home page




RASSEGNA STAMPA

FEBBRAIO 2007

 
Il Messaggero, 1.2.2007
Eliseo, squilla il “Telefono” di Camilleri

Roma. Sicilia fine Ottocento. L’Italia ha appena una trentina d’anni e le cose del Potere vanno avanti alla luce scarsa di una burocrazia elefantiaca, ridondante, gonfia di tradizioni feudali e pregiudizi che non ha voluto (o potuto) lasciarsi alle spalle. In questo humus Andrea Camilleri affonda "La concessione del telefono", il suo romanzo del 1999 che prende avvio dal ritrovamento di un decreto ministeriale per la concessione di una linea telefonica privata. Lo stesso Camilleri, assieme a Giuseppe Dipasquale, ha poi tratto dall’opera un omonimo testo teatrale. Che sempre Dipasquale, per lo Stabile di Catania, ha reso spettacolo con un amore e un’accuratezza del tutto particolari, degni dei mondi sapienziali, gustosi, esteticamente bellissimi ai quali lo scrittore di Porto Empedocle ci ha abituati.
A Roma, "La concessione" ha debuttato l’altra sera all’Eliseo con un successo pieno e cordiale: applausi per il regista e gli attori e un’ovazione per Camilleri, molto commosso. Il pubblico ha apprezzato l’impianto scenico volutamente intricato (gli ambienti si fanno e disfanno a colpi di praticabili in forma di faldoni che rigurgitano documenti); i costumi surreali (confezionati con tessuti/pagine riempiti dalla calligrafia del drammaturgo); l’ottima preparazione degli artisti, capaci di un ritmo sempre elevato in cui si stempera l’eccessiva lunghezza dei due tempi, di settanta minuti ciascuno.
Non è necessario capire tutto, seguire le doppie e triple anse dell’avventura “telefonica” consumata a Vigàta, immaginario paese siciliano che si avviluppa a figure di padre, di padrino, di comare, di cornuto, di fedifraga, di infame, di corrotto..., eccetera, fino a formare, in un grumo, l’universo universale di Camilleri. Basta lasciarsi andare. Filippo Genuardi, motore non immoto della richiesta di concessione, si affida alla verve partenopea, comunque efficace, di Francesco Paolantoni (che recita napoletano perché napoletano è); Pippo Pattavina e Tuccio Musumeci sono esilaranti mami da Commedia dell’Arte; Gian Paolo Poddighe dà giusto sapore al prefetto Marascianno; Alessandra Costanzo disegna con ardore comico e succosa grazia meridionale la figura di Gaetanina. E ancora Angelo Tosto, Marcello Perracchio, Pietro Montandon e tutti, davvero tutti gli altri.
Rita Sala
 
 

Nuova Agenzia Radicale, 1.2.2007
Teatro
La concessione del telefono

Dopo il successo ottenuto dalla trasposizione per il teatro de ‘Il birraio di Preston’, avvenuta nella stagione 1998/99 per il Teatro Stabile di Catania, Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale sono nuovamente insieme per proporre ‘La concessione del telefono’ con un sottotitolo che potrebbe essere: ‘Tutto in Sicilia è tiatro’.
Commedia degli equivoci e degli imbrogli, ‘La concessione del telefono’ è ideale in un'isola, come la Sicilia, che è terra di contraddizioni, ma questa Sicilia è la Vigàta dello scrittore, che diventa ogni volta metafora di un modo di essere e ragionare le cose di questa terra.
L’allestimento è affidato ad un team di qualità: Giuseppe Dipasquale per la regia, Antonio Fiorentino per le scene, Angela Gallaro per i costumi, che ha sviluppato il principio del costume ‘involucro’, investendo gli abiti di un ruolo simbolico decisivo per il contesto drammatico, Massimilano Pace per le musiche, Franco Buzzanca per le luci.
Interpreti principali Francesco Paolantoni, Tuccio Musumeci, Pippo Pattavina, che fa ben sette caratterizzazioni, insieme a Marcello Perracchio, Gian Paolo Poddighe, Pietro Montandon, Angelo Tosto, e ancora Franz Cantalupo, Valeria Contadino, Franco Mirabella, Raniela Ragonese, Gianpaolo Romania, Sergio Seminara. La lunga tournée nazionale si snoda dal 30 gennaio al 30 maggio con prima tappa a Roma al teatro Eliseo fino all’11 febbraio.
‘Lo Stabile etneo - sottolinea il presidente Pippo Baudo - si è distinto negli ultimi anni nel panorama teatrale nazionale per il notevole incremento produttivo. Con questa novità assoluta realizza un’altra operazione artistica e culturale di qualità, in linea con le finalità istituzionali dell’ente, da sempre attento alla valorizzazione del patrimonio letterario, non solo teatrale, che la Sicilia può vantare’.
L'equivoco, che ridicolmente fa da motore a tutta la storia, è lo scambio tra due lettere dell'alfabeto, la M e la P. Il protagonista, Filippo Genuardi, per ottenere la concessione di una linea telefonica per uso privato, fa domanda formale al prefetto di Montelusa, denominandolo Vittorio Parascianno anziché Marascianno come in realtà il prefetto si chiama.
Da qui nasce una storia complessa, in cui equivoci e imbrogli non si contano più e che coinvolge: il Genuardi e la sua famiglia; i vari apparati dello Stato, ovvero Prefettura, Questura, Pubblica Sicurezza e Benemerita Arma dei Reali Carabinieri; don Calogero Longhitano, il mafioso del paese; la Chiesa e quei compaesani, siciliani qualsiasi, che involontariamente capitano sulla strada di Pippo Genuardi.
Alla fine tutti gli equivoci sembrano chiarirsi: il Genuardi è stato assolto sia dall'accusa di essere socialista che dal tentato omicidio. Reali Carabinieri, Questore, Delegato, don Lollò sono i personaggi seri del romanzo; tutti gli altri personaggi, anche il Genuardi e lo stesso don Nené, uomo onesto ed equilibrato, sono descritti, almeno una volta in atteggiamenti comici.
Anche il dramma finale è filtrato nei toni della commedia. Don Nenè è visto attraverso gli occhi della moglie Lillina, che, non sapendo la causa del comportamento del marito, lo descrive come ‘pazzo, i capiddri dritti, gli occhi sbaraccati’.
E l'unico personaggio che avrebbe potuto esprimere dolore e solo dolore, la moglie del Genuardi e figlia di don Nenè, e che è stata interprete nel romanzo sempre di episodi comici, nel finale non è nominata.
Il romanzo, nella sua complessità, è stato rispettato anche nella riduzione che da questo è nata.
L’idea di una riduzione per il teatro ha trovato Camilleri d’accordo, anche se allo stesso tempo cauto. Lui, uomo di teatro oltre che scrittore, sa bene quanto la parola parlata, a teatro, rischi di rubare alla parola scritta del romanzo.
In quest’edizione teatrale Genuardi (Paolantoni) non é isolano e quest’interpretazione azzera la ‘sicilitudine’ del personaggio principale in netta contrapposizione alle caratterizzazioni di Musumeci e Pattavina. Dipasquale, inoltre, fa commettere all’attore anche l’errore di accentuare la sua napoletanità.
‘Nell'estate del 1995 trovai, tra vecchie carte di casa, un decreto ministeriale (che riproduco nel romanzo) per la concessione di una linea telefonica privata. - racconta l’autore - Il documento presupponeva una così fitta rete di più o meno deliranti adempimenti burocratici-amministrativi da farmi venire subito voglia di scriverci sopra una storia di fantasia (l'ho terminata nel Marzo del 1997).
La concessione risale al 1892, cioè a una quindicina d'anni dopo i fatti che ho contato ne ‘Il birraio di Preston’ e perciò qualcuno potrebbe domandarmi perché mi ostino a ‘pistiare’ e a ‘ripistiare’ sempre nello stesso mortaio, tirando in ballo, quasi in fotocopia, i soliti prefetti, i soliti questori, ecc.
Prevedendo l'osservazione, ho messo le mani avanti. La citazione ad apertura di libro é tratta da ‘I vecchi e giovani’ di Pirandello e mi pare dica tutto. Nei limiti del possibile, essendo questa storia esattamente datata, ho fedelmente citato ministri, alti funzionai dello stato e rivoluzionari col loro vero nome (e anche gli avvenimenti di cui furono protagonisti sono autentici). Tutti gli altri nomi e gli altri fatti sono invece inventati di sana pianta’.
Lucio De Angelis
 
 

Chianti News, 1.2.2007
Niccolini: Cartellone 2006 fra tradizione e innovazione

Anche quest’anno il teatro Niccolini di San Casciano Val di Pesa riaprirà la sua stagione teatrale, nonostante le difficoltà finanziarie legate alla manovra del governo 2006.
[...]
Cartellone: Venerdì 23 marzo, ore 21,15 – Turno A e C
"Un grido d’allarme". La città del teatro/Fondazione Sipario Toscana. Due opere brevi di Beniamino Joppolo.
"Una visita". Ideazione e messa in scena di Antonio Alveario e Alessandro Garzella. Con Antonio Alveario, Serena Barone, Celeste Brancato, Antonietta Carbonetti, e Maurizio Scotto.
"L’acqua si diverte a uccidere". Messa in scena di Alessandro Garzella. Con Antonio Alveario e Serena Barone.
Un progetto di produzione e ricerca promosso in collaborazione con Andrea Camilleri sull’immaginario e l’opera di Beniamino Joppolo, un autore italiano divergente.
[...]
Miria Fondelli
 
 

La Stampa, 2.2.2007
Anteprima
Camilleri, nero Caravaggio

Nel nuovo romanzo lo scrittore racconta in lingua secentesca gli ultimi mesi dell’artista maledetto. Condannato a morte per omicidio, inseguito dalle guardie del Papa e dai Cavalieri di Malta. E dalle sue ossessioni

Tutto comincia con una strana avventura tra Siracusa e le pendici dell’Etna. Un misterioso foglietto trovato in tasca, un invito perentorio a telefonare a un certo numero da una cabina pubblica, un tragitto in auto, bendato. Una specie di sequestro di persona, tre anni fa, vittima consenziente Andrea Camilleri. A sorpresa parte così, proprio come un giallo, il nuovo romanzo breve del papà di Montalbano, “Il colore del sole”, in uscita da Mondadori. Ma non è un giallo, bensì una storia di inizio ’600: racconta (seconda sorpresa) gli ultimi mesi di vita di un pittore grande e tormentato, Michelangelo Merisi da Caravaggio.
Camilleri dice di avere potuto visionare, durante il sequestro-lampo, un diario manoscritto dell’artista. Ha tempo di trascriverne alcune pagine, che sono poi quelle che propone oggi ai lettori, avendo scrupolo di mantenere il linguaggio originale con le sue manieristiche involuzioni. Il romanziere che ha fatto della mimesi linguistica il suo marchio di fabbrica si diverte con un impasto fittizio ma verosimile, già sperimentato con “Il re di Girgenti” (ambientato qualche decennio più tardi). Armato di questa panoplia, ci conduce da Napoli a Malta, dove Caravaggio approda nel luglio 1607 nell’intento di entrare nell’Ordine dei locali Cavalieri e ottenere così l’annullamento della condanna a morte per omicidio inflittagli a Roma.
Quindi in Sicilia, dove l’artista ripara l’anno dopo, in fuga anche dai Cavalieri con i quali si era messo nei guai e che l’avevano imprigionato. La corsa disperata del pittore maledetto, due volte braccato, è seguita con una mescolanza di realtà e invenzione, in parallelo al suo sprofondare nella follia, nelle visioni e nelle ossessioni che non gli concedono tregua. Come quel «sole nero» che cosparge di tenebra le sue tele, conseguenza (o forse causa) di una patologia che gli impedisce vieppiù di dominare i colori. E che tra dolore e brevi illusioni scandisce il suo avvicinarsi a grandi falcate verso la morte.
Maurizio Assalto
 
 
"La visione inversa de lo sole è morte"

Ho comenzato a lavorare a la Decollazione del Battista e la luce nera de lo sole nero non abbandonami più. Per me non havvi differenzia alcuna tra la notte e lo jorno...
... Fra’ Raffaele, dopo avermi veduto in atto di dipignere lo muro del carzaro di fronte allo quale avviene la decollazione, chiesemi di parlarmi in cella. E quivi, sanza che io gli avessi ditto dello stato in cui trovavami, domandommi in primis se la decollazione che stavo dipignendo avveniva di jorno o di notte. Io assai restai colpito da le parole sue. Lo frate avea adunque ben indovinato lo stato mio.
... Elli gravemente dissemi che avea capito che la luce della decollazione era la luce del sole nero. Io prontamente negai. Ma elli ripetemmi che trattavasi di maleficio sopremamente diabolico. Dissemi anco che lo Creatore avea creato e governato tutta la materia per li suoi fini e li suoi propositi e che quindi la visione inversa de lo sole e de la luce sua significava obbedienza a la legge inversa, contraria a la divina, significava abbracciare per vero l’opposto suo, lo contrario de’ propositi del Creatore Supremo. Se lo sole è vita, lo sole nero è morte, ancor disse. Consigliommi digiuno e preghiera. Ma io hora cognosco che tutta l’esistenzia mia, ancor prima assai che Celestina mi desse quel liquido, era comenzata e continuata sempre sotto lo segno de lo sole nero...
... Nel jorno de lo Signore 14 luglio de lo 1608, venuto lo Gran Maestro a veder lo stato della dipintura della Decollazione, mentre che io a lui devotamente m’inchinava, posemi una mano sopra la spalla e dissemi a mo’ di saluto: «Cavaliere...». Mentre io quasi isveniva per lo stupore e la felicità elli rivelommi che già da qualche mese Paolo V Papa avea dato l’assenso a l’abito e a la croce in deroga a la regola che non può esser nomato cavaliero chi d’omicidio erasi macchiato…
.... E questo significava che appena avevo finito di dipignere la Decollazione potevo tornarmene a Roma libero e sanza tema d’arresto essendo così decaduta la condanna a morte...
... Hodie, a veder la scopritura della Decollazione con lo Gran Maestro sono convenuti li otto Cavalieri Capitolari, lo Collegial Maggiore, l’Inquisitore e fra’ Raffaele. Nel silenzio che subito fecesi alla caduta del panno, l’Inquisitore, lo solo che ne avea facoltà, parlò per lo primo. Elli disse che lo Battista morto pareagli più vivo de li vivi. A queste sue parole fra’ Raffaele, di repente impallidito, guardommi con alquanta preoccupazione. Ma l’Inquisitore altro non aggiunse e uscissene. Lo Gran Maestro invece chinossi ver me e sussurrommi che mai avea veduto in una pittura una morte tanto veritiera. Allora io resposi che forse solo chi ha dato la morte sa dipigner la verità della morte. In quel mentre fra’ Raffaele che di molto erasi fermato a guardar da presso la Decollazione fece uno balzo indietro et assai pallido in volto domandommi se era pur vero quello che gli era parso di vedere e cioè che io aveva messo la firma mia a la pittura acciò adoperando lo sangue fuoriescito da lo Battista. Elli è stato l’unico a notar ciò. Dissegli aver veduto giusto. Elli allora disse che l’aver tanto osato era somma blasfemia e che gran male ne averia avuto...
Andrea Camilleri
 
 

Panorama, 8.2.2007 (in edicola 2.2.2007)
Anteprime. Parla lo scrittore, che ha già pronto un altro libro
Camilleri racconta Caravaggio

«Quando non racconto le storie di Montalbano mi sento libero» confessa l'autore. Che nel romanzo dedicato all'artista affronta il tema del tormento creativo. In un diario che è anche una scommessa: la ricostruzione della scrittura del genio.

Il fax si accende continuamente sulla scrivania di Andrea Camilleri. E spesso sono fogli trasmessi scritti a mano. Nel suo studiolo, pieno di quadri e di libri, Camilleri accende una sigaretta: «Come le è sembrato?» chiede. Si riferisce al nuovo romanzo che esce dalla Mondadori il 6 febbraio, intitolato “Il colore del sole”, 110 pagine scritte in un italiano secentesco, un diario siciliano del pittore Caravaggio. Un diario falso, ovviamente, di cui nessuno ha mai saputo nulla, e ritrovato in modo rocambolesco.
«Vorrei proprio sapere come lo prenderanno i miei lettori» dice sorridendo.
Quelli che vorrebbero solo e soltantoMontalbano?
Infatti. Quando non scrivo di Montalbano mi sento libero. È come una fuga d'amore.
La annoia scrivere di Montalbano?
No, però certe volte è una prigione.
La fuga lei anche questa volta l'ha fatta in Sicilia. Racconta che in un modo misterioso viene avvicinato da un uomo che la porta in un luogo dove un equivoco personaggio le mostra delle pagine manoscritte di Caravaggio. Lei ha costruito un falso storico perfetto. Faticoso?
Per niente. Per me falsificare è una gioia. È una delle cose che mi riescono meglio.
Veniamo al libro. La parte iniziale, dove lei racconta come è venuto in possesso del manoscritto, è molto lineare e in un italiano moderno.
Più che lineare direi ovvia, anzi di un ovvio ributtante. Ma quello è un fatto di teatro, è la ricostruzione di un linguaggio abituale, piatto, non sciatto però. In maniera di avere poi la botta che ti arriva con la seconda parte del libro.
Quando si entra nel diario frammentato di Caravaggio, inizia il contrasto. E si percorre un testo inquietante, denso, fitto di suggestioni, in una sorta di incubo dove il lettore entra nella follia vera e propria del pittore.
Se lei mi dice questo, sono contento, lei è il primo con il quale sto parlando di questo libro. Era questa la mia intenzione. Attraverso la fuga da Malta di Caravaggio e il suo soggiorno in Sicilia ho voluto raccontare come un uomo che si sente braccato cominci a entrare in un'allucinazione mentale.
I suoi lettori, abituati a Montalbano, si stupiranno a leggere queste pagine. Ma quelli che cercano anche un Camilleri diverso troveranno una riflessione sul rapporto tra creatività e follia che è spiazzante.
Sì, e la sa una cosa? Volevo anche arrivare, ma mi è mancato il coraggio, a una sorta di dissoluzione della scrittura. Però non me la sono sentita. O forse non ne ho avuta la capacità.
Anche senza la dissoluzione della scrittura il suo Caravaggio è ancora più tormentato di quanto già sapevamo. Perché?
Lui, Caravaggio, non può che partire da un dato di fatto concreto per narrare la sua storia, che è il modo di raccontare che mi è più congeniale. E poi la cosa straordinaria è che mi sono reso conto che quando io scrivo scelgo l'angolatura della macchina da presa. Quello che è il punto di vista. E Caravaggio fa la stessa cosa. E quante volte noi tiriamo il nero dietro...
Cioè?
Lei pensi alla scrittura... E immagini che dietro la scrittura noi potessimo mettere sullo sfondo un telo nero. Per farla risaltare meglio. Ecco, ho cercato di fare questo nel libro. Ho cercato un'affinità di racconto e una chiave per cercare di capire come dipingesse Caravaggio. Qual era il suo punto di vista. Mi interessava raccontare di come la realtà della sua vita, come dire, dissennata, cominciava a incidere nel suo modo di dipingere.
Nel suo libro si dice che Caravaggio usasse una macchina, una sorta di camera oscura per proiettare le immagini e ricopiarle. Come se ricalcasse. Pensa questo della pittura di Caravaggio?
Quella è una sorta di macchina di presa, un modo per trovare un punto di vista. Ma vede, la camera oscura che avrebbe usato Caravaggio è vero che proiettava, ma capovolgeva e andava corretta. Ed è proprio nella capacità di correggere la realtà che c'è l'arte. In questo sfalsamento delle proporzioni c'è il genio di Caravaggio e forse anche il segreto dell'arte in generale.
La cosa più difficile deve essere stata ricostruire una scrittura del pittore che di fatto non è mai arrivata a noi, se non attraverso pochi frammenti.
Sì, questa era la scommessa, però non ho avuto difficoltà.
Camilleri, questo è un libro storico. Uno dei filoni che lei segue da anni. E’ un libro sulla Sicilia. E’ un libro sulla pittura, che lei ama molto. Ma è anche un libro sull'ossessione creativa, sul rapporto tra realtà e finzione. Per certi aspetti è una sua riflessione sul suo lavoro e sul suo mestiere. Sembra che lei volesse liberarsi di qualcosa.
Può essere. In fondo il mio Caravaggio è vinto dalle sue paure. E trae spunto da queste. La forza dei suoi dipinti sta nel fatto che lui vede fantasmi ovunque, ma poi questi fantasmi diventano qualcosa di imponente e assolutamente reale.
In che senso?
Che quello che vede Caravaggio quando dipinge è la sua stessa follia.
Ora tornerà a Montalbano?
Non subito, mi piace alternare libri e filoni diversi. Ad aprile dalla Sellerio uscirà un altro mio libro ancora diverso. Che è la ricostruzione di una storia incredibile e vera. Vuole saperla?
E come no...
Due anni fa mi capita un fatto. Mi capita di leggere un libretto alla memoria di un vescovo di Agrigento, che non era siciliano, ma era di Alessandria, in Piemonte: Giovan Battista Peruzzo si chiamava. Il primo vescovo in Sicilia che nel 1944, quando cominciano le occupazioni delle terre, si schiera dalle parti dei contadini. A un certo punto proprio per questo gli sparano. E rimane per sei giorni tra la vita e la morte.
Riesce a sopravvivere?
Sì, miracolosamente. Operato in fretta su un tavolaccio di cucina. Bene, 11 anni dopo questo fatto, la madre badessa del convento di Palma di Montechiaro gli scrive una lettera e gli dice: «Eccellenza, non glielo dovrei dire, ma glielo dico per obbedienza. Nei sei giorni in cui lei stette tra la vita e la morte, dieci tra le più giovani suore di questo convento fecero un patto con il Signore...».
Quale?
Le loro vite contro la sua. E il Signore accettò lo scambio. Le dieci suore sono morte e lei è sopravvissuto. Io quando ho letto questo, ho fatto un salto dalla sedia e sono arrivato a questo soffitto. Come è possibile? Mi sono detto, ma che cavolo scrive questa badessa...
Ma è vero?
Sono andato a cercare il libro originale ed è vero. Le dieci suore si sono suicidate. Nel 1945, dieci suore dai venti ai trent' anni si sono lasciate morire di fame e di sete. Dodici giorni dopo scoppia la bomba di Hiroshima. E allora mentre la storia fa un salto mostruoso in avanti, lì, in quel convento, la storia fa un salto mostruoso all'indietro.
Camilleri, è sconcertante quello che sta raccontando, quanto è sconcertante il suo Caravaggio. Avremo un Camilleri sempre più inquietante e sempre più lontano dal rassicurante Montalbano?
Sapesse come mi diverto a rimescolare continuamente le carte...
Roberto Cotroneo
 
 

Adnkronos, 2.2.2007
Scrittori: Nuovo Camilleri sulle orme di Caravaggio

Esce da Mondadori martedi' prossimo ''Il colore del sole''

Roma - Il nuovo libro di Andrea Camilleri e' un romanzo ''nero'' non un ''giallo'', fitto di ombre e di mistero, sul periodo trascorso da Caravaggio a Malta e in Sicilia nell'estate del 1607. E protagonista di alcuni strani avvenimenti, durante l'inchiesta sul grande artista, e' lo stesso scrittore siciliano. La nuova opera si intitola ''Il colore del sole'' (pagine 128, euro 14) ed uscira' dall'editore Mondadori martedi' 6 febbraio. Il creatore del commissario Salvo Montalbano in questa storia di inizio '600 si diverte anche in questo libro con la mimesi linguistica, proponendo un impasto fittizio che cerca di riproporre una lingua di 400 anni fa.
 
