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RASSEGNA STAMPA

OTTOBRE 2010

 
Rai Radio3, 1.10.2010
Festa per l'anniversario 60 anni di Radio3
Ore 15.00-24.00 @ Sala A, Via Asiago, Roma
Ascolta la seconda parte dello speciale '60 anni Radio3'
[Il brano con Andrea Camilleri è dal minuto 00:43:59 a 01:02:30, NdCFC]

Il 1° ottobre 1950 nasceva il Terzo Programma. Il 1° ottobre 2010 Radio3 festeggia i suoi 60 anni aprendo le porte di via Asiago agli ascoltatori per una lunga diretta dalla Sala A, a partire dalle 15.00 e fino a notte inoltrata. Una giornata speciale che ospiterà i protagonisti della radio di allora e di oggi in una staffetta di voci e testimonianze, di ricordi e progetti. Musicisti, attori, scrittori e poeti animeranno le trasmissioni come regalo a Radio3. Alle 21.00, nell'ora esatta in cui nel 1950 inizio la prima trasmissione del Terzo Programma, Radio3 si sintonizzerà sulla serata di sessant'anni fa dedicata al mito di Orfeo, reinventandolo con i suoni e le parole di oggi.
La lunga diretta di Radio3 inizierà alle 15.00 con Fahrenheit. Ai microfoni di Loredana Lipperini e Antonio Audino, tra gli altri, Alessandro Baricco, Andrea Camilleri, Ascanio Celestini, Nicola Piovani, Marco Lodoli, Eraldo Affinati, Antonio Rezza e Flavia Mastrella, Fabrizio Gifuni, Enrico Alleva, Alberto Oliverio, Roberto Prosseda e Ambrogio, Sparagna e poi ancora Guido Crainz, Alessandro Portelli e Massimo Teodori, per parlare di come Radio3 ha raccontato in questi anni la storia italiana e internazionale.
[…]
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 1.10.2010
Da Pirandello a Lampedusa così i libri conquistano il mondo
Sciascia in giapponese e Camilleri in lituano

Leonardo Sciascia, forte delle ventiquattro lingue in cui i suoi romanzi e saggi sono stati tradotti (dallo spagnolo al turco, dal russo al giapponese), si piazza ai primi posti in un'ideale classifica degli scrittori siciliani pubblicati all'estero. Recentemente l'italianista Mario Fusco ha congedato, per i tipi di Fayard, una nuova traduzione in francese dell'opera omnia di Sciascia: a riprova del fatto che in terra di Francia l'attenzione nei confronti della produzione dello scrittore di Racalmuto, ultimamente, non è per niente scemata, anzi. E di duraturo successo in Francia si può parlare anche a proposito di Giuseppe Bonaviri: lo scrittore di Mineo, con le sue sedici lingue, si piazza a pari merito con Gesualdo Bufalino, i cui romanzi sono stati tradotti anche in finlandese, coreano, ebraico e lussemburghese. Anche la scrittura barocca di Vincenzo Consolo può vantare diverse trasposizioni, tra cui l'olandese (lingua in cui è strato tradotto qualche anno fa Cuore di madre di Roberto Alajmo), il rumeno, il catalano e il tedesco. Sempre in Germania sono stati tradotti i romanzi di Santo Piazzese, Domenico Conoscenti, Gian Mauro Costa, e di Piergiorgio Di Cara. Ma il primato, relativamente agli scrittori viventi, spetta ad Andrea Camilleri, con un bottino sorprendente: è incredibile il numero delle lingue in cui la fatidica frase, "Montalbano sono", può essere pronunciata: dal finlandese al lituano, dal turco all'ebraico, dal giapponese all'ungherese. La forma dell'acqua e Il cane di terracotta, tra l'altro, sono i romanzi più letti all' estero. In totale sono circa trenta i Paesi in cui è presente Camilleri, una cifra vicina a quella di Tomasi di Lampedusa. Anche se va detto che il principe di Lampedusa ha totalizzato circa ventisette traduzioni con un solo romanzo.
Salvatore Ferlita
 
 

Bibliodiario, 1.10.2010
Andrea Camilleri legge Il naso di Gogol

C'è chi lo ama e chi lo odia. Io adoro alcuni suoi libri ma li considero, senza offesa anzi, libri da spiaggia, di quelli che si leggono tutto d'un fiato e dai quali non riesci a staccarti finché non l'hai finito. Il mio preferito resta "La concessione del telefono", quello che mi è piaciuto meno è "Il giro di Boa". Ma soprattutto adoro i suoi audiolibri! Andrea Camilleri ha una voce profonda che mi culla e rilassa...non a caso uso gli audiolibri per addormentarmi (sempre senza offesa!).
Vederlo di persona é stato molto divertente e interessante. Ha iniziato subito con una battuta "sono stati chiamati grandi scrittori per rielaborare dei classici da salvare e ovviamente sono stato chiamato io che sono molto grande dato che ho ben 85 anni".
La storia de "Il naso" é molto divertente: un giorno un ufficiale russo si sveglia senza il suo naso... che gira indisturbato per san pietroburgo fingendosi un alto funzionario, senza nessuna intenzione di tornare sul viso del suo padrone...
Confesso che sono certa ci sia una metafora con l'oppressione comunista e il senso dell'assurdo della dittatura ma non lo vedo chiaramente. Probabilmente l'autore l'ha nascosto bene per fuggire la censura e gli é venuto fin troppo bene, o forse é solo una mia sensazione e non era quello lo scopo... Fatto sta che ho un libro di Gogol impolverato sulla libreria, "Le anime morte" che ho comprato io stessa a 14 anni senza mai leggerlo, ma ora mi é venuta una gran voglia!
Dasvidania
bibliofilis
 
 

AGI, 1.10.2010
Papa a Palermo: mille per "Puglisi martire", firma pure Camilleri

Palermo - Sono gia' oltre mille le adesioni all'appello lanciato da Davide Faraone, consigliere comunale di Palermo, insieme ad alcuni esponenti del mondo religioso, della cultura, della politica e della societa' civile, per chiedere al Papa, in visita a Palermo, un'accelerazione del processo di riconoscimento del martirio di padre Pino Puglisi. Questo pomeriggio ha aderito anche Andrea Camilleri. La sua adesione si aggiunge a quelle, tra gli altri, degli scrittori Vincenzo Consolo e Dacia Maraini, del regista Giuseppe Tornatore, del cantautore Francesco Guccini, di don Luigi Ciotti e di Maria Falcone. Domenica al Foro italico, in occasione della messa celebrata dal Papa, i promotori dell'appello, con migliaia di volantini dal titolo "Diamo un segno. Padre Pino Puglisi Martire", inviteranno i fedeli a sostenere la loro iniziativa.
 
 

Alto Adige, 2.10.2010
A Bolzano si discute di libri sugli artisti

Nella Biblioteca Civica di Bolzano avrà luogo giovedì alle 18 una serata del ciclo: «Libri che parlano d’arte e d’artisti». Si parlerà in particolare di due racconti di Camilleri: Il colore del sole (Mondadori, 2007) e Il cielo rubato (Skira, 2009). Ne discuterà lo scrittore Serge Quadruppani, traduttore di Camilleri in Francia. Nei due racconti che si affronteranno, Andrea Camilleri si confronta con Caravaggio e con Renoir. Nelle due opere lo scrittore, partendo da alcuni fatti storicamente provati, costruisce trame d’invenzione intorno a due degli artisti del passato oggi maggiormente conosciuti anche da un vasto pubblico. Quadruppani è un affermato scrittore francese di noir e profondo conoscitore della produzione italiana di gialli e polizieschi.
 
 

Il Tempo, 3.10.2010
Thriller. Focus sulla società attuale nel giallo finanziario di Andrea Camilleri
Potere, odio e sesso, i legami di tre amici
Non c'è dignità, né rispetto, né amore e né sensibilità...

ma solo ipocrisia, egoismo, diffidenza e presunzione. Questi sono i magici ingredienti che caratterizzano la nostra società secondo l'agghiacciante inventiva - basata sopratutto sulle cronache giudiziarie italiane di questi ultimi anni - di Andrea Camilleri, che ci presenta il suo ultimo libro: «L'intermittenza» (Mondadori, pag. 171). Un romanzo scorrevole e di facile lettura, anche se stilisticamente povero, che si struttura principalmente sui dialoghi tra i personaggi. Vi sono i tre protagonisti: Mauro, Marisa e Guido. I primi due sono sposati da ben 5 anni, ma negli ultimi tempi Marisa tradisce Mauro con Guido. Quest'ultimo lavora nella stessa azienda di Mauro. Marisa viene descritta come una donna superficiale, che cambia il partner come una bambina cambierebbe il proprio giocattolo, è una donna molto insicura, assai fragile che porta diverse ferite nel cuore che la portano a cercare un uomo che la protegga, ma invece incontrerà, inizialmente, uomini brutali che addirittura la picchiano. Mauro tratta la sua donna come se fosse un cagnolino ai suoi comandi e non si interessa di lei neanche quando gli confesserà che ha un'altra relazione. Una completa mancanza di ascolto e di comprensione: lui è interessato sopratutto a comprare un'azienda che sta fallendo, mandando in rovina la vita di molta gente. Guido, che lavora ogni giorno con Mauro, non ha alcun senso di colpa per la storia messa in piedi con sua moglie, forse perché per lui è solo un'avventura di poco conto, ed anche lui tratta Marisa come un essere che non ha alcuna dignità. I protagonisti hanno una particolarità in comune, ovvero i pensieri che esprimono nei dialoghi non sempre corrispondono a ciò che pensano per davvero, infatti l'ipocrisia regna sovrana nei discorsi. Mauro e Guido, svolgono un lavoro importante ed impegnativo, non si possono fidare di nessuno, neanche della famiglia e la loro unica valvola di sfogo è il sesso, un sesso menefreghista privo di qualunque sentimento profondo. Se Camilleri voleva fornirci un paio di occhiali per farci comprendere meglio la realtà in cui viviamo, possiamo dire che ci è riuscito alla grande. Ma è davvero così insulsa e spregevole la nostra società? Ebbene, a suo dire, si. Una dimensione deprimente che non mostra alcun futuro, se non si decide di cambiare... se noi non decidiamo di migliorare, nel nostro piccolo, la realtà in cui viviamo.
Miriam Ruggiero
 
 

Gazzetta del Sud, 3.10.2010
Un flusso ininterrotto di ricordi tra i riti magici dell'Isola
Negli Oscar Mondadori “Gocce di Sicilia” di Camilleri

Si tratti di processioni religiose, di sedute spiritiche, di rappresentazioni sacre o profane, è sempre il richiamo magico della terra madre a destare intatto in Camilleri lo stupore dell'infanzia e dell'adolescenza, vissute da spettatore-protagonista di quelle «pratiche popolari» che da noi più che altrove riempiono un divenire altrimenti carico degli eccessi di una sempre problematica quotidianità.
Sono le «Gocce di Sicilia» originariamente pubblicate nell'«Almanacco dell'Altana» e approdate agli Oscar Mondadori come testimonianza di una capacità divulgativa che non conosce confini di regioni, linguaggi, espressività, tradizioni e costumi. In una dialettica serrata tra autore e lettore, che annulla prodigiosamente le diversità, fino a rendere familiari anche gli usi e i costumi di ostinata dimensione popolare e insistita matrice primitiva. Dunque anche la processione della statua del santo patrono, portato a spalla fin dentro l'osteria per riprendersi dalle fatiche della festa, può diventare argomento sì di stupore, ma anche di compenetrazione nelle credenze più diffuse, tra religiosità e superstizione. Come anche un personaggio quasi da leggenda in ambito familiare, legato alla sua terra fino a diventare un tutt'uno indistinguibile, può aprire le porte alla conoscenza del mondo attraverso i libri e i classici senza tempo.
E ancora piccole storie, quasi flash di una sicilianità da esportare ma non svendere, mai, al mercato del banale e del consueto. Il significato ultimo della «coppola», la vicenda controversa d'un lunario, la simpatica speculazione sul colore del fazzoletto nel giorno della Resurrezione. Sono memorie di un passato scappato via troppo in fretta, e proiezioni su un presente troppo frettoloso per coglierne in pieno i significati oltre le apparenze; ovvero la morale dietro l'esteriorità.
Così si realizza l'esaltazione letteraria e artistica del ruolo stesso delle scrittore: per natura propenso alla descrizione degli eventi, ma per indole in grado di trasfigurarli quasi subito in funzione d'un assunto, o di una teoria, certo da dimostrare, però da non assumere a certezza definitiva.
Come nel «caso» della scomparsa di Antonio Patò, qui presente nella stesura embrionale del racconto. Un mistero, sì; ma forse anche un abile inganno, per sottrarre due innamorati «clandestini» alle ire e alle aggressioni della società e renderli per sempre liberi da ogni ipocrita convenzione.
Camilleri, insomma. Nella sua inalterata capacità di rendere consueto l'incredibile e familiare l'improponibile; come si conviene a ogni sicilianità che non scenda a compromessi, tradendo il suo insito sottostrato di mistero e fantasia.
Francesco Bonardelli
 
 

Corriere della Sera, 3.10.2010
Domenica 10 ottobre a Sanremo
Il primo congresso nazionale degli uomini casalinghi
Il presidente: «Vogliamo dimostrare che i tempi sono veramente cambiati». Gli iscritti sono più di 5 mila

[...]
Ci sono anche simpatizzanti dai nomi celebri. Come Renzo Arbore, Marco Columbro, Gene Gnocchi, il macellaio poeta (e sposo novello) Dario Cecchini e persino lo scrittore Andrea Camilleri, grande conoscitore «dell’arte dello stirare». Non sono iscritti (per ora) però hanno dichiarato una certa propensione all’arte «donnesca», come la presentava una certa propaganda prima della guerra, e hanno capito che la divisione tra i sessi è un errore anche tra le mura domestiche.
[...]
Marco Gasperetti
 
 

Tempo Stretto, 4.10.2010
Camilleri ritorna in libreria con "L'intermittenza"
Un thriller legato al mondo aziendale che mette in gioco fusioni, acquisizioni e tradimenti d'ogni tipo

Una delle doti maggiori di Camilleri è la sua abilità di attirare il lettore dentro la storia, capacità che ritroviamo anche nel suo nuovo libro (il quarantottesimo cui vanno sommati i venticinque dedicati a Montalbano), L’intermittenza, pubblicato da Mondadori (pp. 171, €18). Dietro la bella copertina con un tocco di surrealismo noir, c’è un thriller dalle tinte politico-aziendali di grande attualità visto che al centro della scena ci sono acquisizioni aziendali, scissioni, scritture private, accordi sindacali vuoti di significato e tradimenti. Parecchi tradimenti, sia sessuali che etici.
Un avvertimento al lettore: non deve trarre spavento dalla lunga lista di personaggi che precede il romanzo poiché Camilleri ambienta il libro nella nostra Italia contemporanea e sebbene gli attori presenti sulla pagina siano diversi, i veri protagonisti non sono tanti: il rampante Mauro De Blasi cui orbitano attorno la 0 fedelissima segretaria Anna, la moglie Marisa e il vicedirettore Guido Marsili; il vecchio industriale Manuelli ormai pronto a cedere il timone; Beppo Manuelli, il rampollo di famiglia inesperto ma con un asso nella manica; Luigi Ravazzi, capitalista d.o.c. e ovviamente, come in ogni thriller che si rispetti c’è anche la femme fatale, Licia Birolli.
Il libro comincia con una sorta di blackout che coglie l’ambizioso Mauro mentre sta radendosi, lasciandolo senza spiegazioni. Fra l’altro eguale disavventura lo colpirà, inesorabile, più avanti e in ben più spiacevoli occasioni. Un malessere incomprensibile soprattutto perché quest’assentarsi da se stesso, questa estraniazione, questa intermittenza ha un che di vagamente letterario, quasi poetico. Perché dovrebbe colpire proprio lui che non legge mai un libro? Sarebbe una debaclé se gli altri squali d’impresa, come lui, dovessero accorgersi che sta perdendo colpi. Dunque meglio dissimulare, dimenticare tutto anche perché c’è in vista un’importante acquisizione aziendale che permetterà all’azienda di assorbire un rivale a prezzi stracciati e la “scocciatura” di dover chiudere due stabilimenti e mandare a casa cinquecento o mille dipendenti non lo scuote affatto visto che si è facilmente assicurato coperto le spalle grazie ad astuti giochini politici. Ma il cammino è ricco di insidie e come anticipato, di molteplici traditori.
Per narrare questo thriller d’affari Andrea Camilleri ha scelto, ha ragione, una narrazione incrociata: paragrafi brevi dedicati a ciascun personaggio che gli permettono di tessere una trama ed una tela fitta, sullo sfondo di una Milano quantomai cinica ed industriale. E la vicenda narrata è così morbosamente verosimile, fra inciuci politici e capitani d’industria spietati, che è come se Camilleri avesse guardato dal buco dello serratura del jet set italiano. E allora con c’è di che meravigliarsi se il primato di scrittore siciliano vivente “più tradotto” sia saldamente nelle sue mani, dal turco al lituano, dall’ebraico allo sloveno.
Francesco Musolino
 
 

Alfonso76, 4.10.2010
Recensione libro L'intermittenza di Andrea Camilleri

"Mi sa che non ti è piaciuto molto..."
Il fatto che questa frase mi sia stata rivolta per due volte nella stessa giornata - entrambe riferite all'ultimo romanzo di Andrea Camilleri, sia chiaro - mi ha fatto pensare. In effetti, nella normalità dei casi fra la lettura di un libro del più celebre giallista siciliano e la mia recensione non passano mai più di 72 ore. "L'intermittenza" giace invece sulla mia scrivania da un paio di settimane, e la Moleskine è rimasta, nel frattempo, malinconicamente intonsa.
E sì che il 2010 è stato decisamente un anno camilleriano: l'ultimo Montalbano, a mio parere finalmente convincente dopo un paio di passaggi a vuoto, la bella accoppiata con Lucarelli per "Acqua in bocca", il divertente "Il nipote del Negus", che mi sentirei di consigliare a chiunque approcci Camilleri per la prima volta e non si voglia perdere nella saga del commissario di Vigata. Ma, ebbene sì, lo confesso: "L'intermittenza" non mi è piaciuto molto.
A cominciare dallo stile di scrittura, che mi è apparso eccessivamente "televisivo": non so se sia l'effetto dell'abbandono del siculo per un può normale italiano, ma l'impressione di essere alle prese con una sceneggiatura, più che con un romanzo, mi è sembrata fortissima.
E non aiuta una trama tutto sommato esile, che vorrebbe pescare nella contemporaneità di un mondo del lavoro popolato di industriali senza scrupoli, lavoratori bersaglio, manager iperpagati e altrettanto insoddisfatti, segretarie chine ad angolo retto sulle scrivanie per compiacere il capo. L'effetto è francamente poco intrigante, la narrazione si trascina di pagina in pagina verso (l'inevitabile) finale, e si ha la sensazione di attendere un colpo da maestro che - ahimè - non arriva mai.
Appena più interessanti le due figure femminili cardine del romanzo, e assolutamente opposte nella caratterizzazione: Marisa, moglie del protagonista, che vorrebbe amare poesie e finisce per incarnare la perfetta donna oggetto, e Licia deliziosamente furba e fastidiosamente opportunista, disposta a mettere tutto (e intendo TUTTO) sul piatto per un avanzamento di carriera.
"Mi sa che non ti è piaciuto molto..." "No, davvero, non mi è piaciuto molto"
 
 

Affaritaliani.it, 4.10.2010
Minimum Fax si apre all'America Latina...
Forte del successo di "Acqua in bocca" (il bestseller dell'estate scritto a quattro mani da Camilleri e Lucarelli: oltre 250mila copie vendute finora e diritti già ceduti in Germania, Francia, Grecia e Spagna...) la casa editrice romana prepara una nuova collana dedicata agli scrittori sudamericani... I PARTICOLARI

[...]
Forte di uno straordinario risultato che indica finora il 2010 come il miglior anno di sempre per la casa editrice, minimum fax arriva a Francoforte dopo il grande successo di Acqua in bocca di Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli.  Il libro, che  ha superato le 250.000 copie ed è stato sin dall'uscita al primo posto della classifica dei libri più venduti - posizione mantenuta per tutta l'estate - è già un successo internazionale: i diritti sono stati venduti finora in Germania, Francia, Grecia, Spagna.
 
 

RomaUno TV, 4.10.2010
La nuova stagione del Parco della Musica

500 appuntamenti per una nuova stagione, con concerti, rassegne, esposizioni, teatro, danza e appuntamenti culturali, incontri e lectio magistralis.
E' il cartellone dell'auditorium parco della musica, come sempre scelto per proporre un'offerta culturale ampia, dedicata a tanti tipi di pubblico. Ci saranno le lezioni di storia e di storia dell'arte dedicate a Roma, quelle sulla medicina con Umberto Veronesi e quelle sulla musica con Franco Battiato, Carmen Consoli e Antonio Pappano. Gli incontri con Andrea Camilleri e Peter Stain. […].
 
 

La Repubblica (ed. di Firenze), 4.10.2010
L'iBookstore di Apple con i libri italiani. Si comincia dai piccoli editori
Si chiama goWare l'azienda pisana che ha tradotto in digitale per la piattaforma di Jobs libri di ricette e letteratura. Si comincia da cinque titoli a pagamento, disponibili però sull'account americano del sito

Qualcosa da leggere anche in italiano sull'iBookstore di Apple in versione americana. Si comincia dai piccoli editori e dalle ricette di Montalbano, dal banchetto del Gattopardo e da una guida alla Manhattan a tavola secondo Woody Allen. [...] Cinque gli eBook in italiano che si possono già acquistare al mezzo medio di 6.99 dollari grazie a un accordo che GoWare ha stretto con una piccola casa editrice di Torino, la Leone Verde edizioni: "I segreti della tavola di Montalbano", le ricette di Andrea Camilleri raccolte da Stefania Campo [...].
Laura Montanari
 
 

MilanoWeb.com, 5.10.2010
Andrea Camilleri - La caccia al tesoro (Sellerio editore)
Il nuovo libro di Andrea Camilleri racconta la nuova avventura del Commissario Montalbano

Montalbano è forse il commissario meno eroico della letteratura poliziesca e forse è proprio per questa sua "modestia" che è diventato il più famoso ed il più amato.
Eppure, il nuovo romanzo di Andrea Camilleri comincia proprio con un 'atto eroico' di Salvo Montalbano, che si arrampica su una scala lunga 5 piani di un palazzo per fermare il delirio di due fratelli. Ma questo forse è l’unico avvenimento che distoglie il commissariato di Vigàta dal torpore inerte che lo ha invaso da diversi mesi.
È parecchio tempo infatti che il commissario, il suo vice Augello ed il suo braccio destro, Fazio, non hanno nessun caso tra le mani, tanto che Montalbano è quasi tentato di prendersi un periodo di ferie per raggiungere la sua fidanzata sempre più lontana (e non soltanto fisicamente). Il tempo e la noia trascinano il commissario in una crisi di mezz’età ed in un’inutile paura di essere oramai invecchiato.
Ma 2 bambole gonfiabili, apparentemente sorelle gemelle, portano scompiglio nella sua vita, in quella professionale quanto in quella privata. Il suo naturale scetticismo lo porta a “prendere sotto gamba” delle strane lettere anonime che lo coinvolgono in un gioco a cui Montalbano dà poca importanza, almeno fin quando non sparisce una ragazza. Ninetta è una all’antica, una tutta casa e scuola, che forse però nasconde una doppia vita, o forse è soltanto una fantasticheria di Augello.
E cosa c’entrano le lettere anonime con la scomparsa della giovane? Per fortuna, o purtroppo, c’è Arturo, un aspirante epistemologo, che vuole studiare la mente investigativa del commissario Montalbano e finisce per aiutarlo a vincere la "caccia al tesoro".
 
 

ItaliaInformazioni, 5.10.2010
I leghisti in campagna elettorale. Protestano per le canzonette napoletane a Venezia e il poliziotto bergamasco scemo in tv

[...]
Il 21 settembre si è mosso il Presidente della Regione, Zaia, che ha protestato con il canale Mediaset che ha messo in onda una fiction che non farebbe fare una bella figura ai padani. “Li dipingono come sciocchi e servili”, ha lamentato Zaia in una lettera indirizzata al capo di Mediaset, Confalonieri.
La ragione della protesta riguarda, in particolare, Giovanni Brenta, l’agente bergamasco della serie “Distretto di polizia 10”. Il popolo del nord non può essere trattato in quel modo, lamenta Zaia nella lettera a Confalonieri. Che ancora non ha risposto al governatore.
Le ragioni di Zaia non sono comprensibili, in verità, visto che il personaggio dell’agente un poco tonto non è una prerogativa dei popoli del nord. Basta citare la serie di film per la tv messi in onda dalla Rai e tratti dai romanzi di Andrea Camilleri. Nella serie del commissario Montalbano c’è l’agente Catarella, goffo e divertente personaggio, che ricalca lo stereotipo del poliziotto meridionale, meglio se siciliano, un poco coglione.
I siciliani devono essere orgogliosi del fatto che non si sono sentiti presi in giro né trattati malamente da Camilleri e dagli autori della serie televisiva, anche se – occorre ricordarlo – Catarella, davanti a un computer subisce una metamorfosi, diventa una specie di geniaccio. Una metamorfosi che quel filone di Camilleri ha escogitato per evitare che il poliziotto Catarella sia tonto a tutto tondo.
Una furbata?
Non solo, Camilleri non crede che esistano stupidi da una parte e geni dall’altra, crede che gli stupidi abbiano bagliori di intelligenza, e gli “intelligentoni” siano frequentati dalla minchioneria.
C’è giustizia a questo mondo, insomma.
 
 

Un libro al giorno, 6.10.2010
'L'intermittenza'

''I fatti e i personaggi di questo romanzo sono frutto della mia fantasia, anche se la fantasia ha trovato abbondante linfa nelle cronache giudiziarie di questi ultimi anni''. Tutti d'un fiato si arriva in fondo, la fine del romanzo, e dietro quella frase, a meta' di rito a meta' personalissima, quasi lo si intravede Andrea Camilleri a scriverla, tra il divertito e, come direbbe lui, ''l'incazzato nero''.
A 85 primavere, il piu' amato scrittore italiano ha dato alle stampe il suo quarto romanzo in appena sei mesi (senza contare saggi e raccolte): 'L'intermittenza', che arriva in libreria quando sono ancora in cima alle classifiche il Montalbano di 'La caccia al tesoro' e 'Acqua in bocca', scritto in tandem con Carlo Lucarelli.
Questa volta, pero', indagini non ce ne sono. Se non quelle nell'animo di un manipolo di cinici e spietati personaggi che, come gia' in 'Un sabato con gli amici', Camilleri scolpisce quasi con crudelta', rastremati attorno alle pure motivazioni del loro agire: l'odio, il desiderio, la vendetta, il potere.
La calda Sicilia e' lontana. Questo nuovo thriller finanziario, dedicato ironicamente ''Al lavoro che nobilita l'uomo'', si apre al nord, in un grande azienda, la Manuelli che da lavoro a migliaia di persone e sostiene l'economia del paese.
Praticamente un'acquario di piranha e pescicani. Presidente, e' un vecchio pioniere della rinascita industriale italiana che parla di se' solo in terza persona e con un figlio belloccio ma piuttosto deludente al quale ha concesso una carica di direttore generale senza potere per la quale viene irriso da tutti. Alla guida dell'azienda c'e' invece Mauro De Blasi, il feroce e scaltro direttore generale con moglie bellissima ma insoddisfatta, aiutato dal direttore del Personale Guido Marsili, abile quanto basta per mettere in mobilita' senza alcun turbamento centinaia di dipendenti, ma con la segreta debolezza per la poesia. Intorno a loro, una girandola di segretarie avvenenti o inacidite, Ministri che pur di non perdere una manciata di voti si ritrovano al servizio del privato, vecchi patron e nuove generazioni arriviste, stabilimenti occupati, operai gabbati nei loro diritti e sindacati inermi di fronte all'ombra della crisi che si allunga anche sulla Manuelli. Ma l'azienda e' florida e anzi grazie a De Blasi fiuta l'affare, acquisendo la Birolli, il cui proprietario e' assillato dai creditori e pronto a svendere tutto pur di salvarsi. Tutto, tranne la nipote Licia, ''superbo esemplare di femmina determinata, intelligente e sensuale''. Intanto però c'è qualcuno che sta tramando dietro le quinte. Con maestria, Camilleri passa da uno all'altro personaggio, disseminando il percorso di suspence, mentre 'L'intermittenza' si fa sempre piu' presente, quella del cuore e quella, piu' pericolosa, della testa, vere e proprie tagliole che la coscienza piazza lungo l'ascesa o al discesa al successo. Con il pensiero, allora, si torna a quell'ammissione iniziale. A chi pensava Camilleri quando ha scritto del vecchio Manuelli, dell'incapace Beppo suo figlio, degli operai in sciopero contro la chiusura degli stabilimenti fatti abilmente passare come soggetti pericolosi per l'azienda stessa, dello spietato De Blasi o di Marsili, che sembrano cavarsela sempre? ''Basta leggere la cronaca e trovate tutte le storie di malefatte che volete - risponde oggi Camilleri - E' notizia di 3-4 mesi fa di un'azienda dove l'intera dirigenza e' stata arrestata''. Ma puo' forse anche un romanzo risvegliare le coscienze? No, guai a esser romantici: ''Ma che vuole che gliene freghi della narrativa a quelli.''.
 
 

APCOM, 7.10.2010
Cinema / Festival di Roma: Knightley, Mendes e 4 italiani... -2

Tante le novità della quinta edizione del Festival di Roma. [...] Dall'incontro con Andrea Camilleri da cui è stratto tratto il film "La scomparsa di Patò" di Rocco Mortellitti [...].
 
 

Asca, 7.10.2010
Cinema/Roma: Omaggio a Tognazzi, il Festival apre un giorno prima

[...]
Un'edizione nel segno della dinastia Tognazzi: ci sara' infatti l'anteprima del nuovo film di Ricky Tognazzi ''Il padre e lo straniero'' con Alessandro Gassman e Ksenia Rappoport che verra' presentato fuori concorso.
[...]
Grande rappresentanza del cinema italiano: ci saranno, tra gli altri, [...] Andrea Camilleri, [...].
[...]
 
 

MicroMega, 7.10.2010
Video appello di Andrea Camilleri: “Tutti in piazza con la Fiom il 16 ottobre”
Cliccare qui per il video

Andrea Camilleri: “Mi appello a tutti gli italiani di buona volontà, perché ce ne sono tanti: che si sveglino, che scendano in piazza con noi il 16 ottobre. La Fiom sta difendendo i diritti dei lavoratori e la dignità del lavoro. Con i diktat del modello Pomigliano Marchionne dà un cospicuo contributo al mutamento della democrazia italiana in una dittatura strisciante. Oggi, chi non osa minimamente dire il proprio pensiero insieme agli altri, finisce per dare una mano a questo governo”.
 
 

8.10.2010
Il sorriso di Angelica
Il nuovo romanzo del Commissario Montalbano sarà in libreria il 21 ottobre.
 
 

FAO, 8.10.2010
Andrea Camilleri firma la petizione contro la fame 1billionhungry
Lo scrittore siciliano si aggiunge ad una lista di quasi un milione di persone

(foto FAO)

Roma - Andrea Camilleri si è unito alla campagna della FAO 1billionhungry ed ha firmato la petizione che chiede ai governi di tutto il mondo di fare della lotta contro la fame la loro priorità e di dedicarvi maggiori risorse.
Lanciata il maggio scorso, la campagna ha già raccolto quasi un milione di firme ed il prossimo 29 novembre sarà presentata ai governi in occasione della riunione del Consiglio della FAO. Icona della campagna è un fischietto giallo per esortare la gente a "fischiare" contro la fame.
"Un miliardo di esseri umani che soffrono la fame è una vergogna per tutti gli abitanti della terra", ha dichiarato Camilleri. "Fischio contro di me, contro di te, contro tutti noi che con egoismo, passività e indifferenza accettiamo in silenzio questa tragedia immane".
Camilleri è l'ultimo di una lunga lista di personalità del mondo politico, della cultura, dello spettacolo e dello sport. Hanno già firmato la petizione 1billionhungry tra gli altri, la scrittrice cilena Isabelle Allende, il Presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, l'attore inglese Jeremy Irons, la leggenda dell'atletica Carl Lewis, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il Presidente della Provincia di Roma Zingaretti, ed ancora Renata Polverini, Presidentessa della Regione Lazio, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, e gli attori Raul Bova e Claudio Bisio solo per citarne alcuni.
 
 

La Repubblica, 8.10.2010
La campagna
Da Vigata un fischio contro la fame nel mondo
Camilleri firma la petizione Fao '1billionhungry'

L'autore siciliano che ha creato la saga culto del commissario Montalbano sostiene l'iniziativa per chiedere ai governi di tutto il mondo di fare dell'emergenza alimentazione una priorità. Si aggiunge a personalità come Lula, Isabel Allende, Carl Lewis e Jeremy Irons

(foto La Repubblica)

Roma - L'ultimo "fischio d'autore" contro la fame nel mondo arriva da Vigata: anche Andrea Camilleri aderisce all'appello della Fao contro la fame del mondo. Il creatore del commissario Montalbano, autore di culto di bestseller che hanno venduto milioni di copie, tradotti in tutto il mondo, si unisce alla campagna dell'agenzia Onu per l'alimentazione 1billionhungry. Alza la voce, perché anche lui è arrabbiato da morire (I'm mad as hell! è il grido della campagna Fao) per quel miliardo di persone che ogni giorno non hanno cibo. Imbocca il fischietto giallo simbolo dell'iniziativa - che ha fatto il giro di social network e web - per farsi sentire e chiede, insieme a migliaia di altre persone, che la lotta alla fame nel mondo sia prioritaria per i governi e che si trovino maggiori risorse per combatterla.
"Mi ha colpito la rabbia espressa dalla campagna, l'indignazione sul fatto che circa un miliardo di persone soffrono la fame", racconta a Repubblica.it, spiegando il perché della sua mobilitazione in prima persona. "E' molto bella e giusta l'idea di far rumore fischiando il simbolo della campagna, il fischietto giallo, e firmare la petizione per mettere pressione sui nostri governi", aggiunge.
Camilleri è in buona compagnia. All'iniziativa hanno già dato il loro sostegno il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, la scrittrice cilena Isabel Allende, l'attore Jeremy Irons, l'ex atleta Carl Lewis, oltre a diverse altre personalità della cultura e del mondo politico, star dello sport e della musica. Un atto dovuto, secondo lo scrittore siciliano da anni trapiantato a Roma, per chi ha un forte seguito, dare il proprio contributo come esempio di senso civico. "Quando è possibile", spiega, "cerco di usare la mia 'popolarità' trasmettendo messaggi che reputo giusti, in questo caso prioritari".
E' quasi proverbiale la sua ironia, eppure Camilleri - che nelle prossime settimane sarà al festival del cinema di Roma dove incontrerà un pubblico di ragazzi in occasione della proiezione del film La scomparsa di Patò, tratto da un suo romanzo - su questo tema ha poca voglia di scherzare. "Questa campagna sta cercando di attirare l'attenzione di noi tutti su un tema assai trascurato", dice, "perché la fame non fa notizia. E trovo personalmente giusto, per quello che mi consente la mia età avanzata, di aderire a campagne che mettano l'essere umano al primo posto".
Lanciata a maggio, con immagini forti, iniziative internazionali, raduni in luoghi simbolici come la Tour Eiffel a Parigi, e cartelloni shock - uno a caratteri cubitali campeggia sulla facciata del palazzo della Fao a Roma - la campagna ha raggiunto quasi un milione di firme e il 29 novembre verrà presentata ai governi in occasione della riunione del Consiglio della Fao. E' ora che occorre, quindi, alzare di più la voce: "Bisogna fare pressioni sui governi", insiste Camilleri, "perché venga posto in prima linea l'impegno di sradicare la fame, non dimezzarla, per creare un mondo moderno ed equo dove nessun essere umano debba soffrire per mancanza di cibo. Questa", conclude, "é modernità".
Alessia Manfredi
 
 

L’Oeil de Lucien, 8.10.2010
Wallander y Montalbano per Alejandro Casadesus Bordoy

Una notizia ghiotta per i molti fan dello svedese Wallander e il siciliano Montalbano. E’ uscito in Spagna un interessante  saggio sui due investigatori. Si tratta di Sobre Wallander y Montalbano. La novela policíaca de Henning Mankell y Andrea Camilleri. L’autore è Alejandro Casadesús Bordoy, giovane professore di Filologia  Germanica all’Università di Barcellona.
Ecco la presentazione in spagnolo.
Intentar presentar hoy en día a Andrea Camilleri o a Henning Mankell es, al menas para los aficionados a la novela policíaca, una tarea aparentemente innecesaria si atendemos a la gran cantitad  de lectores y fieles seguidores que atesoran. Padres literarios de dos figuras clave en la novela policíaca actual, Montalbano y Wallander, estos dos autores son sin duda referentes necesarios para explicar y comprender la evolución del género en la última década así como para definir su futuro próximo. El presente estudio, derivado de la elaboración de una tesis doctoral, tiene como objetivo acercar la novela policíaca de estos dos autores a sus incondicionales desde una perspectiva diferente, rigurosa y asequibile al mismo tiempo, y pretende cubrir un espacio vacío por lo que respecta a la recepción de Camillari y Mankell en España. …..Por este motivo, este libro nace con la esperanza de ayudar a todos los lectores interesados en estos autores a profondizar, aprender, matizar y, por qué no, discrpar sobre los diferentes aspectos que conforman el presente estudio.
Il saggio è preceduto da un prologo di Marisa Seguan.
Casa editrice: Objeto Perdido Colleción Estudios Literarios p 288
ISBN 978-84-92562-72-5 Prezzo 23E.
Buona lettura!
Giuseppina La Ciura
 
 

La Repubblica, 8.10.2010
Passaparola
Girolamo De Michele, La scuola è di tutti, Minimum fax, Pag 338, euro 15.
La scuola vista dall'interno "per ripensarla e ricostruirla"
Un saggio di Girolamo De Michele fornisce notizie, analisi e suggerimenti per imboccare un percorso che superi gli slogan e uscire dalla grave crisi educativa che coinvolge anche l'istituzione scolastica

[...]
Tre priorità per avere una scuola davvero di tutti.
"[…] Infine, una società che smetta di essere diseducante e si faccia carico del problema educativo. Ci vogliono, attorno alle scuole, autobus, corriere e treni per portare i ragazzi a scuola, biblioteche di quartiere, programmi televisivi che sostituiscano il gossip e il soft porno con la vita reale, che riprendano il ruolo educativo che fu del maestro Manzi e delle rassegne teatrali allestite da Camilleri, che spieghino le relazioni di causa ed effetto e spingano a pensare".
Silvana Mazzocchi
 
