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RASSEGNA STAMPA

MARZO 2015

 
La Sicilia, 1.3.2015
«Montalbano può essere solo siciliano»
Lo sceneggiatore De Mola: «Il successo della serie deriva dall'estrema umanità di questo popolo»
L'eroe positivo. «Ci sarà sempre bisogno di un personaggio così leale, rigoroso, diverso dall'italiano medio»

Non ha il volto popolare di Luca Zingaretti, né può vantare la fortuna editoriale di Andrea Camilleri. Ma il suo lavoro sta proprio a metà tra i romanzi e la serie tv del Commissario Montalbano, del cui successo è un fattore fondamentale perché trasforma l'opera letteraria in blockbuster del piccolo schermo. Salvatore De Mola, 47 anni, barese di nascita ma romano di adozione, fa parte sin dall'inizio del gruppo di sceneggiatori che adatta i racconti dello scrittore siciliano in puntate televisive. Quello che fu il suo primo lavoro oggi rimane il più impegnativo, nonostante il suo curriculum annoveri, fra le altre, la sceneggiatura dei "Cesaroni". Lo abbiamo incontrato a Enna, dove ha insegnato a un corso di formazione per volontari. Ma Salvatore negli ultimi anni frequenta regolarmente l'Isola, attirato anche lui dalle scene in cui si svolgono le indagini del celebre commissario.
De Mola "conosce" Montalbano alla fine degli anni Novanta, quando, trentenne, da Bari si trasferisce a Roma, forte di due premi Solinas. Segue il corso per sceneggiatori della Rai, ma l'ingresso nell'industria tv arriva per un'altra strada: «Fui chiamato da Francesco Bruni - ricorda - per lavorare alle sceneggiature dei romanzi di Camilleri, che erano quattro: "La forma dell'acqua", "La voce del violino", "Il cane di terracotta" e "Il ladro di merendine", romanzi che avevano avuto un discreto successo ma non il boom di oggi. All'epoca nessuno poteva immaginare che una serie in siciliano, con un attore sconosciuto, con un ritmo inusuale rispetto a quelli di allora, avrebbe ottenuto tanto successo».
Oggi può mettere a confronto il lavoro di sceneggiatura dei romanzi di Camilleri e quello per altri?
«Posso dire che ovviamente il lavoro sui romanzi di Camilleri è quello più divertente, oltre a dare le maggiori soddisfazioni in termini di risultati. Con l'ultima puntata abbiamo fatto 11 milioni di telespettatori, quanto quelli che vanta Sanremo 2015, con ben altra concorrenza. Purtroppo, oggi, non ci sono tante altre opportunità per lavori della stessa qualità».
C'è stata un'evoluzione in questi quindici anni, sia nei libri originari e sia nel vostro lavoro di scrittura?
«Non credo si possa individuare un percorso, né un processo né un regresso. I romanzi di Camilleri sono particolari, alcuni molto riusciti, altri magari meno. Personalmente, apprezzo molto di più i primi: fra i più recenti ce ne sono di grande qualità, ma quelli che hanno fondato l'universo di Montalbano secondo me restano i migliori. Noi, nel nostro piccolo, cerchiamo di mantenere una qualità costante, ma certamente alcune puntate sono meno riuscite di altre. La mia preferita è "La luna di carta", un noir apparentemente cupo, rischioso in quanto prevedeva scene molto lunghe in interni, ma il lavoro di casting ha permesso ottimi risultati. Mi piace molto anche l'ultima appena scritta, che deve ancora andare in onda. In questo caso, siamo partiti da "Come voleva la prassi", che fa parte di "Morte in mare aperto e altre indagini del giovane Montalbano", uscita l'estate scorsa, che invece abbiamo destinato al "vecchio" commissario. Ma succede anche il contrario, abbiamo cioè adattato racconti del senior per il giovane, e questo è pure molto divertente».
Il giovane Montalbano come si pone, dal vostro punto di vista, con il senior?
«Il giovane Montalbano è un esperimento molto rischioso, un po' come quello che a metà anni Novanta correva chi decise di mettere in scena il commissario "classico". Abbiamo provato a raccontare quello che era il Montalbano prima dell'inizio dei romanzi, perché abbiamo avvertito da parte del pubblico la curiosità di sapere come fosse nato l'universo di Montalbano, l'amicizia con Augello, l'amore con Livia… Di qui abbiamo costruito una storia che fosse una serie, mentre i romanzi di Camilleri si possono leggere singolarmente, senza per forza sapere cosa c'è stato prima e cosa sarà dopo; anche in tv la serie viene vista senza necessariamente legarla alle altre, a differenza del "Giovane Montalbano" che ha una progressione proprio perché il pubblico ha bisogno di seguire il percorso. Andrea è sempre stato favorevole a questa scelta. Tra l'altro, parlando con lui, viene più facile tirare fuori la storia, perché lui vive con questo personaggio».
Il vostro lavoro dipende appunto da quello di Camilleri. Ma è immaginabile una vita di Montalbano autonoma da quella che gli dà il suo autore?
«Noi ci auguriamo che possa proseguire così per altri cento anni… Non saprei: è una decisione che prenderanno, spero il più tardi possibile, i produttori. Quello che pensiamo è che di Montalbano ci sarà sempre bisogno: di un personaggio così leale, rigoroso, così diverso dall'italiano medio. È per questo che secondo noi piace tanto: proprio perché la gente si rispecchia in un eroe positivo».
Il successo della fiction deriva dai romanzi. Qual è invece il valore aggiunto che può dare, e in questo caso dà, lo sceneggiatore?
«Il successo deriva da tutta una serie di fattori. Luca è un attore eccezionale, tra l'altro molto diverso dal Montalbano descritto da Camilleri: non è un mistero che non fosse lui l'attore predestinato, ma si è conquistato il ruolo con un provino straordinario che impressionò moltissimo lo stesso Camilleri. Sono fondamentali i luoghi che non si erano mai visti, e le riprese ne esaltano la bellezza. Sono fondamentali gli altri attori siciliani, provenienti dai teatri di città che dimostrano così la loro vitalità. Quello che noi cerchiamo di fare, e che credo sia riuscito, è di avvicinare il pubblico di tutta Italia, non solo siciliano, a un linguaggio che avrebbe potuto essere ostico. Sono cioè convinto che il fatto di vedere gli episodi in cui il siciliano c'è, ma in misura molto minore rispetto ai romanzi, abbia avvicinato la gente anche ai romanzi. C'è stato quindi da un lato l'avvicinamento del pubblico al siciliano, dall'altro una semplificazione delle trame dei romanzi a volte complicate e difficili da seguire in televisione a differenza della pagina scritta».
Andrea come la prende in questi casi?
«Lui è stato sempre molto contento del nostro lavoro, e questo ovviamente ci ha dato molta forza. La mia specialità consiste nel fare adattamenti da romanzi e mi sono capitati autori difficili, nel senso che l'autore è stato più geloso, attento a cambiamenti. Allora è compito nostro far capire che nel passaggio alla sceneggiatura cambia il mezzo, dallo scritto all'immagine c'è una differenza di fruizione che a volte l'autore capisce, altre volte meno. Andrea è spettacolare anche perché lui stesso ci ringrazia. Nel caso del giovane Montalbano, confessò che gli avevamo risolto un problema nella trama dei racconti. Ci troviamo benissimo».
Che rapporti ha Salvatore De Mola con la Sicilia reale, con la "Vigata" storica?
«Confesso che per gran parte del tempo in cui abbiamo scritto non conoscevo le zone in cui si girava. La prima volta che sono stato a Marina di Ragusa scrivevo da dieci anni. Con mia moglie, riflettendo un anno sui posti in cui andare in vacanza, ci venne in mente Puntasecca. Trovammo quindi un posto molto bello che ci ospita ormai regolarmente. Da quando conosco i posti, che amo perché è impossibile non amarli, il lavoro mi è molto più facile. Mi capita spesso di scrivere puntate d'estate, e dal balcone vedo il famoso faro di Montalbano. Anche grazie a questo ho capito che la gran parte del successo di questa serie derivi dall'estrema umanità del popolo siciliano. Quando ci chiedono perché non facciamo un Montalbano da un'altra parte, rispondo che non ci sarebbe un poliziotto con la stessa umanità, la stessa capacità di entrare nella psicologia delle persone. È un aspetto che si ricava dai personaggi, ma che personalmente, vivendo in Sicilia, ho compreso ancora più a fondo».
Orazio Vecchio
 
 

Giornale di Sicilia (ed. di Enna), 1.3.2015
Cultura e diritti umani, ad Enna un premio per Pannella
Al leader radicale il premio "Europa"

Enna. Sarà girato interamente a Enna il nuovo film di Rocco Mortelliti "Il casellante", ispirato al romanzo di Andrea Camilleri. Enna, inoltre, conferirà il premio «Europa» a Marco Pannella. Sono le due notizie annunciate in diretta a «Ditelo a Rgs», la trasmissione in onda su Rgs e Tgs, condotta in studio da Agostino Di Stefano e Salvatore Fazio, ieri dal sindaco di Enna Paolo Garofalo. "E' il risultato finale di un'attività svolta in questi cinque anni di legislatura a favore della cultura - ha detto Garofalo, riferendosi al film di Mortelliti -. A Enna mancava da 40 anni un cartellone del Comune di Enna. Adesso, dopo la riapertura del teatro, ne abbiamo stilato uno di grande prestigio, grazie all'aiuto di Mario Incudine. Un programma così vasto che ha catalizzato l'attenzione di vari personaggi, tra cui il maestro Rocco Mortelliti, che ha scelto la città di Enna per girare il suo nuovo film, ispirato al romanzo di Andrea Camilleri, cittadino onorario ennese".
 
 

Rai Movie, 1.3.2015
Domenica 1 alle 21.15 Grande Schermo
La scomparsa di Patò
di Rocco Mortelliti (Italia, 2010)
con Nino Frassica, Neri Marcorè, Maurizio Casagrande

Sicilia, 1890. Nella cittadina di Vigata gli abitanti del paese si apprestano a mettere in scena il Mortorio del Venerdì Santo e nel ruolo di Giuda appare il bancario Antonio Patò. E’ l’ultima sua comparsa poiché al termine della recita l’uomo sparisce nel nulla. Iniziano dunque le indagini, condotte dal delegato Bellavia e dal maresciallo dei Reali Carabinieri Giummaro: i due tentano di ostacolarsi a vicenda, e intanto la gente parla… Primo adattamento cinematografico in assoluto di Andrea Camilleri, scrittore italiano fra i più apprezzati in patria e tradotti per l’estero, La scomparsa di Patò porta sullo schermo la medesima geografia immaginaria di Montalbano popolandola da una scrittura satirica ricca di spunti felici. La commistione giallo-commedia trova vigore dalla contrapposizione drammatica tra i personaggi del carabiniere siciliano, affidato a Nino Frassica, e del poliziotto proveniente dal continente, interpretato da Maurizio Casagrande. E’ un cinema sicuramente consapevole della propria ascendenza televisiva e cionondiméno elegante e attentamente costruito, sì da assicurarsi l’attenzione del cinefilo discriminante. Nel cast Simona Marchini, Flavio Bucci, Roberto Herlitzka. Sceneggiatura di Rocco Mortelliti, Maurizio Nichetti e Andrea Camilleri. Dal romanzo omonimo di Andrea Camilleri. Una candidatura ai Nastri d'Argento 2012: migliori costumi (Paola Marchesin). Presentato fuori concorso al Festival Internazionale del Film di Roma 2010.
 