 

Agrigentonotizie.it, 2.2.2007
Camilleri e il suo romanzo su Caravaggio

"Il colore del sole" è l'ultimo romanzo di Andrea Camilleri, edito da Mondadori e presentato ieri al Tg5. Dopo il successo de "Le ali della sfinge" , lo scrittore cambia registro e si propone in prima persona nelle tracce di una pista in nero.
Il vero protagonista è Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio(29/09/1571- 18/07/1610). Il libro racconta del  suo periodo trascorso in Sicilia, di cui aveva già scritto Pino Di Silvestro ("La fuga e la sosta. Caravaggio a Siracusa", 2002). L'estate siciliana del 1607, da Siracusa a Messina e infine a Palermo, rappresenta un importante periodo di produzione artistica, prima del suo ultimo rientro a Napoli.
Attraverso un vecchio diario, ritrovato in un'antica villa su suggerimento di una misteriosa telefonata allo scrittore, prende avvio l'indagine intrigante attraverso la psicologia del Caravaggio. Camilleri mette da parte il dialetto della sua terra, per un uso corrente ed arcaico, quando necessario, della lingua italiana.
Claudia Giocondo
 
 

Il Sole 24 Ore, 2.2.2007
Camilleri e l’incubo della burocrazia

Più di una volta, Andrea Camilleri ha dichiarato che, delle sue opere, preferisce ai gialli i romanzi storici (ma lui li chiama “civili”, perché solo lo spunto è storico, il resto è “rigorosamente falso”), in particolare “Il birraio di Preston” e “La concessione del telefono”. Guarda caso, i due unici suoi testi portati (per il momento) in teatro, per una vita grande passione di Camilleri: il birraio qualche anno fa, la concessione ha debuttato l’altro ieri a Roma dopo venti repliche “di rodaggio” a Catania, sempre prodotto dallo Stabile di Catania, e sempre per la regia di Giuseppe Dipasquale, che con Camilleri ha costruito un sodalizio artistico ormai consolidato. “La concessione del telefono” è una commedia degli equivoci e degli imbrogli ambientata in Sicilia, a Vigata, il paese immaginario che fa da sfondo ai racconti di Camilleri. La storia, datata 1891, nasce da un equivoco, che ridicolmente fa da motore a tutta la storia: lo scambio tra due lettere dell'alfabeto, la M e la P. Il protagonista, Filippo Genuardi, per ottenere la concessione di una linea telefonica per uso privato, fa domanda formale al prefetto di Montelusa, denominandolo Vittorio Parascianno anziché Marascianno come in realtà il prefetto si chiama. Da qui nasce una storia complessa, in cui equivoci e imbrogli non si contano più e che coinvolge una folla di personaggi: il Genuardi, siciliano qualsiasi, e la sua famiglia; i vari apparati dello Stato, ovvero prefettura, questura, pubblica sicurezza e benemerita arma dei reali carabinieri; il mafioso del paese; la chiesa; quei compaesani, siciliani qualsiasi, che involontariamente capitano sulla strada di Pippo Genuardi. Il tutto scritto nella “sicilitudine linguistica” propria di Camilleri, fatta di neologismi, di sintassi travestita, di modi dialettali. Il romanzo è stato adattato per la scena da Camilleri e Dipasquale; nell’intervista che segue spiegano come.
Camilleri, lei ha dedicato molta della sua vita al teatro, ha insegnato all’Accademia d’Arte Drammatica (dove ha avuto come allievo un giovane Luca Zingaretti, che sarebbe poi diventato il Montalbano televisivo), è stato sceneggiatore, suo è stato il primo Beckett rappresentato in Italia. Quando scrive un romanzo, le viene naturale pensare a una struttura teatrale?
Camilleri: È così; e aggiungo, per forza. Dal cinema, ho imparato la narrazione per sequenze, e non per capitoli; dal teatro, il dialogo e la creazione dei personaggi. Quando nel racconto devo inserire un personaggio, il più delle volte scrivo prima il dialogo. Solo in seguito lo descrivo (è alto o basso, è biondo o bruno,..) ma tutto è conseguenza del modo in cui lo faccio parlare ed esprimere. Procedo dall’interno del personaggio verso l’esterno; non c’è alcun dubbio che questo sia un tipo di scrittura teatrale.
Nei suoi scritti, l’italiano si mischia con il siciliano, ma non solo. Ne “Il birraio di Preston” ci sono altri dialetti italici, nel “Re di Girgenti” c’è la commistione con lo spagnolo. Il tutto non è mai casuale…
Camilleri: Diceva Pirandello che, di una data cosa, il dialetto esprime il sentimento, la lingua il concetto.
”La concessione del telefono” è anche un manifesto contro la burocrazia che non cambia…
Camilleri: La burocrazia vive proprio per non essere risolta. L’idea del romanzo nasce nel 1995, quando trovai un decreto ministeriale di fine Ottocento di una linea telefonica privata. Per avere la licenza occorreva adempiere a una tale quantità di assurdi obblighi burocratici, che mi è venuta subito la voglia di scrivere una storia. Il richiedente resta stritolato dal meccanismo burocratico, dal quale cerca di uscire in qualche modo, coinvolgendo mafia, chiesa, autorità costituite.
Come è proceduto il lavoro di adattamento del testo? Ci sono state difficoltà? Parlando di forme di scrittura del romanzo, lei, Camilleri, distingue in “cose scritte” e “cose dette”, come avviene ne “La concessione del telefono”. A teatro queste “cose” che fine fanno?
Camilleri: A teatro, c’è il tentativo, non si sa quanto riuscito, di trasformare le cose scritte in cose dette. È vero, come fatto narrativo personale, divido: cose scritte e cose dette. Nelle cose scritte ci si può sbilanciare, attraverso la scrittura, a dare il senso di tutto quello che è il formalismo di una situazione paradossale (l’imposizione dello stato, per esempio). Nelle cose dette, invece, verba volant e scripta manent, si può parlare con una maggiore libertà, e quindi il dialogo è più diretto, spontaneo e vero. A teatro, abbiamo cercato un mezzo per contrapporre questi due momenti. Sull’adattamento, devo dire che, per adattare un romanzo alla scena teatrale, lo spostamento di piani è inevitabile, direi indispensabile. Credo che in questa operazione si perda qualcosa, ma che qualcosa d’altro si guadagni. L’essenziale è non snaturare, ma lasciare intatto lo spirito del romanzo.
Dipasquale: Camilleri ha una costruzione letteraria che, pur trovando nel lettore un consenso immediato, affonda le radici lontano, nel tempo. Io lo definisco un aedo moderno, un cantore che, in una società iperdinamica, è ancora capace di inventare storie con il ritmo di un poeta orale di origine pre-omerica. Poi tutto questo viene solidificato nella scrittura e diventa un fatto estremamente letterario, perché dentro c’è ricerca linguistica e ricerca tematica, aggancio storico, una serie di elementi che fanno di un autore non un novellista da feuilleton ma un autore a tutto tondo.
Come portare tutto questo a teatro?
Dipasquale: Mi sono posto di fronte a Camilleri allo stesso modo in cui mi sarei posto di fronte a Pirandello, con la stessa identica “ragione di rispetto”, forti della nostra collaborazione passata su trasposizioni di novelle pirandelliane. Ebbene, il rischio maggiore stava nella banalizzazione possibile nel passaggio dalla carta alla scena. La drammaturgia ha dovuto necessariamente ricercare modi e strumenti più articolati che investissero la messa in scena vera e propria, e rendesse al meglio lo spirito dell’opera. Come dire, attuare un tradimento dovuto, ma non irrimediabile della pagina letteraria.
La scenografia è fatta di faldoni accatastati l’uno sull’altro. Perché?
Dipasquale: Avevo la necessità di tradurre come elemento fondante della messinscena quello che, nel romanzo di Camilleri, è il principio paradossale della burocrazia. Ho pensato che la vicenda dei personaggi potesse svolgersi in una Vigata fatta di carta, ma non una Vigata pittorica o figurativa, bensì uno spazio di carta dentro il quale i personaggi, vestiti anch’essi di carta, vivessero come topi scampati all’ultimo giorno dell’umanità. La metafora è che il Sud ha avuto solo risposte cartacee a problemi eterni: alla mafia si risponde con una commissione parlamentare, alla siccità con un decreto non attuabile, e così via. La burocrazia dello Stato, umbertino o repubblicano, ha dato ai problemi del meridione più risposte di carta che risposte concrete.
Nel romanzo si descrivono i mali di Sicilia e, appunto, le manchevolezze dello Stato. A un certo punto si dice che il personaggio principale è preso in mezzo “tra mafia e stato”. Chi legge, è portato a dedurre che le due entità sono speculari o complementari. È una percezione giusta?
Camilleri: All’epoca dei fatti narrati era così. Attualizzare non era nelle intenzioni dell’autore. Se qualcuno lo vuol fare, liberissimo…
Dipasquale: Ahimè sì, anche se oggi si tenta di far credere che la mafia sia lì lì per soccombere. Lo vediamo in occasione delle varie emergenze permanenti. Il paradosso della commedia è che il protagonista, ormai disperato, per avere la concessione della linea telefonica deve chiedere l’aiuto del boss mafioso, il quale, finalmente, riesce a fargliela ottenere.
Il tono è quello della commedia, ma nessun personaggio ne esce bene. Verrebbe da pensare che la Sicilia sia una sorta di metafora per affermare un forte pessimismo nei confronti dell’umanità in generale. È così?
Camilleri: È vero, nessuno ne esce bene, ma a me i personaggi di una commedia di equivoci e di imbrogli piacciono così, come un vino col retrogusto amaro. Non sono pessimista nei confronti dell’uomo, al quale anzi va tutta la mia fiducia. Sono pessimista sui destini dell’Italia e degli italiani; l’evoluzione dell’uomo italico è molto più lenta di quella di altri primati. Soprattutto in Sicilia, le tradizioni, le remore e le forze frenanti sappiamo sfruttarle al meglio, mettiamo in atto con molta abilità tutto quello che renda più pesante la zavorra in modo da evitare il volo del pallone aerostatico.
Dipasquale: Penso che nella commedia aleggi un pessimismo non nichilista, ma pirandelliano, fatalista, che solo un siciliano può avere: “la storia non può che andare così, non c’è rivoluzione che possa cambiarne il corso”. Se Marx fosse vissuto in Sicilia, non avrebbe scritto neanche una parola del Manifesto. I personaggi de “La Concessione” sono il frutto evidente di questo fatalismo storico. Anche Genuardi, che sembrerebbe all’apparenza vittima di tutto questo, è alla fine un inetto colpevole. Il messaggio è che, se una svolta ci sarà in Sicilia, non partirà dall’interno.
In una compagnia di attori siciliani, c’è Francesco Paolantoni, il protagonista, che è napoletano. Perché?
Dipasquale: È un cittadino del Regno delle Due Sicilie, quindi apparteneva a quel tipo di temperie culturale, storica, politica dentro la quale si svolge la vicenda, assimilabile per molti aspetti a tutto il sud d’Italia. C’è anche un risvolto non secondario: Genuardi-Paolantoni fa da “pendant” con l’altro personaggio, il prefetto Marascianno, anche lui napoletano.
Il vostro è un sodalizio artistico che dura da anni: non solo lavori teatrali, ma insieme curate anche la gestione di un teatro a Racalmuto, il paese natale di Sciascia…
Camilleri: Oramai siamo a cinque regie teatrali: due Pirandello (una è “La Cattura”, l’ultimo lavoro recitato dal grande Turi Ferro), l’adattamento di due miei romanzi (prima della “Concessione”, “Il birraio di Preston”), l’adattamento in siciliano di “Molto rumore per nulla” di Shakespeare ridenominato “Truppu trafficu pi annienti”.
Dipasquale: Ci unisce la passione per la Sicilia e una grande amicizia, nonostante la differenza di età, quaranta per la precisione. Per celiare sul nostro rapporto, probabilmente Andrea vede in me quel regista che ha poi scelto di non essere più, e io vedo in lui l’autore che non sarò mai e che, a dire il vero, non ho neanche l’ambizione di diventare. La verità è che, al di là del lavoro, ho la fortuna e il privilegio di averlo soprattutto come amico; un amico estremamente generoso.
Camilleri, in Italia i lettori di libri sono poche migliaia…
Camilleri: Speriamo diventino molti di più. Ma devo dire che quei pochi sono ben serviti. La letteratura italiana contemporanea ha una produzione media di buon livello, e delle punte notevoli. Un patrimonio che noi italiani sfruttiamo poco, ma che è vivo e vegeto.
Non pensa che della letteratura si abbia in Italia un concetto un po’ sacrale e distante?
Camilleri: Io spero di non appartenere a questa categoria, alcuni critici mi definiscono nazional-popolare. Spero che tanti altri trovino il coraggio di scendere dall’olimpo e scrivere in un modo meno criptico e meno riservato agli iniziati.
Per questo ama definirsi un cantastorie?
Camilleri: Sì, il cantastorie non racconta le storie a se stesso, ma le racconta agli altri. Raccoglie intorno un pubblico che lo sta a sentire con attenzione e partecipazione, poi leva la coppola e passa in mezzo alla gente. Anche le mie storie sono destinate alla gente, certamente non a una ristretta cerchia di amici.
Pino Fondati
 
 

ANSA, 2.2.2007
In primo piano
All'Eliseo la burocrazia secondo Camilleri

Roma - L'Italia dei furbetti, dei soprusi e delle inefficienze raccontata dalla penna ironica di Andrea Camilleri e portata in scena da Francesco Paolantoni, Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina: e' 'La concessione del telefono', riduzione scenica di uno dei migliori romanzi dello scrittore siciliano, firmata dallo stesso Camilleri insieme al regista Giuseppe Dipasquale, di scena fino all'11 febbraio al Teatro Eliseo di Roma.
Dopo avere debuttato a Catania nel 2005, lo spettacolo, prodotto dal Teatro Stabile di Catania, si appresta a partire per una lunga tournee che tocchera' in rapida successione 18 citta' italiane e altrettanti Teatri tra cui quelli Stabili di Milano, Napoli, Genova, Prato, Abruzzo, Perugia e Palermo.
'La concessione del telefono' racconta in chiave comica, ma incredibilmente realistica, il labirinto burocratico che un siciliano si trova ad attraversare per ottenere la semplice installazione di un apparecchio telefonico. Tutto avviene nel 1892 a Vigata, la cittadina quasi vera che un secolo dopo vedra' le gesta del commissario Montalbano, la creatura piu' famosa di Camilleri. La Sicilia, con la sua ragnatela di interessi piu' o meno leciti, con inutili ritardi, appelli e contrappelli, equivoci e gabelle di piccoli burocrati, diventa lo specchio del Bel Paese.
Pippo Baudo, reduce dalla conferenza stampa di presentazione del Festival di Sanremo, e' arrivato a Roma per il debutto della piece, in qualita' di presidente del Teatro Stabile di Catania. ''Siamo il Teatro Stabile piu' viaggiante d'Italia'' ha detto Baudo, che considera questo incarico ''uno degli impegni piu' gratificanti'' della sua fitta agenda. ''Grazie al flusso di abbonamenti vecchi e nuovi - ha aggiunto - siamo riusciti ad acquistare il Teatro Verga di Catania senza sovvenzioni. Il repertorio del nostro Teatro Stabile, che e' uno dei piu' antichi (il prossimo anno ricorre il cinquantenario), e' ampio e di respiro internazionale ma parte dalle nostre radici, dal cuore dei nostri grandi autori come Andrea Camilleri''.
Dal canto suo, il celebre giallista e' contento di rientrare al Teatro Eliseo dalla porta principale, dopo esserne stato cacciato nel '56, ha raccontato, ''per i capelli troppo lunghi''. Camilleri esordi' proprio come autore teatrale nel '47, vincendo un concorso indetto dal comune di Firenze, con una giuria presieduta da Silvio D'Amico. ''Spedii un atto unico intitolato 'Giudizio a mezzanotte' e vinsi. Andai a Firenze a ritirare un assegno. Durante il viaggio di ritorno - ha ricordato - rilessi il mio testo e lo gettai fuori dal finestrino cercando di distruggerne ogni traccia. Era schifoso, soggiogato da Sartre e dall'esistenzialismo. Da allora, ho evitato di scrivere testi appositamente per il teatro''.
 
 

Sesto Potere, 2.2.2007
Lugo: Gli incontri del Rossini

In collaborazione con L’Università per Adulti

[…]
Venerdì 16 febbraio ore 18.00, Teatro Rossini
“La concessione del telefono” di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale
Incontro con Francesco Paolantoni, Tuccio Musumeci, Pippo Pattavina e la compagnia
Per informazioni: Teatro Rossini, Piazzale Cavour 17 – Lugo Tel. 0545.38542; Guido Neri – Via Libertà 2/2 – Lugo Tel. 0545 22587
 
 

Die Welt, 3.2.2007
Literatur
Mal ganz sanft

"Das Medaillon" aus der Feder von Andrea Camilleri erzählt eine anrührende Geschichte eines vermeindlich betrogenen Witwer. Ganz anders also als seine Kriminalromane, in denen stets Salvo Montalbano den coolen Kommisar spielt. Sein jüngster Fall, "Die Passion des stillen Rächers", ist vor Kurzem bei Lübbe erschienen.

Als unlängst bei Kindler die Erzählung "Das Medaillon" aus der Feder von Andrea Camilleri erschien, reagierte seine Fan-Gemeinde irritiert bis verstört. Ähnelt doch die Profession des Protagonisten, eines gewissen Maresciallo Antonio Brancato, frappierend jener des Mannes, mit dem Camilleri seit 1994 Krimigeschichte schreibt: Commissario Salvo Montalbano, Lebemann und Mordaufklärer. Konnte es möglich sein, fragten sich Freunde der italienischen Oper besorgt, dass Camilleri seinen Stammhelden kurzerhand in den Vorruhestand versetzt hatte, um eine unverbrauchtere Kraft gegen das Böse aufzubieten, das in Sizilien immer und überall ist.
Es darf Entwarnung gegeben werden. "Das Medaillon", eine anrührende Geschichte um einen vermeintlich gehörnten Witwer, dem besagter Brancato seinen Seelenfrieden zurückgibt, ist nur eine den Carabinieri gewidmete Gelegenheitsarbeit. Keine Konkurrenz also für Salvo Montalbano, dessen jüngster Fall "Die Passion des stillen Rächers" unlängst bei Lübbe erschienen ist. Die atmosphärisch dicht gewobene Geschichte um eine vermeintlich entführte Studentin und ein Rachekomplott im großen Stil spielt neuerlich im fiktiven Städtchen Vigàta.
Mit dem dort ermittelnden Commissario Montalbano hat der 81-Jährige einen sinnenfrohen, ja genusssüchtigen Serienhelden geschaffen, für den erst das Fressen kommt, dann die Fahndung nach amoralischen Fieslingen. Zugleich hat es der Schriftsteller, der bis 1994 auf politische Essays und historische Romane abonniert war, mit seinen klugen Krimis vermocht, das in Italien lange als trivial geschmähte Genre zu neuer Blüte zu führen.
Dieser Erfolg liegt im spröden Charme seiner Hauptfigur begründet, dessen mit Phlegma gepaarte Bedächtigkeit so gar nichts von dem Super-Heros-Gestus hat, mit dem andere Krimischriftsteller aus Italien ihre Mörderjäger gerne ausstatten. So wendet Montalbano nur etwa die Hälfte eines Buches für den eigentlichen Fall auf, die andere Hälfte hingegen für die detailverliebte Beschreibung von ausgiebigen Mahlzeiten und jene Scharmützel, die sich der Polizist mit seiner Dauerverlobten Livia und seiner Haushälterin Adelina liefert.
Hendrik Werner
 
 

ANSA, 3.2.2007
Fiction; Sacca', trionfo Rai, altro che contestazioni

Altro che fiction più moderna e pubblicitariamente accattivante: tra i prodotti Rai e quelli Mediaset lo scarto, per età media è di pochi anni, sostiene il direttore di Rai Fiction Agostino Saccà "sorpreso, sconcertato" dal comunicato ufficiale con cui Mediaset due giorni fa "con toni inusuali, perché si tratta di azienda seria, contraddistinta nella comunicazione da stile e garbo" ha inteso replicare all'"ottima annata" della fiction Rai. "Obiezioni sulla presunta loro modernità che ho sentito fare anche da qualche produttore un po' esaltato. Allora smentisco: l'età media di 'Distretto di polizia' e di 'Carabinieri' per esempio è di 46 anni, il nostro 'Medico in famiglia' è 46 e mezzo, la loro miniserie 'Mafalda di Savoia' ha avuto 52 anni di età media del pubblico, il nostro 'Raccontami' è a 54, così come 'Papa Luciani', mentre ha 53 anni il pubblico medio del 'Commissario Montalbano'. Lo scarto tra noi è loro è tra i 6-7 anni, non mi pare così abissale". Poi, aggiunge ancora Saccà, c'é il discorso dell'ascolto dei responsabili d'acquisto, la categoria Auditel-Eurisko, mix tra età, classe sociale, economica, istruzione. La differenza tra l'ascolto dei responsabili d'acquisto e l'ascolto medio di tutto il pubblico rappresenta la forza di penetrazione del prodotto. "Ebbene - spiega Saccà - Montalbano fa il 31,11% d'ascolto e il 34,5% fra i responsabili d'acquisto, Papa Luciani, il 39% d'ascolto e il 35,46% fra i responsabili d'acquisto, Butta la luna fa il 29,28% d'ascolto medio e il 33,92% fra i responsabili d'acquisto, Raccontami il 23,9% in media e il 26,94% fra i responsabili d'acquisto, Capri il 26,17% in media e il 30,36% fra i responsabili d'acquisto. Il delta della concorrenza, non dò i numeri per rispetto, ma assicuro che è infinitamente più basso".
 