 

Il Fatto Quotidiano, 9.10.2010
Esserci perché siamo ai colpi di coda del Caimano e allo sfacelo totale

Queste mie parole, quale che sia il peso che possono avere, hanno il valore di un invito, dettato dal sentimento e dalla ragione, a partecipare alla grande manifestazione del 16 ottobre, indetta dalla Fiom, nel corso della quale saremo presenti anche noi. Perché c’è questa necessità? Credo sia evidente, da tutte le notizie che quotidianamente filtrano attraverso i giornali e le televisioni, che siamo allo sfacelo della politica e agli estremi colpi di coda di un governo. E di un uomo che non ha nessun senso delle istituzioni, né della Costituzione, né della giustizia. E quindi fa di tutto perché queste istituzioni siano modificate a suo uso e consumo. Questo non si può assolutamente permettere in uno Stato democratico.
Dirò di più: è molto importante che la nostra manifestazione sia all’interno della grande manifestazione della Fiom. In questi ultimi mesi la Fiom ha difeso i diritti dei lavoratori. Ora, diritti non significa solo le pause, la durata delle ore di lavoro.
Diritto è soprattutto il diritto del lavoro ad essere rispettato in quanto tale. La   Fiom sta difendendo prima di tutto la dignità del lavoro. Manifestare uniti alla Fiom, oggi, ha un senso preciso di unione di volontà.
La posizione che la Fiom ha assunto nei riguardi dello Statuto dei lavoratori e delle condizioni dei lavoratori nasce nel momento in cui Marchionne a Pomigliano ha fatto un vero e proprio diktat, di quelli o prendere o lasciare.
Credo che già allora i rappresentanti della Fiom avessero intuito che, cedendo al diktat di Marchionne, in realtà avrebbero aperto le valvole di sicurezza per una moltiplicazione dell’esempio Pomigliano, il che è avvenuto. Vorrei farvi riflettere su una cosa vista nei telegiornali. I lavoratori di Pomigliano, intervistati dalla televisione, non rispondono all’intervistatore perché   hanno paura di essere licenziati se parlano.
Un clima così, io che ho 85 anni, l’ho vissuto nei miei primi diciotto anni, sotto il fascismo.
Voglio dire, Marchionne dà un cospicuo contributo a quello che è il mutamento della democrazia italiana in una dittatura strisciante.
Che cosa vorremmo in questa manifestazione? Che fossero presenti “tutti coloro che”. Chi sono “tutti coloro che”?
Certo che c’è la società civile, c’è il Popolo viola che ha già manifestato per i fatti suoi, ma vorrei che ci fosse la gente che sento parlare al mercato, la gente che sento parlare in autobus, quelli che non ne possono più e che pure esitano a scendere in piazza.
Ora, una volta che non possono più eleggere i loro deputati con questa legge elettorale, che vengano a dire come la pensano almeno in piazza. Altrimenti tutto questo dà maggiore sicurezza al governo.
Oggi, chi non osa minimamente manifestare il proprio pensiero assieme agli altri, in realtà finisce per dare una mano a questo governo. Quindi non è che posso fare un appello a singole categorie di persone. Posso fare un appello a tutti gli italiani di buona volontà, perché ce ne sono tanti: che si sveglino, che scendano in piazza con noi.
Andrea Camilleri
 
 

La Sicilia, 9.10.2010
L’intervista
Dipasquale «Il mio Stabile senza peccati»
”Ben vengano le ispezioni”

Prove tecniche di un copione già visto. Un attacco al direttore artistico, un siluro politico contro il Teatro Stabile di Catania: qualcosa del genere, molto ma molto simile, era successa tre anni fa, quando scoppiò il "caso" che portò al dimissionamento, chiamiamolo così, del direttore artistico Orazio Torrisi e del presidente Pippo Baudo. L'attuale bordata è di qualche giorno fa, un'interpellanza presentata all'Ars da dieci deputati regionali Pdl; una serie di "ombre" sull'operato dell'attuale direttore artistico Giuseppe Dipasquale con annessa richiesta di lumi sulla gestione economica e l'annuncio di un'ispezione.
[…]
Nell'interpellanza si chiede se le scelte artistiche della produzione e del decentramento nazionale degli spettacoli "il Birraio di Preston", "La concessione del telefono" e "Troppu trafficu ppi nenti" abbiano «arrecato arricchimento personale al direttore Dipasquale».
(ride). «Il Teatro Stabile di Catania ha portato in giro 'La concessione del telefono', che mi fu commissionato da Baudo e Torrisi e che è andato in scena per il mio rapporto personale con Camilleri, il quale ha concesso l'esclusiva gratuita al Teatro Stabile di Catania proprio in virtù di questo rapporto personale. E' andato in scena in tutti i teatri d'Italia, con una tournèe lunghissima, registrando un numero di spettatori che secondo l'Agis è risultato all'ottavo posto su circa 400 spettacoli. L'Italia ha sentito visto, fruito e apprezzato non solo quello spettacolo ma anche 'Il birraio' e 'Pipino', altro spettacolo storico ripreso come edizione del cinquantenario. Le tournée sono la concreta risposta al buon nome e alla solidità di un teatro che ha cinquant'anni di storia e di successi».
Sì ma non ha risposto.
«La risposta è no, certo che no».
[…]
Michele Nania
 
 

Digital-Sat, 10.10.2010
Oggi su Sky

Cinema
[…]
Il gioco - Prima tv
Di A.Giannini
Esordio alla regia per Adriano Giannini in un cortometraggio tratto da un racconto di Andrea Camilleri. Sicilia, estate 1943: su una spiaggia sette ragazzini sono impegnati in un gioco magico e misterioso fatto di lunghe attese. Solo uno di loro sembra conoscere la soluzione...
(Sky Cinema Italia HD ORE 21,00)
[…]
 
 

La Repubblica (ed. di Napoli), 11.10.2010
Petizione online per salvare il Madre oltre 200 adesioni per salvare il museo
Hanno accolto l'appello artisti italiani e internazionali come Jeff Koons e Damien Hirst, scrittori come Rushdie, Baricco e Camilleri. Tra i registi Benigni, Bertolucci e Martone.  Musicisti di fama mondiale come Lou Reed, Brian Eno e Lucio Dalla

Gli artisti scendono in campo per salvare il museo Madre. E lo fanno attraverso una petizione online. Siamo "seriamente preoccupati per le sorti del Madre, da mesi costretto a preoccuparsi più di bollette, fatture, stipendi non pagati e tagli dei fondi regionali che di mostre e attività culturali" scrivono i promotori.
[...]
"Tutti conoscendo personalmente e bene il Madre e le sue attività - si legge in una nota del - hanno scelto di dare il proprio sostegno alla causa di un museo, che ha sempre lavorato in maniera indipendente e autonoma, preso a esempio in Italia e all'estero come spazio aperto alle contaminazioni, dedito allo sviluppo di una pratica culturale multiforme e plurale, che può e vuole confrontarsi con persone di tutte le età, culture e condizioni sociali"
 
 

MilanoWeb.com, 11.10.2010
Andrea Camilleri - L’intermittenza (Mondadori)

Ha scritto ben 4 romanzi negli ultimi 6 mesi, Andrea Camilleri, ma l’ultimo non vede come protagonista l’ormai celeberrimo Commissario Montalbano.
"L’intermittenza", pubblicato a Settembre, è un affascinante romanzo sull’Italia di oggi ed ha come personaggio principale la crisi che sta attanagliando l’economia e la società. Una crisi sempre più sfruttata dai "potenti" per nascondere i propri illeciti e che lascia sempre più digiune le classi meno abbienti.
Un intreccio di scaltri uomini d’affari e inutili ereditieri, di deboli che soccombono e potenti che vanno sempre più su, di donne usate e maltrattate, o forse sarebbe meglio dire di donne che si lasciano usare e maltrattare come semplice oggetto di perversione e donne che sanno ammaliare gli uomini per i loro interessi. Ma anche di lavoratori che perdono il lavoro, la dignità e la speranza di un futuro migliore per i loro figli.
Il romanzo narra infatti le vicende dell’alta dirigenza dell’Azienda Manuelli: il presidente, che "da quando ha scoperto la carne fresca ne va ghiotto” e si intrattiene cioè con giovanissime donne forse anche minorenni; suo figlio, il vice-presidente, un incapace a cui il padre ha assicurato una posizione, uno stipendio ed una segretaria che lo assecondi in tutto; ma soprattutto il direttore generale Mauro De Blasi, astuto uomo d’affari con una bella moglie che non lo ama e che non è nemmeno più disposta a sopportare le sue fantasie sessuali ed il suo vice Guido Marsili, eterno secondo che si consola con la poesia.
Mentre questo staff è impegnato nell’acquisto dell’industria Artenia di proprietà dei Birolli e nel concordare con l’onorevole Pennacchi, sottosegretario allo Sviluppo economico, la chiusura dello stabilimento di Nola anziché quello di Segrate o di qualche altra città del Nord, gli operai hanno paura di perdere il lavoro e cominciano una protesta serrata ma destinata a fallire, perché i deboli finiscono sempre per soccombere di fronte ai potenti.
 
 

Il Messaggero, 11.10.2010
O'Connell: In "The almost corner bookshop" anche Dante e Camilleri tradotti in inglese

Piccola e calda, come una della botteghe sopravvissute in Trastevere, la libreria “The Almost Corner Bookshop”, in via del Moro, 45, vende solo libri in lingua inglese. Fondata nel 1991, è stata rilevata 8 anni fa da Dermot O’Connell. [...] Quasi sempre aperti, anche ad agosto – come conferma la “collega” scozzese Anita Ross, memoria storica della libreria – propongono oltre gentilezza e simpatia, novità, narrativa italiana tradotta in inglese, da Dante a Camilleri. [...]
Claudia Rocco
 
 

TeatroNaturale.it, 12.10.2010
All'Osteria dell'Unione gli amatori del vino schietto e generoso e l'oste Gigi
Un memorabile ritratto di tal Fringuello, soprannome di un ometto di mezza statura dall'occhio malizioso e dai modi grottescamente civili, tratto dalla vitale e briosa penna di Carlo Lorenzini detto Collodi

(...)
L'Osteria dell'Unione era allora in grandissimo credito: e in particolar modo, presso tutti gli amatori del vino schietto e generoso (come stava scritto a caratteri rossi sopra l'impannata della Taverna).
L'oste si chiamava Gigi di nome, e di soprannome Fringuello.
Immaginatevi un ometto, di statura mezzana, dall'occhio accorto e malizioso, e dai modi grottescamente civili.
Parlava volentieri di musica e di teatri. Conosceva tutte le celebrità cantanti dell'epoca, e aveva l'abitudine di canterellare (stuonando sempre) i motivi più popolari dell'opere in voga.
Bazzicava volentieri le persone che esso riteneva per istruite: e andava a nozze, ogni qualvolta, chiamato o non chiamato, poteva metter bocca in qualche discussione o artistica o letteraria.
La sua passione prediletta era la politica; si occupava di gabinetti, di parlamenti, di note diplomatiche, di notizie ufficiali. Era un bullettino ambulante.
(...)
Collodi

Testo tratto da: Collodi, Un romanzo in vapore. Da Firenze a Livorno. Prefazione di Michèle Merger. I misteri di Firenze. Prefazione di Andrea Camilleri; edizione nazionale delle Opere di Carlo Lorenzini, Giunti, Fondazione Nazionale Carlo Collodi, 2010
L'opera costituisce il primo volume dell'edizione nazionale delle Opere di Carlo Lorenzini, detto Collodi, cui sta egregiamente lavorando una commissione scientifica presieduta da Daniela Marcheschi.
T N
 
 

ANSA, 12.10.2010
Mortelliti: "Il cinema snobba Camilleri"

Il cinema "snobba Camilleri. In un altro Paese uno scrittore da milioni di copie sarebbe corteggiatissimo dai produttori, invece da noi tanti lo considerano un personaggio televisivo. Quando proponevo il progetto mi hanno chiesto in molti di trarne un film tv in due puntate invece di un film. Invece i suoi romanzi, soprattutto quelli storici, hanno elementi perfetti per il grande schermo". Lo dice Rocco Mortelliti, regista di La scomparsa di Patò il primo film tratto da un romanzo dello scrittore siciliano, che verrà presentato fuori concorso come evento speciale alla quinta edizione del Festival di Roma (28 ottobre-5 novembre). Lo scrittore (coautore della sceneggiatura con il cineasta e Maurizio Nichetti) sarà anche protagonista di un incontro con il pubblico. La pellicola, tratta dal romanzo uscito nel 2000, è stata girata nella provincia di Agrigento, da dove viene lo scrittore. Vigata ha come ambientazione principalmente Naro, con qualche scena anche a Porto Empedocle (città natale di Camilleri) e a Canicattì. Fra i protagonisti ci sono Nino Frassica, Maurizio Casagrande e Neri Marcoré. La storia parte il Venerdì Santo del 1890 a Vigata. Nella piazza del paese va in scena la Passione di Cristo. Antonio Patò (Marcoré), irreprensibile direttore della banca di Trinacria, interpreta Giuda. Al momento dell'impiccagione Patò-Giuda cade in una apposita botola, ma alla fine dello spettacolo scompare, insieme ai suoi vestiti. Il delegato di pubblica Sicurezza Ernesto Bellavia (Casagrande) e il maresciallo Paolo Giummaro (Frassica) dei Reali Carabinieri, iniziano ad indagare, non senza contrasti...
"Per me Andrea è un punto di riferimento - dice Mortelliti, che è anche genero dello scrittore -: gli ho chiesto molti consigli e alla fine quando ha visto La Scomparsa di Patò mi ha detto che si sente pienamente rappresentato dal film". Per il regista il romanzo da cui la storia è tratta "é il più pirandelliano di Camilleri. La vicenda è ambientata nel 1890, ma gli spettatori avranno l'impressione che non sia cambiato nulla. Ci sono l'ipocrisia, la necessità di sostituire la verità con spiegazionì più comode che ritroviamo spesso nel nostro Paese". Per il film, prodotto da 13 Dicembre in associazione con Emme Cinematografica, S.Ti.C. e in collaborazione con Rai Cinema, il cineasta ha scelto i due protagonisti "attraverso normali provini. Frassica rappresenta il mondo contadino di quell'epoca. Mentre il poliziotto interpretato da Casagrande ho voluto fosse napoletano, 'del nord' rispetto a quelle zone. In lui c'e lo stesso stupore del pubblico, nel guardare il mondo siciliano". Mortelliti, utilizzando attori siciliani professionisti e filodrammatici, ha lavorato moltissimo "sul linguaggio camilleriano. Ho dato un volto a questa famosa Vigata girando nei luoghi di Andrea, in provincia di Agrigento, anche se abbiamo ricostruito quasi tutto. Secondo Andrea bisogna tradire l'autore... diciamo che io non ci sono riuscito". Mortelliti sta già pensando a un nuovo film tratto da Camilleri: "Mi piacerebbe girare l'adattamento di Il casellante, della Trilogia della metamorfosi, in una versione un po' più dark".
Francesca Pierleoni
 
 

La Repubblica, 14.10.2010
Il Caffè Letterario
Da Omero al Novecento i maestri visti dai grandi autori

Omero raccontato da Pietro Citati. Dante da Massimo Cacciari. Boccaccio da Dario Fo. E tanti altri, dalle grandi narrazioni epiche fino alle magiche invenzioni di Márquez. La letteratura torna alla sua vocazione originaria: il racconto affidato alla voce. Come era nella Grecia antica. E come è stato poi nei Caffè letterari del passato, dove gli scrittori si scambiavano idee sui romanzi e sulla poesia. Così La Repubblica e L'espresso lanciano, dopo il successo del Caffè filosofico e di Beautiful Minds, una nuova iniziativa. Da domani arriva in edicola Il Caffè letterario, una serie di 25 dvd in cui scrittori e intellettuali parlano degli autori che più amano, facendoci entrare nelle segrete stanze delle loro creazioni letterarie. E per facilitare questo viaggio multimediale ciascun dvd ha un libretto di approfondimento e una traccia mp3 con l'audio delle lezioni. Si parte domani con Omero (un euro in più sul costo dei giornali, mentre le successive uscite saranno a 7 euro) raccontato da Pietro Citati.
[...]
E le atmosfere noir di Simenon non potevano che rinascere per bocca di Camilleri.
[...].
Raffaella De Santis
 
 

ASCA, 14.10.2010
TV: Carlo Degli Esposti produce anche il prequel di Montalbano

Roma - Se gli Usa hanno avuto il loro ''Young Sherlock Holmes'' diretto da Barry Levinson, l'Italia avra' ''Il giovane Montalbano'' diretto da Gianluca Maria Tavarelli, saranno sei puntate per Raiuno che ci racconteranno Montalbano da giovane, un prequel attesissimo e gia' in fase di casting.
 
 

Fiction Italia News, 14.10.2010
Il giovane Montalbano: Michele Riondino protagonista della serie di Gianluca Maria Tavarelli

Trentun anni, pugliese, richiestissimo dal cinema italiano. Romantico e innamorato in "Dieci inverni", bello e maledetto ne "Il passato è una terra straniera", boss mafioso in "Marpiccolo". In Sicilia ha da poco finito di girare la serie "Il segreto dell'acqua". E in Sicilia tornerà molto presto: Michele Riondino sarà il protagonista de "Il giovane Montalbano". Lo rivela l'agenzia Asca.
La serie - sei puntate prodotte dalla Palomar di Carlo Degli Esposti - racconterà le indagini di Montalbano da giovane. Sarà diretta Gianluca Maria Tavarelli, regista di "Paolo Borsellino" e "Le cose che restano".
 
 

14.10.2010
Il giovane (e il vecchio) Montalbano

Saranno effettuati a breve i sopralluoghi per la scelta delle location della nuova serie tv. Le riprese fra fine anno e l'anno nuovo. Gli episodi saranno tratti dai racconti già editi nelle varie antologie mondadoriane, come sempre adattati in collaborazione con Andrea Camilleri.
I nuovi episodi del "vecchio" Montalbano sono in fase di montaggio, e saranno trasmessi non prima di febbraio-marzo.
 
 

Adnkronos, 14.10.2010
Premi: a Elisabetta Rasy l'Elsa Morante 2010 per la saggistica

Roma - Assegnato il premio Elisabetta Morante per la saggistica 2010. Ad essere premiata e' Elisabetta Rasy con la sua ultima opera 'Memorie di una lettrice notturna' (Rizzoli). Il riconoscimento sara' consegnato alla scrittrice romana, giovedi' 28 ottobre alle ore 20,30, presso il Teatro Parioli di Roma.
[...]
Alla cerimonia di premiazione del Morante 2010 prenderanno parte i vincitori delle altre sezioni del Premio letterario che saranno annunciati nei prossimi giorni dalla giuria presieduta da Dacia Maraini e composta, tra gli altri, da Andrea Camilleri, Enzo Colimoro e Maurizio Costanzo.
 
 

Il Tirreno, 15.10.2010
Camilleri al Goldoni per raccontare Garibaldi
Sarà il grande scrittore siciliano a concludere, nella serata di lunedì 25 al Teatro Goldoni, l'Anno Garibaldino

Livorno. Andrea Camilleri e Garibaldi. Sarà il grande scrittore siciliano a concludere, nella serata di lunedì 25 al Teatro Goldoni, l'Anno Garibaldino. E lo farà da par suo con uno spettacolo inedito scritto e forse addirittura interpretato dallo stesso padre del commissario Montalbano.
Camilleri darà infatti vita a una chiacchierata con Giuseppe Bandi, garibaldino, fondatore del Tirreno-Telegrafo autore della più bella storia in presa diretta dell'impresa dei Mille: "Memorie di un garibaldino" e con lo scrittore maremmano Luciano Bianciardi autore de "La Vita Agra". Sul palcoscenico del teatro Goldoni, con Camilleri ci saranno Roberto Scarpa e Alessandro Benvenuti che interpreteranno appunto Bandi e Bianciardi in una sorta di immaginaria tavola rotonda dedicata all'impresa dei garibaldini e alla città che fornì un numero rilevante di soldati al Generale. La serata, frutto della collaborazione che lo scrittore ha avuto anche con l'università di Pisa, anticipa le iniziative per il 150° anniversario dell'Unità d'Italia e si lega alla mostra sull'Eroe dei Due Mondi che sta avendo grande successo anche lontano da Livorno.
Camilleri sarà infine in Goldonetta alle 17 per incontrare il suo pubblico e anticipare lo spettacolo della serata soffermandosi sulla figura di Giuseppe Bandi, che dopo aver partecipato a 26 anni ai moti di Livorno finendo in carcere, fece parte dei Mille diventando il cronista dell'impresa e uno dei luogotenenti di Garibaldi. L'"Operazione Camilleri" nel suo complesso è stata presentata questa mattina dall'assessore alla cultura Mario Tredici, dal presidente della Fondazione Marco Bertinie dal professor Alfonso Maurizio Iacono, preside della Facoltà di Lettere e Fisolofia dell'università di Pisa.
Con l'Università infatti è stata stipulata una convenzione che ha lo scopo di approfondire la collaborazione con il Comune nell'organizzazione di iniziative che uniscano la celebrazione di fatti storici alla cultura moderna. "Unire il lontano ieri con il preoccupante oggi" dice Mario Tredici è questo lo scopo di questa iniziativa e di questa collaborazione. Questo primo risultato, lo spettacolo e le conferenze sono per noi un grandissimo risultato". In particolare l'assessore ha voluto sottolineare la scelta di privilegiare il pubblico giovane riservando agli studenti biglietti a un prezzo simbolico di tre euro".
Per il professor Iacono, amico da lunga data di Camilleri, questo spettacolo rappresenta una bella soddisfazione personale. "Anche perchè in un periodo come questo in cui la cultura plebea schiaccia quella popolare un lavoro così, frutto di generosità e di entusiasmo, rappresenta un gesto controtendenza. Gesti di cui Camilleri è l'alfiere".
 
 

Nove da Firenze, 15.10.2010
Opera inedita sul Risorgimento scritta da Camilleri per Livorno

Dopo l’inaugurazione della mostra su Garibaldi, che sta suscitando interesse a livello nazionale, il Comune di Livorno si appresta a chiudere “in bellezza” l’Anno Garibaldino 2010 con uno spettacolo inedito scritto per Livorno da un grande scrittore/regista: Andrea Camilleri, l’autore, fra l’altro, dei romanzi sul Commissario Montalbano.
Lo spettacolo si intitola “Tavola rotonda immaginaria con Luciano Bianciardi e Giuseppe Bandi” e andrà in scena il 25 ottobre prossimo (ore 21), al Teatro Goldoni. Sul palco lo stesso Camilleri, oltre agli attori Roberto Scarpa (Bianciardi) e Alessandro Benvenuti (Scarpa).
L’importante iniziativa è stata presentata al Palazzo Municipale di Livorno dall'assessore alle Culture Mario Tredici, insieme al preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Pisa Alfonso Maurizio Iacono e al presidente del C.d.A della Fondazione Goldoni, Marco Bertini.
Presente Annalisa Gariglio, stretta collaboratrice di Andrea Camilleri, che ha portato il saluto dello scrittore.
Protagonisti di questa tavola rotonda immaginaria saranno due personaggi vissuti in periodi distanti fra loro, appartenenti a secoli diversi ma uniti nel nome di Garibaldi.
Da una parte lo scrittore e giornalista Giuseppe Bandi (Gavorrano, 17 luglio 1834 – Livorno, 1º luglio 1894), noto a Livorno per aver fondato nel 1877 il quotidiano "Il Telegrafo" (oggi Il Tirreno) ma anche luogotenente di Giuseppe Garibaldi. Garibaldino convinto prese parte alla spedizione dei Mille e fu ferito a Calatafimi.
Dall’altro lato Luciano Bianciardi (Grosseto, 14 dicembre 1922 – Milano, 14 novembre 1971) scrittore, saggista e giornalista. Educato fin da piccolo all’amore per Garibaldi, all’età di 8 anni ricevette in dono dal padre proprio il libro del Bandi, "I Mille", storia della spedizione siciliana raccontata dalla viva voce di un garibaldino. La lettura del testo fu determinante per il suo interesse verso il Risorgimento. Sul filone della passione garibaldina anche Bianciardi scrisse un romanzo storico di ambientazione risorgimentale: “Da Quarto a Torino. Breve storia della spedizione dei Mille” (Feltrinelli) visto con gli occhi di un uomo del novecento.
La “Tavola rotonda immaginaria” sarà quindi un faccia a faccia fra due scrittori: un garibaldino “vero” (Giuseppe Bandi ) che fu tra i Mille della spedizione e un “neo garibaldino” (Bianciardi) mosso dalla stessa passione per quei valori risorgimentali di libertà e giustizia.
A coordinarli sul palco lo scrittore: Andrea Camilleri.
Lo spettacolo sarà preceduto da una lettura di testi di Bandi e Bianciardi a cura di Roberto Scarpa.
Alle ore 17, alla Goldonetta (teatro Goldoni), è previsto un incontro pubblico con Andrea Camilleri: “Il Teatro: un ombrello di Noè” in cui l’autore parlerà della sua passione per il palcoscenico. Introduce Alfonso Maurizio Iacono, preside della Facoltà di Lettere e Filosofia di Pisa.
La giornata del 25 ottobre chiuderà le celebrazioni che il Comune di Livorno ha messo in campo nel corso dell’anno per ricordare il 150° anniversario della Spedizione dei Mille (Anno Garibaldino), ma di fatto apre un nuovo ciclo, quello  delle celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia che il Comune realizzerà, sulla base di una convenzione con la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa, presieduta da Alfonso Maurizio Iacono.
Tra gli appuntamenti imminenti (le date saranno annunciate quanto prima) è previsto un incontro con il Senatore Mauro Ceruti, professore di Filosofia della scienza, sul tema “La sfida dell’educazione ieri e oggi” (tra novembre e dicembre). Quindi una conferenza del professor Gianluca Bocchi sul tema “La scienza e la ricerca ieri e oggi” (a febbraio 2011). Concluderà il ciclo il professor Alfonso Maurizio Iacono sul tema “Nord e sud”, seguito dalla riduzione teatrale a cura di Roberto Scarpa del “Birraio di Preston” di Andrea Camilleri (in data da destinarsi tra febbraio e marzo 2011).
Costo del biglietto: 7 euro; 3 euro per gli studenti delle scuole superiori.
 
 

Messaggero Veneto, 15.10.2010
Finanza, industria, esuberi: e Camilleri morde la realtà con uno scaltro thriller
L’intermittenza di Andrea Camilleri Mondadori, 171 pagine – 18,00 euro

L’intermittenza – questo il titolo del nuovo (e naturalmente all’attenzione dei lettori) romanzo di Andrea Camilleri – è quella del cuore quando ci si lascia andare e ci si sospende dal sicuro della quotidianità per il fuggevole attimo di una passione. Intermittenza è però anche quella del cuore, nella sua fisicità di organo vitale, quando non regge il ritmo della vita, quando si ferma, prima per brevi silenziosissimi momenti di perdita di sé (piccole ischemie in gergo medico) e poi nella calma assoluta del silenzio eterno. Tra queste due accezioni di intermittenza si gioca lo scaltrissimo romanzo di Camilleri: quelle sentimentali delle tre figure femminili travolte da irrefrenabile attrazione per maschi pronti a insinuarsi spudoratamente nella loro vita e a usarla per scopi di becero carrierismo e vil denaro, e quelle cardiocircolatorie che in momenti cruciali affliggono il protagonista, manager rampantissimo e senza scrupoli, più furbetto delle tante cricche nostrane che raffinato yuppy di reaganiana memoria, alle prese con drastici licenziamenti e non limpide acquisizioni di aziende allo sbando. Dal loro incontro-scontro scaturisce una trama ricca di situazioni che sembrano sempre sul punto di precipitare e che danno alla narrazione l’andamento di un thriller («finanziario» lo definisce il risvolto di copertina), ma prodiga anche di teatrali colpi di scena, fino a quello finale, che non sveleremo, ma che getta una luce inquietante di dramma autentico su tutto il romanzo. E se fin lì il lettore si è appassionato soprattutto all’incalzare, quasi cinematografico, degli avvenimenti e della loro risoluzione, quello che si impone alla fine è il ritratto di un mondo, che tocca tutti da molto vicino, come quello spregiudicato e amorale della grande finanza e della grande industria di questi tempi che non esita a giocare con il destino di migliaia di persone, lavoratori e risparmiatori, pur di inseguire il proprio particulare. Cui sacrifica anche i sentimenti più intimi, le relazioni umane più delicate e personali. Un mondo di agghiacciante insensibilità e ferocia, tanto volgare e ipocrita quanto crudele e cinico. I personaggi che animano questo squallido teatrino di Camilleri sono il ritratto più fedele di questo universo, all’apparenza tutto lustrori e successo, in realtà mortifero covo di vipere. Scritto con la maestria di sempre (semplicemente lo si divora!), L’intermittenza forse non sarà il capolavoro dello scrittore siciliano, ma presenta comunque una sua urgenza e una sua necessità: che non son quelle del libello d’occasione, ma di un romanzo che vuole mordere la realtà senza infingimenti e moralismi.
Mario Brandolin
 
 

Sul romanzo, 15.10.2010
“Acqua in bocca” di Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli

E va bene, lo ammetto! Non ho mai letto un libro di Camilleri.
La cosa che mi ha sempre fermato nell'acquistare un libro di una persona che stimo umanamente per le iniziative a cui partecipa e per le dichiarazioni che rilascia (soprattutto per quanto riguarda la vicinanza con Don Ciotti e Libera), era quella specie di “gramelot” siciliano, quella commistione tra dialetto e italiano che Camilleri usa nelle vicende del commissario Montalbano.
Lucarelli invece è sempre stato uno dei miei scrittori e personaggi televisivi preferiti; ho letto e visto molti prodotti in cui era protagonista o autore.
L'idea di avvicinarmi quindi di soppiatto, di prendere il commissario Montalbano in piccole dosi alternato con un personaggio che conoscevo, mi rassicurava. Ci si aspetta, dunque, un prodotto di alta qualità mettendo insieme due autori capaci e consolidati.
Ma...
Ci sono delle pecche in questo prodotto apparentemente infallibile.
La prima cosa che risulta evidente è la lunghezza del libro: possono due autori di gialli esprimersi in coppia (quindi con lo spazio dedicato suddiviso a metà) in 100 pagine? La risposta è sì, si può fare. Ma non in questo caso.
Il libro è organizzato come una raccolta di lettere, documenti, foto, dossier e messaggi nascosti che riguardano un caso che l'Ispettore Grazia Negri si è ritrovata a voler risolvere nonostante le pressioni dei suoi capi che la intimano di fermarsi. Chiede allora l'aiuto di Salvatore Montalbano e comincia così una collaborazione epistolare e di scambio reciproco di dati.
All'inizio l'idea è intrigante e divertente. Ben presto avanzando con la lettura ci si rende conto che alla velocità con cui si svolge la vicenda non si può avere una completezza della storia che soddisfi pienamente un qualsiasi lettore di gialli che si rispetti.
Se vogliamo usare un termine forte direi che è una “marchetta” di due personaggi consolidati il cui scopo è sostanzialmente marketing di basso livello.
Non travisate le mie parole, però. Non che sia scritto male, diciamo che è scritto e basta.
Paradossalmente la minimum fax ha creato qualcosa di qualità intorno a questo romanzo più che fra le sue pagine. Difatti se vi è capitato di scorrazzare per il web cercando informazioni su questo libro sarete senz'altro incappati in alcuni video in cui i due autori s’incontrano e dibattono sul tema della letteratura gialla e noir. Filmati molto interessanti che vi suggerisco qui e qui.
Rileggendo il libro dopo aver visto questi due contenuti, in qualche modo si rivaluta il lavoro, come se “ACQUA IN BOCCA” fosse semplicemente il capitolo finale di un libro molto più ampio.
Un libro che comprenderebbe virtualmente tutta l'esperienza di due scrittori molto capaci nel loro genere (e non solo) e tutti i loro libri.
A questo punto è chiaro che cento pagine non sono sufficienti per un lavoro di questo tipo, ma allo stesso tempo non possono essere di più.
È la vecchia battuta per il quale uno è poco e due sono troppi.
In conclusione, nonostante tutto, il parere su questo libro rimane tutto sommato neutrale (personalmente avrei visto meglio questo tipo di iniziativa a livello televisivo, in una puntata speciale del commissario Montalbano), non mi ha entusiasmato e neanche depresso. Non mi viene in mente nessuna figura migliore per descrivere questo libro come un antipasto, uno di quelli che ti serve per aprire lo stomaco verso le portate principali.
Il romanzo è un succulento stuzzichino che ti spalanca le porte a due autori che sicuramente vanno scoperti e amati dagli appassionati del settore.
Jacopo Mariani
 
 

Eco di Sicilia, 15.10.2010
Palermo: presentata la stagione di Amici della Musica

È con una citazione di Leibniz che il direttore artistico degli Amici della Musica ha aperto oggi la presentazione della 79a Stagione Concertstica dell'Associzione Siciliana: “Bisogna auspicare al "migliore dei mondi possibili", confrontandoci con i tempi che corrono. Tempi in cui sono stati tagliati ben 1.299.000 euro alle associazione concertistiche Siciliane, dunque in cui ne rimangono, a fronte di uno stanziamento attuale, solo 831 mila per per tutte le realtà musicali in Sicilia”. Ma nonostante tutto, Gli Amici della Musica di Palermo non temono di presentare una Stagione dalla “bellezza un po’ austera”.
[…]
In evidenza anche l'apertura ai giovanissimi: istituita, infatti, una vera e propria rassegna per bambini, "Bimbi a Teatro" (tra gli altri, una novità come Magaria, testo di Andrea Camilleri su musiche di Marco Betta che vedrà la regia di Alfio Scuderi).
[…]
 
 

La Sicilia, 16.10.2010
Porto Empedocle. Storica traduzione in ideogrammi del romanzo di Camilleri
«Il ladro di merendine» cinese

Porto Empedocle. Ad Andrea Camilleri piace l'arancina, la palla di riso fritta ripiena di carne o mozzarella e prosciutto. E Andrea Camilleri, con un gioco di parole, è molto amato anche in Cina, dove a dispetto della notevole differenza di caratteri delle rispettive lingue, hanno deciso di tradurre uno dei romanzi che han fatto di Camilleri un fenomeno letterario planetario.
Verrà infatti integralmente tradotto in ideogrammi il celeberrimo «Il ladro di merendine» edito nel 1996, che di fatto impose il nome dello scrittore e autore teatrale empedoclino al cospetto dell'attenzione mondiale. Il fenomeno camilleriano dunque continua a valicare ogni confine globale, valicando anche la spesso ardua Muraglia cinese, andando ad occupare gli scaffali delle librerie di milioni e milioni di orientali.
Altro che arancine, per Andrea da Porto Empedocle si profila un notevole business da questo nuovo prestigioso traguardo commerciale che sta superando. Lo scrittore empedoclino - che quest'anno a Porto Empedocle non s'è visto neanche per una passeggiata di pochi minuti in via Roma - resta comunque l'uomo immagine della cittadina marinara nel mondo.
Il prossimo marzo, ad esempio, nell'auditorium di Roma si terrà un importante convegno internazionale su cultura e dintorni.
In quella sede, qualificata da prestigiosi patrocini e collegamenti con ambienti «in» del mondo, lo stesso Camilleri, con l'apporto del sindaco empedoclino Calogero Firetto, illustreranno a una platea così qualificata quanto fatto e quanto sarà fatto dalla neonata Fondazione che porta proprio il nome e cognome di Camilleri.
Una grande vetrina internazionale per una realtà che sulla cultura e la sua valorizzazione sta puntando molto in vista del complessivo rilancio della propria dimensione.
Anche se dunque «u zu Andrea» non si vede alla marina da tempo, il suo paese rimane sempre nel suo cuore.
F.D.M.
 
 

Il Tirreno, 16.10.2010
Camilleri incontra Garibaldi e racconta l'epopea dei Mille

Livorno. Uscire dalle pagine dei libri di storia e di scuola, e ritrovarsi attorno a un tavolo e su un palcoscenico, sfidando le leggi dello spazio e del tempo. Capiterà nello spettacolo “Tavola rotonda immaginaria” allo scrittore e giornalista Giuseppe Bandi, fondatore del quotidiano “Il Telegrafo” (diventato poi “Il Tirreno”) ma anche luogotente di Garibaldi e allo scrittore Luciano Bianciardi, vissuto quasi un secolo dopo ma delle imprese garibaldine appassionato studioso, portati ai giorni nostri, per discutere e magari accalorarsi, scambiandosi ricordi o solo idee sull’eroe dei due Mondi.
A dar loro volti e voci gli attori Roberto Scarpa e Alessandro Benvenuti. A far la magia un geniaccio come lo scrittore Andrea Camilleri e un mito come Giuseppe Garibaldi a far da filo conduttore dell’impresa visto che l’operazione va a concludere, il 25 ottobre al Teatro Goldoni, il cartellone delle iniziative legate all’anniversario della spedizione dei Mille organizzate, anche con una mostra di cimeli e documenti a Villa Mimbelli, dal Comune di Livorno per l’Anno Garibaldino.
Un’operazione nella quale, sollecitato dall’amico Alfonso Maurizio Iacono, preside della facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Pisa, Camilleri si è buttato a capofitto, con entusiasmo. Innamorato dell’idea di riportare in vita ancora una volta, dopo l’intervista immaginaria a Galilei, un pezzetto di passato. E poi innamorato della Toscana e di Livorno.
E di Toscana ce n’è molta nell’epopea garibaldina e in questa avventura storica e teatrale. A partire dal ruolo di Bandi, di origini grossetane (e grossetano era anche Bianciardi) che, anni dopo aver partecipato alla spedizione, fondò a Livorno il nostro quotidiano. E non a caso “Il Tirreno”, che ha appena ripubblicato il libro di memorie del suo fondatore, sarà partner in questo progetto firmato Camilleri, con un concorso che a partire da martedì coinvolgerà i nostri lettori di Pisa e Livorno con una serie di domande legate alla storia di Bandi e del periodo garibaldino ma anche alla produzione artistica dello scrittore siciliano autore del testo che andrà in scena al Goldoni. In palio 50 biglietti per lo spettacolo.
“In una fase storica in cui avanza una cultura plebea che rischia di distruggere la cultura popolare, risposte entusiaste e immediate come quelle di Camilleri ci confortano. Sono risposte ricche di stile e mai banali” dice quasi commosso Iacono. E certo non sarà banale vedere due grandi attori, ambedue toscani pure loro, alle prese con un confronto impossibile. Da una parte il vero garibaldino Bandi, vissuto tra il 1834 e il 1894, che come tutti i “vecchi” gioca sulla forza dell’esperienza diretta, dall’altra l’idealista Bianciardi (morto nel’ 71 a 49 anni), neo-garibaldino, appassionato di valori risorgimentali, pronto a battersi per libertà e giustizia.
Tra i due, a far da moderatore, potrebbe esserci lo stesso Camilleri, ma la sua presenza sarà confermata all’ultimo momento. In scena invece ci sarà, stropicciata e commovente, la bandiera degli Sgarallino, unico tricolore ad essere stato premiato come un eroe. E sempre il 25 ottobre, prima dello spettacolo, alla Goldonetta è previsto un incontro sempre con Camilleri - “Il teatro, un ombrello di Noè” - durante il quale lo scrittore parlerà della sua passione, sconosciuta a tanti suoi lettori, per il palcoscenico.
 
