, 2.3.2010
"Ancora insieme, ma solo a teatro"
Intervista a Gabriele Lavia e Monica Guerritore. L’ex coppia si riunisce per "Danza di morte" di Strindberg che debutta il 25 marzo a Modena. Lui: "Per fortuna l’amore non sempre diventa odio". Lei: "In scena c’è la sintesi delle nostre vite"

[…]
È vero che il cinema non vi attrae più come un tempo?
L: «Smentisco recisamente. Infatti a fine stagione comincio subito le riprese del Tailleur grigio, un film molto particolare tratto da un romanzo di Camilleri. Una storia d’amore tra un uomo di mezza età e una bellissima fanciulla che per lui incarna lo spirito della morte. Ovviamente un ruolo che non compete a Monica, vitale ed entusiasta com’è».
G: «Ah sì, questo non lo sapevo! Dimmi come fai a dire una cosa simile proprio a me che incarno Santa Monica nel Sant’Agostino appena andato in onda su Raiuno? Un dottore della Chiesa che combatteva ogni giorno con la morte per il trionfo della verità nella vita».
L: «Tu non conosci il libro di Camilleri che, per certi aspetti, ricorda L’inganno, il bellissimo racconto di Thomas Mann in cui una donna crede di aver scoperto l’elisir dell’eterna giovinezza alle soglie del morbo che metterà fine ai suoi giorni».
Ci parli allora di questo film.
L: «La mia protagonista è talmente posseduta dall’idea della fine da considerarsi trapassata tra i trapassati. Ciò che Monica non è né sarà mai».
G: «Però in Danza di morte compio un percorso analogo a quello compiuto dalla tua misteriosa signora in grigio. Del resto i nostri due personaggi si trovano dall’inizio alla fine su una spiaggia in mezzo ai detriti della loro vita».
C’è anche il pianoforte che spunta tra le dune e i bauli che affiorano dalla sabbia...
L: «Ma io parlo della rovina della loro ipotesi coniugale che non ha nulla a che fare con un’unione come la nostra».
G: «Eppure di dolore, lacrime e grida è stato costellato anche il nostro cammino».
[…]
Enrico Groppali
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 2.3.2010
Presentato il mediometraggio di Antonio Raffaele Addamo girato tra il Cretto di Gibellina e l’Atelier sula mare
Il giudice e il suo assassino. Un film come una tragedia greca

Doveva essere un incarico come un altro, per il killer assoldato per uccidere un giudice. Ma quella volta le cose non andarono come tutti si potevano attendere, e Peppino Gagliano decise diversamente per sé e per gli altri. «Tutti quelli che muoiono hanno le stesse lacrime», dice la voce fuori campo che si trasforma in coscienza pungente e costringe a prendere una decisione forte e inaspettata. "Con gli occhi di un altro" è il film diretto da Antonio Raffaele Addamo, che vede la partecipazione di Danila Laguardia, Filippo Luna, Antonio Silvia e Dino Spinella, tratto da un soggetto Cetta Brancato, con le musiche originali di Marco Betta, che divengono una partitura sonora parallela a quella visiva. La produzione è dell' associazione Tersite insieme al ministero Beni Culturali, assessorato regionale all' Identità, Sicilia Film Commission e Cinesicilia. Al film è legata la tavola rotonda dal titolo "La seduzione del crimine. L' ambigua icona del mafioso nel cinema", che si terrà oggi alle 17 nella Sala delle Capriate dello Steri e oltre agli autori del film vede la partecipazione dell' assessore Gaetano Armao, dei magistrati Antonio Ingroia e Gaetano Paci, del presidente della Fondazione Chinnici Giovanni Chinnici, dei docenti Franco Lo Piparo e Franco Di Maria, del giornalista Sergio Buonadonna, modera Onofrio Dispensa. Il film ha una struttura che ricalca quella delle antiche tragedie greche, tra cori e struttura: ma il contesto drammatico è sottolineato dalla presenza di alcuni luoghi lontani dall' oleografia siciliana, semmai legati alla contemporaneità: ecco la scelta del paesaggio dove le figure sono in piedi sul Cretto di Alberto Burri a Gibellina, ecco il killer - nuova prova di bravura per Filippo Luna - che medita il suo pentimento nello spazio circolare e a cielo aperto della stanza di Raoul Ruiz, dell' Atelier sul Mare di Antonio Presti. Il mediometraggio fa parte di un progetto editoriale che sarà realizzato a metà marzo da Kalòs: un cofanetto che conterrà oltre al film anche il testo originale scritto da Cetta Brancato, "19 luglio 1992", insieme al documentario per la regia di Gabriele Ajello che propone il backstage delle riprese e il contributo di numerosi personaggi, tra i quali Andrea Camilleri. «La scrittura - dice Cetta Brancato - completa il suo percorso con le immagini del film. Un urlo silenzioso, ma necessario, dove la poesia rappresenta l' unica possibilità di dire qualcosa». Il regista Antonio Raffaele Addamo affida il suo messaggio all' unico personaggio femminile, Danila Laguardia, che rappresenta la Sicilia e al contempo la morte, la coscienza e la speranza. Filippo Luna - che a breve riprenderà numerosi spettacoli teatrali, da "Le mille bolle blu" a "La signora che guarda negli occhi" e "Ulyssage" - dice: «Sono contento di questo ruolo, difficile e al contempo molto bello. Ancora cinema dopo tanto teatro? Chissà, vedremo». "Con gli occhi di un altro", sottolinea il regista, è dedicato a tutti i giudici e alle scorte caduti per mano mafiosa, la cui lista scorre nei titoli di coda: e provoca un brivido che scivola lungo la schiena. Ma è necessario, per non dimenticare.
Paola Nicita
 
 

Agenzia Radicale, 2.3.2010
Libri
"Ogni viaggio è un romanzo. Libri, partenze, arrivi"
Paolo Di Paolo, Laterza, 2007

[…]
Andrea Camilleri afferma "Che cosa straordinaria possono essere i libri. Ti fanno vedere posti in cui agli altri uomini succedono cose meravigliose. Allora la testa ti parte per un altro verso, gli occhi scoprono prospettive fino a quel momento inedite. E cominci a farti parecchie domande".
[…]
Andrea Camilleri e Raffaele La Capria sono accomunati dallo strano valore che attribuiscono alle partenze in quanto implicano necessariamente degli arrivi che non vengono mai percepiti come tali.
[…]
Fabiana Traversi
 
 

Televisionando, 2.3.2010
Ascolti tv: Grande Fratello 10 tiene testa a Sissi

[…]
Contro la finalissima del GF 10, in programma lunedì 8 marzo, RaiUno ha deciso di schierare un veterano, ovvero Il Commissario Montalbano con la replica de Il Giro di Boa.
[…]
Giorgia
 
 

Il Fatto Quotidiano, 3.3.2010
Il finiano Granata in un dialogo con Camilleri su Micromega
"Sulla giustizia disposti a far cadere il governo"
Ecco lo stralcio di un dialogo di Andrea Camilleri con l’onorevole Granata, deputato siciliano del Pdl vicinissimo al presidente della Camera Gianfranco Fini, che verrà pubblicato sul prossimo numero della rivista MicroMega, in edicola venerdì 5 marzo.

Camilleri: Trovo apprezzabili molte vostre prese di posizione, ma quale margine di manovra avete davvero?
Granata: Il margine che l’azione politica riesce a conquistarsi. Questo dipende e dipenderà molto da noi, dalla nostra capacità di intuizione e di organizzazione.
Camilleri: Sì, ma nel frattempo si pone il problema della contraddittorietà, che è sempre un elemento che produce disaffezione e diffidenza. Cose che alla lunga si pagano anche da un punto di vista politico. Io ad esempio, in un romanzo di Montalbano, ho sfottuto seriamente la legge Bossi-Fini sull’immigrazione. Oggi invece mi sento di condividere le posizioni di Fini su immigrazione e cittadinanza. E allora mi domando: è lo stesso Fini della Bossi-Fini? O è un altro? E se è un altro, quale dei due è quello vero?
Granata: Fini oggi fa il presidente della Camera. Questo non è un alibi o un modo per eludere la questione nella sua dimensione politica. Da terza carica dello Stato, Fini, in tutti i suoi atti, è stato sempre coerente con un’impostazione di salvaguardia delle regole democratiche e del ruolo del Parlamento. Rispetto ai grandi temi che abbiamo trattato in questo colloquio, il presidente della Camera e i parlamentari che fanno a lui riferimento (non siamo e non vogliamo essere una corrente) hanno portato avanti un’iniziativa politica chiara e conseguente. Quando ad esempio Berlusconi ha usato un determinato linguaggio verso i giudici che indagano sui fatti del ’92, non solo abbiamo protestato, ma abbiamo manifestato la più netta indignazione. Sui fatti del ’92, abbiamo detto, bisogna ricercare la verità senza se e senza ma.
MicroMega: Voi che vi presentate come destra costituzionale state ancora, volenti o nolenti, nello stesso gruppo parlamentare che ad esempio approverà il processo breve…
Granata: Si vedrà se lo approverà…
Micromega: …che approverà la legge sulle intercettazioni, che approverà il lodo Alfano-tris, Alfano-quater e tutte queste cose qui. Su queste cose Berlusconi non tratta e non tratterà mai. Voi dite: lavoriamo per una prospettiva futura. Ma questi qui il paese lo stanno distruggendo oggi, non nel futuro.
Granata: Pur nei vincoli che ci sono imposti, pur con tutte le mediazioni che sono necessarie per portare avanti un progetto politico che è ben diverso da un progetto eminentemente culturale, filosofico o letterario, ribadisco che su certi temi noi non ci siamo limitati a una testimonianza sterile. È grazie a noi se è nata l’Agenzia nazionale per i beni confiscati alla mafia dopo che alcuni avevano fatto approvare un emendamento vergognoso che ne consentiva la svendita anche ai privati.
Camilleri: Se mi posso permettere un consiglio da avversario politico, io credo che voi non possiate limitarvi al contenimento del danno. Dovete mettere in campo un progetto che possa far dire a me o a MicroMega: tu guarda che cosa hanno tirato fuori Fini e Granata, ci potremmo anche fare una manifestazione assieme. Credo che questo gioverebbe non solo a voi, ma gioverebbe a tutta l’Italia, a tutti quei cittadini di buona volontà che non votano più, che si sono allontanati dalla politica. Occorre un grande disegno che possa fare piazza pulita di tutto il marcio nel quale siamo sommersi.
Granata: Sono d’accordo. Ed è per questo che noi non poniamo la figura di Berlusconi al centro del nostro agire politico. Noi non abbiamo l’ossessione di Berlusconi proprio perché coltiviamo un grande progetto che prenda forma indipendentemente dalla contrapposizione del giorno per giorno fra le varie anime della maggioranza.
MicroMega: Siccome cita sempre il ministro Maroni, lo vogliamo dire che la lotta alla mafia la si dovrebbe fare anche con la politica che porta avanti il ministro della Giustizia? Mentre Alfano sta cercando di ridurre i magistrati all’impotenza. Si sta addirittura tentando di togliere loro la possibilità di dirigere le indagini.
Granata: Questa cosa non passerà mai, anche se dovessero porre la fiducia. Ci sono alcune cose, fra le quali la tutela del sistema di giustizia, che noi riteniamo irrinunciabili per la nazione. Non sono cose di destra o di sinistra: sono capisaldi del paese. Su queste cose non c’è compromesso possibile. E infatti ci sono proposte che al voto non ci arrivano mai, perché tutti sanno come la pensiamo. Lo dico esplicitamente: se qualcuno proporrà che a dirigere le indagini non siano più i pm ma la polizia noi voteremo contro. Anche se sulla legge sarà posta la questione di fiducia.
MicroMega: Fino al punto di far cadere il governo? Su questo siete disposti a far cadere il governo?
Granata: Sì, fino al punto di far cadere il governo.
 
 

Il Giornale, 3.3.2010
I fedelissimi di Gianfranco: pronti a far cadere il governo
Granata, alfiere dell’ex capo di An, si confida con Camilleri su Micromega: «La riforma delle indagini non passerà»

Le parole e l’interlocutore scelti sono messaggi chiarissimi di una fronda che ormai punta apertamente alla resa dei conti dentro il Pdl. L’alfiere di Fini, in questa guerra di logoramento alla leadership del Cavaliere, si chiama Fabio Granata, onorevole fedelissimo dell’ex leader di An e spericolato sostenitore di una virata «istituzionale» del Pdl che, nei fatti, significa una sola cosa: archiviare la stagione berlusconiana per varare quella finiana alla guida del centrodestra italiano.
Dopo la patente viola dei movimentisti anti-Cav, le incursioni sul Fatto Quotidiano di Padellaro e Travaglio, l’ultimo tassello del riposizionamento finiano (per l’interposta persona dell’alfiere Granata) è l’house-organ del ribellismo antiberlusconiano, la rivista Micromega, che arriva in edicola dopodomani col piatto succulento: una lunga intervista sul filo della resistenza al governo berlusconiano, al deputato finiano scetticamente pidiellino Granata, fatta tra l’altro da chi? Da Andrea Camilleri, lo scrittore siculo che dall’Unità alle piazze viola ha dato voce e penna alla contestazione più violenta (spesso insultante) al governo del Pdl e ai suoi ministri, ovvero la maggioranza di cui Granata è pur sempre testa fine. Il nodo è quello della giustizia, tema caro ai micromeghiani di Flores d’Arcais, e sul quel terreno Granata duetta senza imbarazzi col furore anti-Cav, soprattutto quando si parla della riforma Alfano, e Camilleri incalza il finiano che asseconda volentieri il paso doble: «Alfano sta tentando di ridurre i magistrati all’impotenza - dice lo scrittore -, si sta addirittura tentando di togliere loro la possibilità di dirigere le indagini». Un colpo di fioretto che offre solo il destro, al fine finiano, per mostrarsi patriota costituzionale, con patentino di anti-Cav: «Questa cosa non passerà mai, anche se dovessero porre la fiducia - replica l’onorevole -. Ci sono cose, tra le quali la tutela del sistema di giustizia, che noi riteniamo irrinunciabili per la nazione. Su queste cose non c’è compromesso possibile. Lo dico esplicitamente: se qualcuno proporrà che a dirigere le indagini non siano i pm ma la polizia, voteremo contro. Anche se sulla legge sarà posta la fiducia». «Fino a fare cadere governo?» chiede giustamente il creatore di Montalbano. «Sì, fino al punto di far cadere il governo», risponde Granata col coup de théâtre.
La dialettica interna, che però somiglia più a uno scontro frontale, fa parlare il finiano come un cavallo di Troia dell’opposizione, quando per esempio ricorda orgogliosamente che la sua corrente (sua di Fini) «è riuscita a bloccare in Parlamento» molti provvedimenti berlusconiani, quando avverte che il processo breve «si vedrà se il gruppo parlamentare lo approva» e quando confessa di aver votato a favore della richiesta di arresto di Cosentino, suo collega pidiellino alla Camera. In effetti Granata e il Camilleri di Micromega sembrano presi in un idillio, tanto che lo scrittore sogna quasi una manifestazione insieme, nel nome di un progetto comune «che faccia piazza pulita di tutto il marcio nel quale siamo sommersi». «Sono d’accordo. Ed è per questo che noi non poniamo la figura di Berlusconi al centro del nostro agire politico» replica (si fa per dire) Granata. Peraltro, se fosse per lui e avesse «una prestigiosissima rivista di elaborazione politico-culturale qual è Mircomega» andrebbe giù molto più pesante per far passare il messaggio finiano. Ora però, deputato Pdl, è costretto a ricorrere alla mediazione e al compromesso. Chissà che direbbe se Micromega lo dirigesse lui.
Paolo Bracalini
 
 

Il Velino, 3.3.2010
Il Pdl a Fini così com'è non piace, Granata sulla crisi si spiega

[…]
Sulla nascita del Pdl arriva poi anche la versione dei fatti del ‘finiano’ Fabio Granata: “Quando con Fini abbiamo deciso di affrontare anche l'ultima fase, quella della confluenza di An nel Pdl – racconta il parlamentare siciliano in una conversazione-intervista con Andrea Camilleri su MicroMega - abbiamo ragionato a partire da una considerazione fondamentale: non avevamo più una classe politica adeguata a reggere la sfida, in termini di identità e prospettiva, che ci eravamo posti con la nascita di Alleanza nazionale. In altre parole- sottolinea Granata- i berlusconiani erano già dentro casa nostra; noi abbiamo sciolto An perché An era già berlusconizzata al cento per cento". Ma l’affondo dell’ex An arriva sulla giustizia. Parlando di ipotesi legislative per aumentare i poteri di indagine della polizia, Granata osserva: "Ci sono proposte che al voto non ci arrivano mai, perché tutti sanno come la pensiamo. Lo dico esplicitamente: se qualcuno proporrà che a dirigere le indagini non siano più i pm ma la polizia noi voteremo contro. Anche se sulla legge sarà posta la questione di fiducia". Fino al punto di far cadere il governo? Gli chiede Camilleri "Sì - risponde Granata - fino al punto di far cadere il governo". Affermazione su cui poco dopo il parlamentare corregge il tiro. Si tratta di “un'ipotesi di scuola e un paradosso – dice Granata - poiché non credo che possa essere formulata una proposta di riforma del genere". A gettare acqua sul fuoco ci pensa Antonio Lo Presti, che, dopo una conversazione telefonica con lo stesso Granata, spiega al VELINO: “Non aveva alcuna intenzione di dire le cose che gli sono state attribuite nell’intervista”, dice l’ex An e membro della commissione giustizia della Camera.
Poi arriva, con una nota, la precisazione dello stesso Granata: "Il mio sostegno al Governo e al Pdl è sempre stato e sarà leale – assicura l’ex An -. Su alcune questioni importanti e centrali la differenza di sensibilità e punti di prospettiva dovrebbero rappresentare una ricchezza e uno stimolo, non certamente un vulnus per un grande partito". Granata spiega che se da una lunghissima conversazione “si estrapola una frase riferita ad una ipotesi di sottrazione della titolarità delle indagini alla magistratura, ipotesi mai contenuta in alcuna proposta di Alfano, la mia risposta è da considerarsi altrettanto ipotetica”. E garantisce che “il Pdl non è rovinato né il Governo minacciato da me o da altri Parlamentari considerati vicini al Presidente Fini”. Per il finiano a mettere in pericolo la solidità del partito sono invece “le follie e i dilettantismi sulle presentazioni delle liste o dalla mancata vigilanza su alcuni candidati fortemente compromessi con la criminalità organizzata e dalla questione morale: lì possono individuarsi le vere questioni gravi per il Pdl e per Berlusconi - è la riflessione finale di Granata - e non nelle mie 'chiacchierate' con Camilleri o nelle mie posizioni in difesa della legalità e del patrimonio culturale".
 
 

ASCA, 3.3.2010
PDL: Granata, dentro al partito con le nostre idee ma leali

Roma - ''Il mio sostegno al Governo e al Pdl e' sempre stato e sara' leale. Su alcune questioni importanti e centrali la differenza di sensibilita' e punti di prospettiva dovrebbero rappresentare una ricchezza e uno stimolo,non certamente un vulnus per un grande partito. Ovviamente se da un lunghissima conversazione con Andrea Camilleri si estrapola una frase riferita ad una ipotesi di sottrazione della titolarita' delle indagini alla magistratura,ipotesi mai contenuta in alcuna proposta di Alfano, sulla quale la mia risposta e' da considerarsi altrettanto ipotetica, si determina la solita strumentalizzazione''.
Ad affermarlo e' il 'finiano' Fabio Granata che aggiunge: ''Il Giornale stia sereno: il Pdl non e'rovinato ne' il governo minacciato da me o da altri parlamentari considerati vicini al presidente Fini, ma dalle follie e dai dilettantismi sulla presentazione delle liste o dalla mancata vigilanza sui candidati fortemente compromessi con la criminalita' organizzata o investiti dalla questione morale: li' possono individuarsi le vere questioni gravi per il Pdl e e per l'azione del nostro premier e non nelle mie 'chiacchierate' con Camilleri o nelle mie posizioni in difesa della legalita' e del patrimonio culturale''.
 
 

Il Tempo, 4.3.2010
Mediamuseum Per la prima volta esposti taccuini, appunti e schizzi
«Happy birthday, mister Flaiano» Il Satiro si mette subito in mostra

«Scrittore minore satirico dell'Italia del benessere» è la cornice della mostra promossa al Mediamuseum dalla Fondazione Tiboni - Associazione Culturale Ennio Flaiano in collaborazione con il Centro di ricerca sulla tradizione manoscritta dell'Università di Pavia. Oggi alle 11.30 si alza ufficialmente il sipario sulle celebrazioni per il centenario della nascita del poliedrico autore che ha fotografato un'epoca con i suoi scritti e le sue osservazioni sul costume e sulla società.
[…]
Sabato […] nel pomeriggio, tavola rotonda «I testimoni» con Andrea Camilleri, Alberto Arbasino, Masolino D'Amico, Citto Maselli, Giovannino Russo, Enrico Vaime e Franca Valeri.
 
 

Adnkronos, 4.3.2010
Letteratura: Flaiano, domani Pescara e Roma aprono celebrazioni centenario nascita

Sabato 6 marzo si svolgera', sempre al Mediamuseum di Pescara, il convegno ''Nostalgia e attualita' di Flaiano'' al quale interverranno Edoardo Tiboni, Andrea Camilleri, Walter Pedulla', Jacqueline Risset, Renato Minore, Giovannino Russo, Lucilla Sergiacomo, Fabrizio Natalini, Paolo Bonetti, Joseph Farrell, Marisa Trubiano. Agli interventi si uniranno le testimonianze di Enrico Vaime, Franca Valeri, Citto Maselli e Masolino D'Amico.
[...]
 
 

Il Mattino di Padova, 4.3.2010
«Il birraio di Preston» spettacolo bello ma fragile

«Il birraio di Preston» è il più strepitoso romanzo di Andrea Camilleri. Racconta, con straordinario ritmo comico, il cuore di una Sicilia intrisa di mafia, intrigo politico, dispettosità, malfidenza, fantasia, compassione, ironia, paradosso, usando una lingua che si plasma sui personaggi e sulle vicende fino a identificarsi con esse. È un romanzo a tutto tondo, che nasce dalla passione per il raccontare, dalla capacità affabulatoria, dalla voglia di farsi ascoltare. Ecco che allora tradurlo in teatro sembra, a prima vista, insensato, perché il racconto non è rappresentazione. E tuttavia la messa in scena proposta al Verdi fino a domenica dallo Stabile di Catania una sua ragione d’essere ce l’ha. Perché nella cultura siciliana l’anomalia del racconto supportato dalla rappresentazione esiste da sempre, è anzi forse la forma di teatro più tradizionale, anche se affidata alle marionette e ad un narratore che, in tutti i sensi, muove i fili della storia. Ed è pensando a questa tradizione che lo stesso Camilleri, insieme al regista Giuseppe Dipascuale, ha adattato al teatro il suo romanzo. Ne è venuto fuori uno spettacolo che per quanto recitato da attori in carne e ossa ha un che del teatro di marionette, perché vive della contemporaneità di narrazione e rappresentazione, con la narrazione sempre in primo piano, affidata a Pino Micol che è puparo, ed in secondo piano la rappresentazione affidata ad attori che conservano l’eccesso delle marionette. L’operazione è intelligente, il lavoro sul testo accurato, gli attori, da Micol a Giulio Brogi passando per Mariello Lo Giudice Gian Paolo Poddighe e tutti gli altri, sono all’altezza. Eppure qualcosa viene a mancare. Quel che il romanzo necessariamente perde, passando dalla carta al teatro, non lo riguadagna in altre forme, in altri modi. L’alterazione del ritmo indebolisce l’espressività del testo: lo spettacolo è ben fatto, a tratti godibile e divertente, indubbiamente sopra la media per la ricchezza di toni, ma con una fragilità intrinseca, che tiene lo spettatore un po’ a distanza, senza catturarlo fino in fondo.
Nicolò Menniti Ippolito
 
 

La Sicilia, 4.3.2010
Il film cambia location dopo aver immortalato le bellezze della zona
Patò ringrazia e se ne va

Patò ha lasciato definitivamente Canicattì. Martedì scorso, infatti, per l'ultima volta la troupe del regista Rocco Mortelliti ha girato in città alcune scene del film per il cinema "La scomparsa di Patò", tratto dall'omonimo romanzo di Andrea Camilleri.
Diverse sono state le location canicattinesi scelte con cura dallo scenografo romano Biagio Fersini, che ha saputo scovare anche luoghi magnifici sconosciuti ai più come le splendide sale di Palazzo Sammartino, antica abitazione del famosissimo Senatore che fu tra i fondatori della storica Accademia del Parnaso.
E così la sala degli specchi, degna di una reggia d'altri tempi, è tornata a vivere i suoi vecchi fasti ospitando personaggi abbigliati alla maniera del 1890.
Un pizzico di adrenalina per le comparse locali, che per la prima volta hanno avuto l'occasione di entrare in contatto con il mondo cinematografico, e tanta soddisfazione per chi ha ottenuto parti più consistenti come la giovane attrice canicattinese Elene Oliveri.
«Studio a Milano e lavoro nel mondo dello spettacolo ma recitare è la mia passione - racconta Elene - e grazie a Mortelliti ho potuto ampliare il mio curriculum».
Non meno suggestive, inoltre, sono state le riprese girate presso la sala del "Circolo dei Nobili" di Canicattì, associazione storica che quest'anno festeggia il suo 180° anno di attività culturale. Tra i damaschi e l'arredamento liberty del Circolo, mèta preferita dai numerosi soci appartenenti ad ogni fascia d'età, hanno trovato l'ambientazione ideale alcune scene del film.
"Abbiamo fatto un lavoro di ricognizione meticoloso per trovare le location adatte - ha detto il regista Mortelliti - e alla fine la nostra scelta è ricaduta su Canicattì, Naro, Agrigento e Porto Empedocle perché siamo rimasti affascinati da questa porzione d'isola".
Come detto, dunque, la troupe ha lasciato definitivamente la città per spostarsi nella vicina Naro ma prima di andar via è stata salutata e ringraziata dall'amministrazione comunale, per precisa volontà dell'assessore ai grandi eventi Giuseppe Ferrante Bannera, che ha consegnato delle targhe al produttore, al regista, allo scenografo, agli attori principali e ai responsabili della produzione.
«E' stato un evento importante per Canicattì - ha detto l'assessore - perché consentirà alla nostra città di uscire dai confini regionali e di essere conosciuta dal resto d'Italia che spesso, per via del nome, la considera un luogo di fantasia».
Cecilia Gaetani
 
 

5.3.2010
"Il nipote del Negus" anche in audiolibro
Il nuovo romanzo storico di Andrea Camilleri, in uscita il 25 marzo, sarà edito da Sellerio anche in audiolibro, con la lettura integrale dello stesso Camilleri (in 5 CD).
L'audiolibro è stato curato da Gush.
 