 

La Sicilia, 3.2.2007
Lentini

Una sorta di "pronto intervento sociale", all'interno di un progetto che mette in rete istituzioni, scuola e terzo settore. La Cooperativa "Health & Senectus", da anni presente nel territorio per la promozione di servizi destinati a diversi target della popolazione, ha appena partecipato ad un bando promosso dalla Fondazione Banco di Sicilia, presentando il progetto denominato "La luna di carta".
[…]
Il titolo del progetto non è casuale, infatti, come commenta la presidente della cooperativa Health & Senectus, Gaia Barresi: «"La luna di carta", oltre ad essere un omaggio allo scrittore siciliano Andrea Camilleri, intende veicolare un concetto educativo nuovo, ossia intendere alunni, ma anche insegnanti e cittadini in genere, come persone tutte intere con capacità e competenze magari non ancora e non del tutto esplicitate».
[…]
Angela Rabbito
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 4.2.2007
L’anteprima. Martedì esce "Il colore del sole". Parla lo scrittore
”Così indago su Caravaggio”
Andrea Camilleri parla del romanzo che esce martedì
"Il colore del sole" vede lo scrittore al centro di un intrigo sul diario dell´artista
"Ho messo da parte la mia lingua abituale ideando una forma secentesca"

«Purtroppo anche a Malta non tarda, per Caravaggio, il seguito, sempre più travagliato, del romanzo nero». Sembra che Andrea Camilleri, per il suo nuovo romanzo "Il colore del sole" (Mondadori, in libreria martedì), si sia ispirato alle parole di Roberto Longhi. «C´è una perfetta consonanza - ammette lo scrittore- tra l´idea mia di fondo e questa frase del grande critico».
«La storia di questo libro nasce quando una gentile signora, la responsabile del Düsseldorfer museum, un giorno mi contattò per chiedermi un testo, in occasione di una originalissima mostra, dall´accattivante titolo "Caravaggio. Auf den Spuren eines Genies" - spiega Camilleri - Una mostra che, insieme a un´opera originale di Michelangelo Merisi, presentava le migliori copie e contraffazioni del medesimo dipinto».
Ma lei non è un esperto d´arte...
«Onestamente, io non mi occupo di solito di pittura. Così, quando parlai a telefono con questa signora, avrei voluto risponderle: Ma siete nisciuti pazzi in Germania, per caso? Poi invece mi spiegò che da me volevano una storia di fantasia sul Caravaggio, per un volume antologico di racconti, scritti da autori europei. Allora acconsentii. Tutto questo, sia chiaro, per dire che non mi sarei mai occupato di Caravaggio».
Nel suo nuovo romanzo, Andrea Camilleri in prima persona è al centro della storia, venendosi a trovare nel bel mezzo di alcuni avvenimenti a dir poco strani. Che lo sorprendono a Siracusa, in occasione della rappresentazione di una tragedia greca. Un tizio, senza dare nell´occhio, infila in una tasca dello scrittore un biglietto con un numero a cui telefonare da una cabina pubblica. In seguito a questa telefonata, Camilleri si trova immerso fino al collo in una storia piena di misteri che lo conducono a un casale sperso nella più remota campagna, nei pressi di Bronte più o meno, in cui gli vengono mostrati alcuni curiosi oggetti e un diario incredibile.
«Il signore che mi usa questa cortesia, ricercato dalla polizia, ha un debito di gratitudine nei miei confronti. La moglie, morta da poco, ha infatti trovato conforto, negli ultimi giorni della sua vita, nella lettura dei miei romanzi. Questo tizio, dunque, sottopone alla mia attenzione un manoscritto, che si deve, nientemeno, a Caravaggio. Nel romanzo, dispongo di mezzo pomeriggio per guardarlo e trascriverne alcune pagine. "Il colore del sole", per farla breve, è dunque la trascrizione di alcune parti di questo straordinario manoscritto».
Siamo in piena finzione: Caravaggio, infatti, non ha lasciato un diario. Di lui abbiamo soltanto pochissime annotazioni.
«Specie di pizzini alla Bernardo Provenzano».
In questo libro dà vita a una sperimentazione letteraria restituendo tutte le torsioni, le incrinature, la luminosità del più corrusco italiano seicentesco. Come mai?
«Si tratta di una lingua inventata di sana pianta, bella, spigolosa ma non letteraria, attraverso la quale cerco di illuminare alcuni lati oscuri della permanenza di Caravaggio, nel 1608, nella zona Sud: Malta dapprima, e poi la Sicilia».
Il pirotecnico impasto di siciliano e italiano l´ha dunque, per la prima volta, mandato in soffitta?
«È così: mi distacco dalla mia lingua, in quest´opera scritta dall´inizio alla fine in italiano: quello piatto, quasi referenziale, in cui Camilleri personaggio dà conto dei fatti che man mano gli accadono. E quello ricco di dissonanze barocche, con cui è redatto il diario di Caravaggio, da cui dovrebbe venire fuori la psicologia torturata dell´artista e le ragioni profonde della sua pittura».
Nell´immaginare il diario di Caravaggio, ha tenuto conto di quello vero di un altro pittore maledetto, il Pontormo?
«Quello è stato sempre presente nella mia esistenza. L´ho avuto sempre in testa, in tutti questi anni. Però, c´è una differenza sostanziale: nel presunto manoscritto di Caravaggio non immagino annotazioni che riguardano il cibo, le diete, le malattie. Cerco invece di inventare il progressivo disarticolamento che avviene nella testa del Caravaggio».
Per esempio?
«Le sue visioni, vere e proprie allucinazioni. L´impossibilità di controllare il colore, l´inabissamento verso la follia».
Quindi, per dirla ancora con Longhi, il suo è romanzo nero a tutti gli effetti?
«Certo, nero in tutti i sensi. Se si guarda a tutta la produzione di Caravaggio, in ordine cronologico, si nota soprattutto un fatto: che avviene un progressivo avanzare del nero. Le sue ultime opere, in pratica, sono un trionfo del nero, da cui spiccano solo alcune figure o situazioni».
Quale aspetto della tormentata personalità del grande pittore ha prediletto e approfondito?
«La sua estrema sensualità per ciò che riguardava la carne, la morte e il diavolo, da intendere come peccato e morte. Ho cercato, attraverso questa strada, di segnare una sorta di psicologia disfatta del Caravaggio».
Si è per caso appoggiato, nell´immaginare questo diario, a documenti del tempo?
«Nessuna documentazione. Ho solo tentato di mimare nella scrittura quello che ho visto attraverso la sua pittura. Non c´è stato nessun lavoro d´archivio».
Siamo quindi in presenza del solito Camilleri procacciatore di apocrifi: il lupo perde il pelo ma non il vizio…
«Che vuole che le dica: è più forte di me. Per dare la stura alla mia fantasia, spesso devo prendere le mosse da qualcosa che abbia la parvenza della storicità, della veridicità. Anche se poi è tutto rigorosamente falso».
Salvatore Ferlita
 
 

Il Sole 24 Ore, 4.2.2007
Vespe
Montalbano, arresti Camilleri

Il nuovo delitto sul quale dovrà indagare il commissario Montalbano è quello commesso dal suo creatore, Andrea Camilleri, con il libro che sta per uscire da Mondadori: "Il colore del sole", un romanzo storico sulla fuga a Malta e in Sicilia di Caravaggio, condannato a morte per omicidio. Centodieci pagine, di cui una buona parte in italiano seicentesco di cui vi offriamo qualche assaggio: "Ho comenzato a lavorare a la Decollazione del Battista (chissà come la prenderà il vicedirettore del Corriere, ndr)... per me no havvi differenzia alcuna tra la notte e lo jorno..." "Frà Raffaele, dopo avermi veduto in atto di dipignere lo muro del carzaro..." "Mentre io quasi isveniva per lo stupore elli rivelommi... che non può esser nomato cavaliero chi d'omicidio erasi macchiato". "Hodie, a veder la scopritura... lo Gran Maestro chinossi ver me e sussurrommi...". "Lo sangue fuoriescito da lo Battista..." (ancora Pigi?). Ma è tutto scritto in questa maniera, il libro? Tranquilli, non tutto. "La parte iniziale -osserva un estatico Robero Cotroneo che lo intervista per Panorama- è molto lineare e in un italiano moderno". E Camilleri:"Più che lineare direi ovvia, anzi di un ovvio ributtante. Ma quello è un fatto di teatro, è la ricostruzione di un linguaggio abituale, piatto, non sciatto, però. In modo da avere poi la botta che ti arriva con la seconda parte del libro". Botta? Che bisogno c'è di una botta finale? Il disgraziato lettore non è già abbastanza tramortito da tutti quegli hodie, quegli havvi e quei rivelommi? Prima ch'elli giugna alla seconda parte sarà come minimo isvenuto. "Quando non scrivo di Montalbano -confida Camilleri a Cotroneo- mi sento libero. E' come una fuga d'amore". Libero, speriamo, ancora per poco. Proprio come il pittore maledetto, anche lui è braccato. Ma non dalle guardie del Papa e dai Cavalieri di Malta: dai lettori imbufaliti che ormai gli preferiscono il sosia Fiorello e chiedono a gran voce: "Commissario, arresti Camilleri".
 
 

Detectives Beyond Borders, 4.2.2007
Camilleri and "mystery"

The cover of The Smell of the Night proclaims the book "An Inspector Montalbano Mystery." The novel is a mystery, all right, but not in the way of Golden Age mysteries or a newer novel like Adrian Hyland's excellent Diamond Dove
The book's approach to detection is a kind of hybrid. For about the first two thirds of the novel, the focus is very much more on atmosphere, character, characters, and incidental action, in the manner of Georges Simenon, whom Montalbano likes to read when he has time to relax (and is not worrying about his lover, Livia, or enjoying a large and delicious meal). Toward the end of the novel, though, Montalbano gathers two assistants to review the evidence and discuss theories about the disappearance of a crooked financier and his assistant. Sounds like a traditional police-procedural scene, yes? Not quite.
Here's Montalbano opening the session:
"All right," said the inspector. "But let me preface this by saying that what I'm about to describe is a novel. In the sense that there isn't the slightest trace of proof for any of it. And, as in all novels, as the story gets written, events sometimes go their own way, leading to unforeseen conclusions."
There is no straightforward unfolding of the facts here. It's almost as if Camilleri grew exasperated first with the potential for observation to solve a crime, so he turned to traditional techniques but realized these, too, were insufficient. Hence, the motif of the investigator as a storyteller, hoping his story makes sense.
In his leisure time, too, Montalbano is attracted to the idea of solving a crime more through observation of character than through conventional techniques, but the approach never seems quite satisfactory. He never does get far in that Simenon novel he keeps trying to read throughout The Smell of the Night.
Peter Rozovsky
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 4.2.2007
La centralità della violenza nell´immagine della Sicilia

[...]
Ma sul caso Catania c´è qualcosa di più e di peggio. Se gli scontri si fossero verificati a Milano, il giorno dopo l´attenzione dei media sarebbe stata attratta dalla Scala, dalla Bocconi, dal Duomo. Scontri come residuo di una marginalità che la grande città, appunto, isola e respinge in quanto tale, contrapponendole una centralità trionfante. Nel caso Catania c´è invece la conferma di una anomalia: la Sicilia che rifiuta di essere «normale» in un´occasione storica, un incontro di calcio non per sfuggire alla retrocessione ma per giocare in Europa, con i circuiti dell´informazione che di quest´incontro proponevano una proiezione planetaria. Anomalia non solo per le barbarie della sera, ma per quelle della mattinata seguente con il mercato nella piazza ancora impregnata di sangue a cancellare ogni rito di dolore.
Qualcuno riporta il tutto al venir meno nella nostra regione degli strumenti storici di coesione: il vicolo, l´oratorio, il bar dello sport. Sicilia come pascolo brado, ha urlato Macaluso, un siciliano doc. In attesa di sentire l´immancabile Camilleri dobbiamo pensare a un pascolo dove trionfano allucinanti formule anche di paganesimo mascherato da misticismo.
[...]
Mario Centorrino
 
 

Il Quotidiano, 5.2.2007
Libri. Ritorna Camilleri,senza Montalbano

Roma - Il nuovo libro di Andrea Camilleri è un romanzo 'nero' non un 'giallo', fitto di ombre e di mistero, sul periodo trascorso da Caravaggio a Malta e in Sicilia nell'estate del 1607, in fuga da Roma dopo essere stato condannato a morte per l'omicidio di un giovane durante una rissa.
E protagonista di alcuni strani avvenimenti, durante l'inchiesta sul grande artista sei centesco, è lo stesso scrittore siciliano. La nuova opera di Camilleri si intitola 'Il colore del sole' (pagine 128, euro 14) ed esce domani, martedì 6 febbraio, dall'editore Mondadori. Il creatore del commissario Salvo Montalbano in questa storia di inizio '600 si diverte ancora una volta con la mimesi linguistica, proponendo un impasto fittizio che cerca di riproporre la parlata di 400 anni fa.
Il romanzo 'Il colore del sole' prende spunto da una strana avventura accaduta a Camilleri: recatosi da Roma a Siracusa per assistere alla rappresentazione di una tragedia classica, allo scrittore capitano curiosi quanto misteriosi eventi. Qualcuno gli infila in tasca un biglietto con un numero da chiamare, ma da una cabina pubblica. Il numero corrisponde ad un utente segreto, per cui non è possibile ricostruire chi sia il cittadino a cui quel numero telefonico corrisponde.
L'Andrea Camilleri scrittore di romanzi gialli non può sottrarsi ad una serie di misteri via via più fitti e inquietanti. Misteri che lo portano a una villa spersa nella più remota campagna dell'entroterra, dove leggerà un diario incredibile, le pagine scritte di suo pugno da un artista di quattro secoli prima. Si tratta di un artista grandissimo e maledetto: Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio.
Le note brevi, secche, disarticolate e visionarie di questo diario costituiscono per l'autore della saga poliziesca di Montalbano l'avvio per una sorta di anomalo romanzo 'nero' sul periodo trascorso da Caravaggio a Malta e in Sicilia. Camilleri si tuffa nel passato per sintonizzarsi sulla psicologia torturata dell'artista e indagare le ragioni profonde della sua pittura.
La fuga disperata di Caravaggio è raccontata con mescolanza di realtà e invenzione, in parallelo al suo sprofondare nella follia, nelle ossessioni e nelle visioni che non gli concedono sosta. Come quel 'sole nero', tragico, che è una presenza quasi costante delle tele di Caravaggio dal 1606 in poi, conseguenza di una malattia che gli avrebbe impedito di controllare i colori.
 
 

Middle East Times, 5.2.2007
Culture
Fictive Palestinian sleuth to intrigue mystery fans

Tel Aviv --  While "number-one female detective" Precious Ramotswe is investigating mysteries in Botswana, and the gloomy gumshoe Kurt Wallander is solving crime in the depths of small-town Sweden, another detective is about to join the ranks of literary private eyes in far-flung climes.
Enter the fictive Omar Yussef, a Palestinian history teacher and amateur detective, set to solve two enigmatic murders in his home town of Bethlehem. Written by former Time Magazine bureau chief Matt Beynon Rees, The Collaborator of Bethlehem, came out last week in the US, the first of a multi-part series of detective novels featuring the charismatic Yussef, who, in upcoming installments, will be taking his sleuthing powers to the occupied territories.
[…]
Even more saliently from Rees' point-of-view, the recent popularity of detective novels set in unusual locations prompted him to situate his hero, Omar Yussuf, in the region he himself knows so intimately.
"The exotic detective trend can take you around the world," he says. "People who wouldn't want to read a non-fiction novel about a place like, for example, Sicily, can find out about it through reading the stories of Andrea Camilleri [creator of the likeable “The Shape of Water” hero, Inspector Montalbano]; I was really surprised that no one had done it in [the Middle East] before."
[…]
Amelia Thomas
 
 

Sentieri Selvaggi, 5.2.2007
La Rai all’assalto del mercato

Il bilancio home video 2006

Resi noti i risultati 2006 di RaiTrade nel campo dell’home video. Circa sei milioni i DVD venduti in un anno, grazie a una rete di distribuzione capillare: abbinamenti editoriali, cataloghi “Made in Rai” e “Rai per la cultura”, edicole, internet, retail, PT Shop di Poste Italiane.
[...]
Per quanto riguarda la fiction, è stato l’anno di Il commissario Montalbano, con circa 597.000 DVD venduti.
[...]
a.s.
 
 

Libreria Feltrinelli - Roma
Martedì 6 febbraio 2007 ore 18
Libri / Incontro con Simonetta Agnello Hornby a Roma

Insieme all’autrice interviene Andrea Camilleri.
Trascrizione a cura di Linda

Tito, sua madre, suo padre Gaspare e una vecchia zia sono i protagonisti di una storia fitta di colpi di scena e segreti che affiorano con lo scorrere del tempo... Quanto più la narrazione si apre a inattesi sviluppi nel presente, tanto più il passato viene folgorato da una nuova luce e il mistero che nascondeva si dischiude lentamente con la forza di una grande storia d’amore. Ancora una volta, in "Boccamurata" (Feltrinelli) sono al centro della scrittura di Simonetta Agnello Hornby la famiglia come covo di sentimenti innominabili, la lotta per la roba, la sensualità di uomini e donne. Sullo sfondo, una Sicilia modernissima e viva, colta nel declinare di valori consolidati.
 
 

GR Rai Sicilia, 6.2.2007
Intervista ad Andrea Camilleri
Esce oggi in libreria il nuovo romanzo di Andrea Camilleri, pubblicato da Mondatori, “Il colore del sole”, dedicato ad una parte importante della vita di un grande pittore, il Caravaggio. Una vita percorsa da numerosi eventi drammatici: due omicidi, una condanna a morte, la fuga da Roma e una lunga peregrinazione.

“Il periodo si riferisce agli ultimi mesi della sua vita, dal momento in cui si trova Malta, dove spera di poter avere un certo riscatto per gli omicidi, periodo nel quale arriva anche in Sicilia, cioè a Siracusa, a Messina e a Palermo”.
Lei utilizza un espediente…
“Fingere di ritrovare, in circostanze più o meno misteriose, un manoscritto autografo di Caravaggio, del quale invece assolutamente non conosciamo niente, se non qualche ‘pizzino’, come diremmo oggi”.
Nei suoi romanzi, soprattutto in quelli storici, lei ha più volte utilizzato linguaggi differenti dal nostro contemporaneo.
“Esattamente, è questo è stato il divertimento della cosa: utilizzare il linguaggio che poteva avere un personaggio come Caravaggio”.
In questo romanzo compare per la prima volta l’autore che si fa personaggio, lei stesso, Andrea Camilleri.
“Sì, in genere si dice ‘Un amico trovò…’ invece qui dico ‘Io, Andrea Camilleri, autore di Montalbano, conosciuto etc etc mi sono trovato in una certa situazione’, e racconto e commento, di volta in volta, però, anche le varie ‘stazioni’ di questo calvario caravaggesco”.
E in questo caso anziché di giallo possiamo parlare di nero, anzi di nerissimo, come la vita di Caravaggio e come anche i colori che utilizzò nell’ultima parte della sua vita.
“E infatti è questo il titolo, 'Il colore del sole', perché per lui il sole è nero, da un certo momento in poi, e il sole nero è un simbolo preciso del diabolico e della follia”.
Davide Camarrone
 
 

ANSA, 6.2.2007
Andrea Camilleri indaga sul Caravaggio

Roma - Il primo romanzo interamente in italiano, anzi, nell'italiano parlato del '600. E' 'Il colore del sole' in cui Andrea Camilleri si diverte a "riempire", secondo uno stile apocrifo, alcuni buchi nella vita del discusso pittore Michelangelo Merisi detto Caravaggio. Il libro (Mondadori; pag.122; 14 euro) prende corpo da un nucleo iniziale di una quindicina di cartelle che lo scrittore siciliano scrisse per una pubblicazione curata dal Kunst Museum di Duesseldorf in occasione di una grande mostra sul pittore italiano.
" 'Il colore del sole' è uno scritto di totale fantasia - spiega Camilleri - che si inquadra in alcuni fatti e dati reali. Così come sono autentici i prodotti lasciati da Caravaggio in varie chiese al suo passaggio". E dunque, in particolare, la misteriosa reclusione del pittore a Malta, l'ancor più enigmatica evasione e il viaggio che compie, sbarcato in Sicilia, da Agrigento a Licata, da Siracusa fino a Messina. In questi frangenti, storicamente sconosciuti, Camilleri s'inventa storie e ragioni plausibili per spiegare gli accadimenti e le motivazioni che spinsero il pittore a compiere alcuni gesti piuttosto che altri. Accadimenti sempre progressivamente più pericolosi, così come progressivo è "l'aumento della presenza del colore nero nei grandi ultimi quadri del Caravaggio.
Da qui il titolo - sottolinea Camilleri - 'Il colore del sole', dove per il pittore il sole è diventato nero, simbolicamente alla sfera dei dannati". Il romanzo è diviso in due parti: nella prima lo scrittore figura in prima persona come giallista destinatario di sconosciuti manoscritti di Caravaggio; la seconda sono le tappe, fintamente autobiografiche, del percorso del pittore. La storia, ad esempio, non ci dice perché Caravaggio, rifugiatosi a Malta per sfuggire alle guardie papali, accusato di un omicidio commesso a Roma, ottenga il cavalierato che potrebbe metterlo al sicuro, ma inspiegabilmente viene incarcerato. "Ho cercato di rendere più verosimili questi scritti apocrifi - ha spiegato ancora lo scrittore - ipotizzando al scrittura di Caravaggio che non era un letterato, e quindi un italiano rozzo ma efficace". Camilleri sembra appassionato oltre a Pirandello, di cui è appena uscita un'antologia da lui curata, agli apocrifi: è in uscita, per Guida Editore, una immaginaria novella di Boccaccio.
 