 

carotelevip, 16.10.2010
Tecla Dozio a Corpi freddi 2010: l'incontro con Camilleri
Tecla Dozio ospite di Corpi Freddi: Itinerari Noir 2.0 Roma 2010. Un viaggio nelle nuove frontiere della narrativa poliziesca a cura di Enzo "BodyCold" Carcello caporedattore del sito corpifreddi.blogspot.com e Alessandra Buccheri caporedattore del sito angolonero.blogosfere.it/. Video di Akio curatore del blog


 
 

813 - Les amis des littératures policières, n.108
Numéro special
Nos 100 polars préférés

Il numero 108 della rivista francese "813. Les amis des littératures policières" pubblica la scelta dei 100 gialli preferiti dall'associazione.
Nella lista due autori italiani: Andrea Camilleri con "La forma dell'acqua" e Giorgio Scerbanenco con "I ragazzi del massacro".
(Segnalazione di Don Peppone, 16.10.2010)
 
 

Il club degli invisibili, 17.10.2010
L’Orlando Furioso incontra Salvo Montalbano nel nuovo romanzo Il sorriso di Angelica di Andrea Camilleri

Che cosa centra Ludovico Ariosto con Andrea Camilleri? E che cosa centra l’Orlando Furioso con Salvo Montalbano? Tranquilli, il Vostro cronista letterario non è improvvisamente impazzito (semmai si è solo un po’ aggravato) e per tentare di spiegare le similitudini suddette sarà il caso di dare un corso narrativo ai fatti con delle doverose notizie.
La prima è una non notizia, nel senso che non è un fatto ma una semplice probabilità, così probabile da diventare un fatto tra non molti giorni e, a tal proposito, suggeriamo ai compilatori della classifica dei libri più venduti in Italia di cominciare a fare un po’ di spazio tra i primi dieci perché, e qui arriva la vera notizia, il prossimo 21 ottobre uscirà per i tipi di Sellerio un nuovo episodio della serie Salvo Montalbano dal titolo ‘Il sorriso di Angelica’, naturalmente firmato Andrea Camilleri.
La seconda notizia, che lega il nuovo romanzo di Camilleri all’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, è che tutti i momenti topici tracciati nel romanzo si legano sorprendentemente al grande poema dell’Ariosto, a cominciare dal nome di una delle protagoniste, Angelica, che fa perdere la testa al ringalluzzito Montalbano.
Con questo non voglio dire che il Camilleri si è messo a scrivere un Montalbano in endecasillabi, ci mancherebbe altro! Con tutto il rispetto e le scuse preventive all’Ariosto chi si metterebbe a leggere un giallo scritto più o meno così:
«Dirò del Salvo Montalbano in tratto
cosa non detta in prosa mai, né in rima:
che per amor venne in furore e matto,
un commissario assai stimato prima;
se da colei che tal quasi m’ha fatto,
che ‘l poco ingegno ad or ad or mi lima,
me ne sarà però tanto concesso,
che mi basti a finir quanto ho promesso.»

Ma a parte gli irriverenti scherzi, durante l’emozionante e fantasioso racconto del Camilleri, non saranno pochi i riferimenti al poema cavalleresco del 1500 più volte citato in questo articolo. Non ci resta che attendere il 21 ottobre per verificare quanto detto, nel frattempo comincio a prenotare una visita neurologica perché dopo un articolo come questo ho il presentimento di non sentirmi tanto bene …
 
 

Gazzetta del Sud, 17.10.2010
Acqua in bocca
Camilleri e Lucarelli simboli del noir nostrano

È la vittima – originaria di Vigata – di un misterioso omicidio avvenuto in un anonimo appartamento bolognese, a innescare la collaborazione «epistolare» tra i personaggi principali di due autori-simbolo del nostro noir: Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli, insieme per dar vita all'insolita narrazione di «Acqua in bocca», edita con successo da Minimum fax.
Montalbano e Grazia Negro, poliziotti alle prese con due realtà territoriali assai diverse e per certi versi addirittura opposte come il problematico sud e l'opulento centro-nord, si ritrovano «complici» in un'indagine che altri vorrebbero deviare, o falsare, o sopprimere. Ovvero, si ritrovano a dover dipanare le fitte maglie tessute dai servizi segreti, o da una loro parte – come si dice – «deviata». Non è dunque un caso come tutti gli altri, quello raccontato dai due maestri con l'efficacia di una riuscita scrittura «a quattro mani», piuttosto, una assai complicata vicenda di interessi e di vendette incrociate, in cui una misteriosa assassina passa da un delitto all'altro, lasciando volontariamente le tracce delle sue esecuzioni. I pesci rossi accanto o dentro i cadaveri, gli strumenti per provocare asfissia o annegamento, le misteriose sparizioni di piccoli capi d'abbigliamento che in sé celano incredibili nascondigli segreti alla «007».
Contenuti complessi, abilmente costruiti e strutturati, che svelano la comune passione di due scrittori piuttosto distanti come aree geografiche d'appartenenza e come scelta di modalità espressive in àmbito creativo. Così che la «razionalità» dei personaggi di Lucarelli si oppone alla spontaneità di quelli di Camilleri, in una sorta di continuo passaggio del testimone nei ruoli dei protagonisti e dei comprimari. Ci sono così le ansie della Negro, testarda indagatrice di oscuri percorsi del potere, e le «trovate» di Montalbano, che dialoga con l'amica-collega anche attraverso lo stratagemma dei «pizzini» infilati dentro i cannoli siciliani alla ricotta. Ci sono le disavventure di Catarella, inviato in missione speciale a Bologna e recuperato dalla polizia ferroviaria nel suo peregrinare da stazione a stazione alla ricerca del treno giusto. Il risultato di tutto è come sempre apprezzabile e godibile.
Francesco Bonardelli
 
 

Il Fatto Quotidiano, 18.10.2010
L’Italia s’è desta
Sabato ho avuto il privilegio di parlare alla manifestazione della Fiom. Ecco la trascrizione dell’intervento con il video.

Porto il saluto, anzi il ringraziamento, di Andrea Camilleri, Margherita Hack, don Andrea Gallo e delle decine di migliaia di cittadini che attraverso il sito di “MicroMega” e di “Il Fatto quotidiano” hanno firmato il nostro appello intitolato “Fuori Berlusconi, realizziamo la Costituzione!”.
[…]
Paolo Flores d'Arcais
 
 

La Nuova Sardegna, 18.10.2010
Sordido Nord borghese

«Licia lo guarda con una certa ammirazione. “Sei stato veramente diabolico. Nonno mi aveva parlato del vostro accordo, ma questo non me l’aveva detto: una cosa vera fatta passare per falsa! Geniale!” “Che altro ne sai?” le domanda Mauro». Licia, venticinque anni, è una spregiudicata manager nascente. Il nonno è Birolli, vecchia volpe dell’industria italiana, ma troppo stanca, ormai, per guardarsi da giovani lupi come Mauro, direttore generale di una grande azienda fondata da Manuelli, altra vecchia volpe sdentata. I quattro sono un campione rappresentativo dei circa venti personaggi che animano L’intermittenza (Mondadori, 171 pagine, 18 euro), da Camilleri subito presentati in una “dramatis personae” che apre questo suo ultimo romanzo, strutturato, appunto, come una sorta di dramma: le azioni sviluppate attraverso dialoghi secchi e rapidi - e raccordi del narratore che sanno tanto di copione cinematografico - si avvitano, in sostanza, attorno a una trama tipica dello stato attuale delle cose: una crisi da affrontare tramite licenziamento di lavoratori e frode a danno di altri industriali.  Va detto che questo Camilleri esportato al Nord e capace di sfoggiare un incalzante italiano “standard” non mostra lo stato di grazia narrativa che recentemente gli abbiamo visto nel selleriano «La caccia al tesoro». Costumi e vizi dell’alta borghesia industriale - tra sesso sordido, saloni minimalisti e noia altolocata - appaiono ancor più inquinati da una rappresentazione stereotipata. E però, se qualcosa di interessante dovesse rivelarsi in questo libro, mi pare lo si possa scovare dentro il passo stralciato in apertura: già nella «Caccia al tesoro» lo scellerato “antagonista” di Montalbano anelava a «il vero in simil vero tramutare». Da bravo studente di filosofia, dopo aver visto in televisione una bambola gonfiabile martoriata, decide di conciare allo stesso modo un corpo in carne e ossa, senza curarsi di dover seviziare e uccidere una giovane donna. Ora, non è necessario scomodare Aristotele per vedere come il verosimile sia oggi avvilito dall’egemonia del televisivo, che sempre più tende a confonderlo - non mescolarlo, attenzione - al vero. Camilleri, attento a questa come ad altre pieghe del reale, riesce ad allegorizzarla in una trama insostenibilmente nera. Anche nell’«Intermittenza», con risultato letterariamente assai più debole, è percorso questo tema: Mauro firma un accordo truffaldino per salvare l’azienda per sé e fregare gli operai e il vecchio padrone: l’accordo è vero, ma viene fatto passare per falso. Se non è finanza creativa questa!
Alessandro Cadoni
 
 

19.10.2010
News

Andrea Camilleri non sarà presente alla giornata "garibaldina" di Livorno del 25 ottobre, annunciata qualche giorno fa: lo spettacolo si farà, ma senza di lui.

Il 26 novembre, alle 21:00, al Goethe Institut di Roma, Andrea Camilleri presenterà il volume con la traduzione in tedesco del suo saggio Cos'è un italiano?.

Il volume La storia de "Il Naso" sarà pubblicato a dicembre, e non a gennaio come annunciato in precedenza.
Il motivo dell'anticipo sta nel fatto che a gennaio è già prevista l'uscita di un altro libro di Camilleri, La moneta di Akragas (Skira).

Si comincia a parlare di una possibile pubblicazione, con Sellerio, delle Storie di Vigàta.

La prima traduzione in cinese di un romanzo di Andrea Camilleri, Il ladro di merendine, è prevista entro il 2010.

È in preparazione un convegno su Andrea Camilleri, che dovrebbe tenersi all'Auditorium di Roma l'8-9 marzo.
L'impostazione sarà diversa da quella del convegno tenutosi a Palermo nel 2002, in cui intervennero principalmente critici e traduttori. Nell'occasione saranno anche presentate alcune fra le migliori tesi di laurea su Camilleri.
Al convegno si parlerà anche della Fondazione Andrea Camilleri (vedi articolo de La Sicilia del 16.10.2010).
 
 

Intoscana.it, 19.10.2010
Camilleri "scrive" il Risorgimento
A Livorno per i 150 anni d'Italia unita

Dopo l’inaugurazione della mostra su Garibaldi, che sta suscitando interesse a livello nazionale, il Comune di Livorno si appresta a chiudere “in bellezza” l’Anno Garibaldino 2010 con uno spettacolo inedito scritto per Livorno da un grande scrittore/regista: Andrea Camilleri, l’autore, fra l’altro, dei romanzi sul Commissario Montalbano. Lo spettacolo si intitola “Tavola rotonda immaginaria con Luciano Bianciardi e Giuseppe Bandi” e andrà in scena il 25 ottobre prossimo (ore 21.00), al Teatro Goldoni. Sul palco lo stesso Camilleri, oltre agli attori Roberto Scarpa e Alessandro Benvenuti. “Considero questo spettacolo un dono che Camilleri ha fatto alla nostra città”, ha esordito l’assessore alle culture Mario Tredici in apertura della conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa.
“Un premio che ci ripaga dell’impegno che abbiamo profuso per l’Anno Garibaldino ed io ne sono davvero orgoglioso. Camilleri ama la nostra città e pensare un testo esclusivamente per noi a chiusura delle celebrazioni del 150°anniversario della Spedizione dei Mille è stato davvero un regalo inaspettato”.
“Sarà una rappresentazione di stile diverso da quello che imperversa oggigiorno nel nostro paese. Di grande semplicità e dal costo contenuto; anche questo va controcorrente”, ha tenuto a precisare Alfonso Maurizio Iacono, preside della Facoltà di Lettere dell’Università di Pisa che, insieme all’amico Camilleri, ha ideato la piece teatrale. “Sul palco, due soli attori, Camilleri in persona e la bandiera della famiglia Sgarallino, una bandiera che è stata premiata come un vero eroe”. Alla conferenza, oltre alla presenza della stretta collaboratrice di Camilleri, Annalisa Gariglio, ha preso parte anche il Presidente della Fondazione Goldoni Marco Bertini che si è soffermato su Camilleri come uomo di teatro. “Uno straordinario uomo di teatro - ha detto - non solo scrittore e cantore della sicilianità. Il suo spettacolo, e questo ci fa molto onore, aprirà le stagioni del Goldoni”.
Protagonisti di questa Tavola rotonda immaginaria saranno due personaggi vissuti in periodi distanti fra loro, appartenenti a secoli diversi ma uniti nel nome di Garibaldi. Da una parte lo scrittore e giornalista Giuseppe Bandi (Gavorrano, 17 luglio 1834 – Livorno, 1 luglio 1894), noto a Livorno per aver fondato nel 1877 il quotidiano "Il Telegrafo" (oggi Il Tirreno) ma anche luogotenente di Giuseppe Garibaldi. Garibaldino convinto prese parte alla spedizione dei Mille e fu ferito a Calatafimi. Dall’altro lato Luciano Bianciardi (Grosseto, 14 dicembre 1922 – Milano, 14 novembre 1971) scrittore, saggista e giornalista. Educato fin da piccolo all’amore per Garibaldi, all’età di 8 anni ricevette in dono dal padre proprio il libro del Bandi, "I Mille", storia della spedizione siciliana raccontata dalla viva voce di un garibaldino. La lettura del testo fu determinante per il suo interesse verso il Risorgimento. Sul filone della passione garibaldina anche Bianciardi scrisse un romanzo storico di ambientazione risorgimentale: “Da Quarto a Torino. Breve storia della spedizione dei Mille” (Feltrinelli) visto con gli occhi di un uomo del novecento.
La “Tavola rotonda immaginaria” sarà quindi un faccia a faccia fra due scrittori: un garibaldino “vero” (Giuseppe Bandi) che fu tra i Mille della spedizione e un “neo garibaldino” (Bianciardi) mosso dalla stessa passione per quei valori risorgimentali di libertà e giustizia. A coordinarli sul palco lo scrittore: Andrea Camilleri. Lo spettacolo sarà preceduto da una lettura di testi di Bandi e Bianciardi a cura di Roberto Scarpa. Alle ore 17, alla Goldonetta (teatro Goldoni), è previsto un incontro pubblico con Andrea Camilleri: “Il Teatro: un ombrello di Noè” in cui l’autore parlerà della sua passione per il palcoscenico. Introduce Alfonso Maurizio Iacono, preside della Facoltà di Lettere e Filosofia di Pisa.
La giornata del 25 ottobre chiuderà le celebrazioni che il Comune di Livorno ha messo in campo nel corso dell’anno per ricordare il 150° anniversario della Spedizione dei Mille (Anno Garibaldino), ma di fatto apre un nuovo ciclo, quello delle celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia che il Comune realizzerà, sulla base di una convenzione con la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa, presieduta da Alfonso Maurizio Iacono. Tra gli appuntamenti imminenti (le date saranno annunciate quanto prima) è previsto un incontro con il Senatore Mauro Ceruti, professore di Filosofia della scienza, sul tema “La sfida dell’educazione ieri e oggi” (tra novembre e dicembre). Quindi una conferenza del prof. Gianluca Bocchi sul tema “La scienza e la ricerca ieri e oggi” (a febbraio 2011). Concluderà il ciclo il prof. Alfonso Maurizio Iacono sul tema “Nord e sud”, seguito dalla riduzione teatrale a cura di Roberto Scarpa del “Birraio di Preston” di Andrea Camilleri (in data da destinarsi tra febbraio e marzo 2011).
 
 

Il Tirreno, 19.10.2010
In nome di Garibaldi Andrea Camilleri viaggia nella storia

Livorno. Uno dei protagonisti di questa “Tavola rotonda immaginaria” che andrà in scena lunedì prossimo al Goldoni è proprio Giuseppe Bandi, fondatore del nostro giornale che allora si chiamava “Il Telegrafo”. E il Tirreno sarà partner di questa operazione-spettacolo che chiude le celebrazioni dell’anno Garibaldino promosse dal Comune con un concorso dedicato ai nostri lettori. In palio 50 biglietti riservati ai primi che risponderanno alle domande che di giorno in giorno saranno pubblicate con un tagliando.
A scrivere il testo dello spettacolo che metterà a confronto Bandi, che fu un “militante” garibaldino e partecipò alla spedizione, con lo scrittore Luciano Bianciardi, vissuto un secolo dopo eppure grande studioso e appassionato dei valori risorgimentali e della storia dell’eroe dei due mondi, è stato niente meno che Andrea Camilleri, autore amatissimo in Italia e non solo. In scena, a dare voce e corpo ai due “garibaldini” che si confronteranno sul tema a loro più caro, Garibaldi appunto, ci saranno due attori di classe come Alessandro Benvenuti e Roberto Scarpa, mentre lo stesso Camilleri dovrebbe vestire i panni del moderatore.
Sempre il 25 ottobre, prima dello spettacolo, alla Goldonetta è previsto un incontro con Camilleri - “Il teatro, un ombrello di Noè” - durante il quale lo scrittore parlerà della sua passione, sconosciuta a tanti suoi lettori, per il palcoscenico.
Una trasferta questa nella nostra città che ha subito entusiasmato lo scrittore siciliano. Sollecitato dall’amico Alfonso Maurizio Iacono, preside della facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Pisa, Camilleri si è buttato a capofitto nell’avventura. Innamorato dell’idea di riportare in vita ancora una volta, dopo l’intervista immaginaria a Galilei, un pezzetto di passato. E poi innamorato della Toscana e di Livorno.
[…]
 
 

Il Tirreno, 19.10.2010
Piovono novelle per i bimbi

Roccastrada. Sono le “Novelle fatte a mano” di Mariella Groppi e Antonella Sabatini le protagoniste del terzo appuntamento con “Tipi da Biblioteca - Ottobre piovono libri”.  L’iniziativa è promossa dalla Società della salute grossetana in collaborazione con il Comune e l’Istituto comprensivo “Gozzano” di Roccastrada. Oggi alle 15, la Biblioteca comunale di Roccastrada, in piazza Dante Alighieri 11, ospiterà la presentazione del volume, a cura delle due autrici, e la Compagnia instabile dei dintorni che metterà in scena alcune delle storie narrate. L’incontro, che si inserisce nel progetto ministeriale “Ottobre piovono libri” e nella manifestazione del regionale “Tipi da Biblioteca” è dedicato ai bambini tra i 7 e i 10 anni.  “Novelle fatte a mano” è un volume che nasce dalla passione di due insegnati, Mariella Groppi e Antonella Sabatini, per i bambini, la ricerca antropologica e il proprio territorio. E che in questo libro, illustrato da Michele Guidarini, incontrano un grande autore italiano Andrea Camilleri, che ha “donato” alle novelle fatte a mano la storia da titolo “Mariastella e la gallina dalla uova quadrate”. Le favole, le filastrocche e le tradizioni raccolte attraverso questo volume, che a detta di Camilleri “... profuma di crema (se vi piace la crema) o di cioccolata (se la preferite)” saranno trasmesse ai piccoli spettatori anche attraverso la rappresentazione degli attori della Compagnia Instabile dei dintorni.
Info Biblioteca comunale “Gamberi” di Roccastrada, 0564 561242.
 
 

CanicattiWeb.com, 19.10.2010
Naro, gli attori de “la scomparsa di Patò” sfileranno sul tappeto rosso con le grandi star del cinema internazionale

Pippo Morello, Sindaco di Naro, e l’amministrazione tutta, incontreranno oggi alle 19 i numerosi cittadini di Naro e dei limitrofi paesi che hanno partecipato alla realizzazione del film “la scomparsa di Patò” di Maurizio Nicchetti tratto da un romanzo di Andrea Camilleri per organizzare al meglio la rappresentanza che andrà a Roma in occasione della prima del film al Festival del Cinema.
Per la quinta edizione, la Selezione Ufficiale del Festival Internazionale del Film di Roma prevede 16 lungometraggi in concorso e 6 film fuori concorso; i titoli presentati rappresentano una selezione di grandi anteprime internazionali, pellicole d’autore, scoperte innovative e appuntamenti spettacolari.
La prima del Film è prevista per il 13 dicembre [31 ottobre, NdCFC].
 
 

La Sicilia, 19.10.2010
Di Caro comparsa con Montalbano
L'attore ravanusano racconta la sua esperienza: «Mi piace il cinema, continuerò»

Ravanusa. Successo di un giovane attore di Ravanusa, Giovanni Di Caro. «Per una volta - dice Giovanni -, di recente, ho abbandonato i panni del regista, indossando quelli dell'attore, facendo da comparsa durante le riprese di un episodio della fiction «Il commissario Montalbano». Tale esperienza è stata per me di primaria importanza soprattutto per la possibilità che mi ha dato di poter avere un contatto diretto con una produzione televisiva di alto livello. […]
Giovanni Blanda
 
 

Affaritaliani.it, 20.10.2010
Il libro/ "Minzulpop", sotto accusa non c'è solo Minzolini...
ANTEPRIMA/ Nato sul web, "Minzulpop", volume provocatorio a firma del collettivo Hari Seldon (vicino al "Popolo Viola") e in uscita in libreria per Nutrimenti, non è solo un libro ma anche un progetto più ampio (tra i firmatari del manifesto ci sono Marco Travaglio, Andrea Camilleri e Maria Luisa Busi). Sotto accusa non finisce solo il direttore del Tg1 Minzolini. Il libro infatti indaga più in generale l'uso che il potere politico fa della televisione... I PARTICOLARI

Arriva in libreria venerdì 22 ottobre per Nutrimenti "Minzulpop", a firma del collettivo Hari Seldon. Il libro è frutto di un progetto colletivo nato sul web; non è un testo anonimo, come qualcuno ha detto, anzi tutto il contrario. Sotto il nome programmatico di Hari Seldon si riuniscono infatti noti giornalisti, blogger, attivisti dei movimenti sociali (vicini al "popolo viola").
Il libro inoltre è solo un aspetto di un progetto più ampio che unisce al volume anche un manifesto e una raccolta di firme. Il gruppo su Facebook, "Racconta il Minzulpop", ha raccolto già più di 500 adesioni e firme. Tra i firmatari del manifesto ci sono Marco Travaglio, Andrea Camilleri, Furio Colombo, Luca Telese, Maria Luisa Busi, Beppe Giulietti, Carlo Verna, Roberto Natale e molti altri...
ALTRI PARTICOLARI - Coniato su Facebook, adottato dai blog, consacrato su YouTube, il termine Minzulpop nasce e si afferma in Italia dopo la nomina di Augusto Minzolini a direttore del Tg1. Ha immediato successo per l’evidente assonanza con il Minculpop di mussoliniana memoria, il Ministero della Cultura che inviava ai giornali dell’epoca le direttive del regime, le “veline del Duce”. Ma cos’è esattamente il Minzulpop? Come funziona l’odierna macchina del consenso al servizio del governo? Che effetti produce? Questo libro indaga l’argomento, raccoglie punti di vista autorevoli e voci diffuse in rete, documenti, ma soprattutto ricostruisce e riorganizza il quadro. Minzolini risulta così uno dei tanti tasselli di un sistema sofisticato. Merita attenzione perchè è il ‘prescelto’ del momento (prima di lui ce ne sono stati altri), una sorta di figura simbolo. Il Minzulpop è però qualcosa di più strutturato. È un’orchestra sinfonica basata su molti protagonisti. Il libro dedica a ciascuno di loro un capitolo. Queste figure chiave vengono individuate, ovviamente, con nomi e cognomi: gli embedded di Silvio che ne curano l’immagine, i duri del ‘partito dell’amore’ che manganellano gli avversari, i dieci cento mille portavoce che interpretano i desideri del capo, gli ‘uomini del fare’ che servono a far passare per nuovo un governo guidato da un leader di 74 anni, gli ‘inventori’ che hanno il compito di escogitare trovate più o meno fantasiose per distrarre l’opinione pubblica da altri temi. Palcoscenico assoluto delle esibizioni dell’‘orchestra di Silvio’ è la televisione che, in una sorta di Truman Show mediterraneo, è diventata il teatro unico della vita pubblica italiana. Sul web giovani e meno giovani si interrogano sulla natura e la durata nel tempo di questa nostra decadenza civile. Dove può portarci? Quando finirà? Saranno Google, Facebook o l’iPad a favorire la ‘nostra liberazione’? È comunque in rete che sta prendendo forma una socialità attiva, alternativa a quella patologicamente straniante del Minzulpop.
GLI AUTORI - Dietro lo pseudonimo Hari Seldon – figura centrale del Ciclo della Fondazione, capolavoro di Isaac Asimov – si ritrova un gruppo di giornalisti, blogger, attivisti dei movimenti, esperti di comunicazione. Un collettivo che punta a rileggere la realtà italiana partendo dai contenuti e dalle analisi prodotte dal popolo della rete. “Racconta il Minzulpop” è il nome del gruppo di Facebook che anima questa iniziativa editoriale.
 
 

Italpress, 20.10.2010
Giornalisti: Premio Elsa Morante per comunicazione a Enrico Mentana

Napoli - La giuria del Premio Letterario Elsa Morante, presieduta da Dacia Maraini e composta da Andrea Camilleri, Enzo Colimoro, Maurizio Costanzo, Francesco Cevasco, Chiara Gamberale, Emanuele Trevi, Teresa Triscari e Tjuna Notarbartolo (direttore della manifestazione), consegnera’ al direttore del Tg La7 Enrico Mentana il Premio per la Comunicazione 2010.
 
 

Il Fatto Quotidiano, 21.10.2010
L’anticipazione: Montalbano, la gelosia è Angelica
L'incipit dell'ultimo romanzo di Andrea Camilleri in libreria da oggi. Vigata: il commissario, Livia e i tormenti del tradimento
Esce oggi l’ultimo Montalbano  di Andrea Camilleri, “Il sorriso di Angelica” per l’editore Sellerio. Qui di seguito uno stralcio del primo capitolo

S’arrisbigliò subitaneo e si susì a mezzo con l’occhi prontamente aperti pirchì aviva di sicuro sintuto a qualichiduno che aviva appena appena finuto di parlari dintra alla sò càmmara di letto. E dato che era sulo ’n casa, s’allarmò.
Po’ gli vinni d’arridiri, pirchì s’arricordò che Livia era arrivata a Marinella la sira avanti, all’improviso, per farigli ’na sorprisa, graditissima almeno al principio, e ora dormiva della bella allato di lui.
Dalla finestra passava un filo di luci ancora violaceo della primissima alba e allura riabbasciò le palpebri, senza manco taliare il ralogio, nella spranza di farisi ancora qualichi orata di sonno.
Ma subito appresso s’arritrovò novamenti con l’occhi sbarracati per un pinsero che gli era vinuto. 
Se qualichiduno aviva parlato dintra alla sò càmmara, non potiva essiri stata che Livia. La quali dunqui l’aviva fatto nel sonno.
Prima non le era mai capitato, o forsi lei aviva in pricidenza qualichi volta parlato, ma accussì vascio da non arrisbigliarlo.
E capace che in quel momento continuava ad attrovarisi in una fasi spiciali del sonno nella quale avrebbi ancora ditto qualichi altra parola. No, quella non era un’occasioni da perdiri.  Uno che si metti a parlari all’improviso nel sonno non può diri che cose vere, le virità che tiene dintra di lui, non s’arricordava d’aviri liggiuto che nel sogno si potivano diri farfantarie, o ’na cosa per l’altra, pirchì uno mentri che dormi è privo di difisi, disarmato e ’nnuccenti come a un picciliddro.
Sarebbi stato ’mportanti assà non pirdirisi le paroli di Livia. ’Mportanti per dù motivi. Uno di carattiri ginirali, in quanto un omo può campare per cent’anni allato a ’na fìmmina, dormirici ’nzemmula, farici figli, spartirici l’aria, cridiri d’avirla accanosciuta come meglio non si pò e alla fini farisi pirsuaso che quella fìmmina non ha mai saputo com’è fatta veramenti.
L’altro motivo era di carattiri particolari, momintanio.
Si susì dal letto quatelosamenti, annò a taliare fora attraverso la persiana. La jornata s’appresentava sirena, priva di nuvole e di vento. Po’ annò dalla parti di Livia, pigliò ’na seggia e s’assittò al capezzali, squasi fusse ’na veglia notturna di spitale.
La sira avanti Livia, e questo era il motivo particolari, gli aviva attaccato un catunio giganti per gilusia, guastannogli il piaceri che aviva provato per la sò vinuta.
Le cose erano annate accussì.
Aviva squillato il tilefono e lei era ghiuta ad arrispunniri.
Ma appena che aveva ditto pronto, ’na voci fimminina all’altro capo aviva fatto: «Mi scusi, mi sono sbagliata».
E la comunicazioni era stata chiusa ’mmidiato.
E allura Livia si era subito amminchiata che quella era ’na fìmmina che se l’intinniva con lui, che quella sira tiniva un appuntamento e che aviva abbasciato la cornetta sintenno che lei era ’n casa.
«Vi ho rotto le uova nel paniere, eh?».
«Quando non c’è il gatto i topi ballano!».
«Lontano dagli occhi, lontano dal cuore!».
Non c’era stato verso di persuadirla diversamenti, la sirata era finuta a schifìo pirchì Montalbano aviva reagito in malo modo, disgustato cchiù che dai sospetti di Livia, dall’inesauribili caterva di frasi fatte che quella tirava fora.
E ora Montalbano spirava che Livia diciva ’na minchiata qualisisiasi che gli avrebbi dato la possibilità di pigliarisi ’na rivincita sullenne.
Gli vinni ’na gran gana di fumarisi ’na sicaretta, ma si tenne. In primisi, pirchì se Livia rapriva l’occhi e lo scopriva a fumari in càmmara di dormiri, sarebbi successo un quarantotto. In secunnisi pirchì si scantava che l’aduri del fumo potiva arrisbigliarla.
Passate un dù orate, tutto ’nzemmula gli vinni un crampo violento al polpaccio mancino.
Per farisillo spariri, accomenzò a dunduliari la gamma avanti e narrè e fu accussì che, col pedi nudo, detti inavvertitamenti un gran càvucio al bordo esterno di ligno del letto.
Provò un forti dolori, ma arriniscì a tinirisi dintra la valanga di santioni che stava per scappargli fora.
La botta al letto fici però effetto, pirchì Livia sospirò, si cataminò tanticchia e parlò.
Disse distintamenti, senza aviri la voci ’mpastata e facenno prima ’na speci di risateddra:
«No, Carlo, di dietro, no».
Per picca, Montalbano non cadì dalla seggia. Troppa grazia, santantò!
A lui sarebbiro abbastate una o dù paroli confuse, il minimo ’ndispensabili per fargli flabbicare un castello d’accuse basate supra al nenti, alla gisuitica.
Ma Livia ’nveci aviva ditto un’intera frasi chiara chiara, minchia!
Come se era perfettamenti vigliante.
E ’na frasi che potiva fari pinsari a tutto, macari al pejo.
’Ntanto, non gli aviva mai fatto parola di un tali acchiamato Carlo. Pirchì?
Se non gliene aviva mai parlato, ’na ragioni seria doveva essirici.
E po’ che potiva essiri ’sta cosa che lei non voliva che Carlo le faciva di darrè?
E di conseguenza: di davanti sì e di darrè no?
Principiò a sudari friddo.
Fu tintato d’arrisbigliare a Livia scutennula forti e malamenti, taliarla con l’occhi sgriddrati e spiarle con voci ’mpiriosa da sbirro: «Chi è Carlo? Il tuo amante?».
Ma quella sempri fìmmina era.
E dunque capace di nigari ogni cosa, macari ’ntordonuta dal sonno. No, sarebbe stata ’na mossa sbagliata.
La meglio era attrovare la forza d’aspittari e tirare fora il discurso al momento cchiù adatto.
Ma qual era il momento cchiù adatto?
E po’ abbisognava aviri un certo tempo a disposizioni, pirchì sarebbi stato uno sbaglio affrontari la questioni in modo diretto, Livia si sarebbi ’nquartata a difisa, no, nicissitava pigliari l’argomento alla larga, senza farle nasciri sospetti.
Addecidì d’annarisi a fari la doccia.
Di tornari a corcarisi oramà non sinni parlava.
Andrea Camilleri
 
 

La Stampa, 21.10.2010
Andrea Camilleri, le donne i cavallier, l'arme e... Montalbano
Nel nuovo romanzo dello scrittore siciliano il commissario s'invaghisce d'una Angelica che gli ricorda quella dell'Ariosto

Come in quasi tutti i romanzi della serie, anche questa volta l'incipit sorprende il protagonista a letto, svegliato di colpo da qualcosa; anche qui non manca la «trintina» bellissima e vogliosa, in genere «biunna», come in questo caso, che, si capisce, si incapriccia del commissario che potrebbe essere suo padre. Pagato il tributo a quella che è ormai la «maniera» montalbaniana, e orchestrando il consueto stuolo di comprimari, il talento di Camilleri si dispiega nel cavare dal suo microcosmo immaginario intrecci sempri nuovi.
Nel 17° giallo, Il sorriso di Angelica, che esce oggi da Sellerio (pp. 272, euro 14; qui ne anticipiamo le prime righe), la vicenda ruota intorno a una serie di furti in casa, commessi sempre con le stesse modalità, che colpiscono persone legate tra loro da amicizia. Montalbano mette insieme una lista di diciotto tra coppie, vedovi e single, nella quale provare a prevedere la prossima vittima e, forse, scovare il colpevole. Ma ben presto prende forma il sospetto che dietro gli svaligiamenti ci sia dell'altro, che forse siano solo una copertura in vista del colpo definitivo, il cui bottino non sarà denaro e gioielli.
L'indagine si sviluppa portando a galla storie e storiacce di Vigàta, e sospingendo in primo piano lei, Angelica, il centro gravitazionale di tutta la storia. Una splendida ragazza che fin dal primo incontro lascia Montalbano senza fiato, perché è «pricisa 'ntifica» all'eroina dell'Orlando furioso, così come a 16 anni se l'era immaginata vagheggiando le immagini di Doré. L'impressione è tale che alla mente del commissario, anche contro la sua volontà, riaffiorano di continuo gli endecasillabi ariosteschi appresi a scuola, e i sentimenti ingenui del ragazzo che era, in un pericoloso intreccio di letteratura e realtà, fantasie adolescenziali e gravoso presente.
Montalbano ha ora, nel tempo di questo romanzo, 58 anni. E «le vicchiaglie» si fanno sentire. Lavora di logica, ma gli manca quello «scarto» intuitivo che è sempre stato la sua forza. Un po' faticosamente, alla fine arriverà: quando nella sua testa si affievolirà la voce di Ariosto.
Maurizio Assalto

S'arrisbigliò subitaneo [...].
Andrea Camilleri
 
 

Messaggero Veneto, 21.10.2010
Furti con morto a Vigata: esce la 17a inchiesta

«Ho scoperto sulla mia pelle – ci ha detto Andrea Camilleri in una intervista –, ma credo che prima di me l’abbia avvertito chiunque si sia cimentato con dei personaggi fissi, che il personaggio seriale è un killer di altri personaggi. Voglio dire che essendoci un personaggio e delle situazioni che si possono descrivere con dei corrimano tranquilli, diventa una strada un po’ più facile, e quindi c’è la tentazione di lasciarsi andare in questa strada più scorrevole». Con il commissario Montalbano non si corrono questi rischi. Giunto con « Il sorriso di Angelica (Sellerio, pagine 272 – 14,00 euro), in libreria da oggi), alla diciassettesima inchiesta (la superstizione per il numero incriminato dai creduloni per Camilleri non esiste), l’aitante sbirro deve indagare su una serie di furti che avvengono a Vigata. Vittima di una ruberia è anche la trentina Angela Cosulich, impiegata alla banca locale, che al commissario fa venire in mente l’Angelica dell’ Orlando Furioso , così come se l’era immaginata a scuola. Tra un furto e l’altro ci scappa anche il morto, e per Montalbano comincia una sorta di saliscendi dentro avvenimenti minimi che lo porteranno come sempre a scoprire i colpevoli. Il collaudato linguaggio siculo-italiano, l’inesauribile fantasia, il perfetto sincronismo degli eventi, conferiscono all’opera, densa di piccoli e grandi intrighi che sono i fili di una tela sempre più fitta nella quale opera il ragno del malaffare, quell’armonia narrativa che da tempo qualifica i gialli di Camilleri come alta letteratura. Da Il sorriso di Angelica , per concessione dell’editore, presentiamo le pagine dell’incipit.
(f.m.)
 