 

MicroMega n. 3/2010 (in edicola il 5.3.2010)
Dialogo Andrea Camilleri / Fabio Granata
Esiste una destra civile?

L’Italia, la destra, il berlusconismo: un confronto a tutto campo fra uno scrittore da sempre impegnato a sinistra e un parlamentare ex missino molto vicino al presidente della Camera Gianfranco Fini. È ancora possibile fermare la deriva politica in atto facendo appello ai valori della Costituzione? Quale futuro ha di fronte la nuova destra ‘repubblicana’? È una speranza concreta o solo l’ennesima foglia di fico di Berlusconi?
A cura di Emilio Carnevali
 
 

roma.indymedia.org, 5.3.2010
Camilleri per il Teatro del Lido
Video di sostegno alla riapertura del Teatro del Lido; Andrea Camilleri esprime il suo totale appoggio ai cittadini che hanno riaperto il Teatro Pubblico del XIII Municipio di Roma.
Guarda il video

Per cinque anni il Teatro del Lido di Ostia ha rappresentato un unicum nel panorama nazionale dei teatri pubblici. Il mondo associativo e culturale del territorio, grazie ad un ruolo di co-programmazione con l’ente locale, era riuscito ad esprimere i bisogni e i desideri di un territorio periferico con gravi carenze di spazi di socialità e cultura. La chiusura del teatro avvenuta nel Giugno 2008 ha chiuso questo importante percorso di partecipazione.
Dopo due anni di chiusura costata 300 mila euro di denaro pubblico tra vigilanza e manutenzione, sperperi e incapacità politica, Il 26 Febbraio 2010 il comitato cittadino “Riapriamo il Teatro del Lido” ha deciso di occupare questa struttura restituendola alla città.
Comitato "Riapriamo il Teatro del Lido"
 
 

Il Centro, 5.3.2010
Domani il convegno alla presenza di Andrea Camilleri

L’associazione Flaiano ricorda il grande autore pescarese oggi e domani con una serie di appuntamenti.
[…]
Domani  Dalle 10 al Mediamuseum, Convegno internazionale di studi con Walter Pedullà, Renato Minore, Fabrizio Natalini, Paolo Bonetti, Jacqueline Risset, Joseph Farrell.
Dalle 16,30 al MediaMuseum, interventi di Marisa S. Trubiano e Lucilla Sergiacomo. A seguire la tavola rotonda - I testimoni. Presiede Andrea Camilleri.  Attesi Alberto Arbasino, Masolino D’Amico, Citto Maselli, Giovannino Russo, Enrico Vaime, Franca Valeri.
Info 085 4517898.
 
 

Clandestinoweb, 5.3.2010
TV – Luca Zingaretti: un romano prestato con successo alla Sicilia di Camilleri

“Montalbano sono”: con questa espressione Luca Zingaretti nei panni del commissario più amato e seguito dal pubblico televisivo italiano si presenta al telefono. Il personaggio da una parte, quindi, sottolinea subito la propria personalità, dall’altra tradisce la provenienza siciliana.
Il successo della fiction sin dalla prima messa in onda è immediato e, inizialmente trasmessa da Raidue, conquista presto la prima serata della rete ammiraglia Raiuno continuando a sbancare l’Auditel e comportandosi egregiamente in termini di ascolto anche nelle repliche, come sta accadendo in queste settimane.
La sceneggiatura cui collabora lo scrittore empedoclino Andrea Camilleri, padre e creatore dell’omonima figura letteraria, è di eccellente livello e la regia di Alberto Sironi non è da meno. Il motivo si spiega da sé: sia la scrittura che la direzione in primo luogo accompagnano il commissario Montalbano nelle sue espressioni, nelle sue movenze, nei suoi momenti di ironia, di indagine acuta, di arrabbiatura. Lo scrutano quando si rilassa, quando scherza con le persone che incontra e che cerca di comprendere nelle diverse sfaccettature ed esempio di variegato popolo siciliano. Lo osservano quando si siede a tavola, stacca il telefono o finge di non sentirne lo squillo o liquida subito il seccatore per dedicarsi con tutti i sensi e la giusta postura al cibo: dagli arancini alle sarde a beccafico, dai primi piatti alle fritture di pesce e se accompagnato da qualcuno, durante il pasto è assolutamente proibito proferire parola, perché l’attenzione deve essere massima e interamente concentrata sul palato e sull’incontro fra gusto e cucina.
Quanto ci piace il commissario Montalbano anche quando con la sua eterna fidanzata non è del tutto sincero o si comporta in maniera scorbutica allontanandola da sé o addirittura, com’è avvenuto nell’ultimo ciclo, tradendola. Il suo modo profondo d’investigazione tocca le corde dei sospettati, dei parenti della vittima di turno, dei testimoni: li mette a nudo ponendosi al loro livello e squadrandoli dalla testa ai piedi con uno sguardo che non lascia dubbi o spazi di incertezza su chi sono, dove vogliono arrivare, come sono coinvolti nella faccenda.
È ovvio che il merito va soprattutto a Luca Zingaretti, attore romano che si è perfettamente calato nella psicologia del personaggio: nel set della fiction è tutt’uno col commissario, ne assume la forma oltre che la parlata e di pari passo si muove con lui nel percorso delle indagini e nelle strade della splendida Sicilia che viene sapientemente ritratta negli episodi. E pensare che inizialmente Camilleri non era convinto che potesse essere adatto a sostenere il ruolo perché troppo “picciotto” rispetto all’uomo delle pagine dei suoi romanzi.
Giovanni Zambito
 
 

Il Venerdì, 5.3.2010
"La letteratura italiana è poco conosciuta in Spagna. Praticamente sono molto noti solo Camilleri e Moccia"
Alicia Giménez-Bartlett, scrittrice
 
 

Ennio Flaiano 1910 – 2010 Centenario della nascita, 6.3.2010
Mediamuseum
Nostalgia e attualità di Flaiano
Convegno internazionale di Studi e Tavola rotonda, con la partecipazione di Andrea Camilleri.
Per informazioni: Istituto Multimediale Scrittura e Immagine, Piazza Alessandrini, 34 – Pescara. Tel. 0854517898-4510812. scritturaeimmagine@webzone.it
 
 

Il Messaggero, 6.3.2010
L’appello
Anche Fo e Camilleri firmano per salvare il Teatro del Lido

Ostia. Tanti nomi illustri della cultura italiana scendono in campo per salvare il Teatro del Lido, chiuso da giugno 2008 e occupato da una settimana. A sottoscrivere l’invito a riaprire il palcoscenico di via delle Sirene anche il premio Nobel Dario Fo, l’attrice e scrittrice Franca Rame, lo scrittore Andrea Camilleri, l’attore e regista Marco Baliani, il poeta Valerio Magrelli, l’attrice Cloris Brosca e il regista Ninni Bruschetta.
«Per cinque anni - sostiene il comitato per la riapertura - il Teatro del Lido ha rappresentato un unicum nel panorama nazionale dei teatri pubblici. Lanciamo un appello a tutte le compagnie teatrali, alle associazioni, al mondo della cultura e del lavoro e ai singoli cittadini a sottoscrivere e sostenere la nostra causa. Invitiamo poi tutti i firmatari a intervenire oggi alle ore 11 alla tavola rotonda “Il teatro che vogliamo!”».
Sa.Cr.
 
 

Nòva, 6.3.2010
Nero
Qualche trucco per scrivere un romanzo di genere

[…]
La trama, in un romanzo di genere, è più importante dello stile? Sì e no. Immaginate di avere da una parte un romanzo di Camilleri con Montalbano e dall’altra parte il Codice Da Vinci. La trama del romanzo di Camilleri è piana, semplice, possiamo definirla quella di un giallo convenzionale. Ma la scrittura è splendida pur non essendo mai fine a sé stessa. Questo fa sì che il romanzo di Montalbano sia un ottimo romanzo tout court e un buon romanzo di genere. Il Codice Da Vinci, viceversa, è scritto in modo assolutamente convenzionale e i personaggi sono di cartone, ma la trama è originalissima e gestita meravigliosamente. Questo fa sì che sia un meraviglioso giallo e un pessimo romanzo tout court.
[…]
Sandrone Dazieri
 
 

Il Messaggero, 6.3.2010
Recentemente attore per Muccino è anche regista del corto “Il gioco”
«Mi piacciono tutti i generi, invidio l’estro degli americani»
Adriano Giannini: amo la moltiplicazione dei ruoli

Madonna e papà. Quando si parla di, e con, Adriano Giannini non si può non partire da qui. Nel frattempo ci sono stati diversi film, l’ultimo è Baciami ancora di Gabriele Muccino, e premi come il terzo Nastro d’Argento per la regia de Il gioco, miglior cortometraggio del 2009.
[…]
Il suo cortometraggio Il gioco è stato premiato con il “Nastro d’Argento”.
«Un’esperienza totalizzante, durata tre mesi. L’ho scritto, prodotto e diretto. E’ tratto da un racconto di Andrea Camilleri che mi ha ceduto i diritti gratis. E’ una sorta di western magico, dove sfida e mistero si intrecciano. L’abbiamo girato in un oasi naturalistica del WWF. Un posto fuori dal mondo: 10 chilometri di spiaggia incontaminata tra Sciacca e Porto Empedocle, nel cuore della Sicilia».
[…]
Maria Grazia Filippi
 
 

La Repubblica (ed. di Roma), 7.3.2010
Libri
Diario politico

Domani alle 18 da Feltrinelli in Galleria Colonna Andrea Camilleri e Saverio Lodato presentano "Un inverno italiano". Interventi di Giovanni Maria Bellu, Silvia Resta e Andrea Vianello.
 
 

Il Messaggero, 7.3.2010
Flaiano 1910-2010. Al Mediamuseum il convegno con Enrico Vaime, Franca Valeri, Citto Maselli e Masolino D’Amico
«Ennio, la pura voce che parlerà per sempre alla nostra coscienza»
Camilleri ricorda l’amico, lo scrittore, lo sceneggiatore

Pescara. Le celebrazioni per il centenario di Flaiano hanno lasciato spazio al Mediamuseum al convegno cui hanno partecipato il presidente dell’associazione Flaiano Edoardo Tiboni, il professor Walter Pedullà in veste di moderatore e relatore, Jacqueline Risset, Renato Minore, Giovannino Russo, Lucilla Sergiacomo, Fabrizio Natalini, Paolo Bonetti, Joseph Farrell, Marisa Trubiano, con le affettuose testimonianze tributate da Enrico Vaime, Franca Valeri, Citto Maselli e Masolino D’Amico, in una sala affollata fino a sera da un pubblico attento.
Ma è stato Andrea Camilleri a strappare applausi: «Nonostante l’età avanzata non potevo mancare perché da Pescara ho ricevuto una laurea ad honorem e il premio Flaiano, e perché quando i miei spettacoli non piacevano a nessuno solo Ennio scrisse belle recensioni - ha esordito lo scrittore siciliano -. Quando uscì il romanzo “Tempo di uccidere” nessuno degli eminenti critici gli dedicò una riga; per le enciclopedie letterarie era al massimo un moralista, o lo liquidavano come sceneggiatore di Fellini, perché l’ironia viene rifiutata quando esce dalla suburbia e tenta di entrare nel tempio della letteratura. Eppure agli italiani piace ridere... Ridono anche quando ci sono i terremoti - e qui applausi a non finire -. Ma in Italia si ama la letteratura penitenziale, cilicio per lo scrittore che soffre e fa soffrire. Tra i demeriti di Flaiano quello di presentarsi come scrittore poliedrico non classificabile come un bravo insetto, di essere anche sceneggiatore e quindi indegno della letteratura, di attaccare non solo il potente ma creare disagio offrendo uno specchio spietato a tutti gli uomini. Oggi sta entrando nella leggenda - sta diventando una maschera, gli si attribuiscono aforismi non suoi, ma resterà sempre una pura voce che parla alla nostra coscienza e sempre meno farà ridere».
[…]
Laura Valentini
 
 

Il Centro, 7.3.2010
Prima ci faceva sorridere ora fa sorridere e pensare

Pescara. «Con quelle sue battute Flaiano allora faceva sorridere, ora ci fa sorridere e pensare». Così lo scrittore Andrea Camilleri traccia un ritratto di Ennio Flaiano, una sintesi condivisa nel convegno internazionale al Mediamuseum «Nostagia e attualità di Flaiano», che ha concluso la due giorni allestita da Edoardo Tiboni, amico personale di Flaiano e che nel suo nome organizza dall’estate 1973 i premi internazionali che hanno portato tutto il mondo del cinema, del teatro, della tv e della letteratura a Pescara.  «Ennio ha un’altra caratteristica speciale. - ha detto ancora Camilleri - E’ uno scrittore postumo, in vita ha dato alle stampe sei libri, dopo la sua scomparsa sono stati pubblicati 25 titoli letterari, e continuano ad uscirne e a registrare tutti un bel successo di vendita. Questo accade perché soltanto ora la società è in grado di capirlo profondamente». […]
(j.f.)
 
 

Corriere della Sera, 7.3.2010
Parenti e amici. Nel cast Frassica, Neri Marcoré, Roberto Herlitzka e Flavio Bucci
La prediletta. Nel film c’è anche la figlia di Rocco Mortelliti (sposato con una delle figlie di Camilleri): Alessandra che interpreta la vedova Patò
Camilleri, un film in famiglia «per andare oltre Montalbano»
”La scomparsa di Patò”: diretto dal genero, recita la nipote

Naro (Agrigento) - Dopo le scorpacciate Tv, dopo le continue repliche del commissario Montalbano, Andrea Camilleri ricomincia dal cinema. E per conquistare il pubblico del grande schermo, da buon siciliano, s'affida alla famiglia. Consegnando uno dei suoi primi intriganti e ironici romanzi di taglio pirandelliano, La scomparsa di Patò, al regista che ha sposato una delle sue figlie, Rocco Mortelliti. E il genero avverte il peso di questo film da un mese in lavorazione nella «vera Vigata», fra Porto Empedocle, Canicattì e Naro, cuore della provincia di Agrigento. Perché, diciamo la verità, anche aver trasferito commissariato, case e spiagge di Montalbano dall'altra parte della Sicilia, a Ragusa, sarebbe fiction, anzi finzione, rispetto alle descrizioni dell'autore nato nella stessa città di Pirandello, adesso nei panni di sceneggiatore del suo testo, insieme con Maurizio Nichetti e lo stesso genero.
Un po' gigioneggiano in famiglia sul personaggio di Zingaretti che tanta fortuna ha portato pure in libreria, ma Mortelliti che sul set dirige la figlia Alessandra nei panni della vedova Patò, («La cocca del nonno»), avverte l'impegno della scommessa: «Camilleri dovranno un giorno ricordarlo non solo per Montalbano, ma anche con il cinema per qualcosa di più aderente alla sua opera letteraria».
D'altronde, come racconta sul set davanti a Maurizio Casagrande e Nino Frassica, Neri Marcorè, Manlio Dovì, Gilberto Idonea e altri attori di primo piano, fu il suocero a incoraggiarlo: «Patò è nelle tue corde. Fallo».
Ed eccolo immerso nella storia di un irreprensibile ragioniere di banca, appunto, Antonio Patò, che nella Vigata del 1890 partecipa alla rappresentazione della Passione di Cristo, interpreta un Giuda impiccato sul palco allestito in piazza e scompare, come da copione, attraverso una botola. Ma scompare davvero. Patò non si trova più. Con sgomento generale. Parte così l'inchiesta annaspando fra irregolarità in banca o complotti mafiosi, ma scatta una spassosa gara fra il delegato di polizia e il maresciallo dei carabinieri impegnati ad ostacolarsi, infine costretti a celare la verità.
Una storia costruita come specchio dell'attualità, per Mortelliti: «Vorrei che lo spettatore dicesse: oggi accade ancora così, la verità viene ancora nascosta in un mondo che resta quello ipocrita lasciato da Patò per amore». In sintonia con Marcorè che, nei panni di Patò, trova nessi fra l'Italia di fine Ottocento e la nostra: «Quando dalla verità ognuno avrebbe da perdere, si preferisce accontentarsi di una verità di comodo». Allora si può soffocare l'inchiesta di «due funzionari stupidotti, ma nel giusto»", come Maurizio Casagrande descrive se stesso carabiniere e Frassica poliziotto [In effetti è il contrario: Casagrande interpreta il poliziotto, Frassica il carabiniere, NdCFC]: «C' è qualcosa di pericoloso nel potere che tenta di governare il destino degli uomini e di non raccontare la verità quando non è compatibile con quella preordinata».
Fiero di un cast d'eccezione dove figurano pure Simona Marchini e Flavio Bucci, Danilo Formaggia e Roberto Herlitzka, assicura risate e sottile ironia il regista, attento soprattutto al linguaggio di Camilleri: «Mantengo i tratti del testo, un certo burocratese impettito. Recuperando l'aspetto più interessante dei romanzi storici di Andrea. Ammettiamolo. La Tv ha sottratto molto all'opera. Ottimo prodotto la serie su Montalbano, ma il linguaggio è un'altra cosa. Grande attore Zingaretti, però non sento la sicilianità. I "cabasisi" sono un fatto letterario difficile da tradurre nel parlato, ma se il parlato non è genuino dà fastidio. Ecco, noi stiamo entrando dentro la lingua...».
Come prova a fare anche la figlia, la bella Alessandra «voluta dal nonno» e ironica su questa raccomandazione eccellente: «Che peso, devi dare il massimo, più degli altri... ma è stupendo dar vita al progetto del nonno per il grande schermo, anche se io resto una fan sfegatata di Montalbano, la fiction più cinematografica che ci sia».
Non mancano i consigli di visione per le future generazioni, visto che Montalbano lo conoscono tutti, come dice Frassica, da siculo doc: «Andrebbe visto prima questo Patò, come sta venendo fuori nei luoghi della sua vera Vigata, e poi il commissario. Qui ritrovo la mia lingua, i personaggi della mia terra...».
Entusiasta di questa rivisitazione del mondo di Camilleri la produttrice del film, Donatella Palermo, che ha trasformato Naro e il suo barocco in un set: «Tutti disponibili. Dici Camilleri e si spalancano le porte dei palazzi. Qui non ci sono librerie. Solo due punti vendita per i giornali, ma ovunque è possibile comprare La scomparsa di Patò. E tutti leggono».
Miracoli del cinema, ma dopo quelli della Tv.
Felice Cavallaro
 
 

SiciliaToday, 7.3.2010
Gianrico Carofiglio, “Le perfezioni provvisorie”

E’ stato Gianrico Carofiglio il vero mattatore della serata di ieri [In effetti l'incontro si è tenuto il 4.2.2010, NdCFC] in un Teatro Stabile [In effetti il Teatro Verga, NdCFC] gremito in ogni ordine di posto.
L’occasione per il pubblico catanese era ghiotta: veniva uno dei più talentuosi romanzieri italiani a presentare il suo nuovo libro, già balzato al primo posto nella classifica delle vendite.
E i lettori etnei non si sono lasciati sfuggire l’occasione e l’incontro, se non fosse stato gratuito, sarebbe comunque valso il prezzo del biglietto. Questo perché Gianrico Carofiglio, barese doc, ha intrattenuto il pubblico sia parlando del libro, quindi aderendo agli immancabili obblighi pubblicitari, sia raccontando divertentissime chicce della sua fulgida carriera di scrittore.
“Il mio editore quando pubblicai il primo libro – racconta Carofiglio - mi disse che sarei diventato famoso quando avrei visto la gente leggere il mio libro in treno, all’aeroporto, nelle sale d’aspetto. Dal momento della pubblicazione non feci altro che pattugliare tutti questi posti, e, appena vedevo tra le mani del lettore di turno un libretto blu della Sellerio (la casa editrice dell’autore; ndr) mi avvicinavo subito curioso. Non sapete – conclude divertito lo scrittore – quanta delusione nel vedere sempre che stavano leggendo Camilleri!”.
[...]
Andrea Sessa
 
 

la Feltrinelli Libri e Musica, 8.3.2010
Roma, Galleria Colonna, 31/35, ore 18:00
Incontro con Camilleri e Lodato

Le vicende politiche italiane più assurde o controverse accadute fra novembre 2008 e maggio 2009: le ritroviamo tutte in “Un inverno italiano - Cronache con rabbia 2008-2009” (Chiarelettere). Dalla crisi finanziaria al caso Englaro, dall’omofobia in Vaticano all’elezione di Obama, dal terremoto in Abruzzo all’indignazione di Veronica Lario per il caso Papi. Ad analizzare questi e altri fatti e misfatti, due commentatori d’eccezione: Andrea Camilleri con la sua vena ironica, e il giornalista Saverio Lodato che ha raccolto le dichiarazioni dei pentiti di mafia. Entrambi sdegnati per ciò che pareva inaccettabile e che invece l’Italia ha supinamente accettato.
 