 

Aprile, 6.2.2007
La concessione del telefono

A Teatro. L'opera di Camilleri è un "requiem delle istituzioni". L'adattamento teatrale, con mattatore Paolantoni, pur mantenendone la drammaticità di fondo, ne privilegia gli aspetti comici

Ha debuttato la settimana scorsa a Roma "La concessione del telefono", uno dei più conosciuti testi di Andrea Camilleri, il cui adattamento teatrale lo firma lo stesso scrittore con Giuseppe Dipasquale. Prodotto dal Teatro Stabile di Catania, lo spettacolo è portato in scena da Francesco Paolantoni, Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina e da una compagnia di bravi attori caratteristi, che danno allo spettacolo un risvolto comico con tratti esilaranti da avanspettacolo.
E diciamo subito che proprio questo aspetto ludico o divertente del testo disorienta, perché il romanzo di Camilleri è un crudo affondo sulla società siciliana di fine ottocento di straordinaria attualità.
"La concessione del telefono", come ad esempio "Il cigno" di Sebastiano Vassalli, è un romanzo storico, in cui l'autore - attraverso una vicenda realmente accaduta - denuncia la fitta rete di connivenze che affliggono la Sicilia, oppressa da Stato, Mafia e Chiesa. Eppure lo sguardo lucido di Camilleri si spinge oltre. Criticato per essere troppo accondiscendente con i poteri mafiosi, accuse rivolte anche al povero Leonardo Sciascia, lo scrittore fa emergere in maniera netta la "sicilianità", ossia quel concentrato di atteggiamenti che si presentano in tutti gli strati sociali.
Pippo Genuardi infatti, arricchitosi grazie ad un matrimonio fortunato, per ottenere la concessione del telefono è pronto a tutto: a fare richiesta allo Stato, quanto a fare favori a Calogero Longhitano, mafioso del paese. Non si arrende in questa sua testarda volontà, che cela una motivazione passionale e un tradimento. Così come celano motivazioni assurdamente passionali tutti gli altri personaggi che entrano in gioco, nascondendo i propri bisogni dietro la intangibilità di una posizione istituzionale.
"La concessione del telefono" è un testo drammatico nel doppio senso della parola. Primo perché finisce nel dramma con un omicidio-suicidio. Secondo perché mette in scena un vero e proprio "requiem delle istituzioni", piegate al servizio delle passioni umane. Quelle di chi si è sentito preso in giro e sbeffeggiato. Quelle di chi per orgoglio non ammette lo sbaglio. Quelle di chi per vanità le usa. Non solo. L'uso improprio del potere costringe ad operare impropriamente anche chi cerca di far rispettare la Legge, causando un corto circuito che lascia liberi di muoversi i mafiosi, i quali non sempre sono direttamente responsabili di quanto avviene. E qui si potrebbe cogliere, a ragione, una certa indulgenza nei loro confronti.
L'adattamento teatrale però, pur mantenendo questa drammaticità di fondo, mette in scena uno spettacolo di varietà con attori molto bravi, ma che creano delle vere e proprie macchiette. Il meccanismo comico è dato appunto da espedienti linguistici, come lo scambio di senso, l'incomprensione, la reiterazione, il trillo vocale, o fisici, come le mossette e l'ampia e generosa gestualità, che danno alla rappresentazione un sapore molto partenopeo. Ma non poteva che essere così, visto che il vero mattatore è Francesco Paolantoni, che porta sul palco il suo bagaglio di espressioni e atteggiamenti della scuola napoletana. Più che in un contesto isolano, sembra alla fine di trovarsi in una commedia di Scarpetta all'ombra del Vesuvio.
La stessa scelta dei tempi teatrali, perfetta nel mantenere sempre desta l'attenzione dello spettatore, nonostante le due ore di spettacolo, tradisce la volontà di offrire un testo leggero.
Operazione che è perfettamente riuscita se il punto di vista che adottiamo è quello degli autori, ma che lascia un po' l'amaro in bocca se pensiamo che la spensieratezza, a cui è votata la rappresentazione, elude il soprasenso polemico. Il testo anche in questa riduzione teatrale dice molto più di quello che sembra. E se la sua amarezza è avvertita nel finale inaspettatamente tragico, l'imbarazzo dura poco, perché subito dopo scoppia il fragore dei meritati applausi per un cast eccezionale.
Massimiliano Bianconcini
 
 

Stilos, 6.2.2007
Recensioni. Andrea Camilleri. Una selezione personale ed emotiva di brani estratti dal vasto corpus del principale dante causa letterario. Il quale non gli ha insegnato solo a scrivere ma anche e soprattutto a leggere: perché un testo prima di essere rappresentato deve essere analizzato
Il ritorno all'opera del padre
nuovo canone pirandelliano

La crestomazia Pirandelliana che qui appresta CamilIeri serve a conoscere me­glio non tanto Pirandello quanto lo stesso Camilleri. Sul quale (se non bastassero le regie teatrali, televisive e radiofoniche a stabilirne la filiazio­ne - oltre ai tanti interventi scritti, fino al ro­manzo-saggio Biografia del figlio cambiato) ci raggiunge adesso un argomento probante a convalidarne lo stato anagrafico: Pirandello non gli ha insegnato solo a scrivere, dandogli il coraggio di esprimersi nella parlata agrigen­tina, ritenuta dall'autore di Liolà la più vicina alla lingua italiana; né gli ha unicamente suggerito temi e motivi come il gioco della parti, lo scambio di identità, la commistione di dramma e commedia, la divisione dell'io, che ritroviamo come barra ritmica in tutta la sua produzione, ma gli ha anche insegnato a legge­re e interpretare il testo. Camilleri ha infatti im­parato l'esercizio della funzione letteraria, co­me anche della regia, leggendo Pirandello nel­la prospettiva della tradition textocentrique che all'attore e dunque alla parola antepone l'analisi del testo, quindi la scrittura.
In realtà l'educazione letteraria di Camilleri è di natura teatrale, così come al contrario la sua esperienza teatrale è frutto di una formazione letteraria: la differenza risponde in maniera isomorfa a una proprietà transitiva che gli mette in capo il carapece di una inscindibile vocazione, una unità di intenti da cui si fa dettare le norme della conoscenza. Egli stesso, nella nota introduttiva a questo florilegio di te­sti pirandelliani, è chiaro nell'ammettere di es­sere cresciuto in «una scuola che privilegiava l'analisi testuale della parola scenica, dalla quale poi doveva derivare tutta la messinsce­na».
Se così non fosse, se cioè non dimorasse nel­la concezione estetica di Camilleri un'idea di teatro letterario visto come il cardine dell'illu­sione scenica, come arriva egli - senza tenere sempre presente la parola scritta ancor prima della pronuncia scenica - non solo a realizza­re riduzioni di opere pirandelliane che nel ca­so dei Giganti della montagna si costituisco­no come vere e proprie «riletture», ma anche a scrivere romanzi e racconti di grande felicità espressiva, ovvero teatrale? Da dove gli viene questo atteggiamento che lo ha portato a rein­ventare il «romanzo teatrale» se non dalla let­tura di Pirandello, indossata la veste del criti­co letterario o dello storico della letteratura?
Pirandello è il padre nobile di Camilleri, ma ne è anche il maestro precettore. Gli ha insegna­to ancora a rompere le strutture narratologiche, a riportare continuamente sul banco di lavoro i pezzi del romanzo e farne ulteriori metasco­pie, a elaborare rinnovate fonti diegetiche, a scavare sempre più in profondità nelle pieghe della ragione per revolvere carichi di emozio­ni. Entro quest'ultimo quadro è facile consta­tare per esempio come la teeoria del «sentimen­to del contrario» irrori quasi sempre la vena umoristica di Camilleri, i cui personaggi - già a partire da Montalbano - mascherano dietro un'irruenza comica di prima intenzione un fondo di ilarità triste che sa cogliere gli aspet­ti meno «ridicoli» delle cose. Così anche la sua avversione anti-piemontese che tinge l'intero ciclo dei romanzi civili e che integra la depre­catio temporum cui si conformò l'acrimonia meridionale dopo l'unità d'Italia non viene a Camilleri solo dalla inesausta lettura dei docu­menti d'archivio della Commissione antimafia del 187 5 ma anche dallo spirito che agita I vec­chi e i giovani, la cui enflure è posta (per fare solo un esempio) in epigrafe a La concessione del telefono: a indicare dove la polemica incro­cia l'indignazione, nel carrefour cioè delle di­sillusioni seguite allo sbarco in Sicilia dei Mil­le.
Ma a legare la vicenda camilleriana alla lezio­ne pirandelliana c'è soprattutto un crisma, sotteso a un viatico cristiano di comprensione e perdono, al quale presiede una morale filoso­fica pirandelliana, ed è un crisma rivelato nel­le parole che il Padre dice al Capocomico nei Sei personaggi in cerca d'autore, laddove os­serva che non si può rimanere «agganciati a un gesto poco onorevole, dopo una vita integerri­ma, a causa di un momentaneo sfaglio». È un crisma che sovrintende La forma dell'acqua, il primo romanzo montalbaniano, e per il com­missario avvezzo a perdonare le colpe suona come un precetto etico: troviamo questo prin­cipio di giustificazione reiterato dal vescovo a esimente del notabile Luparello, colpevole di una sola caduta. Nella sua nota a Pagine scelte Camilleri richiama appunto questo credo pi­randelliano per rintracciare in esso la natura fi­losofica dell'autore, quel profondismo psico­matico esperendo il quale Pirandello ha avuto più incomprensione che condivisione. Senonché mentre ha saputo non farsi conquistare dal suo cerebralismo, Camilleri ha però fatto proprio, spalmandolo sull'intera opera, il valore olistico e non riduzionistico della vita. Una vi­sione del mondo che si riflette nello sguardo di Pirandello. Al quale Camilleri paga dunque con questa antologia un'altra rata del suo debito.
Gianni Bonina
 
 

Corriere della sera, 6.2.2007
Il Nuovo giallo italiano? Battuto in fatto di stile dalla Questura di Bologna

Il Piccolo Fratello

Ogni giorno lavorativo mi arrivano sul tavolo quattro o cinque libri. Pochi sono quelli che leggerò. Alcuni li sfoglio subito se qualcosa mi attrae: il titolo, una copertina, il nome dell'autore, la quarta. Altri li metto da parte con il proposito di sfogliarli dopo (ma ce la farò mai?). Altri li elimino seduta stante, senza pensarci più. Devo sopravvivere, e se dovessi tenerli tutti, ne resterei sommerso per sempre. Tra i libri che elimino senza pensarci più ho il sospetto che ci siano moltissimi gialli, noir, thriller, spy stories, racconti di suspense. Per questo, sono grato a Filippo La Porta che ha scritto un saggio «Contro il Nuovo Giallo Italiano» (in "Sul banco dei cattivi", Donzelli). Se gli editori ammettessero che buona parte dei thriller che pubblicano è inutile e ridondante, sono sicuro che la mia scrivania sarebbe più sgombra al mattino. Il Piccolo Fratello che è in me, poi, mi tiene debitamente lontano da tutto ciò che dà l'idea di una dittatura culturale o almeno di una soggezione eccessiva e un pò furba all'aria del tempo. E l'aria del nostro tempo è indubbiamente (oltre che comica) giallo-nera. L' editoria corre tradizionalmente sul carro dei vincitori (si veda la corsa all'inchiesta camorristica e dintorni dopo il successo di Saviano) e i vincitori, da diversi anni, sono i romanzi di genere. Tra televisione, cinema e letteratura c'è un rimbalzo continuo che crea una ferrea solidarietà culturale giallo-nera: inutile dire che questa solidarietà è incarnata da un ottimo scrittore multimediale come Carlo Lucarelli, che spazia dai libri al video, dalla radio al grande schermo, diffondendo in ogni dove il Verbo del mistero. Il suo nome e quello di Andrea Camilleri sono al crocevia tra il giallo d'autore del dopoguerra (Gadda, Sciascia, Fruttero & Lucentini, Scerbanenco, Macchiavelli: gli ultimi due rilanciati dalla recente voga del genere) e il Nuovo Giallo Italiano. A cui è dedicato opportunamente un (quasi) intero numero di "Tirature 2007" (appena uscito dal Saggiatore) con interventi di studiosi quali Spinazzola, Turchetta, Cadioli, Pischedda. Con le dovute eccezioni, diffido dei magistrati, dei poliziotti, dei commissari, dei medici legali, dei criminologi che si mettono a scrivere romanzi, forti della loro esperienza sul campo: ho l'impressione che sia diventato un obsoleto sport nazionale che fa molto marketing. Ma soprattutto ho l'impressione che confondere realtà e fiction, presentando ogni sorta di delitto, squartamenti privati e stragi pubbliche come fossero eccitanti finzioni, non renda ragione della complessità e della profondità delle cose. Non ha torto La Porta quando fa notare che il Nuovo Giallo Italiano si consegna cinematograficamente a sua Maestà il plot, all'intreccio, all'azione trascurando il tratto più specifico della letteratura, e cioè lo scavo psicologico, il dato umano sviscerati attraverso uno stile originale. E mentre nel passato riuscivi a distinguere ad apertura di libro tra "Il giorno della civetta", il "Pasticciaccio" e "A che punto è la notte", oggi lo stile in letteratura conta pochissimo: trionfa una vaga mimesi dell'oralità quotidiana. Provare a leggere per credere. La collana einaudiana Stile libero è, come si sa, la capostipite di questa tendenza. Tant'è vero che dopo le fortune di raccolte come "Crimini" («le olimpiadi del noir») e di "The dark side" («racconti delle menti pericolose della narrativa americana e italiana»), ora propone "Omissis" a cura di Daniele Brolli. Sottotitolo: «Delitti, stragi, faccendieri e Servizi segreti. L'Italia degli intrighi in undici racconti». Ecco, tolto Oreste Del Buono (il cui racconto è stato «rubato» alla raccolta "Delitti per un anno" del ' 75 e non si capisce perché è stato inserito qui), provate appunto a individuare le personalità dei singoli autori... Vi sorprenderete riscontrando che le pagine più stilisticamente forti sono quelle che contengono certi Documenti dell'Ufficio Politico della Questura di Bologna.
Paolo Di Stefano
 
 

Panorama, 6.2.2007
Turisti per fiction

Sui luoghi d'arte come sul set
Dai 30 mila visitatori del castello di Agliè alla mousse del commissario Montalbano: le serie tv fanno bene al turismo. Ma rischiano di snaturare il valore reale dei luoghi. Lo spiega una ricerca sul "teleturismo"

Una pizza Carabinieri, accompagnata da un buon vino Elisa e, per dessert, la mousse Commissario Montalbano. E voilà, il viaggio è servito.
L'immagine che le fiction televisive danno dei luoghi in cui sono ambientate è così affascinante da creare vere mode turistiche e far rinascere l'economia locale.
Prima fra tutte quella di bar e ristoranti che, naturalmente, approfittano dell'assalto di spettatori/visitatori curiosi di vedere i luoghi in cui vivono, almeno nella fiction, i loro beniamini televisivi.
E le cose sono andate così bene intorno ai set degli sceneggiati "Carabinieri", "Elisa di Rivombrosa" e "Il commissario Montalbano" da giustificare ampi spazi nei menu e nell'onomastica di alberghi e bed&breakfast.
QUANDO LA FINZIONE È PIÙ VERA DELLA REALTÀ
L'analisi dettagliata di flussi turistici ed economici l'ha fatta il Centro Internazionale di studi sui rapporti tra audiovisivo e territorio che, a un anno dall'analoga ricerca sul cineturismo, presenterà alla Bit, (Fiera internazionale del turismo aperta a Milano dal 22 al 25 febbraio 2007) uno studio sul teleturismo.
Cioè sull'impatto della tv nell'immaginario del turista europeo.
Oltre ai tre illustri esempi italiani, sono state analizzate altre due fiction, l'inglese "Heartbeat" e la francese "Dolmen".
Tutte dimostrano come l'identità virtuale e l'identità storica di un luogo/set si fondano in un mix nuovo e a volte conflittuale. Il teleturismo, cioè la visita a luoghi utilizzati come location per le fiction tv, è la nuova tendenza di viaggio che sta sostituendo il valore reale dei luoghi.
[...]
LA TRIPLA IDENTITÀ DE IL COMMISSARIO MONTALBANO
Dopo aver escluso Porto Empedocle a causa della sua povertà scenografica, per raccontare la Vigata in cui Andrea Camilleri ha ambientato le vicende del commissario Montalbano, lo scenografo Luciano Ricceri e il regista Alberto Sironi hanno scelto una Sicilia archetipica, la provincia di Ragusa. Scicli, Ragusa Ibla (da qualche anno inserite nella lista del Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco) e Santa Croce Camerina.
Ma la non coincidenza tra denominazione fittizia e reale ha comportato alcuni problemi: i turisti cercano una Vigata che non esiste e ricostruire la mappa dello sceneggiato non è facile. La questione è complicata dal fatto che la Vigata della finzione letteraria è identificata, dallo stesso Camilleri, con Porto Empedocle e altri luoghi reali nell'agrigentino, nessuno dei quali, però è stato utilizzato per la fiction.
Pur difficili da scovare, i set ragusani hanno registrato un notevole e costante incremento turistico da quando la fiction è andata in onda, nel 2000 (il 15 per cento di presenze in più rispetto all'anno precedente).
Il luogo più visitato (30 mila turisti solo nel mese di agosto) è l'ufficio del Sindaco di Scicli, Bartolomeo Falla, occupato nel serial tv dal questore Bonetti Alderighi. E lo stesso sindaco ha approfittato della fama apportata dal virtuale concittadino: ha realizzato lo spot elettorale usando musiche e movenze del Commissario Montalbano. Mentre i ristopub della zona allietano i palati dei turisti con una deliziosa mousse alla ricotta chiamata "commissario Montalbano".
[...]
Giuseppe Savà
 
 

RomaOne.it, 7.2.2007
"Boccamurata" e gli elogi di Andrea Camilleri

"I miei personaggi mi dominano, decidono loro parecchie cose", racconta l'autrice, Simonetta Agnello Hornby, presentata ieri alla Feltrinelli da Andrea Camilleri

Se due scrittori italiani siciliani si incontrano per la presentazione di un libro, è inevitabile: a un certo punto inizieranno a scambiarsi qualche parola in dialetto siculo, e gli altri non capiranno niente (soprattutto per il loro atteggiamento drasticamente restio a spiegare in "italiano" alcunché). E se poi si tratta di due grandi raccontatori come Simonetta Agnello Hornby e quella leggenda di Andrea Camilleri, non c'è scelta: si resta, ad ascoltarli, cullati da quella lingua mezza incomprensibile eppure così suggestiva. "I miei personaggi mi dominano, decidono loro parecchie cose - spiega ieri all'incontro alla Feltrinelli di Galleria Colonna Simonetta Agnello Hornby - io volevo dargli un cognome, volevo dare un nome al loro paese, ma loro niente. Si sono rifiutati", dice con la sua bella "r" arrotata.
La signora siciliana, che vive a Londra come una qualsiasi Mrs Hornby, autrice dell'ultimo "Boccamurata", ha riscosso un grandissimo successo già con "La Mennulara" e "La zia Marchesa" (entrambi editi da Feltrinelli), vendendo i diritti cinematografici del primo libro allo stesso produttore di "Match Point" di Woody Allen. Per i fan, la speranza di vederne tratto un film potrebbe avvicinarsi.
Intanto, lei spiega nella nota finale che con quest'ultimo libro, "Boccamurata" (stessa casa editrice), ha voluto portare a conclusione una "Trilogia". Eppure, nota Camilleri, i personaggi sono diversi da un libro all'altro: in cosa consiste la "Trilogia"? Si tratta piuttosto di un "trittico", spiega lo scrittore, che si è divertito anche a dare i "sottotitoli" di qualche capitolo del libro. Ad esempio, mentre ne "La Mennulara" si tratta di un "ritratto di famiglia in un interno" (ci sono alte finestre, alti cortili), ne "La zia Marchesa" "siamo a metà fra interno/esterno e in quest'ultimo, il 90% delle cose accade in esterno". E' proprio il paesaggio, nota Camilleri, un comprimario essenziale della storia. "Certe cose non potevano che accadere in certi posti descritti dalla scrittrice, come TorreNuova, dove campeggiano scheletri di uccelli, o Macaluna, dove rumoreggiano nere bolle melmose".
Qui si parla di una famiglia sull'orlo di una crisi. Una crisi che però, in realtà, si intuisce solo in un secondo tempo. Il primo capitolo, infatti, narra il "compleanno di un pater familias soddisfatto": il vecchio Tito, che ad un primo sguardo sembra avere solo il suo pastificio e la sua famiglia come passioni, e di cui invece si scopre la predilezione ambigua per Vanna, la nuora, moglie del figlio, e gli incontri piccanti con la badante della zia. E poi le altre figlie, Teresa ed Elisa, che mal si sopportano, e una schiera di 5 nipotini, di cui il prediletto è Titino. Infine, una figura strepitosa, appartata, che è quella della "zitella" zia Rachele, appunto, che pur bella donna non si sposò mai.
"E' come una di quelle foto di famiglia color seppia di cui, piano piano, si scoprono crepe e imperfezioni - dice Camilleri - e Simonetta ha l'abilità di aggiungere tensione e suspence come, appunto, il lievito che in piccole dosi si aggiunge al pane e gli dà forma". E la forma di pane, metafora della famiglia senza cognome della Hornby, è pronta ad esplodere: lo dimostra il gelo che accoglie la domanda di Titino di ricostruire l'albero genealogico della famiglia per una ricerca di scuola. Sulla madre di Tito, infatti, grava un mistero: il padre, Gaspare, gli ha sempre raccontato che si trattava di una nobildonna già impegnata, la cui identità non gli era possibile rilevare. A far precipitare gli eventi, l'arrivo di un reporter in paese, figlio di una vecchia amica di Rachele, che porta con sé le tante lettere che le due, allora ragazze, si scambiarono. Da quel momento, inizierà per la zia un percorso di "risveglio" di tante memorie. E la verità che l'ha resa "boccamurata" per tanto tempo verrà a galla. In mezzo, anche gli incontri di Tito con la badante di Rachele, e la partner russa del reporter Dante Attanasio, Irina, sotto le cui grinfie cade il figlio di Tito, gli screzi fra le sorelle.
"Volevo scrivere la mia su quello che è la "sicilianità" - spiega la Hornby , che dice di preferire scrivere, sempre al pc, con la musica accesa (in particolare Mozart, Puskin, Tchaikovsky) - da 150 anni a questa parte sono cambiate tante cose, ma certe cose no, non cambiano: la famiglia siciliana rimane sempre la stessa, con i suoi sapori forti e acri".
Sara Regimenti
 
 

Blogosfere, 7.2.2007
Camilleri, Caravaggio e il Montalbano perduto

Prima notizia: il romanzo sarà interamente in italiano. Sì, però non proprio del tutto, diciamo nell'italiano del '600. Il titolo del nuovo romanzo di Andrea Camilleri? “Il colore del sole”. Il fine? Riempire alcuni buchi nella vita del pittore Michelangelo Merisi, detto Caravaggio.
Il libro prende corpo da un nucleo iniziale di una quindicina di cartelle che lo scrittore siciliano scrisse per una pubblicazione curata dal Kunst Museum di Duesseldorf in occasione di una grande mostra sul pittore italiano.
Interessante, non c'è che dire. "Il colore del sole è uno scritto di totale fantasia - ha detto Camilleri - che si inquadra in alcuni fatti e dati reali. Così come sono autentici i prodotti lasciati da Caravaggio in varie chiese al suo passaggio".
Si parte quindi da fatti storicamente riconosciuti, ma Camilleri, intorno a questi, tesse una trama che possa apportare plausibili spiegazioni per gli accadimenti e le motivazioni che spinsero il pittore a compiere alcuni gesti piuttosto che altri.
Il romanzo è diviso in due parti: nella prima lo scrittore figura in prima persona come giallista destinatario di sconosciuti manoscritti di Caravaggio; la seconda sono le tappe, fintamente autobiografiche, del percorso del pittore. La storia, ad esempio, non ci dice perché Caravaggio, rifugiatosi a Malta per sfuggire alle guardie papali, accusato di un omicidio commesso a Roma, ottenga il cavalierato che potrebbe metterlo al sicuro, ma inspiegabilmente viene incarcerato.
Ci sembra uno di quei libri da consigliare, anche gli appassionati di Montalbano, siamo sicuri, potranno apprezzarlo. Noi lo leggeremo a breve, avremo modo di ridiscuterne. Se intanto voi avete voglia di inviarci la vostra recensione, o di inserirla nei commenti, saremo ben lieti di darle risalto.
 