 
Montalbano e Livia, la nuova scena si apre tra veleni di gelosia

S’arrisbigliò subitaneo [...].
Andrea Camilleri
 
 

Il Mattino, 21.10.2010

Ah, le donne, le donne. Mai sopita passione. Le donne, per Salvo Montalbano, sono come il mare: ci si deve tuffare dentro di slancio per carpirne bellezza e umoralità. Non ne può fare a meno. Ben lungi dal restare indifferente ad ogni svolazzo di gonnella, pur ricordando spesso a se stesso il fardello dei 58 anni suonati (ma ben portati, altrimenti come farebbe a vestirsi di Zingaretti?), il commissario più celebre delle nostre lettere si muove nell’ultima inchiesta - Il sorriso di Angelica - sul crinale sconnesso dell’impulso erotico entro il quale prende consistenza una visione adolescenziale. Quella, appunto, dell’Angelica dell’Orlando Furioso, eroina bella e capricciosa, l’Angelica che fugge tra «selve spaventose e oscure», «quel bel volto che all’amorose reti il tenea involto», oggetto di desiderio struggente e pomo di discordia tra cavalieri belligeranti. La giovane «trintina», impiegata della Banca siculo-americana, una scossa di vita che elettrizza, sconvolgendolo, l’ovattato, gattopardesco e un po’ fellone microcosmo di Vigata, è naturalmente al centro di una trama che ha, come cornice noir, una serie di furti anomali e soprattutto ben congegnati. Secondo un’architettura che, inizialmente, sembra non mostrare punto debole. Ma che poi rivelerà la sua fragilità intrinseca una volta sfondato il trompe l’oeil creato dalla mente criminale. Nel piccolo mondo antico disegnato con la consueta maestria linguistica da Camilleri qui tornano le figure classiche, tranne Augello, messo subito a riposo: l’ineffabile Catarella, il fedele Fazio, l’algida Livia (che involontariamente mette a dura prova la gelosia del nostro), e ancora Enzo il ristoratore, giornalisti agenti questori giudici. Ma è Angelica che tutto muove, nel bene e nel male; l’Angelica dai troppi misteri fino a quello definitivo. Ingiusto sarebbe svelare qui e ora l’arcano. Caldo, intenso invece il ricordo conclusivo di Camilleri per l’amica Elvira Sellerio che non c’è più. Questo è il primo Montalbano senza di lei.
Francesco de Core
 
 

Il Mattino, 21.10.2010

Si stava vivenno il primo cafè della matinata quanno il telefono sonò.
Si erano fatte le otto. Non s’attrovava nell’umori adatto per sintiri parlari d’ammazzatine. Avrebbi semmai lui ammazzato a qualichiduno, se gliene s’appresentava l’occasioni.
Preferibilmenti qualichiduno che di nomi faciva Carlo.
Ci aviva ’nzirtato, era Catarella.
«Ah dottori dottori! Chi fa, dormiva?».
«No, Catarè, vigliante ero. Che fu?».
«Ci fu che ci fu un frutto che ci fu».
«Un furto? E pirchì veni a scassare i cabasisi a mia, eh?».
«Dottori, addimanno compressioni e pirdonanza, ma...».
«Ma, ’na minchia! Né compressioni né pirdonanza! Telefona subito ad Augello!».
A momenti Catarella si mittiva a chiangiri.
«Quisto appunto ci volevasi diri, spianno scusanza tantissima, dottori. Che il suddetto dottori Augello da stamatino attrovasi allicinziato».
Montalbano stunò. Ma manco ’na cammarera si pò cchiù licinziari su due piedi!
«Licenziato? E da chi?».
«Dottori, ma fu vossia stisso di persona pirsonalmenti ad allicinziarlo aieri doppopranzo!».
Montalbano s’arricordò.
«Catarè, è andato in licenza, non è stato licenziato!».
«E io che dissi? Non dissi accussì?».
«Senti, puro Fazio è stato allicinziato?».
«Macari quisto ci volevasi diri. Siccome che al mircato c’è stata ’na sciarriatina, il suddetto attrovasi in loco».
Non c’erano santi, attoccava annare a lui.
«Vabbeni, il denunziante è lì?».
Catarella fici ’na brevi pausa prima di parlari.
«Lì indovi che sarebbi, dottori?».
«Ma in commissariato, dove vuoi che sia?».
«Dottori, ma io come fazzo a sapiri chi è chisto lì?».
«C’è o non c’è?».
«Cu?».
«Il denunziante».
Catarella sinni ristò muto.
«Pronto?».
Catarella non arrispunnì.
Montalbano pinsò che la linea era caduta.
E lo pigliò il grannissimo, cosmico, irragionevoli scanto che l’assugliava quanno una tilefonata s’interrompiva: quello d’essiri ristato l’unica persona viventi in tutto l’universo criato.
Si misi a fari voci come un pazzo.
«Pronto? Pronto?».
«Ccà sugno, dottori».
«Pirchì non parli?».
«Dottori, vossia non s’offenni se ci dico che io non saccio che è ’sto denunzianti?».
Calma e pacienza, Montalbà.
«Sarebbe quello che ha subito il furto, Catarè».
«Ah, quello! Ma non s’acchiama denunzianti, s’acchiama Piritone».
Cioè a diri grosso peto. Possibbili?
«Sicuro che si chiama Piritone?».
«La mano supra al foco, dottori. Piritone Carlo».
Gli vinni di mittirisi a fari vociate, dù Carli nella stissa matinata erano difficili da supportari.
Sintiva che tutti i Carli del munno in quel momento gli stavano ’ntipatici.
«Il signor Piritone è in commissariato?».
«Nonsi, dottori, tilefonò. Lui abita in via Cavurro tridici».
«Telefonagli che sto arrivando».
Livia non era stata arrisbigliata né dallo squillo del telefono né dalle sò vociate.
Nel sonno, aviva un leggero sorriso supra le labbra.
Forsi stava continuanno a ’nsognarisi a Carlo, la cretina.
L’assugliò ’na raggia ’ncontrollabili.
Pigliò ’na seggia, la isò in aria, la sbattì ’n terra.
Livia s’arrisbigliò di colpo, scantata.
«Che è stato?».
«Niente, scusa. Devo uscire. Torno per pranzo. Ciao».
Sinni niscì di cursa per non attaccari turilla.
Via Cavour faciva parti del quartieri indove che abitava la genti ricca di Vigàta.
Era stato progettato da un architetto che come minimo avrebbi miritato l’ergastolo. ’Na casa pariva un galioni spagnolo del tempo dei pirati, quella allato era stata chiaramenti ispirata al Pantheon…
Parcheggiò davanti al nummaro tridici, che assomigliava alla piramide di Micerino, scinnì, trasì, a mano manca c’era lo sgabuzzino di ligno e vitro del purtunaru.
«A che piano abita il signor Piritone?».
Il purtunaru, un cinquantino àvuto e stazzuto che chiaramenti praticava le palestri, posò il giornali che stava liggenno, si livò l’occhiali, si susì, raprì la porta dello sgabuzzino, niscì fora.
«Non c’è bisogno che si disturbi» fici Montalbano. «A me occorre solo...».
«A tia occorre uno che ti spacca la facci» fici il purtunaru, isanno il vrazzo dritto col pugno chiuso.
Montalbano strammò e fici un passo narrè.
Che gli pigliava a quello?
«Senta, aspetti, ci deve essere un equivoco. Io cerco il signor Piritone e sono...».
«Vattinni di prescia, senti a mia».
Montalbano pirditti la pacienza.
«Il commissario Montalbano sono, cazzo!».
L’altro s’imparpagliò.
«Davero?».
«Vuoi vedere il documento di riconoscimento?».
Il purtunaru si fici russo ’n facci.
«Maria, vero è! Ora lo staiu arriconoscenno! Mi scusasse, l’aviva pigliato per uno che voliva garrusiare! Mi scusasse ancora. Vidissi però che ccà non abita nisciun Piritone».
Naturalmenti, come a ’u solitu, Catarella gli aviva arrifirito un nomi sbagliato.
«E qualichiduno con un nomi somiglianti?».
«Ci sarebbi il dottor Peritore».
«Potrebbe essiri lui. A che piano?».
«Al secunno».
Il purtunaru l’accompagnò all’ascensori non finennola cchiù di scusarisi e fari inchini.
Montalbano pinsò che Catarella, a forza di dargli nomi di testa sò, un jorno o l’altro l’avrebbi fatto sparare da qualichiduno tanticchia nirbùso.
Andrea Camilleri
 
 

La Provincia di Como, 21.10.2010
“Il sorriso di Angelica” Montalbano in anteprima

Via Cavour faciva parti del quartieri indove che abitava la genti ricca di Vigàta.
Era stato progettato da un architetto che come minimo avrebbi miritato l'ergastolo. 'Na casa pariva un galioni spagnolo del tempo dei pirati, quella allato era stata chiaramenti ispirata al Pantheon…  Parcheggiò davanti al nummaro tridici, che assomigliava alla piramide di Micerino, scinnì, trasì, a mano manca c'era lo sgabuzzino di ligno e vitro del purtunaru.
«A che piano abita il signor Piritone?».
Il purtunaru, un cinquantino àvuto e stazzuto che chiaramenti praticava le palestri, posò il giornali che stava liggenno, si livò l'occhiali, si susì, raprì la porta dello sgabuzzino, niscì fora.
«Non c'è bisogno che si disturbi» fici Montalbano. «A me occorre solo...».
«A tia occorre uno che ti spacca la facci» fici il purtunaru, isanno il vrazzo dritto col pugno chiuso.
Montalbano strammò e fici un passo narrè.
Che gli pigliava a quello?
«Senta, aspetti, ci deve essere un equivoco. Io cerco il signor Piritone e sono...».
«Vattinni di prescia, senti a mia».
Montalbano pirditti la pacienza.
«Il commissario Montalbano sono, cazzo!».
L'altro s'imparpagliò.
«Davero?».
«Vuoi vedere il documento di riconoscimento?».
Il purtunaru si fici russo 'n facci.
«Maria, vero è! Ora lo staiu arriconoscenno! Mi scusasse, l'aviva pigliato per uno che voliva garrusiare! Mi scusasse ancora. Vidissi però che ccà non abita nisciun Piritone».
Naturalmenti, come a 'u solitu, Catarella gli aviva arrifirito un nomi sbagliato.
«E qualichiduno con un nomi somiglianti?».
«Ci sarebbi il dottor Peritore».
«Potrebbe essiri lui. A che piano?».
«Al secunno».
Il purtunaru l'accompagnò all'ascensori non finennola cchiù di scusarisi e fari inchini.
Montalbano pinsò che Catarella, a forza di dargli nomi di testa sò, un jorno o l'altro l'avrebbi fatto sparare da qualichiduno tanticchia nirbùso.
Il quarantino aliganti, biunno, sicco, con l'occhiali, che gli vinni a rapriri al commissario non arrisultò 'ntipatico come aviva spirato.
«Buongiorno. Montalbano sono».
«S'accomodi, commissario, le faccio strada. Sono stato preavvertito del suo arrivo. Naturalmente l'appartamento è in disordine, mia moglie e io non abbiamo voluto toccare nulla».
«Vorrei dare un'occhiata».
Càmmara di letto, càmmara di mangiari, càmmara dell'ospiti, saloni, studdio, cucina e dù bagni tutti suttasupra.
Armuàr e armadietti con le ante aperte e la robba che c'era dintra ghittata 'n terra, 'na libreria completamenti svacantata e i libri alla sanfasò supra al pavimento, scrivanie e tangèr coi cascioni aperti.
Latri e poliziotti avivano questo 'n comuni quanno perquisivano un appartamento; un tirrimoto di certo avrebbi lassato le cose tanticchia cchiù in ordini.
'N cucina ci stava 'na picciotta trentina, macari lei biunna, graziosa e gentili.
«Mia moglie Caterina».
Andrea Camilleri
 
 

Il Messaggero, 21.10.2010
Il nuovo Camilleri
Esce oggi nelle librerie la nuova avventura del celebre commissario
Angelica l’ultimo segreto di Montalbano
Pubblichiamo uno stralcio dal primo capitolo del romanzo di Andrea Camilleri, “Il sorriso di Angelica” (Sellerio editore, 272 pagine, 14 euro), protagonista il commissario Montalbano. A Vigàta una banda di ladri ripulisce gli appartamenti di facoltosi professionisti e le modalità dei furti si ripetono sempre uguali. A subire un furto in casa è anche Angelica Cosulich, «trintina» di bell’aspetto. A Montalbano, Angelica ricorda l’eroina dell’“Orlando Furioso” così come se l’era immaginata quando era sui banchi di scuola. E si strugge d’amore per lei.
 
 

Il Messaggero, 21.10.2010
La nuova avventura del celebre commissario di Camilleri
Angelica ammalia Montalbano

«Buongiorno. Montalbano sono».
«S’accomodi, commissario, le faccio strada. Sono stato preavvertito del suo arrivo. Naturalmente l’appartamento è in disordine, mia moglie e io non abbiamo voluto toccare nulla».
«Vorrei dare un’occhiata».
Càmmara di letto, càmmara di mangiari, càmmara dell’ospiti, saloni, studdio, cucina e dù bagni tutti suttasupra. Armuàr e armadietti con le ante aperte e la robba che c’era dintra ghittata ’n terra.
’Na libreria completamenti svacantata e i libri alla sanfasò supra al pavimento, scrivanie e tangèr coi cascioni aperti.
Latri e poliziotti avivano questo ’n comuni quanno perquisivano un appartamento; un tirrimoto di certo avrebbi lassato le cose tanticchia cchiù in ordini.
’N cucina ci stava ’na picciotta trentina, macari lei biunna, graziosa e gentili.
«Mia moglie Caterina».
«Le faccio un caffè?» spiò la signura.
«Perché no?» disse il commissario.
’N funno, la cucina era la càmmara meno sconquassata.
«Forse è meglio parlare qua» fici Montalbano assittannosi supra a ’na seggia.
Peritore l’imitò.
«Mi pare che la porta d’ingresso non è stata forzata» continuò il commissario. «Sono entrati dalle finestre?».
«No. Sono entrati con le nostre chiavi» disse Peritore.
Si ’nfilò ’na mano ’n sacchetta, tirò fora un mazzo di chiavi, lo posò supra al tavolino.
«Le hanno abbandonate nell’ingresso».
«Scusate, ma allora voi non eravate in casa quando è stato commesso il furto?».
«No. Proprio ieri sera siamo andati a dormire nella nostra casa al mare, a Punta Piccola».
«Ah. E come avete fatto a entrare qua se le chiavi le avevano i ladri?».
«Tengo sempre un mazzo di riserva dal portinaio».
«Scusate, non ho capito bene. Ma le chiavi per entrare qua i ladri dove le hanno prese?».
«Dalla nostra casa al mare».
«Mentre voi ci dormivate?».
«Esattamente».
«E lì non hanno rubato?».
«Certo che sì».
«Allora i furti sono stati due?».
«Esattamente».
«Mi perdoni, commissario» fici la signura Caterina sirvennogli il cafè. «Forse è meglio che le racconti io, mio marito non riesce a riordinare le idee. Dunque. Stamattina ci siamo svegliati alle sei con un po’ di mal di testa. E subito ci siamo resi conto che i ladri, forzando la porta della villetta al mare, ci avevano storditi con qualche gas e avevano fatto i comodi loro».
«Non avete sentito niente?».
«Assolutamente niente».
«Strano. Perché vede, prima di addormentarvi, hanno forzato la porta. Me l’ha appena detto lei. E qualche rumore...».
«Beh, noi eravamo...».
La signora arrussicò.
«Eravate?».
«Diciamo piuttosto brilli. Abbiamo festeggiato i cinque anni di matrimonio».
«Capisco».
«Insomma, non avremmo sentito le cannonate».
«Vada avanti».
«I ladri nella giacca di mio marito hanno trovato il portafogli con il documento d’identità e l’indirizzo della nostra abitazione, cioè questa, e le chiavi di qua e della macchina. Si sono messi comodamente in auto, sono venuti qua, hanno aperto, hanno rubato quello che c’era da rubare e addio».
«Cos’hanno portato via?».
«Beh, a parte la macchina, dalla casa al mare relativamente poco. Le nostre fedi, il Rolex di mio marito, il mio orologio coi brillanti, una collana mia di un certo valore, duemila euro in contanti, i nostri due computer, i cellulari, le carte di credito che però abbiamo bloccato».
Chiamalo poco.
«E una marina di Carrà» concludì la signora frisca frisca.
Montalbano satò supra alla seggia.
«Una marina di Carrà? E la tenevate così?».
«Beh, speravamo che non se ne capisse il valore».
E ’nveci l’avivano accapito, il valori.
«E qua?».
«Qua il bottino è stato più grosso. Intanto, il portagioielli con tutte le mie cose».
«Roba di valore?».
«All’incirca un milione e mezzo di euro».
«E poi?».
«Gli altri quattro Rolex di mio marito che ne fa collezione».
«E basta?».
«Cinquantamila euro. E...».
«E?».
«Un Guttuso, un Morandi, un Donghi, un Mafai e un Pirandello che mio suocero aveva lasciato in eredità a suo figlio» disse la signora tutto d’un sciato.
’Nzumma, ’na galleria d’arti d’enormi pregio.
«Una domanda» fici il commissario. «Chi lo sapeva che sareste andati a festeggiare l’anniversario del vostro matrimonio nella villa di Punta Piccola?».
Marito e mogliere si taliaro per un attimo.
«Beh, i nostri amici» arrispunnì la signora.
«E quanti sono questi amici?».
«Una quindicina».
«Avete una cameriera?».
«Sì».
«Pure lei lo sapeva?».
«Lei no».
«Siete assicurati contro i furti?».
«No».
«Sentite» disse Montalbano susennosi. «Dovete venire subito in commissariato a sporgere regolare denunzia. Vorrei la descrizione particolareggiata dei gioielli, dei Rolex e dei dipinti».
«Va bene».
«Vorrei anche l’elenco completo degli amici ch’erano informati con relativi indirizzi e numeri di telefono».
La signora fici ’na risateddra.
«Non sospetterà di loro, spero».
Montalbano la taliò.
«Lei pensa che s’offenderebbero?».
«Certamente».
«E lei non dica loro niente. Io vi precedo. Ci vediamo in commissariato».
E sinni niscì.
Andrea Camilleri
 
 

Bresciaoggi / L'Arena / Il Giornale di Vicenza, 21.10.2010
Ritorna Montalbano pazzo come Orlando per la bella del Nord
ANTEPRIMA. «Era pricisa 'ntifica, 'na stampa e 'na figura, con l'Angelica dell'Orlando Furioso»
Cortocircuito siculo-trentino: il commissario di Vigata a 58 anni si innamora come un ragazzo. Una bionda che somiglia a quella tanto sognata sul banco di scuola

Il palazzo indove abitava la signora Cosulich era a forma di cono gilato.
Compresi i pezzetti di noccioline atturrate 'n cima.
«Cosulich?» spiò al purtunaru.
«Quali?»
Oddio, non avrebbi retto a un'altra azzuffatina con un purtunaru. Gli vinni gana di voltari le spalli e ghirisinni, ma si fici forza.
«Cosulich».
«L'accapii, non sugno surdo. Ma i Cosulich ccà sunno dù. Angelica e Tripolina».
Gli vinni gana di diri Tripolina sulo per accanosciri 'na fìmmina con un nomi accussì.
«Angelica».
«Urtimo piano».
L'ascensori era superveloci, praticamenti gli detti un pugno nella vucca dello stomaco e lo fici volari sino all'attico, a livello cioè della panna che di solito c'è 'n cima al cono gilato.
C'era 'na sula porta in tutto l'enormi pianerottolo a mezza luna, e a questa il commissario sonò.
«Chi è?» spiò doppo tanticchia 'na voci fimminina di picciotta da darrè la porta.
«Il commissario Montalbano sono».
La porta si raprì e al commissario capitarono di seguito i tri seguenti fenomeni:
primo, leggero annigliamento della vista, secunno, sostanziali ammollimento delle gammi e, terzo, notevoli ammanco di sciato.
Pirchì la signura Cosulich non sulo era 'na trentina di stupefacenti biddrizza naturali, acqua e saponi, 'na cosa rara che non adopirava pitturazioni facciali come i sarbaggi, ma…
Ma era vero o era tutto un travaglio della sò immaginazioni?
Era possibbili che potissi capitare un fatto accussì?
La signora Cosulich era pricisa 'ntifica, 'na stampa e 'na figura, con l'Angelica dell'Orlando furioso, accussì come lui se l'era immaginata e spasimata viva, di carni, a sidici anni, talianno ammucciuni le illustrazioni di Gustavo Doré che sò zia gli aviva proibito.
'Na cosa 'nconcepibili, un vero e propio miracolo.
Come alla Donna egli drizzò lo sguardo,
riconobbe, quantunque di lontano,
l'angelico sembiante, e quel bel volto
ch'all'amorosa rete il tenea involto.

Angelica, oh Angelica!
Sinni era 'nnamurato completamenti perso a prima vista e pirdiva bona parti delle nottati immaginannosi di fari con lei cosi accussì vastase che non avrebbi mai avuto il coraggio di confidari manco all'amico cchiù stritto.
Ah, quante volte aviva pinsato d'essiri lui Medoro, il pastori del quali Angelica si era 'nnamurata facenno nesciri pazzo furiuso al poviro Orlando!
Si rappresentava spasimanno e trimanno la scena di lei nuda supra alla paglia, dintra a 'na grutta, col foco addrumato, mentri fora chioviva e luntano si sentiva un coro di picorelle che facivano bee bee…
… e più d'un mese poi stero a diletto
i duo tranquilli amanti a ricrearsi.
Più lunge non vedea del giovinetto
la Donna, né di lui potea saziarsi;
né, per mai sempre pendergli dal collo,
il suo disir sentia di lui satollo.

«Si accomodi».
La leggera neglia che gli gravava supra all'occhi si diradò e Montalbano sulo allura vitti che lei 'ndossava 'na cammisetta bianca aderenti.
Le poppe ritondette parean latte,
che fuor de' giunchi allora allora tolli…

No, forsi le poppe di quei versi non appartinivano ad Angelica, ma comunque…
«Si accomodi» disse ancora la picciotta principianno a sorridiri per l'evidenti 'mparpagliamento del commissario.
Aviva un sorriso che era come 'na lampatina da cento che s'addrumava 'mprovisa nello scuro.
Ci volli un bello sforzo di volontà a Montalbano per passari dai sidici anni ai cinquantotto della sò trista età prisenti.
«Mi scusi, ero soprappensiero».
Trasì.
Già dall'anticàmmara s'accapiva lo sconquasso che i latri dovivano aviri cumminato in quell'appartamento.
Che era grannissimo, ammobiliato modernissimo, pariva d'attrovarisi dintra a un'astronavi, e che doviva essiri addotato d'una terrazza che non finiva mai. Circolari, naturalmenti.
«Senta» fici Angelica «l'unica stanza in qualche modo abitabile è la cucina. Le dispiace se ci mettiamo lì?»
«Con lei mi mittiria macari dintra a 'na cella frigorifera» pinsò Montalbano.
E 'nveci disse:
«Per niente». Lei 'ndossava un paro di pantaloni nìvuri aderentissimi come la cammisetta e vidirla caminare da darrè era 'na vera grazia di Dio.
'Na cosa a un tempo rinforzanti e illanguidenti.
Gli pruì 'na seggia.
«S'accomodi. Le faccio un caffè?»
«Sì, grazie. Ma prima vorrei un bicchiere d'acqua».
«Si sente bene, commissario?»
«Bee… benissimo».
L'acqua lo rinfrancò.
Preciso 'ntifico a com'era capitato coi Peritore. Sulo che ccà ammancava l'omo.
Anzi, pariva che non ci fussero tracce d'omo, nell'appartamento.
Gli sirvì il cafè, 'na tazza se la pigliò per lei e s'assittò davanti al commissario.
Se lo vippiro 'n silenzio.
A Montalbano annava benissimo, potivano ristarisinni a viviri cafè sino all'indomani a matino.
Anzi, meglio, fino a quanno al commissariato non l'avrebbiro dato per disperso.
Appresso lei disse:
«Se vuole fumare, faccia pure. Anzi, ne offra una anche a me».
Si susì, annò a pigliari un posacinniri, tornò ad assittarisi.
Tirò la prima vuccata e fici a mezza voci:
«In poche parole, si tratta di una copia conforme al furto subito dai miei amici Peritore».
Aviva 'na vuci che era un'armonia celesti, 'ncantava come 'u flautu 'ncanta i pitoni.
Abbisognava accomenzare a fari il mallitto travaglio, macari se non ne aviva nisciuna gana.
Si schiarì la voci, aviva la gola sicca a malgrado dell'acqua appena vivuta.
«Anche lei stanotte ha dormito in una sua casa fuori paese?».
Aviva capilli biunni lunghissimi che le arrivavano a mità schina.
Avanti d'arrispunniri, se li scostò dalla facci.
Per la prima volta, al commissario parse tanticchia 'mpacciata.
«Sì, ma...».
«Ma?».
«Non si tratta di una casa».
«Di un appartamento?».
«Nemmeno».
Andrea Camilleri
 
 

Il Giornale di Sicilia, 21.10.2010
L'anteprima. Da oggi in libreria una nuova avventura per il poliziotto inventato dalla penna di Andrea Camilleri
Il commissario pazzo per Angelica
Ecco il nuovo Montalbano

Case svaligiate, un bandito ucciso e una dolce bancaria che fa perdere la testa a Salvo

Torna una nuova avventura del commissario Salvo Montalbano (Il sorriso di Angelica, Sellerio, pp.257, 14 uero) scritta da Andrea Camilleri e da oggi nelle librerie. [...] Pubblichiamo le prime pagine del romanzo per concessione dell'editore.
Giancarlo Macaluso

S'arrisbigliò subitaneo [...].
Andrea Camilleri
 
 

Il Gazzettino, 21.10.2010
Il nuovo romanzo di Camilleri:Angelica ammalia Montalbano
Roma - Pubblichiamo uno stralcio dal primo capitolo del romanzo di Andrea Camilleri "Il sorriso di Angelica" (Sellerio Editore, 272 pagine, 14 euro), protagonista il commissario Montalbano, da oggi in libreria. [...]

’Na libreria completamenti svacantata [...].
Andrea Camilleri
 
 

Il Piccolo, 21.10.2010
Quell'amore nato sui versi dell'Orlando furioso

Non serve che Camilleri urli ai quattro venti: «Montalbano c’est moi». Perché lo dicono già i suoi libri. Prendete il nuovo romanzo dedicato al popolare commissario siciliano. Ma quando mai un piedipiatti si innamora citando i versetti dell’«Orlando Furioso»? Quelli in cui l’immenso Ludovico Ariosto descrive la bellezza sfolgorante di Angelica. E dove trovi un poliziotto che conosce a memoria la poesia ”Adolescente” di Vincenzo Cardarelli? Ed è proprio questo soprassalto di cultura che rischia di mettere nei guai Montalbano nel romanzo nuovo di Andrea Camilleri intitolato ”Il sorriso di Angelica” (pagg. 259, euro 14), che Sellerio editore distribuisce oggi nelle librerie. Sì, perché il commissario si fa stregare da una donna dalla bellezza irresistibile. Lei si chiama Angelica (come l’eroina ariostesca) Cosulich, è nata a Trieste, ma si è trasferita presto in Sicilia. Entra in contatto con la polizia quando qualcuno decide di venirle a rubare pellicce e un bel po’ di gioielli. Il problema è che il furto non è avvenuto in una casa qualunque. Ma nella garconierre, o scannatoio come dice il commissario Montalbano, in cui la splendida donna si intrattiene con fascinosi amanti. Che lei paga regolarmente. E se in banca, dove Angelica ha un posto di responsabilità, vengono a sapere che la signora, ufficialmente fidanzata, si intrattiene con improvvisati gigolò, sono guai. E Montalbano che fa? Sicuro di avere davanti agli occhi l’Angelica del poema, mitizzata negli anni dell’infanzia, si fa convincere a falsificare la denuncia del furto. O, meglio, tace il fatto che i ladri hanno derubato la Cosulich mentre si intratteneva con un uomo nel suo appartamentino. La cosa, però, non passa inosservata a chi non ama il commissario. Anche perché lui sta indagando su una serie di colpi, collegati a quello in casa Cosulich, messi a segno nelle dimore di personaggi altolocati. Che, guarda caso, sono tutti amici tra loro. E allora? Semplice: se Montalbano se la cava a buon mercato con il questore, minimizzando le accuse anonime che pretendono di inchiodarlo, non sa sottrarsi con altrettanta scaltrezza alla corte pressante di Angelica. Si lascia sedurre, insomma. Prova anche a confessarlo all’eterna fidanzata Livia, che non gli crede. E quando per lui le cose si fanno davvero difficili, mettendo assieme gli elementi dell’indagine riesce a trovare la chiave del mistero. Intricato e pieno di colpi di scena, questo nuovo romanzo di Camilleri stempera i colori del giallo nei sorrisi di una commedia. Dove il Montalbano ”furioso” rischia di fare la figura dello sprovveduto davanti alla bella Angelica. Ma tra uno svarione linguistico del fido Catarella e la proverbiale imbecillità dei superiori, il nostro eroe ne uscirà a testa alta.
Alessandro Mezzena Lona
 
 
Montalbano e i segreti dell'Angelica triestina
Da ”Il sorriso di Angelica”, il nuovo romanzo di Andrea Camilleri dedicato a Montalbano, pubblichiamo l’inizio del sesto capitolo quando il commissario incontra Angelica Cosulich, una splendida donna di origine triestina. Per gentile concessione della casa editrice Sellerio.

«Si accomodi» disse ancora la picciotta [...].
Andrea Camilleri
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 21.10.2010
Camilleri svela i palpiti del commissario di Vigàta
Debole il lato Montalbano

Il fatto è uno solo: il primo a divertirsi con Salvo Montalbano è proprio lui, Andrea Camilleri. Che di volta in volta si mette in gioco, prova nuove strade, del suo personaggio misura lucidità e fiuto, lo tortura nel sonno della notte, stuzzicandone gli ormoni con icone femminili da far perdere la testa pure agli eunuchi. E come nel sistema dei vasi comunicanti, lo spasso automaticamente dall'autore passa al lettore: Andrea Camilleri insomma è un virus, che però non teme vaccino. Siamo infatti al diciassettesimo romanzo con al centro il commissario di Vigàta: una vera e propria saga, una poliziesca epopea, affollata di scoppiettanti personaggi,e qui consiste il miracolo: che pur rischiando ogni volta di assurgere a funzioni proppiane, a mere sagome di volta in volta clona bili, essi mantengono un margine di autonomia che ne garantisce la peculiare fisionomia e soprattutto un tratto di vera umanità. Da "Il sorriso di Angelica" (Sellerio, 258 pagine, 14 euro: da oggi in libreria) si affaccia oltretutto un Salvo Montalbano sempre più tallonato da una impietosa senilità, che ne mette in evidenza non tanto le rughe e gli acciacchi (seppur insidiosi), ma le falle del cuore, una certa amabile vulnerabilità. Meno male che c'è Fazio, viene da dire, stampella cui poggiarsi nei momenti di incertezza e nelle sempre più numerose occasioni di inciampo: da questo romanzo viene fuori ancor meglio la tenuta della coppia (una intesa che è fatta di complicità e fratellanza), che andrebbe annoverata assieme a quelle oramai canonizzate della storia del giallo e del poliziesco: un rapporto, tra superiore e sottoposto, che in questa nuova avventura si fa consustanziale, un vero gioco di squadra. Questa volta, a incrinare l'apparente serenità della cittadina fantasiosa seppure verissima di Vigàta è una serie di furti, ai danni di professionisti facoltosi, che si consumano nei rutilanti appartamenti del quartiere residenziale della cittadina. La modalità è sempre la stessa: una perfetta dinamica, con tanto di firma, che mette seriamente in difficoltà il commissario Montalbano: si consuma il primo e poi il secondo, e a suggellarli una lettera anonima, scritta da chi architetta i colpi: una sorta di delirio di presunzione e onnipotenza. L'indagine parte a strappo, all'inizio si brancola nel buio: il misterioso personaggio che a Montalbano si rivolge, ingaggia col commissario una sorta di sfida, si diverte a fare il gioco perfido del gatto col sorcio. Ma quando a subire l'ennesimo furto è Angelica Cosulich, una trentenne dal fascino irresistibile, cambia il ritmo della storia, ma a variare è anche il battito del cuore del poliziotto di Vigàta, che registra un'accelerata brusca e quasi inarrestabile. Di recente Angelica è stata trasferita nella sede vigatese della Banca siculo-americana: il suo sembiante, le forme e soprattutto il nome fungono per Montalbano da perfida macchina del tempo, riportandolo agli agi adolescenziali, quando sistole e diastole erano messe prepotentemente in moto dalle raffigurazioni che del personaggio ariostesco, Angelica appunto, fece Gustave Dorè illustrando l'"Orlando furioso"; la Cosulich di conseguenza si rivela una irresistibile carta moschicida. A questo punto, il giallo di Camilleri diventa qualcos'altro, una specie di bizzarro prosimetro, alternando alla tipica scrittura fortemente mescidata, quella che oramai è diventata il marchio di fabbrica dello scrittore agrigentino, i versi di Ariosto: che fanno da poetico avallo, da ironico controcanto, da ariosa epigrafe, da metaletterario suggello. Montalbano, già a corto di difese immunitarie, si consegna, del tutto inerme e euforico, al nemico: come un adolescente innamorato, palpita per una telefonata che non arriva, o si infuoca per una mano che lo sfiora. E quasi viene da esultare, a fare il tifo per il commissario fedifrago, dopo aver assistito, ad apertura di romanzo, all'epifania di una Livia sempre più urticante. E tra omissioni volontarie e irresistibili messe in scena, tra appostamenti sfiancanti e buchi nell' acqua, altri furti vengono messi a punto: a un certo momento, Montalbano ha l'impressione di avere imboccato un vicolo cieco. Sente il peso insopportabile della sconfitta, che si somma a quello degli anni: forse che per lui è arrivato il momento della pensione? Di questo avviso è il dottor Pasquano, che non perde occasione di mandare a quel paese il commissario, in un trionfo di alata coprolalia. L'insonnia e certe visioni notturne, incubi cavallereschi con tanto di torneo al quale assistono dame e cavalieri capitanati da Carlo Magno in persona, sottraggono serenità a Montalbano: al quale, a un certo momento, si chiude addirittura la bocca dello stomaco. E né i sortilegi culinari di Adelina, né le dorate fritture di Enzo riescono a fare da antidoto. A questo si aggiunge la stupidità solenne dei superiori, un clima generale di insicurezza (vedi i licenziamenti che si moltiplicano) e a rincalzo le ragioni impenetrabili della burocrazia: in un clima di ottundimento generale. Ma Montalbano ha una corazza caratteriale che lo tiene al riparo dall'idiozia: quando mai egli ha seguito il manuale di comportamento del perfetto funzionario? E con la solita spudoratezza, avuta la giusta intuizione sulla scorta di una chiosa farneticante dell'immancabile Catarella, il nostro commissario passa al contrattacco, pur registrando nel cuore fenditure e nel cervello sconquassi, messi in moto da un'intuizione devastante, un terribile presentimento. E come un animale ferito in un agguato improvviso, Montalbano porta a termine l'indagine, alla fine non potendo far altro che leccare le proprie ferite.
Salvatore Ferlita
 
 

l'Unità, 21.10.2010
Ritorni. Lo scrittore siciliano torna da domani [Oggi, NdCFC] nelle librerie con "Il sorriso di Angelica"
Come l'Ariosto. Per la prima volta il commissario perde l'equilibrio. Ma poi svela l'oscuro...
Con il Montalbano innamorato la parabola del potere di Camilleri
Montalbano innamorato pazzo. Di Angelica, peraltro. Una donna bellissima, perduta in una storia di strani furti: un caso che permetterà al commissario di demistificare i meccanismi del potere.

Il fascino della bellezza femminile incanta il commissario Salvo Montalbano, lo turba, lo ammalia, lo fa innamorare. Ancora una volta. Ma così come l’Orlando furioso, Montalbano rinsavisce, anzi lui in realtà a differenza del personaggio dell’Ariosto, riesce a non perdere totalmente il controllo. In questo nuovo romanzo di Andrea Camilleri, Il sorriso di Angelica (edito da Sellerio), da oggi nelle librerie, la bellezza di una donna meravigliosa lo fa sognare, lo fa tornare un adolescente sedicenne innamorato della protagonista femminile del capolavoro dell’Ariosto. Quante volte da studente ha sognato e fantasticato su quella figura. Ed ora a 58 anni torna a quella fase della sua esistenza, manco fosse un eterno ritorno.
Con la particolarità che questa donna bellissima, raffinata e sensuale, esiste davvero, non è un disegno, ha forme splendide e sinuose, ed è una «trentina». Ma come la incontra? Montalbano è impegnato a sdipanare una vicenda di strani e misteriosi furti. Dapprima quando Catarella lo chiama al telefono, si irrita, al commissario sembra una cosa minore da affidare ai suoi collaboratori. Ma poi si rivela una vicenda davvero complicata. Anche perché i furti vengono attuati con tecniche non banali, e sono chiaramente elaborate da un cervello acuto e fine. Mentre cerca indizi, ascolta persone, il commissario si imbatte in Angelica Cosulich. Il solo guardarla, quando la leggiadra bellezza apre la porta di casa, gli fa mancare il respiro, addirittura si sente le gambe molli.
Angelica è di una bellezza al di fuori del comune, il movimento dei suoi lunghi e biondi capelli lo manda in estasi. Il punto è che ad Angelica Montalbano piace. Il commissario lo intuisce, e man mano che procede con le indagini, la situazione si infiamma. Montalbano cade in tentazione, Angelica riesce anche a fargli dimenticare Livia, la sua eterna fidanzata. Si accorge che con il tempo è cambiato, prima non cedeva mai alle altre donne, vi era solo la sua Livia. Adesso invece... Il Montalbano innamorato si accorge però di non esserlo davvero, proprio nel momento nel quale avrebbe invece potuto letteralmente perdere la testa. E così, ben ancorato alla realtà, torna a concentrare la sua attenzione alla risoluzione del giallo dei furti. Come nei romanzi precedenti, Camilleri pur giocando con la fantasia riesce a contestualizzare l’invenzione narrativa, e non perde occasione per criticare il governo attuale. Molto efficace il passaggio sul delicato tema delle intercettazioni.
E non solo, riesce anche a demistificare i meccanismi del potere. Così che accanto al livello narrativo, ve ne è un altro storico-sociale, ed ancora più su: uno antropologico-filosofico. Tripartizione che si coglie anche in un altro romanzo L’intermittenza (Mondadori). In questo libro Andrea Camilleri racconta un pezzo dell’Italia di oggi con le sue contraddizioni ed i suoi limiti. Una narrazione incentrata sul mondo dell’economia, con manager spregiudicati, aziende che chiudono e lavoratori in mobilità. Camilleri utilizza in questo caso solo la lingua italiana, senza alcuna citazione dialettale. Del resto il libro è ambientato nel Nord, nel cuore dell’Italia industriale e produttiva.
UNA STORIA DI AVIDITÀ La storia raccontata, frutto ovviamente della fantasia di Camilleri, è davvero emblematica. Vi è una grande azienda, la Manuelli, punto di forza dell’economia nazionale, che dà occupazione a migliaia di persone, che non sembra soffrire la crisi, ma che per l’avidità di potere e di soldi di alcuni suoi massimi dirigenti, si trova in una fase di difficoltà. Ed ecco spuntare la cassa integrazione, le trattative con i sindacati (mirando a dividerli), le occupazioni degli stabilimenti. Ed ancora, l’annuncio degli operai in mobilità che preoccupa alcuni esponenti governativi se essa riguarda stabilimenti del Nord. Se invece si tratta di fabbriche del Sud, vabbè, poco importa. Ma l’obiettivo dell’abile direttore generale della Manuelli, Mauro Di Blasi, è quello di riuscire in questo contesto a far acquisire alla sua azienda una impresa più piccola, il cui proprietario è assillato dai creditori ed è pronto a tutto pur di salvarsi.
E qui vien fuori l’ombra della corruzione, di accordi segreti alle spalle degli operai, mettendo in secondo piano le medesime aziende. Camilleri racconta il tutto con un ritmo narrativo incalzante e ne vien fuori un thriller spietato, dove non mancano ovviamente delle figure di donne bellissime, al centro di intrighi e tradimenti. Solo una cosa riesce a fermare le diaboliche macchinazioni del manager Di Blasi, un qualcosa di umano, molto umano, che ha a che fare con l’elemento dell’imponderabile, legato alla fragilità dell’organismo umano. Ed è una malattia che spunta con segni dapprima incomprensibili, scompare, ritorna, è intermittente, ma inesorabile...
Salvo Fallica
 
 

Il Giornale di Vicenza, 21.10.2010
Ritorna Montalbano pazzo d'amore
CAMILLERI. L'autore siciliano torna in libreria con l'ennesimo romanzo del poliziotto celebre anche nella versione tv. I versi del poema diventano fil rouge per cucire una trama avvincente di intrighi e passione

Montalbano invecchia. Sessantanni sono una soglia oltre la quale si comincia a intravedere l'oscurità. Il cuore si fa delicato, sobbalza spesso, la commozione è più frequente e così talvolta l'intuizione geniale, il bagliore risolutivo che scioglie qualsiasi intrico si fa turbare dalla piena delle emozioni. E come è prevedibile, a 58 anni Montalbano si innamora: ma di chi? E la sua Livia? Dispiace per lei, ma Livia è la discendente diretta delle varie donne dei grandi investigatori: ombra, nel migliore di casi manichino, destinato a non uscire mai dallo sfondo del quadro. Questa volta Montalbano, che non l'ha mai fatto, tradisce la sua compagna. Naturalmente con una creatura che è un'apparizione angelica, una dea, una fata. Insomma si innamora di Angelica, una fanciulla bionda, bellissima, che sembra la vera reincarnazione dell'Angelica di Ariosto, colei che fece impazzire d'amore Orlando.
Questo fil rouge ariostesco è la traccia dominante dell'ultima fatica di Andrea Camilleri, Il sorriso di Angelica, Sellerio, 2010, in libreria da oggi. Per gentile consessione dell'editore, ne pubblichiamo qui sotto un assaggio. Naturalmente il filo rosso amoroso si intreccia con un complesso e straordinario caso di furti e di vendette. La macchina del racconto va via lucida e precisa; i pezzi ben oliati si incastrano gli uni negli altri, a poco a poco il disegno che sta sotto nascosto, si fa visibile e il lettore, preso per mano dall'autore si lascia coinvolgere, magari anche emotivamente, dalla bella storia di un amore impossibile e di una serie di furti misteriosi. Che Camilleri fosse anche un letterato, ce ne eravamo già accorti: filigrane di Pirandello, Sciascia e di tanti altri grandi siciliani si affacciano con echi inconfondibili, al di là dello stile apparentemente semplice, dialettale, quasi parlato in molti dei suoi libri. In quest'ultimo romanzo lo scrittore si fa stregare dal ritorno degli anni giovanili: quanti si sono innamorati di Angelica proprio sui banchi di scuola! E allora la memoria scandisce i versi immortali dell'Ariosto e pagina dopo pagina, andiamo seguendo Angelica che questa volta non fugge. Ci sta e, diversamente dalla fanciulla del poema, se si omette la straordinaria bellezza bionda, è totalmente disinibita, cerca i suoi cavalieri amanti, li domina, se li prende e per intanto sembra non aver ancora trovato il suo Medoro. Però questo Montalbano, benché un po' stagionato, le sembra attraente, come Medoro potrebbe andare.
 