 

Alto Adige, 8.3.2010
Da domani in Alto Adige Camilleri in scena col Birraio di Preston

Bolzano. Compete a Pino Micol, attore di primo piano nel panorama italiano, il ruolo del protagonista de «Il birraio di Preston» di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale, che firma la regia dello spettacolo prodotto dal Teatro Stabile di Catania e che approda in Alto Adige da domani, nell’ambito della stagione del Tsb. Si inizia domani 9 marzo al Teatro Puccini di Merano, prosegue il giorno 10 al Forum di Bressanone, si conclude al Teatro Comunale di Bolzano dall’11 al 14 marzo (info: 0471 301566 - www.teatro-bolzano.it). Affiancano Micol altri interpreti di prestigio, quali Giulio Brogi e Mariella Lo Giudice, e con loro Marcello Perracchio e Paolo Poddighe. Le scene competono ad Antonio Fiorentino, i costumi sono di Gemma Spina. Il rapporto di Andrea Camilleri con la scrittura teatrale è segnato da tappe importanti, distribuite lungo la ricca e fortunata carriera dello scrittore siciliano. È sufficiente ricordare gli ultimi contributi, quali «La concessione del telefono» e la rielaborazione de «La tempesta» di William Shakespeare in coppia con Giuseppe Dipasquale, che ne firmò la messinscena. Il connubio artistico tra il romanziere e il regista sta alla base de «Il birraio di Preston», spettacolo ricavato dall’omonimo racconto pubblicato dalla palermitana Sellerio nel 1998. la riduzione teatrale rispetta l’ambientazione, il vivace paesino siciliano di Vigàta, e l’intreccio narrativo, che, nello stile proprio di Camilleri, si enuclea da un fatto tratto vero e ricavato dalla lettura de «L’inchiesta sulle condizioni sociali ed economiche della Sicilia (1875-1876)» voluta dal Parlamento italiano per capire l’atteggiamento della popolazione di Caltanissetta e provincia nei riguardi della politica governativa. Nell’udienza del dicembre 1875, la relazione del giornalista Giovanni Mulè Bertolo, per spiegare il miglioramento della situazione, si concentrò sull’allontanamento del prefetto, il fiorentino Bortuzzi. I fatti, poi trasferiti nel romanzo e successivamente la rielaborazione drammaturgia, si svolsero in questo modo: per inaugurare il nuovo teatro Civico di Caltanissetta il cocciuto e ignorante prefetto in questione in servizio a Montelusa, un paese vicino a Vigàta e da sempre in accesa rivalità, impose la rappresentazione del melodramma «Il birraio di Preston» del modesto Luigi Ricci, un’opera considerata fondamentale per l’educazione e la sensibilizzazione all’Arte dei vigatesi. Nessuno condivide la scelta, nasce una disputa molto accesa, che, tra l’altro, costringe alle dimissioni due consiglieri dell’amministrazione del teatro. Si arriva quasi ad una guerra civile tra le due opposte fazioni, dalle quali si dipartono divertentissime e intricate vicende che danno sapore e verve al tessuto narrativo e al testo teatrale. Vero è che all’indomani della tormentata inaugurazione il teatro fu incendiato dai riottosi e irriducibili oppositori, quale ultima risposta alla tragicomica battaglia culturale e ideologica che si era scatenata. Emerge il vivo colore di una Sicilia atavica, rappresentata nel momento della rivolta contro soprusi e ingiustizie, in un gioco teatrale che non dimentica, anzi sottolinea, l’ironia graffiante e pungente del famoso scrittore siciliano.
Massimo Bertoldi
 
 

Il Messaggero, 8.3.2010
Da domani e ogni martedì in edicola con “Il Messaggero” 18 dvd, ossia la serie completa delle avventure del commissario di Camilleri con Zingaretti e la regia di Sironi
Il detective che viene dal sud

Il mare davanti. Siepi di more selvatiche alle spalle. La fronte alta, le mascelle serrate, le mani in tasca. Finalmente solo. Lontano da cadaveri e delitti, colpi di pistola e colpi scena. Lui sarebbe un uomo come tanti, anzi, come pochi. Un Giusto. Uno di quelli che detesta la burocrazia e si ritiene un servitore della legge. Ma non è grigio il commissario Salvo Montalbano. Sornione piuttosto. Così saggio da potersi permettere il lusso di essere anche un po’ cialtrone. Più ispido di Maigret. Più innamorato di Humphrey Bogart in Casablanca, soprattutto quando la sua donna, Livia, è lontana quei 900 km e oltre. Con un palato più raffinato di quello Pepe Carvalho, collega di Barcellona, con un debole per la paella alla valenciana.
Salvo Montalbano è figlio di Andrea Camilleri, che l’ha inventato. Fratello di Luca Zingaretti che lo ha sempre interpretato. Nonostante l’attore sia stato sull’orlo di abbandonare il suo personaggio tre anni or sono: «Può esistere anche senza di me», disse. Eppoi: «Ovvio anche che non sarà come me...». Ma il merito del successo della serie - da domani in dvd per 18 martedì in edicola con Il Messaggero - è molto anche della sensibilità e della grande capacità del regista Alberto Sironi. E del cast tutto: da Katharina Bohm (eterna fidanzata di Montalbano) a Caesare Bocci, passando per Peppino Mazzotta e gli altri.
La vita, la si può vivere, o la si può scrivere, diceva Luigi Pirandello. Camilleri l’ha sempre vissuta, e la corregge anche nei suoi romanzi, là dove è sempre possibile farlo. Così rivede i ricordi con un pizzico di fantasia, e resuscita la Sicilia del tempo perduto, di quando era ragazzo. Terra di aranceti e di zagare, arsa dal sole, dove tutto aveva e sapore. Come nel paesino immaginario di Montalbano, Vigata, che tanto somiglia a quello di quando era bambino. Con la cartoleria profumata d’inchiostro e gli scaffali gonfi di cartoncini e di quaderni. E la chiesa barocca nelle volute e nel pulpito con le ghirlande e con i putti. Vigata è territorio di Salvo Montalbano, dintorni compresi. Là, tra cielo e mare, nuotate all’alba («per scetare ’a mente», dice il commissario), l’ufficio pieno di scartoffie, i suoi uomini, trascorre le giornate e le notti. Che si macchiano di delitti. Omicidi che nascondono segreti antichi, sporche faccende di famiglia, connivenza mafiose, storie passionali. Casi che comunque Montalbano risolve. Con fiuto e metodo deduttivo, intelligenza, e un senso di pietas per i colpevoli.
Solo dopo essere venuto a capo di un fattaccio di sangue, si concede una tregua. Magari trascorre una settimana intera con la fidanzata. E finalmente passa il tempo «che occorre picché sinnù nun si sente o’ sapuri» dei manicaretti che prepara Adelina, la sua governante: i purpetieddi, il sugo nero di seppie, la pasta con le sarde, o con le melanzane, quegli «arancini che si sciolgono in bocca e che solo lei sa fare».
E’ un uomo che ama i sapori del mare, della sua terra. La sua donna. E gli sarebbe fedele. Se non giungesse “La vampa d’agosto” (titolo del film in dvd in edicola con Il Messaggero il 30 marzo). Quell’afa sorda che ti accorcia il respiro e non ti dà scampo. Non serve nemmeno tuffarsi tra le onde. Poi all’improvviso, una ragazza. Quel corpo giovane, elastico, sotto la stoffa leggera. Allora il respiro accelera e senti il peso degli anni e quella donna ti sembra l’ultima spiaggia. L’unica occasione per esorcizzare il tempo che passa. La morte...
Ma, quale uomo non ha mai tradito, una volta almeno? E Montalbano non è un supereoe. E’ di carne e di sangue. Per questo l’Italia intera stravede per lui. E - incredibile ma vero- non si contano più le persone che chiedono agli operatori turistici di andare a Vigata. Quando si sentono rispondere che non esiste ma che è pronto un itinerario che percorre i set dei film (da Donna Fugata alla spiaggia della Marinella), scuotono il capo e insistono: «No, no. Noi vogliamo vedere Vigata».
Micaela Urbano


Un idioma per tutti
Quel dialetto diventato italiano

Molte parole dei gialli di Camilleri, e quindi del commissario Montalbano, sono entrati nel lessico italiano. Ecco alcuni termini.
Addrumàre: soffocare. Ammucciare: nascondere. Astutare: spegnere o uccidere. Babbiare: scherzare. Ca Camurria: che seccatura. Firticchio: voglia improvvisa. Inzertari: azzeccare, cogliere nel segno. Santiari: imprecare. Scantare: spaventare. Scassari i cabasisi: rompere le scatole. Sciarriatina: Litigio. Sciaurare: annusare. Sperto: più che esperto. Spiare: chiedere informazioni (e non certo sbirciare di nascosto). Strammare: restare attonito. Taliare: osservare con attenzione. Tuppiare: bussare.
 
 

Libertà, 8.3.2010
Il commissario Montalbano

Libertà presenta Luca Zingaretti in Il commissario Montalbano, il commissario nato dalla penna di Andrea Camilleri.
Per la prima volta tutti gli episodi diretti da Alberto Sironi in un'unica, imperdibile, colonna.
Da mercoledì 10 marzo il 1^ DVD "La luna di carta" in edicola con Libertà.
Prima uscita a solo 7,99€
 
 

l'Unità, 9.3.2010
L’editoriale
Restiamo uniti
I lettori de "l’Unità" sono una categoria speciale all’interno dell’enorme folla dei lettori di Andrea Camilleri. Lo hanno conosciuto non solo come il padre del commissario Montalbano, come l’autore di decine di romanzi storici e di saggi, ma anche come «lo chef» che, fino al maggio scorso, assieme a Saverio Lodato, ha servito quotidianamente un piatto di riflessioni, spesso amare, su quanto accadeva nel nostro paese. Poi lo chef ottantaquattrenne ha preso un periodo di riposo. L’ha interrotto ieri, come spiega nelle righe che seguono, per dare ai lettori de l’Unità una ricetta contro i freddi di questo interminabile inverno.

Ieri sera sono intervenuto alla presentazione del libro "Un inverno italiano", edito da Chiarelettere, che ho scritto insieme a Saverio Lodato e in cui abbiamo raccolto le nostre rubriche per "l’Unità". L’ho fatto perché, tra i vari sconvolgimenti atmosferici con i quali siamo ormai costretti a fare i conti, c’è un fatto certo che mi atterrisce: quest’inverno italiano dura ormai da troppo tempo.
Forse, visto che a queste elezioni amministrative si è finito col dare, da parte di Berlusconi, ancora una volta il significato di un referendum sulla sua persona, mi pare che sarebbe la volta buona, non dico per provocare la fine dell’inverno ma, almeno, una pausa del diluvio.
E mi auguro che l’opposizione non finisca ancora una volta col perdere non tanto per fattori esterni, quanto per polemiche interne. Si era visto in questi giorni, soprattutto all’indomani del decreto, un certo suo ricompattamento. Ma subito dopo è arrivata una doccia fredda, come se non bastasse la doccia dell’inverno.
La prima avvisaglia è stata la voce del possibile ritiro dei radicali. Sarebbe, a mio avviso, una scorrettezza gravissima pari, forse, alle scorrettezze del Pdl (e quante siano state ce lo dice anche la sentenza di ieri del Tar del Lazio) che il decreto ha tentato di sanare. In parole povere, il ritiro di Emma Bonino significherebbe negare il voto all’intera opposizione di sinistra.
Pregherei poi tantissimo quelli del Partito democratico di non enfatizzare troppo le dichiarazioni di Di Pietro il quale, spesso e volentieri, sembra perdere il senso e il significato di alcune parole. Detto tra parentesi, le trovo meno calibrate di quando faceva il pubblico ministero.
L’importante è trovarsi tutti uniti e cercare di battere Berlusconi con la vera arma della democrazia che è il voto popolare. Mi sembra che la manifestazione di sabato prossimo, alla quale purtroppo ancora una volta potrò essere presente solo in spirito, possa essere una cartina di tornasole per saggiare la vera compatta volontà dell’opposizione di dare una prima vera spallata a questo governo.
E al suo leader che riesce ogni giorno di più a dividere un Paese che, invece, avrebbe necessità assoluta di unità. Quell’unità per la quale ogni giorno il nostro capo dello Stato Giorgio Napolitano è costretto a fare gli straordinari.
Andrea Camilleri
 
 

l'Unità, 9.3.2010
«Lo chef consiglia»: torna su l’Unità la rubrica di Camilleri e Lodato
Lo scrittore siciliano ieri a Roma ha di nuovo presentato il libro che raccoglie gli articoli scritti per l’Unità insieme al nostro collega Saverio Lodato. La rubrica torna per commentare una stagione politica di grande freddo.

Roma. «L’inverno continua, peggiora, e a me fa una rabbia, qui ci si gela l’erba sotto ai piedi....». Usa una metafora meteorologica per descrivere una stagione politica, Andrea Camilleri. Parla con la voce roca e ferma, ancora più bassa quando ironizza, mai tra le righe. Ieri a Roma lo scrittore siciliano ha presentato il libro scritto con Saverio Lodato per Chiarelettere: «Un inverno italiano». Il testo raccoglie gli articoli usciti nella rubrica «Lo chef consiglia» tenuta da Camilleri e Lodato su l’Unità dal 20 novembre 2008 al 22 maggio 2009. E visto che l’inverno è sempre più freddo e che il terreno «S’è ammargiato», cioè «ha bevuto troppo» e «i cittadini onesti non ne possono più», dice Camilleri, la rubrica in cui lo scrittore commentava l’attualità tornerà sul nostro giornale. Ancora da definire la periodicità (probabilmente una volta la settimana) e la data d’inizio. Ma di certo, presto, lo chef tornerà a cucinare per i lettori de l’Unità. A Camilleri, che ha interrotto «Per raggiunti limiti di età» come dice scherzando sulle sue 84 primavere, glielo ha chiesto anche una donna dalla platea: «Noi abbiamo solo il voto per cambiare le cose, ma il voto non basta! Deve lavorare signor Camilleri, voi che scrivete dovete farvi sentire».
SETTIMANALE
Lui si lusinga, continua il dibattito, coordinato da Andrea Vianello, con Giovanni Maria Bellu, condirettore de l’Unità, e Silvia Resta, de La7 (autrice di un servizio mai trasmesso sulla trattativa tra Stato e Cosa Nostra). Tiene testa a un disturbatore: «Questo è un dibattito a senso unico, basta comizi in libreria», lo contesta un anziano signore. «Lei disturba, dimostra prepotenza, la vostra incapacità di ascoltare una critica. E non si avvicini che le do il microfono in testa..» è la replica che conclude il dibattito su libertà di stampa, democrazia, politica.
Sollecitato sul decreto ad listam e successive reazioni delle opposizioni Camilleri non ha dubbi: «Dico al Pd che finché non fa sparire democraticamente Berlusconi, non ci sarà luce»; Di Pietro? «Il pm di mani pulite che prima pesava le parole, ora sembra non saperlo più fare...»; e poi un appello a manifestare: «Scendete sabato in piazza insieme, fatelo per i vostri nipoti. Sia una cartina di tornasole della volontà di fare un passo avanti, altrimenti in questo inverno mancherà il riscaldamento». Niente metafore sulla cancellazione di Ballarò, Annozero, Porta a Porta e Ultima parola, invece: «Le cose si evolvono: questo è un regime di tipo nuovo. Un mio compare sentiva le previsioni del tempo di Bernacca e anche se il colonnello annunciava il bello, lui si portava l’ombrello per sicurezza. Ecco io dico: davanti alle notizie della tv aprite l’ombrello della ragione». Vola alto, Camilleri. A proposito di autonomia di pensiero ricorda cosa disse l’accusa del tribunale speciale ad Antonio Gramsci. A proposito di dignità rievoca lo storico discorso di De Gasperi all’Onu e commenta: «oggi è difficile che i governanti abbiano tale dignità». Colpa anche della corruzione e delle “cricche”, né meglio né peggio di tangentopoli: «Sono un male che nella storia d’Italia c’è sempre stato, solo che nel tempo s’è aggravato fino a farci rischiare la morte».
Gioia Salvatori
 
 

Abitare a Roma, 9.3.2010
L’Italia politica secondo Camilleri
Presentato il volume "Un inverno italiano. Cronache con rabbia 2008-2009" dello scrittore siciliano e di Saverio Lodato

La sala è piena alla libreria Feltrinelli della galleria Colonna: non capita tutti i giorni di incontrare Andrea Camilleri.
Lo scrittore siciliano l’8 marzo ha presentato un libro uscito l’anno scorso: Un inverno italiano. Cronache con rabbia 2008-2009. Non si tratta di un nuovo episodio della saga di Montalbano, ma della raccolta degli articoli della rubrica “Lo chef consiglia” uscita da novembre 2008 a maggio 2009 sulle pagine de l’Unità. Una rubrica di attualità politica, scritta insieme al giornalista corregionale Saverio Lodato, che ha posto per sei mesi quotidianamente una domanda a Camilleri e che firma con lui il libro.
Ospiti illustri del giornalismo, a parlare con i due autori: Andrea Vianello, noto per il programma Mi manda Raitre; Giovanni Maria Bellu, firma storica del giornalismo italiano e vicedirettore de l’Unità; Silvia Resta, di La7, vincitrice del premio “Articolo 21” per un servizio che però non è stato mai mandato in onda.
È Vianello a cucire gli interventi e a incominciare a parlare. L'arco di tempo coperto dal volume è un periodo controverso e amaro nella storia della democrazia italiana: appunto quello di un lungo inverno. Solo per rinfrescare la memoria, si ritrovano nelle pagine i provvedimenti del governo, la morte di Eluana Englaro, il lodo Alfano, il terremoto, l’emergenza extracomunitaria. Fatti passati, quindi. Ma sia Vianello che la Resta parlano della sorpresa di aver trovato una grande attualità nel libro: a riprova Vianello legge un passaggio del 17 maggio 2009 in cui Camilleri parla di Bertolaso, definendolo “un enigma vivente” che riesce a fare tutto; o la Resta che ne ricorda un altro dove Camilleri prospettava come prossimo lo scontro finale all’interno del Pdl, tra finiani e berlusconiani.
Ma la sostanza che rende il libro attuale e sensata una presentazione a distanza di mesi dalla sua uscita, è che, come dice Lodato, l’inverno continua, anzi peggiora. Per dirla con Camilleri, «siamo alla grande gelata».
Sollecitato dalle domande e dalle curiosità di Vianello e della Resta, Camilleri espone il su pensiero anche su fatti che sono venuti dopo la chiusura della sua rubrica, quei fatti per i quali «le temperature sono diventate polari». Lo scrittore siciliano non si tira indietro, a volte divaga, rivendicando il fatto come un suo diritto in quanto vecchio, ma affonda un colpo dopo l’altro.
La Resta gli chiede: quando è cominciato questo inverno? Forse, dice la giornalista, è cominciato con il conflitto di interessi, da quando insomma si è preso a usare la Tv come un’arma. Chiede a Camilleri come lui ha subito la trasformazione della tv, che è arrivata ad essere ormai uno strumento di trasformazione della realtà. Camilleri è secco: la tv non esiste, esistono gli uomini che fanno la televisione. Siamo arrivati al paradosso di rimpiangere la lottizzazione politica, cosa obbrobriosa ma migliore dell’occupazione che c’è oggi. Prosegue dicendo che vanno quindi cambiati gli uomini che fanno la televisione, per cambiare la televisione, altrimenti rimarremo in questa dittatura televisiva che fa di tutto una bugia. In queste ore ne abbiamo l’esempio più immediato, spiega: l’atteggiamento dell’informazione nei confronti del pasticcio delle liste nel Lazio e in Lombardia. Un errore commesso dal partito di maggioranza diventa televisivamente colpa dei magistrati e complotto delle sinistre. Questo fa disgusto, dice Camilleri. Dà la nausea il fatto che il prepotente riesce a farsi passare per la vittima.
Vianello domanda a Camilleri un’impressione sullo scandalo degli appalti da poco venuto alla ribalta. Ma Camilleri non si scompone, non dà segni d’essersene stupito più di tanto: li definisce metastasi di un cancro più grande. Ma è soprattutto il fatto che gli scandali si ripropongono, «eppure non succede mai niente»: questo lo amareggia.
Ancora Andrea Vianello chiede a Camilleri se pensa che il Pdl sia un partito di plastica. Risponde di no, Camilleri: il Pdl non è di plastica, «è un partito di cartamoneta».
Bellu sostiene che forse siamo arrivati allo svelamento del bluff, che la gente è stanca e che il Palazzo dà segni di nervosismo. Che ne pensa Camilleri? Pensa che in Italia non ci sarà luce fin quando ci sarà Berlusconi, e per prima cosa bisogna farlo sparire democraticamente. Questo avverbio lui lo ripete più volte.
Antonio Scafati
 
 

Il clandestino, 9.3.2010
Camilleri: "In Italia finchè ci sarà Berlusconi non si vedrà mai la luce
Antonello Stifani
 
 

TV Sorrisi e Canzoni, 9.3.2010
Auditel di lunedì 8 marzo: 7 milioni e mezzo di spettatori per la finale del Grande Fratello

[...]
Contro il GF, Raiuno ha schierato la replica de «Il giro di boa», film tv della serie «Il commissario Montalbano», ottenendo un discreto 19.01% di share e 5.174.000 spettatori.
[...]
Antonio Mustara
 
 

La Stampa, 9.3.2010
L’iniziativa
Con La Stampa i dvd di Montalbano

Torino. «La Stampa» presenta il commissario Montalbano. Ogni martedì, a partire da oggi, sarà possibile acquistare in edicola i dvd della serie televisiva. Diciotto indagini alla ricerca del colpevole nel cuore della Sicilia.
I lettori de «La Stampa», al costo di 7,99 euro più il prezzo del quotidiano, potranno trascorrere più di quattro mesi in compagnia del personaggio creato dalla penna di Andrea Camilleri, consacrato tra i grandi maestri del giallo internazionale. I testi, scritti con un linguaggio ricco di espressioni dialettali, sono stati tradotti in decine di lingue, giapponese compreso.
Andrea Camilleri e Montalbano - l’autore ha spiegato di essersi ispirato al padre per tracciare il profilo del personaggio - hanno letteralmente stregato l’America. Il «New York Times», all’uscita del primo episodio «La forma dell’acqua», dedicò allo scrittore siciliano la rubrica «Saturday profile» nella quale ripercorse le tappe della sua carriera, giunto al successo nel ‘94 alla bella età di 70 anni, dopo avere scritto testi per il teatro e la tv e aver insegnato per 24 anni all’Accademia di arti drammatiche a Roma.
Così, grazie alla giusta combinazione tra la fredda logica dell’inchiesta poliziesca e la sensibilità dell’investigatore, Salvo Montalbano è diventato in brevissimo tempo un clamoroso fenomeno editoriale. E il volto di Luca Zingaretti, anche se diverso da quello immaginato da Camilleri (e celebrato da una statua a Porto Empedocle), è ormai diventato quello «ufficiale» del commissario.
A fare da cornice alle storie splendidi scorci del paesaggio siciliano. Delitti d’amore e d’interesse s’intrecciano a indagini di mafia. Come sfondo colori e gusti nella tipica espressione italica. Questo, il segreto del successo di Montalbano: ambienti e tradizioni mediterranee, sagacia e ironia del protagonista, verosimiglianza delle storie che raccontano crimini non distanti dalla cronaca nazionale e internazionale.
Gli episodi della fiction Rai, diretti dal regista Alberto Sironi, sono stati girati in provincia di Ragusa. Il famoso ufficio del Montalbano, nel commissariato di «Vigata», è veramente un ufficio: quello del sindaco di Scicli. Molti dei luoghi in cui si svolgono le storie, dalla casa del commissario a «Marinella» al ristorante preferito del protagonista «da Enzo», sono diventati mete di pellegrinaggi di fan. Al punto che, nelle agenzie di viaggio da qualche anno a questa parte, è stato addirittura pensato un «pacchetto vacanze Montalbano» che consente ai clienti di visitare spiagge, chiese, strade, appartamenti, e trattorie, usate o create ad hoc come set per la fiction.
 
 

CorriereRomano.it, 10.3.2010
Un inverno italiano. Cronache con rabbia 2008-2009


(Foto CorriereRomano.it)

Andrea Camilleri e Saverio Lodato hanno presentato l’8 marzo alla libreria Feltrinelli della galleria Colonna il loro libro "Un inverno italiano. Cronache con rabbia 2008-2009, la raccolta degli articoli usciti sulla rubrica “Lo chef consiglia” dell’Unità, da novembre 2008 a maggio 2009. Perché farne adesso un’altra presentazione, allora? Anche Camilleri dice di esserselo domandato, quando gli è stato proposto. Ma poi la risposta l’ha trovata: perché l’inverno continua, anzi: «siamo alla grande gelata».
Insieme a Camilleri e Lodato, a parlare di questo inverno che prosegue c’erano nomi grossi del giornalismo nostrano: Andrea Vianello, conosciuto soprattutto per il programma Mi manda Raitre; Silvia Resta, di La7; Giovanni Maria Bellu, vicedirettore dell’Unità.
Sia Vianello che la Resta dicono subito che questo libro risulta attualissimo, pur non parlando di attualità: Vianello legge un passaggio del 17 maggio 2009, nel quale Camilleri parla di Bertolaso, lo definisce “un enigma vivente” che riesce a fare tutto; la Resta ne ricorda un altro dove lo scrittore siciliano anticipa lo scontro finale tra finiani e berlusconiani all’interno del Pdl.
Ma più che dell’inverno politico e culturale che copre i mesi della rubrica, si è parlato di questo inverno che continua, di queste temperature che si sono fatte polari.
Gli argomenti e gli spunti che emergono sono tanti. Vianello e la Resta approfittano dello scrittore per domandargli pareri, sensazioni, chiavi di lettura: lui è disponibile, a volte si fa prendere la mano dal piacere di divagare ma quando vuole le sue parole si fanno dure e dirette.
Si incomincia parlando della televisione, la Resta gli domanda se l’inizio di questo inverno non possa essere rintracciato proprio nel conflitto di interessi, da quando cioè si è cominciato a usare la tv come un’arma. La risposta di Camilleri è che la televisione non esiste: esistono gli uomini che la fanno, e sono quelli che vanno cambiati. Che poi ormai l’Italia viva in una eterna trasformazione della realtà, per lui non c‘è dubbio: basta vedere il comportamento dell’informazione nei confronti della questione delle liste nel Lazio e in Lombardia. Un errore commesso dal partito di maggioranza diventa televisivamente colpa dei magistrati e complotto delle sinistre. Allo stato attuale (che lui definisce una dittatura televisiva) è perfino da rimpiangere la vecchia lottizzazione politica, cosa obbrobriosa ma comunque meno dell’occupazione che c’è adesso.
Sugli scandali più recenti, Camilleri ha un giudizio che all’apparenza sembra morbido, ma in realtà è durissimo: non se ne stupisce più di tanto, sono tutte metastasi di un cancro più grande. Quel che fa infuriare è che nonostante questo susseguirsi di scandali, non succede mai niente.
Giudizio sintetico ma caustico sul Pdl: Vianello gli chiede se crede che il Pdl sia un partito di plastica. No, risponde Camilleri, «è un partito di cartamoneta».
Camilleri non condivide pienamente neanche l’ipotesi di Giovanni Maria Bellu, il quale sostiene che forse siamo vicinissimi al punto di svolta: il livello di esasperazione tra la gente monta sempre di più, e il Governo lo percepisce. Forse siamo prossimi alla fine di questo lungo inverno, forse dice Bellu c’è la possibilità di una schiarita. Che ne pensa Camilleri? Altre parole forti: pensa che in Italia non ci sarà luce fin quando ci sarà Berlusconi, e per prima cosa bisogna farlo sparire democraticamente.
Antonio Scafati
 
 