 

Il Messaggero, 7.2.2007
Parla il produttore di “L’ultimo dei corleonesi”, mercoledì 14 su Raiuno
«La Sicilia senza stereotipi»

Carlo Degli Esposti: la mafia, realtà che supera l’immaginazione

Roma. Carlo Degli Esposti è uno di quei produttori che non chiacchiera, ma fa. Lascia che siano registi e attori a parlare di "Montalbano". E di "Perlasca", "Tunnel", "Bartali". "Giovanni Falcone". Tutti figli della Palomar (nome della sua società), superstar delle passate stagioni, mosche bianche nell’attuale desolante panorama di fiction. Lavoro appena terminato, L’ultimo dei Corleonesi, film in 100 minuti, in onda mercoledì 14 su Raiuno. Dramma “epico”, scritto da Laura Toscano (con Francesco La Licata).
[...]
Perché la mafia?
«Tutto cominciò quando realizzai per Mixer, “Storie di piccola mafia”. E mi ammalai di Sicilia. Di quella cultura così complessa, di quella terra così vera e lontana, come bene racconta Camilleri. In "Montalbano", Cosa Nostra è un rumore di fondo, in "Giovanni Falcone" è l’invincibile antagonista. Nell’"Ultimo dei corleonesi" è il Nemico.
[...]
E Montalbano?
«Siamo pronti con altri 4 episodi perché finalmente Luca Zingaretti ha detto sì».
[...]
Micaela Urbano
 
 

Il Velino, 7.2.2007
Ascolti tv: “Ris3” vince, ma “Montalbano” resiste

(SPE) Roma - "Ris3 Delitti imperfetti" conquista il prime time; ma "Il Commissario Montalbano", nell’ennesima replica, non retrocede. La serie di Canale5 ieri ha registrato il 22,04 per cento di share e sei milioni 308 mila telespettatori nel primo episodio, "Disposti a morire"; e il 24,19 per cento di share e cinque milioni 612 mila telespettatori nel secondo episodio, "Assolvete mio figlio". Su RaiUno "Il commissario Montalbano" ha realizzato il 20,66 per cento di share e cinque milioni 513 mila telespettatori nella puntata intitolata "L’odore della notte". Un buon risultato se si pensa che, quello che è il nono episodio della prima fortunata serie tratta dai romanzi di Andrea Camilleri, è stato mandato l’ultima volta in replica meno di un anno fa: precisamente, in onda martedì 16 maggio 2006, la puntata realizzò il 26,69 per cento di share e sei milioni 379 mila telespettatori. Il suo pubblico? Montalbano conferma l’appeal soprattutto nella fascia d’età adulta (dai 45 anni in su) e tra persone di classe alta economica e bassa sociale.
[…]
onp
 
 

Quotidiano Nazionale, 7.2.2007
Scoperta a Mantova
Gli amanti di Valdaro
Insieme da 6000 anni

Durante alcuni scavi ritrovata una singolare doppia sepoltura: gli scheletri di un uomo e una donna sono abbracciati tra loro. E' l'unico esempio mai documentato in tutta l'Italia settentrionale

Mantova - Singolare scoperta archeologica a Valdaro, in una zona industriale ai confini tra il Comune di Mantova e quello di San Giorgio: durante gli scavi per l'urbanizzazione dell'area sono stati rinvenuti due scheletri abbracciati, probabilmente di un uomo e di una donna, giovanissimi, che gli esperti farebbero risalire a 6 mila anni fa, al periodo neolitico.
Il ritrovamento - che ricorda la trama del libro di Andrea Camilleri 'Il cane di terracotta' - fa pensare che l'uomo sia morto per primo e che la sua compagna sia stata sacrificata per consentire alla sua anima di stare con l'uomo a cui il suo corpo era appartenuto. Resta, tuttavia, la singolarità della doppia sepoltura. I due individui furono infatti sono posti uno di fronte all'altro, faccia faccia; le ossa delle braccia e delle gambe si sovrappongono in un abbraccio che ha già indotto gli archeologi del nucleo operativo della sovrintendenza archeologica lombarda a soprannominarli gli 'amanti di Valdaro'.
[...]
 
 

Avanti!, 8.2.2007
“La concessione del telefono” al Teatro Eliseo
Camilleri va in scena

All’Eliseo di Roma, per conto del Teatro Stabile di Catania, il sipario si apre in queste sere su “La concessione del telefono”, commedia tratta dal romanzo di Andrea Camilleri e da lui messa in scena assieme a Giuseppe Dipasqule. Dalle pagine del libro al palcoscenico, l’intrigo degli equivoci e degli imbrogli, prosegue a tutto ritmo delineando ancora una volta lo stile dello scrittore che pone in evidenza in qual modo la Sicilia, e qui in particolare Vigata, sia terra di malintesi e chi vi dimora abbia un proprio modo di ragionare e di vedere, magari col paraocchi, le cose che lo circondano. Lo spettacolo, godibile, divertente ma soprattutto intelligente, e senz’altro piacevole è affidato alla gustosa, estroversa regia dello stesso coautore Giuseppe Dipasquale.
La scenografia di Antonio Fiorentino brilla per originalità, nell’affastellarsi di fascicoli e immensi faldoni, monumento lugubre ad una burocrazia condannabile e pericolosa, che è poi la vera protagonista di questa storia. Una storia peraltro che pare divertente e allegra ma così, sotto sotto non è. Angela Gallaro ha curato i costumi, sviluppando il principio dell’abito “involucro”: tutti i vestiti infatti sembrano fatti di carta sulla quale sono stati scritti con l’inchiostro nero chilometri e chilometri di petizioni, relazioni, verbali, con la calligrafia dell’ astuccio col pennino. Cosicché un pantalone, una marsina, un grembiule, hanno un ruolo simbolico decisivo per l’intero contesto drammatico. Non meno essenziali per la riuscita dell’intero lavoro, le musiche a commento di Massimiliano Pace e le luci di Franco Buzzanca . Tutti gli interpreti de “La concessione del telefono” danno l’idea di divertirsi molto nel recitare quali dei personaggi del testo teatrale. E così vedendo Pippo Pattavina e Tuccio Musumeci dare il meglio della loro lunga esperienza sul palcoscenico, lo spettatore ancora una volta applaude alle loro multiformi interpretazioni, e Francesco Paolantoni, nonostante non riesca a resistere in alcuni momenti alla sua indole cabarettistica, è convincente nella parte dell’incompreso Pippo Genuardi. Nel ruolo di Gaetanina Schillirò, (Taninè, la consorte di Genuardi), brillante e carica dei maliziosi pudori delle siciliane di due secoli fa, c’è Alessandra Costanzo. Nel ben affiatato cast meritano pure consensi ed applausi: Gian Paolo Poddighe, Pietro Montandon, Angelo Tosto, Marcello Perracchio, Valeria Contadino, Franco Mirabella, Franz Cantalupo, Giampaolo Romania, Sergio Seminara e Daniela Ragonese. L’origine dell’ ingarbugliata storia ideata da Camilleri è a dir poco geniale: si tratta dello scambio tra due lettere dell’alfabeto, la M e la P. Il protagonista, Filippo Genuardi, per ottenere la concessione di una linea telefonica per uso privato, fa domanda formale al prefetto di Montelusa, denominandolo Vittorio Parascianno, sbagliando il cognome che invece è Marascianno. Da qui nasce una vicenda complessa, in cui equivoci e imbrogli non si contano più e che coinvolge: il Genuardi e la sua famiglia; i vari apparati dello Stato, ovvero Prefettura, Questura, Pubblica Sicurezza e Benemerita Arma dei Reali Carabinieri; don Calogero Longhitano, il mafioso del paese; la Chiesa e quei compaesani, siciliani qualsiasi, che involontariamente capitano sulla strada di Pippo Genuardi. Alla fine tutti gli equivoci sembrano chiarirsi: il Genuardi è stato assolto sia dall’accusa di essere socialista che dal tentato omicidio. Reali Carabinieri, questore, delegato, don Lollò sono i personaggi seri del romanzo; tutti gli altri personaggi, anche il Genuardi e lo stesso don Nené, uomo onesto ed equilibrato, sono descritti, almeno una volta in atteggiamenti comici. Va detto che il dramma è filtrato nei toni della vis comica della commedia. Don Nenè è visto attraverso gli occhi della moglie Lillina, che, non sapendo la causa del comportamento del marito, lo descrive come: “pazzo, i capiddi dritti, gli occhi sbaraccati”. Una definizione e uno sragionare che senz’altro ci riportano a Luigi Pirandello. Proprio a questo proposito Camilleri, tiene a specificare che “La concessione risale al 1892, cioè a una quindicina d’anni dopo i fatti narrati ne ‘Il birraio di Preston’. Anche qui - aggiunge - mi ostino a ‘pistiare’ e a ‘ripistiare’ sempre nello stesso mortaio i soliti prefetti, i soliti questori e quant’altri’. E ancora: “Ho messo così le mani avanti nella citazione d’apertura del mio libro. Ho scritto cioè che da ‘I vecchi e giovani’ di Pirandello mi pare aver detto proprio tutto. Nei limiti del possibile, essendo questa storia esattamente datata, ho fedelmente citato ministri, alti funzionai dello Stato e rivoluzionari col loro vero nome (e anche gli avvenimenti di cui furono protagonisti sono autentici). Gli altri nomi e gli altri fatti sono invece inventati di sana pianta”.
Renato Ribaud
 
 

La Sicilia, 8.2.2007
Scaffale
Uno sguardo ironico sulla Sicilia

"Sicilia, cronache del declino" di Agostino Spataro Edizioni Associate, pag. 270 € 9

Questo libro, distribuito nelle edicole, raccoglie gli articoli del giornalista Agostino Spataro pubblicati su "La Repubblica", dal 2000 al 2006. Gli articoli sono raccolti in tre distinti capitoli: La Sicilia nel terzo millennio; L'economia, il lavoro, la società; Sicilia e siciliani.
[...]
Tanti e gustosi i pezzi di Spataro, in particolare quelli che riguardano aspetti inediti della vita di Camilleri (l'infanzia, il sesso, il santo nero).
[...]
Roberto Mistretta
 
 

L'Arena, 9.2.2007
Nella docufiction Rai «Scacco al re»
Camilleri dà la voce al boss Provenzano

Giovedì 15 febbraio Raitre dedicherà la prima serata alla cattura di Provenzano, con una docufiction prodotta dalla Rai, dal titolo «Scacco al re», che, in 100 minuti, racconta gli ultimi 40 giorni di latitanza del boss: un autentico poliziesco che si avvale delle testimonianze di poliziotti e magistrati che hanno partecipato alla cattura e di inediti materiali d’indagine, come intercettazioni telefoniche e documenti filmati del momento della cattura.
Sarà Andrea Camilleri a dare voce a Bernardo Provenzano. Lo stesso giovedì 15 febbraio, alle 12.40 circa, gli autori di «Iddu», Silvana Mazzocchi ed Enrico Bellavia, saranno ospiti di Corrado Augias a «Le storie» su Rai Tre. Si parlerà ancora di Bernardo Provenzano e della sua cattura nella fiction Rai «L’ultimo dei Corleonesi», che verrà trasmessa mercoledì 14 su Raiuno alle 21.10.
[...]
DAC
 
 

Sat 2000, 9.2.2007
Novecento controluce

Andrea Camilleri racconta il suo “Novecento”
 
 

Yahoo! Notizie, 9.2.2007
Andrea Camilleri ospite di "Novecento Controluce"

È Andrea Camilleri l’ospite di Paola Saluzzi nella puntata di “Novecento controluce”, in onda su Sat2000 (canale 818 di Sky) venerdì 9 febbraio 2007 alle ore 20.00 e in replica la domenica alle 13.00.
In una conversazione tutta giocata sul filo della memoria, il grande scrittore ripercorre i suoi esordi, ricordando come verso i vent’anni alcune sue poesie furono inserite in un’antologia curata da Ungaretti e come i suoi primi racconti furono pubblicati su riviste e quotidiani come “L’Italia socialista” e “L’ora” di Palermo, prima di debuttare come romanziere nel 1978 con “Il corso delle cose”, rifiutato da dieci case editrici e pubblicato poi da un editore che stampava libri a pagamento e solo per lui fece un’eccezione. Camilleri rivela inoltre di dovere molto a Leonardo Sciascia, che gli ha fatto conoscere l’editore siciliano Elvira Sellerio, e racconta come è nato il personaggio di Montalbano, in parte ispirato a suo padre, che gli ha dato il grande successo all’età di 69 anni.
Ma il programma è anche occasione per parlare del Camilleri privato, quello che da ragazzino andava a scuola con un autobus scassato e senza sedili e che nel 1943 ha ottenuto la maturità classica senza fare esami perché al preside bastava lo scrutinio, visto che stava per avvenire lo sbarco in Sicilia delle forze alleate. E, naturalmente, non può mancare un accenno alla sua famiglia: ai genitori, che si sono sposati senza amore con un matrimonio combinato ma con il tempo hanno instaurato un rapporto solido; alla moglie, che gli è accanto da tanti anni; alle sue tre figlie e ai quattro nipoti, ai quali è legatissimo.
Nexta Media
 
 

Avui, 9.2.2007
El filòleg i escriptor Pau Vidal publica 'Aigua bruta', la seva primera novella
Detectiu d'aigües

Que una novella negra guanyi el premi de literatura científica que convoca anualment la Fundació Catalana per a la Recerca i la Innovació no és habitual. Aquesta és una de les moltes sorpreses que depara la primera novel·la de Pau Vidal, "Aigua bruta" (Empúries), un relat en què un filòleg tan outsider com el seu autor es converteix en detectiu per casualitat i exposa la brutícia que circula per les canonades de les aigües potables de Catalunya.
"Sóc un enamorat de la novel·la negra", confessa Pau Vidal, filòleg, escriptor i enigmista, per afegir que "he volgut fer un Montalbano en català". No en va és el traductor al català de les novelles d'Andrea Camilleri, que va batejar el seu protagonista com a Montalbano. Aquesta és una influència d'anada i tornada, perquè el protagonista de la novel·la, "segons sembla", és diu Camil. És un personatge "en plena crisi professional i sentimental", però amb prou força per ser capaç de dedicarse a posar al dia el "Diccionari etimològic" de Joan Coromines. En la recerca de l'argot dels darrers temps recorre pobles de muntanya amb moto i quan l'atzar l'introdueix en una sèrie de fets tan violents com inexplicables al voltant del servei de l'aigua pública a Catalunya, s'entossudeix a cercarne l'explicació. I la troba.
La novella també mostra la profunda crisi que viu el català, "que té els dies comptats", tant per la contaminació del castellà i l'anglès com per la dificultat de posarlo al dia, "i aquesta és la manera més ràpida de desaparèixer".
Jordi Capdevila
 
 

l’Unità, 10.2.2007
Il Pirandello a pezzetti di Camilleri

Già la copertina pone un problema, invitandoci a considerare che cosa l’editore, cioè il committente, abbia voluto fare: un’antologia di Pirandello o invece altro? Però la copertina di questo libro è inequivocabile. Recita: “Andrea Camilleri – Pagine scelte di Luigi Pirandello” (Rizzoli, pag. 556, euro 12). Dunque l’autore è Andrea Camilleri e Pirandello è solo il materiale d’uso per il suo lavoro. Niente antologia, quindi, niente fior da fiore. La conferma viene poi dalla lettura dell’ampia avvertenza introduttiva, intitolata “Il mio Pirandello”, in cui il gioco delle parti vede Camilleri al centro del discorso, autobiograficamente, se verte sui suoi rapporti con i testi pirandelliani. Non è una differenza di poco conto. Si dà pure il caso che la scelta dei materiali raccolti, nell’impietosa costrizione delle cinquecento pagine, corrisponda in buona parte con la medesima che in una situazione analoga avrei fatto io. D’altra parte che questa sia la questione se ne rende conto lo stesso Camilleri, che attacca la sua prefazione proprio sul significato del termine «antologia», invocando in incipit l’autorità del Devoto-Oli. Non solo, ma alla fine colloca una bibliografia con solo i suoi titoli de Pirandello.
Di tutti i vari generi dell’opera pirandelliana qui troviamo testimonianza, in modo che si riconosca la loro complementarità, la loro reciproca integrazione, tranne la totale esclusione delle poesie, che non resistono davvero più alla prova. E giusto mi sembra aprire con i saggi, con le pagine teoriche e critiche, che in pieno ci piombano nel clima culturale d’inizio secolo XX, ove il dibattito dominante pare essere quello metafisicamente affrontato dell’estetica, della definizione dell’arte e della sua essenza, Croce e il crocianesimo, in cui l’arte è il valore discriminante e, spesso, giustificativo. Bene, Pirandello affronta, anche con piglio polemico, temi non crociani o scarsamente crociani (di «generi»), come “L’umorismo”, testo fondamentale perché si erige a fondamento della sua poetica, del lavoro futuro. È la sua proposta, che «l’umorismo consiste nel sentimento del contrario, provocato dalla speciale attività della riflessione che non si cela, che non diventa, come ordinariamente nell’arte, una forma del sentimento, ma il suo contrario, pur seguendo passo passo il sentimento come l’ombra segue il corpo». Straordinaria intuizione, ma letta oggi la sezione saggistica fa un poco l’effetto di un movimento d’altalena, dove in polemica con Croce si parla crocianamente di valori estetici quali unico metro di giudizio dell’ opera d’arte. Superato lo scoglio, quel che ci interessa, è che da lì si procede verso l’Enrico IV, con una certa linearità.
A questo punto mi costringo a una confessione: anch’io sono andato su e giù in altalena con Pirandello, dai miei amori giovanili incondizionati nei suoi confronti alle mie attuali perplessità, che mi hanno portato a una scrematura nella misura, e nei titoli, che sono più o meno quelli di Camilleri. Non nascondo, per esempio, un qualche fastidio, per quel suo relativismo per signore, per il «così è se vi pare», che diventa, ed è stata, una pericolosa apertura giustificativa verso esiti di incontrollabile terribilità (d’accordo, salutari i dubbi per le verità rivelate o innate, la messa in crisi del «vero», ma una comunità ha pur bisogno di un sistema di vita culturalmente condiviso: la prassi). Allora mi rifugio nel sovversivo rivoluzionatore, o rinnovatore, della moderna drammaturgia, mi rifugio nel suo metateatro, o teatro totale, tra i “Sei personaggi in cerca d’autore” e i “Giganti della montagna”, abbattute le barriere che da sempre han diviso palcoscenico da platea. Sono i testi che tengono banco nella scelta di Camilleri con qualche ragione. Con una sola concessione dialettale, “Liolà”, a mio modo di vedere quale dimostrazione che il dialetto non è più innovativo né decisivo.
Il dialetto apre un’altra pagina, quella della lingua, anticipata o introdotta da due articoli d’un giovanissimo Pirandello, anno 1890, “Prosa moderna” e “Per la solita quistione della lingua”, nei quali viene riproposto, e nei termini inevitabili per una storia culturale come l’italiana, un problema perenne e che nella nostra giovinezza era ancora vivacemente dibattuto. Si tratta di cavar fuori i motivi della fortuna o sfortuna della narrativa (o del teatro) italiana, se è vero che «la lingua nostra, in realtà non esiste che nell’opera scritta soltanto, nel campo cioè della letteratura», insomma «si parla o si vuol parlare nelle scuole, e si trova nei libri», non nelle strade (penso al «preferire le idee alle parole» di Alessandro Verri o alla lingua «del Vezee» di Porta, per retrodatare il problema). Per dirla in modo un po’ brutale, chi scrive in italiano ha come strumento una lingua morta. La «quistione» potrebbe esaurirsi in un battibecco filologico (il Nostro, è noto, si addottorò a Bonn in filologia romanza), se non fosse che Pirandello dovette farci i conti con lo specifico nelle migliaia di pagine della sua produzione, romanzi novelle teatro. E la lingua che ne cavò fuori, il suo stile, non fu certo quello di Verga e di Manzoni, due esempi ai quali fa ricorso in più occasioni, ma una lingua in buona dose letteraria, cioè «artificiale», imbustata in una rigidità ragionieresca. Eppure ciò che meglio resisterà all’usura è affidato proprio alla prosa, ai romanzi e alle novelle, a quella scrittura un po’ burocratica così lontana, mi pare, dalla koiné disinvolta di Camilleri, lui sì più attento a Verga che a Pirandello.
Il qual Pirandello si raccomanda presso il suo pubblico per l’esercizio che gli è così ben riuscito di trasgressività. Quella filosofica, la più fragile ancorché la più redditizia (non solo per i diritti d’autore, ma nel senso che produce l’aggettivo «pirandelliano» e aggettivare il cognome è il massimo della fama) e soprattutto quella formale e strutturale, il suo «scandalo» che tanto colpì la piccola borghesia di tutto il mondo. Il teatro e in misura minore i romanzi. Le date: “L’esclusa” lo scrive nel 1893, “Il turno” nel ’95, “Il fu Mattia Pascal” nel 1904, che sono gli anni del “Trionfo della morte”, delle “Vergini delle rocce”, del “Fuoco” o, se si preferisce, del “Demetrio Pianelli” o del “Cappello del prete”, del principe d’Annunzio o del borghese De Marchi (lascio da parte gli ignoti Dossi e Svevo). Un antagonista, allora, di d’Annunzio e De Marchi? Poi mi addentro tra i meandri della trasgressività strutturale e linguistica e ho la sensazione che si esaurisca interamente nella «letteratura», confermata nella sempre ribadita distinzione di arte e vita, di arte e non arte, incompatibili tra loro, quindi di arte e politica. Croce, da lui spesso buttato fuori dalla porta rientra fieramente dalla finestra. Il quale Croce, per vendicarsi dello sgarbo, metterà Pirandello tra i fenomeni «culturali» e non tra gli «artistici». Almeno, così è se mi pare.
Folco Portinari
 
 

Avui, 10.2.2007
Diàleg. Potser ja ès moment d’anar més enllà de l’ecologisme
Els nostàlgics

Quan el baterol se m'encanetra, sempre tinc la sortida en una novella de lladres i serenos, i més ara que tenim el Camilleri contant-nos-en de sicilianes amb tanta gràcia. Però. Però, tot i la seva ironia, tant d'una illa que les han vistes totes, misser Andrea és un nostàlgic comunista, tant i tant com ho fou el Vázquez Montalbán, l'amic que li va donar el nom del comissari Montalbano.
[…]
Josep M. Ballarín Capellà
 
 

Domenica In, 11.2.2007
L’arena di Massimo Giletti
Intervento di Andrea Camilleri sui fatti di Catania del 2.2.2007

"Le scritte che sono comparse sui muri un po’ di tutta Italia non mi hanno ferito, hanno fatto qualche cosa di più, mi hanno offeso come italiano, politicamente offeso. Mi sono rallegrato veramente, per la prima volta, di non appartenere a certe frange italiane, non all’Italia, a cui mi onoro di appartenere. E bisogna che in qualche modo sia – lo dico veramente – ghettizzata questa gente, siano messi nella condizione di non poter nuocere, né con le scritte, né con le armi, né direi quasi con gli argomenti brutali di espressione."
 