 

blogTaormina, 2.3.2015
La Leopolda e il “corso delle cose” di Camilleri
«Il corso delle cose è sinuoso» e la realtà è caratterizzata da movimenti elementari e nello stesso tempo oscuri. Un’analisi sulla sicilianità, sulla Leopolda di Faraone a partire da un pensiero che fa incontrare Merleau-Ponty e Camilleri

Quella frase di Merleau-Ponty – «L’ironia è l’unico modo per raccontare questa terra», ha detto Andrea Camilleri. Tramite i suoi personaggi e le sue battute in dialetto siciliano, lo scrittore di Porto Empedocle parla della Sicilia. Lo fa da sempre e con grande successo. Un luogo pieno di contraddizioni, dove «il corso delle cose è sinuoso», per usare una definizione del filosofo Merleau-Ponty che Camilleri ha preso come spunto per un suo libro, “Il corso delle cose”. Una realtà che abbiamo imparato a conoscere tramite Luigi Pirandello e Leonardo Sciascia. Una realtà che sembra sfuggire dalle mani di chi osserva, perché è caratterizzata da movimenti umani elementari e nello stesso tempo oscuri, «di gesti cerimoniali che alludono a una seconda natura, a un’ipotesi dell’uomo non misurabile secondo i parametri della logica». Le storie, qui in Sicilia, si intrecciano in un modo che si fa fatica a comprendere. È così in ogni aspetto della quotidianità. Dal semplice rapporto tra conoscenti al dibattito politico, che sembra caratterizzato dal «corso delle cose” di cui ha parlato Andrea Camilleri.
Per qualche motivo si è svolta la Leopolda sicula? – Nel fine settimana che ci siamo lasciati alle spalle a Palermo è andata in scena la Leopolda siciliana. Voluta con forza da Davide Faraone, sottosegretario all’Istruzione e uomo di riferimento di Matteo Renzi nell’isola. Titoli che farebbero pensare a un profilo di un certo peso da queste parti, ma se fosse stato davvero così non ci sarebbe stata questa Leopolda. Si, un qualcosa di inusuale. Di Leopolda ne esiste una ed è quella che viene organizzata nella vecchia stazione di Firenze. Luogo, ormai, simbolo del renzismo. Dunque, per qualche motivo si è svolta la Leopolda sicula? Qual era l’esigenza di mettere in piedi “na Leopodda”? In primis è stata una passerella mediatica importante per Davide Faraone, che ha avuto una visibilità regionale fino a questo momento mai ottenuta. Forse un primo passo verso le prossime elezioni regionali, dove Davide Faraone potrebbe essere il candidato del Pd al posto del vulcanico Rosario Crocetta. Ipotesi? Al momento si, ma un pensierino su questa storia lo si può fare.
Non si forma una classe politica su una passerella - Possiamo scialarci nel fare considerazioni politiche che vanno al di là della babbiata secondo la quale la Leopolda siciliana sarebbe servita a formare una nuova classe dirigente. Parlare per tre minuti su un palco, tv docet, fa rima con visibilità e notorietà. Semplice crogiolamento. Per formare una classe dirigente serve ben altro. Per allenare i muscoli del nuovo politico serve un lavoro costante e continuo, che non può risolversi in quello che abbiamo visto. E’ stata una manifestazione, ma non un momento di formazione politica. Le parole di Davide Faraone, del resto, ne sono una conferma: «Crocetta, stai tranquillo. Non stiamo lanciando il nuovo presidente». Appunto, se il «corso delle cose è sinuoso» e la realtà che abbiamo imparato a conoscere è caratterizzata da movimenti umani elementari e nello stesso tempo oscuri, le parole di Faraone devono leggersi in maniera opposta. Si, è iniziata la sua corsa per spodestare Rosario Crocetta che, come è noto, non ha un buon rapporto con il governo nazionale e gli ultimi attriti con l’assessore Baccei ne sono una dimostrazione. Lo spettacolo è appena iniziato e per raccontarlo, nonostante ci saranno momenti di tensione e scontro, sarà meglio utilizzare l’ironia messa in pratica da Camilleri. La tecnica migliore per raccontare e vivere la Sicilia e non rimanerne troppo coinvolti e quindi feriti.
Valerio Morabito
 
 

La Repubblica (ed di Palermo), 3.3.2015
Le radici dello Statuto tra sicilianismo e sicilitudine

Quando, per definire il carattere dei siciliani, Camilleri dice a Umberto Rosso, in "Una birra al Caffè Vigata", che la parola "sicilitudine" non gli piace, dopo aver detto anni prima che nemmeno la capisce (auspicando perciò che ne sia trovata una più appropriata - e comunque respingendo il significato sotteso di autocommiserazione e lamentazione), non fa che confermare come al fondo del clima di scontro che avvelena i rapporti Stato-Regione, ciclicamente acuti quali sono tornati ad essere nelle ultime settimane, ristagni una questione (un tempo detta meridionale) mai davvero risolta: se cioè l'iniziativa di Palazzo d'Orleans nei confronti di Palazzo Chigi sia di tipo risarcitorio oppure rivendicativo, ovvero se sia una pretesa o un diritto. Pesa sull'ambivalente atteggiamento la mancata definizione di una terminologia che, confondendo sicilitudine, sicilianismo e sicilianità in una guazza buona per ogni occorrenza, mette anche il governo regionale in una strana posizione.
[...]
Gianni Bonina
 
 

Messaggero Veneto, 3.3.2015
Dal diario di Felice Alzetta attendente di Pirandello

Montereale Valcellina. Se chiedi a Luigi Alzetta quale sia la storia piú bella che ha raccolto dalla gente di Grizzo, ti risponde «quella che noi del circolo culturale "Chei del talpa" dobbiamo ancora scoprire». Già, perché Luigi cerca le storie di vita e ricostruisce gli eventi di Montereale, creando memoria e storia nell’intera comunità. L’ultima testimonianza pubblicata da Luigi Alzetta coinvolge Luigi Pirandello, Nobel per la letteratura, e Andrea Camilleri, in quanto l’inventore del commissario Montalbano vanta legami di parentela con Pirandello. Nel mezzo, il monterealino Felice Alzetta, scomparso a Grizzo nel 1960 a quasi 90 anni.
Fra i ricordi lasciati da Felice, esistono le note del suo diario e un racconto pubblicato dal giornalista del Corriere della Sera Enzo Grazzini nel 1960 nel libro “Il mestiere dei cani è l’amore” (edizioni Accordo, Milano). Il ventiduenne Felice Alzetta nel 1895 è l’attendente di Luigi Pirandello all’Ottavo reggimento cavalleria Lanceri Montebello di stanza a Firenze. Felice accudisce il suo cavallo Luis e Forziero, quello del tenente Luigi Pirandello. Fra Felice e Pirandello c’è di piú di un semplice rapporto gerarchico da ufficiale a soldato. Il reciproco amore per i cavalli finisce per stabilire una certa complicità fra i due. Felice usa tutti i riguardi per Forziero e vuole bene al suo Luis, con il quale nasce una di quelle salde amicizie che, a volte, si stabiliscono fra uomini e animali. «Nel novembre del 1895 – scrive Grazzini – Luis non sta bene. Felice cerca di curarlo portandogli la biada migliore, ma alla fine deve rassegnarsi a far visitare il cavallo dal veterinario del reggimento. In modo spiccio questi gli chiede di “consegnargli” Luis, evidentemente destinato al macello». Felice, disperato, corre da Pirandello: “Ammazzano Luis, signor tenente, perché dicono che non guarisce piú”. Laconica la reazione di Pirandello: “Capisco, ammazzano Luis (…) va pure ragazzo mio …”. Felice Alzetta non vuole rassegnarsi a quella perdita ma… il giorno dopo, andando a prelevare Luis, trova il box vuoto. Pirandello, suo superiore, punisce Felice per essersi fatto scappare il cavallo: dieci giorni di consegna di rigore. Sanzione ingiusta, mitigata dalla consapevolezza che Luis non è finito macellato. Trentanove anni dopo, nel 1934, Luigi Pirandello viene insignito del Premio Nobel per la letteratura. Felice, che nel borgo di Grizzo è l’unico a leggere i giornali e diffonde le notizie la sera in stalla nei “filò”, invia una cartolina al suo tenente. Lugi Pirandello gli risponde, e quella lettera Felice, anche di fatto, la legge ovunque, un’infinità di volte: “(…) Ho una cosa da dirti, ragazzo mio – gli scrive Pirandello – fui io a mandare ben lontano e ben sicuro, Dio sa con quali complicità e stratagemmi, il tuo Luis, perché non mi piaceva che l’ammazzassero. (…) Ti chiedo perdono della punizione che mi sforzai di procurarti. So che non me ne serbi rancore, perché tutti e due abbiamo salvato Luis (…)”. Rintracciato a Grizzo il diario di Felice e il libro di Enzo Grazzini, il ricercatore Luigi Alzetta e gli amici di “Chei del Talpa”, hanno mandato copia di tutto ad Andrea Camilleri. Luigi e “Chei del Talpa” confidavano che Camilleri, parente di Pirandello e autore dell’opera “Pagine scelte di Luigi Pirandello” - Rizzoli 2007 - magari sarebbe arrivato a Montereale, traendo spunto per una delle sue storie dalle vicende dell’attendente Felice Alzetta. Speranze deluse, almeno per il momento, dalla risposta di Valentina Alferj, segretaria di Andrea Camilleri, inviata al presidente Luca Torresin di “Chei del Talpa – Gris”: “Camilleri ringrazia lei e Luigi Alzetta, per aver pensato a lui. Purtroppo la sua vista è molto compromessa e da diverso tempo non è più in grado di leggere (…)”. A Montereale si spera che la festa con Andrea Camilleri sia solo rinviata.
Sigfrido Cescut
 
 

La Repubblica, 6.3.2015
In volume i testi teatrali di Andrea Camilleri. Fra i quali un finto dibattito con Luciano Bianciardi
Dialogo immaginario di un garibaldino con il suo fan
IL LIBRO Andrea Camilleri, Il quadro delle meraviglie (Sellerio, pagg. 372, euro 18)
Ne anticipiamo un estratto
LUCIANO BIANCIARDI Nato a Grosseto nel 1922 è morto a Milano nel 1971. Fra i suoi libri: I minatori della Maremma, Il lavoro culturale, L'integrazione, Da Quarto a Torino, La vita agra, Garibaldi.
GIUSEPPE BANDI Fu un patriota, uno scrittore e un giornalista. Nel maggio del 1860 partì da Quarto con Garibaldi. Nel 1877 fondò Il Telegrafo. Nel 1894 fu ucciso a Livorno da un anarchico.