Alto Adige, 10.3.2010
Il piacere unico di poter lavorare con Camilleri

Bolzano. Lavorare con Andrea Camilleri? Piacere allo stato puro. Questo secondo Giuseppe Dipasquale, regista e coautore della trasposizione teatrale, insieme allo stesso Camilleri, di «Il birraio di Preston» che questa sera sarà al Forum di Bressanone e dall’11 al 14 marzo arriverà al Teatro Comunale di Bolzano. Camilleri e Dipasquale si conoscono dal 1986, quando quest’ultimo entrò nell’Accademia Silvio D’Amico come regista.
«Camilleri era il mio insegnante. Era una esperienza giornaliera meravigliosa. Lui non era ancora così noto, ma è rimasto esattamente in questo modo: un uomo di grande umanità, grande acume e di una sterminata cultura, con la capacità di affabulare e di raccontare qualsiasi storia come se fosse la più bella di tutte le storie», ci dice il regista. Con Dipasquale parliamo ovviamente della trasposizione teatrale del romanzo di Camilleri nei nostri teatri in questi giorni.
«Questo lavoro ha una struttura circolare che contemporaneamente compie dei salti di tempo narrativo che il lettore segue facilmente sul romanzo, mentre lo spettatore a teatro ha bisogno di altri strumenti. La prima versione scenica, sempre con la stessa compagnia, risale a 10 anni fa, ma fu messa in scena solo a Catania, e durava circa tre ore e mezzo. Adesso abbiamo accorciato il tutto, trovato altre soluzioni drammaturgiche, maggiore sintesi e maggiore efficacia».
Forse tra le difficoltà maggiori ci sono state anche la collocazione temporale e geografica del romanzo.
«Vigata è quella di sempre, tutti i personaggi di Camilleri vivono in questa atemporalità e ageograficità vigatese, che è la Sicilia, ma è soprattutto un luogo della memoria. Camilleri nel romanzo utilizza un gioco stilistico molto sottile, vale a dire i capitoli che non si collocano su una linea narrativa. Noi abbiamo inserito ogni tanto degli intermezzi che anticipano quello che è già accaduto». Un po’ alla Quentin Tarantino!
«Esattamente. Il meccanismo narrativo di Camilleri credo sia stato influenzato anche dalla filmografia di Tarantino».
Alcuni critici hanno riscontrato una recitazione un po’ sopra le righe. È voluta?
«Il linguaggio di Camilleri è un siciliano che gioca espressivamente con la lingua. Era inevitabile che la recitazione non affrontasse questo linguaggio in modo banalmente naturalistico, ma che in qualche modo vi si intonasse. Questo ha portato a una sorta di ricerca che giocasse su livelli recitativi anche leggermente paradossali. Com’è poi la scrittura di Camilleri».
Lo scambio di ruoli e costumi degli attori sul palco rimanda a Pirandello. Voluto o casuale?
«Noi siamo impregnati di pirandellianità e soprattutto lo è Andrea che ha avuto anche la fortuna di conoscerlo. Lui aveva 10 anni e si è visto arrivare in casa un ammiraglio. Era Luigi Pirandello che aveva appena vinto il Premio Nobel e veniva a fare una sorpresa alla madre [Alla nonna, NdCFC], che era una cugina, ancora in abito da cerimonia».
Camilleri è anche regista. Ha cercato di intromettersi nel suo lavoro o le ha lasciato carta bianca?
«Per citare Pirandello, da autore ha smesso il suo ruolo quando ha messo la parola fine. Come regista mantiene il grande rispetto che ha sempre avuto nei confronti dei colleghi. A volte si è divertito a suggerire delle soluzioni, e basta».
Come mai nel Nord piace tanto Camilleri in particolare e il teatro meridionale in generale?
«Il birraio di Preston è il romanzo preferito di Camilleri, quello che gli ha dato successo e soprattutto siete stati voi al Nord a decretare questo successo. Forse ci piacciamo perchè gli estremi si attraggono. Io ho ricordi molto piacevoli di Bolzano e c’è un bel rapporto con il Teatro Stabile. Non solo «La concessione del telefono» è andata molto bene, ma tutti gli spettacoli che vengono da Catania. Non c’è la cortina di ferro, in questo caso, tra nord e sud. Anzi, noi abbiamo più successo a Bolzano che a Catania».
Camilleri continua a dire che lui è un infedele. Questo la preoccupa?
«Lui mette le mani avanti, in realtà Andrea Camilleri è molto fedele, all’amicizia, all’amore. È un infedele creativo, perchè è un uomo libero. Non ha mai legato la propria arte e la propria creatività a un diktat ideologico».
«Il birraio di Preston», proposto dal Teatro Stabile di Catania per la regia di Giuseppe Dipasquale, andrà in scena questa sera alle 20.30 al Forum di Bressanone. Da domani e fino al 14 marzo, gli attori della compagnia proporranno la commedia al Teatro Comunale di Bolzano, tutte le sere alle 20.30 tranne domenica, alle ore 16. La prevendita dei biglietti per la recita di Bressanone si svolge presso l’Associazione Turistica o questa sera a partire dalle ore 19 presso le casse del Forum. I biglietti per le recite di Bolzano, acquistabili anche telefonicamente con carta di credito (0471 053800), o via internet (http://www.vipticket.it), sono in vendita presso la Cassa del Teatro Comunale dal martedì al venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19.00; sabato dalle 10 alle 13 e un’ora prima dell’inizio della rappresentazione; oppure presso la Cassa del Teatro Cristallo (0471 067822), aperta dal lunedì al venerdì dalle 17.30 alle 19.30.
Daniela Mimmi
 
 

Alto Adige, 11.3.2010
«Il birraio di Preston» debutta al teatro Comunale

Bolzano. Debutterà questa sera a Bolzano, al Teatro Comunale di piazza Verdi, «Il birraio di Preston», la piéce diretta da Giuseppe Dipasquale e tratta da una delle commedie più note di Andrea Camilleri. La recita è ambientata nel paesino siciliano di Vigata alla fine dell’800: una notte i bagliori delle fiamme turbano i suoi abitanti, svegliati dall’incendio del nuovo teatro «Re d’Italia», vanto della cittadina e da poco inaugurato. Per il debutto della stagione lirica, l’odiato prefetto Bortuzzi di Montelusa aveva imposto la messa in scena de «Il birraio di Preston», un melodramma di scarso valore del compositore napoletano Luigi Ricci; ma i Vigatesi proprio non ci stanno e scagliandosi contro la decisione di Bortuzzi, innescano una tragicomica battaglia cultural - ideologica, un vero e proprio putiferio contro il prefetto, un toscanaccio cocciuto ed ignorante. Ancora una volta Andrea Camilleri prende spunto dalla realtà per dare vita alle complicate e fantasiose vicende che compongono la multicolore sicilianità dei suoi racconti. Ad interpretare lo spettacolo, un prestigioso cast capitanato da Pino Micol, affiancato da Giulio Brogi, Mariella Lo Giudice, Marcello Perracchio e Gian Paolo Poddighe. La commedia verrà proposta da questa sera e fino al 14 marzo, tutte le sere alle 20.30 tranne domenica, alle ore 16. I biglietti sono acquistabili anche telefonicamente con carta di credito (0471 053800), o via internet (http://www.vipticket.it), e sono in vendita presso la Cassa del Teatro Comunale dal martedì al venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19.00; sabato dalle 10 alle 13 e un’ora prima dell’inizio della rappresentazione; oppure presso il Teatro Cristallo (0471 067822), dal lunedì al venerdì dalle 17.30 alle 19.30.
 
 

Affaritaliani.it, 11.3.2010
Andrea Vitali ad Affaritaliani.it: "Nel prossimo romanzo cambio (quasi) tutto..."
L’intervista

[…]
Vitali, il segreto del suo successo è la serialità, come Camilleri con Montalbano?
"Il paragone con Camilleri è esagerato. Lui è decisamente più famoso di me. I miei romanzi sono ambientati sempre negli anni '30 e '40 perché il periodo del fascismo è pieno di interessanti contraddizioni, di sicuro ideale per ambientare una storia. E poi è giusto che a distanza di anni gli scrittori italiani si confrontino con quel momento storico, che ha tanti aspetti grotteschi e ridicoli. Penso alle canzoni, ad esempio".
[…]
Antonio Prudenzano
 
 

l'Unità, 12.3.2010
Torna sull'Unità lo chef Andrea Camilleri
"E' tempo di indignarsi"

Torna, su L'Unità di domani, la rubrica "Lo chef consiglia". Andrea Camilleri, che si era concesso una pausa di meritato riposo dopo un lungo periodo di interventi quasi quotidiani, indignato per il livello raggiunto ormai dalla situazione politica nel nostro Paese, ha deciso di ricominciare a rispondere alle domande del giornalista Saverio Lodato. Era stato lo stesso Camilleri, lunedi scorso, a dare l' annuncio durante la presentazione, a Roma, del libro “Un Inverno italiano” (Chiarelettere editore ) che raccoglie tutte le rubriche pubblicate su L'Unità, dal Novembre 2008 al maggio 2009.
Camilleri, che si avvia a compiere 85 anni, si definisce “ormai troppo vecchio” per credere che, dopo l'inverno, tornerà il sereno. Teme- piuttosto- nuove gelate, anche se spera ancora che un'opposizione unita riesca a sconfiggere Berlusconi e il suo governo con tutte le armi della democrazia. E' in questa direzione che intende quindi tornare a far sentire la sua voce di scrittore che pretende di dire la sua, da intellettuale. In un Paese dove gli intellettuali sembrano avere una voce sempre più flebile. Domani “Lo chef consiglia” affronterà il tema dei reali poteri del Capo dello Stato, in Italia, in risposta alla domanda di Lodato su questo “gioco” da salotto che consiste nell' immedesimarsi con il Capo dello Stato e che sembra non risparmiare più nessuno. La rubrica riprende proprio in occasione della manifestazione di domani a Piazza del Popolo e proseguirà con cadenza settimanale.
 
 

Alto Adige, 12.3.2010
Un «Birraio» un po troppo caotico

Bolzano. Nella versione teatrale del «Birraio di Preston» di Andrea Camilleri - lo spettacolo del Teatro Stabile di Catania che è in questi giorni in scena a Bolzano, al Comunale, nell’ambito della rassegna in abbonamento del TSB - compaiono 78 personaggi. Ora se è vero che a una ventina di questi personaggi si richiedono solo rapide comparsate, anche i soli rimanenti, quelli che hanno ruoli e funzioni più sostanziose, risultano comunque e decisamente troppi. Gli attori che li rendono in scena sono sedici, ai quali bisogna aggiungere Andrea Camilleri che fa, sia pure soltanto con la voce fuori campo, la parte del narratore. Pino Micol, che è con Mariella Lo Giudice e Giulio Brogi fra gli interpreti più titolati del cast, deve sostenere otto parti -(compresa quella di un ingegner Fridolin Hoffer che pronuncia battute anche in tedesco) - fra le quali lo spettatore stenta a volte a distinguere perché il costume che indossa rimane più o meno sempre lo stesso nell’arco della serata.
Il tutto per dire che in questo «Birraio», al fuoco che distrugge il teatro della mitica Vigata perché il prefetto assiso nella non meno mitica Montelusa si è incaponito nel voler farci allestire un’opera lirica sgradita agli indigeni, è esposta troppa roba (e carne, specialmente femminile).
Il regista Giuseppe Dipasquale, che ha curato la riduzione del romanzo per la scena assieme allo stesso Camilleri, ha inventato tante cose per dare valenza teatrale alla sceneggiata. E in effetti, almeno durante tutto il primo tempo, si apprezzano le molte trovate della rappresentazione, i momenti decisamente grotteschi, le impennate a volte anche farsesche, i fulminei siparietti, la valorizzazione dei colori non solo cromatici ma anche e soprattutto linguistici che costituiscono il maggior pregio della prosa camilleriana. Però via via tutto quell’affastellare di situazioni e di persone che si accavallano e si intrecciano risulta stancante e, nel secondo tempo, quando a quelli della commedia si aggiungono anche i toni del dramma (amoroso) e della tragedia (mafiosa), è difficile sfuggire alla noia innescata dalla ripetitività e dalla monotonia di una narrazione che non riesce, se non a sprazzi, ad assumere corposità e dialettica teatrale.
Micol, la Lo Giudice (due ruoli), Giulio Brogi (anche lui due: ma è presente soprattutto nei panni del cupo delegato Puglisi), Gian Paolo Poddighe (il prefetto), Fulvio D’Angelo (don Memè), Massimo Leggio (Antonino Pizzuto) e tutti gli altri si fanno - spesso letteralmente - in quattro, scialando nella confusione che si dipana in palcoscenico tesori di apprezzabile professionalità. E il pubblico dimostra gioiosamente di apprezzarli: quanto meno a Merano, dove del «Birraio» si è vista la prima rappresentazione regionale, è stato generoso di applausi e di approvazioni, anche a scena aperta.
Umberto Gandini
 
 

La Stampa - Torinosette, 12.3.2010
La settimana dello Stabile
L'Italia inizia a Vigata
Andrea Camilleri porta in scena il suo romanzo «Il birraio di Preston». Dal 16 al 28 marzo al Carignano

Chi può dire, oggi, di conoscerla, di averla vista in scena, ascoltata su disco? Nemmeno la ricerca su Internet sembra essere di grande aiuto, eppure la sua esistenza in vita è documentata: Firenze, 4 febbraio 1847, al Teatro della Pergola debutta «Il birraio di Preston», «opera comica» di Luigi Ricci su libretto di Francesco Guidi. E non è stata l’unica volta: qualche anno dopo, ecco lo stesso titolo apparire sul palcoscenico di Melbourne, in Australia, con il libretto tradotto in inglese. Perché Ricci, Luigi e il fratello Federico, erano operisti molto prolifici e di ottimo successo, nell’Italia che tenacemente stava provando a diventare una nazione. «Inventare il vero», diceva Giuseppe Verdi e Andrea Camilleri sembra essersi ricordato di questa precisa indicazione poetica quando ha scritto il romanzo che prende il nome da quell’opera.
E dal libro, che ormai ha superato le venti edizioni diventando uno dei maggiori successi dello scrittore siciliano, lo stesso Camilleri, assieme a Giuseppe Dipasquale, autore anche della regia, ha tratto la commedia che martedì 16 marzo debutta al Teatro Carignano. Compagnia di gran livello, con Pino Micol, Giulio Brogi, Paolo Poddighe tra i protagonisti. Manca un anno soltanto al centocinquantenario dell’Unità d’Italia e la trama del «Birraio di Preston» è perfetta per aiutarci a capire quanto difficile sia stato il processo unitario: il prefetto Fortuzzi, fiorentino, intende inaugurare il nuovo teatro d’opera di Caltanisetta e come titolo propone «Il birraio di Preston».
Una scelta che non convince i melomani della città siciliana: quell’opera è ormai vecchia di trent’anni, che senso ha aprire un teatro con quella vicenda comica, così estranea alle passioni risorgimentali, all’impulso travolgente - perfino «fracassone », diceva in quegli anni qualcuno - della musica di Verdi? Luigi Ricci e il suo birraio sono un’idea sciagurata, perfino provocatoria, di quel toscanaccio spedito controvoglia dal governo della neonata Italia in terre lontane e che non si preoccupa di entrare in simpatia con i nisseni. E cosa fanno i piemontesi, impersonati dal colonnello Aymone Vidusso, per stemperare quella tensione, che da musicale diventa presto politica, in un periodo in cui il melodramma era la forma d’arte più spettacolare, più popolare, più diffusa nel nostro paese e una prima era una prima? Come e più dell’inaugurazione della Scala oggi.
Camilleri, per prendere il volo narrativo - che è suo da subito, da quell’inizio inconfondibile: «Era una notte che faceva spavento, veramente scantusa » - si è basato sulle notizie riportate nell’«Inchiesta sulle condizioni sociali ed economiche della Sicilia»: un’indagine parlamentare utilissima, ancora oggi, per comprendere la complessità dell’impatto tra il Regno Sabaudo, che da poco aveva trasferito la capitale da Torino a Roma, e le terre governate fino a pochi anni prima dai Borboni.
«Il birraio di Preston», ambientato naturalmente a Vigata, l’ombelico del mondo di Camilleri, ribadisce anche l’interesse dell’autore verso il mondo dell’opera. Era il 1960 quando, fresco diplomato dell’Accademia d’Arte drammatica Silvio d’Amico di Roma, firma una regia: in scena un’opera nuova, «Collage» di Aldo Clementi, su scene del pittore Achille Perilli. E più di recente, numerosi suoi racconti sono diventati opere di teatro musicale. Non ancora, però, questo «Birraio».
TEATRO CARIGNANO, PIAZZA CARIGNANO 6, DAL 16 AL 28 MARZO. TEL. 011/8815270. Biglietti: 29 euro. Inizio spettacoli da martedì a sabato ore 20,45; domenica ore 15,30
Sandro Cappelletto
 
 

Nuova Società, 12.3.2010
In scena al teatro Carignano il romanzo di Andrea Camilleri "Il birraio di Preston"

Il romanzo di Andrea Camilleri "Il birraio di Preston", pubblicato nel 1995 da Sellerio, nella riduzione e adattamento teatrale dello stesso scrittore e di Giuseppe Dipasquale, sarà in scena al teatro Carignano di Torino da martedì' 16 a domenica 28 marzo prossimi, alle 20.45. La pièce sarà interpretata da Pino Micol, Giulio Brogi, Mariella Lo Giudice, Gian Paolo Poddighe, Ester Anzalone, Valentina Bardi, Cosimo Coltraro, Fulvio d'Angelo, Massimo Leggio, Leonardo Marino, Margherita Mignemi, Rosario Minardi, Stefania Nicolosi, Giampaolo Romania, Sergio Seminara. La regia è di Giuseppe Dipasquale, le scene sono di Antonio Fiorentino, i costumi di Gemma Spina, le musiche di Massimiliano Pace e le luci di Franco Buzzanca.
«Era una notte che faceva spavento, veramente scantusa»: questo l'incipit che Andrea Camilleri utilizza per il suo "Birraio di Preston", con buona pace dell'originale «Era una notte buia e tempestosa» di Edward Bulwer-Lytton. Nella versione di Camilleri la lingua si innerva, come di consueto, con lessemi siciliani, in un italiano dialettato che nei romanzi storici raggiunge i risultati più alti. Come per "La stagione della caccia" e "La bolla di componenda", per scrivere questo romanzo l'autore prende spunto da l'"Inchiesta sulle condizioni sociali ed economiche della Sicilia" (1875 - 1976), un'indagine parlamentare che verificava l'atteggiamento degli isolani verso il governo a tre lustri dall'unificazione italiana, registrando come l'incomprensione e il disagio nascessero anche dalla rigidità degli uomini chiamati a governare la regione. Così è per la vicenda del prefetto Fortuzzi, fiorentino che si era distinto per scarsa empatia con la popolazione, fino all'imposizione dell'opera "Il birraio di Preston", scelta per inaugurare il nuovo teatro di Caltanissetta. La notizia aveva destato malumore per la scelta incomprensibile, concretizzandosi in tafferugli durante la recita, fino all'ingresso in teatro di soldati a cavallo. Ma Camilleri gioca a partire dal dato storico per ambientare a Vigata la vicenda, protagonista il prefetto di Montelusa, Bortuzzi, intestardito nell'infelice imposizione. E le schermaglie dei melomani si incrociano con quelle tra il prefetto, che parla con spiccato accento toscano, interloquendo con altri "continentali" come il colonnello piemontese Aymone Vidusso, in un'avviticchiarsi linguistico speculare al complesso momento storico e sociale. Come Dio vuole finalmente giunge il 10 dicembre 1864, giorno della inaugurazione del teatro "Re d'Italia" e della rappresentazione dell'opera con la presenza di popolani e borghesi che o tranquillamente ignorano quanto avviene sul palcoscenico o si limitano a feroci battute nei confronti dei poveri cantanti che non sanno più che pesci prendere. Ma la farsa sta per trasformarsi in tragedia quando, nell'intervallo della rappresentazione, qualcuno prova ad uscire per andare alla toilette e viene prontamente fermato dalle guardie municipali. A questo punto sotto gli occhi terrorizzati del prefetto e del sorriso che mai abbandona il viso di don Memè, incominciano ad apparire lame di coltelli e revolver. La scena diviene frenetica quando un colpo di moschetto sfugge ad una guardia municipale mezza addormentata, terrorizzando la già provata attrice che sta cantando in quel momento e che trasforma l'acuto in una specie di "sirena di papore (vapore), rauca potentissima". Il rumore dello sparo amplificato dall'acustica del teatro, l'urlo della "sirena a vapore", il tonfo del corpo sulle tavole del palcoscenico della cantante svenuta, rappresentano gli elementi conclusivi che fanno pensare agli spettatori allo scoppio di una bomba e che trasformano il teatro in un caos, che giunge al culmine con lo sfondamento delle porte da dove irrompe, sciabolando con i suoi cavalleggeri, il capitano Villaroel che mette eroicamente in salvo il prefetto e la sua consorte. Nel frattempo altri personaggi stanno agendo all'insaputa di tutti nei sotterranei del teatro: sono dei congiurati mazziniani che stanno incendiando il teatro per farne nascere uno scompiglio da cui far originare una rivolta di popolo ma da cui invece ne deriverà drammaticamente la morte di due amanti soffocati dal fumo nella stanza di una casa accanto al teatro e un altro morto scambiato per un malfattore colpito da un milite. Il romanzo continua con una serie di avvenimenti farseschi e drammatici in cui, alla fine, si rivelerà il motivo della accanita volontà del prefetto nel far rappresentare "Il birraio di Preston" a Vigata. In uno stile romantico decadente all'Aleardi, il prefetto scrive una lettera all'adorata moglie rivelando che la sua testardaggine nel voler far rappresentare "Il birraio di Preston" risale al fatto che è proprio durante quello spettacolo a La Pergola di Firenze che egli ha incontrato la sua futura sposa, la quale però, pur compiacendosi dell'omaggio di un inalterato amore, gli ricorda che il giorno in cui si erano incontrati a La Pergola l'opera rappresentata: «L'era mi'a questo birraio ma un'opera di Bohherini (Boccherini), mi pare si chiamasse "La Giovannina"...», «Si chiamava "La Clementina", ora mi ricordo» risponde torvo Bortuzzi.
Osserva il regista Giuseppe Dipasquale: «Come ormai sembra essere chiaro nello stile di Camilleri, il racconto parte da un fatto che vuole essere di per sé stupefacente, affabulatorio, misterioso e incantatore. Proprio come il "c'era una volta" dei bambini. E di un bambino si tratta: l'occhio innocente di un bimbo, per purezza nei confronti del mondo, per incontaminazione, per il suo essere "fanciullino" è il motore dell'azione. Ad esso è destinata, in apertura del romanzo, la scoperta dell'unica grande tragedia che incombe su Vigata; le altre saranno come delle ipotragedie in questa contenute e da questa conseguenti. Ossia lo spaventoso incendio che nell'originale struttura narrativa costituisce l'inizio e, al tempo stesso, la conclusione del racconto».
Mara Martellotta
 
 

l'Unità, 13.3.2010
Chef Camilleri
Non sparate sul Presidente
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

AgrigentoWeb.it, 13.3.2010
Naro e il film “La scomparsa di Patò”

Concluse le riprese del film, adesso la produzione, la regia ed il cast de “La scomparsa di Patò” si apprestano a lasciare il quartier generale impiantato per l’occasione nei locali dell’ex Collegio di Maria di Naro, dove sono stati ospitati per quasi due mesi.
Il girato del film è quindi pronto, ora toccherà al montaggio. Intanto, cresce  l’attesa per vedere nelle sale il primo film tratto da un romanzo di Andrea Camilleri prodotto per il cinema, dopo i grandi successi della fiction televisiva  sul commissario Montalbano.
D’altra parte, la location del film “La scomparsa di Patò” (girato quasi tutto a Naro, salvo alcune scene a Canicattì e qualche altra a Porto Empedocle) sembra più appropriata rispetto a quella della fiction televisiva del Commissario Montalbano, girata a Scicli e nel ragusano. Infatti, la Vigata dei romanzi di Camilleri si riallaccia meglio ai luoghi dell’agrigentino: in particolare a Porto Empedocle  -dove lo scrittore è nato e cresciuto- e a Naro, città cara a Camilleri e ricca di storia, con rinomati monumenti, palazzi, chiese, vie e piazze che hanno rivelato la loro assoluta idoneità a ricreare l’ambiente di fine Ottocento che fa da sfondo  a “La scomparsa di Patò”.
Non solo. Naro forse, tra le città sud-occidentali della Provincia di Agrigento, è quella che ha più familiarità con la tradizione del “Mortorio”, ovvero con la rappresentazione teatrale itinerante della passione di Cristo, scritta dal siciliano D’Orioles. Ogni anno, infatti, nella  settimana che precede Pasqua, le compagnie teatrali locali hanno appassionatamente  messo in scena per le strade e le piazze di Naro, con gran partecipazione di pubblico, le suggestive recite del “Mortorio”.
DICHIARAZIONE DEL REGISTA:
“Sono molto contento per l’ospitalità trovata a Naro, città scelta  per la location di questo film, girato esclusivamente  per il cinema. Questo, infatti, più della televisione, può recuperare  un aspetto preponderante dei romanzi storici di Andrea Camilleri: il linguaggio. Quel linguaggio che la Tv ha in parte sottratto all’opera letteraria. La serie televisiva su Montalbano è un ottimo prodotto, ma il linguaggio è un’altra cosa ed il cinema può renderlo meglio. Credo che il  film, mantenendo i tratti del testo del romanzo, riesca a garantire la genuinità sia del parlato dialettale sia di quel linguaggio burocratico e impettito che caratterizza il romanzo. Non ho invece trovato intralci burocratici o impettimento  nell’Amministrazione Comunale di Naro, nel Sindaco Pippo Morello, nell’Assessore allo Spettacolo Patrizia Salerno, negli altri amministratori e funzionari comunali che ringrazio pubblicamente. Come ringrazio tutta la cittadinanza che ha offerto  grande collaborazione, oltre che un’ottima platea di maestranze e di figuranti per il film ”.
Il Regista (Rocco Mortelliti)
DICHIARAZIONE DEL SINDACO:
“Insieme all’Assessore allo Spettacolo Patrizia Salerno ed a tutta l’Amministrazione Comunale abbiamo agevolato  il lavoro per il film che  darà un buon ritorno di immagine alla città di Naro, ai suoi monumenti ed alle sue tradizioni, tra cui quella del “Mortorio”. Nel film il personaggio di Giuda del “Mortorio”  viene interpretato dal  ragionier Patò, a sua volta interpretato dall’attore Neri Marcorè, ma a Naro il “Mortorio” rimane memorabile soprattutto per le scene dell’impiccagione di Giuda interpretato dallo scomparso concittadino Lillo Gueli Alletti, attore e regista della locale compagnia del Teatro Popolare, che sempre incantava il numeroso pubblico che andava a vederlo. Adesso, però, il pubblico narese potrà restare  incantato nel vedere attori come Nino Frassica, Maurizio Casagrande, Manlio Dovì, Simona Marchini, Alessandra Mortelliti recitare nella scenografia naturale dei monumenti e del panorama urbano di Naro”.
Il Sindaco  (dr.Giuseppe Morello)
 
 

14.3.2010
Sul sito delle Librerie Feltrinelli è annunciata la pubblicazione a maggio 2010 di Abecedario di Andrea Camilleri (DeriveApprodi), una video-intervista in 2 DVD, della durata di 5 ore circa, a cura di Valentina Alferj.
È l’incontro con il suo pensiero tutto, non solo quello che prende forma nei romanzi e nella parola scritta, ma anche quello che vortica nella mente di questo ottantenne instancabile.
 