 

Il Tirreno, 21.10.2010
Camilleri ci riprova e torna in palcoscenico nel nome di Garibaldi

Livorno. In nome di Garibaldi torna a Livorno lo scrittore Andrea Camilleri. Autore-mito: colto e popolare, con il suo commissario Montalbano amato da tanti e le raffinate produzioni teatrali conosciute dai palati fini. Torna e torna appunto nella versione meno nota, quella da palcoscenico. Così come su un palcoscenico livornese, quello del Centro Artistico il Grattacielo iniziò la sua avventura toscana: a partire dal 1956 e per diversi anni lavorò infatti a un progetto per il Centro assieme al suo maestro Orazio Costa e curò la regia di vari spettacoli. E in nome di Garibaldi, sollecitato dal suo amico Alfonso Maurizio Iacono, preside della facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa, Camilleri ripete il gioco dell’intervista impossibile a Galilei, questa volta mettendo a confronto due personaggi come Giuseppe Bandi (fondatore del Telegrafo poi divenuto Il Tirreno) e Luciano Bianciardi, grossetani di origine, vissuti a un secolo di distanza l’uno dall’altro eppure ambedue legati a doppio filo alla storia dell’eroe dei due mondi. A dare loro voce, basandosi sul testo di Camilleri, in questa “Tavola rotonda immaginaria”, saranno gli attori Alessandro Benvenuti e Roberto Scarpa. Parleranno appunto di Garibaldi, in uno scambio di idee anche ironico, e lo scrittore siciliano avrà il ruolo del moderatore.
Dopo Galileo ancora due personaggi ripescati dal passato. Quanto è difficile far parlare personaggi di ieri al pubblico di oggi?
«Non è difficile se si conoscono bene i personaggi del passato e si rivolgono loro domande appropriate sicchè essi finiscono per rispondere su problemi e situazioni della società di oggi».
Come ricorda l’esperienza livornese? E cosa la lega alla Toscana?
«Una lunga consuetudine di lavoro teatrale mi lega a Livorno e soprattutto dall’esperienza al Grattacielo. E a Livorno la mia vita privata si intrecciò con quella del teatro. Infatti io e la mia futura moglie avevamo deciso di sposarci ma avevamo scoperto che per celebrare il matrimonio religioso bisognava essere cresimati e io non lo ero. Padre Egidio Guidubaldi, il fondatore del Grattacielo, mi fece comunicare e cresimare dal vecchio vescovo Piccioni nella sua cappella privata. Alla Toscana in particolare mi lega il fatto che da quarant’anni ho una casa a Bagnolo Santa Fiora alle pendici del Monte Amiata».
Garibaldi e il Risorgimento sono temi che l’hanno particolarmente appassionata anche in passato?
«Naturalmente. Essendo siciliano è ancora vivo in noi isolani l’episodio dello sbarco a Marsala di Garibaldi e dei suoi Mille. In Sicilia c’è stata una lunga tradizione garibaldina».
Lei è un uomo di cultura che riesce a vendere tanti libri e incontrare il consenso del pubblico, un fenomeno in controtendenza rispetto al dilagare della sottocultura da Grande Fratello e tv spazzatura. Un piacere o una responsabilità che pesa?
«Siccome sono libero da qualsiasi condizionamento e da qualsiasi oggettivazione del mio lavoro non sento di avere né piacere né il peso di qualche responsabilità».
Cristiana Grasso
 
 

Il Tirreno, 21.10.2010
Problemi di salute per Camilleri, ma l'inedito su Garibaldi si farà
Problemi di salute per lo scrittore

Livorno. Andrea Camilleri non potrà essere presente alla “prima” del suo spettacolo inedito, “Tavola rotonda immaginaria con Luciano Bianciardi e Giuseppe Bandi“ ideato da Camilleri stesso per Livorno nell’ambito dell’Anno Garibaldino. Problemi di salute gli impediscono, infatti, di spostarsi da Roma, la città in cui vive. Lo spettacolo andrà comunque in scena con Alessandro Benvenuti e Roberto Scarpa e sarà accompagnato dalla chitarra del musicista e compositore Luca Morelli. La rappresentazione sarà preceduta da un intervento del professor Alfonso Maurizio Iacono, preside della facoltà di lettere e Filosofia dell’Università di Pisa, sul tema “Nord Sud”.
“Siamo molto dispiaciuti – dichiara l’assessore alle culture Mario Tredici - che una indisposizione impedisca ad Andrea Camilleri di essere con noi lunedì sera alla prima nazionale del suo testo su Garibaldi. E auguriamo di cuore al grande scrittore un pronto recupero. Lo ringraziamo per aver concepito una piece inedita sull'epopea garibaldina facendo interagire se stesso con due protagonisti e scrittori di temi risorgimentali come Giuseppe Bandi e Luciano Bianciardi; e di aver pensato a Livorno, grazie all'iniziativa del prof. Iacono, come il luogo d'elezione per la prima rappresentazione. La sua assenza – conclude Tredici - ci priva di un grande protagonista, ma resta di assoluto valore l'operazione culturale e teatrale che ci ha proposto”.
 
 

21.10.2010
Magarìa torna in scena a Milano e Palermo

Martedì 23 novembre, a Milano, andrà in scena una nuova versione di Magarìa, la favola di Andrea Camilleri musicata da Marco Betta. L’allestimento prevede la proiezione di un film realizzato per l’occasione da Rocco Mortelliti. Interpreti Neri Marcorè e Alessandra Mortelliti.
Magarìa (in un allestimento diverso rispetto all'edizione milanese) sarà proposta anche al teatro Politeama di Palermo, nell’ambito della Stagione Concertistica 2010/2011 dell'Associazione Amici della Musica, con la regia di Alfio Scuderi:
presentazione venerdì 11 febbraio 2011 alle 18:00 alla Libreria Feltrinelli;
prima recita domenica 13 febbraio 2011 alle 11:30;
seconda recita lunedì 14 febbraio 2011 alle 9:30;
terza recita lunedì 14 febbraio 2011 alle 11:30.
 
 

22.10.2010
Programma dell'ultima giornata dell'Anno Garibaldino - Livorno, 25.20.2010

A seguito dell'ufficializzazione del forfait di Andrea Camilleri, il programma dell'ultima giornata dell'Anno Garibaldino di Livorno sarà il seguente.
Sarà messa in scena, come previsto, la Tavola rotonda immaginaria con Luciano Bianciardi e Giuseppe Bandi, uno spettacolo inedito scritto da Andrea Camilleri e interpretato da Alessandro Benvenuti (nel ruolo di Luciano Bianciardi) e Roberto Scarpa (Giuseppe Bandi); il ruolo del coordinatore sarà interpretato da Adriano Iurissevich.
In luogo del previsto collage storico introduttivo a cura di Roberto Scarpa, tratto da testi di Giuseppe Bandi e Luciano Bianciardi, ci sarà un'introduzione storica dal titolo Nord-Sud tenuta da Alfonso Maurizio Iacono, Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Pisa.
Si terrà una doppia replica, alle 17:00 e alle 21:00.
L'evento, organizzato in collaborazione dall'Università di Pisa e dal Comune di Livorno, si terrà presso la Goldonetta (anziché al teatro Goldoni). L'ingresso sarà gratuito. Maggiori informazioni sul sito del Comune di Livorno.
 
 

Il Giornale, 22.10.2010
Il nuovo Camilleri «pricisu» identico agli altri sette usciti nel 2010

Grande entusiasmo per l’uscita dell’ottavo libro di Andrea Camilleri nel 2010 (fate in fretta a leggerlo, il nono è previsto per dicembre). Le anteprime sui giornali di ieri trasmettevano l’elettrizzante attesa dell’uscita, il fiato sospeso col quale si aspettava l’ennesima avventura del commissario Montalbano, Il sorriso di Angelica (Sellerio), da ieri in libreria. La Stampa, a esempio, sottolinea che Camilleri «si dispiega nel cavare dal suo microcosmo immaginario intrecci sempre nuovi» ma dopo aver «pagato il tributo a quella che è ormai la “maniera” montalbaniana» e orchestrato «il consueto stuolo di comprimari» come «in quasi tutti i romanzi della serie». Galvanizzante. Per l’Unità, Camilleri «pur giocando con la fantasia riesce a contestualizzare l’invenzione narrativa» (frase che a prima vista non significa una minchia, come direbbe Montalbano) e «non perde occasione per criticare il governo attuale» ovviamente «come nei romanzi precedenti». Eccitante. Si astengono da ogni commento Riformista e Fatto Quotidiano, che optano saggiamente per una paginata a firma di Camilleri e stop.
La novità del Sorriso di Angelica sarebbe che Montalbano questa volta si innamora e per giunta di una donna molto simile all’eroina dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. Il commissario si sveglia di colpo, o meglio «s’arrisbigliò subitaneo». Accanto a lui, nel letto, la sua Livia che deve aver parlato nel dormiveglia, o meglio «in una fasi spiciali del sonno nella quale avrebbi ditto qualichi altra parola». Poi, nel corso di un’indagine su una serie di furti, il detective si invaghirà di una bella bionda, Angelica, identica, o meglio «pricisa», alla protagonista del poema cavalleresco. Montalbano, a dire il vero, si era già innamorato di una ragazza dagli occhi chiari nell’Età del dubbio (il quattordicesimo della serie, edito da Sellerio nel 2008) e anche lì, per pura coincidenza, si svegliava bruscamente in una giornata tempestosa.
Del resto una certa ripetitività è inevitabile quando si produce in serie come le Pregiate Officine Editoriali Andrea Camilleri. Dalla catena di montaggio, come risulta dalla bibliografia on line di Vigata.org, l’ottimo sito dei fan dello scrittore siciliano, quest’anno sono usciti sette romanzi, brevi o lunghi e destinati a editori diversi, una raccolta di articoli in origine vergati per l’Unità, almeno quattro prefazioni a libri altrui e uno spettacolo teatrale. Senza contare gli interventi su Stampa e Micromega. Duecento pagine di media, il totale è circa di milleseicento in nove mesi, più quelle in arrivo. Da Guinness dei primati. Per forza poi alcune storie sembrano «pricise» identiche.
Alessandro Gnocchi
 
 

RTM, 22.10.2010
Il Premio Scicli il 31 ottobre. Saranno premiate cinque personalità che hanno dato lustro a Scicli

Si terrà il 31 ottobre, domenica, l’edizione 2010 del Premio Scicli. Il sindaco di Scicli, Giovanni Venticinque, ha ufficializzato oggi i nomi dei cinque premiati: Andrea Camilleri, Alberto Sironi, Paolo Nifosì, Ignazio Tasca e l’associazione Peppe Greco. L’edizione 2010 del Premio si preannuncia di assoluto livello: sul palco del Teatro Italia parleranno di Scicli e del loro legame con la città il papà del commissario Montalbano, il regista del serial televisivo, lo storico dell’arte il cui lavoro ha permesso l’inclusione di Scicli tra i Beni dell’Umanità, un medico di fama internazionale e l’associazione che ha portato i campioni della podistica internazionale tra le basole di via Mormina Penna.
 
 

Il Velino, 22.10.2010
Cultura, Premio Morante per la narrativa a Michela Mari

Napoli - L’ultimo lavoro di Michele Mari, “Rosso Floyd”, edito da Einaudi, si aggiudica il Premio Elsa Morante per la Narrativa 2010. La giuria di Dacia Maraini, composta da Andrea Camilleri, Enzo Colimoro, Maurizio Costanzo, Francesco Cevasco, Chiara Gamberale, Emanuele Trevi, Teresa Triscari e Tjuna Notarbartolo, premia un romanzo dalla scrittura originale, dallo stile personalissimo e assolutamente riconoscibile. Un libro sui Pink Floyd […]. Lo scrittore ritirerà il prestigioso riconoscimento durante la Cerimonia di Premiazione dell’Elsa Morante che si terrà al Teatro Parioli di Roma il prossimo 28 ottobre, alle 20.30. Insieme a lui saranno presenti i vincitori delle altre sezioni e la giuria. […]
 
 

Il Fatto Quotidiano, 23.10.2010
Blog
Lo “scoop” del Giornale su Camilleri

Andrea Camilleri ha un’inventiva strepitosa e una capacità di lavoro impressionante. Ma ha anche la colpa inespiabile (agli occhi del regime putiniano di Arcore) di impegnarsi dalla parte giusta, quella della giustizia e della libertà, in occasione delle lotte che per fortuna la società civile riesce ancora ad animare. Ultima scelta di impegno, in ordine di tempo, la mobilitazione della società civile (ripeto di proposito il termine, proprio perché a molti dispiace) in sinergia con la Fiom, sabato 18 ottobre.
Ovvio che contro Camilleri “il Giornale” del padrone abbia il dente avvelenato. Ma poiché da quelle parti l’inventiva è un tanticchia indigente e la capacità di lavoro un tanticchia claudicante, per attaccare Camilleri non trovano di meglio che accusarlo di scrivere troppo, costringendosi in pratica ad “autocopiarsi” per venir meno della fantasia. I “segugi” del “Giornale”, evidentemente “a rota” di nuove rivelazioni su Montecarlo, fanno lo scoop: quella di Camilleri è “una catena di montaggio” e “una certa ripetitività è inevitabile quando si produce in serie”. Il titolo dell’articolo è sensazionale: “Il nuovo Camilleri ‘pricisu’ identico agli altri sette usciti nel 2010” come dimostrato dalla seguente “pistola fumante” (la cucina Scavolini le fa un baffo): nel nuovo libro (“Il Sorriso di Angelica”) “Montalbano questa volta si innamora. Il commissario si sveglia di colpo, o meglio ‘s’arrisbigliò subitaneo’”. Ma, ecco lo scoop, “Montalbano, si era già innamorato di una ragazza dagli occhi chiari nella ‘Età del dubbio’ (il quattordicesimo della serie, edito da Sellerio nel 2008) e anche lì, per pura coincidenza, si svegliava bruscamente in una giornata tempestosa”. Praticamente un plagio, non c’è che dire. Ai segugi del “Giornali” suggeriamo una ulteriore pista: quello dell’autoplagio in Camilleri è un vizio: una lite (anzi “azzuffatina”) tra Montalbano e la fidanzata Livia, per dire, c’è quasi in ogni romanzo.
E poi quelli del “Giornale” si lamentano che al berlusconismo non venga riconosciuta l’egemonia culturale che meriterebbe.
Paolo Flores d’Arcais
 
 

Il Denaro.it, 23.10.2010
I più venduti
Culture letterarie a confronto
La classifica dei libri più venduti in Campania in questa settimana (in base al sondaggio svolto alla Feltrinelli di piazza dei Martiri, alla Fnac del Vomero e alla Libreria Guida Portalba) vede ai primi posti Il sorriso di Angelica di Andrea Camilleri e Un viaggio chiamato vita di Banana Yoshimoto

L'irrefrenabile inventiva di Andrea Camilleri dà alla luce un nuovo capitolo del commissario Montalbano. Si intitola Il sorriso di Angelica e trasporta il lettore in un mondo incantato mai visto nei romanzi precedenti. Una giovane donna dai contorni misteriosi scuote il cuore di Salvo e lo fa innamorare. Sarà solo una sbandata? E come la prenderà l'eterna fidanzata Livia? Quel che è certo è il lavoro che l'autore siciliano compie sul suo personaggio più famoso. Un lavoro al tornio che modella la psicologia di Montalbano facendone risaltare tutta una serie di tratti adolescenziali che derivano dallo stato di innamoramento in cui l'uomo, suo malgrado, viene a trovarsi. Via libera allora ai repentini sbalzi d'umore, alle gelosie immotivate, ai turbamenti e, soprattutto, alla poesia.
[...]
Anna Petrazzuolo
 
 

Italica, 23.10.2010
Harvard Diary
La caccia al tesoro

Di un romanzo di questo tipo una dozzina di anni fa Montalbano avrebbe rifiutato di essere il protagonista: troppo horror, con un’insistenza sulla violenza, la necrofilia, il sangue, più consona a scrittori come Thomas Harris o Jeffrey Deaver. “Non voglio entrarci, non è cosa mia”, aveva dichiarato a Camilleri, pirandellianamente uscendo da un racconto degli Arancini di Montalbano e costringendo il proprio autore a interromperlo. Ma ora Montalbano si sente vecchio, e Camilleri, evidentemente, pure. L’anagrafe c’entra poco, come spiega Ingrid al commissario: “Ci sono trentenni che sembrano settantenni e viceversa”. È piuttosto una questione, direi, ideologica: a una visione del mondo che malgrado l’avvilimento restava aggrappata all’imperativo morale di resistere (ancora nella Danza del gabbiano, uscito l’anno scorso: “Di mollare tutto, manco a parlarne”), se n’è sostituita una che privilegia la rassegnazione, la resa: “Montalbano chiuì l’occhi”. Al giallo, che punta a una soluzione, ossia a un progresso, e che generalmente la raggiunge grazie a un’illuminazione (anche in questo romanzo: “Un lampo di luci violenta gli accicò per un momento la vista ma gli illuminò il ciriveddro”), si è sovrapposto il noir, che si fonda invece sulla sfiducia nella ragione e nella logica, e che predilige l’oscurità. La caccia al tesoro inizia di notte, con l’esplorazione di un appartamento da incubo (“come pellicola dell’orrore, non c’era mali”) e finisce, sempre di notte, in un altro interno spaventoso, la tana di un maniaco (“era ’na cosa che potiva appartiniri a ’na pillicula dell’orrore”). Il buio e la follia rispecchiano una paralizzante angoscia interiore: in questa storia Montalbano trasforma la sua usuale e spesso ironica dissintonia con il nostro tempo in una dura sottolineatura di un disordine e un’aberrazione (psicologici, politici, sociali) ormai fisiologici, irrimediabili. A un certo punto si ritrova su una strada di campagna per la quale era passato tanti anni prima, da ragazzo: dove allora c’era un bosco di antichi ulivi saraceni trova solo cemento. La denuncia della degradazione ambientale è una costante in Camilleri, e ha contribuito a farne uno scrittore civile oltre che intrattenente. Però qui non si limita a deplorare la dissennata insensibilità ecologica del neocapitalismo: Montalbano viene ferito dall’oggettivo “guasto alla natura” ma anche offeso dalla ben più soggettiva “morti del gusto”. Alcune pagine prima la voce narrante aveva denunciato il perbenismo di facciata di quei giornali di destra che sostenevano un censura delle immagini televisive troppo crude o oscene per evitare appunto “la morte del buon gusto”. Come giustificare questa precisa e incongrua ripetizione, così simile a quei lapsus granni come case che di solito (anche in questo romanzo) aiutano il commissario a risolvere le sue indagini? Camilleri è un vero scrittore: ha cioè la sensibilità per catalizzare paure e contraddizioni reali, collettive, soprattutto quelle della sfera sociale che frequenta e da cui proviene. Analizzare questo suo ultimo libro aiuta a capire la crisi del pensiero laico e progressista, la sua inabilità di distinguere, per esempio, fra una lotta in difesa dell’ambiente, di cui deve farsi carico, e una lotta in difesa delle tradizioni e identità culturali, che dovrebbe lasciare ai conservatori. Indicativo il fatto che la lettura serale di Montalbano questa volta sia Il presidente di Simenon: un autore disimpegnato ma di buon gusto, e che in questa specifica opera trattava del contrasto fra la memoria di un passato dinamico, da primo attore, e un presente vuoto d’azione e di progetti, sostituiti da frustrazioni e paranoie. In un famoso saggio, Pirandello definì l’umorismo sentimento del contrario: la prima reazione di fronte a qualcosa di strano o inconsueto, per esempio una vecchia signora pesantemente truccata e vestita da teenager, è il comico, avvertimento del contrario. Però poi ci viene il sospetto che dietro quella mascherata ci siano la paura di invecchiare o il disperato desiderio di essere ancora desiderata: e allora raggiungiamo la compassione. Anche Montalbano, nel capitolo conclusivo, passa dal riso alla pietà: in pericolo mortale, vede il ridicolo della propria condizione e ne ride (“ridiva pirchì il ciriveddro s’arrefutava di cridiri a quello che stava capitanno”); poi, scampato alla morte, vede il ridicolo della condizione del proprio carnefice, e ne prova pena. Eppure i due momenti restano irrelati e irrisolti: il secondo non completa e non riscatta il primo. In entrambi i casi c’è avvertimento della diversità del mondo, che include le proprie debolezze e l’intelligenza malata di un serial killer. Montalbano accetta questa diversità, però non riesce a farsi mutare da essa, non ne acquista il sentimento, ossia una coscienza critica. L’umorismo non cambia le cose: non ringiovanisce la vecchia signora né la rende elegante. Cambia invece coloro che lo esercitano, rendendoli più adatti ad affrontare la realtà, quale che sia; permette una sintonia con ciò che pareva inaccettabile e che rimane inspiegabile. È un dispositivo pragmatico, particolarmente utile in una società dello spettacolo come la nostra, intrisa di virtualità e di finzione: “Il problema era che non si era trattato di ’na finzione, ma di ’na cosa vera, di una realtà, macari se a questa realtà tanto assurda ci mancava picca e nenti per essiri finzione”. Per agire efficacemente in tale contingenza bisogna aprirsi al dubbio, mettersi in discussione, rivedere le proprie premesse e abitudini mentali. Invece Montalbano ciò che non accetta e non sa spiegarsi continua a rifiutarlo pregiudizialmente, quasi fosse un atto di complicità con la grande menzogna che tutto avvolge: e precludendosi così non solo l’umorismo ma anche la possibilità di modificare la situazione. Significativamente i suoi abituali comprimari restano sullo sfondo: Mimì, Fazio, Catarella, Livia, il questore, il dottor Pasquano, fanno delle apparizioni senza spessore, da comparse. E del tutto assente è Nicolò Zito, il giornalista di Retelibera amico di Montalbano e comunista non pentito: proprio il personaggio che costituiva il tentativo di costruire un ponte fra la vecchia politica e i nuovi media. In primo piano c’è invece una bambola gonfiabile, di cui il commissario non riesce a liberarsi (la nasconde in uno sgabuzzino, sotto il letto, nel bagagliaio dell’auto, prova a seppellirla nella spiaggia, e sempre torna fuori, “manco la mummia di Tutankamon portava tanta jella!”) e che lo ossessiona nei sogni: un feticcio dunque, su cui si può proiettare qualsiasi fantasia senza rischiare smentite, e per di più di trent’anni fa, inattuale anch’esso, un residuo decrepito di tempi in cui la finzione era ancora finzione: “Ora ne fanno di altre materie, tipo gommapiuma, però non sono più gonfiabili, parino fìmmine vere, fanno ’mpressioni”. L’errore di Montalbano è credere che le cacce al tesoro a cui siamo invitati o costretti a partecipare le si possa vincere arrivando al traguardo prima dei nostri avversari, come tenta di fare accettando la sfida dell’assassino; o magari rifiutando di partecipare, come sembra aver imparato alla fine, quando torna a Marinella, si fa una doccia purificatrice e si mangia ’na gran teglia di pasta ’ncasciata e otto arancini (un sottile riferimento di Camilleri al racconto di cui dicevo sopra?). Senza accorgersi che lo scopo del gioco non è nel risultato né nella partecipazione individuale bensì nel gioco stesso, nella sua egemonia; e che l’unica via d’uscita, l’unica ribellione possibile, è giocarlo. Ma a modo nostro, con le nostre regole.
Giudizio: 3/5
Riferimenti:
- Thomas Harris, Il silenzio degli innocenti, Mondadori, pp. 388, euro 9,50.
- Jeffrey Deaver, Il collezionista di ossa, Rizzoli, pp. 464, euro 7,00.
- Georges Simenon, Il presidente, Adelphi, pp. 155, euro 16,00.
- Luigi Pirandello, L’umorismo, Garzanti, pp. 338, euro 7,80.
- Guy Debord, La società dello spettacolo, Baldini Castoldi Dalai, pp. 254, euro 7,90.
Francesco Erspamer
 
 

Corriere della Sera, 24.10.2010
Il caso. Lo spettacolo teatrale organizzato a Livorno contestato da Luciana. "Un affronto alla sua memoria". Lite anche sui diritti
Bianciardi «garibaldino», la figlia contro Camilleri
Marco Gasperetti
 
 

Il Tirreno, 24.10.2010
L'incontro impossibile tra due scrittori

Livorno. “Tavola rotonda immaginaria con Luciano Bianciardi e Giuseppe Bandi” scritta da Andrea Camilleri sarà presentata domani alla Goldonetta per due volte: alle 17 e alle 21 con ingresso gratuito. Lo spettacolo avrà una conferenza introduttiva del filosofo Alfonso Maurizio Iacono dal titolo “Nord-Sud”. Così si concludono le celebrazioni dell’Anno Garibaldino di Livorno. Fino al 12 dicembre c’è ancora la mostra “Giuseppe Garibaldi e i Mille” ai Granai di Villa Mimbelli.  «Un testo tutto di fantasia che Camilleri ha scritto apposta per questo appuntamento livornese, immaginando una tavola rotonda impossibile, mettendo di fronte due personaggi toscani, tutti e due maremmani, Bandi e Bianciardi, legati l’uno all’altro dal tema del Risorgimento» dice Roberto Scarpa a cui è affidato il ruolo di Bianciardi. Scarpa, attore e scrittore, sta girando con un suo testo dal titolo “Sogni d’oro. La storia di Adriano Olivetti. Favola vera dell’immaginazione al potere” e anche qui si occupa di utopia, come nel caso di Garibaldi. Bianciardi era legato alla figura di Bandi, il padre gli aveva regalato il romanzo “I Mille” quando aveva 8 anni e lui da adulto ha scritto ispirandosi a lui. «Questa iniziativa - dice Scarpa che ha collaborato a lungo con Andrea Camilleri curando due libri dello scrittore siciliano dedicati al teatro - è stata pensata con l’intento di far venir voglia di avvicinarsi al Risorgimento, di riprendere in mano le opere di questi autori».
 
 

Il Tirreno, 24.10.2010
Morire per un idea Che tenerezza quei giovani eroi

Livorno. «Un pazzo, Garibaldi per me non era altro che un pazzo. Ma ha fatto la storia. Non possiamo che considerarlo un simbolo in un’epoca in cui c’è chi mette in discussione l’unità dell’Italia. Ciò che mille pazzi hanno unito, un partito di pazzi non divida». Con queste idee in testa Alessandro Benvenuti domani salirà sul palco della Goldonetta a Livorno per dar vita a “Tavola rotonda immaginaria con Luciano Bianciardi e Giuseppe Bandi” scritta da Andrea Camilleri.
Un testo che Camilleri ha scritto dedicandolo alla città di Livorno perché diventasse una lettura scenica. Avrebbe dovuto esserci anche lui ma non potrà spostarsi per motivi di salute. Ci saranno invece, oltre a Benvenuti nel ruolo di Bandi, Roberto Scarpa che sarà Bianciardi e Adriano Jurissevich che farà da coordinatore, e il musicista Luca Morelli. Trasporteranno lo spettatore in un viaggio non tanto all’indietro nel tempo quanto dentro parole alte come “patria”, “Italia unita”, “uguaglianza” e “libertà” che oggi sembrano aver perso il loro colore luminoso.
Alessandro Benvenuti presterà la sua voce a Giuseppe Bandi, intellettuale e combattente al seguito di Garibaldi che, finito il tempo delle battaglie, si mise a fare il giornalista. Prima fu direttore della Gazzetta Livornese, poi nel 1877 fondò una propria testata: Il Telegrafo, oggi Il Tirreno. Il suo romanzo “I Mille” è diventato un classico della letteratura risorgimentale, pubblicato postumo dopo l’uccisione di Bandi da parte di un anarchico.
«Sarà un dibattito domestico tra i due all’ombra degli eventi che portarono all’Unità d’Italia - annuncia Benvenuti - Per quel che mi riguarda si sposa benissimo con quello che sto facendo adesso». L’attore-regista ha appena finito di montare “Li romani in Russia” spettacolo teatrale con protagonista Simone Cristicchi e che parla della ritirata degli italiani nella seconda guerra mondiale. «Un poema in versi bellissimo - spiega - di Elia Marcelli scrittore morto nel ’98. È stato il primo pacifista italiano».
Guerra e pace. È importante tornare a queste storie?
«Importantissimo. Ha senso perché si parla di memorie. Nel caso di questa tavola rotonda che faremo a Livorno si tratta di personaggi che hanno avuto un peso per noi toscani, due nostri rappresentanti, due teste pensanti come oggi ce ne sono poche. Bandi prima lo conoscevo poco. Di Bianciardi ho letto “La vita agra” per Radio3 e mi sono commosso».
Certe idee oggi sembrano improponibili.
«Allora erano idee intrise di rabbia, di romanticismo, si arrivava a gesti estremi perché si credeva in un ideale, c’era una passione. Se penso alla melma che c’è oggi da un punto di vista politico... C’era una tensione civile, si voleva operare per il bene. Oggi si lotta più per l’interesse che per dei valori. Mi ritrovo a pensare che soltanto dei fatti fortemente traumatici, qualche dolore nazionale, potranno cambiare questa deriva».
Il Risorgimento è stata anche un’epoca piena di contraddizioni, di speranze tradite.
«Se si riesce a vedere la storia criticamente, con disincanto, male non fa. Ma questi ragazzi che partivano con Garibaldi lasciano ancora quell’impressione romantica di gente che vuole ricominciare. Erano persone che volevano cambiare il mondo, partivano perché avevano un’urgenza. È questa capacità di partire che oggi non c’è più. E invece l’esigenza di cambiare dovrebbe appartenere alla razza umana. Ecco perché li vedo con tenerezza, come dei visionari romantici, che partivano seguendo un’utopia che poi è diveratata realtà».
 
 

Le stanze di Alba, 24.10.2010
"Il sorriso di Angelica" di Andrea Camilleri

Bentornato Montalbano.. bentornato cinquantenne confuso e sbalordito dei propri bisogni d'amore come dalle impetuose gelosie e da una voglia sempre vigile di far rispettare la giustizia. Bentornato ad un commissario di polizia che sogna l'Ariosto e si ritrova poi davanti la sua eroina in carne ed ossa, Angelica.. lei come tanti a Vigata vittima di furti dalle modalità al limite del rituale che sembrano nascondere qualcosa, un segreto forse inconfessabile o solo cieca, cattiva.. vendetta. E forse proprio il sorriso di Angelica inquieta l'ordinaria logica di Montalbano, preso più a interrogarsi sul suo legame con Livia, sulle strampalate bugie accettate più di una confessione di tradimento che a guardare la verità drammatica che ha sotto gli occhi e che si costringe a negare fino a quando inevitabile lo porterà a un passo dalla rovina.
Spumeggiante come sempre la scrittura di Camilleri, la sicilianità vitale dirompe da ogni pagina, così pure l'inevitabile stoccata al governo:
"Dottore non abbiamo personali. Con tutti questi tagli che ha fatto il governo.."
"E hanno macari il coraggio di chiamarli liggi supra alla sicurezza dei cittadini! Semo arridotti, senza macchine, senza benzina, senza armi, senza omini.. Si vidi che sono seriamente 'ntinzionati a favoriri la sdilinquenza"
 
 

dooyoo, 24.10.2010
Camilleri è un grande
La Paura di Montalbano - Andrea Camilleri
Valutazione: 5/5
Vantaggi: racconti interessanti
Svantaggi: se non piacciono i racconti

Devo dire che ho comprato questo libro a scatola chiusa visto che mi piace tantissimo Camilleri e quindi non ho letto neanche la presentazione che si trova sul retro del libro. Quindi quando ho preso poi in mano il libro e ho scoperto trattarsi di una raccolta di 6 racconti, tre lunghi e tre brevi, ci sono rimasta un po' male. Di base, infatti, non amo molto i libri di racconti, preferisco i romanzi unici un po' lunghi. Però, come sempre, Camilleri mi ha soddisfatta in pieno: i racconti sono molto carini, soprattutto quelli lunghi e sono anche appassionanti come un romanzo unico. Quelli brevi... beh sono effettivamente molto bene ma intriganti e, ovviamente parlando di Camilleri, anche molto ben scritti. Non vi racconto nessuna trama altrimenti andrebbero sciupati ma vi consiglio di procurarvi questo libro perché ne rimarrete molto soddisfatti... e poi, ovviamente, scriveteci un'opinione e fatemi sapere qualcosa.
Lo stile di Camilleri è sempre inconfondibile ma devo dire che in questi racconti è forse migliore rispetto ai romanzi lunghi che, invece, hanno avuto più successo.
(Opinione già pubblicata su un altro sito)
Conclusione: Ottimo racconti di Camilleri
Ciobinsilvia
 
 

La Repubblica, 25.10.2010
Gli scrittori riscoprono l'arte del radiodramma

Un genere fra i più popolari della radio. E nel quale, contemporaneamente, si tentarono audaci sperimentazioni. Due cose che difficilmente convivono. Ma che il radiodramma qualche volta ha tenuto insieme. Ora i radiodrammi, con i quali si sono cimentati grandi autori e che nacquero quasi agli albori della radio, conoscono una nuova stagione dopo un periodo di trascuratezza. Fra le iniziative che Radio3 ha avviato per festeggiare i suoi sessant'anni c'è un ciclo curato da Laura Palmieri e Lorenzo Pavolini: quattro lavori teatrali sul tema della radio commissionati ad altrettanti autori. Giosuè Calaciura, Chiara Valerio […] Carlo D'Amicis e Nicola Lagioia. Marino Sinibaldi ha concepito i radiodrammi quasi come un caso estremo di dove la radio può spingersi, restando radio. E cioè, spiega il direttore di Radio3, «si è utilizzato un genere in cui si lavora sul linguaggio, sulla parola, sulle sonorità». Il radiodramma «è narrativamente coinvolgente, costruito a tavolino e non è fondato sulla diretta. Riesce a catturare l'attenzione per un lasso di tempo che va dai 30 ai 40 minuti. Cosa che la radio ancora può fare in un ambiente in cui domina una specie di Wi-fi generalizzato, con tantissime fonti che emettono parole e musica». I radiodrammi sono testi teatrali pensati e scritti per la radio. Pochi personaggi, dialogo fitto, rumori. Regia accurata. Una narrazione che scaturisce dalla parola e si nutre di evocazioni. La musica, quasi sempre contemporanea, che diventa elemento costruttivo e non solo sfondo. […] Nel passato hanno lavorato ai radiodrammi grandi autori, ma anche registi, musicisti e attori di prim'ordine (i loro nomi si trovano nel sito www.radiodrammi.it). […] La radio diventa occasione di lavoro per molti scrittori attratti a Roma. […] E Andrea Camilleri. […]
Francesco Erbani
 
 
"Quando lavoravo agli effetti sonori"

Roma - «Ho cominciato alla Rai nel '59. Fra le prime cose che curai ci fu un adattamento tv di Finale di partita di Beckett. Poi per trent'anni mi sono occupato anche di radiodrammi».
Andrea Camilleri, lei ne ha diretti tanti, come sono cambiati?
«In un primo tempo si cercava di suggerire il più possibile l'ambiente in cui si svolgeva la storia. Bisognava aiutare lo spettatore a immaginare un luogo. Ricordo lo sforzo impiegato per far sentire il fruscìo di un abito. Questo scrupolo poi si è smagliato. Ci si è affidati alla forza di evocazione che possiede la parola. E anche la scrittura è migliorata, si è liberata dall'esigenza di aderire alla realtà».
E la regia?
«La regia aveva il compito di organizzare voci che sembravano muoversi nello spazio. Migliorammo gli esperimenti sonori, grazie allo Studio di Fonologia di Berio e Maderna».
Poi il successo è venuto calando.
«Io credo sia stato a causa degli sceneggiati televisivi».
Fr. Erb.
 