COORDINATORE Abbiamo avuto la fortuna di poter organizzare una particolarissima tavola rotonda per speciale concessione dell'Ente Supremo che qui devotamente ringraziamo. Si tratta di un evento unico e irripetibile. Con me ci sono Luciano Bianciardi, il grande e indimenticabile scrittore e giornalista grossetano scomparso non ancora quarantanovenne, e un'altra illustre personalità che mi riservo di presentarvi in seguito. Comincio da Bianciardi. Signor Bianciardi, i curatori del primo Antimeridiano edito nel 2005, vale a dire il volume che raccoglie tutta la sua produzione narrativa, sostengono con forza che lei ebbe un'ossessione nostalgica per il Risorgimento. È così?
BIANCIARDI Definirla ossessione mi pare alquanto esagerato. Userei la parola passione. Una forte passione, questo sì ( ridacchia ). Altre furono le mie ossessioni.
COORDINATORE Raccontano i curatori, e del resto lo scrisse lei stesso, che questa passione nacque quando suo padre, appena lei imparò a leggere, a otto anni, mi pare, le mise tra le mani I Mille di Giuseppe Bandi. (...) I curatori si spingono fino ad affermare che se suo padre gli avesse fatto leggere un libro sulla rivoluzione francese, quello e non altro sarebbe diventato il suo interesse ossessivo.
BIANCIARDI E dalli con 'st'ossessione!
BANDI Toh, ma che curioso! Il mì poero babbo…
COORDINATORE Ennò! Il suo intervento mi ha fatto saltare la scaletta! Adesso sono costretto a presentarla in anticipo. È con noi Giuseppe Bandi, nato a Gavorrano in provincia di Grosseto, nel 1834, illustre garibaldino e storico dell'impresa dei Mille (...). Cosa stava dicendo?
BANDI ( ha un forte accento dialettale ) Dicevo che curioso! Il mì poero babbo mi diede a legge le Vite dei Santi Padri del Cavalca e miha per questo sono diventato un santo padre!
COORDINATORE Mi scusi, Bandi, ma questa sua osservazione un pochino polemica mi pare al momento alquanto fuori posto. Lasciamo parlare intanto Bianciardi. (...)
BIANCIARDI È esatto dire che il libro accese in me una forte passione, però si deve aggiungere che se essa resistette al tempo, e anzi si consolidò fortemente, fu perché il successivo incontro con la sempre viva tradizione garibaldina maremmana tramutò quella passione in principio tutta letteraria, astratta, in concreta realtà di vita.
COORDINATORE Alcuni suoi detrattori sostengono che il suo ostentato garibaldinismo sia in realtà sinonimo di un avventurismo alla giornata, di un anarchismo senza concrete prospettive, senza sbocchi, fatto di sole parole.
BIANCIARDI Dicono anche di velleitarismo, se è per questo. Vede, ogni impresa che si conclude in modo fallimentare, e tragicamente, può essere facilmente tacciata di velleitarismo.
COORDINATORE Forse lei con queste parole intende alludere all'Impresa dei Mille? Non mi pare che essa sia stata tanto velleitaria se riuscì a far sì che… (...). Dunque, per rinfrescar la memoria ai presenti, lei ha dedicato un volume all'Impresa dei Mille intitolato Da Quarto a Torino , ha composto una vita di Garibaldi intitolata appunto Garibaldi . Tra l'altro ha curato un'edizione annotata dei Mille del qui presente Bandi. Ma ha anche dato alle stampe dei romanzi. Vorrei soffermarmi in particolare su uno di essi, La battaglia soda , perché…
BANDI Perché?
COORDINATORE (sorpreso) Come perché?
BANDI Non potrebbe soffermarsi su qualcosa d'altro?
COORDINATORE Mi scusi, ma… (...). Senta, lei ha letto Da Quarto a Torino e Garibaldi di Bianciardi?
BANDI Sì.
COORDINATORE Vuol dirci il suo parere?
BANDI Scritti molto bene.
COORDINATORE Questo lo sapevamo. Io intendevo dal punto di vista storico.
BANDI La mi mette in una situazione imbarazzante.
COORDINATORE Parli pure chiaramente. Ci ha trovato molte inesattezze?
BANDI Non si tratta di questo. Vede, quando si è dentro a una battaglia, soda o non soda che sia, il singolo combattente non ha una visione d'insieme di quella battaglia, conosce solo quello che lui sta facendo. Ha avuto assegnato un compito e cerca di portarlo a termine. Le note di Abba o di Nievo, le mie stesse, sono perciò dettagli di un affresco assai più complesso. (...) Io racconto la mia porzione. Comporre invece l'affresco complesso sarebbe compito dello storico. Che però ha il difetto di essere un postero.
COORDINATORE Si può spiegare meglio?
BANDI Che c'è da spiegare? Gli storici scrivono di necessità dopo i fatti. Loro materialmente non c'erano quando i fatti accaddero. Sono posteri. (...)
COORDINATORE Mi perdoni, ma lei, sostenendo la tesi dell'impossibilità di scrivere la storia, spalanca una discussione enorme. Le rammento che già Vico aveva…
BANDI Come fa di cognome?
COORDINATORE Chi?
BANDI Questo Vico.
COORDINATORE Ma Vico è il cognome! Stavo dicendo che già per Giovan Battista Vico non vi è certezza nella storia quando la stessa persona compie l'azione e la racconta.
BANDI (piccato) Il signor Vico abbia la certezza che io ho raccontato quello che ho fatto. (...)
COORDINATORE Io vorrei conoscere il suo sincero e motivato giudizio su queste due opere di Bianciardi.
BANDI Bianciardi non solo è un postero, ma è un postero entusiasta. E Dio ce ne scampi e liberi dai posteri entusiasti! Diventan le vestali del loro sacro fuoco!
BIANCIARDI Tombola!
BANDI (concessivo) Però per fortuna non è uno storico né si atteggia a esserlo.
COORDINATORE Senta, Bandi, io non capisco dove lei…
BIANCIARDI Ho capito io. Mio figlio ha scritto che I Mille di Bandi sostituirono, in me bambino, i libri di Salgari o di Verne che mia madre teneva sottochiave per non farmi distrarre dallo studio. E che io me ne feci un'immagine fumettistica. E che tale immagine conservai da adulto. In fondo è la colpa che mi rimprovera Bandi. Il quale però, da parte sua, nelle prime cinque righe della sua opera definisce così l'Impresa: «Quando saltò in testa a Garibaldi il ticchio di fare quella che parve da principio una gran pazzia ». Beh? Non siamo nei paraggi di Corto Maltese? Saltare il ticchio, gran pazzia… E se Bandi è stato capace di trasmettermi, attraverso le sue pagine, un brivido di quella pazzia, io, come scrittore, non avevo il dovere di raccoglierlo e di farlo mio e di restituirlo vivo e presente? Io, caro Bandi, all'Impresa ho partecipato in prima persona come ci hai partecipato tu. E allora ti dirò che la tua definizione di postero entusiasta mi sta bene, priva però del senso ironico che tu ci metti.
Andrea Camilleri
 
 

Figu - Album di persone notevoli, 7.3.2015
Andrea Camilleri
Rai 3 ore 9:55



Un programma di Alessandro Robecchi e Peter Freeman con Cristiana Turchetti
Cliccare qui per vedere il video (online fino al 14.3.2015)
 
 

Teatro Due Roma, 10-14.3.2015
Il re di Girgenti
Adattamento teatrale del romanzo di Andrea Camilleri, ispirato al tradizionale teatro popolare siciliano, pupi, cuntu, cantastorie, in cui a recitare sono le marionette e i cantastorie.

Scritto, diretto e interpretato da Massimo Schuster e Fabio Monti.
Scene e costumi: Norma Angelini.
Marionette: Anton Duša e Jana Pogorielová.
Una coproduzione italo-francese di EmmeA’ Teatro e Théâtre de l’Arc-en-Terre/L’Estive.
Nell'occasione per i Soci del Camilleri Fans Club ci sarà una riduzione sul biglietto di ingresso (€ 8 anziché € 15).
Lo spettacolo è nell'ambito della rassegna A Roma! A Roma!.
 
 

Il Fatto Quotidiano, 11.3.2015
Il sorriso di… una nuova rubrica del Fatto.it per ‘condividere’ l’ironia

Il sorriso di… . La nuova rubrica de ilfattoquotidiano.it. Trenta personaggi tra: scrittori, artisti, registi, sceneggiatori, scienziati, attori che ci regaleranno un sorriso al giorno, appunto, attraverso il racconto di una barzelletta. La regia è di un raffinato, e apprezzato, documentarista e autore francese, Mosco Levi Boucault. Un format francese arrivato alla seconda stagione sul sito della tv francofona Tv5 Monde. Trenta artisti che hanno acconsentito, in modo gratuito, a farsi riprendere nel loro interno di casa o di lavoro.
“Mi piacciono le barzellette – scrive Levi Bocault in una parte della sua pagina di presentazioni - . Le barzellette sono i momenti in cui lo spirito si delizia, si libera e vuole essere condiviso. Le barzellette sono fatte per essere trasmesse. Da un amico all’altro, in una catena infinita… non sappiamo da dove vengono, non sappiamo dove andranno.
Viaggiano, senza diritti d’autore, senza visto, passando le frontiere a discrezione dei loro cultori, si trasformano, si adattano alle culture, alle tradizioni…provare a seguire le tracce di una di loro per scoprire dove è nata, quando…. sarebbe un’inchiesta emozionante”.
Un progetto che ha lo scopo, di far sorridere, ma anche di sostenere due iniziative di beneficenza.
Il produttore e autore, Levi Bocault, ha infatti voluto devolvere buona parte del suo compenso a due associazioni no profit, così da incentivare le donazione alle stesse.
Si tratta dell’organizzazione ‘Le Monde Autrement’ dedita alla creazione di centri di educazione e ricreativi per i bambini della Siria.
L’altra associazione è quella dei ‘Clown Dottori’ SocCoop Ridere per Vivere Lazio.
F. Q.