 

ANPI Catania, 14.3.2010
Messaggi di ADESIONE per una grande manifestazione il Primo Maggio prossimo a Portella della Ginestra
Aderisco all’appello
Andrea Camilleri
 
 

15.3.2010
Sul sito delle Librerie Feltrinelli è annunciata la pubblicazione a giugno 2010 di La caccia al tesoro, il nuovo romanzo del Commissario Montalbano.
Da questo romanzo potrebbe quindi essere ricavato il quarto episodio della nuova serie di telefilm (gli altri episodi sono "Il campo del vasaio", "L'età del dubbio" e "La danza del gabbiano").
 
 

ReteSole, 15.3.2010
Un inverno italiano di Andrea Camilleri e Saverio Lodato
Cliccare per vedere il servizio
 
 

ANSA, 15.3.2010
Nino Frassica sul set con Johnny Depp
Attore nel cast di The Tourist, al cinema con Camilleri e poi teatro

Roma - Dopo il maresciallo Cecchini in Don Matteo, che tornerà a girare a dicembre, e il carabiniere ottocentesco di La scomparsa di Patò primo adattamento cinematografico di un romanzo di Andrea Camilleri, Nino Frassica, interpreta di nuovo un tutore dell'ordine, stavolta per Hollywood, nel thriller The tourist di Florian Henckel Von Donnersmarck (Le vite degli altri), con Johnny Depp e Angelina Jolie.
[…]
Ben più corposo è il ruolo di Frassica ne La scomparsa di Patò di Rocco Mortelliti, adattamento del romanzo omonimo di Camilleri, con Neri Marcoré e Flavio Bucci: "E' stata una soddisfazione impagabile poter recitare in siciliano. Poi finalmente ho potuto conoscere Camilleri di cui sono sempre stato fan. Volevo essere io Montalbano" dice con tono scherzoso l'attore nato a Messina. Nel film, girato fra Naro, Agrigento, Canicattì e Porto Empedocle, Frassica è un carabiniere che nella Vigata di fine '800, indaga sulla misteriosa scomparsa dell'irreprensibile ragionier Patò (Marcoré). "Come in Montalbano non mancano il senso del grottesco e il racconto di tanti piccoli personaggi, ma c'é soprattutto un mondo in cui le persone cambiano molto lentamente".
[…]
Francesca Pierleoni
 
 

La Repubblica (ed. di Torino), 16.3.2010
"Il birraio di Preston"
In scena a Torino la Vigata descritta da Andrea Camilleri

È forse il più fresco, ironico e divertente tra i romanzi storici di Andrea Camilleri, che trae spunto da un autentico fatto di cronaca per mettere alla berlina, in un felice metalinguaggio che mescola italiano e siciliano, il rapporto rigidamente burocratico dell'amministrazione dell'Italia unita con le popolazioni di un'isola "conquistata" appena quindici anni prima. "Il birraio di Preston", adattato al teatro dallo stesso autore e dal regista Giuseppe Dipasquale, va in scena da stasera al 28 marzo al Teatro Carignano: la storia dell'opera imposta ai vigatesi (con conseguenze comiche e tragiche) dal fiorentino e testardissimo prefetto Bortuzzi viene rievocata in palcoscenico, nell'allestimento del Teatro Stabile di Catania, da Pino Micol, Giulio Brogi, Mariella Lo Giudice, Gian Paolo Poddighe.
[…]
Maura Sesia
 
 

AgrigentoWeb.it, 16.3.2010
Il Commissario Montalbano incanta Zurigo

Il commissario Salvo Montalbano, nato dall’abile penna dello scrittore Andrea Camilleri, conquista anche Zurigo. Grazie ai romanzi e alla fiction televisiva il commissario di Vigata è conosciutissimo in Svizzera. Ne è stata ulteriore prova il successo ottenuto dall’iniziativa “A tavola con il commissario Montalbano” promossa dalla Regione Siciliana, Assessorato al lavoro, emigrazione e immigrazione e Casa Sicilia che si è tenuta nei giorni scorsi a Zurigo.
Il Commissario Montalbano è diventato ormai uno dei più importanti veicoli di promozione della Sicilia, della sua cultura, del suo mare, della sua archeologia e, perché no, anche della sua gastronomia, in una sola parola della sicilianità.
Non una semplice cena ma un evento letterario-culturale-gastronomico che, partendo da Andrea Camilleri e dal suo eroe Salvo Montalbano, è servita a promuovere la cultura siciliana.  Nel corso della serata, condotta dal giornalista Giuseppe Moscato, sono stati fatti degustare agli illustri e qualificati ospiti alcuni piatti tipici della cucina siciliani, elaborati dallo chef Salvatore Bacchi sotto la regia dell’esperto di gastronomia siciliana Vittorio Collura. Apprezzatissimi gli interventi dell’attore agrigentino Francesco Naccari che ha creato l’atmosfera giusta accompagnando le portate con la recita del testo di riferimento negli scritti di Camilleri. La serata è stata arricchita anche con la proiezione di filmati di promozione del territorio siciliano.
Presenti alla serata la dottoressa Adriana Refice, funzionario del Consolato italiano a Zurigo; il dottor Giacinto Donno, funzionario dell’Istituto Italiano di Cultura a Zurigo; il dottor Luigi Palma, funzionario responsabile della Camera di Commercio Italo-Svizzera; il dottor Antonio Putrino vice presidente del Comites, Comitato Italiani all’Estero, di Zurigo;  il dottor Francesco Genova, delegato del sindaco di Zurigo per i problemi dell’immigrazione, il dottor Salvatore Castellano di Casa Sicilia Zurigo. Con loro diversi giornalisti ed operatori culturali italo svizzeri.
Il funzionario del Consolato italiano di Zurigo ha pubblicamente ringraziato per l’ottima organizzazione e alta professionalità dimostrata. “Grazie alla vostra iniziativa e a  Camilleri-Montalbano – ha detto la dottoressa Adriana Refice – abbiamo scoperto una Sicilia unica e meravigliosa, fatta di cose semplici ma anche di grande storia e grandi tradizioni”.
 
 

AgoraVox Italia, 17.3.2010
Il Sud e l’informazione: ci manca Nicolò Zito

Siamo quasi a sei mesi dalla disastrosa alluvione che ha fatto trenta vittime nelle zone costiere ioniche della provincia di Messina; ed il mistero sulle ragioni del fatto persiste proprio come in un giallo scritto da Camilleri e non ancora all’epilogo.
I primi indiziati, la popolazione dedita all’abuso edilizio e gli amministratori locali muti, sordi e ciechi davanti agli abusi edilizi per proprio personale tornaconto, alla fine se la sono cavata con una assoluzione, quanto meno per insufficienza di prove. I casi di abusivismo sono risultati in numero minore di quanti possano essere indicati dalle dita di una coppia di mani e, per di più, relativi all’apertura incontrollata di finestre e ad altre facezie di questo tipo.
Dopo di che, il nulla; salvo le gerarchie ecclesiastiche, ben ferrate quando si tratta di aver da fare con peccatori, le quali hanno detto che il peccatore c’era e che, la prossima volta, si sarebbero ben guardate da un comportamento sereno di assoluzione. La cosa si è puntualmente ripetuta poco tempo dopo in provincia di Agrigento e monsignor Montenegro, siciliano di Messina, un tipo poco propenso a dire le cose per celia, è stato di parola e non ha celebrato i soliti solenni funerali.
A questo punto siamo proprio senza né un inquisito né, tanto meno, un colpevole. E, forse, chi sta a Roma nei palazzi del potere, o anche in quelli dell’informazione, dovrebbe pur chiederselo cosa è in effetti successo. Ed invece, no.
Potremmo girare la domanda ad Andrea Camilleri e chiedergli di avere almeno una verità romanzata: sicuramente sarebbe in grado di darcela; perché, e sta tutta qui la differenza, nella sua Vigata esiste Retelibera, emittente locale dove lavora Nicolò Zito.
Spesso il commissario Montalbano non sa che pesci pigliare ed allora si rivolge all’amico giornalista, che riesce a dargli una grossa mano; ed alla fine il mistero viene risolto con la cattura del colpevole o, quanto meno, con la sua individuazione.
E’ la fantasia la caratteristica fondamentale del nostro autore Andrea Camilleri, una fantasia tutta particolare, che parte magari da dati di fatto attentamente studiati, anche con storico rigore, ma poi, per una insondabile ed inaspettata evenienza, prende senza preavviso il volo nei cieli della fantasia. E tutto viaggia nella più assoluta, lieve, aerea coerenza.
Purtroppo la realtà del Sud è ben lontana dall’essere quella di Vigata. Retelibera non esiste, non esiste alcun Nicolò Zito ed un’intera macroregione continua a far vivere ai suoi abitanti una vita da sudditi e non da cittadini, una vita in cui la dignità della persona è un lusso che non ci si può permettere. E guai a ribellarsi: zitti perché, come dicevano un tempo i contadini, se la quartara (i.e. la brocca) si scontra con la pietra è la quartara a rompersi e non la pietra.
Intanto i politici, nei palazzi romani del potere, continuano a straparlare, i soloni dell’informazione conoscono il Sud solo perché ogni tanto ci scrive sopra un libro il ministro Brunetta, e dei morti di Scaletta Zanclea e di Giampilieri non ne parla più nessuno.
Perché a nessuno viene mai in mente che l’informazione, nel Sud, possa essere corrotta e soggiogata dai tanti potentati locali?
Bernardo Aiello
 
 

Rai Tre - Magazzini Einstein, 18.3.2010
Ore 1:10
Il Luogo, la Memoria

Andrea Camilleri racconta in prima persona la sua vita e la sua amata Sicilia. Parla degli anni trascorsi ad Enna e di episodi della sua esistenza sullo sfondo della storia dell'isola, con le sovrapposizioni di culture diverse che l'hanno influenzata, e delle caratteristiche del popolo siciliano.
 
 

l'Unità, 18.3.2010
Letteratura sul set
Il film. Regia di Rocco Mortelliti, ci sono anche Frassica ed Herlitzka
Le riprese. Sono già in corso nell’ottocentesca Naro, nell’Agrigentino
Il Patò di Camilleri è Neri Marcoré: il cinema vi porta nella Vigàta del 1890
I luoghi sono quelli di Montalbano, ma questa volta siamo nella Vigàta del 1890: Rocco Mortelliti è dietro la macchina da presa per il bel romanzo di Camilleri, in cui il ragionier Patò finì in una botola per non comparire più...

Catania. Rocco Mortelliti rilegge “La scomparsa di Patò”, romanzo di successo di Andrea Camilleri e lo traspone cinematograficamente. Ed ovviamente gira il film in Sicilia. Anzi, lo sta girando nell’Agrigentino, nei luoghi vicini alla Valle dei Templi, ed alla Vigàta del commissario Salvo Montalbano. Ma il celebre personaggio letterario con questa storia non c’entra nulla. Viene però evocata la Vigàta del 1890, l’epoca nella quale è ambientata l’opera. Il contesto è quello delle festività pasquali. Il giorno del Venerdì Santo, nella piazza del paese viene messo in scena la Passione di Cristo, ed il ragioniere Antonio Patò interpreta la parte di Giuda. Ma accade una cosa imprevedibile, che sconvolge la prassi dell’evento. Come prevede la parte del suo personaggio, cade impiccato in una botola. Il fatto nuovo è che scompare e non ricompare più. Iniziano le ricerche, ma nel suo camerino non si trovano più né i suoi abiti né i vestiti di scena e qualcuno, qualche giorno dopo, su un muro della città scrive: «Murì Patò o s’ammucciò?». La storia venne riportata da Leonardo Sciascia nel capolavoro “A ciascuno il suo” in questi termini: «...Antonio Patò, che faceva Giuda, era scomparso, per come la parte voleva, nella botola che puntualmente, come già un centinaio di volte tra prove e rappresentazioni, si aprì: solo che (e questo non era nella parte) da quel momento nessuno ne aveva saputo più niente; e il fatto era passato in proverbio, a indicare misteriose scomparizioni di persone o di oggetti». Dal cenno di Sciascia al libro di Camilleri, al film di Mortelliti. Che tra l’altro è anche il debutto di una opera camilleriana nel mondo del grande schermo. Il romanzo di Camilleri è strutturato sui rapporti epistolari tra gli organi di polizia di Vigàta ed i superiori del capoluogo Montelusa. Ma vi sono anche articoli di cronaca dei quotidiani di Palermo e Montelusa. La sceneggiatura è di Mortelliti, che l’ha elaborata in collaborazione con Maurizio Nichetti e lo stesso Camilleri. Mortelliti è affascinato dai luoghi siculi, ed in particolare da quelli dell’Agrigentino che conosce bene, anche perché più volte ha trascorso parte delle vacanze estive nella casa di Camilleri, suo maestro e suo ex suocero. Nel ruolo di Patò vi è Neri Marcorè, affiancato da Nino Frassica, Maurizio Casagrande, Alessandra Mortelliti, Flavio Bucci, Simona Marchini, Gilberto Idonea e Roberto Herlitzka. Biagio Fersini firma le scene, partendo dalla città di Naro, scelta non a caso come location perché piena di interni ed esterni di fine ottocento ben conservati. Non solo Naro, però, perché la Vigàta di Camilleri è stata ricostruita anche tra Agrigento, la Valle dei Templi e la Scala dei Turchi di Porto Empedocle.
Salvo Fallica
 
 

TV Sorrisi e Canzoni, 18.3.2010
Auditel di mercoledì 17 marzo: il Commissario Montalbano, in replica, vince in valori assoluti sull’Isola che ottiene uno share maggiore

«Il commissario Montalbano – La pazienza del ragno» trasmesso, in replica, su Raiuno, è stato visto da  5.254.000 spettatori, pari al 19.80% di share mentre la quarta puntata dell’«Isola dei famosi» con l’eliminazione di Loredana Lecciso ha ottenuto una media di 4.820.000 spettatori (21.64%).
[…]
Anna Nolli
 
 

Terra di Cinema, 19.3-6.4.2010
Tremblay (Francia)
Interview d'Andrea Camilleri - Terra di Cinema 2010


andrea camilleri question 1 di Mairietremblay


andrea camilleri question 2 di Mairietremblay


andrea camilleri question 3 di Mairietremblay


andrea camilleri question 4 di Mairietremblay


andrea camilleri question 5 di Mairietremblay


andrea camilleri question 6 di Mairietremblay


andrea camilleri question 7 di Mairietremblay


andrea camilleri question 8 di Mairietremblay


andrea camilleri question 9 di Mairietremblay
 
 

Inside Art, 19.3.2010
Premio Campiello Europa: i sei finalisti italiani

Sono "Come Dio comanda" di Niccolò Ammaniti, "La vampa d’agosto" di Andrea Camilleri, "Ragionevoli dubbi" di Gianrico Carofiglio, "La solitudine dei numeri primi" di Paolo Giordano, "Pugni" di Pietro Grossi e "Gomorra" di Roberto Saviano i sei romanzi finalisti che concorrono alla quinta edizione del Premio Campiello Europa, concorso promosso ed organizzato dalla fondazione Il Campiello-Confindustria del Veneto, che quest’anno debutta in Gran Bretagna. I giurati: Jan Dalley, arts editor, per il Financial Times, Peter Florence, direttore dell’Hay festival thx, Amanda Hopkinson, direttorice del centro Inglese di Traduzione letteraria, School of literature and creative writing university of East Anglia, Boyd Tonkin, editor letterario per The Independent. A presiedere la giuria sarà Margaret Drabble, scrittrice e critica letteraria. La premiazione dello scrittore vincitore è prevista a Londra il prossimo 15 maggio.
(C. M.)
 
 

Tutti i colori del giallo, 19.3.2010
L’occhio noir del traduttore

Da tempo Serge Quadruppani è considerato uno dei più qualificati traduttori di Francia. E non è un caso che a lui siano state affidate nel tempo traduzioni di romanzi di Stephen King e Philip K.Dick, persino le memorie di Margareth Tacher ma anche i grandi successi d’oltralpe di autori italiani come Camilleri, Fois, Evangelisti, Lucarelli, Carlotto. E potremmo persino dire che c’è la corsa da parte degli scrittori italiani ad essere tradotti da lui. Ma Serge Quadruppani (nato a La Crau nel 1952) non è solo uno dei più quotati traduttori di Francia ma anche uno dei più innovativi noiristi d’Oltralpe. Case editrici come Mondadori e Salani hanno cominciato a scommettere su di lui con opere come “L’amica di Belleville” e “C’è qualcuno in casa” ma è soprattutto Marsilio che prima con “In fondo agli occhi del gatto” e poi con “Y” e “Rue de le Cloche”  sta cercando di imporlo anche al nostro pubblico. In particolare questi due ultimi romanzi costituiscono assieme a “La Forcenée” una robusta trilogia che ci propone una visione nera di Parigi, della Francia e della questione mediorientale, il tutto condito a base di inseguimenti e complotti e con la partecipazione di personaggi lunatici, strampalati e violenti.
[…]
Tradurre Camilleri cos’ha rappresentato per lei?
“Una grande sfida e un grande piacere. Camilleri è grande e sono fiero di essere il suo profeta in Francia!”.
[…]
Luca Crovi
 
 

Il Messaggero, 20.3.2010
Andrea Camilleri legge Ennio Flaiano: quando i critici sbagliano
Se i critici non ridono
Lo scrittore siciliano sull'autore ignorato all'epoca dagli “occhialuti cerberi custodi” della letteratura
Pubblichiamo in questa pagina il recente intervento di Andrea Camilleri al convegno di Pescara Nostalgia e attualità di Flaiano

In vita, Flaiano dà alle stampe sei libri. Il primo, che s’intitola Tempo d’uccidere, lo scrive dietro le affettuose insistenze di Leo Longanesi nel 1947. Con quel romanzo vince il Premio Strega. All’epoca, Flaiano ha 37 anni, e ha tutte le carte in regola per debuttare come romanziere. Molto giovane ha collaborato con articoli a Occidente, a Quadrivio, continuando poi a scrivere con frequenza su Oggi, Risorgimento liberale e Omnibus. L'esperienza del Mondo di Pannunzio verrà dopo. Inoltre è un nome ormai noto nel cinema come soggettista e sceneggiatore.
La figura di Flaiano come narratore è perfettamente definita, anche perché i suoi articoli di costume quasi sempre tendono al racconto, a organizzarsi come microstorie. Poi vengono Diario notturno, Una e una notte, Il gioco e il massacro, premio Campione, e Ombre bianche. Una produzione di così alta qualità, di così sottile, penetrante, ironica intelligenza, di così raffinata eleganza di scrittura, non ha avuto dalla maggior parte della critica militante quel serio riconoscimento che avrebbe ampiamente meritato. Anzi. I cinque grandi della critica, in quegli anni molto attivi su quotidiani e riviste, Pancrazi, De Robertis, Debenedetti, Contini e Cecchi ignorano costantemente l’opera di Flaiano. E se si vanno a consultare i dizionari divulgativi, al nome di Flaiano sono dedicate poche, riluttanti righe. Nella Storia europea della letteratura italiana di Alberto Asor Rosa, a FlaIano sono dedicate quindici righe, però capovolgendone l’iter, partendo cioè dalla sua attività di sceneggiatore con Fellini, per concludere che Tempo di uccidere è colmo di astratte ambiguità. E l'elenco delle vistose esclusioni potrebbe continuare.
Lucidamente, Flaiano questo lo aveva previsto, quando si era autodefinito scrittore “non incluso”. Le ragioni di questa indifferenza, o diffidenza, se preferite, ha tentato di spiegarle principalmente Maria Corti adducendo in primo luogo l’incapacità tutta italiana «di cogliere e assimilare ironia» e in secondo luogo la scarsissima diffusione, sempre in Italia, delle opere dei «memorialisti ironici e satirici». «Non riempiono gli scaffali», dice precisamente la Corti. Mi permetto di non essere d’accordo su queste motivazioni.
A mio avviso non sono gli italiani ad essere impermeabili all’ironia o alla satira. L’ironia e la satira hanno sempre fatto e continuano a fare parte integrante del tessuto della cultura più popolare, ne sono state anzi l’espressione più schietta e felice nel corso della nostra storia. Il rifiuto avviene non da parte degli italiani, ma da parte della togata critica italiana allorché la satira o l’ironia escono dalla suburra per salire nel, si fa per dire, tempio della letteratura. Già davanti alle porte trovano gli occhialuti cerberi custodi che negano l’accesso. Nel corso della nostra storia letteraria l’hanno concesso a pochissimi, ma una volta che li hanno fatti entrare, li hanno poi relegati in oscuri bugigattoli o in esigui pertugi nella speranza che presto vengano dimenticati. Detentori degli orientamenti letterari in Italia hanno sempre preferito far prevalere la letteratura penitenziale, quella dove lo scrittore soffre a scrivere e il lettore soffre a leggere. O quella dei narratori che inesaustamente trattano un solo tema, quello del loro ombelico.
Il secondo e forse più grave demerito di Flaiano ai loro occhi è stato di essere uno scrittore inclassificabile. Grandissima parte della critica italiana usa lavorare infatti con la stessa forma mentis degli entomologi che classificano gli insetti. Loro hanno le caselline belle e pronte con sotto la spiegazione del contenuto. C’è la casellina del romanzo di genere, del romanzo di formazione, del romanzo sperimentale, del romanzo storico, del romanzo d’amore, e via di questo passo. Quando arriva nelle loro mani l'insetto Pavese o l'insetto Brancati non fanno altro che deporlo nella casellina d'appartenenza. E se un autore, per ricchezza e varietà e novità d’argomenti, tende a debordare, a non starci dentro, loro l’amputano con le loro cesoie critiche fino a che s’incaselli esattamente.
L’insetto Flaiano dove lo possiamo classificare? Si chiesero interdetti al suo apparire. Esaminarono il suo unico libro che potesse propriamente dirsi un romanzo. Certo, si dissero, ebbe successo di pubblico e di critica. Ma sedati i clamori del Premio Strega, a rifletterci bene, rimangono aperti tutti gli interrogativi su come definire questo romanzo. Un’allegoria avventurosa? Una storia crudamente realistica? Un grottesco all’italiana? Un’eco di Camus? Un gioco dell’assurdo? No, bisognò arrendersi alla sua impossibilità di definizione. E allora, vista la difficoltà delle collocazione e considerato il disagio che apportava all’armonia dell’insieme, si posero la domanda se, in fondo in fondo, Flaiano fosse un insetto, un essere degno d’appartenere alla categoria degli insetti da loro classificati. E conclusero che la meglio era d’ignorarlo, tenendolo accuratamente in disparte.
C’è un altro e più sottile motivo di disagio davanti a Flaiano. Che si riallaccia al tema della satira accennato in apertura. La grandissima maggioranza della satira, sia essa popolare o colta, ha sempre avuto come bersaglio il potere e i potenti. E quindi ha trovato e trova una larga condivisione. Solo una piccolissima minoranza fa satira di costume, si rivolge cioè al vicino di casa, al suo simile, al suo stesso lettore. E peggio, talvolta s’indirizza verso chi fa lo stesso mestiere dell’autore. Cioè i letterati, gli scrittori, i critici, gli sceneggiatori, quelli che in parole povere vengono detti intellettuali.
Personalmente, ritengo uno dei punti penetranti raggiunti da Flaiano la sua risposta alla domanda in quale paese sarebbe voluto nascere se non fosse stato italiano. Flaiano ribalta la domanda, dice che prima vuole accertarsi di essere veramente un italiano. E comincia ad analizzare il suo comportamento. Ne viene fuori un ritratto spietato degli italiani. Flaiano non concede indulgenze, spesso è feroce, elegantemente feroce verso gli altri e può permetterselo perché prima di tutto lo è verso se stesso, con malcelato dolore, con malcelata disperazione. Naturalmente, senza mai domandarsi fino a che punto gli altri avrebbero potuto reggere a continuare a guardarsi allo specchio che lui costantemente, crudelmente, teneva loro davanti.
E così gli altri, quando non ne hanno potuto più, o meglio, quando non hanno potuto più sopportare la visione di se stessi, o hanno voltato la testa da un’altra parte o hanno deciso di considerarlo alla stregua di un fool elisabettiano alla loro corte letteraria, scegliendo di sorridere alle battute che penetravano in profondità, ferivano e avrebbero dovuto farli vergognare o piangere. È una forma di difesa ormai praticata da secoli, il ridimensionamento di uno scrittore per attutire, addomesticare, la forza d’impatto della sua spietatezza.
Flaiano pubblicò in vita appena sei volumi, i libri raccolti e stampati dopo la sua morte assommano a una trentina. Il dato mi è apparso talmente sbalorditivo che sono andato a cercare un minimo di riscontro. La bibliografia delle opere curate da Maria Corti ne elenca 15 postume, ma s'arresta al 2001. Questo incessante successo editoriale sembra essere un paradosso creato proprio dalla beffarda fantasia di Flaiano. Uno scrittore postumo. Che è non un minore, è questo l'errore che segnalavo nella sua autodefinizione, e nemmeno un maggiore. E' un unico, fuori da ogni graduatoria. E ancora più beffardo è il fatto che gli si attribuiscano battute come quella sugli italiani che corrono sempre in soccorso del vincitore, che non è sua, lui si è limitato semplicemente a riferirla.
Insomma, Flaiano continua a essere vivo, a essere continuamente citato, ed è come se quelle parole le avesse dette il giorno avanti seduto al tavolo di un caffè, la sua scrittura non s’appanna, anzi, più passa il tempo e più le sue parole acquistano lucentezza e vigore. Forse perché nel frattempo la nostra società si è deteriorata in un qualcosa che è solo apparenza, mistificazione, teatrino delle volgarità e quindi le sue parole valgono come antidoto, come pillole amarissime che però ti salvano il senso della vita. E anche quando non ci sarà più niente di nuovo di suo da pubblicare, egli continuerà a essere sempre presente, più che nella nostra letteratura, nella profondità della nostra coscienza.
Andrea Camilleri
 
 

Traspi.net, 20.3.2010
Il birraio di Preston
Il Teatro Stabile di Catania porta a Torino l’adattamento teatrale del noto romanzo di Camilleri per la regia di Giuseppe Di Pasquale.