 

Affaritaliani.it, 26.10.2010
"Così la camorra mette le mani sulla monnezza"

Una storia quasi surreale, che parte dalla costruzione di un condominio abusivo a Pianura, quartiere napoletano, e arriva a un'intera area sommersa dalla monnezza, tra rifiuti urbani e scorie tossiche, gestioni camorristiche, connivenze istituzionali e conseguenti problemi di salute dei residenti, costretti a respirare sostante nocive. I protagonisti sono inventati, ma i fatti verosimili: ne nasce un racconto esilarante e drammatico al tempo stesso.
A raccontarlo è un napoletano doc, il giornalista e scrittore Francesco De Filippo, che uscirà a novembre in libreria con "Monnezza", edito da Infinito Edizioni. Un libro che spiega i meccanismi perversi e criminali che regolano il mercato dei rifiuti in Campania. "Una divertentissima e amara metafora sulla vicenda della monnezza - ne scrive Andrea Camilleri - che da fenomeno reale si trasforma addirittura in una metafisica della condizione umana".
[...]
Maria Carla Rota
 
 

ANSA, 26.10.2010
Libri: da Eco a Camilleri in e-book
A Natale disponibili 7mila titoli per il formato digitale

Roma - A Natale arriveranno 7 mila titoli nella versione e-book. L'elenco degli autori italiani e dei classici e' gia' lungo: Eco, Camilleri, De Luca, De Carlo, Tamaro, Maraini, tutto Calvino e tutte le opere della Fallaci e i principali titoli di Biagi e Montanelli. Molte novita' escono in contemporanea con i titoli cartacei [fra queste anche "L'intermittenza" di Camilleri, NdCFC]. Fra gli autori stranieri la trilogia 'Millenium' di Larsson, 'La caduta dei giganti' di Follett, titoli del premio Nobel Jose' Saramago, e 'Solo se avrai coraggio' di Evans.
 
 

Eco di san Gabriele, 10.2010 (pubblicato 26.10.2010)
Intervista ad Andrea Camilleri
Dovrò abbonarmi a L’Eco per non leggere veline…
“Mio padre, un fascista disilluso, si abbonò a L’Osservatore romano per avere informazioni da un giornale non allineato al regime... La bestemmia - osserva il “papà” di Montalbano - è sempre una bestemmia, qualunque sia il contesto… Non ho paura della morte, è compresa nel ticket della vita… Invidio chi ha la fede. Io, comunque, al massimo avrò infranto due comandamenti, e nemmeno dei più seri…”

La sigaretta, ormai, è per lui una compagna di vita. Non è che ne vada fiero, ci mancherebbe, ma senza ne morirebbe... Ne brucia tre pacchetti al giorno, nonostante questo, però, afferma con forza di essere un dissuasore del fumo. “L’altro giorno ho visto un ragazzino con la sigaretta in mano. L’ho ripreso severamente dicendogli di smettere di fumare. Lui, allora, mi ha fatto notare che avevo una sigaretta tra le dita... Sì, gli ho risposto stizzito, ma io ho 85 anni…”.
E’ questo Andrea Camilleri, un personaggio straordinario. E’ lo scrittore più amato e letto; regista, autore teatrale e televisivo di assoluto valore. Penna e cervello geniale, vincitore di numerosi e prestigiosi premi, siciliano verace di Porto Empedocle. Sino a oggi ha venduto oltre dieci milioni di libri, tradotti in tutto il mondo, entusiasmando i lettori di ogni latitudine. E’ anche il “papà” del commissario Montalbano, una sorta di “bingo letterario e televisivo” che l’ottantacinquenne agrigentino ha aggiunto alla sua scintillante e lunga carriera.
Scrittore attento a ogni mutamento e sibilo della società, Camilleri, sposato e padre di tre figlie, ha da sempre nutrito una grande passione per il genio del premio Nobel per la letteratura, Luigi Pirandello, che come lui ebbe i natali ad Agrigento. Bellissimo, a proposito, il romanzo Biografia del figlio cambiato, dove Camilleri svela magistralmente l’origine della perenne infelicità pirandelliana.
Da una vita Camilleri vive a Roma, ma il suo cuore è sempre lì, a Porto Empedocle, a respirare l’aria del porto, a chiacchierare per ore in dialetto con gli amici di sempre. In Sicilia torna volentieri, anche se ormai non ha più legami. Il tempo, si sa, porta via tutto ma l’isola e gli isolani gli sono rimasti dentro. Come l’aria salmastra di quel mare che guarda l’Africa.
L’occasione per incontrare il professor Camilleri mi arriva da uno dei sui ultimi libri, Di testa nostra. Cronache con rabbia 2009-2010 (Chiarelettere, pp. 224, euro 13,60) scritto insieme a Saverio Lodato. “Un libro controcorrente - come sottolineano gli autori - che spezza il coro del silenzio della grande macchina televisiva italiana e di gran parte della stampa”.
Con grande affabilità mi riceve nella capitale in un caldo pomeriggio di ottobre, aprendomi le porte del suo buen retiro. Ci accomodiamo nel suo studio, dove il commissario Moltalbano sta per risolvere l’ennesimo giallo rompicapo… La multifilter è già tra le sue mani, pronta a bruciare, mentre due pacchetti in bella mostra sulla scrivania “rassicurano” il mio interlocutore. Un po’ di fumo passivo, penso tra me, è comunque compensato dal valore del personaggio che mi trovo davanti. Sì, anche per me è arrivato il momento di accendere. Il registratore…
Professor Camilleri, perdoni la mia curiosità, ma è vero che suo nonno e il papà di Luigi Pirandello furono “soci” nell’acquisto e nella gestione di una zolfatara?
All’epoca erano quasi tutti commercianti di zolfo e anche proprietari di miniere le quali, però, si trovavano nell’interno della Sicilia. Sì, per un periodo ebbero in comune una miniera. C’è però un altro episodio, a proposito di Pirandello, che mi è rimasto impresso da bambino e il cui significato l’ho scoperto solo a settant’anni…
Di che si tratta?
Avevo dieci anni quando per la prima volta vidi Pirandello. Un pomeriggio d’estate bussarono alla porta della nostra casa, a Porto Empedocle. Faceva molto caldo e a quell’ora la pennichella era una prassi. Solo io ero sveglio, mia nonna, la mamma di mio padre, dormiva nella sua stanza e i miei genitori in un’altra. Aperta la porta mi trovai davanti a quello che pensai essere un ammiraglio. Un anziano vestito con l’alta uniforme: la feluca, lo spadino e tutto il resto. Chiese se mia nonna Carolina fosse in casa e, al mio sì, disse di avvertirla che c’era Luigino Pirandello che voleva salutarla.
In che anno siamo?
Nel 1935, un anno prima della morte di Pirandello.
Quale fu la reazione di sua nonna?
A momenti sveniva. Avvisai anche i miei genitori e anche loro ebbero una reazione che quasi mi terrorizzò. Li spiai dalla porta socchiusa e vidi Pirandello abbracciato a mia nonna. Per tanti anni non ho mai conosciuto il perché di quell’affettuoso rapporto tra i due “vecchi”. Poi, un giorno, il nipote di Luigi Pirandello, il figlio di suo figlio Fausto, mi spiegò che i due “vecchi” erano cugini primi. Mia nonna Carolina e Luigi erano figli di due sorelle. Particolare che ho conosciuto solo a tarda età, quindi il mio amore per Pirandello prescinde da questo legame di parentela…
Lei nel libro Di testa nostra, scritto insieme a Saverio Lodato, dice che Pirandello oggi sarebbe un cronista di scarsa fantasia…
Certamente. I personaggi pirandelliani sono omologati come quelli che appaiono in un modo ma in realtà sono altra cosa. Beh, oggi Pirandello verrebbe sopraffatto da tanta doppiezza che c’è in giro…
Come avrebbe commentato i vari avvenimenti del nostro amato paese?
Gli sarebbe stato difficile…
Perché?
Intanto era un uomo molto rigoroso. Se c’è una letteratura di portata mondiale assolutamente aliena dallo scivolare nel morboso, nel crudo, nel piccante, è proprio quella di Pirandello. Poveraccio, oggi gli sarebbero mancate le parole…
Si sente orgoglioso come cittadino di avere un presidente del Consiglio che ha salvato il mondo indicando, al presidente americano Obama, la via da seguire per uscire dalla crisi economica…?
Tali manifestazioni, purtroppo, non sono dell’ultima ora... All’inizio ero ancora capace di riderci sopra, oggi non più. Anzi, sono letteralmente spaventato.
Addirittura?
Sì, mi preoccupa il delirio di grandezza. Meno male che siamo nell’Europa unita…
Sennò?
In altri tempi credo avrebbe potuto dichiarare “guerra” a qualche stato vicino… Magari alla Svizzera, seguendo Gheddafi che ne voleva l’abolizione…
Secondo lei in che Italia viviamo oggi?
In un’Italia dissestata il cui futuro mi preoccupa seriamente. Lei ora obietterà che ho 85 anni suonati e che il futuro non mi riguarda…
Mai pensato…
Le credo, ma è così. Io però mi preoccupo del futuro dei miei figli, dei miei nipoti e dei miei pronipoti. Credo che il danno che si sta producendo, che non è solo economico ma soprattutto morale, necessiterà di tempo per essere risanato.
Ciò che spaventa, in effetti, è che le caste sono sempre più caste e i cittadini sempre più nauseati e distanti dal mondo della politica. E’ giusto parlare di strada senza uscita?
La nostra classe dirigente politica è come quella cinese. Ultimamente c’è stato un piccolo rinnovamento, ma ai tempi di Mao Tse-tung i dirigenti avevano 90 anni a testa, avevano fatto la lunga marcia… Qui nessuno ha fatto la lunga marcia, però sono sempre gli stessi. Cominciano da giovinetti. Io non sono filoamericano ma nemmeno anti, alcune cose che hanno fatto le trovo ripugnanti pari a quello che hanno fatto abbattendo le Torri gemelle. Però devo dire che ogni tanto gli uomini politici, in America, scompaiono. Si ricorda, ad esempio, Condoleezza Rice? Ne ha più sentito parlare? Da noi, invece, restano sempre sulla scena, ed è terribile.
Quindi non se ne esce?
L’unica possibilità è una frase fatta: largo ai giovani.
Facile a dire… Lo so, finché i soliti noti non mollano non sarà possibile alcun rinnovamento. Ovviamente riguarda tutti, destra, centro e sinistra.
Un aiuto potrebbe arrivare da una nuova legge elettorale che consenta ai cittadini veramente una scelta libera e a 360 gradi…
Esattamente. Privare il cittadino di scegliersi il deputato credo sia una delle cose più antidemocratiche che si possa concepire.
“Serve un sogno con le gambe - ha affermato recentemente il segretario del Partito Democratico Bersani - altrimenti è una favola e noi non possiamo sostituire la favola di Berlusconi con un’altra favola”. Secondo lei a chi dovrebbero appartenere quelle gambe?
Ce ne vorrebbero di gambe… Siamo in forte emergenza e di conseguenza c’è bisogno di una grande unità. Non tanto dell’opposizione ma degli italiani di buona volontà. Di quelli veri.
Ritiene che la soluzione ai mali del centrosinistra possa essere Vendola?
Potrebbe esserlo. Non capisco perché Vendola sia così osteggiato da alcune componenti dell’opposizione. Ha stravinto la sfida interna e di fatto rappresenta una novità. Perché voltargli le spalle?
Come giudica lo stato dell’informazione italiana, televisiva e scritta?
Credo che se continua così tra poco ci ridurremo come mio padre.
Cioè?
Lui era fascista, per capirci squadrista e marcia su Roma. Negli ultimi tempi, però, era abbastanza disilluso dal fascismo. Naturalmente all’epoca c’era Il Popolo d’Italia e comunque tutti i giornali erano perfettamente allineati con il regime. Allora mio padre si abbonò a L’Osservatore Romano che era un giornale “straniero”. All’epoca c’era Guido Gonella che scriveva articoli interessanti di politica estera. Era un modo per avere notizie non filtrate. Ecco, forse per lo stesso motivo tra poco mi dovrò abbonare a L’Eco di san Gabriele oppure a Famiglia Cristiana o ad Avvenire…
Un abbonamento a L’Eco, senza togliere nulla agli altri, non sarebbe sbagliato…
Sì, potrebbe essere un’idea… Anche perché ho conosciuto L’Eco molti anni fa, in casa di mia nonna.
Vidierre, la prima società italiana nel monitoraggio dei media, recentemente ha pubblicato alcuni dati significativi in merito alla cosiddetta par condicio televisiva. Da gennaio a settembre di questo anno il presidente Berlusconi sarebbe apparso sui tg nazionali per un totale di sedici ore e mezza. Quasi diecimila minuti contro gli appena mille minuti racimolati, complessivamente, dai tre leader del Pd, Idv e Udc…
Ciò conferma i miei timori di un’informazione omologata.
Alla maggioranza della gente, però, ed è un dato inoppugnabile, questa sovraesposizione del premier non dispiace…
Questo è il problema più serio. Berlusconi ha 75 anni e Dio, o chi ne fa le veci così accontentiamo anche i non credenti, un giorno lo richiamerà a sé. Ma lo “smaltimento delle scorie” come avverrà? Parlo di tutta quella gente che dal nulla è diventata ministro, sottosegretario, onorevole, senatore…
Niccolò Machiavelli diceva che governare è far credere… A suo avviso noi italiani siamo un popolo di creduloni?
Sì. Il signor Niccolò, d’altra parte, aveva capito molte cose degli italiani. Pensiamo oggi al governo del fare. Forse sarebbe meglio dire del far credere…
Parliamo un po’ di lei. Al pari di altri studenti non ha mai sostenuto l’esame di maturità perché nel maggio del 1943 in tutta la regione si decise che sarebbe valso il solo scrutinio a causa dell’imminente sbarco in Sicilia delle forze alleate…
Vero. Noi appartenenti alla marina, classe 1925, fummo chiamati alle armi con un anno di anticipo. Feci solo otto giorni, furono più che sufficienti sotto lo sbarco americano…
Com’era Camilleri studente?
Le racconto un episodio. L’anno scorso sono tornato al mio paese. Apro una parentesi: per tornare in Sicilia trovo i pretesti più assurdi…
Tipo?
Si sposa un mio quarto cugino, devo andare… Visto che mia moglie non è siciliana, l’unica strada è questa... Ma torniamo all’anno scorso, appunto, quando tornato in Sicilia mi dicono che devo assolutamente fare visita al liceo di Porto Empedocle, la mia scuola.
Quindi?
Ovviamente accetto e tutti insieme, alunni e professori, mi ricevono nella palestra. A ricordo di questo avvenimento, mi dicono, le abbiamo fatto una sorpresa che speriamo gradirà. Avevano stampato, in cinquecento copie, un libricino con dentro le mie pagelle, dal quarto ginnasio fino al terzo liceo. All’inizio dell’incontro gli studenti erano tutti molto deferenti, una volta però avute in mano le mie pagelle cominciarono a gridarmi con tono scherzoso: Allora sei dei nostri… I 6 in condotta, infatti, si sprecano, i 4 e 3 idem. Credo, inoltre, di essere stato l’unico studente rimandato in educazione fisica. Non mi andava di fare ginnastica e puntualmente saltavo la lezione. Insomma, ero un pessimo studente.
Che voto assegnerebbe oggi alla scuola italiana?
Io sono stato un pessimo studente che ha imparato, però, moltissimo dalla scuola di allora. Che ha avuto la fortuna di avere professori eccellenti che ancora oggi ricordo e ringrazio. Mi hanno fatto capire Dante, mi hanno spiegato Kant come fosse […]
Gina Consorti
 
 

Ernesto – L’importanza di chiamarsi…, 26.10.2010
In una giornata di delirio berlusconiano, cosi’ parlo’ Camilleri mentre Granata cita Benigni

[…]
Nell'intervista all’Eco di San Gabriele c'è stato spazio anche per Montalbano. Rassicurando nuovamente tutti gli appassionati, Camilleri ha raccontato perchè abbia deciso di non far morire il commissario. Al salone del libro di Parigi, Jean Claude Izzo e Manuel Vazquez Montalban gli confessarono di voler far morire i propri personaggi. “La sorte - ha concluso Camilleri - ha voluto che i due bravi scrittori morissero prima dei loro protagonisti. A quel punto ho deciso di non far morire Moltalbano”.
ronin53
 
 

Il Tirreno, 26.10.2010
Bandi e Bianciardi divisi da un secolo ma come litigano…

Livorno. C’è la fine e arguta penna di Camilleri, c’è la passione ora ironica e ora tragica degli attori Alessandro Benvenuti e Roberto Scarpa, c’è il ritmo dello spettacolo e c’è la storia. Così, pur senza effetti speciali, la “Tavola rotonda immaginaria” costruita attorno all’epopea garibaldina, avvince e emoziona, fa riflettere e persino sorridere.
Un viaggio nella nostra storia, quella dell’unità d’Italia, che non celebra e non fa retorica ma anzi fa emergere tutte le contraddizioni che dall’eroica impresa dei Mille ai giorni nostri il paese Italia trascina con sé, fardello che con il passare degli anni anziché alleggerirsi si appesantisce. Furono ingenui i garibaldini e un’utopia quella dell’Italia unita che veramente unita non è mai riuscita ad esserlo? Fino a che punto i loro sogni e la loro onestà furono strumentalizzati dal re e da Cavour? Come si può rileggere e ristudiare il Risorgimento alla luce dell’attualità? Pretesto narrativo per questa originale riflessione scenica è il confronto, la tavola rotonda appunto, tra due personaggi vissuti a un secolo di distanza eppure legati a doppio filo dalle tematiche risorgimentali. Garibaldino “militante” Bandi (un impareggiabile Benvenuti) e garibaldino “postero” (come lo definisce lo stesso Bandi nello spettacolo) Bianciardi al quale da voce e corpo un coinvolgente Scarpa. Tutti e due romantici, tutti e due toscani, tutti e due scrittori, tutti e due dotati di grande senso critico e autocritico. Personaggi speciali resi ancora più speciali da Andrea Camilleri che ha scritto proprio per Livorno e per le celebrazioni dell’anno garibaldino questo lavoro, proposto in prima assoluta ieri pomeriggio e ieri sera alla Goldonetta.
In scena, a dominare il palcoscenico, c’è solo la bandiera tricolore degli Sgarallino, l’unica bandiera insignita di una medaglia. Niente effetti speciali quindi ma uno scambio di pensieri e battute che comunque trascina, come e più di una tavola rotonda dei tempi nostri. Nel ruolo di coordinatore, in sostituzione dello stesso Camilleri che non ha potuto prendere parte allo spettacolo per motivi di salute, Adriano Iurissevich, alla chitarra il musicista e compositore Luca Morelli che ha accompagnato la tavola rotonda con musiche originali composte per l’occasione. Atmosfera assicurata quindi, fin dall’inizio, quando il professor Alfonso Maurizio Iacono, preside della facoltà di Lettere e Filosofia all’università di Pisa, introduce gli artisti con una conferenza, che avvince come un racconto, titolo “Nord-Sud”. Sta qui il nodo della tavola rotonda, quel nord che si è mangiato il sud, e i tanti nord che si mangiano i tanti sud, ingiustizie e pregiudizi da combattere, battaglie per una società civile ancora da compiere. Iacono dà il la, i due attori in campo si scatenano, credibilissimi nel loro raccontarsi e mettersi in discussione mettendo quindi in discussione gli ideali, che pur in momenti e modi diversi, hanno animato la loro vita. Commuove Benvenuti quando fa il Bandi patriota, fa sorridere quando attacca Bianciardi per averlo dipinto come «una mammoletta» e intona uno stornello livornese. Intriga Scarpa quando fa rivivere l’opera di Bianciardi con tutta la sua forza, con l’“ossessione” per l’epopea garibaldina, con quella vena anticonformista e combattiva. Due personaggi speciali e un autore, Camilleri, capace di riscriverli. Per raccontarci la storia e un’altra storia.
Cristiana Grasso
 
 
Garibaldini sì, ma senza retorica

Livorno. “Tavola rotonda immaginaria con Luciano Bianciardi e Giuseppe Bandi”, ossia come raccontare con lievità, senza retorica e anche con qualche elemento critico un pezzo di storia cruciale come quello legato all’Unità d’Italia e all’epopea risorgimentale. Lo spettacolo, scritto da Andrea Camilleri che avrebbe dovuto anche partecipare come “moderatore” ma che è stato costretto a rimanere a Roma da problemi di salute, è andato in scena ieri alla Goldonetta nell’ambito delle celebrazioni dell’anno garibaldino. A vestire i panni di un idealista e ironico Bandi (scrittore, giornalista, fondatore del Telegrafo poi divenuto Tirreno) un coinvoltissimo Alessandro Benvenuti, che si cala alla perfezione nella personalità del militante garibaldino, romantico ma anche lucido, che con gli occhi di oggi non nasconde la delusione per quel sogno risorgimentale in gran parte strumentalizzato e che racconta come il suo eroe dei due mondi non volesse né potere né violenza ma solo libertà.
Bianciardi, scrittore vissuto circa un secolo dopo Bandi, con l’“ossessione” garibaldina (si narra che suo padre, non volendo che si distraesse con letture per l’infanzia, a otto anni gli fece leggere “I Mille” di Bandi), rivive grazie a Roberto Scarpa con tutta la sua intelligenza, il suo animo tormentato, la sua ricerca di un senso della vita. Un confronto che Camilleri ricostruisce lavorando sui documenti e di fantasia e sempre tenendo fermo un obiettivo: sollecitare una riflessione sul Risorgimento e sulle sue contraddizioni. A far da moderatore, puntuale e perfetto nel raccordare le varie epoche ai tempi di oggi, Adriano Iurissevich. Al musicista e compositore Luca Morelli il compito di accompagnare lo spettacolo con musiche originali inedite appositamente composte mentre ad introdurre la “Tavola rotonda” è stato il professor Alfonso Maurizio Iacono, preside della facoltà di Filosofia a Pisa, con una lettura intitolata “Nord-Sud”, viaggio nella nostra storia anche recente e appunto nelle sue contraddizioni.
Cristiana Grasso
 
 
Quel grande scrittore ci fa riflettere sulla storia

Livorno. Sembra che il ricordo di Garibaldi e le emozioni che lo spettacolo scritto da Camilleri, questa tavola rotonda che fa spettacolo ma anche riflettere, abbia stretto in un abbraccio intellettuale tutti i protagonisti di questa impresa che fa del teatro un luogo per la storia.
Alessandro Benvenuti, attore e regista fiorentino di grande sensibilità, capace di quella comicità tenera che lo caratterizza fin dai tempi dei tempi dei Giancattivi ma anche di quella spietata capacità di raccontare umane debolezze che i suoi fan ricordano in classici come Benvenuti in casa Gori, è stato un Giuseppe Bandi perfetto, toscanaccio e brontolone ma anche fiero intellettuale e convinto garibaldino. Pronto, nel testo di Camilleri, a interrogarsi sulle contraddizioni italiane che nascono proprio da lì, dal Risorgimento. «Un testo geniale - dice Benvenuti - e del resto Camilleri è un grandissimo autore. Io lo seguo da sempre e mi spiace di non averlo potuto incontrare ma andrò a trovarlo a Roma. L’idea di spingerci a riflettere sull’unità d’Italia, sul fatto che da quel momento il sud in realtà si è impoverito, è bellissima. Come quella di far ricordare a Bandi che una volta proclamato il regno l’esercito garibaldino fu sciolto, i garibaldini non ebbero nessun riconoscimento, abbandonati a se stessi. E molti divennero briganti».
Roberto Scarpa, che ha curato anche la sobria messa in scena, è fiero di aver riportato in scena Bianciardi: «Un grande personaggio e un bellissimo testo. È davvero tempo di capire che il Risorgimento va riscritto, che bisogna capire quanto dietro a quella bandiera, simbolo di unità, esistano ancora tante divisioni».
Un concetto che si riassume nell’introduzione del professor Iacono. Lui il testo l’ha letto prima di tutti, è stato lui a convincere il suo amico Camilleri a scriverlo proprio per Livorno. «Dello spettacolo mi è piaciuta la sobrietà minimalista, l’invito pacato a riflettere. Viviamo in un’epoca senza memoria, o con memoria posticcia, ed è ora di ricominciare a guardarsi indietro. perché un popolo che non sa guardarsi indietro non può avere futuro».
 
 
E Iurissevich modera al posto di Camilleri

Livorno. Una bella responsabilità: prendere in scena il posto di Camilleri e interpretare il ruolo che lo scrittore si era ritagliato addosso, moderatore e quindi filo conduttore con i tempi nostri, moderatore nella tavola rotonda immaginaria con Giuseppe Bandi e Luciano Bianciardi. Adriano Iurissevich 59 anni, livornese, uomo di teatro di fama internazionale, direttore musicale del Tag Teatro, attore di Benno Besson nelle sue produzioni italiane, si è buttato a capofitto in questa avventura ed è stato un moderatore perfetto, sensibile e acuto.
«Non ho avuto molto tempo ma appena ho avuto il testo mi sono subito appassionato - spiega -. Questo confronto tra due personaggi così significativi è una grande idea. Ed è un invito alla riflessione, a interrogarsi su quel sogno che è finito prima di avverarsi. Un testo breve, eppure ricco di spunti. Come quello del ruolo di chi si è trovato testimone di un momento storico come quello risorgimentale ed ha avuto la responsabilità di raccontarlo».
 
 
L’assessore Tredici «Regalo alla città»

Livorno. Mario Tredici, assessore alla cultura del Comune, è davvero soddisfatto. Nonostante l’assenza di Camilleri («quella sì è stata davvero una delusione e un dispiacere, soprattutto per lui, che ha problemi di salute») la Goldonetta ha fatto il pieno, soprattutto adulti il pomeriggio, tanti ragazzi la sera. «Siamo grati a Camilleri per aver fatto questo regalo alla città, un testo inedito che potesse concludere le celebrazioni per l’anno garibaldino - dice Tredici -. Un bellissimo spettacolo, avvincente, che è anche l’introduzione ideale alle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia che vedranno anche Livorno protagonista di tante iniziative». Tra queste una “notte dell’Unità d’Italia” e l’acquisizione dell’intera biblioteca garibaldina». E magari una riproposizione dello spettacolo. «Queste sono cose che rimangono e la città ha capito, ha risposto con entusiasmo. Del resto la collaborazione con l’università di Pisa continua, ci saranno altre iniziative». E le polemiche sollevate dalla figlia di Bianciardi che “disconosce” il testo di Camilleri: «Mi dispiace che ci siano state delle incomprensioni, noi in ogni caso l’avevamo invitata. Comunque le polemiche non mi interessano». Entusiasta della tavola rotonda anche Marco Bertini, presidente della Fondazione Goldoni: «Uno spettacolo né retorico né partigiano. In cui si respira davvero il senso del teatro».
 
 

Gazzetta del Sud, 27.10.2010
Stavolta Montalbano è proprio innamorato
Il commissario perde la testa per una trentenne nel nuovo libro di Camilleri “Il sorriso diAngelica”

«Pieno di dolce ed amoroso affetto, alla sua Donna, alla sua Diva corse, che con le braccia al collo il tenne stretto». Andrea Camilleri lo aveva promesso: Montalbano la smetterà con «una vita di noiosa castità». E così, anche se si sveglia accanto alla fidanzata Livia, arrivata all'improvviso a Vigata per fargli una sorpresa, e si lascia rodere dalla gelosia per una frase che le sente mormorare nel sonno, il commissario resta folgorato da un'altra donna, Angelica, in cui rivede i tratti dell'eroina dell'Orlando furioso così come se l'era immaginata a scuola.
I versi di Ariosto punteggiano tutto "Il sorriso di Angelica" (Sellerio, pp. 257, euro 14,00) – in libreria in questi giorni, a pochi mesi dall'ultimo Montalbano ("La caccia al tesoro") – e incalzano il protagonista, in balia di questa "trintina" di bell'aspetto. "Squasi sissantino", il commissario è travolto da un turbamento quasi adolescenziale, ossessionato dalle abitudini della donna che si procura compagnia maschile a pagamento, al punto da vedersi in sogno nei panni d'un cavaliere in un torneo, e soprattutto da perdere di vista le indagini.
Il caso questa volta riguarda una banda di ladri in azione negli appartamenti di ricchi professionisti. I furti avvengono in base a uno schema sempre identico, quasi una sfida per Montalbano, come del resto lasciano intendere i messaggi che il capo dell'organizzazione, il fantomatico signor Zeta, manda al commissario. Subisce il furto anche la stessa Angelica, da pochi mesi trasferita a Vigata, nella locale sede della Banca siculo-americana. L'azione procede più lentamente del solito, anche perché Montalbano appare stanco, senza più "gana". Ma a un certo punto la sfida si complica quando uno della banda viene trovato morto. E ancora una volta, oltre al proverbiale intuito, in soccorso di Montalbano arriverà involontariamente Catarella.
"Il sorriso di Angelica" è il primo libro che Camilleri pubblica con Sellerio dopo la scomparsa dell' "amica Elvira": «Dopo la lettura del dattiloscritto – racconta nella postfazione – mi telefonò segnalandomi un errore madornale sfuggito alle diverse e attente revisioni. Lo ricordo solo per raccontare a voi e ricordare a me la cura, l'attenzione e l'affetto con cui Elvira leggeva i suoi autori».
Angela Majoli
 
 

Il Messaggero (Umbria), 27.10.2010
Torna Umbrialibri, 130 eventi in 5 giorni. C’è anche Camilleri
Dal 10 al 14 novembre Perugia “capitale” della lettura e non solo. Con Lane e Violante si parlerà anche di mafia

Perugia - Un omaggio all’Italia ed ai 150 anni dalla sua Unità. L’edizione 2010 di Umbrialibri, la sedicesima, si presenta così, non a caso il tema scelto per la cinque giorni, in programma a Perugia dal 10 al 14 novembre, è “W l’Italia!”. Il programma prevede oltre 130 appuntamenti gratuiti tra incontri e dibattiti, presentazioni di libri, conferenze, iniziative per under 18, musica e teatro.
[…]
Tra le presentazioni, Umbrialibri ospiterà quella di “L’occhio di Cordio. Le opere di Nino Cordio”, le testimonianze a cura di Francesco Cordio con l’intervento dello scrittore, sceneggiatore e regista Andrea Camilleri e del cantautore Daniele Silvestri.
[…]
 
 

La Nazione, 27.10.2010
Le Oblate si tingono di giallo tra Camilleri, Simenon e Lucarelli
Si comincia giovedì 28 con ‘Introduzione: nel solco della tradizione’, con testi di Glauser e Pessoa. Il 4 novembre si parlerà di ‘Noir europeo’ con Helena, Malé e Simenon

Firenze, 27 ottobre 2010 - Oblate all'insegna della letteratura gialla e del noir: dal 28 ottobre al 18 novembre, ogni giovedì alle 18, la Biblioteca si tinge di giallo, con incontri dedicati al genere che da sempre appassiona persone di tutte le età.
Visto il successo degli incontri del 2009, si raddoppia con nuovi autori per parlare di un genere che ha conosciuto una rinnovata fortuna negli ultimi anni ed ha avuto la forza di attrarre e contaminare ambiti letterari diversi. Gli incontri saranno l’occasione di confrontare i testi di grandi autori, conoscere quelli meno popolari, indagare come il testo spesso diventi pretesto per incursioni in territori più o meno contigui della cronaca, del costume, della letteratura.
[…] Infine, il 18 novembre, si tratterà il tema ‘I gialli Sellerio’ con testi di Vasquez Montalban, Camilleri, Carofiglio e Lucarelli. Gli incontri, che si svolgeranno nella sala della sezione contemporanea al primo piano, sono a ingresso libero e ci saranno alcuni attori dell’associazione Venti Lucenti che leggeranno alcuni brani dei libri ad alta voce. La biblioteca proporrà anche alcuni consigli di lettura e visione di gialli, noir e thriller. Tutti i materiali presentati saranno disponibili per il prestito e la consultazione.
 
 

Nuvole gialle, 27.10.2010
Colpa della polpa

Ormai lo sapete tutti, la notizia è di pubblico dominio. Il polpo Paul, il mitico indovino divenuto celebre nel corso dei mondiali di calcio in Sudafrica per le sue azzeccatissime previsioni, è stato trovato morto nella sua preziosa vasca di cristallo. Il custode dell’acquario di Oberhausen lo ha rinvenuto riverso senza vita nell’acqua. Secondo le agenzie di stampa, il povero Paul è morto per cause naturali.
Ma il nostro inviato a Oberhausen, il pesce pagliaccio Nemo, ci può svelare tutti i retroscena. Subito i responsabili dell’acquario hanno sospettato che la morte dell’indovino non fosse poi così chiaramente naturale. Dopo animate consultazioni, passati in rassegna tutti i grandi detective, Annelore Locascio, un’impiegata di origini italiane ha suggerito di convocare il Commissario Montalbano. Questi, che era per una volta in vacanza a Boccadasse con la smorfiosa Livia, già non ne poteva più e ha colto al volo l’occasione di raggiungere Oberhausen – avrebbe investigato pure sulla tortura delle mosche pur di abbandonare l’opprimente e gelosissima fidanzata.
“Montalbano sono!”.
“Piacere, sono il direttore dell’acquario. Come le ho accennato per telefono, vorremmo indagare sulla morte di Paul”
“Paul... il purpo?”
“Sì, il povero Paul”.
Montalbano si cataminò, girò attorno alla teca in cui giaceva ancora il catafero del purpo, tuppiò sul vetro, come se sperasse che Paul si potesse arrisbigliari, poi principiò a spiare qualche dimanda:
“Olandesi in giro non se ne sono visti?”
“No, commissario. Avevamo pensato anche noi che si volessero vendicare per la previsione della finale”
“I tedeschi invece?”
“No, i tedeschi lo amavano, tutti. Dopo il 4-1 all’Inghilterra, poi... lo adoravano”
“Sicuro che non c‘è in giro qualche pezzo di cacio, sa, quello con la crosta rossa?”
“No, glielo assicuro”
“Eh, ma gli olandesi sono i principali indiziati... Comunque, patate? Pomidori? Piselli? Non avete trovato del sugo?”
“No, ma che dice?”
“Pensavo... No, sa, una bella saltata in tegame”
“Il polpo è lì”
“E Ahmadinejad?”
“Come Ahmadinejad?”
“No, siccome tempo addietro aviva sproloquiato sulla decadenza di noi occidentali, sulle nostre scaramanzie... Non avete trovato in giro un sicario iraniano? Qualichiduno con la varba longa e il fari sospetto?”
All’improvviso il ciriveddro di Montalbano si addrumò come una lampadina, il suo fiuto di segugio gli diciva che qualichicosa lì era fora posto. Notò una teca accanto a quella del purpo Paul, precisa intifica, ma vacante.
“E questa che cos’è? La secunda casa di Paul?”
“No, è un’altra vasca: fino a ieri c’era un esemplare femmina di Octopus Vulgaris”
“No, mi faccia capire pirchì, si spieghi meglio”
“C’era Mary, un polpo femmina. L’abbiamo trasferita all’acquario di Genova”
“Genova... Macari lei!”
“Come anche lei?”
“No, guardi, non si preoccupi. Stavo pensando alla mia fidanzata”.
Montalbano prese una seggia e si assittò davanti alla vasca. Taliò il purpo dentro gli occhi. Lo sguardo languido da cefalopode era ancora più triste, spento. “Epperforza, è morto” gli sussurrò nella testa la vocina di Montalbano Secondo. “Non adesso, sto indagando”. Taliò a longo il purpo e si fici persuaso.
“Il vostro purpo Paul si è ammazzato”
“Ma che dice?”
“Suicidio d’amuri fu”
“D’amore?”
“Paul e Mary erano come un’anima sola. Quando aieri avete trasferito Mary, a Paul non gli importava più di vivere. Accussì si è suicidato battendo il capo sullo spigolo della roccia. Non si nota perché le vucche, sì, i tentacoli sono tutti ‘nzemmula, ma l’ematoma esterno lo denota. L’ha fatto per la so’ zita. Mi spiegai? E adesso mi può indicare il miglior ristorante italiano nei dintorni?”
“C’è la Forchetta d’oro”
“Ha per caso il nummero di tilefono?”
“Sì, guardi, è scritto sul pieghevole: è convenzionato con l’acquario”
...
“Pronto, la Forchetta d’oro? Montalbano sono. Posso prenotari per pranzo tra una mezzorata? Va bene. Ce l’aviti il purpo in umido?”
DR
 
 

Corriere della Sera, 28.10.2010
Teatri di Cintura Riparte la nuova stagione a Tor Bella Monaca e al Quarticciolo
Shakespeare, calcio e blues
In scena Albertazzi, Celestini, Lella Costa e i Black Friday

Roma. Al via la nuova stagione dei Teatri di Cintura. Dal 5 novembre, il Tor Bella Monaca e il Teatro Biblioteca Quarticciolo ripartono […]. Tre fondamentali linee tematiche vedranno l' avvicendarsi degli spettacoli. Nel filone «Narrazione e società», si inseriscono, tra gli altri, […] «Festa di famiglia» delle Mitipretese con la collaborazione di Andrea Camilleri. […].
R. S.
 