Il sorriso di... Andrea Camilleri



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Il sorriso di… Andrea Camilleri, scrittore, autore e sceneggiatore, nato a Porto Empedocle il 6/9/1925 (Agrigento). Dal 1939 al 1943, dopo un periodo in un collegio da cui viene espulso, studia ad Agrigento al Liceo Classico Empedocle dove ottiene la maturità classica senza dover sostenere l’esame a causa dell’imminente sbarco degli alleati in Sicilia. A giugno inizia, come ricorda lo scrittore, “una sorta di mezzo periplo della Sicilia a piedi o su camion tedeschi e italiani sotto un continuo mitragliamento per cui bisognava gettarsi a terra, sporcarsi di polvere di sangue, di paura”. S’iscrive all’Università (Facoltà di lettere) ma non si laureerà mai. Si iscrive anche al Partito Comunista. Inizia a pubblicare racconti e poesie e vince il Premio St Vincent. Dal 1948 al 1950 studia regia all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio d’Amico e inizia la sua attività di sceneggiatore e regista. L’esordio in narrativa è del 1978 con Il corso delle cose pubblicato da un editore a pagamento ed è un insuccesso. Nell’80 pubblica con Garzanti Un filo di fumo, il primo romanzo ambientato nell’immaginario paese di Vigàta e con questo romanzo vince il Premio Gela. Per 12 anni non escono più suoi romanzi. Nel 1992 pubblica per Sellerio La stagione della caccia. Nel 1994 con La forma dell’acqua dà vita al personaggio del commissario Montalbano, protagonista di una nutrita serie di romanzi. Da quel momento la sua produzione è molto ricca e il successo immenso. Nell’aprile 2003, in onore a Camilleri, il comune di Porto Empedocle assume come secondo nome «Vigàta». Il 4 settembre 2008 vince il premio de Novela Negra RBA con un inedito in lingua spagnola dal titolo La muerte de Amalia Sacerdote pubblicato in Spagna nell’ottobre 2008 ed in Italia nel 2009 con il titolo La rizzagliata. Tra i premi che gli sono stati conferiti ricordiamo il Premio Campiello 2011 alla Carriera e il Premio Chandler 2011 alla Carriera. Tra le sue opere più recenti che non hanno come protagonista il commissario Montalbano: Il diavolo, certamente (2012), Dentro il labirinto (2012), Il tuttomio (2013), La rivoluzione della luna(2013), Come la penso (2013), Inseguendo un’ombra (2014), Segnali di fumo (Utet 2014), Il cielo rubato. Dossier Renoir (Skira 2014), Andrea Camilleri incontra Manuel Vázquez Montalbán (Skira 2014), La relazione (Mondadori 2015) e Il quadro delle meraviglie. Scritti per teatro, radio, musica, cinema (Sellerio 2015).
 
 

farespettacolo.it, 11.3.2015
Recensioni
Il Re di Girgenti… ”si cunta e si boncunta”

E’ la locandina a racchiudere gli elementi fondamentali che andranno a caratterizzare questo spettacolo e a rapire il pubblico: due attori, due cantastorie, degli strumenti musicali (ad accompagnare i personaggi verso il loro destino) e in mezzo – nel cuore - Zosimo, che a grandezza umana, si interpone tra Massimo Schuster e Fabio Monti per spezzare – volutamente? – il chiasmo cromatico, che nel corso dell’opera diventa chiasmo d’arte, speciale nel suo equilibrio. Un chiasmo che si inserisce in un’opera che in alcuni momenti sembra essere ciclica e ripetitiva nelle forme, ma sempre diversa nelle emozioni che è in grado di suscitare.
Si passa dal riso alla commozione con la stessa fluidità con cui si passa dalle marionette agli strumenti, da una voce all’altra, da una cantilena alla prosa più diretta. Lo spettacolo costringe all’attenzione perché capace di conquistare entrambe la parti – se volessimo ridurle poi solo a due – di cui siamo fatti: Noi pubblico attento e Noi bambini incantati da quei mille racconti, dalla realtà che le marionette vivono attraverso le mani di due attori che agiscono e reagiscono – “si cunta e si boncunta” – alle tante sfaccettature del romanzo al sapore di latte di capra, di latte materno, di olive e sarde salate, con due dita di vino.
Questo romanzo – e questa trasposizione teatrale – parla del destino di un uomo, che poi è il destino di tutti, parla dell’attesa del momento giusto che è come il sole (“anche ad occhi chiusi quando arriva lo senti arrivare”), parla della libertà della fantasia, della potenza dei propri ideali e dalla forza con cui possono essere traditi in un niente.
Ma se c’è una cosa che regala questo spettacolo è un groppo in gola che non si scioglie e rimane lì, così. Ci lascia appesi come Zo’ nella sua ultima scena, ci vuole far ridere proprio come quando Filonia tagliò il cordone ombelicale. Ci rimane la voglia di spago tra le mani, la voglia di fabbricare la nostra comerdia (un aquilone) per volare al di là della piazza, dei visi che conosciamo, del boia che ci vuole finire… per non finire mai, per andare a riprenderci la libertà che ci siamo meritati.
Poche volte il commento all’uscita da teatro è questo, poche volte tutto può essere racchiuso in un… grazie (Massimo e Fabio).
Marta Isoni
 
 

La Nouvelle Vague, 11.3.2015
Il Re di Girgenti: Pupi e Sicilia al Teatro Due
Il Re di Girgenti di Andrea Camilleri nella riduzione e rielaborazione di Massimo Schuster e Fabio Monti conquista il pubblico del Teatro Due

L’atmosfera è quella di una Sicilia arsa dal sole, dove le leggende diventano valori da tramandare attraverso “li cunti“; dove la legge ufficialmente riconosciuta è la volontà di Dio, una terra sospesa da sogno ed incubo; tra invasori vestiti da eroi e furfanti pronti a raggirare il prossimo. In questo contesto, con intensa abilità, Massimo Schuster e Fabio Monti , cuntanu e cantanu le avventure di Zosimo, protagonista de Il Re di Girgenti, romanzo storico di Andrea Camilleri, che rivive attraverso i pupi di Anton Duša e Jana Pogorielová.
La Sicilia di fine ‘600 fatta di giustizia sommaria, sospesa tra Spagnoli, Santa Inquisizione e Timor di Dio tutto questo raccontato nel Re di Girgenti, quasi a consegnare una memoria storica di un personaggio sospeso tra mito e realtà.
Del resto la stessa venuta al mondo di Zosimo è paragonabile ad un episodio mitologico e non poteva essere meno leggendaria la sua dipartita, che gli fa consegnare, nelle mani dei suoi sgangherati sudditi, l’ennesimo sogno: un sogno leggero e libero…come un aquilone.
In questo incanto il pubblico diventa bambino e si lascia guidare affatato tra li cunti.
L’intensità interpretativa e la potenza del linguaggio sono tali da creare una magia assoluta, in una sala, quella del Teatro Due, immersa nel più totale e religioso silenzio.
Linamaria Palumbo
 
 

La Sicilia (ed. di Siracusa), 11.3.2015
Montalbano a Floridia
La produzione sceglie il comune del Siracusano per i mini-attori
Nei locali dell'Accademia siciliana di Arte e Cultura si sono presentati al casting 37 bambini tra i 5 e i 12 anni. Hanno atteso impazienti, col copione in mano, a ripassare le battute

Floridia. Piccoli floridiani alla conquista della tv. Cominciando da Vigata, la cittadina immaginaria del commissario Montalbano. Quello nato dalla penna di Andrea Camilleri e che da oltre 10 anni ha il volto di Luca Zingaretti nella fortunata serie tv di Rai 1.
Per la nuova stagione televisiva del programma, infatti, la produzione ha scelto Floridia per trovare i giovani protagonisti delle prossime puntate.
E così nei locali dell'Accademia siciliana di Arte e Cultura, lunedì pomeriggio si sono presentati al casting 37 bambini fra i 5 e i 12 anni. Attenti e disciplinati, hanno atteso impazienti, con il copione in mano a ripassare le poche battute fornite dalla produzione stessa. Le stesse battute che per un intero week end hanno studiato a casa, da soli o con l'aiuto dei genitori, come confessa un'aspirante mini attrice in attesa di fare il provino: «ho studiato un po' da sola poi ho provato con papà. Lui faceva Montalbano, io Anna. Sono emozionata ma non ho paura, mi sono preparata molto e spero vada bene».
Tutti allievi dell'Asac e iscritti ai laboratori di teatro, tenuti da Rita Abela e Francesco Di Lorenzo, hanno affrontato la telecamera e sfidato il destino. Sicuri e preparati, e senza mascherare l'emozione, hanno atteso il proprio turno per recitare la parte che era stata loro assegnata. Pochi minuti e poi di nuovo fuori, accanto a mamma o papà, in attesa del verdetto, consapevoli che è soltanto un gioco e che «comunque vada domani si va a scuola».
Alla fine 9 aspiranti attori l'hanno spuntata: due bambine di 5 e 6 anni e altri 7 maschi tra gli 11 e i 12 anni la cui interpretazione ha colpito molto i responsabili del casting. Per loro, dunque, ancora uno step prima di raggiungere, forse, il set de "Il commissario Montalbano". Prima dovranno affrontare un altro provino, fra poche settimane, a Catania, questa volta davanti al regista della serie Alberto Sironi.
Sebbene siano stati selezionati, per ora, ben 9 bambini floridiani, altri provini si terranno, nei prossimi giorni, in altre città siciliane. Da informazioni non ufficiali, sembra che i ruoli da assegnare siano solo tre, anche se, sui dettagli della serie televisiva, la produzione mantiene il massimo riserbo. Non trapelano informazioni di alcun tipo, infatti, sul tipo di personaggi che i bimbi dovranno interpretare né sul rilievo che questi avranno all'interno degli episodi. Potrebbe trattarsi, infatti, di ruoli minori legati, magari, a una piccola apparizione all'interno della singola puntata, o ad altri più importanti che tornano durante tutta la stagione.
Resta il fatto che, quello di lunedì, per Floridia, resta un giorno importante, scandito dall'attesa dei piccoli aspiranti attori per mostrarsi davanti alla telecamera e tentare di conquistare un post nel cast.
«È stato un pomeriggio sicuramente diverso per i nostri piccoli allievi - afferma la presidente dell'Accademia Antonella Di Pietro - Non capita tutti i giorni di avere la possibilità di partecipare ai casting di una serie così importante, soprattutto a Floridia, dove non è mai accaduto che una produzione di questo calibro venisse a reclutare attori. E chissà che per qualcuno dei nostri ragazzini questo non sia solo l'inizio di un'avventura ancora più grande». In attesa di nuove opportunità, tutti i piccoli aspiranti attori continuano a studiare recitazione, un po' per gioco un po' per passione.
Roberta Mammino
 