“Silenzio! Che cos’è questa camurrìa?” “Il Birraio di Preston, una risciacquatura di una cosa di Mozart […] opera lirica di Luigi Ricci, imposta dal prefetto di Montelusa, per inaugurare il nuovo teatro di Vigata”.
Camilleri attinge alle cronache siciliane pubblicate dall’editore Cappelli di Bologna nel 1969, Inchiesta sulle condizioni sociali ed economiche della Sicilia (1875 - 1976), dove il giornalista Giovanni Mulè Bertolo racconta di numerosi incidenti e tafferugli verificatisi a Caltanissetta nel 1874 per l’atteggiamento rigido del prefetto Fortuzzi, fiorentino, “che voleva studiare la Sicilia attraverso le figurine incise nei libri”, che arrivò a imporre questa opera sconosciuta ai Siciliani. L’indagine parlamentare verifica l’atteggiamento degli isolani a quindici anni dall’Unità d’Italia ed evidenzia come incomprensione e malcontento nascessero anche dalla rigidità degli uomini chiamati a governare la regione. Camilleri stempera il dramma “fatto persuaso” del potere dell’ironia e del sarcasmo escogitando l’”avviticchiarsi linguistico“ dei personaggi come metafora del complesso momento storico e sociale.
Alla sua penna sorniona e graffiante è concessa una denuncia senza tempo “E’ lo Stato, commendatore, con le sue leggi, i carabinieri, i magistrati, la forza. E pure se capiscono che Bortuzzi è un figlio di fottutissima troia, torto non glielo potranno dare mai, perché e uno di loro, uno di quelli che fanno lo Stato.”
Nonostante la rappresentazione teatrale sia una riduzione, non si perde nulla del romanzo da cui prende le mosse; Camilleri, autore della riduzione teatrale insieme al regista, ricorda di essere “stato per lungo tempo un regista, per non capire quante insidie si nascondono nella trasposizione scenica di un’opera letteraria. Giuseppe Di Pasquale si è lasciato sedurre – come tutti noi – dalla maestria di Camilleri nel ribaltare le situazioni e nel non prendersi mai troppo sul serio, nel trovare il giusto distacco dalla pesantezza delle cose, affinchè la realtà non si sovraccarichi di inutili pregiudizi. Il suo mondo non è ordinato e razionale, ma disorganico e felicemente funzionante. I luoghi, i tempi dell'azione sono stravolti nelle loro regole. I personaggi non descritti, ma fatti parlare. Raramente si trova la descrizione di un personaggio se non per esaltarne un elemento utile al suo carattere (Don Memè). Molto spesso i suoi personaggi sono come caratteri, ove l'aspetto più importante è la loro tipizzazione più che la loro descrizione. Sono tuttavia personaggi da fiaba, come fiabe sono quelle che Camilleri racconta: v'è l'essenziale della storia, e i meccanismi tra azione e personaggi, azione e morale sono perfetti.
Ora è tempo di concludere altrimenti vi ritroverete “a dormire, la fronte appoggiata al tavolo, le braccia appinnuluni lungo le gambe” e… farete tardi a teatro!
Gabriella Grea
 
 

l'Unità, 21.3.2010
Chef Camilleri
«Contro il nuovo duce seguiamo l’esempio del coraggioso colibrì»
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

Corriere della Sera, 21.3.2010
Gialli. Svezia e Italia, due stili
Il detective nordico ha imparato a «fare squadra»

Il romanzo giallo va forte e ogni detective è diverso dall' altro: gli svedesi si distinguono dai francesi, gli spagnoli dagli italiani. Ciò che li rende inconfondibili non è soltanto la personalità creativa che li ha concepiti (Henning Mankell o Fred Vargas, Manuel Vàzquez Montalbàn o Andrea Camilleri) ma la cultura del Paese in cui sono nati. Prendete il grande Montalbano di Camilleri. I suoi collaboratori sono figure collaterali con il ruolo di spalla che fanno risaltare la statura del protagonista. Montalbano ha l'intuizione, capisce il groviglio, magari dopo un errore iniziale, e poi lo scioglie. Sempre in perfetta, assoluta solitudine. Nei libri di Mankell, invece, si respira un'aria tutta diversa. Aria più fredda, in termini puramente meteo, perché a Ystad, nella Scania, sud della Svezia, la temperatura sfiora lo zero già a settembre. A suo modo, però, il commissario Kurt Wallander è un personaggio più caldo. Se non umanamente, socialmente più caldo. Diversamente da Montalbano (e forse anche da altri detective letterari, uno per tutti il meraviglioso Nero Wolfe), Wallander non è infatti il depositario unico dell'intuizione risolutiva. Lui non è la mente circondata da braccia, ma piuttosto il capo di una buona squadra, in cui svolge un ruolo decisivo anche una donna. Wallander è uno che sbaglia, come tutti. E, a volte, è il team che lo riporta sulla pista giusta.
[…]
Edoardo Segantini
 
 

Il Giornale, 21.3.2010
Ma quanto è diverso il palco di destra

[…]
Il popolo della destra non si maschera: per usare un termine molto popolare, non se la tira. Abbiamo visto facce da commerciante e da casalinga, da impiegato e da artigiano, da professionista e da artista, da maestra e da precario, da partita Iva e da salariato. E nessuna assomigliava alla faccia collegiale del marciatore e della marciatora di sinistra: quella sussiegosa di chi si sente antropologicamente diverso, quella supponente di chi dice d'aver letto tutto Pavese e tutto Camilleri.
[…]
Paolo Granzotto
 
 

l'Unità, 22.3.2010
Filo rosso
Un esercito di colibrì

[…]
Ieri Andrea Camilleri - grande scrittore e uomo saggio - raccontava a Saverio Lodato la favola del coraggioso colibrì che, mentre il leone fugge dall’incendio, va incontro alle fiamme per dare il suo contributo al salvataggio della foresta. E suggeriva di imitare il colibrì, la sua tenacia, impegnandoci a convincere una per una quelle che, tra le persone a ciascuno dei noi vicine, si sono fatte incantare dalla fiction che da troppi anni va in onda tra palazzo Chigi, palazzo Grazioli, Villa Certosa ed Arcore.
[…]
Giovanni Maria Bellu
 
 

Dagospia, 22.3.2010
Si scrive Flaiano, si legge Camilleri
Lo scrittore siculo spara a zero contro la cricca della critica che non ha mai "incluso" Flaiano tra i grandi "preferendo far prevalere la letteratura penitenziale, quella dove lo scrittore soffre a scrivere e il lettore soffre a leggere. O quella dei narratori che inesaustamente trattano un solo tema, quello del loro ombelico" - (non è poi quello che è accaduto all'autore di Montalbano?)...
[È riportato lo scritto di Andrea Camilleri su Flaiano pubblicato dal "Messaggero" il 20.3.2010, NdCFC]
 
 

Italica, 22.3.2010
Harvard Diary
La rizzagliata

Questo è un romanzo senza Montalbano. Non è ambientato a Vigàta e benché la trama si sviluppi a partire da un delitto, la polizia resta sullo sfondo: i personaggi principali sono giornalisti della Rai e le inchieste che conducono hanno come fine l’informazione (o disinformazione) del pubblico piuttosto che l’arresto del colpevole. Eppure, a voler idealmente inserire La rizzagliata in uno dei due Meridiani che qualche anno fa raccolsero le opere di Camilleri, è a quello delle Storie di Montalbano che lo aggiungerei piuttosto che a quello dei Romanzi storici e civili. Perché l’assenza di Montalbano, qui (e a differenza, mettiamo, del Birraio di Preston o del recentissimo Nipote del Negus, che pure si svolgono a Vigàta) è significativa, direi anzi che è la chiave del romanzo. Camilleri la suggerisce all’inizio, per mezzo di una battuta del protagonista, Michele, direttore di redazione, alla segretaria “Non è che ora ti devi mettiri a fari il commissario Montalbano”. Il mondo senza Montalbano. Privo di ciò che Montalbano rappresenta per il suo autore e nell’immaginario di milioni di lettori: un uomo imperfetto, spesso egoista, nostalgico dei tempi e degli usi andati (anche questa una forma di egocentrismo), pieno di pregiudizi (gastronomici, per esempio), e tuttavia sempre capace di decisioni etiche. Montalbano non ha l’illusione di poter sconfiggere il male - la mafia, la corruzione, la menzogna, l’avidità e la bestialità di tanti uomini - e tuttavia non rinuncia al tentativo di smascherarlo, di negargli la propria complicità, mostrando che se una soluzione non è a portata di mano una resistenza è però possibile. Invece da questo romanzo Camilleri, deliberatamente, toglie ogni prospettiva morale. Ci mostra quello che accade, a livello di intreccio e a livello sociale, quando l’acquiescenza è assoluta, quando l’ideologia del successo e del profitto diventa egemonica imponendosi anche a coloro che opprime, che non sono solo i poveri o gli emarginati ma chiunque non si riconosca in quel sistema di valori, chiunque non è interessato a un’auto più lussuosa, un vestito più griffato, un’amante più giovane, delle conoscenze più in vista. Il rizzaglio, ci viene spiegato alla fine, è una rete a forma di campana appesantita da piombini: scendendo verso il fondo cattura i pesci, ma non tutti, solo quelli “cchiù stùpiti o cchiù lenti”. Un processo di selezione (niente affatto naturale) dei più furbi, e la vera tragedia non è che accada ancor oggi, come da millenni: è che oggi coloro che restano impigliati nel reticolo vengano appunto considerati stupidi o incapaci, inadatti a vivere, resi colpevoli proprio dalla loro condizione di vittime. “Fino a questo momento, tu non hai sgarrato un colpo”, è il complimento più ambito, il riconoscimento dell’unica qualità che davvero conti, quella di dire solo le verità e tutte le verità che i ricchi e i potenti vogliono far credere o di cui la gente vuole convincersi, intuendo in ogni momento da che parte tiri il vento - “sapere come cataminarsi, senza bisogno continuamente del suggeritore”. La metafora del teatro si applica particolarmente bene a questo testo: nel quale infatti i dialoghi sono predominanti e le poche parti narrative sono per lo più discorsi indiretti liberi, che dunque esprimono i pensieri e le convinzioni dei personaggi. L’oggettività di una voce narrante esterna alla storia è insomma esclusa; persino le azioni fisiche sembrano soggettive: “Tirò un sospiro di sollievo facenno in modo che la sigritaria non se ne addunasse”.  Camilleri rende omaggio ai due grandi scrittori siciliani che da sempre sono i suoi principali punti di riferimento letterari, Pirandello e Sciascia, entrambi esploratori dell’interfaccia che connette (e separa) l’io e il mondo; e di essa, come Sciascia, analizza in particolare le implicazioni sociali e politiche. Ci sono, da un lato, la violenza e la corruzione, dall’altro la paura e l’ambizione; ma non solo. Il gioco è sottile: vi partecipano anche burattini che non sanno di esserlo, che probabilmente rifiuterebbero quel ruolo e che non ne traggono alcun vantaggio, ma che prigionieri dei loro schemi mentali, delle loro abitudini, dei loro pregiudizi, incapaci di cambiare quando le circostanze lo richiedono e di prendersene la responsabilità, si comportano esattamente come i burattinai avevano previsto. Nella Rizzagliata è il caso di uno dei magistrati, “pirsona onesta, ma un pignolo murritiusu della peggior speci” e proprio per questa sua rigidità la persona giusta a cui fare mettere in moto, inconsapevolmente, il meccanismo. È significativo che a risolvere il giallo sia un personaggio che per tanti versi è l’antitesi di Montalbano: fa l’informatore e il ricattatore, vive a scrocco, mangia come un porco (anzi, “un porco era più composto, quando mangiava”). Però ha una testa che funziona: e come il commissario, la sa usare in modo non convenzionale. Non anticipo la sua spiegazione finale; ma è importante notare che ce la dà in forma di racconto, di sceneggiatura per un ipotetico film, usando nomi inventati seppure trasparenti. Ciò cambia significato, pochissime pagine dopo, alla consueta (ma insolitamente enfatica) nota esonerativa d’appendice con cui Camilleri ribadisce che i personaggi e le vicende narrate sono frutto della sua fantasia e del tutto prive di rapporti, se non casuali, con eventi o persone realmente esistenti. In assenza di Montalbano, ci dice fra le righe, spetta a noi, ai lettori, alla gente, prenderci la responsabilità dell’interpretazione: decifrare i segni, analizzare gli indizi, con mente aperta ma senza farci paralizzare dai cavilli, senza farci distrarre dai diversivi, senza accontentarci di formule troppo semplici e meccaniche. La fantasia serve a capire la realtà, non a sfuggirla; a smascherare le imposture di chi vuole nascondercela, non a consolarci della sua perdita.
Francesco Erspamer
 
 

La Stampa, 23.3.2010
La recensione
Con il ''Birraio'' di Camilleri tanto rumore per poco

Vigata. Ecco il luogo inesistente che tutti conoscono. Andrea Camilleri ne ha fatto il proprio centro poetico, non solo collocandovi le imprese di Montalbano, ma anche tutto il resto, o quasi. Troviamo Vigata pure nel romanzo «Il birraio di Preston» che, con idea temeraria, Camilleri ha adattato per il teatro con la collaborazione del suo fido regista Giuseppe Dipasquale. Impresa non del tutto felice, poiche' lo spettatore esce un poco provato dal Carignano, dove lo spettacolo prodotto dallo Stabile di Catania e' in scena fino a domenica. Pesano la durata, la complessita', la frammentarieta' e l'escursionismo cronologico dell'azione scenica. Siamo all'indomani dell'unita' d'Italia. A Vigata si inaugura il nuovo teatro e il prefetto di Montelusa, un fiorentino testardo, esige che si esegua «Il birraio di Preston», opera dello sconosciuto Luigi Ricci. Scoppiano tafferugli, che culminano nell'incendio del teatro, e parallelamente si snodano vicende di servilismo politico che sconfinano nella mafiosita', azioni indipendentiste, amori travolgenti. Il tutto per una sessantina di personaggi. Lo spettacolo di Dipasquale si apre come un sogno, con la visione dell'incendio che arrossa una notte «scanfusa». Dunque si comincia dalla fine. Ma l'autore acciuffa i fili e si mette a raccontare. Costui ha doppia identita'. Da una parte, e' l'eccellente Pino Micol che si prodiga per dominare gli eventi; dall'altra, e' Camilleri, che interviene con la sua inconfondibile voce (registrata) per annunciare le svolte narrative e per anticipare le battute dei personaggi. Dopo di che, dividendosi tra palcoscenico e platea, fingendo un dialogo ora stizzoso e ora ironico tra spettatori e attori, lo spettacolo procede assemblando bozzetti, figurine, trame. Sotto sotto, si tratta di una favola. E forse, in quanto favola, dovrebbe bastare a se stessa. Invece si carica di altre dimensioni e tutte s'intrecciano e si confondono, penalizzando, fra vari inconvenienti, un gruppo di magnifici attori, tra cui, oltre al citato Micol, ricordiamo almeno Mariella Lo Giudice, Giulio Brogi, Pippo Pattavina e Gian Paolo Poddighe, il fiorentino che dei siciliani non vuol capire niente.
Osvaldo Guerrieri
 
 

Tempi, 23.3.2010
L’arte di non dare consigli
Decalogo per la sopravvivenza di scrittori assediati da dilettanti in cerca dei segreti del mestiere. Si può sempre cominciare con un «le opere postume hanno sicuro successo; attrezzatevi e al resto provvederà l’editore»

Non c’è rivista, sito o ciclostilato parrocchiale che prima o poi, trovandosi a corto di idee, non abbia contattato autori più o meno famosi chiedendo di fornire ai lettori dei consigli, generalmente in numero di dieci, su come si scriva un romanzo. L’enorme differenza e la sostanziale contraddittorietà fra i suggerimenti dei diversi autori sono sufficienti a lasciare intuire che nessuno dei decaloghi letterari sia di qualche utilità. [...] Per ovviare a spiacevoli inconvenienti, forniamo di seguito un prontuario di consigli utili agli scrittori ai quali vengono richiesti consigli.
[...]
3. Se siete Andrea Camilleri potete rispondere: «Ci ho messo decenni a diventare famoso, sono forse così imbecille da rivelare ai miei lettori come diventare famosi in cinque minuti?».
[...]
Antonio Gurrado
 
 

Biblioteca Comunale di Rescaldina, 23.3.2010
Trinacria: corto e conti da Andrea Camilleri

Si conclude sabato 27 marzo, in Villa Rusconi alle ore 21, “Idi(lli), conti e incontri marziani” – ciclo letterario di 4 appuntamenti per i 4 sabati di marzo. Se una rondine non basta a fare primavera, forse ci arriveremo allo spuntare della quarta (anche se nel mezzo c’è stata una nevicata fuori stagione, ma si sa, marzo è pazzariello): speriamo allora nel sole di Sicilia, anche se solo evocato attraverso le parole di Andrea Camilleri. Sarà infatti dedicata al notissimo scrittore siciliano l’intera serata, che verrà scandita da tre momenti:
-letture tratte da "La vucciria" e da "Il gioco della mosca", a cura di Mario Domina (cioè direttamente dalla voce mezzo sicula e mezzo lombarda del bibliotecario)
-proiezione del cortometraggio "Il patto", tratto dal racconto omonimo di Camilleri, diretto da Roberto Bianchi e prodotto da Videolaj di Giovanni Arzuffi – girato, pensate un po’, in una inaspettata (e notturna) Busto Garolfo…
-infine: chiacchiere e degustazione con prodotti siciliani
Ingresso libero
 
 

Il Giornale, 24.3.2010
Lauretta Masiero una fuoriclasse piena di talento e ironia
Morta l’attrice lanciata da Macario al cinema e in tv. Il suo eclettismo l’aiutava a non prendersi sul serio

[…]
Una popolarità destinata ad aumentare con il primo serial tv dedicato a un investigatore donna. Laura Storm si chiamava quel personaggio andato in onda nel ’65 e nel ’66 sul Programma nazionale, che sarebbe poi la Raiuno d’oggidì. Il vero cognome del personaggio era Persichetti, un’improbabile giornalista appassionata di judo e eterna fidanzata al caporedattore Aldo Giuffré, stufo già al secondo degli otto episodi, di rinviare il matrimonio. Accompagnata dal fotografo, imbranato anzichenò, Oreste Lionello, indagava con temeraria incoscienza in titoli che riecheggiavano Mickey Spillane (Un cappotto di mogano per Joe) o Jean Gabin (Defilé per un delitto). Tacchi a spillo e impermeabile bianco, un lampante sberleffo al Tenente Sheridan interpretato da Ubaldo Lay, che in quel trench aveva trovato l’America. Un giallorosa spassoso, grazie alle brillanti sceneggiature di Leo Chiosso, il paroliere umorista di Fred Buscaglione, e di uno sconosciutissimo Andrea Camilleri, ignaro papà di Montalbano.
[…]
Massimo Bertarelli
 
 

Il Giornale, 24.3.2010
«Lavorare con Johnny Depp è come andare sulle giostre»
Il comico, vigile in «The Tourist»: «È un po’ matto e gentilissimo, sul set doveva spintonarmi però poi mi chiedeva sempre scusa»

Roma. «Lavorare con Johnny Depp? È come farsi una passeggiata al luna park: non mi sento un attore internazionale, ma un siciliano. Neanche di Messina. A stringere, uno di Galati Marina», minimizza Nino Frassica.
[…]
Il carabiniere che è in lei torna nel film di Rocco Mortelliti «La scomparsa di Patò», il primo tratto dall’omonimo romanzo di Camilleri, veicolato dal Montalbano tv?
«Sono abbonato alla divisa, non mi dispiace. E poi il mio maresciallo Giummaro imbastisce una bella storia d’azione col delegato di polizia, Maurizio Casagrande. Insieme cercheremo lo scomparso Patò, cioè Neri Marcorè. Di piacevole c’è che parlo in dialetto. Di solito i miei personaggi hanno una cadenza siciliana naturalistica, ma qui gli sceneggiatori, Camilleri, Mortelliti e Nichetti, hanno scelto l’agrigentino. Mi farò capire».
[…]
Cinzia Romani
 
 

La Repubblica, 25.3.2010
L’inedito
Camilleri "Scrivere ad alta voce"
Il Libro. “Il nipote del Negus esce oggi per Sellerio sia in libro che in audio book letto dall’autore

Dopo avere scritto e magari più volte corretto e riscritto una pagina, prima di ritenerla degna del ne varietur, la sottopongo a una prova per me definitiva, vale a dire la lettura ad alta voce.
Inevitabilmente, dopo, sono quasi sempre costretto a rimetterci le mani perché la lettura ad alta voce, oltre a ripetizioni di parole, disattenzioni o comuni errori non avvertiti attraverso la scrittura, ha evidenziato soprattutto inattese cadute o improvvisi rallentamenti del ritmo narrativo, del fluire del racconto.
Sicché, quando mi è stato chiesto di leggere “Il nipote del Negus” per farne un audiolibro, ho accettato con entusiasmo, sicuro che l'impresa non avrebbe comportato nessuna difficoltà.
E invece ne ho trovate.
La più grossa è stata quella di come leggere un romanzo che non ha la forma del romanzo tradizionale, ma si presenta come un dossier composto da cartelle o carpette che contengono lettere, ritagli di giornale e documenti vari, alternate a dialoghi o frammenti di discorsi.
È un modo di raccontare, già da me sperimentato con “La concessione del telefono” e con “La scomparsa di Patò”, che chiede la massima collaborazione del lettore il quale deve, per esempio, immaginarsi la fisicità dei singoli personaggi, i luoghi (strade, piazze, ambienti al chiuso o all'aperto) dove le azioni si svolgono e via di questo passo.
Se avessi scelto la strada della lettura oggettiva, per niente partecipata, essendo io l'unico lettore, una singola voce per una molteplicità di interlocutori, a mio parere si sarebbe corso il rischio di mettere l'ascoltatore in una condizione d'estremo disagio perché non avrebbe potuto distinguere, dal solo ascolto, a quale dei personaggi appartenevano le parole che stavo leggendo.
Mi sono reso conto che l'ascoltatore futuro sarebbe stato una sorta di non vedente e immediatamente mi sono tornati alla memoria dei versi, certo non incoraggianti, di Wislawa Szymborska:
Il poeta legge le poesie ai non vedenti.
Non pensava fosse così difficile.
Gli trema la voce.
Gli tremano le mani.
Sente che ogni frase
È qui messa alla prova dell'oscurità.

Si poteva facilmente cadere, in ultima analisi, nell'incomprensibilità del testo. Non si sarebbe superata la prova dell'oscurità della quale parla la grande poetessa polacca.
Come fare? Dopo averci a lungo pensato, l'unica soluzione che ho intravisto è stata quella di fornire a ogni singola voce un minimo di caratterizzazione. Ma non essendo un attore, questo modo di restituzione vocale della lettura m'è costato un certo imprevisto impegno.
Ancora: mi sono accorto, già fin dalla prima prova al microfono, che una cosa è leggere a se stesso, privatamente, una propria pagina all'interno del proprio studio, non avendo altra finalità all'infuori di quella del controllo della scrittura e tutt'altra cosa è leggere una pagina sapendo che quella lettura è pubblica, destinata cioè ad altri, agli ascoltatori.
È una sensazione difficile a spiegarsi a parole. Posso solo dire che, stranamente, è stato per me come se mi fossi venuto a trovare sulle tavole di un palcoscenico, anche se nello studio di registrazione non c'era pubblico.
Un'ultima confessione: dopo che sono stati pubblicati, evito accuratamente di rileggere i miei libri. Quando sono costretto a farlo perché qualche traduttore mi domanda chiarimenti su una frase o una parola, provo una specie di estraniamento, quasi non riconosco ciò che ho scritto.
Verso i miei libri stampati ho una sensazione di rigetto. Questo è dovuto, probabilmente, al fatto che, rileggendoli, sempre ne scorgo i limiti e i difetti e sono di conseguenza tentato di riscriverli ex novo.
Questo non mi è accaduto registrando “Il nipote del Negus”. Anzi dirò, a voler essere sinceri sino in fondo, che mi sono abbastanza divertito.
Spero che si divertano anche gli ascoltatori.
Andrea Camilleri
 
 

Quotidiano Net, 25.3.2010
La lettura
Il nipote del Negus nella Sicilia del Duce
Lo scanzonato principe etiope studente a Vigàta: il nuovo Camilleri, ispirato a una storia vera
Ne anticipiamo alcuni brani
 
 

Il Secolo XIX, 25.3.2010
Il principe negro nell’Italia nera
Nel nuovo libro “Il nipote del Negus” lo scrittore racconta attraverso documenti immaginari, lettere, articoli di cronaca, “frammenti di parlate”, un fatto vero, la presenza in Sicilia di Brhané Sillassié Ybssa, uno studente diverso dagli altri, che crea non pochi imbarazzi al fascismo e allo stesso duce. Pubblichiamo l’incipit per gentile concessione dell’editore Sellerio

REGIO MINISTERO DEGLI ESTERI
IL MINISTRO
Al Cavalier Carmelo Porrino
Direttore Regia Scuola Mineraria Vigàta
Prot. n. 234/675/B
Oggetto: Principe Grhane Sollassié
Roma, 20 agosto 1929
Camerata!
Ci è giunta richiesta urgentissima da parte di S. E. il Ministro Plenipotenziario dell’Etiopia in Italia affinché il nipote del Negus Neghesti Ailé Sellassié, Re dei Re e Imperatore, possa iscriversi a cotesta Regia Scuola Mineraria per frequentarne il corso triennale e ottenerne il diploma.
Il giovane, che chiamasi Grhane Sollassié Mbssa e ha il titolo di Principe, è nato ad Addis Abeba il 5 marzo 1910, e disporrebbe quindi dell’età giusta e dei requisiti necessarii, essendosi diplomato presso il Regio Convitto Nazionale «Vittorio Emanuele» di Palermo che ha frequentato dal 1927. Parla l’italiano perfettamente. Questo Ministero sarebbe in linea di massima favorevole alla accoglienza della domanda, rilasciando la concessione dei nullaosta per l’iscrizione, ma ritiene dirimente che voi, in qualità di Direttore della Regia Scuola, svolgiate una previa e discreta indagine presso gli allievi, ed eventualmente anche presso i loro genitori, circa l’accoglienza che il giovane potrebbe ricevere dai suoi compagni di studio.
Trattasi, come può bene apparire alla sensibilità vostra, di situazione da maneggiare con abilità somma, inquantoché il giovane, malgrado sia un negro, è comunque un Principe etiopico e per di più nipote diretto del Negus, il quale pare che lo tenga in grande considerazione.
Capirete quindi come un qualsiasi sgarbo, un malaugurato equivoco, una involontaria mancanza, un infelice giovanile dileggio, possano far nascere con estrema facilità un incidente diplomatico che, al momento attuale, assai nuocerebbe all’illuminata politica estera che il nostro Duce guida con romana e preveggente determinazione.
Naturalmente, nello sciagurato caso dovesse capitare all’interno della Scuola uno qualsiasi dei suddetti malaugurati eventi, questo Ministero non potrebbe che darne segnalazione al Ministero dell’Educazione Nazionale affinché valuti la responsabilità della Direzione della Regia Scuola Mineraria di Vigàta e prenda gli opportuni provvedimenti disciplinari.
Data l’imminenza dell’apertura dell’anno scolastico, attendiamo una vostra sollecita risposta.
Saluti fascisti
per il MINISTRO
il Capo di Gabinetto
Corrado Perciavalle
P. S.
La retta prevista per la frequenza della Regia Scuola, consistente in lire 350 mensili, sarà a carico di questo Ministero degli Esteri.