 

RagusaNews, 29.10.2010
La scomparsa di Patò. In anteprima su Ragusanews.com

Ragusanews.com vi propone un contenuto speciale, realizzato da Alessia Scarso, sul film "La scomparsa di Patò", pellicola tratta dal romanzo omonimo di Andrea Camilleri, presentato al Festival Internazionale del Cinema di Roma 2010 nella sezione Eventi Speciali.
Il film sarà proiettato il 31 ottobre 2010 alle ore 22.30 presso la Sala Santa Cecilia dell'Auditorium Parco della Musica, come evento speciale della kermesse cinematografica.
Ecco il video: http://www.youtube.com/watch?v=jBg7L3yEeS8
 
 

l’Unità, 29.10.2010
Settima arte. Un cast con Marcoré, Frassica, Herlitzka, i dialoghi lunari del grande scrittore, l’ambientazione nell’Ottocento siciliano. Ecco alcuni brani della sceneggiatura di «La scomparsa di Patò», in arrivo al Roma Filmfest
Camilleri il maresciallo e la buttana
Vigata, 1890 Venerdì santo con mistero
Dal libro al film: ecco com’è nato il lavoro del regista Rocco Mortelliti

La letteratura camilleriana debutta al cinema. Il 31 ottobre al Roma Filmfest vi sarà la prima mondiale de La scomparsa di Patò. E l’Unità pubblica in anteprima, qui accanto, brani della sceneggiatura del film. Un romanzo di successo (Mondadori) trasformato in pellicola da Rocco Mortelliti, che ha già tradotto in opere teatrali e liriche altri scritti narrativi di Andrea Camilleri. Mortelliti assieme a Maurizio Nichetti ed all’inventore del commissario Salvo Montalbano è riuscito ad elaborare una sceneggiatura che pur rispettando il senso filosofico e letterario del testo, lo ripropone in maniera originale. Il 31 ottobre il film sarà presentato alla kermesse romana alla presenza dello scrittore siciliano. Mortelliti aggiunge con un pizzico di orgoglio: «Il film è stato scelto tra tanti e andrà a Parigi il 4 dicembre. Uno dei nodi cruciali era a mio giudizio il rispetto non solo del senso profondo del romanzo, ma anche l'ambientazione, la struttura dei dialoghi, la psicologia dei personaggi». La scomparsa di Patò è stato girato in Sicilia nei luoghi dell’Agrigentino, terra natia di Camilleri. L’ambientazione storica è quella del 1890, precisamente il giorno del Venerdì Santo. Nella piazza del paese, Vigàta, viene rappresentata la Passione di Cristo. Al ragioniere Antonio Patò (interpretato da Neri Marcorè) spetta il ruolo di Giuda. Il punto è che la rappresentazione prende una piega imprevista. Patò cade nella botola come prevede il copione, ma non ricompare più. Tutte le ricerche sono vane. È il mistero dal quale parte l’intreccio narrativo. La storia venne citata da Sciascia nel capolavoro A ciascuno il suo. Qui a fianco pubblichiamo il passaggio in cui il maresciallo Giummàro (Nino Frassica) e il delegato di polizia Bellavia (Maurizio Casagrande) hanno il loro primo scontro. Ed ancora, quando sono costretti ad indagare insieme e vanno in giro per la piazza di Vigàta con in mano una foto dello scomparso, e cercano di interrogare qualche paesano. Emblematico l’incontro con il custode-filosofo del cimitero, che cita Pirandello.
Salvo Fallica


Quella proverbiale scomparsa...
Il romanzo

«La scomparsa di Patò» è un romanzo di Andrea Camilleri pubblicato da Mondadori nel 2000. Al romanzo viene premessa una citazione allo stesso Camilleri tratta dall'opera «A ciascuno il suo» di Leonardo Sciascia dove si dice della scomparsa del ragioniere Antonio Patò durante la recita del «Mortorio», vale a dire della Passione di Cristo, opera teatrale del cavalier D'Orioles. Patò che più volte aveva interpretato la parte di Giuda e che secondo il copione sarebbe dovuto precipitare all'Inferno attraverso una botola del palcoscenico sparì secondo quanto previsto ma questa volta non ricomparve più. Il fatto divenne un proverbio per indicare l'inattesa scomparsa di persone o cose.


Primo scontro tra il maresciallo Giummaro e il delegato di polizia
BELLAVIA
Il delegato Bellavia sta interrogando una delle comparse.
BELLAVIA
Allora, tu, sei incensurato…… è buono. hai venticinque anni…e ti chiami…
ABBATE
Abbate Giovanni
BELLAVIA
Bravo.
Adesso tu mi devi dire tutto quello che hai fatto durante il Mortorio….. che cosa hai fatto?
ABBATE
La testa persi! Mannatimi a lu carzaru sbinturatu ca sugnu! Iu fu!..... Non ci la fici a tinirimi davanti a un culu comu a chiddru!
BELLAVIA
U culu?
MANDRACCHIA
Ma u culu di chi?...
ABBATE
Margherita…la figghia di Peppino u sciancatu…
MANDRACCHIA
Ma chi la scimunita?...
ABBATE
Siii
MANDRACCHIA
Ma che minchia facesti Disgraziato…eh?...
BELLAVIA
A posto tuo (a Mandracchia)
Che minchia facist….
Che cosa le hai fatto?
MANDRACCHIA
Rispunni!
BELLAVIA
Eh…guarda!?....ah!
Che hai fatto?
ABBATE
Mentreca ci era il mortorio io e Margherita Fantuzzu…pi stari più tranquilli ci simo allontanati dal palcoscenico, simo intrati a palazzo Curtò e simo saliti fino al piano di supra….siamo arrivati fino alla cappella….
BELLAVIA
E lì?...
ABBATE
…e abbiamo ficcato..
BELLAVIA
Ficcato….?
MANDRACCHIA
‘ti mpuri
BELLAVIA
‘tmpuri?....
ABBATE
Ficcato..!
BELLAVIA
Atti impuri. (Ad Abbate)
ABBATE
Eh!
BELLAVIA
…’tmpuro… e allora?
ABBATE
E poi…Finiu di fari chiddu ca stavu facennu….. e ce ne siamo turnati supra lo palco tra le comparse.
MANDRACCHIA
Esci, cammina……
BELLAVIA
Avanti un altro…
***
Giummaro e Bellavia hanno ammanettato il maniaco religioso
MANIACO RELIGIOSO
Ma sete scimuniti…u vuliva ammazzari Giuda…per salvari a Cristu… ma entrai in tentazione!!! Odori di fimmina mi deviò….ficcai pi tri jurni….ma picchè non mi volite credere…
BELLAVIA
Ferma…
GIUMMARO
Ooooh…
BELLAVIA
Zitto!...
….che dice che non lo capisco?
GIUMMARO
Qui l’animale…(al maniaco) senza offesa…Dice che per tre giorni ha ficcato… avete capito cosa significa ficcare?
BELLAVIA
Atti impuri.
GIUMMARO
….per tre giorni consecutivi…. quindi non ha potuto salvare il Cristo da Giuda….
MANIACO RELIGIOSO
Domandatecelo alla buttana…sugnu innocenti!!!
BELLAVIA
Dove sta questa bottana?! Non mi capisce, chiedeteglielo voi…
GIUMMARO
Animale….dove sta questa buttana?
BELLAVIA
(Rivolto a Giummàro) È uguale!
MANIACO RELIGIOSO
Scendendo da là….una casa….le galline là fuori
***
Giummaro e Bellavia interrogano la buttana
PROSTITUTA
…Puzzava …feteva feteva feteva feteva… ce fetevano tutte cose….era fituso.. schiufuso…. Lordo…. ingrassato… inzevato…. feteva tutto… ce feteva tutte cose… scazzato…ce feteva magari o fè….era tutto pieno di pili….. ca mi pariva un lupo mannaru…che pao arrivao macari mi spallao….ha ficcatu con mia pi tri jurni…pi tri jurni ha ficcatu cumia…animali sari statu cchiù gentile e cchiu pulitu …avi lurdatu e scansato le signore tutta a casa a mi casa a scansato le signore a pigghiato per una stalla……… fici na pausa solo pi cacari ca fora, ca. Ca ogni pezzo di strunzu ca manco nu scecco che pe lu feto se ne fujevono le bedde galline….si schifavano….si scansavano…si schifavano macari idde…
BELLAVIA
Gentilissima signora, vi ringraziamo, noi ce ne andiamo.
***
Nel cimitero di Vigata Don Carmelo mostra tre bare a Giummaro e Bellavia
DON CARMELO
Tutti omini sunu. Chistu muriu quindici jurni fa. Chistu, Tri misi, un misi... Mare scià... pigghiamu autri bari?
GIUMMARO
No, no, no apriamo questa qua di quindici jorni fa...
DON CARMELO
Ah, ah, io ci parlo cu i morti…e me ne dicono di cose camurriose, di chiddu ca ficiro da vivi…vivi… diciamo in chista vita…ca putribbi esseri ‘na vita di prova pi chiddra vera…ho ditto putribbi… …dice uno scrivanu cca vicinu… ca iddu havi paura di viveri la vita…epperciò iddu prifirisci raccontarla…mi dice sempre…”Don Carmelo, la vita o la si vive o la si racconta”…iddu la racconta…. Iu mi la criu cca dintru insieme a loro…me ne raccontano di cose tinte!!!...
GIUMMARO
Quanto parlate Don Carmè…. aprite sta cassa…!...
DON CARMELO
…è aperta…
GIUMMARO
Allora Don Carmelo, dobbiamo fare un cambio di vestiti….siccome a me fa un po’ impressione…li cambiate voi…
DON CARMELO
Maresciallo, vossignoria deve solo comandare.…
GIUMMARO
Allora questi sono vestiti che sembrano quelli di Giuda…va bene?... e ci mettete nella tasca questa busta.…Mi raccomando, sbrigatevi.
DON CARMELO
Eh…U tempu ci fotti a noiautri…. eh?.... Ci corre narrè pi farici ‘nvicchiari e muriri…quando la morte non ci fotte prima… eh….eh…. vestu stu disgraziato, mi raccumannu faciteci un funerale degnu di un cristianu...
 
 

Il Venerdì, 29.10.2010
Spettacoli / Il Festival di Roma
E dopo Montalbano Camilleri se ne va al cinema
Arriva in sala il primo film tratto da un romanzo dello scrittore siciliano: La scomparsa di Patò, Una storia che viene da Sciascia e racconta una Sicilia di fine Ottocento, con Frassica e Marcorè

Roma. Antonio Patò, integerri­mo direttore della sede della Banca di Trinacria di Vigata, tutti i Venerdì santi interpreta Giuda durante il «Mortorio». E ogni santa Pasqua, tra gli improperi del pubblico, viene impiccato. La scena, sempre uguale, prevede che il traditore sprofondi in una botola. Ma quel venerdì del 1890 qualcosa va storto e Patò dalla botola non riemerge. È come volatilizzato. Murì Patò o s'ammucciò?, scrive sui muri di Vigata una mano ignota. È morto Patò o si è nascosto? Ad Andrea Camilleri sono bastate poche righe scritte da Sciascia in “A ciascuno il suo”, per reinventare una storia ormai di­ventata leggenda metropolitana. Ne è nato un romanzo da un milione di copie e, dal bestseller, un film divertente con un Nino Frassica nei panni di un antico carabiniere, Giummaro, che si contende l'indagine con Maurizio Casagrande, ov­vero il delegato di polizia Bellavia. Entrambi alla ricerca di Neri Marcorè-Pa­tò. La regia è di Rocco Mortelliti, la sce­neggiatura di Camilleri, Mortelliti e Maurizio Nichetti. “La scomparsa di Patò” sarà presentato domenica al Festival in­ternazionale del film di Roma.
«Per la verità la sceneggiatura non l'ho scritta, mi sono limitato a riveder­la, come faccio per Montalbano. Per le cose mie, in prima battuta, preferisco il punto di vista degli altri» spiega Camil­leri nella sua bella casa del quartiere Prati mentre si accende la prima Multifilter rossa. <E della fiducia in Rocco Mortelliti non si discute, visto che è suo ex allievo all'Accademia nazionale d'arte drammati­ca Silvio D'Amico e suo genero. «In real­tà lo cacciai, il povero Rocco. Nel saggio di fine anno gli avevo dato una parte im­portante, ma il farabutto si era fatto scritturare per uno spettacolo senza dire niente a nessuno e mancò per una setti­mana alle prove. Io pretesi un provvedi­mento disciplinare. Dopo tre anni sposò mia figlia Andreina. Così, quando dopo un po' di tempo il direttore mi disse che dovevamo prendere provvedimenti di­sciplinari verso altri allievi risposi: "Col cavolo! Ho ancora due figlie nubili e non posso prendere come generi tutti quelli che caccio dall'Accademia!"»
In realtà Camilleri sa di avere ben ri­posto la fiducia se ha affidato a Mortelliti un suo romanzo per farne il primo film non televisivo. Un romanzo esilarante, complicato da tradurre in linguaggio ci­nematografico, perché costruito sotto forma di dossier con articoli di giornali, lettere, verbali di interrogatori. «Avevo usato i dossier già in “La concessione del telefono”. La formula mi piace perché la­scia al lettore la possibilità di interagire col romanzo. Purtroppo, adesso le paro­le dossier e dossieraggio hanno assunto una valenza negativa».
Ma, se nel 1890 i dossier non aveva­no nulla di minaccioso, è pur vero che il malcostume italiano non è cambiato molto da allora. «Scrivo romanzi stori­ci ambientati dopo l'Unità di Italia non per andare indietro nella Storia, ma per vedere quanto la Storia si proietti sul presente e come, molto spesso, in Italia, il passato sia un continuo pre­sente. Quello che Mario Luzi chiamava “L'immobilità del mutamento”». Un con­cetto molto siciliano, gattopardesco, si potrebbe dire. «Naturalmente diverse cose sono cambiate in Sicilia, per esempio il concetto di famiglia. Prima era un'entità chiusa, un clan che erge­va intorno a sé degli alti muri, non per il timore che da fuori si potesse entra­re, ma per impedire che si uscisse».
Anche la mafia è cambiata. Nel film taglia le mani a un ladro, adesso non spa­ra nemmeno più. «Non spara perché ha imparato la lezione di Provenzano che dopo la stagione delle stragi di Riina ha obbligato ad agire a pelo d'acqua per fare meno rumore possibile. E le raffiche di mitra fanno rumore. Oggi tutto tace, ma non perché la mafia sia sparita. Emerge come un fiume carsico a Milano, si espande. Una volta la mafia aveva i riti di iniziazione, il santino, la puncicatura, oggi basta conoscere la password: è la mafia dei colletti bianchi». Camilleri parla con tono pacato, fuma e dice cose terribili.
Tornando al film, gli investigatori Frassica e Casagrande sono degli ante­signani di Montalbano. C'è un filo ros­so che li lega e non è solo Vigata e Montelusa. «I metodi investigativi sono simili. Montalbano parla alla gente e cerca sempre la via del buonsenso. Og­gi Montalbano è un eroe del nostro tempo, in cui il rapporto con i superiori si è modificato rispetto a quello che po­teva esserci alla fine dell'Ottocento. Quei due poveri disgraziati di Gium­maro (Frassica) e Bellavia (Casagran­de), che sono per definizione rivali, a un certo punto si rendono conto di po­ter diventare i veri capri espiatori del­l'intera vicenda e decidono di allearsi».
Nel ruolo della moglie di Patò c'è la nipote Alessandra Mortelliti. «Quando mi disse che voleva presentarsi all'Acca­demia Silvio D'Amico, come ex inse­gnante mi preoccupai di telefonare ai miei colleghi facendo una raccomanda­zione al rovescio. "Cercate di non prenderla" dissi, "se poi non potete farne a meno, sono cavoli vostri". Non avevo al­cun piacere che facesse questo mestie­re, è troppo angosciante».
Camilleri ha avuto voce in capitolo nella scelta degli attori? «Nonsi. Come di­ce Dante, "Parole non ci appulcro". Se la sbrighino loro! Avendo fatto per tanti an­ni il regista, so che rottura di cabasisi è avere l'autore tra i piedi».
Brunella Schisa


Un film fatto in famiglia dove prevale il comico

Un film fatto in famiglia, scritto dal suocero e interpretato dalla bravissima figlia Alessandra (moglie di Patò). Per Rocco Mortelliti, attore e regista, deve essere stato difficile lavorare con il suocero: «La cosa più ardua, quando Andrea mi ha dato il romanzo e mi ha chiesto di farne un film, è stata trovare la chiave di lettura, perché non volevo tradire la genialità descrittiva del romanzo». Gli attori hanno aiutato? «Sì, è stato un fuoco di artificio di gag. Ne ho tagliate moltissime. Il film deve avere un certo equilibrio, un tanto di comico e un tanto di drammatico». Nella “Scomparsa di Patò” prevale il comico. Come si fa a far ridere il pubblico? «Molto dipende dagli attori. lo li ho presi soprattutto dal teatro. Penso che il cinema abbia bisogno del teatro. La commedia dell'arte mi ha insegnato il ritmo del comico. Non amo il cinema verità, ho bisogno che sia finzione per crederei. Come diceva Vittorio Gassman "l'attore è un ipocrita sincero"». E la storia della cacciata dall'Accademia? «Andrea la ricorda male. Quando tornai dalla tournée scoprii che dovevo ripetere l'anno e me ne andai spontaneamente».
 
 

oneCinema, 29.10.2010
Festival di Roma: Andrea Camilleri presenta “La scomparsa di Patò”

“La scomparsa di Patò” è un film diretto da Rocco Mortellitti, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Andrea Camilleri. Il film, presentato al Festival Internazionale del Film di Roma, conta un cast d’eccezione: Neri Marcorè, Nino Frassica e Maurizio Casagrande.
La storia si ambienta a Vigata, la città del più famoso commissario siciliano Montalbano, nel 1890. Durante la rappresentazione del Mortorio, cioè della Passione di Cristo, il ragioniere Patò (Neri Marcorè) è scomparso. Le indagini vengono svolte dal Maresciallo dei Regi Carabinieri Paolo Giummaro (Nino Frassica) e dal Delegato di Pubblica Sicurezza Ernesto Bellavia (Maurizio Casagrande).
Nonostante le pressioni politiche da Roma e le influenze da parte della Mafia locale, i rappresentanti dello Stato riusciranno a scoprire la verità. Poiché il risultato delle indagini può offendere e creare malcontento tra la popolazione, i rappresentanti dello Stato si vedranno costretti, loro malgrado, a dover apportare qualche modifica alla scomoda verità.
Il romanzo di Camilleri, da cui è tratto il film, è sicuramente tra i più belli, geniali e divertenti opere del noto scrittore. Il film racconta una Sicilia di altri tempi e gioca molto sul colorito dialetto, sulle tradizioni locali, sui costumi e malcostumi ottocenteschi. Ottima è la ricostruzione storica e sociale del tempo, come buona risulta anche l’interpretazione di Nino Frassica e di Maurizio Casagrande.
La sottile ironia insita nel libro viene riprodotta fedelmente nella pellicola: il paragone con l’Italia moderna viene naturale. Così vizi e malcostumi della Sicilia della fine dell’800 sembrano rispecchiare e appartenere all’Italia intera di oggi.
“La scomparsa di Patò” risulta essere un film divertente, frizzante e pieno di brio, ma in realtà sembra più pensato per il piccolo schermo che per il cinema. Infatti, come l’adattamento televisivo delle altre opere di Camilleri, sulle avventure del commissario Montalbano, anche questa pellicola riceverebbe il giusto plauso in TV.
Inoltre, come per tutte le trasposizioni cinematografiche di noti romanzi, risulta sempre rischioso e poco obiettivo riuscire a recensire le pellicole. Questo vale soprattutto per le opere importanti, profonde e complesse di autori come Andrea Camilleri.
Anastasia Mazzia
 
 

Napoli.com, 29.10.2010
Lo spettacolo della cultura

Di fronte ad un’affollatissima platea del Teatro Parioli di Roma, ancora una volta, il Morante ha portato in scena la qualità letteraria, l’intelligenza brillante, il genio creativo: lo spettacolo della cultura.
Un carosello di intellettuali, tra scrittori e giornalisti, giurati e premiati ha  intavolato un vivace dibattito che ha intrecciato tradizione e innovazione, temi classici come la narrativa del novecento e attualissimi come il giornalismo, le sue prospettive, le sue modalità, il suo rapporto con la società e la politica fino ad arrivare agli approfonditi scambi sul senso della scrittura e sul rito della lettura. Ospiti di Maurizio Costanzo, generoso ed accogliente padrone di casa, i giurati Dacia Maraini, Andrea Camilleri e  Tjuna Notarbartolo si sono confrontati con Elisabetta Rasy e con il suo “Memorie di una lettrice notturna” (Rizzoli), libro vincitore della sezione di Saggistica. “Per comprendere appieno l’opera delle scrittrici, più che degli scrittori, è fondamentale conoscerne le vicende umane -  ha sottolineato la Rasy - è un processo osmotico che nelle donne geniali passa dalla vita alla creazione e viceversa”.
[…]
 
 

Corriere del Mezzogiorno, 29.10.2010
Catania. Sul «Corriere della sera»
Critiche del Pdl sul teatro di Camilleri
Buttafuoco sbatte la porta e se ne va

Interpellanza sugli spettacoli del maestro, il presidente dello stabile abbandona. Lo scrittore: è un galantuomo

Roma — La storia ha gli ingredienti di una novella di Pirandello. Ma Pietrangelo Buttafuoco non si sta affatto divertendo a viverla. E ha deciso di chiudersi alle spalle la porta del Teatro Stabile di Catania. Il teatro della sua città di cui è presidente. Almeno lo è stato, fino ad oggi. Tutto per difendere Andrea Camilleri, e il suo sodale regista Giuseppe Di Pasquale, dagli attacchi del Pdl siciliano. Buttafuoco, intellettuale di destra, paladino del papà di Montalbano, inviso dal Pdl regionale per il suo essere a sinistra.
Una storia dal sapore pirandelliano, appunto. Peccato che a farne le spese sia proprio il teatro, alla fine. Buttafuoco, poliedrico giornalista, non ha resistito allo stillicidio. E la goccia che ha fatto traboccare il vaso sembra sia stata quell’interpellanza del parlamento regionale datata un mese fa, prima firma quella del consigliere Fabio Maria Mancuso. Si intitola: «Verifica sulla gestione del Teatro Stabile di Catania». Ed è una lunga lista di domande che vanno a far le pulci ad un teatro che in tre anni è riuscito a coprire con i crediti ben tre milioni di debiti ereditati.
Di più: l’interpellanza del Pdl se la prende proprio con gli spettacoli che in quel teatro sono andati meglio. E quelli di Camilleri, non c’è bisogno di dirlo, sono in pole position. Un nome per tutti: «Il Birraio di Preston», cavallo di battaglia del teatro, all’ottavo posto (su trecento) nella classifica degli spettacoli più visti d’Italia. Per quello spettacolo Camilleri ha ceduto gratuitamente i diritti al Teatro Stabile di Catania. «In realtà li ho ceduti al 50% io e all’altro 50% la Sellerio, la mia casa editrice», precisa il papà di Montalbano un po' incredulo davanti a tutta la faccenda. «La trovo davvero sciocca», sentenzia. Si potrebbe aggiungere: surreale, visto che Buttafuoco non esita candidamente a dichiarare: «A me Camilleri non mi risponde nemmeno al telefono quando lo chiamo». Eppure è per difendere la sua arte che Buttafuoco ha deciso di dimettersi. «Un uomo di parola, un galantuomo», commenta Camilleri. Che adesso, forse, risponderà alle sue chiamate.
Alessandra Arachi
 
 

La Repubblica (ed. di Firenze), 29.10.2010
Talk ShowStaino
Vecchi, giovani, ragazzi incontri in teatro con i big

Il vecchio e il bambino. Incontri che diventano teatro. Miti di oggi incontrano ed intervistano i grandi del passato, ancora dei maestri. Sergio Staino ha ideato Nonni/e figli/ie nipotini/e. Inconsueti incontri tra generazioni (dal 9 novembre fino a maggio, organizzazione Teatro Puccini e Coop Unicoop Firenze). S'inizia con Simone Cristicchi che si confronta con Francesco Guccini. […] Nel 2011 sono attesi al Puccini: […], Camilleri, […].
Teatro Puccini via delle Cascine dal 9 novembre, offerta consigliata 2 euro, 055/362067
Roberto Incerti
[Andrea Camilleri non parteciperà, NdCFC - 17.2.2011]
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 29.10.2010
L’autrice di “Accabadora”, vincitrice del “Campiello” protagonista di un incontro per il premio “Mondello giovani”. L’importanza delle radici, l’exploit delle due regioni e l’uso della lingua: “Il dialetto non basta”
Isole da romanzo
Michela Murgia, una sarda in Sicilia

[…]
Per lei ci sono scrittori siciliani di riferimento?
«Leggo con piacere e interesse Giorgio Vasta, anche se lui, pur siciliano, è un autore trascendente: le cose che racconta sono universali, potrebbero accadere ovunque. È un autore che amo molto, cosa che invece non posso dire per Camilleri. Elvira Sellerio ha avuto però la giusta intuizione: di pubblicarlo, nonostante la sua voce fosse troppo caratterizzata territorialmente. Ma ha avuto successo, confermando il fiuto dell' editore, e pure facendo da apripista, legittimando il narrare storie fuori dalla lingua standard. Ci sono poi i classici siciliani, che però, una volta studiatia scuola, e poi ripresi da adulto, diventano patrimonio strutturale della letteratura. Non più siciliani, o meglio, non solo siciliani».
[…]
Salvatore Ferlita
 
 

RagusaNews.com, 30.10.2010
Premio Scicli a Camilleri
Il video della consegna del Premio Scicli ad Andrea Camilleri (29 ottobre 2010).
Il Sindaco Giovanni Venticinque consegna il riconoscimento allo scrittore, che accoglie la delegazione in casa sua a Roma concedendo un'intervista a Giuseppe Savà.
 
 

RagusaNews.com, 30.10.2010
Il giorno di Camilleri
Domenica 31 ottobre al Teatro Italia la cerimonia

Scicli - Grande attesa per la consegna del Premio Scicli ad Andrea Camilleri, in programma domenica 31 ottobre alle 21 al Teatro Italia di Scicli.
Il premio sarà tributato anche a Paolo Nifosì, Ignazio Tasca, Alberto Sironi e all’associazione Peppe Greco. Il primo, come storico dell’arte che ha avuto un grande merito nella scoperta del patrimonio culturale del Sudest, Tasca medico, otorinolaringoiatra di fama internazionale, Sironi come regista del commissario Montalbano, e l’associazione sportiva per l’organizzazione del Memorial che ha visto sfidarsi a Scicli Haile Gebresellassie e Paul Tergat.
Conducono Caterina Gurrieri e Giuseppe Savà.
Ingresso libero. Non servono inviti.
 
 

La Sicilia, 30.10.2010
Domani in programma la prima nazionale
Tanti naresi a Roma per «La scomparsa di Patò»

Domani sera al Festival internazionale del cinema di Roma sarà presentato in prima nazionale il film di Rocco Mortelliti, «La scomparsa di Patò», tratto dal romanzo di Andrea Camilleri e girato ad inizio d'anno in alcuni paesi dell'agrigentino tra cui Canicattì e Naro. Alla manifestazione, parteciperanno, grazie anche all'amministrazione comunale retta dal sindaco Pippo Morello, una sessantina delle circa centoventi comparse naresi che hanno avuto un ruolo nel film. Tra questi Francesco Serio e Marco Curto, di 8 e 11 anni, gli «attori» più giovani sul set. I due hanno ricordato con grande simpatia il regista Mortelliti per aver avuto grande pazienza mentre, tra gli attori, il più amato è Maurizio Casagrande seguito da Neri Marcorè. Tra gli episodi da ricordare quello in cui Francesco riprese Nino Frassica perché questi per errore gli aveva rubato una battuta. «Tutti hanno contribuito alla buona realizzazione di questa iniziativa -ha detto il sindaco Morello- dall'amministrazione che ha assicurato un servizio di totale assistenza e concesso l'uso di Palazzo Malfitano, ai vigili urbani. L'impresa è stata faticosa e impegnativa ma, a pensare a quello che ha lasciato di bello alla nostra comunità, la ripeterei ogni mese. Migliaia di euro sono entrati nell'economia della nostra città in vari settori, da quello della ristorazione agli alloggi ed anche per il ritorno d'immagine per Naro che avrà l'opportunità di far conoscere a tutta Italia la bellezza dei suoi monumenti». «In cantiere - ha detto il sindaco - c'è la settimana della cultura organizzata dalla Confindustria di Agrigento durante la quale i turisti potranno visitare e vivere la città e i suoi monumenti mentre, a breve nel piccolo anfiteatro di Via Matteotti, sarà inaugurato un pannello in ceramica in cui sono raffigurati il viso di Camilleri, quello di Patò e la locandina del film».
Teresa Monaca
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 30.10.2010
Stabile di Catania, Buttafuoco si dimette

Pietrangelo Buttafuoco si è dimesso dalla presidenza del teatro stabile di Catania. Una scelta maturata nei giorni scorsi per difendere il direttore Giuseppe Dipasquale, finito nel mirino del Pdl che con un'interrogazione all'Ars ha avanzato dubbi sulla gestione finanziaria ma anche sulle scelte artistiche. Un attacco che riguarda anche gli adattamenti teatrali di alcuni testi di Andrea Camilleri che lo stesso Dipasquale ha messo in scena. Le dimissioni di Buttafuoco sono state respinte, ma per restare alla guida del teatro il presidente avrebbe posto come condizione l'autonomia delle scelte del Cda - che tornerà a riunirsi il 6 novembre - rispetto alle pressioni politiche e la riconferma di Dipasquale nel ruolo di direttore che ricopre da due anni e mezzo. Nell'interrogazione presentata il 28 settembre scorso da alcuni deputati del Pdl si chiedono chiarimenti su presunti «ritardi nei pagamenti degli stipendi», sul «ricorso a ditte esterne per la fornitura dei servizi» ma anche sulle «scelte artistiche della produzione», tra cui rientrano spettacoli come "Il birraio di Preston"- diretto da Dipasquale- che avrebbero «arrecato arricchimento personale al direttore». «Abbiamo fatto una richiesta di accesso agli atti, vogliamo verificare la gestione finanziaria visto che la Regione contribuisce con più di quattro milioni di euro all' anno al finanziamento del teatro», spiega Fabio Mancuso, deputato regionale Pdl e primo firmatario dell'interrogazione. Negli ambienti dello Stabile di Catania, però, c'è chi storce il naso di fronte all'attacco a un teatro che considerano virtuoso e rilanciano invitando a un'ispezione immediata. Alcuni ipotizzano anche che all'origine delle critiche alla gestione del teatro ci sarebbe un interesse a liberare delle poltrone pesanti in vista di una possibile campagna elettorale. Mancuso, però, smentisce nettamente: «Vogliono buttarla in politica, ma a noi interessa solo chiarire gli aspetti di questa gestione. Per questo mercoledì prossimo abbiamo programmato un'audizione in commissione all'Ars con tutti i soggetti coinvolti».
Cristoforo Spinella
 
 

Festival Internazionale del Film di Roma, 31.10.2010
22:30 Auditorium Santa Cecilia
La scomparsa di Patò
Italia, 2010 - 105’
Regia Rocco Mortelliti
Cast Nino Frassica, Maurizio Casagrande, Neri Marcorè, Alessandra Mortelliti

Vigata, 1890. Il ragioniere Antonio Patò (Neri Marcoré), direttore della banca di Trinacria , nel corso della rappresentazione pasquale del Mortorio, in cui interpreta magistralmente la parte di Giuda, sparisce misteriosamente senza lasciare traccia. Tutto può essere successo, ogni ipotesi è valida.La soluzione la cercano insieme il delegato Bellavia (Maurizio Casagrande) e il maresciallo Giummaro (Nino Frassica), prima rivali, poi amici e infine complici.Con la costanza e il buon senso di chi forse non sa il latino ma ben conosce l’animo umano, Giummaro e Bellavia arrivano finalmente a ricostruire quello che è successo. Possono spiegare la ragione della scomparsa del ragioniere. Ma la tanto attesa verità adesso brucia nelle mani dei due investigatori: il rapporto conclusivo presentato alle autorità provoca un’ondata di panico che si ripercuote da Roma fino alla profonda Sicilia tra telegrammi, dispacci e minacce. Un testo di Andrea Camilleri adattato da Rocco Mortelliti, Maurizio Nichetti e Andrea Camilleri.
 
 

TG1, 31.10.2010
Il sogno di Fanny, il debutto di Camilleri
Festival del cinema di Roma. Debutta come regista l'intramontabile Fanny Ardant mentre per la prima volta diventa film un romanzo di Camilleri: "La scomparsa di Patò ".
Vincenzo Mollica
 
 
La scomparsa di Patò, intervista ad Andrea Camilleri
Vincenzo Mollica ha incontrato Andrea Camilleri con il regista Rocco Mortelliti e Alessandra Mortelliti.
 
 
Festival del Cinema. "La scomparsa di Patò", intervista a Frassica e Casagrande
Vincenzo Mollica intervista Maurizio Casagrande e Nino Frassica, protagonisti del film "La scomparsa di Patò", presentato al Festival del film di Roma.
 
 

ANSA, 31.10.2010
Camilleri: caso Ruby come il mio Pato'
Scrittore, vera la tesi cambiamo tutto per non cambiare nulla

(foto ANSA)

Roma - 'Io non amo molto la tesi di Tomasi di Lampedusa ma si finisce per dargli ragione, cambiamo tutto per non cambiare nulla', cosi' dice Andrea Camilleri accennando allo scandalo della minorenne Ruby che sarebbe stata aiutata dal premier Berlusconi. E afferma che i funzionari della Questura di Milano ricordano quelli del suo romanzo 'La Scomparsa di Pato' i quali non ricevono una telefonata ma devono obbedire agli ordini dei superiori che a loro volta li ricevono dal sottosegretario.
 
 

AGI, 31.10.2010
Marcore', per il mio ruolo mi ispiro a Berlusconi

Roma - "Il personaggio del ragioniere Antonio Pato' che interpreto nel film di Rocco Mortelliti e' molto d'attualita': e' un uomo che ama le donne ed e' perseguitato dalla Magistratura. Per interpretare questo ruolo mi sono ispirato a qualcuno, ma non dico chi". Con questa battuta, chiaro riferimento alle vicende che riguardano Silvio Berlusconi, Neri Marcore' sintetizza la figura del suo personaggio nel film 'La scomparsa di Pato'', che svanisce durante una rappresentazione pasquale a Vigata nel 1890 e viene cercato dalle Forze dell'ordine rappresentate dal delegato di Polizia, Maurizio Casagrande e dal maresciallo dei Carabinieri, Nino Frassica. Il film sara' proiettato questa sera alle 22.30 come evento speciale al Festival Internazionale del film di Roma. Tratto dall'omonimo romanzo di Andrea Camilleri, racconta l'indagine condotta insieme da due divertenti investigatori.
Nel film questi personaggi sono descritti in maniera divertente, diversamente dal libro. "In realta' ho fatto solo un cambiamento significativo - spiega il regista - inserendo un delegato che viene dal Nord, cioe' da Napoli, mentre Camilleri aveva scritto di due investigatori siciliani. Per quanto riguarda la sceneggiatura, scritta con Maurizio Nichetti, abbiamo cercato di mantenere la linea del libro". Avere nel cast tre attori che fanno dell'improvvisazione la loro forza e' stata una piccola scommessa di Mortelliti. In effetti, spiega il regista, i tre sono stati estremamente diligenti nel seguire il copione. "Per un attore con capacita' di improvvisazione come siamo noi - aggiunge Maurizio Casagrande - quello di essere in una sorta di 'scatolo', in una confezione molto stretta da cui non puoi uscire e' una grande occasione. Poi bisogna fare entrare nei personaggi un po' di noi". "La bellezza di questa sceneggiatura forte - gli fa eco Marcore' - e' nel fatto che ti da' la possibilita' di mettere del tuo in una struttura ben definita". Maurizio Nichetti, autore della sceneggiatura, spiega che "la difficolta' era quella di rendere cinematograficamente una storia bellissima. Credo che siamo riusciti a realizzare un film in cui c'e' un perfetto mix di tradizionalita' e originalita', in cui tutti recitano in ruoli completamente scritti, limitando al massimo l'improvvisazione".
Andrea Camilleri, assicura il regista, "ha visto il film ed e' molto soddisfatto". Il contributo dello scrittore la cui voce legge al termine del film un articolo di giornale, e' stato costante. Come spiega Casagrande, infatti, "noi pensavamo di fare alcuni cambiamenti, lo dicevamo a Rocco, lui chiamava Camilleri e il gioco era fatto".
 
 

La Repubblica, 31.10.2010
Il personaggio
Camilleri: "Il caso Ruby come Patò"
E su Montalbano: "Mi ha fottuto..."

La pellicola di Rocco Mortelliti porta sullo schermo il romanzo ottocentesco dello scrittore. E lui, con la solita ironia, sottolinea le analogie tra le pressioni su poliziotti e carabinieri della sua storia con quelle di Berlusconi sulla Questura
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Roma - E' uno dei grandi protagonisti di questo Festival, Andrea Camilleri. In attesa del suo incontro di venerdì prossimo con una folta platea di giovanissimi, oggi è di scena "La scomparsa di Patò": film diretto da Rocco Mortelliti, tratto da uno dei suoi innumerevoli best seller. Uno di quelli senza il commissario che l'ha reso universalmente celebre: "Ho un rapporto di amore o odio con Montalbano, come ho sempre detto lui mi ha fottuto - spiega oggi lo scrittore - finisce per attirare tutta l'attenzione. Forse per questo tante mie opere, che pure vengono spesso opzionate per il cinema, restano lì. E finiscono sempre per fare la tv..."
Ambientata nella località camilleriana per eccellenza, Vigata, nell'anno 1890, la pellicola racconta la strana sparizione del direttore locale della Banca di Trinacria, Antonio Patò (Neri Marcoré), durante una rappresentazione della Passione di Cristo. Da qui la competizione tra il delegato di pubblica sicurezza, il napoletano Ernesto Bellavia (Maurizio Casagrande), e il maresciallo dei carabinieri Paolo Giummaro (Nino Frassica)... fino allo scioglimento dell'enigma. Una vicenda in cui Camilleri vede una analogia forte con l'ultimo caso Berlusconi: "Nella nostra storia le forze dell'ordine ricevono le pressioni dei superiori, oggi la Questura di Milano riceve la telefonata del presidente del Consiglio. Viene da pensare che aveva davvero ragione Tomasi Di Lampedusa, quando nel Gattopardo dice che cambia tutto perché nulla cambi". Nulla di nuovo, dunque, sotto il sole. Anche nei comportamenti del premier: "Il Cavaliere aveva già detto che il padre di Noemi Letizia era l'autista di Craxi, oggi dice che Ruby è la nipote di Mubarak: stesso ritornello".
Tornando alla pellicola, c'è da dire che si mantiene sostanzialmente fedele all'originale, seppure con qualche licenza poetica (soprattutto nella parte conclusiva). "Andrea mi ha dato le bozze del libro già dieci anni fa  -  spiega Mortelliti. Ma per realizzarlo ci è voluto un decennio. Non perché l'abbia scritto con lentezza, ma per ragioni produttive: mi chiedevano sempre se volevo farlo per la tv. Poi se c'era Montalbano. E quando dicevo loro che si trattava di un romanzo storico, ancora peggio...".
Alla fine, però, la sfida è stata vinta. Anche grazie agli attori: "A me non piacciono le interpretazioni troppo sguaiate  -  dice Marcoré, parlando del suo lavoro sul personaggio - la misura è sempre la mia cifra. Ed è anche la cifra di tutto il film". Poi anche lui ironizza sul Cavaliere: "Dato che Patò ama molto le donne, volevo dire che mi sono ispirato a chi ama le donne...".
Ultima annotazione: tra i personaggi principali del film c'è anche Alessandra Mortelliti, attrice di teatro, che è sia la figlia del regista che nipote di Camilleri.
Claudia Morgoglione
 
 

Corriere della Sera, 31.10.2010
«Mi hanno chiesto tante volte i diritti, ma questo è il primo film che viene fatto davvero»
«Oggi i potenti danno ordini alla Questura
Proprio come ai tempi del Gattopardo...»