 

Giornale Siracusa, 11.3.2015
Casting per “Il commissario Montalbano” anche a Floridia
Per la realizzazione dei nuovi episodi della fiction Rai “Il commissario Montalbano” sono in corso i casting per la selezione di attori e attrici in giro per la Sicilia

News Sicilia: sono in corso i casting, in diverse città siciliane, per selezionare alcuni dei protagonisti della famosa serie televisiva “Il commissario Montalbano”. Si cercano uomini e donne di tutte le età, siciliani, che per evidenti esigenze di scena non abbiano già preso parte alle riprese delle precedenti serie sia de “Il commissario Montalbano” che de “Il giovane Montalbano“.
Per partecipare alle selezioni è necessario inviare il proprio curriculum all’indirizzo mail commissariomontalbano14@gmail.com, allegando una propria fotografia. Le riprese della famosa fiction prodotta dalla Palomar, che ha per protagonista Luca Zingaretti nei panni dell’amatissimo commissario siciliano, riprenderanno infatti ad aprile.
Intanto sono svolti lunedì 9 marzo, nei locali dell’Accademia siciliana di Arte e Cultura a Floridia, i casting per la scelta di piccoli attori dai 5 ai 12 anni. Dei 37 i bambini, allievi dell’Asac e iscritti a laboratori di teatro che hanno partecipato al provino, ne sono stati selezionati 9: due bambine di 5 e 6 anni e sette bambini tra gli 11 e i 12 anni che dovranno successivamente sottoporsi a un ulteriore provino davanti al regista Alberto Sironi.
Guendalina Giusto
 
 

Accreditati, 12.3.2015
“Il re di Girgenti” scritto, diretto ed interpretato da Massimo Schuster e Fabio Monti
(Teatro Due – Roma, 10/14 marzo 2015)

A vussìa cuntamu stu cuntu. Con questo “incipit” i due protagonisti ci raccontano una storia popolare siciliana nella quale non possono mancare gli ingredienti di base: storia, leggenda, tragedia, farsa.
Ma chi può rappresentare al meglio tutto questo se non la marionetta? I pupi nel gergo siculo. Ed ecco qui rappresentata la storia (u cuntu), tratta da un romanzo di Andrea Camilleri e basata su un episodio storico del 1718 quando, a seguito di una rivolta popolare contro la guarnigione sabauda al potere, Zosimo, contadino istruito, diventerà il Re di Girgenti, anche se per poco.
Domata la rivolta verrà infatti condannato a morte, ma dal patibolo il suo spirito potrà finalmente volare libero su un aquilone e da quel punto di osservazione, sempre più alto nel cielo, potrà osservare le miserie del mondo, ma anche l’immensità dell’universo.
Sorprendenti le interpretazioni di Massimo Schuster, pluripremiato attore e regista lodigiano che ha fondato nel 1975 il Théâtre de l’Arc-en-Terre e del catanese Fabio Monti, direttore artistico e fondatore della Compagnia EmmeA’ Teatro, che danno voce alle varie marionette in un serrato e ben espressivo dialetto siculo, diventando loro al tempo stesso marionette con una mimica drammaturgica degna dei migliori cantastorie siciliani di un tempo.
Di conseguenza, non è tanto la vicenda narrata che tiene tutti con il fiato sospeso, quanto l’intensità dei suoni degli strumenti utilizzati, ora prorompenti ora appena percettibili, che fanno da accompagno a quella specifica musicalità del dialetto utilizzato che, grazie al buon Camilleri, è entrato oramai a far parte del lessico familiare italiano.
Kalibano
 
 

Tribuna Italia, 13.3.2015
“Il re di Girgenti”, un’emozione fiabesca al Teatro Due Roma

La diversità è ciò che rende originale ed unico questo spettacolo, “Il re di Girgenti” in scena al Teatro Due Roma dal 10 al 14 marzo, e la storia senza tempo che viene raccontata. Due attori e decine di “pupi”, ovvero le splendide marionette di Anton Duša e Jana Pogorielová, rese vive dalle meravigliose mani di Massimo Schuster e Fabio Monti, che ci portano in una Sicilia di fine ‘600, quella in cui le leggende e imiti erano pane quotidiani soprattutto dei “veddrani”, i contadini che mandavano avanti le grande distese di terra della bella isola.
Una storia di libertà e coraggio, nata dalla magistrale penna di Andrea Camilleri, pubblicata in un romanzo del 2001 che i due artisti hanno deciso di mettere in scena in modo poco ordinario, creando un misto tra favola e realtà che percorre tutto lo spettacolo. Si cunta e si boncunta la storia di Zosimo, nato contadino da famiglia contadina da generazioni ma che, già alla nascita, aveva qualcosa di speciale, una personalità fuori dal comune che gli permise di ottenere un’istruzione e di essere ammirato da tutto il paese. La Sicilia, a quel tempo, era contesa da spagnoli, i Savoia e la Santa Inquisizione e i siciliani, dal canto loro, non ne erano per niente contenti. Così, Zosimo venne scelto dai suoi compagni contadini come capo del loro gruppo rivoluzionario, per ottenere la loro libertà e fare di lui il re di Girgenti ( l’attuale Agrigento). Ma, come spesso accade, non tutto va secondo i piani e, nonostante la grande lotta che gli permette di sconfiggere i nemici, il trono di Zosimo non durerà a lungo.
Un’atmosfera magica e coinvolgente quella creata da questi due professionisti, quali Schuster e Monti, che danno origine ad una perfetta armonia tra musica e canzoni, leggende e racconti rappresentati dalle speciali marionette messe in scena che prendono vita, catturando l’attenzione e creando quell’atmosfera fiabesca tanto amata dall’animo fanciullesco che è in tutti noi. Non mancano il divertimento e, soprattutto, una grande emozione, che tocca il suo apice nel momento finale, in cui Massimo Schuster legge per il pubblico l’ultima parte del romanzo di Camilleri, raccontando come Zosimo trova la sua libertà, leggera e sublime come un aquilone nel vento, quella a cui noi tutti aspiriamo e che cerchiamo costantemente.
Ilaria Scognamiglio
 
 

Gufetto.it, 13.3.2015
Il re di Girgenti: l’epica della Sicilia contadina al Teatro Due Roma
Tratto dall'omonimo romanzo di Andrea Camilleri, scritto, diretto e interpretato da Massimo Schuster e Fabio Monti, IL RE DI GIRGENTI mette in scena al Teatro Due Roma – fino al 14 marzo – la storia di Michele Zosimo, nato tra i prodigi in un mezzogiorno di giugno nella torrida campagna di Agrigento, quando la città siciliana si chiamava ancora Girgenti; di come questi, in virtù della sua nascita contadina, sia diventato il re di un popolo schiacciato dalla miseria e dagli abusi della nobiltà, spagnola prima e sabauda poi; del tragico epilogo in cui termina la sua vita, che lo vede tradito salire sul patibolo nella solitudine degli sconfitti, e nel contempo levarsi al cielo aggrappato al filo di un aquilone, simbolo del “sogno di dignità” che egli aveva per breve tempo incarnato e fantasticato di poter realizzare.

Siamo agli inizi del Settecento, negli anni della Guerra di successione spagnola e della Pace di Utrecht che le pone fine. Complici le luci che non si spengono subito in sala e mettono il pubblico in rapporto diretto, non ancora mediato dalla finzione scenica, con chi racconta, ci troviamo anche in una piazza di paese, dove, in modo originale e accorto, al teatro dei pupi si mescolano l’arte dei cuntastorie e dei cantastorie; di chi racconta con la voce e con il corpo (esemplare, in tal senso, l’episodio fortemente espressivo del parto e della nascita prodigiosa di Zosimo, narrato da Fabio Monti) e di chi lo fa accompagnandosi con la musica e con il canto. Quando la storia prende vita insieme alle marionette, i cui fili sono mossi dal tutt’altro che siciliano Massimo Schuster, il pubblico è coinvolto in un turbine di comicità, spesso sanguigna e sboccata, talvolta amara, che cede poi il passo a un crescendo di drammaticità e di tensione che culmina sui sei scalini della forca ai quali rimanda la lettura delle pagine del romanzo di Camilleri.
Con un uso impeccabile – discreto e sempre opportuno – delle luci, la scena ruota intorno alla rigida ma per nulla invadente struttura in cui sta il popolo di Girgenti – tra gli altri, Gisuè e sua moglie, genitori di Zosimo, il mago Apparenzio, don Aneto e padre Uhù, nobili e popolani – protagonisti di un’epica contadina che, se al centro pone Zosimo e la parabola della sua vita straordinaria seppur misconosciuta, nella cornice rappresenta la varia umanità dei villani e dei signori, il sogno di giustizia e la sete di potere, il destino ineluttabile che separa i vinti dai vincenti.
Gli spettatori partecipano di una rappresentazione che, con i ritmi molteplici delle narrazioni, delle musiche e delle voci, delle modalità espressive, per l’universalità dei temi e delle figure che descrive, dei sentimenti e degli stati d’animo che evoca, coinvolge in maniera profonda non solo emotivamente, ma anche inducendo alla riflessione sulla storia che tra le pieghe nasconde eroici tentativi di ribellione alle grandi forze che la muovono, disperati quanto più appare evidente che il loro slancio si riduce al volo della fantasia. La stessa fantasia, del resto, che canta e racconta quegli azzardi, rendendoli leggendari.
Myriam Pettinato
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 13.3.2015
Bufalino, Consolo e l'autore di "Porte aperte" restano un muro invalicabile per chi è venuto dopo
La Sicilia si è fermata a Sciascia analisi di un’eredità impossibile
Uno studio riflette sul peso della tradizione rispetto agli scrittori contemporanei rintracciando parentele narrative e chi, invece, riesce ad affrancarsi