 

Nove da Firenze, 11.2.2007
Politeama Poggibonsi: prima regionale per "La Concessione del telefono" di Camilleri

Direttamente dall’Eliseo di Roma dove ha debuttato, il Teatro Stabile di Catania presenta la seconda tappa della tournée de “La concessione del telefono”. Lo spettacolo tratto dal romanzo omonimo di Andrea Camilleri che firma la riduzione teatrale insieme al regista Giuseppe Dipasquale, in scena martedì 13 febbraio 2007 alle ore 21,00 (Turno “A” abbonamenti) e mercoledì 14 febbraio 2007 (stessa ora) per il turno “B” abbonamenti. Ad interpretarlo un trittico di autentici beniamini del pubblico, come Francesco Paolantoni, Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina. Regia Giuseppe Dipasquale. L’allestimento della pièce è affidato ad un team di qualità: Antonio Fiorentino per le scene, Angela Gallaro per i costumi, Massimilano Pace per le musiche, Franco Buzzanca per le luci. Sul palcoscenico anche Marcello Perracchio, Gian Paolo Poddighe, Pietro Montandon, Angelo Tosto, e ancora Franz Cantalupo, Valeria Contadino, Franco Mirabella, Raniela Ragonese, Gianpaolo Romania e Sergio Seminara.
“La concessione del telefono” è, fra i romanzi di Camilleri, uno dei più divertenti: una sorta di commedia degli equivoci e degli imbrogli, che trova la sua ambientazione ideale in Sicilia, terra di contraddizioni. La Vigàta dello scrittore agrigentino, in questo affresco storico di fine Ottocento come nelle odierne indagini del commissario Montalbano, diventa ogni volta metafora di un modo di essere e ragionare le cose di Sicilia. Il qui pro quo che - ridicolmente - fa da motore alla vicenda è lo scambio tra due lettere dell'alfabeto. Pippo Genuardi, per ottenere la concessione di una linea telefonica, ne fa domanda al prefetto, denominandolo Parascianno anziché Marascianno, come questi si chiama. Il nodo s’avviluppa coinvolgendo non solo il protagonista e la sua famiglia, ma anche la Chiesa, il mafioso del paese e soprattutto i vari apparati dello Stato, ovvero Prefettura, Questura, Pubblica Sicurezza e Carabinieri. E pensare che il telefono serve al focoso Pippo per meglio gestire la passione per la giovane suocera.
«Lo Stabile etneo - sottolinea il presidente Pippo Baudo - si è distinto negli ultimi anni nel panorama teatrale nazionale per il notevole incremento produttivo. Con questa novità assoluta realizza un’altra operazione artistica e culturale di qualità, in linea con le finalità istituzionali dell’ente, da sempre attento alla valorizzazione del patrimonio letterario, non solo teatrale, che la Sicilia può vantare».
 
 

L’Émancipation syndicale et pédagogique, 12.2.2007
Humeurs noires
Réveillez-vous! Le dernier Montalbano est sorti!

 "La patience de l’araignée", Andrea Camilleri, Fleuve Noir, 210 pages, 20€
"Le coup du cavalier", Andrea Camilleri, Métailié, Suite italienne, n°118, Noir, 217 pages, 9€

-Dottori, qu’est-ce que je fis, je vous réveillai?
–Cataré, six heures du matin, il est. Pile.
–En virité, ma montre marque six heures trois minutes.
–Ça veut dire qu’elle avance un peu.
–Vous êtes sûr, dottori?
–Tout à fait sûr.
–Alors, je l’aretarde de trois minutes. Merci, dottori.
–De rien.
Catarella raccrocha, Montalbano aussi et il commença à retourner vers la chambre. À mi-chemin, il s’arrêta en jurant. Mais putain, c’était quoi ce coup de téléphone? Catarella l’appelait à six heures du matin pour voir si sa montre était à l’heure?

Tout est là ou presque. Cet humour décalé du quotidien et cette langue aux tournures syntaxiques écorchées, au passé pas si simple et aux sonorités orchestrées par Serge Quadruppani, le traducteur qui fait mentir, on peut le croire, l’adage "traduttore tradittore". Il faut lire l’avertissement qui précède tous les romans de Camilleri de peur d’imaginer je ne sais quelles fautes grammaticales ou typographiques et de passer à côté de tout un univers.
Camilleri, je suis passé à travers pendant longtemps. Ses romans encombraient ma table de nuit au grand dam de ma chérie qui n’avait de cesse de me pousser soit: 1. à les ranger, 2. à les lire. J’ai fini par opter pour la seconde solution de cette alternative au couperet définitif. Et je m’aréveillai d’un coup.
"La patience de l’araignée" est le dernier Camilleri sorti au Fleuve Noir de cet écrivain sicilien de 82 ans. On retrouve le commissaire Montalbano se remettant difficilement d’une blessure par balle aspirant au repos. Mais une affaire (l’enlèvement d’une jeune fille) va le remettre en selle plus tôt que prévu.
À ce moment, le téléphone sonna nouvellement, le commissaire fut prompt à soulever le combiné.
–Dottori, je vous demande de me pirdonner, mais la quistion de l’heure m’a fait oublier de vos dire la raison du coup de tiliphone pour lequel je passai le susdit appel.
–Donne-la-moi.
–Il paraît qu’on a séquestré la motocyclette d’une petite.
–Volé ou séquestré?
–Séquestré, dottori.
Montalbano enrageait. Mais il lui fallait étouffer les hurlements qu’il avait envie de pousser.
–Et toi tu me réveilles à six heures du matin pour me dire que les douanes ou les carabiniers ont séquestré une motocyclette. A mia, à moi, tu viens le raconter? Mais moi, je m’en contrefous, si tu permets! (…) Et surtout, je n’ai pas repris le service, je suis encore en convalescence! (…) Mais au commissariat, il reste qui?
–Provisoirement, c’est moi qui m’en occupe (…).
Sainte Mère! Un risque, un danger à supprimer au plus tôt, Catarella était capable de déclencher un conflit nucléaire en partant d’un vol à la tire.

Et Montalbano de partir à la recherche non pas de la motocyclette mais de sa propriétaire, Susanna Mistretta, une jeune étudiante disparue. Les ravisseurs se manifestent, le père se ronge les sangs, la mère se meurt littéralement, l’oncle se cache derrière son passé. Tout le monde se cherche et Montalbano se tâte: vaut-il mieux agir ou patienter? C’est la contemplation d’une toile d’araignée qui lui fournira de quoi alimenter sa coucourde et résoudre l’énigme. Et puis, le dottori est patient: Si je veux des informations, j’allume la télé.
Camilleri est aussi un auteur du catalogue Métailié. "Le coup du cavalier" est un roman truculent dans la Sicile de la fin du XIXème siècle mais qui résonne comme une société contemporaine: pouvoir et corruption, luxure et spiritualité, jalousie et amour, silence et dénonciation, raison et pognon, humour et mort, les couples se déchirent et s’affrontent. Et l’on croise des portraits grotesques de personnages attachants comme celui de Barba Pitrinu, l’oncle du héros, l’inspecteur des impôts Giovanni Bovara juste arrivé à Vigàta, qui pense gênois et comprend mal le sicilien, Pitrinu donc, qui tandis qu’on jouait à l’église, pour Noël, La Nativité de Notre Seigneur, avait sauté au milieu des acteurs, serré la main de l’actrice qui faisait Marie en la félicitant et lui avait demandé si le nouveau-né était un garçon ou une fille… Ou ce prêtre libidineux qui joue avec Trisìna au jeu de la banane:
–Toi, tu restes assise les yeux fermés. Tu dois donner un coup de dent à la banane et tantôt un beau baiser (…)
À l’idée des dents qu’elle avait, Trisìna, le père Carnazza eut une sueur froide : si elle se trompait, celle-là, ça irait très mal.

Et ainsi de suite…
L’inspecteur des impôts va devoir jouer serré, très serré pour arrêter tous ceux qui complotent pour s’enrichir sans payer leur écot à l’État. Méfiant, ses deux prédécesseurs, Bendicò et Tuttobene, sont morts, Giovanni Bovara va mettre en échec d’un coup du cavalier la machination ourdie (une machination est toujours ourdie) contre lui. Et c’est la langue sicilienne qui va lui permettre de ne pas se faire empapaouter. "Fffff…aaaaa…nnnn…cu…lo…(…) Comment était-il possible qu’un prêtre, si canaille qu’il fût, à l’article de la mort, l’envoie se faire enculer ?Non, ce n’était pas possible, qui sait ce qu’il avait voulu dire, il avait mal compris."
Il avait mal compris. L’intrigue est ici le langage. Et le lecteur, amusé, referme le livre avec ce pincement réservé aux grande incertitudes: et si ce n’était pas si drôle que cela?
C’est ainsi que Camilleri est grand.
François Braud
 
 

AISE, 12.2.2007
Cultura
Alla "CICA" di Toronto nuovo appuntamento con la serie TV del Commissario Montalbano

Toronto - Proseguono a Toronto le proiezioni della serie dedicata al Commissario Montalbano, la creatura di Andrea Camilleri che tanto successo riscuote sia nei libri che negli episodi tv che ne vengono tratti.
Ad organizzare e promuovere le proiezioni per i connazionali in Canada è Panorama Italian Canadian che ricorda oggi come il prossimo appuntamento con il Commissario di Vigata, protagonista de "La forma dell’acqua" è in programma il 21 febbraio alle 19.30 nella sede della Canadian Italian Cultural Association.
 
 

TG1, 13.2.2007
Amore mio

Alla vigilia di San Valentino, Andrea Camilleri legge una poesia d'amore scritta per l'occasione.


 
 

13.2.2007
Come si scrive un giallo
La minimum fax ripubblicherà il libro di Patricia Highsmith con una prefazione di Andrea Camilleri.
 
 

Il Mattino, 13.2.2007
Alfredo Guida 90 anni fa apriva la prima libreria: oggi gli eredi vendono, pubblicano e spaziano su Internet

[...]
La Guida Editore pubblica circa sessanta titoli nuovi all'anno e le sue collane sono numerose e assai varie. Oltre alle più classiche, dedicate alla filosofia o al teatro ad esempio, molto curiose sono quella dei Falsi d'autore che tra un po' vedrà sul bancone della libreria una novella del Boccaccio scritta da Andrea Camilleri, [...].
[...]
Benedetta Palmieri
 
 

La Sicilia, 13.2.2007
Fiction
Il giovane Badalamenti è interpretato da Enzo Ina

[...]
Enzo Ina, l'attore di Donnalucata, dice "Mi ha fatto piacere tornare a girare nella mia provincia, dopo l'esordio nel celebre commissario Montalbano". A proposito: il set sulle indagini del poliziotto letterario più famoso d'Italia dovrebbe riaprire a breve scadenza, sempre nel Ragusano, eletto a scenografia naturale di Vigata e dintorni, i luoghi ideati da Andrea Camilleri per ambientare le vicende del suo personaggio, conosciuto in tutta Europa. Saranno girati altri due episodi, protagonista sempre Luca Zingaretti.
[...]
Antonio Casa
 
 

Il Messaggero (ed. di Ostia), 14.2.2007
Dai classici a Camilleri nell'ex colonia

Due spettacoli teatrali e poi l’incontro con il “papà” del commissario Montalbano

Il complesso dell’ex colonia Vittorio Emanuele - con il teatro del Lido, la biblioteca Elsa Morante e la libreria Almayer - si conferma una dei più vivaci poli culturali del litorale. Particolarmente interessante il programma di incontri e iniziative per questo fine settimana.
[…]
Domenica, alle diciotto, invece, un “incontro con l’autore” da non perdere: l’ospite è Andrea Camilleri incontra il pubblico. L’inizitiva è curata da Giovanni Greco e con Alessandra Mortelliti, lo scrittore nato a Porto Empedocle nel 1925, regista e padre letterario del commissario Montalbano, parlerà dei suoi romanzi ambientati in atmosfere siciliane. L’ingresso è libero, fino all’esaurimento dei posti.
[…]
Marcella Smocovich
 
 

TG3 Primo Piano, 15.2.2007
Dietro i boss, la mafia quotidiana

La mafia quotidiana, quella pesante che invade la vita di uomini e donne, che condiziona presente e futuro. La mafia che sta dietro i boss, sopravvive alla loro cattura e trova complicita' e alleanze interessate negli insospettabili e nella poltica.
Se ne parla questa sera a Primo Piano, l'approfondimento quotidiano del Tg3 a cura di Onofrio Dispenza. Ospiti: Michele Prestipino uno dei Pm che hanno incastrato Bernardo Provenzano e Francesco La Licata inviato de La Stampa. Nella puntata anche una intervista allo scrittore siciliano Andrea Camilleri.
Conduce Giuliano Giubilei

Nel corso dell'intervista, Andrea Camilleri ha parlato del progetto di un libro ricavato dai "pizzini" scritti da Bernardo Provenzano.
 
 

La Repubblica, 15.2.2007
Raitre. L’arresto di Provengano, doppiato da Camilleri: immagini vere e ricostruite
Mafia, lo "Scacco al re" diventa una reality-fiction

Roma - Si vedono messaggi e pacchi uscire da casa Proven­zano, attraversare Corleone passando da più mani, fino al covo di Montagna dei Cavalli. Nelle intercettazioni una don­na preoccupata chiede al ma­rito di non fare più il postino della mafia: «Un giorno potre­sti ritrovarti da solo». Ma l'uomo non l'ascolta e, seguendo­lo, la polizia arriva al covo di Provenzano. Sono i mafiosi gli attori pro­tagonisti di “Scacco al re”, il film documento, in onda stasera su RaiTre, che racconta la cattura di "Binnu": cen­to minuti per ricostruire gli ultimi 39 gior­ni della caccia al latitante più famoso d'Italia, una partita durata 43 anni. Arrestato 1'11 aprile 2006 in un casolare di campa­gna a Corleone, da trenta poli­ziotti della Mobile di Palermo e dello Sco, era ricercato dal '63.
Nell'emozionante docu­mento (RaiFiction e Magno­lia) realizzato con i video ine­diti girati dalla polizia (ideato da Claudio Canepari e Pier­giorgio Di Cara, che firma an­che la sceneggiatura con Clelio Benevento, Salvo Palazzolo, la regia è di Canepari, Mariano Cirino e Paolo Santolini), la vo­ce di Provenzano è di Andrea Camilleri; mentre Di Cara, uno degli sceneggiatori nonché commissario di polizia a Paler­mo e scrittore, tiene il filo degli eventi. «Volevamo raccontare, attraverso un punto di vista inedito, cos' è stato il potere di un uomo rimasto latitante 43 anni» spiegano gli autori «So­no gli stessi mafiosi a dircelo». Il figlio di Totò Riina davanti al­la lapide che ricorda la strage di Capaci sussurra a un amico: «Ancora ci appizzanu le corone di fiori a stu coso? Io non so come sarebbe andata a finire se a mio padre lo Stato un ci avissi fatto ca­lare le corna».
Parlano i magistrati di Palermo Mi­chele Prestipi­no, Marzia Sa­bella, Giusep­pe Pignatone e il procuratore nazionale anti­mafia Piero Grasso: «Per troppo tempo le indagini sono state una par­tita col trucco». Il superlatitan­te veniva informato di ogni movimento: uno dei capitoli più delicati, quello delle talpe. La fine è nota, ma il lavoro svol­to dagli investigatori (al centro­ dell'Ultimo padrino di Marco Risi con Michele Placido nei panni di Provenzano, in onda a marzo su Canale 5), no. Ora speranze, paure, delusioni, la gioia, hanno il volto di persone sconosciute che hanno rinun­ciato a sonno, ferie, amicizie, famiglia, per dare scacco al re.
Silvia Fumarola
 
 

Il Giornale, 15.2.2007
Provenzano, Raitre risponde subito a Raiuno

Roma. Botta e risposta. Sembra quasi intenzionale (e in qualche modo lo è) la messa in onda stasera su Raitre di "Scacco al re": appena il giorno dopo che su Raiuno era apparso "L'ultimo dei Corleonesi". Entrambi i prodotti pur diversi (fiction il primo, docu-fiction - cioè misto di ricostruzione e filmati autentici - il secondo) trattano lo stesso argomento: la caccia e la cattura del superlatitante Bernardo Provenzano. Ma che differenza. L’eccellente ricostruzione di Raitre, firmata Canepari, Cirino e Di Cara, grazie a un mix tra documenti autentici e simulati, tanto sapiente da non farli distinguere, è tutto incentrato sugli «invisibili», i servitori dello Stato che portarono alla cattura di Provenzano, e la cui assenza, nell’altrimenti mediocre "L’ultimo dei Corleonesi", aveva invece lamentato Piero Grasso, procuratore capo dell’Antimafia.
Ma non basta: la docu-fiction di Raitre, ricorrendo a una impressionante mole di interessantissimo materiale inedito - filmati delle telecamere nascoste puntate sulle case dei mafiosi, intercettazioni delle loro conversazioni telefoniche, i famosi «pizzini» del latitante letti da Andrea Camilleri, testimonianze di poliziotti e magistrati - è in ampia misura dotato di quell’appeal e di quell’intensità narrativa di cui era invece sprovvista la fiction di Raiuno. «È chiaro che la messa in onda di "Scacco al re" in questi giorni risponde a una strategia - riconosce il direttore di rete Ruffini -. L’attenzione sul caso già accesa dalla fiction di Raiuno ci preparava infatti il terreno. Ma noi non cerchiamo alcun confronto: si tratta di due generi troppo diversi».
Molto impegnativa sul piano del montaggio, "Scacco al re" risulta intrigante soprattutto nell’uso delle intercettazioni, audio e video. Ecco allora la voce del figlio di Totò Riina, che davanti alla lapide dedicata a Falcone e Borsellino commenta sprezzante: «Ancora ci appizzano le corone di fiori, a ’stu cosu?». Ecco il mafioso Giuseppe Lobue invitare la moglie ad ammirarlo per quello che fa: «Sii orgogliosa di tuo marito, se non fa cattiva figura con le persone». Ecco le inedite immagini del superlatitante appena catturato in una masseria corleonese, con, sul comodino, il ritratto di Padre Pio e - particolare addirittura grottesco - una videocassetta del film Il Padrino.
Paolo Scotti
 
 

Salerno notizie, 15.2.2007
Televisione: Rai Trade e Fabbri Editori presentano i capolavori teatrali di Pirandello in 20 Dvd

Rai Trade e Fabbri Editori presentano l’arte di Luigi Pirandello, proponendo un’iniziativa editoriale senza precedenti: per la prima volta in Dvd una raccolta delle eccezionali rappresentazioni teatrali del grande drammaturgo siciliano trasmesse in Rai tra gli anni ’60 e ’90, dirette da registi di assoluto valore e interpretate dai maggiori attori italiani. Ogni Dvd presenta contenuti extra di particolare interesse, come le presentazioni delle opere, le interviste inedite a cura del critico Maurizio Giammusso e introvabili filmati di repertorio. La prima uscita, il 17 febbraio, è "Così è (se vi pare)".
[...]
Rai Trade e Fabbri Editori, celebrando Pirandello a 70 anni dalla sua morte (avvenuta il 10 dicembre 1936), fanno dunque rivivere un’epoca memorabile del teatro italiano, vanto di una felice stagione della nostra televisione. Questo grazie alla prestigiosa presenza, nelle opere selezionate, di attori del calibro di: Romolo Valli, Rossella Falk, Paolo Stoppa, Rina Morelli, Vittorio Gassman, Salvo Randone, Carlo Giuffrè, Mariangela Melato, Adriana Asti, Massimo Ranieri, Lea Massari, Marina Malfatti e tanti altri carismatici interpreti. Tra i registi che hanno fatto la storia del teatro di quegli anni aggiungono a questa collana un carattere di originalità e unicità senza precedenti, Giorgio De Lullo, Edmo Fenoglio, Maurizio Scaparro, Giorgio Strehler, Luigi Squarzina, Andrea Camilleri.
[...]
 
 

16.2.2007
Le pecore e il pastore

Sarà in libreria il 15 marzo il nuovo saggio storico di Andrea Camilleri.
 