Andrea Camilleri al Festival di Roma per la trasposizione cinematografica de «La scomparsa di Patò»

Roma - «Mi chiedono cos’è cambiato a Vigata dal 1890 a oggi. E io faccio finta di non capire»: Andrea Camilleri parla del film di Rocco Mortelliti, «La scomparsa di Patò», tratto dal suo omonimo romanzo del 2000, con Neri Marcoré protagonista accanto a Nino Frassica, Antonio Casagrande e Roberto Herlizka, presentato tra gli Eventi Speciali del Festival Internazionale del Cinema di Roma. La storia della misteriosa scomparsa del ragionier Antonio Patò è ambientata nella cittadina siciliana che fa da sempre da sfondo alle storie di Montabano, ma stavolta siamo alla di fine dell’800. Continua Camilleri: «Adesso nella questura di Milano arrivano telefonate eccellenti a dettar legge, allora a Vigata il telefono non c’era, ma i funzionari di carabinieri e polizia ugualmente ricevevano dall’alto ordini e imposizioni. Non amo le tesi di Tomasi di Lampedusa ne Il Gattopardo, però in questo caso ha ragione Tancredi di Salina: “Cambiamo tutto perché non cambi nulla”… ».
EDUARDO E LA TV - Lo scrittore, che venerdì 5 alle 14 incontrerà il pubblico in un incontro alla Salacinema Alitalia, passa a raccontare la differenza tra i suoi romanzi storici e quelli di ambiente contemporaneo: «Nei romanzi storici voglio che la storia “stinga” sulla realtà di oggi: come una lavatrice in cui i panni colorati lasciano traccia sui bianchi. A volte la macchia è più evidente, a volte più sfumata». Ma la storia cambia molto dal libro e al cinema? «La sceneggiatura ha dato più compattezza alla vicenda principale. E’ un tradimento necessario. Nelle sceneggiature cerco di entrare il meno possibile. Intervengo nei dialoghi. L’ho imparato quando ero delegato di produzione in Rai: lavoravamo alle commedie di Eduardo e lui cambiava le parole dialettali, per renderle più comprensibili». Dunque non esiste la “sacralità” del testo? «Macché sacralità… “Ricordati che non c’è niente di sacro” mi diceva Eduardo, “nemmeno la poesia”. E aveva proprio ragione».
UCCIDERE MONTALBANO? - «La scomparsa di Patò» è il primo film tratto da un suo romanzo: prima c’è stato solo Montalbano per la tv… «Vero. Ogni tanto dò i diritti per realizzare film che poi non vengono mai fatti. In alcuni casi magari c’è il problema dei costi, ma per altri davvero non so… Il fatto è che Montalbano ci ha fottuti. Se scrivo un romanzo e ci metto l’anima e la sofferenza, arrivo al 4° o al 5° posto delle classifiche. Esce Montalbano e in un attimo schizza al primo posto con 60 punti di vantaggio su Ken Follett. Ma quello che mi scoccia di più è che il commissario continua a mangiare quel che vuole e io ormai non posso. Mi sa che gli farò venire qualche cosa, un giorno o l’altro…» Ammazzerà il suo eroe? «Anni fa alla fiera del libro di Parigi, a una tavola rotonda con Jean-Claude Izzo e Manuel Vasquez Montalban si parlava proprio di come far morire i nostri personaggi. Izzo avrebbe voluto ferire gravemente il suo Fabio e l’avrebbe lasciato andare su una barca. Montalban pensava a qualcosa di molto complicato e contorto per far sparire Pepe Carvalho. Io fui interrotto da un imprevisto e non risposi mai. Risultato: i miei due colleghi sono morti con i loro protagonisti, e io col cavolo….».
Laura Ballio
 
 

Il Sole 24 Ore, 31.10.2010
Camilleri: «Montalbano mi ha stregato»

«Montalbano ha stregato me, e un sacco di altre persone». A parlare è Andrea Camilleri, il padre letterario del celebre commissario, arrivato al festival di Roma per aiutare il regista Rocco Mortelliti (marito di sua figlia Andreina), a presentare il film La scomparsa di Patò, primo adattamento cinematografico di un suo romanzo. «Io sono inchiodato al personaggio di Montalbano, e ogni volta che pubbico un nuovo romanzo senza di lui nei cui personaggi ho versato tutto il cuore, se poi esce un nuovo Montalbano è lui quello che zompa al primo posto in classifica. Questo mi fa rabbia, e il mio odiato-amato nemico diventa un freno per tutte le altre cose che vorrei scrivere.»
I protagonisti de La scomparsa di Patò sono un delegato di polizia e un maresciallo dei carabinieri alle prese con un'indagine difficile nella Vigata del 1890 e in perenne attrito di competenze . Che cosa è cambiato, dal 1890 ad oggi?
«Mi spiace dare ragione a Tomasi di Lampedusa, ma davvero tutto cambia perché niente cambi. Oggi tg e giornali si interrogano sul comportamento degli agenti della questura di Milano. Anche i due funzionari del mio romanzo, a fine ‘800, ricevevano ordini dai superiori e da un politico, e dovevano obbedire alle direttive dall'alto. Del resto tutti i miei romanzi storici vogliono stingere sulla realtà italiana contemporanea: il filo conduttore della storia sta proprio in quella macchia, che può essere più o meno evidente, ma che sempre appare».
Secondo lei anche il caso della ragazza marocchina su tutte le prime pagine dei giornali è un ricorso della storia?
«È certamente una ripetizione: ve la ricordate la faccenda della figlia dell'autista di Craxi?»
L'adattamento cinematografico de La scomparsa di Patò lavora molto sul linguaggio, rendendolo più semplice e colloquiale di quello che appare nel romanzo.
«È un'eredità della mia esperienza di delegato alla produzione Rai per le commedie di De Filippo. Eduardo cambiava le sue battute in napoletano stretto con parole, sempre in napoletano, di più facile comprensione. Se l'ha fatto lui, ho pensato, posso certamente farlo io. Comunque sono intervenuto sulla sceneggiatura solo per quanto riguarda i dialoghi, proprio per rendere accessibili termini complicati: il cinema non può fermarsi a rileggere ciò che non è immediatamente comprensibile. Per il resto ho lasciato che fosse Rocco a definire la linea guida della sceneggiatura, facendo un passo indietro e permettendogli quel tradimento necessario che un regista deve commettere rispetto al testo scritto. Eduardo diceva che non c'è niente di sacro, neanche la poesia, e Pirandello era dello stesso avviso. Come potrei dissentire?».
Qualche critico sta dicendo che La scomparsa di Patò è più cinematografico che visivo.
«Non è vero. In questo film l'immagine sostituisce interamente la parola, mentre in televisione ci sarebbero molte più "didascalie"».
È contento del risultato?
«Lo dico in totale sincerità: sono contentissimo, anche perché dà l'idea di essere costato una fortuna mentre invece, come le cose migliori in Italia, ha saputo supplire con la creatività alla mancanza di risorse».
La Rai ha intenzione di girare una sorta di prequel della serie del commissario Montalbano, con Michele Riondino nei panni del protagonista da giovane e Gianluca Maria Tavarelli alla regia. Ma lei, Camilleri, ha mai pensato di farlo fuori, l'odiato-amato Montalbano?
«Anni fa a Parigi alla Fiera del libro ci siamo incontrati in tre giallisti, Jean-Claude Izzo, Manuel Vazquez Montalban ed io, e abbiamo ipotizzato di porre fine alla vita dei nostri eroi. Ognuno ha raccontato come l'avrebbe fatto: Itzo lo feriva gravemente e lo abbandonava in una barca, Motalban aveva architettato una fine più complessa, ed io… io non ho fatto in tempo a dire la mia perché siamo stati interrotti. Bè,da allora Itzo e Montalban sono deceduti, mentre i loro eroi sopravviveranno in eterno. Dunque io mi guardo bene da uccidere Montalbano: hai visto mai?»
 
 

Movieplayer.it, 31.10.2010
Patò prende vita al Festival di Roma
Il tono lieve che caratterizza "La scomparsa di Patò", adattamento cinematografico di un romanzo di Andrea Camilleri, è stato riproposto anche nella conferenza stampa, che ha visto protagonisti il simpatico regista Rocco Mortelliti e l'allegro terzetto composto da Nino Frassica, Maurizio Casagrande e Neri Marcorè.

(foto Movieplayer.it)

Al quinto Festival di Roma giunge anche un tocco di Sicilia, grazie alla presentazione come evento speciale del film La scomparsa di Patò di Rocco Mortelliti, tratto dal romanzo omonimo di Andrea Camilleri, che rappresenta una delle poche incursioni dell'autore de Il commissario Montalbano nella Vigàta dell'Ottocento. Il libro è un interessante gioco linguistico, che ricalca con inventiva i gerghi e i registri della Sicilia antica, raccontando la storia della misteriosa scomparsa del ragioniere Patò durante la rappresentazione sacra del "Mortorio" del Venerdì Santo. Il film di Mortelliti tenta la difficile impresa di un adattamento cinematografico dell'opera originaria, privilegiando una trasposizione fedele della trama e affidandosi soprattutto alla recitazione degli interpreti, in particolare, oltre a Neri Marcorè nelle fantasmatiche vesti di Patò, anche Nino Frassica e Maurizio Casagrande nelle vesti rispettivamente di un maresciallo dei Carabinieri e di un delegato di Polizia. Alla conferenza il terzetto d'attori ha dato il meglio di sé con numerosi frizzi e lazzi (in particolare Nino Frassica, il quale non ha probabilmente mai condotto un'intervista seria in vita sua). Del resto il pubblico dell'Auditorium era particolarmente favorevole, dal momento che in sala erano presenti, oltre allo sceneggiatore del film Maurizio Nichetti, quasi tutto il cast secondario e una vastissima delegazione di Naro (cittadina in cui è stato girato il film), giunta a incoraggiare il simpatico Mortelliti.
Cosa ti attirava di questa storia?
Rocco Mortelliti: Dieci anni fa alcuni miei amici mi hanno chiesto di adattare un romanzo di Andrea Camilleri. Io ne ho parlato con lui, il quale mi ha fatto leggere le bozze de La scomparsa di Patò, dicendomi che era un soggetto nelle mie corde. Per realizzarlo ci ho impiegato dieci anni, non tanto per scriverne l'adattamento, quanto per riuscire a convincere i produttori, interessati solo a Montalbano e restii e realizzare un romanzo storico. In un primo momento ho cominciato a rendere in forma dialogata i numerosi documenti e testi presenti nel romanzo; in seguito ho chiamato il maestro Maurizio Nichetti per darmi una mano.
Come ha proceduto alla scelta degli attori?
Rocco Mortelliti: In questo romanzo Camilleri non descrive i personaggi, ma li visualizza solo tramite i documenti disseminati nel testo. Ho sempre pensato che il maresciallo dovesse essere Frassica, anche se non l'ho detto subito ai produttori. Ho però mandato un messaggio a Frassica dicendogli che un giorno avremmo lavorato insieme. Marcoré è stato geniale, perché chiedeva a tutte le persone del luogo indicazioni su come si pronunciassero le parole, e si è costruito pian piano una sua lingua.
Cosa ha detto Camilleri quando ha visto il film?
Rocco Mortelliti: Ha detto che si riconosce in questa trasposizione ed è molto contento, ma questo dovreste chiederlo a lui. Ci sono dei giornalisti comunque che possono confermare questa mia dichiarazione...
Come mai ha reclutato attori prevalentemente teatrali?
Rocco Mortelliti: Per me è incomprensibile un attore che fa cinema e non proviene dal teatro. La mia formazione è teatrale e preferisco interpreti che abbiano questo tipo di bagaglio culturale alle spalle. Durante i provini mi sono recato a Naro, nell'agrigentino, perché volevo girare il film negli stessi luoghi in cui è nato Camilleri. Ho coinvolto tutti gli abitanti, perché dovevo ricreare di sana pianta l'immaginaria cittadina di Vigàta e avevo dunque bisogno di un gran numero di comparse. Persino il sindaco di Naro è stato coinvolto nelle riprese e il suo personaggio è proprio quello che nel film dice: "Il sindaco è un grandissimo cornuto!".
Vorrei chiedere agli interpreti se hanno incontrato delle difficoltà nel calarsi nei rispettivi ruoli. Le interpretazioni sembrano misurate e trattenute.
Neri Marcoré: In generale mi piacciono le interpretazioni non troppo sguaiate, e anzi mi fa piacere che il mio lavoro in sottrazione sia stato notato.
Nino Frassica: Io avevo preparato una risposta uguale a quella di Marcoré, quindi ormai non posso più rispondere... Il mio personaggio è un maresciallo che inizialmente vive un rapporto di competizione con il delegato di Pubblica sicurezza, ma poi tra i due nasce una relazione di solidarietà e di amicizia. Direi che il film assomiglia alla lontana alla Grande Guerra... in realtà non c'entra assolutamente nulla ma ci tenevo comunque a dire questa cavolata...
Signor Nichetti, come mai si è dedicato a questo progetto, apparentemente così diverso dalle sue corde?
Maurizio Nichetti: E' stato un progetto unico e irripetibile, perché si è trattato di adattare un romanzo realizzato unicamente a partire da svariati testi e documenti. All'inizio ero intimorito, perché mi sembrava impossibile tradurre la creatività linguistica di Camilleri in un'opera cinematografica. C'è voluto molto lavoro per adattarla, lavorando molto tempo alla ricostruzione del racconto. Essendo un giallo si tratta di un meccanismo a orologeria, estremamente congegnato nel dettaglio. Nonostante la messa in scena di questo film sia alla fine abbastanza tradizionale, tipica dei film in costume, credo che si sia riuscito a ottenere un risultato molto originale. Apprezzo anche il fatto che Mortelliti abbia optato per una messa in scena sontuosa e barocca e si sia voluto affidare a numerosi talenti teatrali.
Quale è stato l'apporto di Camilleri come consulente? Come avete sviluppato il lato da commedia della storia?
Rocco Mortelliti: Ho fatto solo un cambiamento nel testo originale. Avevo bisogno che il delegato di Polizia incarnasse un occhio proveniente dall'esterno. Ho scelto un uomo del "Nord"... ovvero uno di Napoli, che all'inizio avesse difficoltà a immergersi in quel mondo. Volevo che la comicità nascesse dalla spontanea interazione tra i due attori.
Nino Frassica: Visto che l'autore è vivente, quando abbiamo aggiunto alcuni elementi, abbiamo consultato direttamente Camilleri, ottenendo di volta in volta la sua approvazione. Io e Maurizio veniamo dal teatro, in particolare dalla farsa e dalla Commedia dell'arte, e abbiamo cercato di inserire il nostro bagaglio comico nei personaggi.
Maurizio Casagrande: Camilleri ha una visione molto ironica delle sue creature, credo che da questo deriva il divertimento che scaturisce dai personaggi.
Neri Marcoré: Patò è un uomo che ama molto le donne e vorrebbe condurre uno stile di vita più libertino, anche se le autorità giudiziarie tentano di ostacolare i suoi progetti. Penso dunque che si tratti di un personaggio molto attuale e ho decisamente tratto ispirazione dalla nostra attuale scena politica per interpretarlo (ride).
Vorrei chiedere all'unica donna del gruppo d'attori come si è trovata in mezzo a tanti uomini.
Alessandra Mortelliti: Sono stata trattata come una principessa, anche se i miei colleghi mi punzecchiavano un po' durante le scene. Il regista mi ha dato subito indicazioni molto precise, che ho rispettato senza fare troppe domande. Sul set si è creato un rapporto non tra padre e figlia, bensì tra regista e attrice, e questo significa che non ci siamo mai scontrati durante le riprese...
Maurizio Nichetti diceva che quella del film è stata una sceneggiatura interamente scritta, quindi non c'è stato margine di improvvisazione per Frassica e Casagrande?
Nino Frassica: In realtà io ho prima imparato la sceneggiatura, poi l'ho dimenticata, e dopo l'ho improvvisata ripetendo senza volerlo parola per parola la sceneggiatura originale.
Maurizio Casagrande: Penso che la sfida più grande per un attore sia quella di lavorare dentro le maglie di una sceneggiatura molto rigida. Credo si tratti di una grande occasione, che consente di esprimere al meglio le proprie doti recitative.
Neri Marcoré: Se si improvvisa si finisce spesso per rovinare la scena, inserendo battute che non c'entrano nulla con l'atmosfera originale. Essendo questo film un giallo ben congegnato, non si poteva improvvisare molto sullo sviluppo del racconto, ma in questo caso il bello dell'improvvisazione è stato quello di lavorare nei pochi margini liberi concessi.
Roberto Castrogiovanni
 
 

Zabriskie Point, 31.10.2010
Romacinemafest oltre il giallo: La scomparsa di Patò

È il Venerdi Santo del 1890 e nel comune siciliano di Vigata viene messo in scena il "Mortorio", la rappresentazione della Passione di Cristo. Durante la recita il ragioniere Antonio Patò (Neri Marcorè) che interpreta Giuda scompare. Nel suo camerino non si trovano né i suoi abiti né il costume di scena. Il ragioniere è morto o è scomparso? A cercare di venire alla verità vengono incaricati il delegato di Pubblica Sicurezza Ernesto Bellavia (Maurizio Casagrande) e il maresciallo dei Reali Carabinieri Paolo Giummaro (Nino Frassica).
Se in un primo momento i due sono in competizione e si ostacolano, con l'andare delle indagini diventano amici e decidono di allearsi per risolvere il mistero, ma man mano che arrivano alla soluzione si rendono conto che la verità è molto pericolosa...
Se Pirandello fosse stato un autore di romanzi gialli Il Fu Mattia Pascal l'avrebbe scritto così. Perché La scomparsa di Patò  scritto da Andrea Camilleri ha molto in comune con l'opera del drammaturgo. E non sarebbe strano pensare ad un Pirandello che si cimenta con il giallo...basti pensare alla sua opera teatrale Così è (se vi pare) in cui la ricerca della verità ( uno dei suoi temi più cari) è condotta con interrogatori e contro interrogatori, ricerche di prove e smantellamenti di alibi.
Pirandello, però, è vissuto durante il fascismo, che ha sempre mal visto il giallo per quel suo mostrare società corrotte, che poco dovevano c'entrare con la "Bella" Italia voluta da Mussolini.
Ma quei germi nella Sicilia ci sono sempre stati e sono esplosi prima in una forma politica con Leonardo Sciascia per arrivare a quel Montalbano creato da Camilleri che sarebbe stato l'apripista di un nuovo proliferare di giallisti italiani.
Quello che viene messo in mostra in questo film da Mortelliti è il Camilleri giallista liberato dal peso del suo personaggio ricorrente. Il regista può quindi lavorare esclusivamente sul testo dato dall'autore con una nuova verginità filmica. Imprime così un personale gusto e stile nella narrazione che a volte può risultare fin troppo teatrale, ma una volta entrato nel gioco che ci viene proposto si resta affascinati. Vengono così accettate recitazioni che sembrano farse eccessivamente caricate, perché credibili in quella messa in scena della trama che è un riflesso di una messa in scena extra diegetica.
Presi dall'intreccio giallo che pur nella sua classicità presenta elementi nuovi, l'autore e gli sceneggiatori, tra cui c'è Nichetti, si concedono di parlare di  altro, di scrivere veri pezzi di commedia, in cui gli attori Frassica e Casagrande si trovano completamente a proprio agio rispetto alle scene che li vogliono investigatori classici.
Ogni cosa del passato è metafora del presente: il delegato del Nord (ironicamente di Napoli) critica la vita del Sud. I legami tra politica, banca e mafia sono stretti e tutto parte sempre da politiche corrotte.
Un giallo quindi riuscito, che se pur trova un po' di difficoltà a partire, riesce alla fine del film ad avere il merito di non essere stato solo un rompicapo da risolvere, ma qualcosa di più.
 
 

Fuori le Mura, 31.10.2010
La scomparsa di Patò

Presentato fuori concorso nella sezione Evento Speciale in anteprima domenica 31 ottobre al Festival Internazionale del Film di Roma 2010, La scomparsa di Patò è la prima trasposizione cinematografica di un romanzo di Andrea Camilleri. Ambientata a Vigata, cittadina immaginaria molto cara allo scrittore siciliano e al suo commissario Montalbano, la vicenda ha inizio il Venerdì Santo del 1890, giorno in cui, come ogni anno, viene messa in scena, con una pubblica rappresentazione teatrale, la Passione di Gesù, il Mortorio. Allo spettacolo partecipano gli abitanti della cittadina, tra questi uno in particolare si distingue per le sue capacità recitative e da anni ormai gli viene assegnato il difficile e infame ruolo di Giuda, il traditore che, sulla scena, viene colpito dal lancio di ortaggi e ricoperto di insulti da parte degli spettatori, che ricoprono così una parte attiva, finché viene ucciso per impiccagione, precipitando giù per una botola sotto il palco. Lo stimato Giuda si chiama Antonio Patò -Neri Marcorè- un integerrimo ragioniere della locale Banca di Trinacria, uomo stimato e rispettato da tutti, nonché padre di famiglia dalla profonda fede religiosa. Durante l’ultima rappresentazione accade però qualcosa di strano, il Giuda, dopo essere precipitato dalla botola ed essere atterrato su un cuscino, a fine spettacolo non è uscito a ricevere l’acclamazione del pubblico. Antonio Patò sembra scomparso nel nulla. La difficile indagine viene inizialmente assegnata al delegato della Pubblica Sicurezza, il campano Ernesto Bellavia -Maurizio Casagrande-, che deve affrontare il delicato compito con riserbo e discrezione, scontrandosi con la reticenza della popolazione a collaborare con le indagini e con le difficoltà linguistiche del dialetto siciliano. La notizia della scomparsa inevitabilmente si diffonde. “Murì Patò o s’ammucciò?”-morì Patò o si nascose?- è la scritta comparsa il giorno seguente su un muro di Vigata che mostra come la popolazione tutta si interroga sull’accaduto. Appresa la notizia, l’istrionico maresciallo dei Reali Carabinieri Paolo Giummàro -Nino Frassica-, stufo delle indagini sulle risse d’osteria affidate all’Arma, è deciso a farsi affidare l’indagine dal suo superiore. Dopo diverse manovre di ostruzionismo reciproco, i due si trovano fianco a fianco a dover affrontare l’inchiesta che abbisogna di un’urgente risoluzione, richiesta insistentemente dal rispettabile zio dello scomparso Senatore Pecoraro Artidoro Grande Ufficiale, Sottosegretario di Stato al Ministero dell’Interno. La coppia indaga senza sosta e senza timori, “rovistando” nelle vite degli abitanti di Vigata alla ricerca di scheletri nascosti negli armadi, giungendo in conclusione ad una clamorosa verità.
Il regista Rocco Mortelliti centra in pieno l’obbiettivo, dare corpo al mondo camilleriano, riproducendone i colori, gli odori, i sapori di una Sicilia e di un’Italia d’altri tempi flagellata dal malcostume, dall’ipocrisia, distante dal suo popolo che, ripudiato dalla classe dominante, rappresenta quanto di più sincero e autentico ci sia. Mortelliti apporta una modifica significativa ed efficace per la trasposizione cinematografica, fa provenire il delegato della Pubblica Sicurezza da Napoli, creando così, oltre lo scontro istituzionale, uno scontro regionale con le conseguenti incomprensioni linguistiche. Questo espediente aiuta il pubblico -non siculo- a identificarsi in qualche misura nel delegato, che risulta un forestiero e a cui sovente serve una traduzione del collega carabiniere, ma soprattutto amplifica i contrasti iniziali tra i due e ne salda l’amicizia poi. Proprio il linguaggio è una parte fondamentale di questo splendido affresco, estremamente burocratico quello dei politici e delle forze dell’ordine, volgare e rude quello del popolo. Girato tra Naro, Agrigento e Canicattì, domenica 31 ottobre il cuore pulsante della Sicilia camilleriana muoverà i suoi passi sul red carpet per la prima volta.
Luca De Angelis
 
 

Messaggero Veneto, 31.10.2010
Nautica
Storie di lui, lei e l'altra (ovvero la barca)

«Può accadere che arrivi in porto una barca a bordo della quale c’è una giovane coppia. Lei a prua con guanti da lavoro e mezzo marinaio, lui al timone. Tutto regolare, sembrerebbe, se non fosse per il fatto che lei ha una faccia grigia e indurita...». Questo l’ho copiato a pagina 57 del libro “Mollare gli ormeggi” scritto da Carlo Romeo e da poco uscito in libreria, dopo il successo del suo precedente lavoro intitolato “Boatpeople”. […] La prosa di Romeo è scorrevole, salottiera e come annota Andrea Camilleri in una postfazione «... un autore nostrano che dello scrivere non ha un concetto sacrale, che non teme di far opera blasfema muovendo al riso il lettore, che adopera l’arma dell’ironia per alleggerire, distanziare e, soprattutto, per difendersi da se stessi». […]
Gennaro Coretti
 
 

I barbari, 31.10.2010
Racconti di Montalbano – Andrea Camilleri

Sei milioni e mezzo di copie vendute soltanto in Italia, 120 traduzioni in tutte le lingue, la dicono lunga sulla fenomenologia di Salvo Montalbano e del suo autore Andrea Camilleri. I “puristi” della letteratura a questo punto avranno già storto il naso e inspirato nelle loro asettiche nari il maleodorante olezzo di successo e relativo seguito che il commissario di Vigata e lo scrittore di Porto Empedocle racimolano nell’intero mondo dei “semplici”. Già quei “semplici” che hanno avuto l’onore di vedersi pubblicata l’intera opera inerente il commissario siciliano nella prestigiosa collana dei “Meridiani” di Mondadori, collana che lo ricordiamo rappresenta nel nostro Paese i classici della letteratura di ogni tempo. Onore quindi a Camilleri e al suo Montalbano che tante ore della nostra esistenza di lettori semplici allietano.
Per chi ha letto tutti i romanzi di Montalbano (editi da Sellerio) questa raccolta di “Racconti di Montalbano” scelti direttamente dall’autore è una sorprendente novità, giacché sono qui riuniti 18 storie brevi che vedono come protagonista il leggendario commissario. Divertentissimo è il primo di questi racconti: “La prima indagine di Montalbano” nel quale Salvo Montalbano è un semplice vice commissario al limite della depressione dal momento che negli ambienti che contano si vocifera di una sua promozione a commissario in un paesino dell’entroterra siciliano lontano del suo amato mare. Per fortuna dello stesso ma soprattutto nostra (di lettori appassionati), sappiamo poi come è andata a finire. Ci sono poi una serie di racconti, quasi degli abbozzi in cui viene definito nei minimi particolari il carattere del commissario stesso e le varianti del suo agire: le sfuriate con i suoi collaboratori, le prese di posizione nei confronti dei suoi superiori, le sue riflessioni spesso di fronte ad una tavola imbandita con il commissario a farsi fuori una quantità allucinante di leccornie, in modo particolare pesce. Storie in cui omicidi, stupri, strozzinaggi sono elementi imprescindibili per dar vita alle vicissitudini del nostro. Confluisce in questa raccolta una rarità data dall’ultimo racconto “La finestra sul cortile” scritto nel 2007 e mai pubblicato prima in volume ma solo a puntate (dodici per l’esattezza) su “Il nasone di Prati” giornale giovanile del quartiere romano.
Anche se inevitabilmente i racconti rispetto ai romanzi rendono in parte la dimensione del mondo di Salvo Montalbano, i profumi di quella scrittura inconfondibile che ha reso famoso in tutto il mondo Camilleri ci sono tutti. Una scrittura vorrei ricordare influenzata dal più classico Pirandello e dal Sciascia tessitore d’enigmi e poi i tributi che lo scrittore ha dovuto pagare per la costruzione del suo personaggio a Carlo Emilio Gadda e al suo Ciccio Ingravallo del “Pasticciaccio”, e ai molti eroi degli sceneggiati polizieschi anni settanta.
Alboino
 
 

Secolo d'Italia, 31.10.2010
Buttafuoco e il Teatro Stabile

Contorni "milazziani" in questa vicenda ci sono un po' tutti. Un intellettuale di destra che per difendere il diritto alla libertà di espressione di un'artista di sinistra allievo a sua volta di un grande scrittore anch'esso di sinistra litiga con un partito (il Pdl) e si dimette in segno di protesta dal suo incarico. Questo non poteva non accadere in Sicilia, terra che sulle strane convergenze ha edotto da sempre il Paese. Protagonista, suo malgrado, della vicenda è Pietrangelo Buttafuoco, giornalista di Panorama e ormai ex presidente del Teatro Stabile di Catania. Ebbene, Buttafuoco si è dimesso dalla sua carica per difendere l'operato, l'onore e l'indipendenza del suo sodale Giuseppe Dipasquale, direttore e regista "reo" di portare in scena le opere del suo maestro Andrea Camilleri tanto sgradite ai pidiellini locali quanto amate dal pubblico che affolla i teatri. Da qui le dimissioni del presidente, irritato per una vicenda dai contorni pretestuosi e strumentali. Ma andiamo con ordine. Tutto ha inizio da un'interpellanza del Pdl all'Ars sulla gestione dello Stabile di Catania ("Verifica sulla gestione del Teatro Stabile di Catania" si legge) con l'intento di indagare non solo sulla gestione amministrativa ma anche di mettere il becco sui legittimi diritti d'autore per opere firmate dallo stesso direttore.
Ma, a conti fatti, riesce difficile capire la motivazione del perché questo teatro sia finito sotto osservazione da parte dei deputati regionali del Popolo della libertà. Prima di tutto perché i numeri dello Stabile di Catania parlano chiaro. Sotto la presidenza Buttafuoco infatti il teatro ha messo in piedi una squadra che ha portato successi e tournée in tutta Italia (come appunto Il Birraio di Preston, firmato da Camilleri e Dipasquale che è stato ospitato dai maggiori teatri italiani dal Piccolo di Milano al teatro Valle di Roma). Inoltre quest'ultima gestione, in un momento di crisi economica, ha portato un notevole aumento di introiti e di abbonamenti (da settemila ad oltre diecimila) rispetto alla precedente direzione che aveva lasciato da parte sua un debito di una certa rilevanza.
E, cosa singolare, l'interesse investigativo da parte del Pdl non si capisce anche perché sembra essere tutto a senso unico. Basta guardare all'altra sponda della regione e vedere che cosa succede all'altro Stabile, quello di Palermo, che a quanto sembra è sommerso dai debiti e che rischiava addirittura di non poter proporre nemmeno il cartellone. I maligni indicano però che il motivo della mancata attenzione sarebbe che a dirigere il teatro qui sia Pietro Carriglio, uomo che sta molto a cuore a Gianni Letta. Ed è proprio qui che si svela con tutta probabilità il reale interesse a mettere i bastoni tra le ruote allo Stabile di Catania. Ragion per cui se l'opera di Andrea Camilleri ha rappresentato l'innesco polemico per la bomba, il vero obiettivo di questa storia dall'intreccio tutto siciliano è proprio il ruolo di Giuseppe Dipasquale. Ruolo, quello di direttore. appetito e ambito così tanto che è riuscito a mettere d'accordo per paradosso pidiellini e uomini di Raffaele Lombardo altrimenti noti come cane e gatto o diavolo e acqua santa. E questo idillio si spiegherebbe data l'aria di elezioni anticipate che si respira anche sull'isola. Insomma, dietro alla levata di scudi del Pdl ci sarebbe tanto una sterile motivazione legata non si sa quanto ai diritti d'autore, quanto al pedigree di Camilleri e quanto invece a un calcolo politico finalizzato alle beneamate poltrone.
E dire che la gestione di Buttafuoco allo Stabile di Catania ha rappresentato una buona nuova in una città dove vuoto culturale e politico camminano di pari passo. Una conduzione vivace e interattiva che ha portato risultati non solo in termini di numeri ma anche di allargamento dell'offerta culturale. […] Tempo fa Michele Serra diceva che gli scrittori di destra sono doppiamente sfortunati, perché ignorati dai lettori di sinistra e perché gli uomini di destra non leggono. Figurarsi, allora, se questi stessi possono avere rappresentanti politici che capiscono l'importanza del teatro.
Antonio Rapisarda
 
 

Balarm, 10-11.2010
5 domande a... Andrea Camilleri
In occasione dell'uscita del film "La scomparsa di Patò" incontriamo a tu per tu il "papà" di Montalbano

Com’è nata la suggestione che lega il commissario di Vigata all’opera di Ariosto?
«Sarebbe meglio chiedere come l’autore del commissario di Vigata sia da sempre un estimatore dell’opera dell’Ariosto… E si tratta veramente di un transfert di un mio ricordo di infanzia su Montalbano. Io da bambino lessi quei versi che mi portai a memoria, come si dice in francese “par Coeur”, nella mia vita. I miei ricordi furono anche aiutati dalle illustrazioni splendide di Gustavo Dorè».
Ci racconta, in breve, il paese che stiamo vivendo e/o subendo?
«In breve?!? Per tentare di descriverlo solo in minima parte ho pubblicato con Saverio Lodato due libri di raccolte di interviste sulla situazione odierna. Come può chiedermi di descrivere in breve la tragedia della situazione italiana? Io sono nato con il fascismo e invecchio in un’altra dittatura camuffata che ha un potere mediatico ancora più forte. Posso solo augurare miglior fortuna ai posteri».
Come si spiega il grande successo di ogni libro su Montalbano?
«Io credo che il successo di Montalbano sia proprio nel suo contesto. La necessità di ambientare le avventure del commissario nella realtà contemporanea permette al lettore di sentire il commissario più vicino. Per ciò che riguarda la tecnica propriamente detta, il lettore si trova ad avere in ogni pagina gli stessi indizi e le stesse situazioni che vive Montalbano. Non è quindi un inerte spettatore, talvolta può precedere i ragionamenti deduttivi di Montalbano».
Quanto è stato difficile, se lo è stato, adattare per il cinema "La scomparsa di Patò"?
«Non c’è critico o recensore che non dica che i miei libri non siano scritti per la Tv o per il cinema. All'atto pratico, all’atto della sceneggiatura, essi presentano problemi enormi nella versione visiva. Perché sono fintamente cinematografici. In realtà sono libri puramente narrativi che con difficoltà sono reversibili nel cinema. Nel caso di Patò ho rivisto la sceneggiatura di Mortellitti e Nichetti solo alla fine, suggerendo piccoli cambiamenti».
Alla fine de Il sorriso di Angelica c’è un suo ricordo, tanto breve quanto puntuale ed affettuoso, di Elvira Sellerio.
«Elvira Sellerio continua ad essere tuttora la mia editrice di riferimento. Il suo ruolo è stato per me importantissimo. Preferisco comunque pensare ad Elvira come ad una amica carissima e insostituibile con la quale potevo parlare di tutto e non solo di libri».
Salvatore Salviano Miceli


La scomparsa di Patò: il film di Rocco Mortellitti

Pubblicato per Mondadori nel 2000, "La scomparsa di Patò" è uno dei libri più noti e di maggior successo di Andrea Camilleri. Nulla anticipiamo della storia limitandoci a dice che la vicenda ruota intorno alla scomparsa del ragioniere Antonio Patò, come sempre nei panni di Giuda, durante la rappresentazione annuale de la Passione di Cristo, il 21 marzo 1890 a Vigata. Presentato fuori concorso al Festival Internazionale del Film di Roma, il libro arriva al cinema per la regia di Rocco Mortellitti, prodotto da 13 Dicembre, Emme, S.Ti.C. in collaborazione con Rai Cinema e sostenuto dal MiBAC, dalla Regione Siciliana, Sicilia Film Commission, Sensi Contemporanei Cinema e Audiovisivo e Cinesicilia.
Come si lavora su un testo di Camilleri?
«Paradossalmente è stato molto semplice. In un primo tempo ho sceneggiato ogni singolo personaggio. Poi ho cercato di ricreare lo stesso stile usato da Andrea nel romanzo rintracciando, però, una mia chiave di lettura. Andrea non descrive direttamente i suoi personaggi ma basta leggere le loro azioni per capirne le caratteristiche, ma rispetto al romanzo ci sono delle piccole differenze».
La scelta del cast?
«Per me esistono gli attori bravi e quelli non bravi. Tutti gli interpreti del film si sono sottoposti con estrema umiltà, dote fondamentale per un grande attore, ai tanti provini fatti. Sia Neri Marcoré che Nino Frassica e Antonio Casagrande si sono perfettamente ambientati all’interno di un cast che, pur venendo interamente dal teatro, ha profonde radici nel mondo amatoriale e non professionistico».
Il nostro è un tempo assai diverso da quello di Patò?
«Ho scritto la canzone finale proprio su questo. Credo che l’Italia, non solo il sud, sia profondamente ipocrita. E spero di avere rispettato il romanzo in cui questo emerge chiaramente. So che Andrea, che conosco da trentadue anni, e con cui sono anche cresciuto artisticamente, si sente rappresentato dal film e di questo sono molto contento. È incredibile pensare che noi ancora non sappiamo chi ha fatto cadere l’aereo di Ustica o chi ha ucciso Moro. Non sappiamo la verità assoluta su tante, troppe cose. Ed è questa l’ipocrisia che anima il nostro paese».
 
 

Balarm, 10-11.2010
Indietro tutta... Avanti Nino!
A breve inizieranno le riprese dell’ottava stagione di "Don Matteo", intanto Nino Frassica torna al cinema italiano con "La scomparsa di Patò", dopo la partecipazione al film di Sofia Coppola "Somewhere". Lui si definisce un clown e forse, proprio per questo, le sue risposte non sono mai banali...

Al prossimo Festival del Cinema di Roma con "La scomparsa di Patò". Per la prima volta un romanzo di Camilleri sul grande schermo.
«È stato come tornare a casa e finalmente ho potuto parlare un po’ di dialetto. Si è più naturali quando si parla nella propria lingua. E quando si fa cinema o fiction si deve essere spontanei per risultare credibili. Proprio per questo mi porto e mi porterò sempre dietro il mio accento. Anche quando ho fatto "Baarìa" ho inseguito la musicalità del dialetto grazie a Tornatore che mi suggeriva l’intonazione di ogni singola parola».
Non è la prima volta che incrocia Camilleri...
«Il mio era uno dei nomi che circolavano quando iniziavano a trapelare notizie su una possibile fiction basata sul commissario Montalbano. Probabilmente, però, a quei tempi non avevo ancora la patente di attore. Visto il successo avuto con il varietà si pensava, forse, che fossi incapace di svestire la “giacca colorata” per entrare in panni più seriosi.»
È tipico del cinema e dello spettacolo italiano costringere gli attori sempre negli stessi ruoli.
«È un modo di pensare sbagliato, frutto di preconcetti e di false conoscenze. Adesso, grazie anche a film come "La scomparsa di Patò", le cose stanno cambiando. Probabilmente il successo arrivato con programmi come "Indietro Tutta" mi ha precluso altre possibilità, però sono felicissimo di quello che ho fatto nella mia carriera. Non rinnego nulla».
[…]
Salvatore Salviano Miceli
 
 

 


 
Last modified Wednesday, September, 09, 2015