"Siciliani ultimi?" è l'interrogativo inquietante che si affaccia dalla copertina del nuovo saggio dell'italianista Giuseppe Traina (Mucchi editore, 116 pagine, 15 euro). Un volume retablo che si compone di un'introduzione vergata a metà tra il necrologio e il bilancio, allineando poi tre saggi densissimi dedicati rispettivamente a Leonardo Sciascia, Gesualdo Bufalino e Vincenzo Consolo. Il quesito, perentorio, dunque, riguarda i tre grandi scrittori della seconda metà del Novecento isolano, estremi vessilliferi di una tradizione illustre (forse fin troppo) che nelle loro pagine si innerva e forse anche si esaurisce. Attenzione: non si tratta del gesto liquidatorio di chi glissa sulla contemporaneità, per motivi spesso di comodo, dettati dall'incapacità di aggiornarsi. Traina, italianista che alle carte siciliane ha dedicato le sue migliori energie, problematizza la questione calando la sua domanda nel magma ribollente dei nostri giorni.
[...]
Nella cassa armonica dei romanzi di Silvana Grasso, ad esempio, Traina distingue ora echi derobertiani, ora bufaliniani, ora consoliani. Savatteri e la Attanasio sarebbero in qualche modo debitori di Sciascia autore di inchieste; la La Spina e la Abbadessa, invece, dello Sciascia dei romanzi storici e d'idee. Alajmo e Di Stefano dello Sciascia notomizzatore del familismo amorale isolano. Conoscenti, Padovano e Benfante si sarebbero cibati di un Angelo Fiore cucinato in salsa europea; Camilleri, intento a riusare la scorza della grande narrativa siciliana, ma in chiave sostanzialmente ludica.
Verrebbe da dire che la tradizione isolana gioca brutti scherzi, non solo ai poveri autori che provano a trovare una collocazione su uno scacchiere abbondantemente occupato. Ma soprattutto, la tradizione isolana, sembra inibire in prima battuta i critici stessi, che si affannano nel tentativo di ricomporre un Dna che ogni volta si riconfigura malevolmente.
Da questa faccenda potremmo ricavare una prima riflessione: è possibile che sugli scrittori e sui critici la tradizione abbia giocato un ruolo inibitorio, di fatale condizionamento? Seconda riflessione: è un caso che le prove migliori degli scrittori più recenti si debbano a quanti hanno provato a superare il peso di cotanto passato? Consideriamo i primi due romanzi di Santo Piazzese: lo stesso Traina dichiara l'estraneità del biologo palermitano al codice letterario isolano. Si tratta infatti di un autore che «vuole dialogare con l'Europa e l'America contemporanee più che col passato isolano, pure non rinunciando all'analisi attenta del vissuto siciliano».
[...]
Salvatore Ferlita
 
 

Auditorium Parco della Musica - Libri Come, 14.3.2015

Sala Sinopoli ore 17:00
Una produzione Fondazione Musica per Roma
Andrea Camilleri
I miei Maestri

Andrea Camilleri
con
Marino Sinibaldi

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Andrea Camilleri, il padre del commissario Montalbano, e di tante altre centinaia di storie e personaggi, ha il merito indiscusso di aver da solo tenuto alto l’indice di lettura in un paese storicamente recalcitrante al rapporto coi libri. Il suo mondo, la sua lingua, l’umanità dei suoi protagonisti sono da un ventennio la compagnia di tanti italiani, la sua lezione letteraria ha generato uno stuolo di allievi: sia del Camilleri scrittore che del Montalbano commissario. Ma chi sono stati i maestri di questo maestro del racconto? In principio ci fu l’ammirato professore che a Porto Empedocle chiedeva alla classe frequentata dal futuro scrittore di chiudere gli scuri perché lui era stanco e doveva riposare a causa delle nottate che passava nelle bische: “da noi ammiratissimo”, dice Camilleri. Più avanti a Roma, all’Accademia d’Arte drammatica, ci fu Orazio Costa, poi immaginiamo il quasi coetaneo Leonardo Sciascia. Rispondere alla domanda “chi è un maestro?” è anche un modo per prendere il filo del racconto e portarlo a compiere lunghe peripezie, a indugiare su incontri e istanze morali.

Biglietti:
Posto unico 2.00€

C'ero anche io, tra il migliaio (e più) di persone che hanno assistito all'incontro con il Sommo, nell'ambito della manifestazione "Libri come", all'Auditorium PdM. Argomento della "chiacchierata", la scuola e, in particolare, i maestri.
Camilleri si è soffermato soprattutto sul suo professore di Italiano, Cassesa, un esempio di dissolutezza (giocatore d'azzardo incallito) ma grande maestro di vita e, soprattutto, motivatore.
Ci ha raccontato come, con uno stratagemma (farsi "pagare" le lezioni con un pacchetto di sigarette a settimana), ha saputo calamitare l'attenzione anche di quelli che di Dante non ne volevano proprio sapere. L'insegnamento più importante, che Camilleri dice di aver appreso da questo professore, è stato il vero significato della libertà.
Tra i maestri non ha mancato di annoverare anche suo padre, che gli ha insegnato che non esistono libri che si possono leggere, e libri che non si possono leggere (e ha raccontato di quando gli chiese di poter leggere un libro dalla sua libreria).
Tra aneddoti e siparietti con Marino Sinibaldi, è arrivato poi a parlare di quello che riconosce come unico e vero maestro nella sua vita, e cioè Orazio Costa, il suo insegnante di Regia all'Accademia, dal quale ha appreso, soprattutto, il vero significato dell'insegnamento e di come sia fondamentale "coltivare" allievi quanto più distanti dai propri convincimenti, dalle proprie teorie, perché unico modo per avere dei successori validi è quello di sceglierli tra quelli con le idee più diverse, perché solo così è possibile che l'allievo superi il maestro.
Quindi dote fondamentale di un maestro è quella di riconoscere nell'allievo quell'estro in più, che possa far fare alle teorie del maestro un salto di qualità, e ha accompagnato questa spiegazione con una bellissima immagine, dell'allievo visto come un ramo, che parte dal tronco, ma che se ne distanzia sempre più, ma restandogli pur sempre attaccato.
Inutile dire che è stato, come sempre, un incontro di una piacevolezza sublime.
Marco Medaglia (Camilleri Fans Club)

 
 

OrizzonteScuola, 14.3.2015
Camilleri sulla riforma Renzi: "Sbagliato dare tutto questo potere ai presidi. Non sono tutti all'altezza"

"Il mio unico vero maestro è stato Orazio Costa" ha raccontato Andrea Camilleri in uno degli appuntamenti più attesi della Festa del Libro e della Lettura, Libri Come, che chiude domani l’edizione dedicata alla Scuola.
"Non riuscii mai a dargli del tu, non mi sentivo all’altezza, e questo significa riconoscere un maestro: avere coscienza che non riuscirai mai ad arrivare al suo stesso livello di conoscenza, esperienze, sensibilità" ha spiegato lo scrittore.
Ha anche commentato la riforma della scuola appena approvata in Consiglio dei Ministri: "È sbagliato dare tutto questo potere ai presidi perché ce ne sono di bravi e meno bravi. Del resto si è scoperto che anche tra i premi Nobel ci sono degli imbecilli" ha sottolineato lo scrittore che ha salutato con "piacere il ritorno della storia dell’arte che era stata dimezzata. Ma vi pare possibile in un Paese come l’Italia?". E della riforma ha aggiunto: "Per favore chiamiamola aggiustamento".
Camilleri, ricordando Costa, ha detto che "il suo insegnamento è stato, fino all’ultimo, l’aver scelto me come suo successore all’Accademia perché ero il meno fedele dei suoi allievi. Se dovessi scegliere ora io qualcuno come successore non prenderei certo il più supinamente fedele: cercherei - ha continuato - di avere qualcuno che mi superasse, che andasse, con un estro che io non ho, più in là di me, che avesse idee diverse da me, che nascessero dallo stesso ceppo come nasce un albero ma diversificandosi".
E poi il padre del Commissario Montalbano ha raccontato, fra gli applausi: "La vera figura di maestro per Montalbano e per me è chi insegna senza avere l’aria di insegnare".
Ha ricordato il suo professore di italiano al liceo, Emanuele Cassesa: "Era all’epoca un quarantenne un pò dissoluto, nel senso che era giocatore d’azzardo spaventoso noto in tutta la provincia, passava le notti insonni in bische clandestine col rischio di arresto perché il gioco d’azzardo era proibito, per cui certe mattine entrava in classe e diceva “per carità, dieci minuti di sonno, chiudete le finestre, fate quel mezzo casino che fate di solito quando ci sono io sennò il bidello si insospettisce e fa la spia. Fra un quarto d’ora svegliatemi e lei Camilleri regoli il casinò e bum”, crollava. Poi si svegliava e iniziava a leggere e interpretare Dante, appassionandoci in un modo semplicissimo come se fosse raccontata da un contadino". E, se "come padre sono stato in grado di spiegare ai compagni di scuola delle mie figlie alcuni passaggi danteschi, lo devo - ha detto Camilleri, - a lui".
Giulia Boffa
 
 

Four Magazine, 14.3.2015
Il Re di Girgenti. Il Teatro racconta Camilleri

E’ in scena solo fino a stasera, 14 Marzo presso il Teatro Due Roma, nel cuore della Capitale, “Il Re di Girgenti” dall’omonimo romanzo di Andrea Camilleri. Lo spettacolo, inserito all’interno della più ampia rassegna “A Roma! A Roma!” a cura di Francesca De Sanctis, attinge alle forme più di tradizionali di narrazione quali il cunto, i pupi (marionette) e il cantastorie per trasportare il suo pubblico nella Sicilia del 1718, governata dai Borboni.
Un susseguirsi di eventi tragicomici tessono la trama della storia di Zosimo, contadino siciliano divenuto Re eletto dal popolo, in un’atto di rivolta contro il susseguirsi di popoli stranieri venuti a comandare. Personaggi più o meno caricaturali e altri di una profondità d’animo inaudita, vengono messi in scena da due giganti dell’arte teatrale, il catanese Fabio Monti e il siciliano-per-una-notte, nato ludigiano Massimo Schuster. Entrambi immensi nella loro capacità di muoversi incessantemente e senza soluzione di continuità tra l’arte del marionettismo, della recitazione e del canto, i due trascinano il pubblico di spettatori in un continuo altalenarsi di commozione e divertimento.
Trattasi di un romanzo eroico, dagli aspetti ora storici ora favolistici, in cui è possibile rintracciare quella audacia e quella fierezza che purtroppo solo occasionalmente, contraddistinguono il popolo italiano, storicamente alla mercé di molti regni e altrettanti interessi.
Impressionante la capacità di Schuster, che ha all’attivo spettacoli realizzati in 60 diversi paesi, di dare vita alle marionette, peraltro magistralmente realizzate da Anton Duša e Jana Pogorielová, per cui si consiglia la visione dello spettacolo nelle prime file, così da godere in pieno di ogni dettaglio e ogni movenza.
Si percepisce facilmente l’amore e la padronzanza dei due performer per quest’arte, così come l’aderenza al testo di Camilleri, dichiaratosi da subito, entusiasta all’idea di una trasposizione del romanzo attraverso forme tradizionali come lu cunto e li pupi, profondamente radicate nella cultura siciliana e altrettanto pertinenti. A ben vedere, non esisterebbe forse modo migliore per raccontarla questa storia, la quale lascia in sé l’amara considerazione che ad averceli nella realtà di personaggi come Zosimo, la sua nobiltà d’animo e quella fiera fiducia nel proprio popolo.
Alice Ungaro
 