 

Guide di SuperEva, 16.2.2007
Pillole (rapidi flash sulle mie letture)
Camilleri e la biografia di Caravaggio

Andrea Camilleri “Il colore del sole” Mondadori, 2007 (pp.119)
Letto il 7 febbraio 2007. Voto: 2

Abstract: Andrea Camilleri dipinge l'anima di Caravaggio in un romanzo "nero", fitto di ombre e di mistero, sul periodo trascorso dall'artista a Malta e in Sicilia, nell'estate del 1607. La scrittura di Camilleri questa volta asseconda tanto le cadenze dell'italiano seicentesco quanto la psicologia torturata dell'artista creando un effetto di enorme suggestione e intensità emotiva.
Breve commento: Sono perplessa. Camilleri riprende l'espediente dell'anonimo ambientandolo nella Sicilia mafiosa, con tanto di misteri e di pentiti, e finge di pubblicare, in italiano secentesco, una scipita biografia di Caravaggio. Proprio lui che aveva imposto la freschezza della lingua parlata va ad impantanarsi nel volgare dell'epoca, distante anni luce dalla spontaneità stilistica che gli è consona. La forma frammentaria, imposta dalla cornice, contribuisce ad allontanare il lettore, che riesce nella dura impresa di terminare il libro solo a causa della sua oscena brevità. Anche l'apparato iconografico che correda l'opera mi sembra, più che pregevole tocco bibliofilo, una caricatura dei thriller di Dan Brown.
Curiosità:
- Mario Tomasi, il capostipite della dinastia dell'autore del Gattopardo, ottenne per meriti di guerra la nomina a Capitano delle Armi, ma fu di dubbia moralità. Sposò Francesca Caro, ereditiera di Lampedusa, che, al tempo di Caravaggio, era sede di un eremo che accoglieva indifferentemente cristiani e musulmani. Da qui nacque il modo di dire "eremita di Lampedusa" per indicare chi aveva il piede in due staffe.
- Si vocifera che Caravaggio abbia proiettato attraverso rudimentali attrezzi ottici le immagini su tela e le abbia poi ricalcate.
- Nella cena di Emmaus, ci sono errori di prospettiva: la mano destra di Pietro, che, essendo più arretrata, dovrebbe essere più piccola, oppure un cesto e un piatto che sono orizzontali rispetto allo sguardo dell'osservatore, mentre il tavolo sul quale poggiano è visto dall'altro.
Benedetta Colella
 
 

La Repubblica, 16.2.2007
CanalGrande
Provenzano, vince la verità della docufiction

Incredibile Rai, che dedica tre importanti serate alla mafia, a Palermo, a Ber­nardo Provenzano e ai cor­leonesi, agli eroi buoni e a quelli pessimi. Finisce in un accrocco inverosimile. Nel­l'ordine: martedì sera va il Don Puglisi interpretato da Luca Zingaretti: diretto da Roberto Faenza, è un film ve­ro e proprio uscito al cinema, con risultati più che dignitosi ovunque, ripetuti anche al passaggio in tv. Mercoledì se­ra arriva quello che in teoria è il pezzo forte: L'ultimo dei corleonesi, su RaiUno, di Al­berto Negrin, cento minuti in cui vengono condensati 60 anni di mafia, le figure dei tre capi storici Liggio, Riina e Provenzano: finisce a fumet­tone, correndo come folli per stare nei cento minuti, e salta fuori - ovviamente - una storiaccia tutta televisiva. A Mediaset insorgono, sostenendo che in Rai hanno chiu­so in fretta e furia e in qualche modo la fiction, abbrevian­dola a una puntata, solo per andare in onda prima del la­voro che Mediaset stessa de­ve ospitare prossimamente, con Michele Placido nella parte di Provenzano. In Rai proseguono imperterriti, in­cassano gli ascolti - non sen­sazionali - e vanno oltre. L'ultimo dei corleonesi alla fine non accontenta nessu­no, protestano anche i magi­strati palermitani, certe sce­ne sono da blob imperituro, il taglio è romanzatissimo, se c' era fretta si vede benissimo.
E finalmente siamo a ieri sera, RaiTre. L'intera vicenda - e forse l'intera nostra tv - ­fa una sorta di salto in avanti, anzi in alto, togliendosi dalle beghe tristi e lanciando la docufiction Scacco al re, di Claudio Canepari con Pier­giorgio Di Cara, poliziotto e narratore. E un piccolo-gran­de miracolo: fatte le propor­zioni, il lavoro sta alla fiction del giorno prima più o meno come Truman Capote sta a Wilbur Smith. Con un impe­gno titanico e meticoloso passano gli ultimi quaranta giorni d'indagini prima della cattura di Bernardo Proven­zano: una miscela eccellente tra immagini reali dalle inter­cettazioni audio e video della Polizia e quelle di ricostruzio­ne e raccordo girate apposi­tamente: ritmo alto, profon­dità, spessore ed emozioni, grande abilità di tutti.
Bisogna solo decidere, tra tutti questi linguaggi esibiti in così pochi giorni, da che parte stare: ma stavolta la scelta non è davvero complicata.
Antonio Dipollina
 
 

Il Sole 24 Ore, 16.2.2007
Con Provenzano Rai Tre cattura gli ascolti

La caccia al latitante più famoso d’Italia è raccontata al pubblico televisivo da una docu-fiction, ideata da Claudio Canepari e Piergiorgio Di Cara, che ripercorre la storia della cattura del boss mafioso Bernardo Provenzano. La trasmissione è corredata da materiali di indagine video e intercettazioni telefoniche che completano la docu-fiction; la voce del boss è quella dello scrittore Andrea Camilleri. In onda su Rai «Tre Scacco al re, la cattura di Provenzano» è seguita da 2,6 milioni di persone.
[…]
Riccardo Siliato
 
 

Nuova Agenzia Radicale, 16.2.2007
Audio - Video: Indigestione di mafia

Beh, mi pare che stiamo esagernado: le due reti (Tv e Mediaset) hanno ingaggiato una gara a chi arriva prima e meglio in fiction sulla mafia siciliana.
Il fenomeno è grave e purtroppo radicato nei secoli: nata come potere vicario di uno Stato inesistente e incapace di gestire la giustizia, ha subìto trasformazioni fino a diventare delinquenza comune e quindi multinazionale del crimine. I programmi ai quali siamo stati costretti ad assistere sono rozzi e disinformati, oltre che drammaturgicamente inesistenti.
Essi si avvalgono di una diffamazione del popolo siciliano: la retorica delle facce enigmatiche e allusive, la luce fredda dell'assassinio negli occhi, provi fatica a trovare una persona integra, priva di enigmi e di perfidie. Si aggiunga il lessico alla Camilleri, inesistente nell'Isola. C'è anche il pericolo che si tessa, sia pure involontariamente, l'epopea degli eroi maledetti. Fino a quando abuseranno della pazienza di noi siciliani per bene che siamo la soverchiante maggioranza?
Turi Vasile
 
 

Il Venerdì, 16.2.2007
Giro di valzer
Cinema e teatro? Preziosi. Ma torno in tv da commissario
Il bel “rivombroso”, dopo l’enorme successo del serial, ha cambiato strada: pellicole d’autore, un musical. Tra un po’ però lo rivedremo in un personaggio ideato da Carlo Lucarelli. Insomma, pace col piccolo schermo? Per nulla

[…]
Con il Commissario De Luca ha intenzione di rimpiazzare nel cuore degli italiani il mitico Montalbano?
”È un’altra cosa, intanto il personaggio di Lucarelli ha un’ambientazione fortissima: Bologna e l’Emilia Romagna del periodo fascista. Il suo lavoro è una cartina di tornasole per leggere le difficoltà di quel periodo, evitando però di dare un giudizio politico. Quello che mi ha convinto a dire di sì a una cosa seriale è la scrittura del film che è davvero complessa. Il mio personaggio è descritto fin nei minimi dettagli, vive di chiaroscuri e ambiguità. Una sfida interessante”.
[…]
Elena Martelli
 
 

Panorama, 22.2.2007 (in edicola 16.2.2007)
Legal thriller all’italiana. Il magistrato scrittore
Guerrieri, l’avvocato a duello con Perry Mason
Grazie al suo personaggio, Gianrico Carofiglio è da mesi in classifica con tre romanzi. Perché quello che conta è lo stile

[…]
Qualcuno vede in lei una specie di anti-Camilleri: c’è del vero?
”Ma no, Andrea Camilleri, con quel suo espressionismo dialettale, s’è inventato con grande sapienza una lingua. E’ questione di gusti, io preferisco l’italiano. Amo lo stile essenziale, alla Raymond Carver. Niente parole inutili, o trucchi da quattro soldi.“
[…]
Roberto Barbolini
 
 

Teatro del Lido
domenica 18 febbraio ore 18
ingresso libero fino a esaurimento posti
Tra teatro e letteratura

a cura di Giovanni Greco
ospite Andrea Camilleri
con Alessandra Mortelliti

All'interno della programmazione multidisciplinare del Teatro del Lido, che interpreta e interroga la contemporaneità come luogo di ridefinizione dei confini e degli ambiti estetici e insieme di superamento della settorialità della ricerca, la rassegna si propone di esplorare le relazioni tra parola scritta, parola letta e parola dettaCinque gli appuntamenti di questa stagione, con altrettanti protagonisti della scena letteraria italiana ed europea, in bilico tra scrittura e performance, tra pagina letteraria e scrittura scenica. Un'occasione per ascoltare le voci e le storie di Edoardo Sanguineti, Valerio Magrelli, Andrea Camilleri, Pino Roveredo e Tony Harrison.
 
 

Il Tempo, 18.2.2007
Roma
Sul palco del Lido il «papà» di Montalbano

Appuntamento alle 18 con un Andrea Camilleri in bilico tra scena e letteratura

La rassegna «Tra teatro e letteratura» prosegue nella sua III edizione il percorso di esplorazione delle relazioni tra parola scritta, parola letta e parola detta, attraverso l'incontro con alcuni dei protagonisti della scena letteraria, in bilico tra scrittura e performance, tra pagina letteraria e scrittura scenica. Ospite d'onore oggi alle 18 al Teatro del Lido Andrea Camilleri, uno degli autori italiani più amati. Creatore del Commissario Montalbano è prima di tutto un uomo di teatro, regista, drammaturgo e anche critico di grande spessore. Camilleri è stato tra i curatori dell'Enciclopedia dello Spettacolo, il primo «metteur en scene» di alcune pièces, tra cui «Finale di partita» di Samuel Beckett e altre di Harold Pinter. È uno dei maggiori esperti italiani di Luigi Pirandello ed è stato docente di regia all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica «Silvio D'Amico». La teatralità della scrittura narrativa di Camilleri nasce da una lunga frequentazione con Shakespeare, Giraudoux, Ribellino, Bene, Adamov e Artaud. Ed è proprio questo aspetto, forse meno noto, di Camilleri che verrà proposto al pubblico tra ricordi, aneddoti e verità. In scena anche Alessandra Mortelliti, attrice che leggerà passi tratti dalle opere più specificamente dedicate al teatro, ma non solo, alternando e mescolando il racconto della voce scritta con quello della presenza autentica sul palco di Andrea Camilleri. Ingresso libero e gratuito fino a esaurimento posti, consigliata la prenotazione. Per informazioni: Teatro del Lido, via delle Sirene 22, Ostia, tel. 06.56201630, www.teatrolido.it.
Sil. Man.
 
 

Il Giornale, 18.2.2007
Camilleri in fuga e Pantani a ruota

L'inizio sembra quello di uno dei suoi tanti gialli che lo hanno reso famoso, se non fosse che il protagonista non è il solito Montalbano ma proprio lui, Andrea Camilleri. Nella prima parte del suo ultimo “Il colore del sole”, infatti, Camilleri si immagina a Siracusa per assistere alla rappresentazione di una tragedia classica cui teneva molto. Uno strano individuo si siede prima vicino; uno spettatore non casuale come si scoprirà in seguito. In tasca, infatti, Camilleri si ritrova un biglietto con un numero da contattare. La telefonata va fatta solo da una cabina pubblica. Finito in un casale sperso, eccolo ritrovarsi tra le mani il diario, risalente a quattro secoli prima, scritto di proprio pugno da Michelangelo Merisi, meglio conosciuto come il Caravaggio.
A questo punto, Camilleri esce di scena e il libro si trasforma nel diario stesso, utilizzando un linguaggio seicentesco, che consente al lettore di seguire le peripezie del famoso connazionale. Approdato a Malta per entrare nell'Ordine dei locali Cavalieri, al fine di farsi cancellare la condanna a morte per omicidio che pende sulla sua testa, vediamo Caravaggio riparare, dopo un anno verso la Sicilia, braccato anche dalle sue ossessioni. Il tutto, mentre si avvicina la morte. Il libro si può tranquillamente leggere in un pomeriggio e lascia, alla fine, una sensazione di piacevole diversivo in attesa della prossima avventura del Commissario più famoso della letteratura contemporanea.
[…]
Maurizio Acerbi
 
 

la Voce d'Italia, 19.2.2007
Il nuovo racconto edito da Mondadori è corredato da dodici tavole a colori
Andrea Camilleri sulle tracce de "Il colore del sole"

Indagando il mistero che avvolge un pittore grandissimo e maledetto

Camilleri ha abituato i suoi affezionati lettori alla ritmica alternanza di romanzi storici e gialli “montalbaniani”, al valzer di personaggi-macchietta che animano le vicende di una Sicilia immobile e remota, all’irresistibile pastiche linguistico che dà sapore alla sua scrittura. Il suo ultimo racconto esce invece dagli schemi ormai consolidati per tuffarsi in un passato temporalmente distante, adottando il cliché del ritrovamento di un diario manoscritto. La cornice in cui la storia viene incastonata possiede tuttavia le caratteristiche del giallo care all’autore, che tanto bene sa giocare sulle corde del mistero e dell’enigma.
"Il colore del sole", questo il titolo del libro, è un racconto a doppio protagonista. Vi troviamo infatti lo stesso Camilleri che, recatosi a Siracusa per assistere alla rappresentazione di una tragedia classica, entra in possesso in modo niente affatto fortuito delle pagine vergate da Michelangelo Merisi, in arte Caravaggio. Al segreto che avvolge le tracce che conducono Camilleri al ritrovamento si intrecciano le oscure e intricate vicende riportate nel diario quattro secoli prima, che seguono il pittore maledetto nel viaggio da Malta alla Sicilia, nel tentativo di sfuggire alla condanna a morte per l’accusa di omicidio.
Le scelte linguistiche seguono la linea dicotomica della narrazione: l’italiano standard usato da Camilleri si alterna alla lingua secentesca della scrittura di Caravaggio che, secca e disarticolata com’è, riflette le tensioni del personaggio e tinteggia l’opera di suggestioni noir. Ciò che si va a poco a poco scoprendo è la psiche torturata dell’artista; dalla mescolanza di sogno e realtà delle pagine emergono le ossessioni di Caravaggio: il cane che lo insegue per sbranarlo ed il sole nero che gli impedisce di vedere i colori sono visioni ricorrenti.
Grazie alla capacità di immedesimazione narrativa di Camilleri viene proposta al lettore un’interpretazione della poetica del pittore, giustificata dall’indagine psicologica e corredata dalle dodici tavole inserite nell’edizione Mondadori che riproducono alcuni quadri.
Un racconto piacevole che presenta un inedito Camilleri, confermando la sua capacità di giocare con le sfumature della lingua per evocare precise e coinvolgenti suggestioni.
Carlotta Toscano
 
 

28 minuti, 20.2.2007
Incontro con un grande siciliano. Andrea Camilleri, 20.2.2007
Chiacchierata informale su retroscena e metodi di scrittura per quanto riguarda le ultime due fatiche editoriali di Andrea Camilleri, che in questi giorni è nelle librerie con due pubblicazioni: "Pagine scelte di Luigi Pirandello" (BUR - Rizzoli) e il romanzo "Il colore del sole" (Mondadori).
Cliccare qui per ascoltare la registrazione della puntata.
 
 

Stilos, 20.2.2007
Camilleri & Caravaggio
Conversione in Sicilia
"Mi sono fatto personaggio"


Interviste. Andrea Camilleri. Un giallo che si trasforma in un romanzo storico, anzi in un romanzo picaresco, anzi in un romanzo di idee. L'ultima prova sperimentale del padre di Montalbano innova il genere suo preferito del romanzo civile e torna alle ardite suggestioni di "Il re di Girgenti". Ma qui c'è pure lui a fare da personaggio
Ecco la verità su Caravaggio
Ho inventato tutte le prove
"Caravaggio sono"

Maddalena Bonaccorso

Seconda lettura
Così la letteratura si prende gioco della storia e diventa scherzo
Gianni Bonina
 
 

Il Messaggero, 20.2.2007
Che bella sorpresa la docu-fiction

È il risultato del giusto intreccio fra realtà e fantasia

Giovedì della scorsa settimana, in prima serata su Rai Tre è andato in onda "Scacco al Re, la cattura di Bernardo Provenzano", che ha totalizzato un ottimo 9,80 di share pari a 2milioni568mila spettatori. Si può chiamare docu-fiction ma sarebbe meglio dire un incrocio riuscito benissimo tra le intercettazioni e gli appostamenti fatti dai poliziotti che per anni hanno seguito le tracce dello storico latitante e alcuni snodi che nessuno poteva “rubare”.
E’ stata una sorpresa piacevole in quanto abbiamo assistito proprio ad un cambio di linguaggio rispetto alla fiction legata a eventi recenti di criminalità. Il Commissario Montalbano, tratto dai libri di Andrea Camilleri e interpretato in maniera eccellente da Luca Zingaretti, è un esempio di fiction di alta qualità. "Scacco al re" è a mezza strada fra il giornalismo e l’informativa consegnata al magistrato che segue le indagini. In questa docu-fiction c’era e c’è la realtà. Ed è una esperienza importante perché certe voci, certi dialoghi in dialetto ti danno l’impressione d’esser lì, con loro, ore e ore in attesa che succeda qualcosa. L’autore si chiama Canepari. Canepari fu alla guida di un altro esperimento a me molto gradito: "Residence Bastogi". "Scacco al re" però è di più, molto di più.
[...]
Maurizio Costanzo
 
 

Il Mattino, 20.2.2007
Paolantoni recita Camilleri al «Gesualdo»

Al teatro Gesualdo arriva Francesco Paolantoni: stasera e domani (sempre alle ore 21) interpreterà «La concessione del telefono», accanto a Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina. Ma per l’attore napoletano, legato da tempo all'Irpinia, sarà anche l'occasione per incontrare i tanti amici che ha in questa provincia. Paolantoni, il suo spettacolo è molto atteso dal pubblico... «Questo mi fa piacere. Ma si tratta di un ritorno molto atteso anche da me. Manco da Avellino da un po' di tempo, forse troppo, considerato che ho tanti cari amici da quelle parti, che un tempo riuscivo a vedere con più frequenza. Ora gli impegni di lavoro spesso mi impediscono di concedermi piacevoli pause. Ma questa volta mi sono organizzato due giorni, come li desideravo da tempo». Cioè? «Di solito quando lavoro ad Avellino, torno a dormire a Napoli, questa volta, invece, dormirò all'Hotel de La Ville, per concedermi un pomeriggio con amici e amiche con cui ho appuntamento. Poi andrò alla ricerca, facendomi guidare e consigliare da chi conosce la zona meglio di me, di ristorantini tipici, dove gustare buona tavola e ottimo vino. A questo si aggiunge il piacere di esibirmi al Gesualdo, teatro splendido». Cosa ne pensi? «È bello, ben tenuto, con ampi spazi. È un piacere recitare in una struttura così. Ci parli dello spettacolo... «Non è un mio spettacolo, ma una rappresentazione di prosa dove interpreto un ruolo. Un testo di Camilleri, un testo importante, prodotto dal Teatro Stabile di Catania, fatto molto bene, con una struttura drammaturgica paradossale. A tratti emergono anche momenti molto divertenti, ironici. Poi, lavorare con i siciliani è una continua scoperta. Cosa hanno in comune campani e siciliani? «Tutto. Non dimentichiamo che un tempo c'era la comune appartenenza al Regno delle Due Sicilie. In particolare ci unisce la musicalità della lingua. Il grande pubblico è abituato a vedere i romani di Camilleri trasformati in fiction per la televisione». Questa volta, invece? «Questa volta si tratta di un romanzo per metà epistolare, che non è nato per il teatro. Quindi è stata una riduzione molto faticosa e abbastanza complicata. Nulla a che vedere, dunque, con Montalbano, tranne l'ironia di fondo, che è sempre camilleriana».
Carla Botta
 
 

Prima, 20.2.2007
Turismo: Regione Siciliana vola alla BIT

Palermo - [...] Alla Bit sarà illustrato anche il “fenomeno Montalbano” che ha quintuplicato le presenze turistiche nella provincia di Ragusa. [...]
 
 

Il Denaro, 20.2.2007
Avellino
Agricoltura e ambiente: Milano premia il Termimio

Nell’ambito dell’edizione 2007 della Bit la Comunità Montana Terminio Cervialto riceverà il Premio internazionale Borsa Verde, sotto l’egida del Ministero dell’Agricoltura.
L’importante riconoscimento — assegnato a quei territori che si caratterizzano per una spiccata ruralità e vocazione turistica — sarà presentato sabato 24 febbraio alle ore 11.30 presso il padiglione Greenbit della struttura fieristica di Milano.
[...]
All’incontro parteciperanno anche i rappresentanti degli altri territori premiati: lo scrittore Andrea Camilleri, testimonial del passito di Pantelleria.
[...]
f. l.
[Camilleri non andrà a Milano e nemmeno risulta che sia testimonial del passito di Pantelleria, NdCFC]
 
 

Affari Italiani, 21.2.2007
Scrittore
Andrea Camilleri: "Ecco il mio 'noir' sul Caravaggio. Montalbano ballerino nella programmazione Rai? Un mistero..."