REGIO MINISTERO DELL’INTERNO
IL MINISTRO
Numero protocollo 21340098/B/112
Oggetto: Principe Etiopico
Al Commendatore Felice Matarazzo
Prefetto di Montelusa
Roma, 21 agosto 1929
Camerata!
Una comunicazione testé giuntami dal nostro Ministero degli Esteri mi informa che, all’apertura del prossimo anno scolastico, è assai probabile che presso la Regia Scuola Mineraria di Vigàta si iscriva, come allievo, un giovane etiopico (quindi negro) di nome Grhane Sollassié Mbssa, di anni 19.
Il suddetto è un Principe, nipote del Negus Neghesti Ailé Sellassié, Re dei Re e Imperatore d’Etiopia.
Il caso in oggetto presenta alcuni problemi che desidero sottoporvi e che vanno tutti risolti con oculata e fascistica fermezza.
Ove il Ministero degli Esteri concedesse il placet all’iscrizione, mi corre obbligo di richiamare nuovamente alla vostra attenzione che il giovane etiope, benché Principe, è pur sempre un negro.
(...)
Ebbene, non è possibile ipotizzare che qualche losco sovversivo comunista, purtroppo ancora in libertà grazie alla generosità del Duce, approfitti della presenza del giovane negro in paese per insultarlo e aggredirlo a bella posta, sì da far nascere uno scandalo internazionale che la stampa estera, al Fascismo ostile, sarebbe ben lieta di ingigantire a dismisura?
In tale deprecabile caso l’incidente internazionale sarebbe purtroppo inevitabile. E avrebbe di conseguenza delle sgradevoli ripercussioni sulla geniale politica estera del Duce.
Buon senso vuole allora che tutti i comunisti, i socialisti, gli anarchici, i sovversivi, ancora presenti in Vigàta, ancorché già schedati, siano sottoposti a più oculata sorveglianza da parte delle Forze dell’ordine e anche, ove lo si ritenga opportuno nei casi di eccessiva e ingovernabile faziosità, che siano adottate misure restrittive e detentive.
Attendo vostro celere riscontro.
Saluti fascisti
per il MINISTRO
il Capo di Gabinetto
Antonio Fortuna

Andrea Camilleri
 
 

La Stampa, 25.3.2010
Il libro
Camilleri legge se stesso e svela l'imbecillità del regime
Autore: Andrea Camilleri. Titolo: Il nipote del Negus. Edizioni: Sellerio. Pagine: 277. Prezzo: 13

Diavolo d’un Camilleri: questa volta se la suona e se la canta. L’ha scritto e lo legge. Il nipote del Negus, il nuovo romanzo della serie storica, da oggi in libreria per Sellerio (pp. 277, euro 13), esce in volume e contemporaneamente in versione audio, un cofanetto di cinque cd con la lettura integrale da parte dell’autore. Cinque ore e 28 minuti in cui il papà di Montalbano si cala con gusto mimetico nel dedalo di linguaggi che danno vita a questo racconto-resoconto costruito per accumulo di materiali disparati, con la tecnica già felicemente sperimentata per La concessione del telefono e La scomparsa di Patò.
Qui la vicenda, che come di consueto trae spunto (non più che uno spunto) da un fatto reale, è ambientata nella Vigàta del 1929, piena èra fascista. Il diciannovenne nipote del Negus d’Etiopia, «che chiamasi Grhane Sollassié Mbssa», dopo essersi diplomato a Palermo ha chiesto di potersi iscrivere alla Regia Scuola Mineraria dell’immaginaria cittadina siciliana. È l’inizio di una grande agitazione, tra Roma e le autorità isolane, perché il regime pensa di potersi servire del ragazzo come utile tramite in una fase di rapporti problematici con Addis Abeba (siamo sul piano inclinato che porterà di lì a cinque anni all’incidente di Ual Ual e quindi alla guerra d’Abissinia). Di conseguenza, a partire dai Regi Ministeri degli Esteri e dell’Interno, si prende ogni precauzione affinché il giovane - il quale, «benché Principe, è pur sempre un negro» - non abbia a soffrire sgarbi, magari attizzati da «qualche losco sovversivo comunista», «sì da far nascere uno scandalo internazionale che la stampa estera, al Fascismo ostile, sarebbe ben lieta di ingigantire a dismisura».
La narrazione si sviluppa attraverso tre «carpette» zeppe di documenti amministrativi, comunicazioni burocratiche e articoli di giornale, intervallate da altrettanti «frammenti di parlate» che registrano in una fantasmagoria di accenti, fissazioni verbali, secondi e terzi fini, le reazioni dei vigatesi all’arrivo dell’ospite ‘bissino (in questa pagina anticipiamo un dialogo registrato nella «camera da letto di casa Butticè, 8/9/1929, ore 22»).
Con Il nipote del Negus Camilleri torna per la terza volta alle grottesche atmosfere del Ventennio - dopo La presa di Macallè e Privo di titolo - per farne vedere in atto, sotto la grancassa ufficiale, tutta la fondamentale imbecillità. Ben lungi dal farsi strumentalizzare, il giovane gaudente capisce al volo la situazione e la volge a proprio vantaggio. Organizza una trama amorosa a quattro, manovra e persuade. E chiede soldi, sempre più soldi - 5 mila lire per scrivere una lettera al Negus, 20 mila per scriverla in un certo modo, 25 mila per recarsi di persona a Roma... Alla fine saranno tutti beffati, tronfi gerarchi e federali, obbedienti zelatori e piccoli intriganti. Il «negro» si è rivelato più intelligente di loro.
Maurizio Assalto

Anticipazione - Una storia costruita attraverso documenti e frammenti di parlate
Faccetta nera bell'abissino
Da oggi in libreria il nuovo romanzo di Camilleri “Il nipote del Negus”: un furbo "negro" nella Vigàta fascista del 1929

Pippì, allura ’stu bissino arriva o non arriva?
– Pare che arriva.
– Vero è che camina scàvuso?
– Ma quannu mai! Porrino parlò col Direttore del Convitto di Palermo. Porta scarpi che costano quanto a dù misate di stipendio mio!
– Allura è riccu?
– Sfunnato! Principe è!
– Chisto non significa nenti. ’U Principi di Santa Venerina non havi soldi manco per accattarisi i giornali. ’U Principi di Torricola havi le pezze al culu. ’U Principi di…
– La finisci cu ’sta litania? Dumani a matino mi devo susiri alle sei!
– Pippì, senti ’na cosa.
– Bih, chi camurria! Che c’è?
– Mi vrigogno a parlari.
– Ma comu? Prima mi vuoi spiare una cosa e doppo ti vrigogni a spiarimilla? Parla, santu diavuluni! E appresso fammi dormiri!
– Abbassa la vuci! Se gridi accussì, arrisbigli a Michilina!
– Va bene. Me l’addumanni ’sta cosa o no?
– Aieri la signora Burruano, alla nisciuta della missa, mi disse che ’sti bissini… ’nzumma… pare che ’sti bissini… ’sti bissini…
– Ora mi piglio ’u matarazzo e minni vaiu a dormiri nel retrè.
– Aspetta, che mi vrigogno assà. In nomu del Patre, del Figliu e dello Spiritu Santu. Signuruzzo, nun lo spio per intentu maliziusu, ma per farinni buon usu. Amen.
– Pazza niscisti? Ora ti metti a prigari e a diri giaculatorie?
– Pippì, veru è che ’sti bissini ce l’hanno granni e grossa quanto la proposcite di un elefanti?
– Ma che vi viene in testa a voi fìmmine? Omo è, non è elefanti!
– Ah, sia ringraziatu Diu! Bonanotti, Pippì, dormi.
– Ennò, Carmelì! Ora tu me la conti tutta! Pirchì ringrazii Diu che la minchia del bissino è di misura normale?
– Non parlari accussì! Non diri parolazze!
– Io dico parolazze quantu mi pari e piaci! Carmelì, a costo di fari matina, tu ora parli.
– Pinsavo a nostra figlia.
– A Michilina? E chi c’entra Michilina con la min… col bissino?
– Pinsavo che capace che ’stu bissino potiva essiri un bon marito per nostra figlia.
– Tu sei completamente pazza!
– Stammi a sintiri. Se quanno arriva ’stu Principe, tu, dato che sei il segretario della Scuola Mineraria, lo inviti un jorno a mangiare qua da noi accussì accanosce a Michilina e…
– … e sinni torna di cursa in Abissinia! Tu a tò figlia la vidi con l’occhi di matre, e va beni, ma Michilina laida assà è! Havi le gamme torte, i baffi e pari ’na negra!
– E pirchì, iddru non è macari lui negro?
Andrea Camilleri
 
 

Giornale di Sicilia, 25.3.2010
Anteprima. Il nuovo romanzo storico di Andrea Camilleri esce oggi per Sellerio. E’ anche il primo nella versione incisa su cinque compact disc
E il nipote del Negus venne a studiare in quel di Vigata
Un giovane scavezzacollo, e nero per giunta...

Preparatevi al divertimento, come ne “La concessione del telefono”. Andrea Camilleri torna magistralmente a maneggia­re il carteggio in una storia (“Il nipote del Negus”, Sellerio, pp.277, 13 euro) ambientata ai tempi del fascismo. Il nipote del Negus, il principe etiopico Grha­ne Sollasié, decide di frequentare la Regia Scuola Mineraria di Vigata. Il Duce strategicamente ritiene che la presenza del giova­ne, e dunque l'accoglienza italiana che gli sarà data, sarà deter­minante per la sua politica este­ra. Il primo intoppo, però, è il colore della pelle del ragazzo. Troppo nero per non fare storce­re il naso ai puristi della razza che già nel 1929 abbondava­no. Ma le cose si complicano quando al principe - che presto si rivelerà un furbissimo scavezzacollo - il Duce vuole fare scri­vere una lettera di sperticate lodi al fascismo da inviare al Negus in persona. Il ragazzo resiste. E allora in una convulsa trama di missive, telegrammi, articoli, riservate personali, pro­clami, dispacci, conversazioni e telefonate emerge il volto di un regime ottuso e tracotante, ai limiti della barzelletta. Fino al colpo di scena finale. Questa volta la storia di Camilleri si può anche ascoltare perché il roman­zo ha anche la versione in audio­libro (19 euro) con cinque cd.
Pubblichiamo uno stralcio del libro da oggi in libreria.
Gi.Ma.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 25.3.2010
Il nuovo Camilleri
"Il nipote del Negus" Così lo scrittore si burla del fascismo
L’ultimo romanzo dell’autore di Porto Empedocle prende spunto dalla visita in Sicilia di un principe etiope nel 1929. Una storia di postriboli, truffe e ricatti

Andrea Camilleri prende in giro il fascismo col suo nuovo romanzo "Il nipote del Negus" (Sellerio) che esce oggi. Una storia inventata che prende spunto da un fatto vero, la visita in Sicilia, tra il 1929 e il 1932, di un congiunto dell'imperatore etiope. E così lo scrittore racconta di questo bizzarro personaggio avido di sesso e frequentatore di postriboli che combina un guaio dopo l'altro irridendo la sbandierata disciplina del regime. Un libro che ricorda "La concessione del telefono".
In un suo diario pubblicato dopo la fine del fascismo, alla data del 16 giugno 1938, Leo Longanesi chiosava: «Fra vent'anni nessuno immaginerà i tempi nei quali viviamo, ... nessuno saprà capire quel che ci è accaduto». Chissà se Andrea Camilleri, scrivendo il suo nuovo romanzo, "Il nipote del negus" (Sellerio, 278 pagine, 13 euro, da oggi in libreria), ha tenuto conto di questo appunto, se è vero che nella nota finale dichiara: «... rimane pur vero il clima di autentica stupidità generale, tra farsa e tragedia, che segnò purtroppo un'epoca».
Tra farsa e tragedia, dunque: come di consueto accade nelle opere migliori dello scrittore empedoclino, quelle scritte sotto dettatura della musa comica ma attraversate da un sentore di sciagura. Quando, a montare come il bianco dell'uovo, è una balordaggine senza confini, un'inarrestabile idiozia conclamata. Del resto, il famigerato "ventennio" ha già prestato il fianco all'immaginario di Camilleri: basti pensare, ad esempio, a "La presa di Macallè". Ma nel nuovo romanzo dello scrittore non c'è traccia di sgradevolezza e ripugnanza: la "terribilità" infatti, in queste pagine, ha trovato una perfetta declinazione, grazie a un geniale montaggio già sperimentato nella "Concessione del telefono", che allinea non capitoli, ma carpette, dentro le quali sono affastellati lettere, documenti, ritagli di giornale, frammenti di parlate. Insomma, qui il lettore troverà un Camilleri in stato di grazia (di cui avrà anche la possibilità di sentire la inconfondibile viva voce, nell'audiolibro che accompagna il romanzo), che prende l'abbrivio da una suggestione, da una traccia di verità, per poi seguire la tangente della sua inarrestabile fantasia. La storia del nipote del negus, infatti, allo scrittore è stata suggerita, come lui stesso ammette, da alcune pagine del libro di Michele Curcuruto "I signori dello zolfo", nelle quali si accenna «alla presenza in Caltanissetta, negli anni 1929-32, del Principe Brhané Sillassié, nipote del Negus Hailé Sellassié, come studente della Regia Scuola Mineraria presso la quale si diplomò perito minerario nel novembre del 1932». Durante gli anni nisseni, racconta Curcuruto, il Principe diede prova di amare la bella vita, i denari (fece debiti «a dritta e a manca»), le donne. Insomma, fu una sorta di ibrido tra il bohemien e il picaro: aspetto, questo, che non poteva non solleticare l'estro creativo di Camilleri. Fatto salvo questa parte di verità, tutto il resto è inventato di sana pianta, ad eccezione però di una visita che Mussolini effettuò nella miniera Trabia Tallarita (in provincia di Caltanissetta), il 10 maggio 1924, allorquando un mazzo di fiori maldestramente lanciato lo colpì in faccia. A dare nel romanzo la stura a una serie infinita di accadimenti, perennemente in bilico tra il serio e il faceto, è l'annuncio dell'iscrizione del nipote del Negus alla Regia Scuola Mineraria e, quindi, del suo trasferimento da Roma a Vigàta.
Alto, col suo fisico agile e snello, gli occhi cerulei che contrastano a meraviglia col colore scuro della pelle, sessualmente privo di inibizionie con un insaziabile appetito, Grhané Sollassié Mbassa ha inoltre una vocazione all'imbroglio e all'impostura: ne sa una più del diavolo, forse egli stesso è un emissario di Belzebù. Mette piede a Vigàta, il Principe, e cosa non succede: visite nei postriboli; indisposizioni procurate; false denunce; matrimoni combinati; effusioni col gentil sesso senza per questo disdegnare, a scopo di lucro s'intende, l'attenzione morbosa di un suo compagno di classe; istigazione all'omicidio; bravate con tanto di travestimenti; sordidi ricatti. Insomma, lo scaltro etiope si prende sonoramente beffa della "ferrea disciplina" del fascismo, approfittando del tentativo maldestro di coinvolgerlo nelle intenzioni espansionistiche di Mussolini. Il Principe infatti, in base a un fantomatico disegno politico, avrebbe dovuto recarsi da Vigàta a Roma per accompagnare due Ras etiopici ad un incontro col capo del Governo, sua eccellenza il Duce. Essendo, infatti, rimasto ancora aperto l'annoso contenzioso con l'Etiopia per la definizione esatta dei confini, cosa che provoca frequenti scontri e uno stato di imbarazzante disagio nelle popolazioni di frontiera, Mussolini, sempre nella finzione del romanzo, pensa che il giovane di colore possa fungere da ottimo tramite con il Negus al fine di pervenire «a una pacifica, concorde e definitiva sistemazione dei predetti confini». Da qui, dunque, il trattamento di rispetto dovutogli, la necessità di chiudere tutte e due gli occhi dinanzi alle intemperanze e alle truffe del «negro sfottuto», in un coro solenne di raccomandazioni, allusioni, mezze dichiarazioni, intimidazioni, intonato ora dal capo di Gabinetto, ora dal Prefetto, ora dal commissario, ora dal questore, tra un "Eccellenza!" e un "Saluto fascista", tra un "Camerata!" e un "Saluto al Duce!". A tratti, l'impressione è quella di assistere a una indiavolata pantomima, a una irresistibile pagliacciata, che manda a gambe all'aria "l'ordine", che se ne infischia della "disciplina". Il «ciclonico percorso» del Principe, che lascia dietro di sé «rovine e danni», diventa una sorta di contrappasso alla imbecillità generale.
"Il nipote del Negus", dunque, dossier apocrifo trascinante, non fa che avallare superbamente l'intuizione di Silvano Nigro (sua è tra l' altro la bellissima bandella di copertina), che definì Camilleri quale allievo dell'abate Vella, per il quale «c'era più merito ad inventarla, la storia, che a trascriverla da vecchie carte». Solo così, tra la burla e la beffa, tra la menzogna e la riscrittura, l'autore del "Birraio" sempre più si avvicina alla verità.
Salvatore Ferlita
 
 

Agoranews, 25.3.2010
Andrea Camilleri al Valle di Roma
L’occasione del cinquantesimo compleanno del Teatro Stabile di Catania rinnova l’antico amore dello scrittore siciliano per la scena

Prima allievo e docente di regia dell'accademia d'arte drammatica di roma, quindi infaticabile regista - primo nel 1958 a mettere in scena in Italia Finale di partita di Beckett –, lo scrittore agrigentino presenta al Teatro Valle, con lo stabile di catania, Il Birraio di Preston (8 - 25 aprile 2010), rifacimento teatrale di uno dei suoi più fortunati romanzi, riadattato per l’occasione dallo stesso autore – qui drammaturgo di se stesso – con il regista Giuseppe Dipasquale, direttore dello Stabile Etneo. Questa nuova edizione dello storico allestimento di dieci anni fa, nella quale un abile lavoro di intarsio conserva la scomposizione temporale originaria del romanzo, si presenta rinnovata anche nel cast, nella musica e nelle scenografie, in cui il magmatico pastiche linguistico dell’autore siciliano, straripante di visioni tragicomiche e affabulatorie, rivive in questa emblematica cronaca postunitaria, feroce divertissement sulla tirannia del potere e sulla storia del nostro paese.
Un affondo significativo nel caustico e irriverente mondo del creatore di Montalbano sarà poi offerto dalla Camilleriana (14 aprile – ore 20,45), un’intera serata in compagnia dell’opera letteraria e teatrale dello scrittore siciliano, in cui le sue pagine più emblematiche – da un filo di fumo a la stagione della caccia, dalla concessione del telefono alle inchieste del commissario collura – saranno lette dagli attori della compagnia dello stabile di catania, in scena con Il birraio di Preston.
Infine, a chiudere questo denso calendario in omaggio allo scrittore sarà Camilleri > Savatteri (19 aprile – ore 18,30), serata a ingresso libero che vede Andrea Camilleri scegliere un autore di racalmuto a lui affine per eredità e temperamento, Gaetano Savatteri, per dare vita a una serrata e divertita conversazione sul mondo camilleriano e sul topos della sicilianità, intesa anche nella sua forte valenza teatrale.
[…]
 
 

TV Sorrisi e Canzoni, 25.3.2010
Auditel di mercoledì 24 marzo: Montalbano vince in valori assoluti ma l’Isola lo supera in share

«Il commissario Montalbano – La voce del violino» è stato visto da  4.667.000 spettatori, pari al 17.46% di share.
[…]
Anna Nolli
 
 

Il Venerdì, 26.3.2010
Racconto l'arroganza del fascismo. E le sue bugie. Vi ricorda qualcosa?
Andrea Camilleri parla del nuovo romanzo, ambientato fra il 1929 e il 1932 in Sicilia. Durante un regime che costruisce il consenso sulla mistificazione. Ogni riferimento a fatti e persone dell'Italia di oggi è assolutamente voluto

«Ho vissuto il fascismo, e ho cercato di restituire ai let­tori quell'atmosfera di potere arrogante. Purtroppo si tratta di una malattia che ritorna». Così Andrea Camilleri parla del suo nuovo libro, “Il nipote del Negus”, edito da Sellerio, da oggi nelle librerie (per la prima volta esce assieme all'audio libro).
«Alla base del romanzo c'è uno spunto storico vero: fra gli anni 1929 e 1932, un principe etiope, nipote del Negus Hailé Selassié, frequentò la scuola mineraria di Caltanissetta. Era uno che amava la bella vita e combinò qualche piccolo imbro­glio». Camilleri sorride: «Il grande imbroglio nel romanzo è invece tut­ta una mia invenzione. Così come gli amori e le beffe sono frutto della mia fantasia. Quel che è vero è il contesto storico, che ho ricostruito con uno scavo nella memoria».
Il regime che tenta di convince­re il principe a scrivere allo zio una lettera, piena di elogi dell'Italia fascista, è una metafora dell'arro­ganza di un potere mistificatore? «Cerco di far emergere quanto la propaganda e il controllo della co­municazione, la mistificazione e la falsificazione, siano elementi fondamentali per la costruzione del consenso e anche per la coercizio­ne del consenso. Ecco perché se qualcuno, leggendo il mio libro, troverà un retrogusto amaro, avrò raggiunto il mio obiettivo».
Alla fine il potere che vuole coprire la realtà con la propaganda, che vuol raggiungere i suoi scopi con cavilli a proprio uso e consumo, nel romanzo subisce una beffa... «La verità viene sempre a galla, e quindi le menzogne finiscono sempre con il ritorcersi contro chi ha spac­ciato il falso per il vero» sorride Camilleri: «Sto pensando ad alcune situazioni molto attuali...».
Salvo Fallica
 
 

Auditorium Parco della Musica - Libri come. Festa del Libro e della Lettura, 27.3.2010
Andrea Camilleri "Come scrivo i miei libri"
Conferenza
Sala Sinopoli ore 18
introduce Marino Sinibaldi
Una produzione Fondazione Musica per Roma in collaborazione con Centro per il Libro e la Lettura, Radio3
Biglietti: Posto unico: 2.00 euro. Biglietteria 892982
Cliccare qui per ascoltare la registrazione dell'incontro
Cliccare qui per scaricare il podcast della registrazione dell'incontro

“Comincio dall’episodio che mi eccita la scrittura”, cosi ha dichiarato Andrea Camilleri, in un’intervista ad una rivista della Siae. L’inventore del commissario Montalbano, il più grande successo editoriale italiano, spiega cosi il procedimento che dà l’avvio alla sua scrittura per ogni singola indagine del commissario di Vigata. Se il piacere della scrittura governa, probabilmente fin dall’esordio del 1994, la fortunata serie, non meno deve contare la curiosità dell’autore nel rintracciare notizie nella cronaca del presente quotidiano o in quella del lontano passato, questa soprattutto per i romanzi storici: dal Birraio di Preston, a La concessione del telefono, fino al recentissimo Il nipote del Negus. Il contastorie Camilleri, come lui accetta di definirsi, confessa che soprattutto per i romanzi storici la prova decisiva è la lettura ad alta voce (rauca, naturalmente). Mentre per i gialli non poco deve aver contato quella biblioteca paterna dove, a sette anni e mezzo, il futuro scrittore trovò e lesse il primo Simenon-Maigret.
 