 

Paper Street, 14.3.2015
Il Re di Girgenti
Teatro Due, Roma – 14 marzo 2015

A volte basta davvero poco a provocare una reazione, un nome un cognome e già il dado è tratto: mi piace, non mi piace. Ma cos'è ad agire? Il nome? Certamente no, la nomea piuttosto, la vox populi, o per meglio dire la cornice in cui si incasella quel volto più o meno noto. Insomma, basta un giudizio reiterato, e inconsapevolmente si prende posizione nello scacchiere dell'adesione. Come sfuggire allora alla trappola? Armandosi di spirito critico forse, o magari solo con un pizzico di ironia.
Andrea Camilleri rappresenta indubbiamente uno di quei nomi talmente affermati da scatenare subito l'urgenza della posizione: “è un maestro”, “è una cariatide”, “è appassionante”, “è banale” – poco importa averlo letto, la celebrità riguarda tutti e tutti si sentono chiamati in causa. Come avrebbe detto Pirandello – autore assai caro allo scrittore di Porto Empedocle -, è la grande pupazzata, quel gioco di beghe inutili e sentimenti ridicoli che nella loro veemenza muove pericolosamente le masse, agitando le corde della storia. Così nella vita, così nella letteratura.
Al Teatro Due questa settimana Massimo Schuster e Fabio Monti (registi, autori, interpreti) portano in scena il romanzo più famoso del creatore di Montalbano. Intreccio di fiaba e storia, Il re dei Girgenti narra la vita di Michele Zosimo, piccolo grande uomo dall’umanità e il carisma travolgenti, che da semplice figlio di contadini ascende al trono di Agrigento nell’anno del Signore 1718. Una storia di equilibri sovvertiti, che i piccoli pupi e i canti in siculo animano con efficacia, restituendo il doppio binario della narrazione di Camilleri, sempre altalenante fra l’eccesso della farsa e il suo congelamento ironico nel dramma.
Apparentemente, dunque, un piacevole intrattenimento da romanzo d’appendice, ma finisce tutto qui? Forse no. Già, perché ciò che caratterizza l’opera non è tanto l’incoronazione di un popolano ma la caratura morale del protagonista: quel suo continuo e genuino rifiuto ad assecondare l’inerzia delle cose. Appena nato anziché piangere ride, versato il sangue dell’esercito sabaudo è il prima a fare mea culpa, e quando è a un passo dal patibolo chiede di costruire un aquilone. Un eroe involontario con lo spirito di picaro e il cuore dell’eterno fanciullo, che a ben guardare sembra ripercorrere la strada del "paladino caduto" Michael Kohlhaas (protagonista dell’omonimo – splendido – racconto lungo di Heinrch von Kleist) senza mai ricadere nelle stesse deviazioni morali.
Ecco allora che Camilleri – pur scivolando in eccessi didascalici da cui lo spettacolo di Schuster e Monti non è del tutto immune – dà vita a un condottiero involontario che emancipa il popolo dalla sua stessa vox, restituendo libertà e responsabilità del vivere individuale. Un teorema “ironico-anarchico” forse inaspettato per un autore così popolare, ma che grazie alla mediazione del teatro – in cui il giudizio riesce a rimanere sospeso senza subire condizionamenti – spinge a deporre la spada e l’incenso per riscoprire l’uomo che si nasconde dietro un nome, al di là della celebrità.
Giulio Sonno
 
 

ANSA, 14.3.2015
Alessio Vassallo, Fino a qui tutto bene poi Montalbano
Il 19 nei cinema, poi in tv come Augello nel Giovane Montalbano

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Intanto Vassallo passa da un ciak all'altro e in una conversazione con l'ANSA si confessa, senza dimenticare la sana ironia siciliana che lo contraddistingue: ha appena terminato le riprese, durate sei mesi, della seconda stagione del Giovane Montalbano, la serie targata Palomar nata dalla penna di Andrea Camilleri, in cui interpreta il vice commissario Mimì Augello, con Michele Riondino nel ruolo del commissario di Vigata e Sara Felberbaum nei panni della fidanzata Livia e la regia di Gianluca Tavarelli. La fiction andrà in onda su Rai1 il prossimo autunno. Mentre per Mediaset ha girato Romanzo Siciliano con Claudia Pandolfi, Fabrizio Bentivoglio e Filippo Nigro, targata Taodue: "Sono l'antagonista della serie, finalmente un ruolo da cattivo vero". Dovrebbe andare in onda su Canale 5 in primavera.
Il giovane Montalbano è fedele ai racconti dello scrittore editi da Sellerio? "Sì, abbastanza, anche se la narrazione è stata sviluppata in modo trasversale in modo da dar più spazio a certi personaggi. Comunque resta centrale l'impulsività, il tendenziale non rispetto per le regole, più evidente in Montalbano giovane, non che nell'adulto si perda. Rimane sempre incendiario, solo 'criptato'. Io sono appunto Mimì, per tutti fedele amico di Salvo, nonché il suo vicecommissario, o 'femminaro', ma in questa nuova stagione mi vedrete sotto una luce diversa". Sta dicendo che non avrà più un debole per le belle ragazze? "Per carità, sarebbe una bestemmia, ma il personaggio sarà più romantico e vivrà anche una fase di incontro-scontro con Montalbano. Mimì è un buon poliziotto dotato di intuizione". Dietro la macchina da presa Tavarelli "ci ha supportati tutti, per sei mesi era sul set dall'alba al tramonto. Come Carlo degli Esposti, un produttore che, ci tengo a dirlo, ha la mania del dettaglio, lo dimostra il successo della serie con Zingaretti. Ho scoperto che abbiamo fan in ogni parte del mondo. Mi scrivono dalla gran Bretagna, dagli Stati Uniti, dalla Germania. Non si fanno ascolti a caso, se non si curano i particolari".
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Gazzetta del Sud, 15.3.2015
Applaudito a "Libri come"
Camilleri: ecco chi sono i miei maestri
Il prof. di liceo giocatore d'azzardo e poi il grande Orazio Costa
Mauretta Capuano
Cliccare qui per l'articolo in pdf
 
 

Il Fatto Quotidiano, 15.3.2015
Camilleri a ‘Libri Come’, cosa significa essere Maestri

Andrea Camilleri sorprende sempre. E così è stato anche ieri nel corso della manifestazione “Libri Come”, dialogando con l’ideatore della kermesse Marino Sinibaldi. Parlando dei suoi maestri, il Maestro Camilleri ha letteralmente incantato il numeroso pubblico presente con i suoi ricordi narrati con una straordinaria evocazione teatrale, facendo vivere le scene della sua vita con una lucidità coinvolgente.
Dopo aver ricordato i suoi professori con la consueta ironia, l’autore siciliano si è soffermato sull’unico Maestro da lui riconosciuto: Orazio Costa per il quale ha speso parole valide ancora oggi per spiegare la forza dell’insegnamento che rimane per tutta una vita. E proprio sulla base di quanto ha ricevuto, Camilleri ha affermato che “se dovessi scegliere ora io qualcuno come successore non prenderei certo il più supinamente fedele: cercherei di avere qualcuno che mi superasse, che andasse, con un estro che io non ho, più in là di me, che avesse idee diverse da me, che nascessero dallo stesso ceppo come nasce un albero ma diversificandosi”
La vera sorpresa, però, è stata quando ha commentato con fermezza la recente “riforma della scuola” sottolineando che, a suo avviso, si tratta di un mero “aggiustamento” poiché le riforme sono un’altra cosa. E come dargli torto, soprattutto quando afferma che “è sbagliato dare tutto questo potere ai presidi perché ce ne sono di bravi e meno bravi: del resto, si è scoperto che anche tra i premi Nobel ci sono degli imbecilli”
Proprio la scuola è stato il tema di fondo di questa edizione di “Libri Come”. E un vero Maestro come Camilleri ne ha saputo parlare non solo attingendo ai suoi ricordi personali, ma anche mettendo in guardia dai pericoli di pseudo riforme che, in buona sostanza, non modificano in meglio il precario quadro attuale per un settore che dovrebbe essere al centro della formazione delle nuove generazioni e che invece continua ad arrancare sotto i colpi di un modesto legiferare. La scuola, sottolinea Camilleri, prepara il tessuto sociale di una cultura e di un intero Paese in divenire. La svolta “manageriale” non è la soluzione ottimale, a suo avviso, per una reale cambiamento. La vera figura di maestro (e questo vale per molte delle figure “istituzionali”) per l’autore siciliano è chi insegna senza avere l’aria di insegnare. E’ chiaro, dunque che assegnare il “potere” nelle mani di pochi è già contraddire lo spirito stesso dell’insegnamento che è invece collegialità, trasmissione del sapere attraverso, appunto buoni maestri e concreto coinvolgimento del “tessuto sociale” all’interno dell’istituzione scolastica. Se i decisori ascoltassero le parole del Maestro Camilleri forse un semplice “aggiustamento” si potrebbe anche chiamare riforma…
Antonio Capitano
 
 

RTBF, 16.3.2015
Fictions : Séries
Commissaire Montalbano La chasse au trésor
Lundi 16 mars 2015
 
 

La Sicilia, 18.3.2015
Fiction tv. Via ai casting per la nuova serie: ai provini anche Guarneri, Zumbo e Pappalardo
Montalbano cerca nuovi attori