Roma - Domenica scorsa al Teatro del Lido si è parlato di lui, di Andrea Camilleri, il padre di Montalbano e non solo, autore fluido e prolifico che dal primo romanzo “Il corso delle cose” del 1978 non si è più fermato fino al più recente, fresco di stampa, “Il colore del sole” (Mondadori, pp.128, € 14), una sorta di anomalo romanzo “nero” sul periodo trascorso dal Caravaggio a Malta e in Sicilia nell’estate del 1607. “Non ho partecipato alla rassegna", dice Camilleri ad Affari: "E' stata organizzata una serata incentrata sul teatro e sulla mia scrittura”. L’iniziativa che s’intitola “Fra teatro e letteratura” è curata da Giovanni Greco e si svolge ad Ostia, vicino al mare, una location adattissima allo scrittore di Porto Empedocle, il luogo ideale dove anche il commissario di Vigàta trovo ristoro all’arsura ed equilibrio nella sua vita movimentata e piena di casi da risolvere.
Nel corso del tempo è cambiato il suo rapporto con il mare?
“Il mio rapporto con il mare è sempre ottimo: peccato che da qualche anno non posso più nuotare”
A proposito di teatro e letteratura, recentemente è andata in scena all’Eliseo la trasposizione teatrale del suo romanzo “La concessione del telefono”. È stato un passaggio naturale e indolore?
“Sì: tenga presente che ho collaborato con Di Pasquale alla trasposizione teatrale, quindi qualsiasi impatto era già attutito dall’aver collaborato al copione”.
Nel suo ultimo romanzo “Il colore del sole” uscito qualche giorno fa Andrea Camilleri in persona entra in “contatto” con il grandissimo e maledetto Michelangelo Merisi, il Caravaggio, attraverso un diario scritto quattro secoli prima di suo pugno. In che modo pensa alle ultime vicende dell’artista?
“Pensando alle ultime realtà personali di Caravaggio ho cercato di interpretarle mettendomi proprio dalla parte della persecuzione duplice che in quel momento il pittore subiva”.
Per l’artista il colore del sole diventa man mano più scuro. Secondo Lei, in quale sua opera si ravvisa di più tale “oscuramento”?
“In tutte le opere, a partire dal ritratto che il Caravaggio fa del Gran Maestro: si avverte l’avanzare del nero nei suoi quadri fino a quando gli ultimi dipinti che si conoscono sono praticamente delle figure che emergono su fondi neri”.
Attualità e passato in una formula mista di “storia e d’invenzione”: è un genere che attrae maggiormente il pubblico dei lettori?
“Non so se realmente questa formula attragga di più il pubblico, d’altronde quando scrivo non doso mai gli ingredienti per raggiungere un maggior numero di lettori”.
Ne “La vampa d’agosto” il commissario Montalbano cede alla tentazione del tradimento nei confronti di Livia che appare una compagna sempre più acidula e meno simpatica. Ci sarà qualche strascico dell’episodio nella prossima narrazione?
“Sicuramente: d’altronde il rapporto tra Montalbano e Livia è sempre uno strascico e una conseguenza dell’episodio precedente”.
Da che cosa deriva il senso di giustizia del commissario? Da una parte s’impunta su alcune vicende che lo toccano particolarmente, dall’altra lascia correre su alcuni mali minori che fanno parte della quotidianità siciliana…
“Il commissario  Montalbano ha un suo particolare senso della giustizia. È una giustizia con la g minuscola che non ha nulla a che fare con quella dalla G maiuscola”.
La programmazione ballerina della Rai non sembra fare bene alla serie televisiva. Secondo lei, perché ogni volta si tentenna così tanto a girare e programmare una nuova puntata?
“Non so che dirle: circa la programmazione della Rai neanche Montalbano sarebbe capace di risolverne il mistero”.
Giovanni Zambito
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 21.2.2007
Una mafia "illustrata" e un'antimafia assistita

Dopo la mareggiata di sceneggiati e servizi televisivi sulla mafia, sulle pagine dei giornali si è riaffacciato un dibattito in larga parte scontato. Ci si chiede: servono a qualcosa queste produzioni, è utile comunque parlare di mafia, a prescindere da quello che si dice? Dico subito la mia: quasi sempre televisione e cinema, in modi più o meno suggestivi, riproducono stereotipi: una Sicilia da cartolina.
Quella dei mafiosi da caricatura, gli antimafiosi come eroi solitari che fanno una brutta fine. Anche questa volta la regola è stata rispettata, riproponendo l’icona di Provenzano re della mafia, la cui cattura somiglia alla presa della Bastiglia. Si aggiungano le esternazioni di Camilleri su mafia vecchia-mafia nuova e l’album della “mafia illustrata” è completo.
[…]
Umberto Santino
 
 

WUZ, 22.2.2007
Scheda libro
Il carico da undici. Le carte di Andrea Camilleri

Autore Bonina Gianni, € 14,00, 288 p., Editore Barbera, ISBN 8878991627, data uscita marzo 2007

Tutti i romanzi e i saggi dello scrittore siciliano spiegati dallo stesso Camilleri e commentati da un giornalista che ha seguito sin dall'inizio l'intera vicenda letteraria dell'autore agrigentino. Una lunga intervista in cui parla non solo dei suoi libri ma anche della sua vita, della sua attività, del mondo che lo circonda e di quello che ha creato: i personaggi, le atmosfere, i contesti e le suggestioni che hanno fatto di Camilleri l'erede di Pirandello e Sciascia, nonché il punto di sintesi della più autentica tradizione siciliana. Un approfondito saggio sull'intera opera dello scrittore: la genesi di Salvo Montalbano, le sue inchieste in una Vigata metafora della Sicilia, i romanzi storici ambientati in un'isola-continente che scrive la propria storia da sé, gli studi che di Camilleri hanno rivelato la vocazione analitica al saggio, questo volume fa il punto sul caso di un autore, accusato di eccesso di successo, che non finisce mai di reiterare il fenomeno.
 
 

Travelnostop Sicilia, 22.2.2007
Folklore e Montalbano, le novità dell'Unpli alla Bit
A Milano ''Il San Giuseppe in Sicilia'' e ''Sulle orme di Montalbano''

Tra fiction e tradizione l'Unpli Sicilia si presenta alla Bit di Milano.
[...]
Nel polo fieristico di Rho Pero, presso lo stand della Provincia Regionale di Agrigento, il Comitato Provinciale Unpli Agrigento presenterà anche la nuova guida al turismo culturale ''Sulle orme del Commissario Montalbano'' ed il cofanetto ''I viaggi della memoria'', itinerario storico, artistico, culturale e paesaggistico attraverso i comuni della Provincia di Agrigento, sedi di Pro Loco. Il cofanetto, corredato da cartoline, suddivide le località per interesse artistico-culturale, archeologico-naturalistico, enogastronomico, paesaggistico.
 
 

Corriere della sera, 22.2.2007
In libreria. La vedova dello scrittore presenta i racconti che fanno rivivere il detective nato 40 anni fa
Mio marito il Duca

[...]
Parla Nunzia Monanni, dal 1969 vedova dello scrittore Giorgio Scerbanenco e molto attiva nel coltivarne la memoria. Impresa meritevole, visto che il suo Giorgio (quando ne parla sembra lì a un passo da lei, a battere trame delittuose sull' Olivetti: scherzi dell' amore che lega aldilà della morte) è ormai riconosciuto come padre del noir all' italiana, nonché sistemato dai critici nello scaffale buono della letteratura. «Ma non basta. Mi piacerebbe che il suo investigatore, Duca Lamberti, avesse anche un volto televisivo. Duca era bello, più bello di Giorgio, anche se lui si rispecchiava totalmente nel suo personaggio. Vorrei che in tv lo facesse Alessandro Gassman o Luca Zingaretti. Già, è Montalbano: ma non ci sarebbe nulla di male, Camilleri deve molto a Scerbanenco».
[...]
Antonio Bozzo
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 24.2.2007
Agrigento, Camilleri promuove cultura e natura
Il personaggio

Lo scrittore Andrea Camilleri testimonial d'eccezione di "Agrigento eventi 2007", le iniziative culturali, spettacolo e promozione di turismo naturalistico curate alla Provincia e presentate alla Bit di Milano. Camilleri è stato scelto per «promuovere non solo la Valle dei Templi, ma anche coste incontaminate, alcune delle più belle riserve naturali e aree protette della Sicilia, le Pelagie e un entroterra tutto da scoprire con sagre e tradizioni popolari.
 
 

Il Giornale di Vicenza, 24.2.2007
Musica. Martedì, mentre il pubblico televisivo sarà incollato al Festival di Sanremo, a Milano si consuma una «sfida» inedita
Shakira contro Carmen Consoli

Shakira, dal canto suo, fornirà 3 canzoni all'adattamento cinematografico de "L'amore al tempo del colera" di Gabriel García Márquez, il grande romanziere che più volte si è espresso a favore della cantante, una delle star colombiane più amate del Sudamerica, molto famosa anche negli Stati Uniti. Non sappiamo, invece, le preferenze musicali dello scrittore siciliano Andrea Camilleri; anche se Carmen sembrerebbe più attratta dalle storie palermitane di Simonetta Agnello Hornby.
(g.br)
 
 

La Repubblica, 25.2.2007
Una mostra a Palermo e un libro di Sellerio rievocano l’antica e raffinata tecnica del packaging degli agrumi: locandine e veline ricche dei colori e dei miti mediterranei
E un grande scrittore ricorda la sua collezione personale di “scacchetti”: “A Roma li guardavo e mi ritrovavo fra le tinte e gli odori della Conca d’Oro”
Una Sicilia di carta per vestire i limoni

Andrea Camilleri
 
 

Gazzetta di Parma, 25.2.2007
Narrativa «Il colore del sole», lungo racconto di Andrea Camilleri pubblicato da Mondadori
Montalbano? No, Caravaggio

Lo scrittore rielabora la tempestosa e turbolenta vita del grande pittore

La vita turbolenta e tempestosa del gran Caravaggio ha fornito in questi ultimi anni agli assatanati scrittori ita­liani di gialli una bella quota di episodi e suggestioni. Episodi e suggestioni che son rimasti in buona parte inerti sulle pagine di questi improvvisati narratori. Ci voleva, invece, Andrea Camilleri perché l'ovvio trasporto dal­la storia alla memoria diventasse una palpitante realtà. Messo in questa lu­ce, il recente racconto di Camilleri «Il colore del sole» (Mondadori editore) riveste una tutta sua particolare im­portanza. Ma non perché sia un bel racconto. E non perché trascenda dal­le sfruttatissime regole del genere; bensì per il fatto che si muove, cresce e si sviluppa attraverso la suggestione del documento e del ritrovamento.
[...]
Giuseppe Marchetti
 
 

ThrillerMagazine, 26.2.2007
E' con enorme piacere e orgoglio che la redazione di Thriller Magazine annuncia che Andrea Camilleri, il celebre autore creatore del commissario Montalbano, ha accettato di essere intervistato per la nostra testata, chiacchierando del suo ultimo romanzo, Il colore del sole, di Montalbano e di molto altro ancora.
L'intervista è stata possibile grazie a Filippo Lupo, presidente del Camilleri Fans Club e a Valentina Alferj, collaboratrice di Camilleri, che con la loro disponibilità hanno permesso la realizzazione di questo lavoro.
A loro va perciò il nostro grazie sincero.
Andrea Camilleri: Montalbano e no

Finalmente ospite sulle pagine di Thriller Magazine Andrea Camilleri, che si racconta parlando del suo rapporto con Montalbano, del suo ultimo romanzo e di molto molto altro...

Non è facile presentare Andrea Camilleri con poche parole, la sua attività è così vasta e ha coperto così tanti ambiti che l'impresa è praticamente impossibile. C’è anche da considerare che, d'altra parte, Andrea Camilleri si presenta da solo senza bisogno di preamboli.
Inutile dire che per me come sua lettrice e fan e per la redazione di Thriller Magazine è un onore, oltre che un piacere, ospitarla su queste pagine e la ringrazio di cuore per aver accettato questa intervista.
"Si figuri, io ringrazio lei per il suo affetto".
Partirei, in un certo senso, dalla fine. Da alcune settimane è in libreria "Il colore del sole", il suo ultimo romanzo. E' senza dubbio un'opera particolare, che la vede tra i personaggi stessi e che utilizza un linguaggio molto caratteristico. Da dove nasce questo lavoro? E come lo definirebbe?
"L'idea nasce da una richiesta del Museo di Düsseldorf in occasione di una mostra sul Caravaggio, la curatrice mi chiese 15 cartelle sul periodo maltese e siciliano del pittore. Io di cartelle ne ho scritte assai di più e costituiscono "Il colore del sole". Lo definirei come lo definiva Simenon: "Un romanzo-romanzo", senza etichetta".
Una curiosità che mi è rimasta dopo la lettura e che sono sicura abbiano anche molti altri lettori è: che percentuale di reale, vero, storico e autobiografico c'è in "Il colore del sole"?
"A parte i quadri dipinti, a parte il fatto che Caravaggio da Malta andò a Siracusa a Messina e poi a Palermo, per il resto è tutto inventato di sana pianta".
Conoscendo un pochino il suo pensiero, so che lei preferisce scrivere e dedicarsi ai romanzi storici (chiamiamoli così per comodità) tra i quali credo si possa annoverare anche l'ultima fatica, rispetto ai romanzi gialli. In realtà, però, il suo successo verso il grande pubblico è arrivato grazie al Commissario Montalbano. Come vive questa, diciamo, divisione e quale è la differenza principale tra scrivere un Montalbano e un romanzo storico?
"Il romanzo storico mi consente una maggiore libertà tanto nell'invenzione quanto nella scrittura. In sostanza mi diverto di più a scriverlo. I romanzi seriali in realtà, procedono su binari autocostituiti. Mi rifaccio ancora a Simenon il quale sosteneva che quando scriveva i "romanzi-romanzi" sudava parecchio, quando invece scriveva i romanzi polizieschi con Maigret si permetteva persino di fischiettare".
Nell'ultimo periodo si è tanto parlato (e lo abbiamo fatto anche sulle nostre pagine) della fine di Montalbano, dell'ultimo romanzo custodito nella cassaforte da Elvira Sellerio… Mi piacerebbe, però, sentire direttamente da lei la versione "ufficiale". Montalbano finirà? Perché?
"Ho semplicemente trovato una soluzione "letteraria" che ponga fine al personaggio Montalbano. Di più, naturalmente non posso dire... Vorrei precisare, però, che nella casa editrice Sellerio non esiste nessuna cassaforte..."
Cosa, secondo lei, piace così tanto alla gente di Montalbano, tanto che l'idea di una sua possibile fine suscita tanto rumore?
"Siccome io non riesco a capire minimamente perchè la gente si interessi di Montalbano, forse dovrebbe rivolgere questa domanda al pubblico".
E qual è la caratteristica di Montalbano che le piace di più?
"La sua capacità di ragionare".
Facendo un bilancio le capita di sentirsi in debito nei confronti di Montalbano?
"Sì, certamente. Sono in debito con Montalbano per un fatto molto semplice: è riuscito a mantenere in catalogo a tutt'oggi, anche i miei romanzi di dieci anni fa che non lo avevano come protagonista".
Qualche tempo fa, in occasione di una presentazione, Luigi Bernardi ha dichiarato che la stagione di fioritura del giallo è già in fase di declino e ha annunciato, un po' profeticamente, che, secondo lui, sarà il western, tra breve, a vivere una rinascita. Lei cosa ne pensa? Il giallo è realmente in declino? Il mercato è stato saturato dalla troppa offerta?
"Ci sarà una fioritura del western italiano? Sarebbe molto interessante, me lo auguro. Il giallo è in declino? Non lo so e francamente non mi interessa. I miei lettori continuano ad aumentare di romanzo in romanzo e io li ringrazio".
Per spostarci su un argomento meno impegnativo: se naufragasse su un'isola deserta che libro vorrebbe assolutamente avere con sé?
"Nessun libro: su un'isola deserta "leggerei" l'isola".
Quale tra i suoi romanzi ama di più?
"Il re di Girgenti".
Infine mi piacerebbe fare con lei una specie di gioco, che ci aiutasse a parlare d'alcuni temi che la riguardano in modo un po' diverso dal solito.
Le esporrò degli "aut aut", le chiederei di scegliere e di spiegare il perché.
Sciascia o Pirandello?

"Pirandello, perchè la produzione pirandelliana è così varia che soddisfa pienamente le mie esigenze culturali".
Maigret o Pepe Carvalho?
"Maigret, perchè è assai più vicino al mio modo di mangiare".
Fiorello o Luca Zingaretti?
"Sono troppo diversi, non posso dare preferenze".
Infine una domanda di rito. Se guarda a domani cosa vede, quali sono i prossimi progetti?
"Domani? Domani mi alzerò e continuerò a scrivere come ho sempre fatto".
Per concludere un ringraziamento doveroso e speciale a Filippo Lupo e a Valentina  Alferj per aver reso possibile questa intervista.
Chiara Bertazzoni
 
 

Il Mattino, 27.2.2007
Francesco Paolantoni
«Io, perso tra le lingue di Camilleri»

L’attore protagonista al Bellini in «La concessione del telefono» «I ritmi frenetici di oggi alla lunga uccidono i comici»

Filippo, detto Pippo, è un piccolo commerciante di Vigata che ha un solo desiderio: il telefono. Un affare da poco, a pensarci oggi. Ma nella Sicilia di fine Ottocento le cose andavano diversamente. Roba da piangere e da ridere, come scopriranno gli spettatori del Diana, dove stasera andrà in scena «La concessione del telefono», spettacolo che vede Francesco Paolantoni alle prese con uno dei più noti romanzi di Andrea Camilleri. Da qui la prima domanda: che ci fa un napoletano doc nella terra di Montalbano? Il Pippo del romanzo, infatti, è siciliano. «Ma Francesco era particolarmente giusto per il personaggio - rivela il regista Giuseppe Di Pasquale - anche Camilleri la pensa così. Sicché dalla pagina scritta al teatro, Pippo è diventato un trapiantato, un uomo delle due Sicilie come ce n’erano tanti in quegli anni». Commedia degli equivoci, in perfetto stile alla Camilleri, «La concessione del telefono» racconta le peripezie di un uomo che decide di inoltrare la richiesta di una linea telefonica, ma sbaglia destinatario. «E la chiede alla Prefettura, sbagliando per giunta il nome del prefetto che si irrita e ci si mette contro», commenta Paolantoni. «E poi arrivano anche la Chiesa, la mafia, la politica: tutti contro il povero Genuardi, che si trova coinvolto suo malgrado nel vortice della burocrazia. Una storia dell’Ottocento, che sa essere molto attuale, a ben vedere». Pubblicato nel 1998 da Sellerio, il romanzo «telefonico» di Camilleri poggia su un complesso meccanismo narrativo, dove si alternano due tipi di scrittura che l’autore stesso definisce «le cose dette» e «le cose scritte». «Una buona metà del romanzo, insomma, è epistolare - spiega Di Pasquale, che lavora al fianco di Camilleri dal ’99 - e riportarlo a una drammaturgia teatrale è stata un’impresa da far tremare i polsi, che ha visto me e Camilleri impegnati per circa un anno e mezzo. In tutto ci son volute nove stesure, più un’altra piccola verifica dopo la prima con il pubblico. Fortuna che Camilleri è un uomo di teatro e certe cose le capisce». Tra le innovazioni del testo, una volta confezionato per il teatro, c’è quella della lingua. Anzi delle lingue: «Perché sono quattro - racconta Paolantoni - il catanese, il napoletano, il camilleriano e il modo in cui io parlo il napoletano». «Una fusione - chiosa il regista - che ci ha permesso di introdurre diversi elementi di comicità. Come, per esempio, nei dialoghi tra Pippo-Paolantoni e il prefetto che già Camilleri aveva descritto come napoletano nel romanzo». Paolantoni, che sarà in tournée con «La concessione del telefono» fino a maggio, è reduce da «Anche se», show che ha segnato il suo ritorno in tv (su Raitre) dopo anni di assenza. «Com’è andata? Considerando che andavo in onda alle 23.30 passate e che avevo ”Amici” di Maria De Filippi contro, tutto sommato mi sono difeso. Ho confezionato una trasmissione dignitosa, uno show comico con un tono teatrale. Niente a che vedere con i programmi comici di oggi, le passerelle, i tempi stretti e i tre minuti per passare da uno sketch all’altro. Ritmi frenetici che alla lunga uccidono i comici».
Eugenio Spagnuolo
 
 

La Repubblica (ed. di Napoli), 27.2.2007
Prime
Paolantoni-Camilleri Campania e Sicilia in scena al Diana
Per il ritorno alla prosa dopo vent' anni l' attore è al Diana con 'La concessione al telefono'

Dal teatro al teatro. Francesco Paolantoni torna alla prosa dopo più di vent'anni. L'ultima volta è stata nel 1986 con "Ferdinando" di Annibale Ruccello: da stasera l'attore napoletano è al Diana con "La concessione del telefono" di Andrea Camilleri. È un po' come tornare a casa? «In realtà da questa casa non me ne sono mai andato. Il teatro di prosa è la mia vocazione: non ho mai dimenticato di essere un attore. Tutto ciò che ho fatto negli ultimi vent'anni, dai monologhi al cinema alla televisione, nasce da quella vocazione. È come se avessi fatto sempre teatro, anche se in modo diverso». Ammetterà che lavorare con un testo, una compagnia e un regista è ben altra cosa. «Ma certo. E dopo vent'anni mi sono di nuovo sentito a mio agio. Mi ha cercato lo stabile di Catania, che produce lo spettacolo. Io avevo già letto il libro e l'avevo trovato bellissimo, forse il più bello di Camilleri. Un romanzo epistolare: un cittadino di Vigata, cittadina immaginaria nella quale lo scrittore ambienta i suoi racconti, inoltra una richiesta per la concessione di una linea telefonica. Da qui si sviluppa il racconto». Romanzo epistolare, dunque non facile da portare sulla scena. «Vero, non esisteva una struttura drammaturgica. Ma ci hanno lavorato lo stesso Camilleri e il regista Giuseppe Depasquale. Un'operazione molto interessante sotto il profilo linguistico. Il testo vive su diversi registri dialettali: il catanese, il "camilleriano", il napoletano e il "mio" napoletano». E a proposito, come vede oggi la scena partenopea? «Non bene. Tutto ciò che si fa a Napoli di solito resta a Napoli. è come se gli attori, i comici in particolare, pensassero anche in napoletano. Senza avere né il desiderio né gli strumenti per andare oltre la loro città». E i temi? «Sempre gli stessi: il sesso, la politica. Ovvio che poi la gente si annoia». I suoi progetti? «A maggio finisco questa tournée. In estate riprendo il mio one-man-show "Che fine ha fatto il mio io". E l' autunno prossimo voglio tornare di nuovo in teatro, con uno spettacolo di prosa».
Antonio Tricomi
 
 

Corriere della sera, 27.2.2007
Personaggi / La scrittrice anglo-siciliana si racconta
Simonetta Agnello Hornby «Se rinasco, faccio il tassista»

«Mi piace guidare e ascoltare gli altri Anche quando svelano storie terribili»

[...]
Il suo romanzo, insieme all' ultimo Camilleri, è subito entrato ai posti alti della classifica. La «sicilianità» fa vendere? «Forse si vendono perché sono dei buoni libri». Che cosa pensa di Camilleri? «Mi piace come persona e alcuni dei suoi libri sono splendidi. Però mi arrabbio quando non capisco quello che scrive in siciliano».
[...]
Carlotta Niccolini
 
 

 


 
Last modified Tuesday, November, 18, 2014