 

ANSA, 27.3.2010
Camilleri, Brunetta mi darebbe l'oro
Lo scrittore siciliano a 'Libri come'

Roma - 'Se il ministro Brunetta sapesse con quanta costanza e metodo scrivo tutti i giorni, mi darebbe la medaglia d'oro', dice Andrea Camilleri. In una sala Petrassi strapiena ha raccontato il suo modo di lavorare a 'Libri Come' al Parco della Musica. 'Il lavoro dello scrittore specie se si vuole raggiungere il tipo di scrittura che piace a me, e' duro e ha bisogno, come per un pianista, di allenamento quotidiano. Ci sono pagine che uno deve scrivere 3, 4, 5 volte, anche se si e' rotto i cabasisi.'
 
 

La Repubblica (ed. di Roma), 27.3.2010
Bonino, una mail agli indecisi E Vasco Rossi: “Votate per lei”

Vasco Rossi e Alessia Filippi, Alessandro Baricco e il partito dei Pensionati: da vera "formichina", come ha chiesto di fare ai suoi sostenitori, Emma Bonino continua a incassare consensi.
[…]
Nella lunga diretta su Radio radicale la raggiunge il calore di attori, sportivi, uomini di cultura. Dalla nuotatrice Alessia Filippi («Le persone hanno bisogno di trasparenza. Emma può dare un senso nuovo alla Regione») al «richiamo della foresta» di Silvio Orlando; ma anche Dario Fo, Franco Battiato, Andrea Camilleri, Alessandro Baricco, Serena Dandini, Adriano Panatta, Franca Valeri.
[…]
Chiara Rigetti
 
 

La Sicilia, 27.3.2010
Camilleri ed il Negus abissino

Catania - La storia come dimensione dalla quale trarre spunti per raccontare romanzi. E manzonianamente narrare il passato per parlare del presente. Occorre partire da questi elementi per meglio comprendere il nuovo lavoro letterario di Andrea Camilleri, "Il nipote del Negus", edito da Sellerio.
L'inventore del commissario Salvo Montalbano, si concede una pausa dal racconto poliziesco, e torna ad occuparsi di storia. Ed ovviamente lo fa a suo modo. Parte da un dato reale e lo reinventa con la sua fantasia fertile e fervida. In questo caso, parte dalla scoperta di una notizia reale: negli anni trenta studiò nella scuola mineraria di Caltanissetta, un principe, nipote del Negus etiope.
Camilleri ispirato da questa figura, vi incentra una storia di amori e di beffe, inventate di sana pianta. Al punto da ricostruire dei documenti d'epoca, e farli apparire veri, o verosimili. Quello che è senz'altro vero, invece, tiene a sottolineare Camilleri, è il contesto storico del regime fascista. Che lo scrittore di Porto Empedocle, definisce come una dimensione dominata dall'intolleranza e dalla "stupidità".
Camilleri narra in maniera divertente del tentativo del regime mussoliniano di cercare di convincere il principe a scrivere una lettera allo zio, il Negus d'Etiopia, nella quale incensi il fascismo. Il principe è recalcitrante, ma il regime non desiste. La beffa però, è dietro l'angolo. E Camilleri la racconta a suo modo, con un ritmo incalzante, con il suo tipico linguaggio misto di dialetto e di italiano. La sua lingua letteraria, il suo stile...
Salvo Fallica
 
 

Contrappunto, 27.3.2010
Camilleri, Rankin e i giallisti dei quartieri poveri

I giallisti? Sono «i bambini dei quartieri poveri». La battuta di Ian Rankin, star del poliziesco inglese, padre dell’ispettore Rebus, di primo acchito lascia interdetti: proprio nella patria di Conan Doyle e di Agatha Christie, i «crime writers» sarebbero trattati come una classe inferiore? Si stenta a crederlo, anche se a sostegno di Rankin il critico del Guardian, Robert Mc Crum, sottolinea il carattere classista della società britannica e propone una sua personale piramide, che colloca al vertice poeti e drammaturghi, seguiti dai romanzieri «letterari» alla McEwan, una sorta di ceto medio.
E in Italia? Andrea Camilleri, uno dei pochi scrittori consacrati all’unisono da pubblico e critica, non si è mai sentito un bambino  povero. In un’intervista alla Finestra sul Cortile di Radio 24, rivendica di essere  stato «democraticamente eletto», e invoca la fine dell’ostracismo contro gli autori più venduti: «Quando vedo le classifiche, sono contento di trovarmi in compagnia di gente come Antonio Tabucchi o Erri De Luca». Se però gli ricordi che in classifica ci vanno anche i Fabio Volo, il creatore del Commissario Montalbano ammette che l’investitura popolare non è sufficiente, che bisogna guadagnarsi i galloni sul campo: «altrimenti ricadiamo in un equivoco politico che è molto in auge in questi giorni». Appunto. Come se non bastasse il demo-populismo, dobbiamo sorbirci pure il cult-populismo, i predicozzi quotidiani di chi ci invita a non fare gli invidiosi e ad applaudire senza riserve gli idoli cari alle masse. Ma dietro le bandiere pseudo-democratiche del «morte agli snob, viva i bestseller» si muovono i cingolati del marketing, le divisioni corazzate dell’industria editoriale. Altro che quartieri poveri: giallisti e scrittori pop stanno ai Parioli. A Tor Bella Monaca vivacchiano i nobili decaduti, i letterati con la puzza sotto il naso. Quelli che Pierluigi Battista, un giornalista-intellettuale antipatizzante della propria casta, bolla come «conformisti». Ma scusate la domanda: secondo voi sono più conformisti i milioni di italiani che comprano i libri di Volo o quella sporca dozzina di critici che ancora osa stroncarli? Poveracci. Nel loro bilocale in banlieue, lasciamogli almeno il diritto al mugugno.
Riccardo Chiaberge
 
 

l'Unità, 28.3.2010
Chef Camilleri
Se i temi delle regionali sono l’aborto e il pericolo della «polizia giudiziaria»
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

l'Unità, 28.3.2010
Filo rosso
Le carriole e la luna

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Andrea Camilleri ne ha 85, lavora dieci ore al giorno fra teatro e scrivania. Per l’Unità scrive: «Poiché viviamo in un paese anormale, queste che avrebbero dovuto essere delle normalissime elezioni regionali sono state dall’Ineffabile trasformate in un anormale referendum sulla sua leadership appannata». Un referendum. Poi: «Uno dei suoi ultimi slogan dice così: «Se vincono le sinistre, il nostro paese diventerà uno stato di polizia tributaria. Attenzione a quel tributaria. Come dire: cari evasori, votate per me perché io vi ho sempre protetti (...) Basterebbero queste sole parole per squalificarlo come uomo di governo».
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Concita De Gregorio
 
 

Radio 24, 28.3.2010
Gerarchia letteraria britannica

Ian Rankin, il giallista inglese che ha inventato il personaggio dell'Ispettore Rebus, ha dichiarato che gli autori dei romanzi polizieschi sono poco considerati dalla società letteraria britannica. Andrea Camilleri non la pensa così. Il padre del commisario Montalbano discute con Riccardo Chiaberge della dignità del genere giallo.
Ascolta un estratto del programma in onda domenica alle 9.00 - Andrea Camilleri: sono uno scrittore democraticamente eletto...
Riccardo Chiaberge
 
 

Corriere della Sera, 28.3.2010
I numeri

Nella lista dei 50 bestseller del 2009 che hanno avuto maggior successo nei principali mercati europei, 21 provengono dai Paesi di lingua inglese, ma al primo posto figura, con ampio margine, lo svedese Larsson, seguito da Stephenie Meyer e Dan Brown. In buona posizione anche due italiani: Giordano (4° posto) e Camilleri (18°).
Giuliano Vigini
 
 

l'Unità, 28.3.2010
Libri: il segreto oggetto del desiderio
Il Festival di Roma. Perché si scrive? Come avviene il processo creativo? Si chiude oggi la kermesse che ha aperto le porte dell’«officina» editoriale al pubblico di non addetti, molti dei quali vorrebbero diventare scrittori

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CHIACCHIERE DI BOTTEGA
Perché si scrive? […] Andrea Camilleri svela che nella sua bottega l’acciarino è «l’episodio che mi eccita la scrittura», notizia di cronaca o episodio storico.
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Maria Serena Palieri
 
 

Booksblog.it, 28.3.2010
Libri Come. Quarta puntata: Andrea Camilleri, come scrivo i miei libri

Per raccontare l’illuminante incontro con Camilleri, svoltosi ieri sera all’Auditorium nell’ambito di Libri come, dovrei scrivere tre post o un solo post molto lungo che non so quanti riuscirebbero a leggere fino alla fine. Perciò cercherò di condensare il resoconto in un numero di righe accettabile. Il titolo della conferenza era Come scrivo i miei libri, ma Marino Sinibaldi che ha presentato lo scrittore siciliano, ha voluto cominciare da un’altra prospettiva, chiedendo cioè a Camilleri come è diventato lettore.
Lui si è definito “lettore precoce”; ha iniziato con Conrad e Melville, saltando a pié pari la narrativa per l’infanzia che dice poi di aver letto a vent’anni. Sinibaldi lo invita a stilare una classifica tra alcuni scrittori e lui regala il podio ad Hammett, Simenon e Allan Poe, in quest’ordine. “Hammett è primo per un fatto di simpatia umana, spiega, ho ammirato molto il suo contegno durante il maccartismo.”
Si passa poi a parlare di scrittura e del metodo dello sceneggiatore Diego Fabbri: “Ho imparato da lui a scrivere, racconta Camilleri, smontava i testi concretamente, cioè tagliava le pagine e poi li ricomponeva in un altro ordine. Era come vedere un artigiano al lavoro.” Sinibaldi poi gli chiede della sua libreria che scopriamo avere una “zona sacra” in cui vengono ospitati i libri letti e riletti, tra cui: tutta l’opera di Faulkner, Joyce, Gadda, Simenon, Sciascia, Pirandello e Proust. Sciascia viene definito dallo scrittore “l’elettrauto”, perchè quando ha le batterie scariche legge qualche sua pagina e si ricarica subito.
Camilleri regala poi al pubblico qualche aneddoto sui suoi lettori. Una volta in una libreria di Catania venne accerchiato, dopo una presentazione, da alcune donne di una certa età che gli domandavano scocciate perché Montalbano si fosse trovato una “zita” del nord e consigliavano al commissario”di taliarse torno torno.” Alcune fan invece scrivono delle cartoline da Boccadasse, paese in cui vive Livia, fidanzata del commissario, e le inviano a “Montalbano, c/o Camilleri”, per lamentarsi di Salvo, delle sue scarse attenzioni, delle sue bugie…
Ulteriore argomento di conversazione è il percorso editoriale di Camilleri che scrisse il primo libro nel 1967. Questo lavoro, “Il corso delle cose”, venne pubblicato dieci anni dopo da una casa editrice a pagamento in seguito all’uscita di uno sceneggiato tratto dal romanzo, ma non venne distribuito. La situazione cambiò con l’entrata in scena di Livio Garzanti. “Al primo incontro io ero vestito di tutto punto, perché prima di uscire di casa mi ero versato del caffè addosso e quindi mi era rimasto solo il vestito buono; quando arrivai all’appuntamento vidi un signore in maniche di camicia, trasandato: era l’editore. Al che lui mi disse ‘Ecco il pirla dello scrittore che si è vestito per benino per incontrare l’editore’ ed io risposi ‘Ecco l’editore milanese miliardario che si è vestito da accattone per incontrare lo scrittore.‘”
Quando c’è Camilleri, si sa, tutte le strade portano a Montalbano e così si finisce a parlare del famoso commissario di Vigata che il suo creatore definisce “un ricattatore”. “Non avevo intenzione di scrivere tante storie su Montalbano, ma dopo la seconda, l’editore mi chiese di continuare, perché stava funzionando. Così da allora mi ricatta, perché i libri in cui c’è lui consentono ai miei lavori vecchi di rimanere in catalogo. Ma io mi vendicherò, perché ho già scritto l’ultimo capitolo.” Sappiamo già, come ricorda Sinibaldi, che Salvo non morirà sparato, non sposerà Livia e non andrà in pensione. Nessuna rivelazione sulla fine di Montalbano, però Camilleri illustra l’incipit di questo libro che chiuderà la serie.
C’è la solita chiamata di Catarella per comunicare il consueto omicidio, Montalbano si reca “in loco” e c’è tutta la zona vietata ai curiosi, ma le persone si affacciano dai palazzi e intonano un brusio di voci: “Montalbano arrivò“, “U commisario“, “Ma chi, quello della tilivisione?”, “No, quello viro!”
Ormai ho disatteso il mio proposito iniziale di essere concisa, quindi vado fino in fondo e continuo il mio racconto. Camilleri ha proseguito dicendo di avere visto una volta Montalbano, in aeroporto, a Cagliari. Era andato in Sardegna dietro invito di un professore dell’Università che gli aveva chiesto di concludere un ciclo di lezioni sul “Birraio di Preston”. Questo signore lo aspettava all’uscita dei voli con in mano una copia del libro. Quando Camilleri lo raggiunse, si vide davanti Montalbano con sottobraccio “Il birraio di Preston”.
Si torna a parlare dell’argomento dell’incontro e quindi di come Camilleri scrive i suoi libri. “Sono uno scrittore urbano, devo sentire il rumore delle macchine, non mi piace scrivere in solitudine. Scrivo sempre e quando non ho voglia di mettermi sul lavoro del momento scrivo lettere agli sconosciuti, per tenermi in esercizio.” Paragona un buon libro alla trapezista che svolge il suo esercizio col sorriso, senza far trasparire la fatica, la tensione, la paura. Così un’opera letteraria non deve svelare l’impegno che c’è dietro, “mai mostrare la sudata carta, sennò l’incanto si rompe.”
Saluta le persone in sala descrivendo il pubblico a cui sono destinati i suoi romanzi. “Il lettore deve essere attivo, riempire le mancanze, usare l’immaginazione, come lo spettatore del teatro.” Le quasi due ore in sua compagnia sono volate, la sala gremita si è svuotata e tutti sono andati via col cuore più leggero. Speriamo di leggere l’ultimo capitolo di Montalbano il più tardi possibile…
Lara
 
 

La Sicilia, 28.3.2010
Nella prossima stagione torna Pirrotta con un testo sulla mafia

Catania. Code al botteghino e tutto esaurito al Teatro Carignano di Torino per il "Birraio di Preston" di camilleri diretto da Giuseppe Dipasquale con Pino Micol, Mariella Lo Giudice, Giulio Brogi e Fulvio D'Angelo. Ancora una tappa fortunata della lunga tournée che sta portando uno degli spettacoli di punta dello Stabile nei principali teatri della penisola a partire dal Piccolo di Milano. Doppiamente soddisfatto il direttore artistico Dipasquale, regista di questo collaudatissimo allestimento.
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Giovanna Caggegi
 
 

La Sicilia, 28.3.2010
Scienze della formazione
Si è laureata Lucia Corsale con una tesi su Camilleri

Siracusa. Discutendo la tesi «Varietà linguistiche ne "L'età del dubbio" di Andrea Camilleri», la nostra collaboratrice, la giornalista Lucia Corsale, si è laureata, con 110 e lode, alla Facoltà di Scienze della Formazione di Messina. I professori, Giuseppe Cusmano e Duilio Franchina sono stati, rispettivamente, il relatore e il correlatore. Lucia Corsale, oltre a rilevare le diverse varietà linguistiche presenti nel romanzo di Camilleri, ha ipotizzato, mediante un'approfondita ricerca, l'utilizzo da parte dello scrittore di una Koinè dialettale più ampia del dialetto agrigentino. Tale supposizione è stata suffragata dallo stesso Camilleri, nel corso di un'intervista contenuta in appendice.
 
 

ANSA, 28.3.2010
Photostory: Politici al voto, nel look vince il casual


(Foto ANSA)

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Meno formale lo scrittore Andrea Camilleri in impermeabile beige lungo, sopra giacca scura, pantaloni grigi, maglione bordeaux e camicia bianca abbottonata al collo, ma senza senza cravatta. Non per questo ha rinunciato ad un tocco di Sicilia: in testa la tradizionale coppola, anche se a scacchi.
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Trentino, 30.3.2010
Il birraio di Preston e la Sicilia dell'Ottocento

Rovereto. «Il birraio di Preston», tratto dall’omonimo romanzo di Andrea Camilleri è la proposta che, oggi e domani alle 20.45, sale sul palcoscenico dell’auditorium Melotti, a Rovereto. La produzione del Teatro stabile di Catania presenta Pino Micol, Giulio Brogi, Mariella Lo Giudice e Giuseppe Dipasquale. Messo da parte Montalbano, Camilleri si ispira a fatti reali, documentati dall’inchiesta Franchetti-Sonnino sulle condizioni socio-economiche della Sicilia del secondo ’800. Biglietti dai 5 ai 18 euro.
 
 

La Sicilia, 30.3.2010

Porto Empedocle. Uno degli empedoclini più illustri ancora in vita, Alfonso Gaglio, l'avvocato con la passione e l'arte della poesia e della narrativa nell'anima, sta male.
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Alfonso Gaglio è l'amico d'infanzia di Andrea Camilleri, ma i loro destini si sono separati strada facendo. Camilleri è diventato quel che è diventato a livello mondiale, Gaglio - secondo alcuni dal tratto poetico e narrativo addirittura più raffinato e particolare del papà di Montalbano - è invece rimasto attaccato allo scoglio empedoclino.
[…]
Francesco Di Mare
 
 

Wuz, 31.3.2010
Il nipote del Negus
L'ultimo romanzo di Andrea Camilleri di cui è uscito contemporaneamente l'audiolibro letto dallo scrittore siciliano

È difficile trovare qualche testo di Camilleri che ai suoi innumerevoli ammiratori possa non piacere, però ci sono i veri e propri cultori dei suoi romanzi storici. La grande popolarità in effetti gli è arrivata con un romanzo che ha delle analogie con quest'ultimo libro, non nel contenuto ma nello stile: stiamo parlando de "La concessione del telefono", romanzo che mise in luce le doti che caratterizzano Camilleri, di certo uno dei più amati e stimati scrittori in Italia e all'estero, e l'originalità del suo approccio ironico e sferzante ai tanti, e da lunga data irrisolti, problemi del nostro paese.
L'epoca in cui è collocato "Il nipote del Negus" è quella fascista, il luogo è, naturalmente Vigàta. Il protagonista è però del tutto inconsueto: un bel ragazzo di colore con l'esuberanza dei diciannove anni e una furbizia straordinaria, capace di irretire in particolare le donne, ma di certo anche uomini e notabili che, in quanto nipote del Negus, fedele alleato del Duce, lo accolgono, pur tra titubanze, con dispendio di denaro e dandogli privilegi inconsueti.
Abbiamo dei "falsi documenti autentici" e dei carteggi, scritti nel linguaggio tipico del fascismo imperante, che ci testimoniano sia le perplessità dei funzionari locali, sia l'obbligo morale di onorare l'amicizia illustre del grande capo e di trattare quel simpatico scavezzacollo truffaldino (per di più nero...) con ogni riguardo. Anche quando le imprese del ragazzo sembrano superare la decenza, nessuno osa fermarlo e non si capisce se per debolezza o per rispetto alle indicazioni che vengono dall'alto. Meglio sacrificare qualche debole che rischiare di scontentare i potenti!
La furbizia del ragazzo è tale che riesce a farsi dare un sacco di soldi da tutti, denaro che lui bellamente sperpera con prostitute, giocando o comprandosi abiti eleganti. Inoltre riesce ad ottenere (e siamo in Sicilia e negli anni Trenta) di andare ad abitare nella casa dove vive con i genitori una ragazza, innamorata di lui, che sta insidiando. Ma questo non gli basta, tanto che... mai raccontare il finale di un libro!
Ma intorno al nipote del Negus ecco descritti i tanti piccoli funzionari di regime e le autorità paesane che, rigorosamente in ordine gerarchico, rispettano gli ordini che arrivano da "ancora più in alto"... ma nell'ubbidienza c'è anche un aspetto: mai muovere tropo le acque perché può emergere la corruzione e gli abusi che in piccolo o in grande, tutti praticano.
Così come il sempre asserito pudore e la castità delle fanciulle, sembra lasciare il posto a un fremito dei sensi e alla voglia (che il principe è sempre pronto a soddisfare) di godere dell'amore ricambiato.
Inganni e tradimenti, che si concludono con un curioso lieto fine: gli uomini del regime riescono in qualche modo, e non grazie a loro, a liberarsi dell'ingestibile principe.
Questa storia romanzesca nasce da un dato di realtà, Camilleri infatti ha preso spunto dalla notizia della presenza a Caltanissetta del principe Brhané Sillassié, nipote autoentico del Negus Ailé Sellassié dal 1929 al 1932 come studente della locale Regia Scuola Mineraria. Nei suoi riguardi però il comportamento degli italiani fu tutt'altro che gentile e il giovane invece dimostrò, in un secondo momento, quando gli italiani furono cacciati dal suo paese, molta generosità. Di simile al protagonista del romanzo c'è la bellezza, il fascino del giovane e il suo essere spendaccione.
Grazia Casagrande
 
 

Reteiblea.it, 31.3.2010
Scicli, torna il Commissario Montalbano

“Il convento della Croce a Scicli è un luogo d’invincibile meraviglia”. Ad affermarlo è l’autorevole voce di Luciano Ricceri, scenografo della serie tv Il Commissario Montalbano, che stamani, insieme al regista del serial televisivo, Alberto Sironi, e all’assessore al turismo del Comune di Scicli, Angelo Giallongo hanno effettuato un sopralluogo in cima alla collina della Croce.
Da aprile sino alla prima metà di luglio la troupe della Palomar tornerà a girare quattro episodi della amata serie televisiva (in tutto ad oggi ne sono stati girati 18) e Scicli è stata confermata sede del Commissariato (gli esterni, ovvero il Municipio, mentre gli interni sono ormai a Cinecittà), e una nuova location si aggiunge a quelle ormai classiche di San Bartolomeo, il lungomare di Donnalucata, la mannara di Pisciotto a Sampieri.
Maria Strazzeri
 
 

LiveSicilia, 31.3.2010
Il commissario Montalbano torna a Scicli, nel ragusano

La fiction dedicata al commissario Montalbano torna a Scicli. Lo garantisce lo scenografo Luciano Ricceri, al termine di un sopralluogo nella cittadina iblea, assieme all’assessore al turismo, Angelo Giallongo. “Il convento della Croce a Scicli è un luogo d’invincibile meraviglia”, ha affermato Ricceri, che era in compagnia del regista Alberto Sironi in cima alla collina della Croce. Da aprile, e fino alla prima metà di luglio, la troupe della Palomar tornerà a Giarre (Catania) e Scigli, per girare 4 episodi della serie televisiva (in tutto ad oggi ne sono stati girati 18). Scicli, in particolare, è stata confermata come sede del commissariato dove opera Montalbano. Verrà anche aggiunta una nuova location: la mannara di Pisciotto a Sampieri. La troupe ha scelto la location, nonostante obiettive difficoltà logistiche date dalla necessità di attrezzare un campo base in cima alla collina. Nei 4 nuovi episodi che saranno girati a breve, Scicli offrirà quindi l’esterno di palazzo di città per il commissariato e l’ex Convento della Croce, confermandosi location privilegiata e luogo irrinunciabile come set del film.
 
 

La Stampa, 31.3.2010
Intervista all'autore di «Vincere»
Marco Bellocchio: "Ecco la Dolce vita negli Anni Zero"

Roma. Marco Bellocchio è sempre, strutturalmente, controcorrente. Mentre il cinema internazionale è proiettato nel fantastico mondo del 3D, lui riscopre il valore dei piccoli film a basso budget. Mentre dall’America arriva l’eco trionfale delle recensioni di "Vincere", lui annuncia, a sorpresa, il progetto di un’opera sull’«Italia di oggi», un affresco sul presente «privo di moralismi» ma attento ai tanti «aspetti tragici e grotteschi» che segnano la nostra attualità. Il titolo dovrebbe essere "Italia mia", «prendendo spunto dal Petrarca». Per spiegarsi meglio, il maestro cita "La dolce vita" di Fellini. E ricorda: «Era il ‘60, io seguivo i corsi al Centro Sperimentale, come insegnante di recitazione avevamo Andrea Camilleri, fui lui a dirci che dovevamo assolutamente vederlo, e pure presto, perchè l’avrebbero di certo sequestrato». Non andò così: «Dopo un po’, sull’onda dell’enorme successo, Fellini venne a presentarlo al Centro. Ricordo Mastroianni giovanissimo, sempre con la sigaretta in bocca, bello e già segnato dalla vita sregolata».
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Fulvia Caprara
 
 

Cinema & Video International, 3-4.2010
L'evento/Roma Fiction Fest 2010
La creazione di un villaggio della fiction , l’omaggio ad Andrea Camilleri: sono alcune delle novità previste nella quarta edizione di RomaFictionFest, dal 5 al 10 luglio. Continua l’impegno nell’area industry, confermati gli screenings e i pitching con i buyer internazionali

Vigilia di MipTv, appuntamento fondamentale per definire e “rifinire” una manifestazione come il RomaFictionFest 2010.
Ancora lontane le date dello svolgimento, dal 5 al 10 luglio, per ora, della quarta edizione che verrà, sono state abbozzate solo alcune linee generali.
[…]
Per quanto riguarda il programma, tutto è ancora molto fluido.
Spiega il direttore artistico Steve Della Casa: «Abbiamo iniziato a trattare con Rai e Mediaset per le anteprime italiane […]».
Sono desideri, non anticipazioni.
«Di certo c’è l’omaggio che vogliamo fare a tutta la carriera televisiva di Andrea Camilleri; da quando seguiva le produzioni in Rai negli anni 60 (“Maigret”, “Nero Wolfe”) in poi».
[…]
Adriana Marmiroli
 
 

 


 
Last modified Sunday, January, 29, 2017