"Pronto, Montalbano sono!". L'Italia si è affezionata a queste parole-simbolo, per questo la casa di produzione Palomar ha deciso, di comune accordo con l'autore Andrea Camilleri e con il regista della serie televisiva, Alberto Sironi, di realizzare (oltreché di replicare) altre coinvolgenti indagini del commissario più famoso dello Stivale, portato al clamoroso successo dal bravissimo attore Luca Zingaretti e dalla sua squadra.
Montalbano, dunque, tornerà sul piccolo schermo e sono già partiti i casting, in Sicilia e a Roma, per reclutare nuovi attori. Nel Catanese, i provini per le selezioni si stanno svolgendo negli studi di posa di Vittorio e Sergio D'Antone, a San Giovanni la Punta. Sono stati esaminati finora decine di attori e aspiranti tali e tutti sperano di avere una parte, sia pur piccola, nella fiction famosa ormai pure all'estero. Dallo studio D'Antone sono passati giovanotti che vorrebbero esordire come artisti, ma anche professionisti, primo fra tutti Enrico Guarneri "Litterio", che ha conosciuto la notorietà grazie al fortunato talk show di Antenna Sicilia, "Insieme", condotto da Salvo La Rosa. Guarneri è un attore poliedrico, molto preparato, che sa passare con disinvoltura dai ruoli comici a quelli drammatici del teatro. Montalbano rappresenta una sicura credenziale nel curriculum di un protagonista della scena.
Oltre a Guarneri, si sono sottoposti a provino su parte non pochi interpreti di valore come Enrico Pappalardo, Agostino Zumbo, Aldo Toscano e Serena Mazzone, nomi molto conosciuti e apprezzati nell'ambiente teatrale.
Ultimate le selezioni, annuncia il regista Sironi, degno erede di Mario Landi (che negli anni '60-'70 diresse importanti sceneggiati come Il commissario Maigret, protagonista Gino Cervi), si comincerà a girare e i nuovi episodi dovrebbero essere mandati in onda il prossimo autunno.
E siccome squadra vincente non si cambia, accanto a Zingaretti vedremo i suoi fidi collaboratori, come l'ispettore Fazio (l'attore calabrese Peppino Mazzotta), il catastrofico, imbranato agente semplice Catarella (Angelo Russo) e poi ancora il collerico e sboccato medico legale dottor Pasquano (il ragusano Marcello Perracchio) e l'altro ispettore, Galluzzo (Davide Lo Verde). Dovrebbe esserci pure l'eterna fidanzata del poliziotto, Livia, ma non si sa quale attrice interpreterà la parte, dato che negli anni se ne sono alternate diverse. Pure le location saranno quelle, straordinariamente affascinanti, delle spiagge e dei borghi antichi del Ragusano, con in primo piano la suggestiva villa di Punta Secca, poco distante da Marina di Ragusa, tutte zone in cui il turismo ha avuto un'impennata perché "i luoghi di Montalbano" sono appetiti da frotte di villeggianti e vacanzieri. L'Italia, quindi, resta in attesa delle nuove inchieste del beniamino Montalbano-Zingaretti, divenuto ormai un caro amico, una di quelle persone che, come diceva il giallista Renato Olivieri, «si inviterebbero volentieri a cena, una sera». A patto che il menu preveda, per il goloso commissario, caponatina, parmigiana e arancini.
Mario Bruno
 
 

DavideMaggio, 19.3.2015
Rai1 va sul sicuro: repliche di Volare e del Giovane Montalbano. Nuove puntate di Una grande famiglia e Fuoriclasse

Rai1 rimescola le carte. Il dopo Sanremo non facile (come pure il pre), tra il risveglio della concorrenza e i flop incassati, ha spinto Giancarlo Leone a mettere mano ai palinsesti primaverili della rete ammiraglia della tv pubblica.
[…]
Al venerdì, invece, dal 10 aprile andranno in onda le repliche de Il Giovane Montalbano.
[…]
Mattia Buonocore
 
 

MenteLocale.it, 22.3.2015
Viaggio in Italia senza filtri. Le foto di Bernard Plossu
A Parigi, una mostra dedicata all'artista francese. 170 immagini del nostro paese dal 1970 al 2010. «Non uso effetti, immortalo la realtà». L'intervista


Andrea Camilleri, 2009 © Bernard Plossu

«Nella fotografia, non si cattura il tempo, lo si evoca. Scorre come della sabbia fine, senza fine… e i paesaggi che cambiano non cambiano nulla». Parole di Bernard Plossu, uno dei fotografi francesi contemporanei più apprezzati a livello internazionale. Una mostra a Parigi presso la Maison Européenne de la Photographie, visitabile fino al 5 aprile, raccoglie le quasi 170 fotografie realizzate durante i suoi viaggi in Italia dal 1970 al 2010. Foto che si possono anche ammirare nel libro Voyages italiens, Bernard Plossu (Éditions Xavier Barral, 2015, 216 pp, 39.50 Eu). Noi lo abbiamo intervistato.
[...]
Per la sua mostra Viaggi Italiani (Voyage Italiens) ha selezionato la foto dello scrittore Andrea Camilleri: vuole dirci di più su questa foto?
«Camilleri: ero in una piccola stanza, in un villaggio di montagna, prima di partire verso Carrara. C’era quel televisore acceso, e tutto d’un tratto vedo sullo schermo Camilleri, di cui amo molto i libri (li ho letti tutti, quelli tradotti in francese); ho avuto appena il tempo di prendere la mia macchina fotografica e di prendere questa immagine di lui sullo schermo; la macchina era carica di colori».
Roberta Gregori
 
 

La Repubblica, 22.3.2015
Schuster narratore per Camilleri
"Il re di Girgenti", Roma, T. Due, e in tournée

La rassegna curata da Francesca De Sanctis al Teatro Due ha il merito di aver portato a Roma artisti poco visti nella capitale. Tra questi c'è Massimo Schuster, protagonista del teatro di figura, marionettista e cantastorie a partire da una lunga esperienza con i mitici americani del Bread and Puppet e poi con il suo Théâtre de l'Arc en- Terre in Francia. Qui ha portato Il re di Girgenti dal romanzo di Andrea Camilleri, storia di Zosimo, sveglio contadino che diventa Re contro i nobili e la guarnigione sabauda prima di "volare" (letteralmente ) ad altra vita. Con l'uso poco tradizionale di piccole marionette mosse a vista, la musica e le tecniche del racconto orale, insieme all'altrettanto bravo Fabio Monti, Schuster presenta uno spettacolo "epico" pieno di allegria e controscene. Una delizia.
(a. b.)
 
 

La Sicilia, 30.3.2015
Raccolta di scritti
Camilleri viaggio nel teatro e nel cinema

Il teatro come grande passione, il teatro come luogo di sperimentazione culturale ed anche dimensione vitale. Si potrebbe partire da questa triade per raccontare la relazione intima, profonda e speciale che lega Andrea Camilleri al teatro.
Ancor prima di Camilleri scrittore, vi è il Camilleri regista teatrale, docente all'Accademia nazionale d'arte drammatica. E nel contempo il Camilleri che lavorando alla Rai ha apportato innovazioni alla radio (la gente semplice che ne diventa protagonista), ed alla tv. Ed ancora, non va dimenticato il rapporto con il cinema e la musica. Da questa visione eclettica occorre partire per comprendere meglio la personalità intellettuale ed esistenziale del papà del commissario Salvo Montalbano. Nell'autore dei romanzi gialli, di quelli storici, di quelli fantastici, vi è un dna culturale che si è evoluto nel tempo attraverso la multidisciplinarietà e l'incontro fra linguaggi diversi.
La ricchezza della differenza che trova una sintesi armoniosa nei suoi romanzi che risentono positivamente della struttura del racconto teatrale ("Il birraio di Preston), della tecnica di narrazione cinematografica (i romanzi montalbaniani), solo per fare degli esempi. Ne "Il quadro delle meraviglie" (edito da Sellerio, pagine 372, Euro 18,00), sono raccolti scritti di Andrea Camilleri per teatro, radio, musica e cinema. Va ricordato che il bel film del regista Rocco Mortelliti, "La scomparsa di Patò", che ha avuto successo di critica ed importanti premi, trasposto dall'omonimo romanzo camilleriano edito da Mondadori, si avvale di una sceneggiatura scritta dallo stesso Camilleri, da Rocco Mortelliti e Maurizio Nichetti.
"Il quadro delle meraviglie" è un viaggio nel teatro e nella multimedialità, ed è introdotto in maniera elegante ed efficace da Roberto Scarpa. In particolare Scarpa analizza con originalità intellettuale il rapporto fra Camilleri ed il teatro. E non solo analizza i testi teatrali, ma compie un'analisi epistemologica e metodologica dell'opera camilleriana, anzi nel caso in questione potremmo parlare di pluralità di metodi che si adattano a condizioni e contesti culturali diversi. Idee e metodi che nascono dall'esperienza della vita. Scrive Scarpa: «Il teatro, che si sforza di raccontare le relazioni fra gli uomini non soltanto su carta ma "dal vivo" e "nel" vivo, che ci svela il mondo come complessità irriducibile, ha aiutato Camilleri proprio in questo: a rappresentare, il più possibile simultaneamente, le ipotesi che gli uomini formano sulle proprie vicende. E' stato grazie al teatro che Andrea ha potuto sviluppare quella sua arte della rappresentazione multipla che si trova in tutto il suo raccontare».
Ed ancora: «Camilleri ha fiducia che il mondo così com'è lo si possa raccontare, che la verità si possa rintracciare». A «patto però che si provi a raccontarlo da più prospettive... ».
Salvo Fallica
 
 

e-duesse, 30.3.2015
50 titoli Rai per il MipTv
Rai Com porta a Cannes “L’Oriana” e “Il giovane Montalbano”

Rai Com, la divisione commerciale Rai guidata da Luigi De Siervo presenterà al MipTv 2015 (Cannes, 13-16 aprile) un catalogo di circa 50 titoli, tra fiction (tv movie, serie, miniserie), film, documentari e format (game show). Per quanto riguarda la fiction, Rai Com porterà a Cannes “Il giovane Montalbano” (“The Young Montalbano”) [...].
Eliana Corti
 
 

Zone D'Ombra, 31.3.2015
'Don Vito', il libro di Massimo Ciancimino che racconta suo padre. Camilleri:"Provenzano voleva trattare con i politici e non con lo Stato"
Tanti gli spunti di riflessione che il figlio di Don Vito Ciancimino, Massimo, che, insieme al giornalista Francesco La Licata, racconta nel libro "Don Vito".

[...]
L'ala stragista, secondo Andrea Camilleri, fu organizzata e voluta da Provenzano:"non credo si possa chiamare trattativa quella prima della morte di Ciancimino e l'arresto di Riina. Credo che si possa chiamare approccio, contatto. Per fare una trattativa ci si siede attorno ad un tavolo. Da una parte ci sono due ministri potenziali Don Vito e Provenzano che rappresentano se stessi e hanno le carte in regola. Dall'altra parte c'è un colonnello dei carabinieri senza credenziali ma con appoggi politici alle spalle che però non si possono svelare. Perché trattare con lui?" chiede Camilleri. Lo Stato è una cosa, la politica è un'altra. Per lo scrittore l'operazione fu ordita da Provenzano per far uscire allo scoperto Riina con la storia dei pizzini. "Giuffrè - continua Camilleri - , il pentito, rivela che Provenzano prima delle stragi venne messo al corrente delle intenzioni stragistiche di Riina e se ne spaventò. Quindi incaricò Vito Ciancimino per vedere come fossero accolte le stragi presso la politica e Pino Lipari presso gli industriali". Giuffrè rivelò di:"non conoscere i risultati ma fu certo che gruppi industriali del Nord si mostrarono favorevoli all'eliminazione di Falcone e Borsellino in quanto magistrati particolarmente mirati al rapporto mafia-appalti in grado di danneggiare gravemente gli interessi degli stessi industriali."
[...]
Antonio del Furbo
 
 

 


 
Last modified Monday, April, 06, 2015